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Giardino liberato a Trieste (con rass.stampa)
Marzo 18th, 2017 — General, Ultime
ROJAVA: intervista con alcune combattenti del YPJ
Marzo 18th, 2017 — General, Varie
Preghiamo tutti di dare massima diffusione a questa conversazione
trascritta dagli attivisti e le attiviste messinesi preseti in Kurdistan.
Dopo varı gıornı dı attesa a Kobane, fınalmente, sı creano le condızıonı
per poter ıncontrare le donne combattentı, ın lotta contro Isıs.
Entrıamo nella loro "casa", nella loro base operatıva - luogo ın cuı
condıvıdono emozıonı, organızzano le battaglıe. Presentı con noı due
traduttorı.
Venıamo accoltı ın una pıccola sala rıscaldata, allestıta con foto dı
martırı donne e uomını. Chıedıamo: "chı e'?" - ındıcando una
gıgantografıa dı un volto femmınıle combattente. Una YPJ rısponde "E'
una nostra martıre, dı qualche anno fa. Dı leı mostrıamo solo
l'ımmagıne". Cı sedıamo a terra,
ın cerchıo, e ınızıamo a parlare. Inızıalmente sono presentı cınque donne.
Tre dı loro pıu' eloquentı; ın due rımarranno fıno alla fıne dell'ıncontro.
Dı seguıto le domande che abbıamo posto, con relatıve rısposte. Non abbıamo
allegatı vıdeo ne' audıo: per una questıone dı sıcurezza le ragazze hanno
preferıto evıtare dı essere sıa rıprese che regıstrate. Dunque, oltre al
nostro rıcordo, la testımonıanza scrıtta e' cıo' che resta dı questo
ıncontro - sperando che possa rendere, almeno ın pıccola parte, la potenza
dı questa breve ma ıntensa esperıenza.
Conversazione con le combattenti YPJ di Kobane a cure di Attiviste contro la guerra
18/02/2015
Dopo vari giorni di attesa a Kobane, finalmente, si creano le condizioni per poter incontrare le donne combattenti, in lotta contro Isis. Entriamo nella loro “casa”, nella loro base operativa – luogo in cui condividono emozioni, organizzano le battaglie. Presenti con noi due traduttori. Veniamo accolti in una piccola sala riscaldata, allestita con foto di martiri donne e uomini. Chiediamo: “chi é?” – indicando una gigantografia di un volto femminile combattente. Una YPJ risponde “É una nostra martire, di qualche anno fa. Di lei mostriamo solo l’immagine”. Ci sediamo a terra, in cerchio, e iniziamo a parlare. Inizialmente sono presenti cinque donne. Tre di loro più eloquenti; in due rimarranno fino alla fine dell’incontro.
Di seguito le domande che abbiamo posto, con relative risposte. Non abbiamo allegati video né audio: per una questione di sicurezza le ragazze hanno preferito evitare di essere sia riprese che registrate. Dunque, oltre al nostro ricordo, la testimonianza scritta é ciò che resta di questo incontro – sperando che possa rendere, almeno in piccola parte, la potenza di questa breve ma intensa esperienza.
Perché hai fatto questa scelta di entrare nelle YPJ?
“Perché le donne sono sofferenti. Vediamo la sofferenza delle donne non solo qui ma anche nei vostri Paesi. Noi lottiamo per tutte le donne del mondo”.
“Io in particolare sono nata in Germania, sono stata in giro per l’Europa e in uno di questi Paesi ho fatto giorni di reclusione in prigione per motivi politici. Poi ho deciso di venire qui in Kurdistan e anche le mie amiche sono tutte venute qui. Ho letto gli scritti di Öcalan e dopo ciò ho assunto uno sguardo più globale”.
Perché sei venuta in Kurdistan?
“Perché voglio la rivoluzione”.
Cosa intendi per rivoluzione e perché pensi che il Kurdistan sia particolarmente significativo da questo punto di vista?
“Conoscete forse qualche altro movimento nel mondo che chieda la libertà per il popolo curdo?”.
La tua famiglia?Come ha accolto questa scelta?
“Io ho 28 anni. Combatto da 7 anni. La mia famiglia é venuta con me quando ho deciso di partire e ora é qui”.
“Io in questo momento non ho nessun contatto con la mia famiglia. Ma quando ho preso questa decisione loro hanno approvato, perché era una scelta per tutte le donne e per una umanità sofferente”.
Ci sono donne non di Kobane nelle YPJ in questo momento?
“Tra le combattenti ci sono donne da tutta l’Europa: Germania, Inghilterra, Italia… Anche dalla
Colombia. Ma in questo momento non combattono a Kobane”.
Come hai conosciuto le YPJ?
“Quando é iniziata la rivoluzione in Rojava ho saputo di questa parte speciale del movimento. Questa parte presente in tutto il movimento curdo. Anche lì dove ci sono i peshmerga, nonostante la loro presenza, li é persino più forte il movimento combattente femminile”.
Cosa pensi delle relazioni lesbiche?Come vivi il fatto di non avere relazioni?
“Se scegli di entrare nelle YPJ scegli di abbandonare le tue personali relazioni d’amore. Le relazioni lesbiche sono anch’esse relazioni d’amore. Se ami la persona con cui stai puoi anche scegliere di abbandonarla per amore dell’umanità tutta, per amore delle persone oppresse. Questa é la parte militare del movimento. Se scegli di combattere é impossibile farlo mentre pensi “Cosa farà la persona che amo se io muoio?”. Per questo stesso motivo la maggior parte di noi sceglie anche di non avere figli”.
Secondo voi perché tra le persone che attualmente combattono in Kurdistan ci sono più YPJ che YPG?
“Tra le donne c’é il sentimento materno. Vedere i bambini di tutto il mondo soffrire ci rende più forti e coraggiose, a differenza degli uomini che non possiedono questo specifico istinto”.
Hai mai avuto dubbi rispetto alla voglia di essere madre?
“No. Noi non abbiamo mai perso la voglia di essere madri, ma questa maternità, questo amore, é per tutti i bambini, per l’umanità. Non é mai successo che una YPJ cambiasse idea, e avesse voglia di uscire dal movimento e avere dei figli. Oggi le donne in Kurdistan stanno scrivendo la storia, é importante fare domande su questo”.
Cosa pensate quando siete in frontline a combattere, insieme agli uomini?
“Noi in frontline non combattiamo solo contro il nemico, ma anche contro il dominio dell’uomo sulle donne e contro il capitalismo. Dunque siamo insieme agli YPG e se ci sono delle incomprensioni di risolvono dopo con dei meeting, non appena c’é l’opportunità’”.
Avete percezione del fatto che ciò che fate é una spinta per il movimento femminile in tutto il mondo?
“Certamente”.
Ci sono particolari momenti nella vostra vita da combattenti in frontline di cui volete parlare?
“É difficile spiegare il nostro spirito quando si é al fronte. Noi non vogliamo uccidere persone. Ma, mentre combattiamo, sappiamo cosa fanno i daesh; uccidono senza motivo. Noi lottiamo per l’umanità. Sappiamo che se non li uccidiamo noi ci uccidono loro. Ma il momento della battaglia non si può descrivere a parole: solo standoci si può capire veramente cosa si prova. Conoscete il racconto delle quattro farfalle? Quattro farfalle volavano attorno al fuoco, la prima più distante capì che il fuoco era vita, e tornò dalle altre a riferirlo. La seconda, incuriosita, si avvicinò attratta dalla luce e scoprì che il fuoco dava luce, e tornò a riferirlo alle altre. Anche la terza andò verso il
fuoco, sempre più vicino, e scoprì che dava calore; e lo riferì. La quarta voleva comprendere fino in fondo lo spirito del fuoco: si avvicinò, dunque, talmente tanto che morì arsa dalle fiamme”.
É mai capitato che parlaste col nemico nel momento del combattimento?
“No. É capitato che i daesh parlassero attraverso le ricetrasmittenti per tentare di deprimerci psicologicamente, ad esempio fingendo di avere tra le mani una nostra compagna e descrivendo gli abusi e le torture su di lei. La nostra risposta era: “Perderete”. Solitamente dopo questo morivano”.
Avete visto daesh visibilmente drogati?
“Si, sappiamo che assumono ecstasy ma sul frontline li abbiamo visti spesso iniettarsi in vena nelle braccia sostanze di cui non sappiamo l’origine. Il loro corpo, una volta morti, diventava come di plastica. Durante il combattimento é necessario colpirli più volte alla testa per ucciderli. Solitamente i loro corpi si decompongono molto più lentamente”.
Sospendiamo la conversazione: é ora di pranzo e alcune di loro hanno cucinato per tutti. Dunque mangiamo insieme e una volta finito continuiamo a conversare.
Cosa pensi della situazione politica e sociale in Europa? Pensi che sia possibile un movimento ugualmente forte anche lì?
“L’Europa sta attraversando un momento molto complesso. É urgente che anche lì sorga un movimento forte, ma non sarà mai uguale a quello curdo. Ogni movimento ha bisogno di rintracciare e scoprire una propria specifica identità”.
A questo punto é una di loro a porre una domanda: “Pensi che in questo momento le donne in Italia o in Europa siano libere?” No.
“Dunque é urgente e necessario che le donne si sveglino in tutto il mondo. Il patriarcato storicamente é stato ed é tutt’ora oppressione degli uomini sulle donne. Questo rafforza il sistema capitalistico. Dunque un movimento é forte se a risvegliarsi e a lottare inizia la parte oppressa. Il movimento contro il patriarcato é forte se a lottare sono le donne in prima linea. Ci siamo mai chiesti perché non ci siano state mai singole donne alla guida di un movimento o di una rivoluzione? Perché ogni qualvolta questo accadeva il potere le reprimeva. Per questo motivo é importante studiare e conoscere la storia dell’umanità, e delle donne come, ad esempio, Rosa Luxemburg …
Per rendere un movimento forte e sempre in grado di migliorarsi, é necessaria la pratica dell’autocritica: criticare e autocriticarsi é fondamentale per costruire relazioni alla pari e superare i problemi che si pongono. Ricevere una critica non deve suscitare rabbia. Nel criticare e autocriticarsi riconosco i miei amici e questo mi aiuta ad essere una persona sempre migliore”.
In tutto questo, gli uomini cosa fanno?
“Se il movimento é forte ed é in atto una rivoluzione antipatriarcale, gli uomini “supportano”.
Non bisogna mai credere nell’esistenza di una rivoluzione solo perché qualcuno lo dice. Così come non esiste vittoria senza dolore e sofferenza”.
Hai mai amato un uomo?
“Ho avuto varie relazioni quando ero più piccola ma nessuna rispondeva a quel che sentivo profondamente; fin quando ho deciso di abbandonare tutto questo e iniziare a combattere. In molti modi il capitalismo ci allontana dall’essere veramente noi stesse. Anche indossare accessori o piercing o cambiare il colore dei propri capelli é un modo per allontanarci da quello che siamo, perché se non ci fossero le fabbriche che producono i prodotti per il makeup, non sentiremmo questo tipo di esigenza”.
Ma talvolta uno stile strano può rappresentare, in certi contesti, una rottura degli schemi preimpostati, delle forme di immagine dominanti.
“Si, siamo consapevoli di questo. Esistono anche culture ancestrali come quella degli aborigeni, che usano molto agghindare il proprio corpo con oggetti di vario tipo, metalli o tatuaggi. Queste culture hanno un fortissimo legame con la terra e con la natura, vivono in armonia con essa: “con” e non “contro”. Ma il presidente australiano ha fatto un appello per la salvaguardia di questa popolazione aborigena che é in via di estinzione. Il capitalismo la sta piano piano distruggendo”.
Secondo voi é possibile uscire dal sistema capitalistico restando in un contesto urbano?
“No. É necessario ristabilire il contatto con la natura, dunque bisogna uscire dalla città, per poi anche tornarci. Ma é necessario recarsi nei luoghi della natura”.
UDINE/ Venerdì 27 febbraio incontro
Marzo 18th, 2017 — General, Kurdistan
Kurdistan: la rivoluzione delle donne
autorganizzazione, ecologia e libertà di genere incontro con Haskar Kirmizigul della Fondazione Internazionale delle Donne Libere Kurde Venerdì 27 febbraio 2015 h. 20.30 presso Sala Conferenze Hotel Cristallo UDINE |
Oltre settanta persone hanno partecipato all’iniziativa. >>>> Resoconto e foto |
NO OGM: aggiornamenti dal Coordinamento per la biodiversità
Marzo 18th, 2017 — General, No OGM
PORDENONE: comunicato del Circolo Zapata dopo le dichiarazioni di Loperfido
Marzo 18th, 2017 — Circolo Libertario E. Zapata, General
A seguito dichiarazioni del consigliere Loperfido (FdI) riportate sul
edizione odierna del Gazzettino, inviamo il seguente comunicato.
Il Circolo Zapata paga da più di 20 anni un affitto come tutte le altre
associazioni al Comune di Pordenone. Di agevolato in città ci sono
sono gli amici di Loperfido e Ciriani come l’associazione Eureka
che s’è fatta comprare una sede (200.000 €) dalla regione grazie
ai Ciriani brothers e dopo che nel più becero nepotismo hanno
sistemato in provincia gli amici degli amici e dato appalti e
consulenze ad ex Alleanza Nazionale. Che Loperfido, quello che ha portato a Pordenone Prosperini, il
condannato per traffico d’armi e corruzione e arrestato in diretta
TV, faccia paragoni vergognosi accostando un gruppo di neofascisti con
una storica associazione libertaria che ha compiuto da poco 30 anni
dimostra solo la sua simpatia fascista malcelata da quel finto
liberalismo da destra italica. Come si suol dire “un elefante in
una cristalleria”.
Circolo Libertario E. zapata
8 marzo con le donne del Kurdistan
Marzo 18th, 2017 — 8 marzo, General
Quando ci siamo incontrate con Haskar Kirmizigul, abbiamo fatto uno striscione che abbiamo appeso nella sala della conferenza: le parole curde Jîn Jiyan Azadî, Donne Vita Libertà.
Quello stesso striscione lo abbiamo portato in montagna, appoggiato sulla terra, legato agli alberi ed appeso ai balconi delle nostre case perchè vorremmo che quelle parole regnassero dappertutto.
In montagna per un omaggio alle donne combattenti del Kurdistan che devono fare dei monti la loro casa, ma anche un omaggio al principio di convivenza delle diversità che l’esperimento del Rojava sta mettendo a punto.
Sono i monti della Val di Resia nei quali abbiamo fatto quelle foto.
La Val di Resia è un mondo a sé, una lingua, una musica, una storia a sé che però amministrativamente ed istituzionalmente si vuole legato ad una regione -il Friuli Venezia Giulia- che a sua volta è un coagulo di mondi a sé: il Friuli, l’area veneta o venetofona, l’area giuliana, l’area triestina e via discorrendo che poi ognuno di questi conta a sua volta mondi a sé, tutti cancellati e omologati sotto l’autorità dello stato che si chiama Italia.
Ciò che narrano le donne kurde del Rojava fa capire a noi, costrett* ancora ad ascoltare i deliri leghisti e fascisti, che si può -e si deve- esaltare la propria diversità senza negare quella dell’altr*.
Un’altra cosa poi ci fa capire, ed è rivolta alle donne, tutte: che senza l’autodifesa non c’è futuro.
Potevano forse aspettare che i combattenti le liberassero dallo spettro dell’Isis, poi, potevano aspettare che in una situazione normalizzata, qualcuno gentilmente tutelasse e riconoscesse istanze e diritti correttamente richiesti per le vie che la legge avesse messo loro a disposizione.
Noi, nell’avanzato occidente così facciamo, aspirando a ridicole quote rosa, assistendo alla regressione di quel poco conquistato come la possibilità di abortire in sicurezza, in ogni caso restando cronicamente mal retribuite, sempre mal giudicate e con il virtuale velo della sottomissione sulla testa.
C’è una differenza fondamentale, cruciale, fondante, nel dire che non c’è libertà per un popolo se non c’è libertà delle donne.
Loro lo hanno messo nelle premesse della loro battaglia, e ci hanno messo anche l’amore per il territorio, devastato, annichilito, anch’esso senza futuro a causa del turbocapitalismo che tutto consuma.
Ci suggeriscono perciò un ritorno di sintonia con la natura: che cosa siamo noi senza l’ambiente che ci supporta?
Possiamo essere la tecnologia che lo trascende ma che alla fine divora se stessa e con sé i suoi artefici semplicemente perchè ha predato tutte le risorse che l’hanno resa possibile. E ormai sono risorse vitali, sono l’acqua, l’aria e ancora la terra.
Kobane, grazie alla sua resistenza, ha vinto, ma adesso è disseminata di mine ed ha bisogno di tutto il nostro aiuto; sarà ricostruita in modo ecologico, ha detto Haskar; di sicuro sarà un centro di convivenza.
L’America cercò di ricostruire New Orleans distrutta dall’uragano Katrina, a misura di bianco benestante, cacciando le persone di colore che lì avevano vissuto; uno stato, capitalista o no, fa così, privilegia chi detiene soldi e dominio; che cosa fa l’Europa con la marea di migranti che bussano alle sue porte? Le chiude.
Kobane chiude le porte a chi vuole esercitare coercizione, prevaricazione e dominio; le scelte passano per le assemblee.
E le scelte che riguardano le donne passano per le assemblee delle donne.
Loro dicono che la loro lotta non è solo per sé stesse, è per l’umanità.
E’ vero. Occorre una buona teoria per sviluppare una buona pratica. Che si chiami ecologia sociale o confederalismo democratico, le donne ne sono comunque l’anima.
Cogliamo perciò l’appello per questo otto marzo: siamo con le donne di Kobane, con le donne del Kurdistan e con tutte le donne resistenti, battagliere e ribelli; insieme autodeterministicamente.
BASSA FRIULANA/ Giù le mani dalle fontane!
Marzo 18th, 2017 — Bassa friulana, General
TRIESTE: Foto e volantino del presidio antimilitarista
Marzo 18th, 2017 — General, Guerre
NESSUNA GUERRA E’ QUELLA BUONA !
Lo sai che i governi che contrastano i “terroristi dell’IS o di Al Qaeda” sono gli stessi che li hanno armati e finanziati?
… Qatar, Arabia Saudita, Gran Bretagna, U.S.A., Turchia,…
Gli “alleati” di ieri sono i “nemici” di oggi. Domani? Chissà?
Ti ricordi le menzogne che governi e media ci hanno propinato per giustificare le aggressioni militari?
… le famose armi chimiche di Saddam inventate di sana pianta …
Sai che al mondo ci sono oltre 46 milioni di persone che scappano dalle guerre?
…la stima per difetto è dell’UNCHR – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – e si riferisce alla prima metà del 2014 …
Ti rendi conto che la stragrande maggioranza dei morti sono civili inermi?
… le sofisticate “armi chirurgiche” producono sempre più “effetti collaterali” …
Lo sai che nel 2014 il governo italiano ha speso 67 miliardi di euro per l’apparato militare e le “missioni umanitarie”?
… mentre si tagliano i bilanci per l’istruzione e la sanità …
Hai mai fatto caso che i militari con la loro propaganda sono sempre più presenti in ogni ambito della società?
… nelle strade, nelle scuole, nei media…
Sai che le guerre si fanno anche perché le armi prodotte devono essere usate per continuare a produrne?
… e più sono micidiali più si vendono…
La propaganda a suon di sofisticati e terrorizzanti video degli assassini dell’IS segue le stesse logiche dei comunicati emessi dai vari capi di stato, le stesse logiche delle dimostrazioni di forza delle parate militari con dispiegamento di missili ed esibizioni aeree.
Serve a creare paura e consenso e ad arruolare coscienze ed intelligenze.
Rifiutare si può!
Ognuna/o di noi può fare qualcosa di concreto per contrastare il militarismo:
- analizzando criticamente quanto viene diffuso dai media
- facendo circolare le notizie diffuse dai mezzi di controinformazione *
- boicottando la presenza dell’esercito nelle scuole e nelle piazze
- disertando le parate militari e le cerimonie nazionaliste
- sostenendo i movimenti antimilitaristi e quelli che, come il NO MUOS in Sicilia contro le mega antenne satellitari dell’esercito U.S.A., si oppongono alle installazioni militari o all’acquisto degli F-35
- solidarizzando con profughi e rifugiati e sostenendo la difesa autorganizzata come quella della Rojava nel Kurdistan siriano.
*www.umanitanova.org – www.nomuos.info – www.noeffe35.org – www.peacelink.it – www.disarmo.org
ANTIMILITARISTE E ANTIMILITARISTI
ANARCHICHE/I
PORDENONE: azione contro Banca d’Italia
Marzo 18th, 2017 — General, Ultime
18 marzo azione transnazionale contro l’inaugurazione della BCE
Oggi abbiamo simbolicamente chiuso la sede della Banca
d’Italia, parte integrante dal 1998 del sistema europeo delle
banche centrali, per collegarci alla varietà di manifestazioni,
blocchi e altre forme di azione diretta transnazionale contro
l’inaugurazione della nuova sede della Banca Centrale Europea
(BCE), costata 1.300 milioni di euro e annunciata per mercoledì 18
marzo alla presenza di diversi capi di Stato europei e dell’oligarchia
della finanza.
Monfalcone: sentenza amianto, attesa infinita e rischio prescrizione
Marzo 18th, 2017 — General, Nocività
da Il Piccolo del 26 novembre 2014