Marzo 18th, 2017 — General, Loro
Dal Piccolo del 16/01/14
Asse tra Regioni per la Tav adriatica
TRIESTE Un appello a Debora Serracchiani affinchè, in virtù del suo doppio ruolo di governatrice e responsabile Trasporti del Pd nazionale, partecipi al pressing su governo ed Europa per la stesura di un piano per l’Alta Velocità sulla dorsale adriatica. A lanciarlo il presidente dell’Abruzzo, Gianni Chiodi, che ieri ha dato ufficialmente sostegno alla petizione avviata nella sua regione per portare la Tav lungo la dorsale adriatica. Petizione che ha già raccolto 15mila firme e, presto, approderà anche in Friuli Venezia Giulia grazie al tour di uno speciale bus-banchetto atteso nei prossimi giorni a Trieste. Un’iniziativa, ha affermato Chiodi, che ha bisogno del contributo anche di Serracchiani. «Dobbiamo usare l’alleanza delle regioni adriatiche – ha detto il governatore chiamando esplicitamente in causa la “collega” del Fvg – perché l’Alta Velocità sulla dorsale adriatica entri nelle prospettive dei piani di governo. Verso quest’ opera – ha sottolineato Chiodi, ricordando i 400 milioni stanziati per il miglioramento della rete e la velocizzazione – occorre un approccio pragmatico perché si tratta di un’opera costosissima alla quale però non bisogna rinunciare. Se mancherà, fra 20-30 anni tutta l’area sarà fuori dai mercati». Chiodi ha proposto quindi di rinegoziare in Europa il piano reti, anche se su questo «occorre un intervento dello Stato», e assunto l’impegno a consegnare al premier le firme raccolte, mettendo inoltre a disposizione pullman perché sindaci e classe dirigente allargata possa essere presente al deposito delle sottoscrizioni a Roma.
Marzo 18th, 2017 — General, Nocività
da Il Piccolo del 21 gennaio 2014
Pagina 1 – Gorizia-Monfalcone
IL PROCESSO
Amianto-bis: unificati i filoni dell’inchiesta
Avvio a rilento del processo amianto-bis, i cui filoni di inchiesta sono stati unificati. Ammessi come parti civili Comune, Aea e la Fiom-Cgil.
Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone
Amianto-bis, unificati 2 filoni d’inchiesta
Avvio con il rallentatore del processo amianto-bis. Il giudice monocratico Nicola Russo, dinanzi a un’aula semivuota, ha ammesso le tre parti civili istituzionali (Associazione esposti amianto, Comune di Monfalcone e Fiom-Cgil), respingendo la richiesta delle difese che sostenevano la loro non ammissibilità. Costituitisi anche una ventina di familiari di lavoratori deceduti. Il giudice, dopo aver riunito in un unico fascicolo processuale due filoni dell’inchiesta, si è riservato nella prossima udienza del 28 aprile di decidere sulla citazione della Fincantieri come parte civile avanzata dalle parti civili. In quella data si procederà all’ammissione della prove e all’esame eventuali istanze istruttorie che saranno presentate dalle parti. La decisione di fissare di qui a tre mesi la nuova udienza è stata motivata anche dal fatto che si attende la deposizione della motivazione della sentenza del maxi-processo, che dovrebbe avvenire, dopo la richiesta di proroga, entro il 15 aprile. Indubbiamente le motivazioni del primo processo potrebbero fare da linea-guida anche in questo secondo procedimento sebbene si affrontino casi di decesso diversi da quelli che sono stati esaminati nel maxi processo: infatti tra i 72 decessi, 41 sono dovuti a carcinoma polmonare correlato all’asbestosi. Secondo la Procura – in aula sarà rappresentata dal pm Valentina Bossi,dopo il trasferimento di Leghissa alla Procura di Caltanissetta – il tumore polmonare sarebbe stato provocato proprio dalla presenza della fibra killer. Sarà comunque il dibattimento processuale, nel quale avranno un ruolo importante le consulenze medico-legali, ad accertare le vere cause dei decessi. Per alcuni di questi sarebbero già maturati i tempi della prescrizione, che potranno comunque essere accertati nel prosieguo del processo. In questo procedimenti imputati di omicidio colposo sono 16 dirigenti dell’Italcantieri: Giorgio Tupini, Vittorio Fanfani, Antonio Zappi, Enrico Bocchini, Manlio Lippi, Aldo La Gioia, Saverio Di Macco, Italo Massenti, Cesare Casini, Glauco Noulan, Roberto Picci, Peppino Maffioli, Roberto Schivi, Livio Minozzi, Mario Abbona e Gianni Poggi; con loro anche tre titolari di ditte esterne che lavoravano all’interno del cantiere di Panzano. Si imputa loro di non aver adottato le necessarie misure di sicurezza per eliminare o ridurre l’esposizione all’amianto dei lavoratori e senza assicurarsi dell’effettivo impiego di mezzi per la protezione individuale quali adeguate mascherine. Corposa anche questa volta la documentazione prodotta dalla Procura: 12 faldoni contenenti 1593 fogli, consulenze mediche, verbali di perquisizioni e sequestri. Centinaia i testimoni che saranno citati complessivamente dalle diverse parti. Il periodo preso in esame dalla Procura, attivatasi anche su denunce-querele dei familiari di lavoratori morti, va dagli anni Settanta agli Ottanta fino a quando nel cantiere di Panzano veniva usato l’amianto per la costruzione delle navi. Altri due filoni dell’inchiesta sulle morti di amianto a Monfalcone entro l’anno arriveranno la vaglio del giudice delle udienze preliminari mentre continuano a giungere alla procura della Repubblica esposti-denunce su presunti decessi causati dall’esposizione all’amianto.
Marzo 18th, 2017 — General, Uncategorized
Dal Piccolo del 20/01/14
Manconi: «Aiuto ai profughi anche negli spazi dell?ex Cie»
di Luigi Murciano GRADISCA «Il Cara di Gradisca è una struttura che va ampliata in virtù del numero di persone che sta attualmente ospitando, e che è destinato a crescere ulteriormente». Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, non ha dubbi. Secondo il senatore Pd, che lo ha visitato nella mattinata di ieri, il Centro per richiedenti asilo della cittadina isontina andrebbe potenziato per poter operare al meglio. Magari riconvertendo in Cara, questa l’opinione di Manconi, l’altro centro gradiscano: ovvero il Cie, il centro di espulsione per clandestini attualmente in ristrutturazione dopo le rivolte dei mesi scorsi. «Il Cie va chiuso in quanto luogo ove i diritti umani sono sospesi o addirittura calpestati – ha affermato il parlamentare – come del resto avevamo appurato in una recente visita. Ma la realtà del Cara è ben diversa. È una struttura che assolve ad un compito fondamentale previsto dalla nostra Costituzione: quello di fornire assistenza alle persone in attesa di asilo politico e protezione internazionale perchè perseguitate o fuggite dalla guerra. E va aiutato a svolgere la sua funzione al meglio. La chiusura del Cie, che noi vogliamo, potrebbe lasciare eventuali spazi ad un ampliamento del Cara». Posizione netta, quella di Manconi, che assicura di non essere il solo a vederla in questo modo. «Questa mia ipotesi è condivisa anche dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e da tante associazioni che si occupano di studi sulle problematiche dell’immigrazione». Meno entusiasta di queste parole il Comune di Gradisca, che nelle scorse settimane aveva messo nero su bianco la sua contrarietà alla riapertura del Cie, ma anche all’ampliamento del Cara. I numeri non sarebbero più gestibili dal territorio, che a queste persone (libere di circolare) non riuscirebbe più a garantire risposte sociali, tantomeno senza risorse. «Sappiamo dell’ostilità degli enti locali a questa ipotesi, così come siamo consapevoli che a livello centrale si vuole riaprire il Cie. Ma la commissione ha il dovere di presentare le proprie riflessioni». Di certo, come ha appurato ieri Manconi nel corso della sua visita fiume (ben 4 ore) accompagnato dalla direttrice Cardella e dai funzionari della Prefettura, il Cara di Gradisca è una struttura complessa. Lo sanno bene i dipendenti, che svolgono responsabilmente un lavoro delicatissimo nonostante continui ritardi nell’erogazione degli stipendi. Manconi li ha incontrati. Attendono le mensilita’ di novembre, dicembre, la tredicesima e un 20% di pregressi. Sono stremati, chiedono tempistiche certe. Il nuovo contratto di appalto è stato depositato alla Corte dei Conti e questo dovrebbe finalmente riportare tutto alla normalità. «Anche il cambio della guardia alla guida della Prefettura dovrebbe aprire un nuovo capitolo in questo senso» afferma Manconi. Di certo il Cara negli ultimi mesi è cambiato. La sua capienza è stata portata dai 138 posti standard a 204 per consentire l’apertura di una sezione Cda, ovvero di accoglienza per i profughi sbarcati sulle coste siciliane. Attualmente gli ospiti del Cara/Cda sono 176, ma il turnover nella sezione di accoglienza è continuo. Il bisogno di spazi è effettivo. Attualmente non vi sono all’ex Polonio né minori né nuclei familiari. «Se ci fossero – spiegano dalla direzione – troveremmo qualche difficoltà ad organizzarci con gli spazi». L’80% di quanti approda al Cda invece rimane per poche ore: poi si volatilizza perchè non ha interesse a chiedere protezione al nostro Paese ma mira al Nord Europa. Lo Stato lascia fare, ma il ricambio è costante. Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Senegal, Ghana, Nigeria i Paesi piu’ rappresentati. Per i richiedenti asilo in media la permanenza al Cara dura 120 giorni. C’è assistenza sanitaria, psicologica, mediazione culturale, orientamento legale. Esistono una ludoteca e luoghi dedicati al culto. «Contrariamente ad altri centri – conferma Manconi – l’opinione degli ospiti sui servizi è buona. Ma il governo dovrebbe investire maggiori risorse sul diritto all’asilo e sull’integrazione di queste persone. I tempi di attesa per entrare nel circuito Sprar sono lunghi, ma qualcosa si sta muovendo».
Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Piccolo del 20/01/14
Manconi: «Aiuto ai profughi anche negli spazi dell?ex Cie»
di Luigi Murciano GRADISCA «Il Cara di Gradisca è una struttura che va ampliata in virtù del numero di persone che sta attualmente ospitando, e che è destinato a crescere ulteriormente». Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, non ha dubbi. Secondo il senatore Pd, che lo ha visitato nella mattinata di ieri, il Centro per richiedenti asilo della cittadina isontina andrebbe potenziato per poter operare al meglio. Magari riconvertendo in Cara, questa l’opinione di Manconi, l’altro centro gradiscano: ovvero il Cie, il centro di espulsione per clandestini attualmente in ristrutturazione dopo le rivolte dei mesi scorsi. «Il Cie va chiuso in quanto luogo ove i diritti umani sono sospesi o addirittura calpestati – ha affermato il parlamentare – come del resto avevamo appurato in una recente visita. Ma la realtà del Cara è ben diversa. È una struttura che assolve ad un compito fondamentale previsto dalla nostra Costituzione: quello di fornire assistenza alle persone in attesa di asilo politico e protezione internazionale perchè perseguitate o fuggite dalla guerra. E va aiutato a svolgere la sua funzione al meglio. La chiusura del Cie, che noi vogliamo, potrebbe lasciare eventuali spazi ad un ampliamento del Cara». Posizione netta, quella di Manconi, che assicura di non essere il solo a vederla in questo modo. «Questa mia ipotesi è condivisa anche dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia e da tante associazioni che si occupano di studi sulle problematiche dell’immigrazione». Meno entusiasta di queste parole il Comune di Gradisca, che nelle scorse settimane aveva messo nero su bianco la sua contrarietà alla riapertura del Cie, ma anche all’ampliamento del Cara. I numeri non sarebbero più gestibili dal territorio, che a queste persone (libere di circolare) non riuscirebbe più a garantire risposte sociali, tantomeno senza risorse. «Sappiamo dell’ostilità degli enti locali a questa ipotesi, così come siamo consapevoli che a livello centrale si vuole riaprire il Cie. Ma la commissione ha il dovere di presentare le proprie riflessioni». Di certo, come ha appurato ieri Manconi nel corso della sua visita fiume (ben 4 ore) accompagnato dalla direttrice Cardella e dai funzionari della Prefettura, il Cara di Gradisca è una struttura complessa. Lo sanno bene i dipendenti, che svolgono responsabilmente un lavoro delicatissimo nonostante continui ritardi nell’erogazione degli stipendi. Manconi li ha incontrati. Attendono le mensilita’ di novembre, dicembre, la tredicesima e un 20% di pregressi. Sono stremati, chiedono tempistiche certe. Il nuovo contratto di appalto è stato depositato alla Corte dei Conti e questo dovrebbe finalmente riportare tutto alla normalità. «Anche il cambio della guardia alla guida della Prefettura dovrebbe aprire un nuovo capitolo in questo senso» afferma Manconi. Di certo il Cara negli ultimi mesi è cambiato. La sua capienza è stata portata dai 138 posti standard a 204 per consentire l’apertura di una sezione Cda, ovvero di accoglienza per i profughi sbarcati sulle coste siciliane. Attualmente gli ospiti del Cara/Cda sono 176, ma il turnover nella sezione di accoglienza è continuo. Il bisogno di spazi è effettivo. Attualmente non vi sono all’ex Polonio né minori né nuclei familiari. «Se ci fossero – spiegano dalla direzione – troveremmo qualche difficoltà ad organizzarci con gli spazi». L’80% di quanti approda al Cda invece rimane per poche ore: poi si volatilizza perchè non ha interesse a chiedere protezione al nostro Paese ma mira al Nord Europa. Lo Stato lascia fare, ma il ricambio è costante. Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Senegal, Ghana, Nigeria i Paesi piu’ rappresentati. Per i richiedenti asilo in media la permanenza al Cara dura 120 giorni. C’è assistenza sanitaria, psicologica, mediazione culturale, orientamento legale. Esistono una ludoteca e luoghi dedicati al culto. «Contrariamente ad altri centri – conferma Manconi – l’opinione degli ospiti sui servizi è buona. Ma il governo dovrebbe investire maggiori risorse sul diritto all’asilo e sull’integrazione di queste persone. I tempi di attesa per entrare nel circuito Sprar sono lunghi, ma qualcosa si sta muovendo».
Marzo 18th, 2017 — General, Manifestazioni locali
Sabato 25 gennaio a Pordenone è attesa in veste istituzionale, come rappresentante del governo Letta, Cécile Kyenge ministro dell’integrazione con delega alle Politiche giovanili.
Cosa ha prodotto per i migranti la politica di questa ministra? Sostanzialmente dibattito, dichiarazioni, clamore, contestazioni idelogiche, ma concretamente, nella vita quotidiana e nella prospettiva di milioni di migranti in Italia, non ci sono stati passi in avanti verso un miglioramento delle condizioni umane, lavorative e dei diritti fondamentali. La Bossi-Fini, peggiorativa della già pessima TurcoNapolitano, è ancora in vigore, i CIE (allora CPT) sono ancora attivi e detengono esseri umani incarcerati e segregati per un pezzo di carta mancante. Il reato di clandestinità produce esclusione, paura e morte (sono centinaia in pochi anni i morti annegati al largo di Lampedusa e non solo) e l’emendamento appena passato in senato che lo limiterebbe è l’ennesima farsa sulla pelle dei clandestini. L’esistenza dei migranti è ancora subordinata al ricatto del lavoro, nelle mani di padroni che possono decidere il giorno in cui dargli speranza e quello in cui levarseli di torno, inutile manovalanza di cui sbarazzarsi.
E’ vero che il suo ministero è senza portafoglio e le sue proposte (abolizione del reato di clandestinità e Ius Soli) sono blindate dalle “larghe intese” che non le consentono manovre politiche reali. Eppure quando la Kyenge ha accettato di entrare in questo governo antiproletario e sottopancia della BCE e delle sue politiche di “lacrime & sangue” lo sapeva come stavano le cose, quali giochi politici si celavano dietro le spartizioni delle poltrone e quali reali prospettive di cambiamento avrebbe avuto. Dopo quasi un anno rimangano solo le intenzioni e nulla più: game over!
Non avremmo dunque nessuna buona accoglienza da farle se non fosse che ancora una volta la sua persona di migrante, donna e nera non scatenasse i peggiori istinti dei mai sazi trogloditi.
Così anche a Pordenone un manipolo di razzisti e fascisti, che vanno da Fiamma tricolore e casapound a forza nuova, dai leghisti ai forconi, ha deciso di utilizzare il colore della pelle della ministra per sputare il solito odio e i soliti pregiudizi continuando a capovolgere la realtà urlando fantomatici privilegi ai “non italiani”.
Come Coordinamento Antifascista e Antirazzista di Pordenone non accettiamo l’assembramento vergognoso di questo rugurgito fascista e razzista in città e non manchiamo di dare solidarietà umana a Cécile Kyenge per questi insulti. Ma non possiamo rimanere silenti rispetto a ciò che rappresenta il ministro che, nei fatti, è la prima visita governativa in città dall’insediamento del governo Letta.
Le politiche che rappresenta sono un pugno allo stomaco per la gran parte delle genti di queste terre a nordest, dove ogni giorno e da tempo si sommano cassintegrazioni, licenziamenti, aumenti della disoccupazione, degli sfratti e della precarietà in generale.
Questo è l’enensimo governo della TAV, degli acquisti miliardari di cacciabombardieri, dei tagli alla sanità, alla scuola e alle università, dell’aumento delle tasse e dell’impoverimento generale.
Perciò: via i fascisti e i razzisti da Pordenone e nessuna accoglienza signora ministro, ritorni a fianco dei migranti, nelle associazioni, nei comitati antisfratti, in quelli contro i CIE, nelle lotte di base e territoriali dove la solidarietà umana reincontrerà anche quella politica.
Coordinamento Antifascista Antirazzista Pordenonese
Marzo 18th, 2017 — General, Tracciati FVG
Ma cosa aspettano a dire al Ministero che bocci il progetto 2010?
mv 24 gennaio 2014
Latisana, le prime da Mestre sarebbero dirottate sulla Treviso-Pordenone-Udine. Per i viaggiatori da potenziare l’attuale via San Donà-Portogruaro-Cervignano
LATISANA. Separare la linea merci da quella passeggeri, mantenendo quest’ultima sulla linea “bassa” da Mestre a Cervignano-via Portogruaro e spostando l’altra sulla linea “alta”, via Treviso-Pordenone-Udine.
E’ questa la proposta elaborata dai sindaci di Latisana, Ronchis, Precenicco, Porpetto, Palazzolo dello Stella e Pocenia, al termine di un incontro che li ha visti riuniti, l’altra sera, per esprimere ancora una volta parere contrario al quadruplicamento della linea ferroviaria esistente per adattarla all’alta velocità/alta capacità e, allo stesso tempo, formulare un’ipotesi, «senza la necessità di creare una nuova linea ferroviaria – precisano in una nota – puntando invece sulla possibilità di utilizzare i binari esistenti adattandoli alle tecnologie Ertms 1 per l´alta capacità e dell´Ertms 2 per l’alta velocità, più altri interventi tecnologici sulle stazioni ferroviarie».
«L’idea – spiega il sindaco di Latisana, Salvatore Benigno, anche a nome dei colleghi, Vanni Biasutti per Ronchis, Massimo Occhilupo per Precenicco, Pietro Dri per Porpetto, Mauro Bordin per Palazzolo e Danilo Bernardis per Pocenia – è quella di separare le merci dai passeggeri all’altezza di Mestre, per poi ricongiungerle a Cervignano in direzione Trieste.
In questo modo occorrerà adeguare l’infrastruttura esistente tra Mestre e Cervignano-via Portogruaro e renderla operabile per l’alta velocità passeggeri, prevedendo per le merci il passaggio via Treviso-Pordenone-Udine sfruttando la linea esistente. Inoltre, il collegamento degli interporti di Pordenone e Cervignano sarebbe garantito e farebbe uscire queste infrastrutture dall’attuale marginalità».
L’idea, definita dai sindaci «maggiormente sostenibile sotto il profilo dell’impatto ambientale e dai molti vantaggi in un’ottima di sviluppo delle reti infrastrutturali», verrà sottoposta all’attenzione degli enti locali, della Provincia, della Regione e del ministero delle Infrastrutture, sottolineando anche il fatto che questa ipotesi «avrebbe il pregio di non devastare il territorio e recuperare il carattere di sostenibilità dell’intervento, anche da un punto anche economico – spiega ancora Benigno -.
L’opera, a questo punto, diventerebbe fattibile perché da 7,4 miliardi di euro di spesa prevista si passerebbe a circa 1 miliardo». Una proposta, quella formulata dai sindaci della Bassa che per loro stessa ammissione va ulteriormente approfondita, ma che tuttavia ha l’obiettivo di stimolare una discussione con la Regione in particolare con la presidente Serrachiani «per scongiurare il pesante vincolo urbanistico del tracciato Illy-Sonego (progetto del 2010, ndr) – dice ancora Benigno – e al contempo rappresenta una occasione utile per migliorare le attuali reti ferroviarie, senza quadruplicamento».
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Marzo 18th, 2017 — Fascisti carogne, General
MV DOMENICA, 26 GENNAIO 2014 Pagina 15 – Pordenone
Il “derby” dei presidi tra cori, fumogeni e maschere tricolori
Anarchici contro FN: caos nonostante i megafoni vietati Satira e intolleranza negli striscioni, servizio d’ordine efficace
Il silenziatore ai megafoni non ha fermato le grida dei manifestanti anti e pro ministro. In un municipio blindato – sul versante di piazzetta Calderari i movimenti di destra mentre sotto il portico davanti a Ferronato, pochi rappresentanti dei centri sociali e davanti al municipio le associazioni degli immigrati e le rappresentanze dei partiti di sinistra (dal Pd a Sel) – sono risuonati per tutta la visita i cori delle fazioni opposte. Agli anarchici che rispolveravano l’adagio “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne”, la destra rispondeva con “Traditori della patria” e l’inno d’Italia. A evitare che le urla si trasformassero in vere tensioni, ci ha pensato un cordone di forze dell’ordine (un centinaio tra carabinieri e polizia, impiegati anche 25 agenti della polizia municipale che si sono occupati anche della viabilità) che ha monitorato tutte le fasi della visita ministeriale. In piazzetta Calderari, il divieto di usare megafoni non ha impedito che la protesta fosse efficace. I primi ad arrivare – con tanto di maschera tricolore sul volto – sono stati i ragazzi di Casa Pound (provenienti da Maniago ma anche dal Friuli). Non mancavano esponenti di Forza nuova e naturalmente Fiamma tricolore che, con un corteo proveniente dalla stazione ferroviaria, è arrivata con il segretario regionale Srefano Salmè e quello nazionale Attilio Carelli che sta seguendo Kyenge un po’ in tutta Italia. «Il divieto di usare megafoni non ha precedenti, non ci è mai capitato – dice Salmè –. Il ministro ha il dovere di ascoltare le contestazioni. Siamo qui per affermare il principio che prima vanno tutelati gli italiani. E’ una questione di cittadinanza: anche le figlie del ministro, che sono cittadine italiane – graffia Salmè –, se perdessero il lavoro dovrebbero essere tutelate prima di chi non è cittadino. In un momento in cui il lavoro e la crisi economica sono al primo posto dei problemi di questo territorio, parlare di ius soli è quanto meno provocatorio. Ci si occupi dei problemi degli italiani». E se i megafoni sono stati sostituiti da fischietti e tamburelli, striscioni e folclore non sono mancati. Dai cori “No al razzismo anti-bianco”, “L’immigrazione uccide la nazione”, e altri di sostegno ai marò, fino agli striscioni: “La terra di Dante mai a un immigrante” e “Di cosa ti lamenti, ti paghiamo anche la scorta”. C’era perfino un biglietto aereo formato gigante intestato alla ministra. Naturalmente di sola andata. Martina Milia
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Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager, General
da Il Piccolo del 27 gennaio 2014
Gradisca contro Kyenge, no al maxi Cara
Il sindaco boccia l’ampliamento del centro di accoglienza degli immigrati richiedenti asilo “approvato” dal ministro
GRADISCA. Cecile Kyenge lascia il Friuli Venezia Giulia esprimendo parere positivo alla proposta di ampliare il Cara per scongiurare la riapertura del Cie e impegnandosi a sensibilizzare il governo. Risultato? Gradisca ora trema. E gli amministratori locali, all’indomani della visita del ministro dell’Integrazione a Udine e Pordenone, non nascondono l’amarezza e le perplessità: «Ancora una volta si decide sulla nostra testa».
L’ampliamento del Cara, il centro di accoglienza dei richiedenti asilo dove vengono inviati e ospitati gli stranieri richiedenti asilo privi di documenti di riconoscimento per consentire l’identificazione o la definizione della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato, non trova favorevole solo Kyenge. Il presidente della Commissione straordinaria per la Tutela dei diritti umani, Luigi Manconi, ha già espresso un parere positivo. E la stessa presidente della Regione, Debora Serracchiani, non è affatto contraria. Ma è evidente che il via libera del ministro dell’Integrazione pesa, eccome, tanto più che a Gradisca è ancora cocente la delusione per il mancato incontro con Kyenge.
Il sindaco Tommasini, sia chiaro, ricorre ancora alla democrazia nei confronti del ministro: «Capisco le sue ragioni, ma lei avrà capito le nostre: un confronto così aperto e delicato non poteva essere svolto di notte». Ma, facendo capire tutta la sua irritazione per la questione del Cara, se la prende più genericamente con i politici: «Siamo francamente delusi da tutti quei professionisti della politica che sembrano avere soluzioni in tasca per le problematiche di Gradisca senza neppure conoscerne la realtà. In prima linea ci siamo noi, cittadini e amministratori: su Cie e Cara non si può continuare a decidere sulla nostra testa come avvenuto negli ultimi quindici anni».
E l’amministrazione comunale non ha dubbi che l’ampliamento del Cara non può e non deve essere l’unica soluzione per scongiurare la riapertura del vicino Cie, il centro di identificazione ed espulsione deputato per legge al trattenimento degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati appunto all’espulsione. «Non solo non è una soluzione ma per la città rischia di essere un boomerang. Non abbiamo numeri né risorse per andare oltre il modello di accoglienza che già applichiamo» spiega Tommasini. Subito dopo si rivolege a Serracchiani: «Siamo sicuri che una volta risolte le problematiche del Pordenonese ci dedicherà la giusta attenzione. Il governatore aveva condiviso la nostra posizione espressa anche in un ordine del giorno: su Cie e Cara si gioca il futuro del territorio provinciale».
Se la posizione di Kyenge e Manconi dovesse trovare concretezza, dall’ex Polonio un domani sparirebbero gabbie e camere di parcellizzazione nell’ottica di ospitare non più soggetti ritenuti “pericolosi” ma profughi che richiedono protezione umanitaria. Persone libere di circolare sul territorio e bisognose di risposte concrete, a livello sociale, scolastico, lavorativo, di orientamento. Proprio per tale motivo l’ipotesi di ampliamento del Cara lascia con il fiato sospeso l’amministrazione comunale della cittadina isontina. Attualmente, con poco meno di 200 ospiti, la situazione è tutto sommato ben gestita. Ma che succederebbe con un aumento della capienza? «Un maxi-Cara sarebbe una realtà difficilmente sostenibile per un piccolo comune di semila anime, che già sta facendo molti sforzi per l’integrazione e la convivenza dei rifugiati con progetti unici in Italia. Ma se le presenze dovessero raddoppiare o triplicare per noi diventerebbe molto complicato convivere con questa realtà. Gradisca ha già dato molto, non deve essere lasciata sola in questa fase delicata in cui si sta prendendo una decisione» conclude il sindaco. Anche il locale Pd aveva già definito «miope e sbagliata» la soluzione di ampliare il Cara sfruttando gli spazi del Cie ora chiuso per restauro.
Articoli precedenti
da Il Piccolo del 25 gennaio 2014
Kyenge a Serracchiani: «Sì all’ampliamento del Cara di Gradisca»
Il ministro a Udine dopo la mancata visita alla struttura isontina: «Invierò una lettera in tal senso al governo». La governatrice del Fvg: «Importante che il Cie invece non riapra più»
«Mi farò carico di inviare una lettera al Consiglio dei ministri al rientro dalla mia visita per proporre l’ampliamento del Cara di Gradisca. Altri territori mi hanno chiesto un’analoga trasformazione dei Cara in centri di accoglienza per rispondere alle esigenze e concordo del tutto su questa opportunità». Lo ha affermato il ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge nel corso dell’incontro avuto a Udine con la presidente della Regione Debora Serracchiani. Il ministro avrebbe dovuto visitare Gradisca ieri sera ma la tappa è saltata (tra il disappunto degli amministratori locali) a causa di “ritardi istituzionali”.
Serracchiani ha ricordato che la legge per l’immigrazione ha avuto un «percorso travagliato» in Friuli Venezia Giulia. «La giunta Illy aveva approvato una norma molto partecipata, uno dei primi esempi in Italia di creazione di una rete di volontariato – ha spiegato – la giunta di centrodestra l’ha abrogata e ora ci troviamo nella situazione di doverla riscrivere con una certa sollecitudine, tenendo conto delle mutate condizioni che si sono verificate in questi anni».
Netta la posizione della Regione su Cie e Cara di Gradisca. «Ho chiesto con forza di non riaprire il Cie – ha affermato Serracchiani – perchè non ci sono le condizioni minime di sicurezza e di vivibilità. Concordiamo con la proposta del senatore Manconi di ampliare il Cara, una struttura che funziona ma che è diventata di ridotte dimensioni per le attuali esigenze».
«Attendo quindi – ha aggiunto – dal Consiglio dei ministri un parere in merito visto che, vigente la legge Bossi-Fini, la decisione spetta al presidente, di concerto con il ministro dell’Interno». Il ministro Kyenge si è poi informato dello stato delle politiche giovanili. «Il Friuli Venezia Giulia sarà la prima regione italiana a sperimentare Garanzia Giovani», ha fatto sapere Serracchiani riferendosi alla misura introdotta dal governo Letta per favorire l’inserimento dei giovani dai 15 ai 24 anni nel mondo del lavoro.
da Il Piccolo del 24 gennaio 2014
Kyenge in ritardo, niente visita a Gradisca
Il ministro dell’Integrazione in Fvg, ma arriverà a notte fonda. Salta la tappa al Cara e al Cie. Sabato sarà a Udine e a Pordenone: attese manifestazioni sia pro sia contro

GRADISCA. Delusione a Gradisca per la mancata visita del ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge. Una visita molto attesa (dal 2006 ad oggi nessun ministro della Repubblica aveva mai visitato ufficialmente il Cie/Cara della cittadina isontina) che purtroppo, a causa di una serie di ritardi, è stata annullata tra le proteste degli amministratori locali. «Lo scopo della mia presenza in Fvg – aveva spiegato nei giorni scorsi il ministro – è di visitare tutti i centri di questo tipo in Italia. Lo faccio dal primo giorno della mia nomina. Mi renderò conto di persona della situazione, degli aspetti che hanno attinenza con la mia delega». Queste le intenzioni. Invece impegni istituzionali hanno fatto rivedere il programma e a saltare è stata proprio la visita al Cara / Cie di Gradisca, l’incontro con i parlamentari del Fvg e con la governatrice Serracchiani..
Il tour del ministro si limiterà dunque allo sbarco a Ronchi intorno alle 23. Poi il trasferimento al centro “Balducci” di Zugliano per trascorrervi la notte. Sabato Kyenge è attesa alle 9 in castello a Udine con il meeting “Prospettive di inclusione in Comune”. Il pomeriggio sarà dedicato alla visita a Pordenone. Previste manifestazioni sia pro sia contro, con la blindatura dei luoghi dove transiterà e sosterà il ministro.
Marzo 18th, 2017 — Carceri, General
Trieste 8 febbraio 2014
Via del Coroneo ore 09.30
SOLIDARIETA’ CON MAURIZIO E VALERIO,
PRESIDIO DAVANTI AL TRIBUNALE
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Marzo 18th, 2017 — General, Val Susa
Questo è l’appello dalla valsusa.
In regione per ora previsti appuntamenti a Trieste e Udine.
TERRORISTA È CHI DEVASTA E MILITARIZZA I TERRITORI
APPELLO PER UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE
Circa 600 imputati, più di un migliaio di indagati, decine di persone sottoposte a varie restrizioni (obbligo o divieto di dimora, foglio di via), multe da centinaia di migliaia di euro, un processo contro 53 no tav condotto in un’aula bunker, diversi compagni da mesi agli arresti domiciliari. In questi numeri si può leggere l’accanimento repressivo contro il movimento no tav. Nella crociata condotta dalla Procura di Torino si è aggiunto ad agosto un nuovo capitolo: no tav indagati per “attentato con finalità di terrorismo” – e sottoposti per questo a misure restrittive – per una delle tante passeggiate di lotta contro il cantiere di Chiomonte.
Dopo mesi di criminalizzazione mediatica, arriviamo al 9 dicembre, quando quattro notav (Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò) vengono arrestati su mandato della Procura di Torino perché accusati di aver partecipato ad un’azione contro il cantiere avvenuta nella notte fra il 13 e il 14 maggio.
Un’azione che, come già accaduto nelle pratiche del nostro movimento, aveva danneggiato alcune attrezzature del cantiere.
Per la Procura di Torino si tratta di “attentato con finalità di terrorismo”. Per noi si tratta di una giusta resistenza.
L’accusa di “terrorismo” comporta delle pene molto pesanti. Ma nell’inchiesta della Procura torinese si va ben oltre: vengono utilizzati per la prima volta in Italia articoli che definiscono “terrorista” qualsiasi forma di resistenza a quanto deciso dai poteri economici e politici. Ogni imposizione dello Stato, secondo i Pm Rinaudo e Padalino, ammette tutt’al più la lamentela, ma non l’opposizione attiva.
Insomma, in questo tentativo di attaccare frontalmente il movimento no tav si sperimentano dei modelli che potranno essere applicati in futuro ad ogni forma di dissenso reale.
Ne va della libertà di tutti.
Per questo lanciamo un appello per una mobilitazione nazionale sui vari territori per il 22 febbraio:
– Contro l’accusa di terrorismo e la criminalizzazione di chi lotta
– In solidarietà con tutti i no tav imputati e indagati
– per la liberazione di Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò e degli altri no tav ancora ai domiciliari
– Per rilanciare le lotte
– Perché chi attacca alcuni/e di noi, attacca tutte e tutti
– Per ribadire con forza che fermarci è impossibile
Per questi motivi il Movimento NO TAV
INDICE E PROPONE PER IL 22 FEBBRAIO
UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE E DI LOTTA
OGNUNO NEL PROPRIO TERRITORIO
a tutte quelle realtà che resistono e si battono contro lo spreco delle risorse pubbliche, contro la devastazione del territorio, per il diritto alla casa, per un lavoro dignitoso, sicuro e adeguatamente retribuito.
Una mobilitazione comune in solidarietà ai compagni di lotta incarcerati, ai compagni di lotta già condannati, a quella innumerevole schiera di resistenti che ancora deve affrontare il giudizio per aver difeso i beni comuni, una giornata di lotta alla quale seguirà nella metà di marzo un appuntamento a Roma per la difesa e la legittimità delle lotte sociali.
In preparazione della giornata di lotta si invita ad effettuare assemblee sui territori per sensibilizzare la popolazione sia su questi temi sia sui progetti che si contrastano.
Appello del Coordinamento dei comitati del Movimento NO TAV.
Villar Focchiardo 29 gennaio 2014
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qui un documento della FAI di Torino:
http://anarresinfo.noblogs.org/2014/01/23/terrorismo-di-stato/