PORDENONE/ Rassegna stampa sulla visita della Kyenge

MV DOMENICA, 26 GENNAIO 2014 Pagina 15 – Pordenone

 

Il “derby” dei presidi tra cori, fumogeni e maschere tricolori

 

Anarchici contro FN: caos nonostante i megafoni vietati Satira e intolleranza negli striscioni, servizio d’ordine efficace

 

Il silenziatore ai megafoni non ha fermato le grida dei manifestanti anti e pro ministro. In un municipio blindato – sul versante di piazzetta Calderari i movimenti di destra mentre sotto il portico davanti a Ferronato, pochi rappresentanti dei centri sociali e davanti al municipio le associazioni degli immigrati e le rappresentanze dei partiti di sinistra (dal Pd a Sel) – sono risuonati per tutta la visita i cori delle fazioni opposte. Agli anarchici che rispolveravano l’adagio “Fascisti, carogne, tornate nelle fogne”, la destra rispondeva con “Traditori della patria” e l’inno d’Italia. A evitare che le urla si trasformassero in vere tensioni, ci ha pensato un cordone di forze dell’ordine (un centinaio tra carabinieri e polizia, impiegati anche 25 agenti della polizia municipale che si sono occupati anche della viabilità) che ha monitorato tutte le fasi della visita ministeriale. In piazzetta Calderari, il divieto di usare megafoni non ha impedito che la protesta fosse efficace. I primi ad arrivare – con tanto di maschera tricolore sul volto – sono stati i ragazzi di Casa Pound (provenienti da Maniago ma anche dal Friuli). Non mancavano esponenti di Forza nuova e naturalmente Fiamma tricolore che, con un corteo proveniente dalla stazione ferroviaria, è arrivata con il segretario regionale Srefano Salmè e quello nazionale Attilio Carelli che sta seguendo Kyenge un po’ in tutta Italia. «Il divieto di usare megafoni non ha precedenti, non ci è mai capitato – dice Salmè –. Il ministro ha il dovere di ascoltare le contestazioni. Siamo qui per affermare il principio che prima vanno tutelati gli italiani. E’ una questione di cittadinanza: anche le figlie del ministro, che sono cittadine italiane – graffia Salmè –, se perdessero il lavoro dovrebbero essere tutelate prima di chi non è cittadino. In un momento in cui il lavoro e la crisi economica sono al primo posto dei problemi di questo territorio, parlare di ius soli è quanto meno provocatorio. Ci si occupi dei problemi degli italiani». E se i megafoni sono stati sostituiti da fischietti e tamburelli, striscioni e folclore non sono mancati. Dai cori “No al razzismo anti-bianco”, “L’immigrazione uccide la nazione”, e altri di sostegno ai marò, fino agli striscioni: “La terra di Dante mai a un immigrante” e “Di cosa ti lamenti, ti paghiamo anche la scorta”. C’era perfino un biglietto aereo formato gigante intestato alla ministra. Naturalmente di sola andata. Martina Milia 

 

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