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TRIESTE: foto e volantino del presidio antimilitarista NO MUOS

Oggi, venerdì 3 aprile, accogliendo  l’appello venuto dal movimento NO MUOS per manifestare ovunque la solidarietà alla manifestazione nazionale contro il MUOS del 4 aprile, un gruppo di compagn* del Germinal ha organizzato un banchetto informativo antimilitarista e contro il MUOS.

 

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Qui sotto il testo del volantino diffuso.

 

NESSUNA GUERRA E’ QUELLA BUONA !

 

Lo sai che i governi che contrastano i “terroristi dell’IS o di Al Qaeda” sono gli stessi che li hanno armati e finanziati?

… Qatar, Arabia Saudita, Gran Bretagna, U.S.A., Turchia,…

Gli “alleati” di ieri sono i “nemici” di oggi. Domani? Chissà?

Ti ricordi le menzogne che governi e media ci hanno propinato per giustificare le aggressioni militari?

… le famose armi chimiche di Saddam inventate di sana pianta …

Sai che al mondo ci sono oltre 46 milioni di persone che scappano dalle guerre?

…la stima per difetto è dell’UNCHR – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – e si riferisce alla prima metà del 2014 …

Ti rendi conto che la stragrande maggioranza dei morti sono civili inermi?

… le sofisticate “armi chirurgiche” producono sempre più “effetti collaterali” …

Lo sai che nel 2014 il governo italiano ha speso 67 miliardi di euro per l’apparato militare e le “missioni umanitarie”?

… mentre si tagliano i bilanci per l’istruzione e la sanità …

Hai mai fatto caso che i militari con la loro propaganda sono sempre più presenti in ogni ambito della società?

… nelle strade, nelle scuole, nei media…

Sai che le guerre si fanno anche perché le armi prodotte devono essere usate per continuare a produrne?

… e più sono micidiali più si vendono…

La propaganda a suon di sofisticati e terrorizzanti video degli assassini dell’IS segue le stesse logiche dei comunicati emessi dai vari capi di stato, le stesse logiche delle dimostrazioni di forza delle parate militari con dispiegamento di missili ed esibizioni aeree. 

Serve a creare paura e consenso e ad arruolare coscienze ed intelligenze.

Rifiutare si può!

Ognuna/o di noi può fare qualcosa di concreto per contrastare il militarismo:

  • analizzando criticamente quanto viene diffuso dai media
  • facendo circolare le notizie diffuse dai mezzi di controinformazione *
  • boicottando la presenza dell’esercito nelle scuole e nelle piazze
  • disertando le parate militari e le cerimonie nazionaliste
  • sostenendo i movimenti antimilitaristi e quelli che, come il NO MUOS in Sicilia contro le mega antenne satellitari dell’esercito U.S.A., si oppongono alle installazioni militari  o all’acquisto degli F-35
  • solidarizzando con profughi e rifugiati e sostenendo la difesa autorganizzata come quella della Rojava nel Kurdistan siriano.

*www.umanitanova.org    –   www.nomuos.info    –    www.noeffe35.org   –   www.peacelink.it    –    www.disarmo.org  

 

ANTIMILITARISTE E ANTIMILITARISTI

ANARCHICHE/

 

 

 

 

TRIESTE: Foto e volantino del presidio antimilitarista

NESSUNA GUERRA E’ QUELLA BUONA !

 

Lo sai che i governi che contrastano i “terroristi dell’IS o di Al Qaeda” sono gli stessi che li hanno armati e finanziati?

… Qatar, Arabia Saudita, Gran Bretagna, U.S.A., Turchia,…

Gli “alleati” di ieri sono i “nemici” di oggi. Domani? Chissà?

 

Ti ricordi le menzogne che governi e media ci hanno propinato per giustificare le aggressioni militari?

… le famose armi chimiche di Saddam inventate di sana pianta …

 

Sai che al mondo ci sono oltre 46 milioni di persone che scappano dalle guerre?

…la stima per difetto è dell’UNCHR – Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – e si riferisce alla prima metà del 2014 …

 

Ti rendi conto che la stragrande maggioranza dei morti sono civili inermi?

… le sofisticate “armi chirurgiche” producono sempre più “effetti collaterali” …

 

Lo sai che nel 2014 il governo italiano ha speso 67 miliardi di euro per l’apparato militare e le “missioni umanitarie”?

… mentre si tagliano i bilanci per l’istruzione e la sanità …

 

Hai mai fatto caso che i militari con la loro propaganda sono sempre più presenti in ogni ambito della società?

… nelle strade, nelle scuole, nei media…

 

Sai che le guerre si fanno anche perché le armi prodotte devono essere usate per continuare a produrne?

… e più sono micidiali più si vendono…

 

 

La propaganda a suon di sofisticati e terrorizzanti video degli assassini dell’IS segue le stesse logiche dei comunicati emessi dai vari capi di stato, le stesse logiche delle dimostrazioni di forza delle parate militari con dispiegamento di missili ed esibizioni aeree. 

Serve a creare paura e consenso e ad arruolare coscienze ed intelligenze.

Rifiutare si può!

Ognuna/o di noi può fare qualcosa di concreto per contrastare il militarismo:

  • analizzando criticamente quanto viene diffuso dai media
  • facendo circolare le notizie diffuse dai mezzi di controinformazione *
  • boicottando la presenza dell’esercito nelle scuole e nelle piazze
  • disertando le parate militari e le cerimonie nazionaliste
  • sostenendo i movimenti antimilitaristi e quelli che, come il NO MUOS in Sicilia contro le mega antenne satellitari dell’esercito U.S.A., si oppongono alle installazioni militari  o all’acquisto degli F-35
  • solidarizzando con profughi e rifugiati e sostenendo la difesa autorganizzata come quella della Rojava nel Kurdistan siriano.

*www.umanitanova.org    –   www.nomuos.info    –    www.noeffe35.org   –   www.peacelink.it    –    www.disarmo.org  

 

 

ANTIMILITARISTE E ANTIMILITARISTI

ANARCHICHE/I

 

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Iniziative antimilitariste sulla prima guerra mondiale

 

Antigas

GIOVEDI’ 2 PORDENONE

 presentazione del libro

“Gli  ammutinati delle trincee”

 

 VENERDI’ 3 TRIESTE

 presentazione del libro

“Gli  ammutinati delle trincee”

 

 DOMENICA 5 S.MARTINO DEL CARSO 

visita con  guida e reading cantato

alle trincee della grande guerra.

 

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I crimini di Israele/ a Gaza strage di bambini

 

Corriere della Sera 18 novembre

CRI IN MEDIORIENTE – Nella notte RAID ISRAELIANO SU 2 MEDIA CENTER

Missili a Gaza, strage di bambini

Sirene a Tel Aviv, udite due esplosioni

Razzi palestinesi sull città israeliana di Ashkelon. Si tratta per una tregua . Obama: «No all’escalation di violenza»

 

Due bambine palestinesi sui resti dei bombardamenti a Gaza (Reuters)Due bambine palestinesi sui resti dei bombardamenti a Gaza (Reuters)

Raid su Gaza e missili su Tel Aviv. La guerra continua. È alto il tributo di sangue: a Gaza durante i raid israeliani sono rimasti uccisi nove bambini ed altri sono stati gravemente feriti. Secondo al Jazeera il bilancio delle vittime palestinesi dall’inizio dell’offensiva «Pilastro di difesa», mercoledì scorso, è finora è di 64 persone; le vittime israeliane sono invece tre. Fonti mediche riferiscono di oltre 400 civili feriti. Il tutto mentre Israele prepara l’offensiva di terra. Il ministro della Difesa ha fatto sapere di aver richiamato 75 mila riservisti.

«Proseguono i bombardamenti, Israele ammassa le truppe»
dall’inviato Davide Frattini

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SU ISRAELE – Intanto le sirene tornano a risuonare a Tel Aviv, per la quarta volta negli ultimi giorni. Due esplosioni si sono udite in città. Quattro razzi palestinesi hanno colpito la città israeliana di Ashkelon, città costiera del sud di Israele vicino al confine con Gaza, e ci sono feriti. Un altro attacco è stato poi sferrato contro Shaar Haneguev, nei pressi della frontiera con Gaza. Una delle persone ferite sarebbe in gravi condizioni. Secondo le autorità israeliane, i missili lanciati da Gaza contro il territorio israeliano sono stati 55 e hanno provocato il ferimento di 12 persone. Le forze israeliane hanno invece colpito 120 obiettivi all’interno della Striscia.

Quinta notte di bombe a Gaza Quinta notte di bombe a Gaza Quinta notte di bombe a Gaza Quinta notte di bombe a Gaza Quinta notte di bombe a Gaza Quinta notte di bombe a Gaza

CONTRASTI – E nonostante non cessino i bombardamenti si continua a sperare in una tregua. «Sono in corso colloqui seri per giungere ad una tregua e un accordo potrebbe essere raggiunto oggi o domani», ha detto il responsabile che ha voluto mantenere l’anonimato. Al contrario il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha affermato che Israele è pronto ad «allargare significativamente» l’offensiva contro i militanti palestinesi nella Striscia di Gaza. Un argine alla recrudescenza del conflitto ha tentato di porlo il presidente degli Stati Uniti Obama: «Sosteniamo il diritto all’autodifesa di Israele», ha detto nel corso di una conferenza stampa a Bangkok. «Ma lavoriamo attivamente con tutte le parti nella regione per fermare il lancio di missili di Hamas senza ulteriori escalation di violenza».

LA TREGUA – «Prima abbiamo bisogno che il fuoco cessi e poi possiamo discutere qualsiasi altra cosa. Metà Israele è sotto il fuoco, questo non può andare», ha detto il premier Beniamyn Netanyahu a margine di un colloquio con il ministro degli esteri francese. Dall’altra parte Hamas ha avanzato la richiesta che «l’aggressione e gli omicidi devono essere fermati», ha detto un responsabile del movimento islamico palestinese a condizione di anonimato. Una soluzione accettabile per il gruppo palestinese, secondo quanto si è appreso, sarebbe quella di vedere gli Stati Uniti, tradizionali alleati di Israele, come «garanti» del rispetto del cessate il fuoco da parte dello Stato ebraico. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon già lunedì sarà al Cairo per incontrare il ministro degli esteri egiziano Kamel Amr. E martedì il presidente Mohamed Morsi e il premier Hisham Kandil. E per martedì, si è stabilito che la delegazione della Lega araba guidata dal segretario generale Nabil el Araby si recherà a Gaza. Ad avere un ruolo chiave al tavolo delle trattative pare essere l’Egitto. Un emissario israeliano è arrivato domenica al Cairo a bordo di un aereo privato per incontrare le autorità egiziane che stanno conducendo la difficile mediazione per un cessate il fuoco a Gaza. Lo hanno riferito all’Ansa fonti dell’aeroporto: l’emissario si è recato nella sede dei servizi segreti egiziani.

NELLA NOTTE – Nonostante i tentativi diplomatici, gli attacchi su Gaza diventano sembre più brutali. Un raid israeliano nella notte tra sabato e domenica ha colpito il complesso Al-Shawa, dove hanno sede alcuni media locali e stranieri. Lo riferisce l’agenzia di stampa Màan, secondo cui ci sarebbero sei feriti, cinque giornalisti di al-Quds Tv e un cameraman, che ha perso una gamba. Distrutti anche gli uffici dell’emittente Russia Today.

Quarto giorno di guerra in Israele Quarto giorno di guerra in Israele Quarto giorno di guerra in Israele Quarto giorno di guerra in Israele Quarto giorno di guerra in Israele Quarto giorno di guerra in Israele

Sembra che l’impatto sia avvenuto all’undicesimo piano del palazzo, proprio dove sono situati gli uffici di al-Quds. Un secondo attacco ha colpito poi un altro media center: due missili sono stati lanciati sul 15esimo piano dell’edificio dove hanno sede gli studi di Al-Aqsa tv. I soccorritori hanno fatto evacuare diverse persone rimaste ferite.

UN ALTRO CAPO DI HAMAS UCCISO – Tra gli obiettivi dei raid israelianic’è stata anche l’abitazione di Ihya Abia, il responsabile della unità di Hamas incaricata del lancio di missili. Abia, uno dei principali dirigenti di Hamas e responsabile della maggior parte dei lanci di missili degli ultimi giorni, è rimasto ucciso nell’attacco. Lo riferiscono i media israeliani

Sirene a Tel Aviv
Rcd

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MESSAGGIO – Sfruttando la superiorità tecnologica l’esercito israeliano, domenica si è impadronito della frequenza 106.7 utilizzata da radio al-Aqsa di Hamas e ha mandato alla popolazione palestinese perentori messaggi, in buon arabo. «State alla larga – è stato detto – dai miliziani di Hamas, che giocano con le vostre vite»

Raid su Gaza, bambini uccisi
Rcd

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LA COOPERANTE ITALIANA – Meri Calvelli, cooperante italiana a Gaza ha commentato questo attacco ai media di Gaza: «Hanno bombardato da cielo e mare, attaccando e colpendo i palazzi dei media center che ospitano radio e tv, li hanno bombardati per mettere fuori uso tutta la comunicazione interna». E aggiunge accorata: «Ha un significato orribile. Sanno che radio e televisioni fungono da comunicatori per tutta la popolazione», se messi fuori uso non avranno più «la possibilità di dire cosa succede nel caso in cui arrivasse un attacco da terra». Calvelli, che da anni lavora a Gaza e fa parte dell’Associazione di cooperazione e solidarietà, continua poi a descrivere la difficile situazione: «Sappiamo che le navi sono a 300 metri dalla costa e hanno bombardato il ponte che collega una parte all’altra di Gaza. Hanno fatto credere che ci potesse essere una tregua e poi invece hanno cominciato a bombardare incessantemente. Sembra un terremoto senza sosta». Redazione Online18 novembre 2012 | 17:24

LA SOLIDARIETA’ ARMATA: sulla comunità di sant’Egidio

Da Il Manifesto del 24/12/11

La solidarietà armata

APERTURA – Luca Kocci

 

È toccato al ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi dare l’annuncio, al termine della riunione del consiglio dei ministri di ieri, dell’approvazione del decreto Milleproproghe – ribattezzato Poche proroghe – che contiene, fra l’altro, il rifinanziamento delle missioni militari all’estero delle Forze armate.

Niente da fare, quindi, per le organizzazioni non governative italiane impegnate nella cooperazione allo sviluppo che hanno denunciato con forza i continui tagli ai progetti internazionali di solidarietà da un lato e l’intangibilità degli stanziamenti per le armi e per le missioni militari dall’altro. Il “loro” ministro conferma tutto: nessuna riduzione, le missioni all’estero delle Forze armate continuano.

Del resto non è una novità: Riccardi, ministro ma soprattutto fondatore e principale animatore della Comunità di sant’Egidio – neolaureato honoris causa dall’Università di Friburgo anche per il suo impegno per «il dialogo interreligioso e la pace nell’era della globalizzazione» – da sempre riesce a far convivere solidarietà e armi. Finmeccanica infatti, la prima industria armiera italiana in queste settimane anche al centro di episodi di corruzione che hanno coinvolto i suoi massimi vertici, è da sempre uno dei principali sponsor del progetto Dream (Drug resource enhancement against aids and malnutrition), un programma di prevenzione e cura dell’Aids in Africa, avviato da Sant’Egidio nel 2002 e oggi attivo in Mozambico, Malawi, Tanzania, Kenya, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Nigeria, Angola, Repubblica Democratica del Congo e Camerun. In Africa quindi – dove è finita la metà degli armamenti italiani esportati nel 2010 – Finmeccanica vende armi; poi, anche grazie a Sant’Egidio, si rifà il trucco finanziando progetti sanitari in quegli stessi territori e può scrivere con orgoglio sulla sua pagina web: «La solidarietà non ha confini. Non geografici, né politici, né religiosi».

Ma non c’è solo Finmeccanica fra gli sponsor ambigui del movimento fondato da Andrea Riccardi: finanziano le attività di Sant’Egidio – tutte benedette e sostenute dalla Conferenza episcopale italiane – Unicredit e Intesa San Paolo, fra le principali “banche armate”, ovvero gli istituti di credito che sostengono l’export di armi italiane e i programmi internazionali di riarmo, come i 131 cacciabombardieri F-35, per cui il nostro Paese spenderà almeno 15 miliardi di euro nei prossimi 15 anni; sempre il programma Dream è sponsorizzato da Farmindustria (la federazione delle aziende farmaceutiche italiane associate a Confindustria) e dalle multinazionali farmaceutiche Glaxo, Boehringer e Merck, tutte aderenti al cartello di 39 società che, anni fa, avviarono una causa contro l’allora presidente del Sudafrica Nelson Mandela che aveva concesso alle aziende locali di produrre farmaci anti-Aids a basso costo aggirando così lo strapotere delle multinazionali che commercializzavano le medicine ad altissimo prezzo; e in passato la Fondazione per la pace di Sant’Egidio è stata finanziata dalla Nestlé, quando la multinazionale era sottoposta ad un boicottaggio internazionale per violazione del codice internazionale di commercializzazione del latte in polvere.

Armi e solidarietà. Anzi solidarietà anche con i soldi delle armi. E poi una bella marcia della pace, come quelle che la Comunità di Sant’Egidio organizzerà in tutta italia l’1 gennaio. A Roma si concluderà a piazza san Pietro, per ascoltare il papa. E Riccardi, c’è da scommettere, sarà in prima fila.

GUERRE:Libia, I “liberatori venuti dal Qatar”

Dal Manifesto del 15/11/11 (anche nei martedì precedenti ci sono articoli interessanti specie sulla guerra in libia)
I «liberatori» venuti dal Qatar

RUBRICA – Manlio Dinucci

I miraggi sono frequenti, specie nel deserto libico. Ne è affetto Farid Adly che, convinto della «genuinità della rivoluzione», continua a vedere un Cnt che «ha sì chiesto, accortamente, l’aiuto delle forze internazionali, ma si è anche opposto a qualsiasi intervento di terra» (Progetto Lavoro, ottobre). Eppure molti dei «ribelli libici», che la televisione ci mostra, non sono libici. Sono commandos del Qatar, addestrati e diretti dal Pentagono, camuffabili grazie alla lingua e all’aspetto. Lo abbiamo già detto, ma ora c’è la conferma ufficiale: «Noi qatariani eravamo tra i ribelli libici sul terreno, a centinaia in ogni regione», ha dichiarato il capo di stato maggiore Hamad bin Ali al-Atiya, precisando che «abbiamo gestito l’addestramento e le comunicazioni dei ribelli, supervisionato i loro piani, assicurato il loro collegamento con le forze Nato» (The Guardian, 26 ottobre). Il Qatar, scrive Le Figaro (6 novembre), ha inviato in Libia almeno cinquemila uomini delle forze speciali, che «sono arrivati con le valige piene di soldi, cosa che ha permesso loro di far ribellare delle tribù». E non è escluso che sia stato un agente segreto qatariano ad assassinare Gheddafi, «per ordine di una entità straniera, o un paese o un leader, perché non voleva che i suoi segreti fossero rivelati», come ha dichiarato alla Cnn Mahmoud Jibril, già primo ministro del Cnt. Lo stesso Jibril e Abdurrahman Shalgham, ambasciatore del Cnt alle Nazioni Unite, accusano ora il Qatar di «voler dominare la Libia». In realtà, questa monarchia del Golfo ha il compito di dare un volto arabo e islamico all’occupazione neocoloniale della Libia da parte delle potenze occidentali. Mentre la Qatar Airways inaugura la linea aerea Doha-Bengasi, viene potenziata la Libya TV, «il primo canale indipendente della nuova Libia» che trasmette dal Qatar. E mentre il fondo sovrano qatariano si accaparra quote dei fondi sovrani libici «congelati», tra cui quello in mano alla Unicredit, Doha firma un accordo col Cnt per aiutarlo a organizzare un nuovo sistema giudiziario. La competenza della monarchia ereditaria qatariana è indubbia: come documenta Amnesty International, frequenti sono le condanne soprattutto di immigrati per «blasfemia», fino a sette anni di carcere, e per «rapporti sessuali illeciti», trenta-cento colpi di frusta, mentre per gli oppositori (sono illegali i partiti politici) c’è la condanna a morte senza processo. Con questa «monarchia illuminata» l’Italia ha rapporti privilegiati. Frequenti le visite bipartisan a Doha, effettuate da Boniver, Frattini, Moratti, Craxi, Scajola, Bonino, D’Alema, Parisi, Dini e altri. Storica quella del presidente Napolitano due anni fa, mentre Bersani (allora ministro) accoglieva a Roma una delegazione qatariana. E quest’anno, durante la guerra di Libia, il parlamento ha approvato con voto bipartisan l’accordo di cooperazione militare col Qatar. Di cui l’on. Franco Narducci (Pd), il 27 luglio alla Camera, ha elencato i meriti: «È uno dei maggiori alleati dell’Occidente, collabora con la Nato ed è intervenuto anche nel Bahrein», schiacciando nel sangue la richiesta popolare di democrazia. L’emiro del Qatar può essere sicuro: il nuovo governo italiano onorerà l’accordo, votato dal Pd che ne esalta «il profilo politico e strategico».

PORDENONE: rassegna stampa sul presidio contro la guerra

Messaggero Veneto del 27/03/11

Libia, protesta in piazza Giallo profughi a Travesio

 

Profughi in Friuli Venezia Giulia, i primi giorni della settimana il ministro dell’Interno Roberto Maroni renderà noto il piano nazionale delle accoglienze. Se Clauzetto l’altro giorno era entrato un po’ a sorpresa nell’elenco delle realtà italiane che potrebbero assumersi l’impegno umanitario tanto che era intervenuta una smentita del sindaco, ieri è stata la volta – attraverso una voce più insistente – del comune di Travesio dove sarebbero stati indicati anche due siti per ospitare 50 persone: la vecchia polveriera e il poligono di tiro. «Sono sorpreso – ha spiegato il sindaco Diego Franz – in quanto non vi è alcun atto ufficiale. Il poligono è privo di manutenzione ormai da anni, la polveriera non è adatta a questo scopo: già oggetto di atti vandalici, è in fase di bonifica. Travesio è una piccola comunità, sarebbe meglio alloggiare altrove i profughi. Dovesse trattarsi di un atto di solidarietà, la comunità, comunque, non si tirerebbe indietro». Se in pedemontata è andata in scena l’ipotesi accoglienza di profughi libici, in pianura ieri è andata in scena la manifestazione contro la guerra in Libia. «No alla guerra, libertà e pace per il popolo libico». Studenti in piazza XX Settembre, a Pordenone con le bandiere arcobaleno e il gruppo di Iniziativa libertaria. Tre ore di sit-in, volantinaggio e slogan no-war per scuotere le coscienze. La reazione c’è stata davanti al banchetto degli anarchici: «Stop ai flussi di immigrati» ha detto Antonio Ferrari, neodiplomato nei corsi serali dell’Itis Kennedy. «Non c’è lavoro in Italia e nemmeno a Pordenone per tutti gli stranieri», ha sostenuto. Punti di vista opposti risolti in scintille dialettiche, con i Giovani comunisti in campo per lo stop ai teatri di guerra. «Fuori l’Italia dalla Nato: siamo dalla parte del popolo libico – hanno detto Renzo Sthylla con Benedetto, Adriano, Marco, Rita Orecchio, Mauro Marra, Luigina Perosa -. Chiediamo un cessate il fuoco immediato e una soluzione pacifica del conflitto». Studenti in prima linea del liceo Leopardi-Majorana, Itis Kennedy, Isis Flora: «Il Collettivo studentesco Pordenone Cspn – hanno detto Giulio, Alesandra, Valerio e Luca del gruppo liceale del Leopardi-Majorana rivendicando la soluzione umanitaria – è contro la guerra “colonialista” della Nato e dell’Onu. Pace e libertà per il popolo libico: è partita l’ennesima guerra travestita da “missione umanitaria” per spartirsi le risorse energetiche di cui l’Italia è la prima interessata». Collettivo in piazza anche sabato prossimo, 2 aprile, in parallelo alla marcia di Emergency a Roma. Matteo Pinzana Chiara Benotti

GUERRA E RIVOLTE: arrivano i mercenari

Da Il Manifesto del 18/05/11

Negli Emirati un esercito segreto per il Medio Oriente e il Nordafrica

La formazione militare, sostenuta dagli Usa, è promossa da Erick Prince, fondatore della Blackwater, la società di contractors usata dal Pentagono in Iraq e Afghanistan, ora ridenominata Xe Services

Nella Zayed Military City, un campo di addestramento in una zona desertica degli Emirati arabi uniti, sta nascendo un esercito segreto che verrà impiegato non solo all’interno, ma anche in altri paesi del Medio Oriente e Nordafrica. Lo sta costruendo Erick Prince, un ex commando dei Navy Seals che nel 1997 fondò la Blackwater, la maggiore compagnia militare privata usata dal Pentagono in Iraq, Afghanistan e altre guerre. La compagnia, che nel 2009 è stata ridenominata Xe Services (per sfuggire alle azioni legali per le stragi di civili in Iraq), dispone negli Stati uniti di un mega-campo di addestramento in cui ha formato oltre 50mila specialisti della guerra e della repressione. E ne sta aprendo altri.

Ad Abu Dhabi Erick Prince ha stipulato, senza apparire di persona ma attraverso la joint-venture Reflex Responses, un primo contratto da 529 milioni di dollari (l’originale, datato 13 luglio 2010, è stato reso pubblico ora dal New York Times). Su questa base è iniziato in diversi paesi (Sudafrica, Colombia e altri) il reclutamento di mercenari per costituire un primo battaglione di 800 uomini. Vengono addestrati negli Emirati da specialisti statunitensi, britannici, francesi e tedeschi, provenienti da forze speciali e servizi segreti. Sono pagati 200-300mila dollari l’anno, le reclute ricevono 150 dollari al giorno. Una volta provata l’efficienza del battaglione in una «azione reale», Abu Dhabi finanzierà con miliardi di dollari la costituzione di una intera brigata di diverse migliaia di mercenari. Si prevede di costituire negli Emirati un campo di addestramento come quello in funzione negli Stati uniti. Principale sostenitore del progetto è il principe ereditario di Abu Dhabi, Sheik Mohamed bin Zayed al-Nahyan, formatosi nell’accademia militare britannica Sandhurst e uomo di fiducia del Pentagono, fautore di un’azione armata contro l’Iran. Il principe e l’amico Erick Prince sono però solo esecutori del piano, che è stato sicuramente deciso nelle alte sfere di Washington. Quale sia il suo reale scopo lo rivelano i documenti citati dal New York Times: l’esercito che nasce negli Emirati condurrà «speciali missioni operative per reprimere rivolte interne, tipo quelle che stanno scuotendo il mondo arabo quest’anno».

L’esercito di mercenari sarà dunque usato per reprimere le lotte popolari nelle monarchie del Golfo, con interventi tipo quello effettuato in marzo dalle truppe di Emirati, Qatar e Arabia saudita nel Bahrain dove hanno schiacciato nel sangue la richiesta popolare di democrazia. «Speciali missioni operative» saranno effettuate dall’esercito segreto in paesi come Egitto e Tunisia, per spezzare i movimenti popolari e far sì che il potere resti nelle mani di governi garanti degli interessi degli Stati uniti e delle maggiori potenze europee. E anche in Libia, dove il piano Usa/Nato prevede sicuramente l’invio di truppe europee e arabe per l’ «aiuto umanitario ai civili». Qualsiasi sia lo scenario – o una Libia «balcanizzata» divisa in due territori contrapposti, a Tripoli e Bengasi, o una situazione di tipo iracheno/afghano dopo il rovesciamento del governo di Tripoli – si prospetta l’uso dell’esercito segreto di mercenari: per proteggere impianti petroliferi di fatto in mano alle compagnie europee ed Usa, per eliminare avversari, per mantenere il paese debole e diviso. Sono le «soluzioni innovative» che, nell’autopresentazione, la Xe Services (già Blackwater) si vanta di fornire al governo statunitense.

PORDENONE: Contro la guerra in Libia!

libiawardefSabato Iniziativa Libertaria e CSPN (Collettivo Studentesco Pordenone) scendono in piazza contro la guerra colonialista della NATO e dell’ONU, per chiedere Pace e Libertà per il Popolo Libico!
E’ partita l’ennesima guerra travestita da “missione umanitaria” per spartirsi le risorse energetiche di cui l’Italia è la prima interessata ! Il despota Gheddafi, ottimo interlocutore fino a pochi mesi prima, è ora un peso da sbarazzarsi per ridefinire giochi di potere in un’area strategica per i contendenti in seno alla NATO. Come sempre accade le prime vittime saranno le popolazioni che da quasi un anno stanno rivoltandosi contro capi di stato “fantoccio” in tutto il medio-oriente.
Le potenze occidentali,come avvoltoi, sono spettatori o attori di questi focolai pronti a intervenire dove e quando “serve” ovviamente portando la “pace” a suon di bombe e propaganda!
FERMIAMO IL MASSACRO UMANITARIO, SOLIDARIZZIAMO CON LE RIVOLTE CHE CHIEDONO DIRITTI E LIBERTA’!!
LA PRIMA VITTIMA DELLA GUERRA E’ LA VERITA’ (Eschilo)
ORE 16, PIAZZA XX SETTEMBRE, PORDENONE!

PARTECIPA E FAI PARTECIPARE!

Leggi il comunicato di un anarchico libico

Leggi l’articolo del Messaggero Veneto