OMOFOBIA/ Le schifezze di Forza Nuova

Eppoi dicono che non sono fascisti. Queste sono le premesse ideologiche dei campi di concentramento.

Eccoli qua a “festeggiare” il 90-esimo della marcia su Roma e li lasciano fare, se non è apologia del fascismo questa questa

 

28 ottobre 2012

http://www.huffingtonpost.it/2012/10/28/marcia-su-roma-predappio_n_2034707.html?utm_hp_ref=italy

 

Repubblica 26 ottobre 2012

Forza Nuova anti-gay: curare perversioni foto

Forza Nuova anti-gay: curare perversioni   foto

FOTO. A Bologna, striscione omofobo davanti al centro della comunità Lgbt. Il movimento di estrema destra attacca il sostegno di comune e Regione al festival Gender bender sulle identità sessuali (video).

 

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Tanto per ricordare chi è Forza Nuova

 

 

 

E il prete benedì i camerati con il saluto romano. Lui è don Giulio Tam, padre lefebvriano che si definisce “gesuita itinerante”. Sabato scorso il sacerdote ha sfilato, accanto a Roberto Fiore, in testa al corteo di Forza Nuova a Bergamo: più che altro una parata militare, con i militanti forzanovisti che hanno marciato per le vie del centro muniti di caschi e bastoni. Tra saluti romani, “boia chi molla” e qualche “Sieg Heil”, la manifestazione ha accompagnato l’inaugurazione della nuova sede del movimento di estrema destra.

GUARDA Le foto

 

 

TERZA CORSIA/ Ispettore ministeriale accusa Riccardi

MV sabato 27 ottobre

La relazione della Protezione civile sull’ufficio del commissario.

 

«Aggiudicazioni eseguite prima del reperimento dei fondi»

IL DOCUMENTO»TERZA CORSIA

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ispettoreiiicorsia

di Christian Seu UDINE «A fronte di un fabbisogno necessario al finanziamento delle opere pari a circa 1.200 milioni di euro, le risorse concretamente disponibili ammontano a 642mila euro». È l’attacco del quarto capitolo della relazione redatta nelle scorse settimane dell’ispettore ministeriale Antonio Onorato, chiamato a esprimersi sull’operato della struttura commissariale che sovrintende alla realizzazione della Terza corsia della A4. Un’opera che, secondo le risultanze dell’ispezione, risulta finanziata appena al 50 per cento, con disponibilità «appena sufficienti a coprire le opere contrattualizzate e tuttora in esecuzione». Dopo le conclusioni, anticipate nei giorni scorsi, nelle ultime ore è emerso il dettaglio delle osservazioni mosse dal delegato del Ministero. Nel suo rapporto, Onorato mette nel mirino in particolare le procedure seguite per l’affidamento degli appalti e per la progettazione dei tratti Gonars-Villesse e “Nuovo ponte sul fiume Tagliamento-Gonars”, arrivando a definire «palesemente illegittime» le aggiudicazioni dei lavori. Appunti, quelli mossi dal delegato ministeriale, ai quali Autovie Venete ha già in parte risposto nelle scorse ore, minacciando querele per l’intempestiva pubblicazione delle risultanze dell’inchiesta, recapitata al commissario Riccardo Riccardi soltanto nella serata di martedì. Anomalie nel primo lotto Onorato, che ha effettuato lo scorso luglio il sopralluogo da cui è poi scaturita la relazione fatta pervenire nelle scorse ore alla struttura commissariale, definisce in particolare «anomala» la situazione che riguarda il «cosiddetto primo lotto “ponte sul fiume Tagliamento-Gonars”. In merito al procedimento – scrive il delegato del Ministero dell’Economia – giova rammentare che il commissario ha indetto una procedura ristretta, ponendo a base di gara il progetto preliminare, da aggiudicarsi con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa». L’appalto è stato dunque affidato al consorzio ordinario Pizzarotti & c. spa per l’importo netto di 299.709.671,45 euro. Tuttavia – riprende il documento – con un successivo decreto commissariale ammesso a registrazione dalla Corte dei Conti del Fvg, che l’ha ritenuto conforme all’esercizio delle deroghe previste dalla situazione emergenziale, «è stata stralciata e affidata alla società Tiliaventum Scarl, la sola progettazione definitiva, la redazione del Psc, le attività accessorie» del primo lotto della Terza corsia, «per un importo di 5.620.091,00 euro, ridotto del ribasso d’asta, a fronte della somma pari a 8.776.820 euro». Il nodo del progetto Un’azione che il responsabile unico del procedimento, il direttore di Autovie Enrico Razzini, giustificava con la necessità di «un ulteriore approfondimento progettuale», adducendo le prescrizioni sul progetto preliminare del Magistrato delle Acque di Venezia, dall’Autorità di Bacino, dall’Arpa, dalla stessa Autovie, dei Comuni toccati dall’intervento e dal Consorzio di bonifica Veneto orientale. E, in particolare, per Onorato, «l’aggiudicazione dei lavori è avvenuta ancor prima che fosse avviata la procedura per il reperimento delle risorse finanziarie da parte della società Autovie Venete». L’aggiudicazione risale, per l’ispettore, al 3 maggio 2010, mentre l’avvio delle procedure per il reperimento delle risorse finanziarie viene datato 5 ottobre, senza che nel bando e nel disciplinare di gara venissero forniti cenni «sulle concrete disponibilità finanziarie della concessionaria». La lettera di Tondo Eppure, con la lettera d’invito alla procedura di gara, firmata dall’allora commissario Tondo, si legge che «l’aggiudicazione definitiva è subordinata al concretizzarsi di tutti i presupposti di qualsivoglia natura, ivi compresa la disponibilità dei mezzi occorrenti per il finanziamento dell’affidamento, non è impegnativa per il commissario delegato e non dà diritto alla stipulazione del contratto o a qualsivoglia pretesa dell’aggiudicatario». Una clausola che, per Onorato, «avrebbe dovuto indurre alla verifica di tali presupposti, indispensabili per la corretta prosecuzione del procedimento». All’interno della relazione, di cui hanno dato conto ieri anche i notiziari dell’emittente Tv7Triveneta, si legge come «l’aggiudicazione di interventi infrastrutturali di cospicuo importo in assenza della necessaria e puntuale verifica della copertura finanziaria appare illegittima e in contrasto, tra l’altro, con i principi costituzionali». Prosegue l’ispettore: «Si rileva la singolare circostanza che con l’approvazione del progetto definitivo» del primo lotto Tagliamento-Gonars, «vengano generati costi relativi alle espropriazioni derivanti dalla dichiarazione di pubblica utilità, mentre l’intervento nel procedimento della concessionaria è previsto solo dopo l’approvazione del progetto definitivo». La questione Gonars-Villesse Mentre per il commissario la natura instabile del provvedimento di aggiudicazione provvisoria del quarto lotto “Gonars-Villesse” per un importo pari a 299 milioni di euro «non parrebbe dovuto alcun ristoro all’appaltatore, secondo Onorato, «l’eventuale accertata nullità dell’intera procedura di gara, in mancanza di un elemento fondamentale quale la copertura finanziaria dell’opera, con il conseguente riconoscimento della violazione del principio di correttezza e buona fede, potrebbero dare adito a una qualche forma di ristoro del danno». E «nel caso non fosse possibile reperire le risorse finanziarie a causa delle problematiche condizioni di cui si è detto in precedenza», la mancata provvista «potrebbe costituire causa di responsabilità in capo» ad Autovie Venete, seppure una recente sentenza del Consiglio di Stato, proprio a riguardo di un contenzioso sorto tra lo stesso commissario e una ditta appaltatrice, estromesso la concessionaria dalla causa, «restando Autovie estranea sia alla predisposizione della disciplina di gara sia alla conduzione della relativa procedura».

 

SABATO, 27 OTTOBRE 2012

Pagina 11 – Regione

Documento in Procura, aperto un fascicolo

la corte dei conti

La relazione sulla gestione del commissario per la terza corsia dell’A4 è arrivata ieri alla Procura della Corte dei conti del Fvg. Il documento è il risultato dell’ispezione richiesta dal governo ed effettuata dal funzionario Antonio Onorato su incarico del ministero dell’Economia e del dipartimento della Protezione civile ed è composto da 169 pagine. Il procuratore generale della Corte dei conti del Fvg, Maurizio Zappatori, ha quindi aperto un fascicolo – un atto dovuto – e ha avviato l’analisi dell’incartamento. Che però non sarà l’unico atto da valutare prima di decidere se esiste o no un danno alle casse della Regione e stabilire chi eventualmente ne sia il responsabile. Perché la Procura della Corte dei conti dovrà anche esaminare le controdeduzioni che la struttura commissariale, guidata dall’assessore Fvg Riccardo Riccardi, sta elaborando. Al commissario la relazione di Onorato è stata recapitata martedì e dalla struttura commissariale hanno fatto sapere che serviranno una decina di giorni per replicare, punto su punto, a quanto sostiene il funzionario, per poi inviare le proprie motivazioni al ministero dell’Economia e al dipartimento della Protezione civile. Tutti i fascicoli, infine, dovrebbero finire sul tavolo del Consiglio dei ministri, cui spetterà la scelta politica sul mantenimento o meno del commissario per l’A4, commissario che proseguirà l’attività fino al 31 dicembre e che le Camere hanno prorogato. Ma il Pd e alcuni esponenti del Pdl non sono d’accordo.

STUDENTI TRIESTE: dopo le mobilitazioni le intimidazioni

Dal Piccolo del 27/10/12

Studenti, dopo il corteo l’assalto al Municipio

Parapiglia e lancio di uova in piazza Unità dove i manifestanti hanno tentato l’irruzione in Comune. Volevano parlare con Cosolini, ma era impegnato

di Laura Tonero

 

«Io a scuola studio, non muoio». Così recitava uno degli striscioni esibiti ieri mattina dagli studenti scesi ancora una volta in corteo per urlare, con tutta la loro forza, disappunto per la precarietà degli edifici scolastici. Durante la manifestazione non sono mancati alcuni momenti di tensione.

Poco più di 280 ragazzi secondo le fonti delle Questura, 500 secondo gli organizzatori, alle 9 sotto un cielo plumbeo si sono riuniti in piazza Goldoni per poi muoversi lungo via Mazzini, immettersi sulle Rive e dirigersi in via Einaudi e piazza della Borsa.

Stavolta niente musica a scandire la lenta marcia verso il Municipio. Solo slogan e fischi. L’obiettivo degli studenti aderenti a Unione degli Studenti, Autogestito Scordinato Studentesco e Casa delle Culture ieri era ben preciso: «Vogliamo parlare con il sindaco – hanno spiegato – ci ha dato appuntamento, l’abbiamo registrato mentre ci prometteva un incontro. Pretendiamo che lui chiuda le scuole facendo appello allo stato di emergenza».

La manifestazione, in adesione a quella organizzata a livello nazionale, a Trieste ha avuto come spunto il cedimento di un pezzo di intonaco dalla facciata dell’istituto Nautico che ha colpito un giovane studente. Quell’incidente è diventato il simbolo della precarietà delle strutture scolastiche.

Il corteo, peraltro non autorizzato, composto prevalentemente da alunni degli ultimi anni delle scuole superiori triestine, è stato scortato da agenti di polizia, carabinieri e vigili urbani chiamati a gestire il traffico andato inevitabilmente in tilt. La viabilità in centro è entrata in crisi.

Dai megafoni venivano lanciati messaggi di incitamento, soliti slogan contro le forze dell’ordine, accuse alle istituzioni incapaci di trovare fondi necessari a rendere le scuole adeguate e idonee ad ospitare chi il ha diritto di studiare.

Un paio di fumogeni sono stati lanciati all’entrata dell’agenzia della Banca Popolare di Vicenza in via Mazzini. Il corteo ha raggiunto piazza della Borsa proprio mentre in quella dell’Unità, alle 10, si teneva l’Alzabandiera in onore del 58° anniversario del ritorno di Trieste all’Italia. Gli agenti della Digos che hanno dialogato con i ragazzi fin dai primi passi del corteo, li hanno convinti a fermarsi. Ad attendere che la cerimonia finisse.

Ma gli studenti, più che aspettare, hanno fatto marcia indietro dividendosi in due serpentoni: uno ha imboccato Corso Italia, l’altro via San Spiridione. Per riunirsi poi in via Roma e raggiungere insieme piazza dell’Unità al termine dell’Alzabandiera.

Sistematisi sotto l’entrata principale del Comune, alla notizia che il sindaco non sarebbe sceso per dialogare con loro perchè impegnato con i rappresentanti della Lega Nazionale, hanno tentato di forzare il cordone formato dalle forze dell’ordine a protezione del portone di ingresso del Municipio.

Attimi di tensione, agenti di polizia e carabinieri hanno tentato, utilizzando solo gli scudi anti-sommossa, di allontanare i giovani che in risposta hanno lanciato una decina di uova. Alcune hanno imbrattato il portone del Comune, altre sono finite sui giubbotti degli agenti in borghese e sulle divise di vigili e poliziotti in divisa. Alcuni ragazzi, quasi a voler sfidare gli agenti, hanno tenuto le braccia alzate, in segno di resa.

«Scendi giù, scendi giù, scendi a manifestare pure tu!». Hanno urlato invitando nuovamente il primo cittadino ad incontrarli. Ma Roberto Cosolini non si è fatto vedere e ha delegato il vice sindaco, Fabiana Martini, e l’assessore all’Educazione, Antonella Grim, ad incontrare i giovani manifestanti. «Ho tre figlie e dunque sono al corrente dello stato in cui versano le scuole cittadine»,- ha detto Martini. «Fatemi avere una lista delle carenze di ogni istituto». Ma agli studenti le rassicurazioni non sono bastate e hanno preteso un sopralluogo immediato all’Istituto Nautico.

I ragazzi intanto stanno preparando altre tre manifestazioni per il mese prossimo: il 14. il 16 e il 17 dicembre torneranno in piazza.

 

Dal Piccolo

Studenti ribelli in corteo, Padulano chiama i genitori

Il questore li convocherà per esporre loro i rischi ai quali vanno incontro i figli. Manifestanti segnalati alla Procura

di Corrado Barbacini

 

Il questore Giuseppe Padulano convoca i genitori degli studenti più scalmanati che hanno partecipato al corteo di venerdì scorso. Lo scopo è chiaro. Una ramanzina, un ultimatum «per informarli dei rischi e delle conseguenze penali a cui vanno incontro con comportamenti che possono condizionare anche il futuro dei giovani stessi».

Quella della convocazione dei genitori da parte del questore è una delle conseguenze della manifestazione indetta con l’obiettivo di protestare contro il degrado degli edifici scolastici. Ma poi ci sono le denunce. La Digos trasmetterà alla Procura una dettagliata informativa sulla vicenda, integrata dalle immagini realizzate dalla polizia scientifica. In pratica – secondo il rapporto della Questura – alcuni tra i manifestanti (200 per la Questura, 500 per gli organizzatori) hanno tentato dapprima di forzare il cordone delle forze dell’ordine disposto a protezione dell’ingresso principale del municipio; poi alcuni di questi (identificati dalla Digos) hanno lanciato uova sui muri del palazzo municipale e sugli agenti stessi. In una nota la Questura evidenzia, in proposito, che «pur non verificandosi scontri fisici tra manifestanti e agenti, che hanno mantenuto sempre un professionale atteggiamento “passivo” di fronte alle provocazioni, è risultata evidente l’inconsapevole aggressività mostrata da alcuni ragazzi di 15 anni, forse strumenti di alcune persone probabilmente più esperte».

La manifestazione era iniziata alle 9. I giovani delle scuole superiori si erano riuniti in piazza Goldoni per poi muoversi lungo via Mazzini, immettersi sulle Rive e dirigersi in via Einaudi e piazza della Borsa. Ma il percorso è stato diverso da quello inizialmente concordato con la polizia.

L’obiettivo di Unione degli Studenti, Autogestito Scordinato Studentesco e Casa delle Culture era preciso: «Vogliamo parlare col sindaco – hanno spiegato – ci ha dato appuntamento, l’abbiamo registrato mentre ci prometteva un incontro. Pretendiamo che lui chiuda le scuole facendo appello allo stato di emergenza».

I manifestanti si erano sistemati sotto l’entrata principale del Comune. Saputo che il sindaco non sarebbe sceso per dialogare con loro perché impegnato in una cerimonia nell’aula del Consiglio comunale, avevano tentato di forzare il cordone formato dalle forze dell’ordine a protezione del portone del Municipio. Attimi di tensione: poliziotti e carabinieri avevano cercato, usando solo gli scudi anti-sommossa, di allontanare i giovani che avevano risposto lanciando una decina di uova. Uova che in parte avevano imbrattato il portone del Comune, in parte erano finite sui giubbotti degli agenti in borghese e sugli abiti di vigili e poliziotti in divisa. Alcuni ragazzi, quasi in sfida agli agenti, avevano tenuto le braccia alzate, in segno di resa.

 

da Triesteallnews.it

E ora è arrivata la segnalazione alla Procura con le relative denunce. Ma anche la «convocazione» dei genitori da parte del questore.

Scontri con gli studenti, il questore Padulano: «Voglio incontrare i genitori dei minorenni scesi in piazza»

SCUOLA I Cobas: «Chiudere gli istituti che non sono sicuri». L’Uds contro Cosolini: «Ha fatto orecchie da mercante»

 

27.10.2012 | 16.59 – Dopo la manifestazione studentesca di ieri, con momenti di tensione fra manifestanti e forze dell’ordine davanti al Municipio e in piazza Hortis, oggi è arrivata la notizia che il questore Padulano, nel corso della prossima settimana, vuole incontrare i genitori di alcuni ragazzi identificati ieri durante i tafferugli. La motivazione in una nota diffusa nel pomeriggio: “informarli dei rischi di conseguenze penali a cui vanno incontro con comportamenti che possono condizionare anche il futuro dei giovani stessi”.

Secondo la Questura di Trieste i circa 200 ragazzi delle scuole superiori scesi in piazza per protestare contro lo stato dell’edilizia scolastica hanno scelto un percorso diverso da quello concordato con le forze dell’ordine, arrecando disagi al traffico in centro.

“Alcuni ragazzi, identificati dalla Digos e dalla Polizia scientifica, hanno effettuato un lancio di uova sui muri del palazzo – conferma la Questura -, mentre il gruppo facendo pressione sui poliziotti e vigili urbani ha tentato di fare ingresso nel Comune. Pur non verificandosi scontri fisici tra i manifestanti e gli agenti, che hanno mantenuto sempre un professionale atteggiamento “passivo” di fronte alle provocazioni, è risultata evidente l’inconsapevole aggressività mostrata da alcuni ragazzi di quindici anni, forse strumenti di alcune persone probabilmente più esperte”.

Ragazzi e ragazze che però hanno già raccolto l’appoggio dei sindacati. “I Cobas Scuola Fvg manifestano la solidarietà a tutta la comunità scolastica che manifesta e protesta per una scuola pubblica statale degna di tal nome. Gli studenti e le studentesse di Trieste hanno diffuso la loro voce per le vie della città denunciando ancora una volta lo stato di precarietà degli edifici scolastici e chiedendo, come sostenuto anche dalla nostra organizzazione, la chiusura delle scuole non sicure”.

“Siamo scesi in piazza in tanti e ribelli per rompere il muro di silenzio che ci circonda – dice l’Unione degli studenti che attacca duramente il sindaco Cosolini -. Dopo innumerevoli pressioni siamo riusciti a vedere il sindaco, che (dopo il crollo al Nautico, ndr) per tutta risposta ha fatto orecchie da mercante dicendo addirittura ”ci sono morti?”, quasi a indicare che altrimenti la situazione non era degna della sua attenzione”.

“Se questa è l’attenzione che viene dedicata, dal sindaco di Trieste, ai problemi che caratterizzano da tempo gli edifici scolastici triestini, che altro aggiungere? – scrivono i Cobas -. Poi non stupiamoci se gli studenti e le studentesse di Trieste decidono di manifestare apertamente per le vie della città il loro sdegno e la loro giusta preoccupazione, che deve essere anche la nostra preoccupazione, poiché la scuola è un bene pubblico comune e deve essere difeso come tale”.

Ieri la giunta Cosolini avrebbe anche promesso agli studenti un sopralluogo al Nautico da parte dei vigili del fuoco che, però, pare non siano mai arrivati. “Un’altra giornata di prese in giro” il commento amaro dell’Uds che annuncia nuove iniziative di protesta.

 

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MUTAMENTI CLIMATICI/ Oramai la politica li ignora

Un normale giorno catastrofico

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Uranio, predisposto il piano per il trasferimento in porto

da Il Piccolo del 31 ottobre 2012 Pagina 23 – Cronaca Trieste

Uranio, predisposto il piano per il trasferimento in porto

Il carico viaggerà di notte in autostrada da Saluggia fino a Trieste, ma la data potrebbe variare. Imponente servizio di sicurezza e misure precauzionali

di Laura Tonero Il materiale radioattivo, composto da dieci lamine, partirà dal deposito di Avogadro di Saluggia intorno alle 23. Per raggiungere Trieste più o meno alle 5 del mattino. All’alba, per passare inosservati. Il trasporto di uranio transiterà sull’autostrada A4 per poi raggiungere il Porto di Trieste attraverso la Grande viabilità. La data prevista era quella del 5 novembre. Ma l’operazione doveva restare segreta: dopo le ultime fughe di notizie è possibile che all’ultimo momento venga cambiata la data. Nelle prossime ore è previsto un ulteriore vertice in Prefettura. Ogni Prefettura, di ogni città toccata da questo speciale convoglio, ha l’obbligo di predisporre il proprio singolo piano della sicurezza, che coinvolge vigili del fuoco, medici, polizia, carabinieri e vigili urbani disponibili a servizio di scorta e un piano di comunicazione. La Prefettura di Novara, referente come punto di partenza delle scorie, ha già reso pubblico lo scorso 23 ottobre il suo piano con modalità di trasporto e previsioni di emergenza. Il piano è stato diffuso anche da tutti i Comuni del Piemonte il cui territorio è interessato dal passaggio del convoglio. A Trieste, punto di arrivo delle scorie radioattive e di conseguenza tratto più delicato del trasporto (anche per possibili blitz di gruppi no nukes), i piani restano top- secret. «Gli interventi di protezione – si legge nel piano disposto dalla Prefettura di Novara e che si rifà alle direttive standard e dunque da prendere in considerazione anche a Trieste – vanno predisposti nell’eventualità di condizioni di emergenza dovute ad incidente». Viene considerata “molto grave” l’ipotesi di collisione tra il mezzo di trasporto con a bordo l’uranio e un’autocisterna con liquido infiammabile, con conseguente sviluppo incendio. “Grave” invece la compromissione dell’ancoraggio e lo spostamento del contenitore con il materiale radioattivo, anche senza incendio. «Le valutazioni delle conseguenze radiologiche, in caso di incidente, – prevede il piano – suggeriscono l’opportunità di delimitazione di una zona di esclusione, con allontanamento delle persone, di raggio pari a 50 metri dal luogo dell’incidente». Il piano di emergenza prescrive rilevamenti su matrici ambientali e alimentari entro un raggio di un chilometro dal luogo dell’incidente, a supporto di eventuali decisioni circa l’adozione di restrizioni sul consumo di alimenti di produzione locale. «La popolazione effettivamente interessata dall’emergenza radiologica, in caso di incidente nel corso del trasporto, – si legge – viene immediatamente informata dal sindaco, d’intesa con la Prefettura, sul comportamento da adottare». In caso di emergenza il piano consiglia di rifugiarsi al chiuso, di non recarsi nelle zone interessate dall’incidente, di prestare attenzione ai messaggi dati da altoparlanti, megafoni o mezzi di informazione». La Prefettura di Novara sottolinea che il transito su strada del contenitore con l’uranio non configura alcuna situazione di pericolo. «Materiali e modalità di realizzazione del contenitore sono tali da garantire assenza di rischio sanitario». A Trieste, intanto, si sta predisponendo un imponente spiegamento di forze dell’ordine a fare da scudo da eventuali blitz e azioni di protesta da parte di movimenti ambientalisti. In Veneto la Rete Ambiente si sta mobilitando. Mentre l’uranio da Saluggi si muoverà alla volta di Trieste, un convoglio austriaco attraverserà la Slovenia per finire su una nave che da Capodistria raggiungerà Trieste per caricare anche quello proveniente dal Piemonte e, successivamente, fare rotta per gli Stati Uniti.

TERRITORIO/ Fermare le speculazioni sul biogas e le bio-masse

Questi impianti vengono costruitii solo perchè ci sono i contributi statali, da soli economicamente non si reggerebbero mai.

Inoltre,  per esempio, il bio-gas realizzato con il mais è semplicemente uno scandalo

Consigliamo anche di scaricare questo libro

The Biofuel Delusion

di Mario Giampietro and Kozo Mayumi

delusion

 

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Massaggero Veneto MARTEDÌ, 30 OTTOBRE 2012 Pagina 63 – Provincia

«Contro il biogas bastava ricorrere al Tar»

Torviscosa, gli ambientalisti replicano al Comune: macché mani legate, è già successo in Piemonte

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TORVISCOSA «Bastava ricorrere al Tar per bloccare le procedure per la centrale a biogas Torre Zuina di Torviscosa». L’ambientalista Paolo De Toni respinge le affermazioni dell’assessore Turco, il quale sosteneva che il Comune avesse le mani legate in merito e cita una sentenza del Tar del Piemonte del 21 dicembre 2011 che dava ragione al sindaco del comune di Luserba San Giovanni: l’ente aveva presentato ricorso nei confronti di un’Azienda agricola, chiedendo l’annullamento della determinazione con cui il Dirigente del Servizio qualità dell’aria e delle risorse energetiche della Provincia di Torino autorizzava l’Azienda agricola alla costruzione e all’esercizio di un impianto di cogenerazione alimentato da biomassa legnosa in quel comune. De Toni afferma infatti che «l’autorizzazione unica può variare la pianificazione urbanistica soltanto se c’è stata una ponderata valutazione della coerenza della valutazione con le esigenze della pianificazione, cioè che la realizzazione dell’impianto non può stravolgere le esigenze della pianificazione. Si dice inoltre che l’eventuale dissenso del Comune deve essere preso in adeguata considerazione, attentamente ponderato e eventualmente superato nella determinazione conclusiva, ma sempre sulla scorta di una motivazione adeguata che dia conto delle posizioni prevalenti emerse in seno alla conferenza e delle ragioni per cui l’insediamento è stato ritenuto, nel confronto tra i vari interessi pubblici, compatibile con le caratteristiche dell’area interessata». «l Tar del Piemonte – continua . concludeva la sentenza con alcune prescrizioni che riguardavano la riconvocazione della Conferenza di servizi e la conclusione della stessa con la determinazione conclusiva del responsabile del procedimento, dando conto delle posizioni prevalenti emerse in seno a tale conferenza. Quindi, con un ricorso al Tar, l’impianto di Torviscosa poteva essere bocciato e quanto meno il Tribunale amministrativo regionale avrebbe costretto a rifare la Conferenza dei servizi e quindi a prendere in considerazione il parere contrario della Soprintendenza arrivato in ritardo. È vero che l’articolo 12 del Dlgs 387/2003 prevede che l’autorizzazione unica “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico» conclude De Toni, « ma tale norma va letta secondo canoni di ragionevolezza e alla luce dei principi di (mera) semplificazione procedimentale che la ispirano». Francesca Artico

 

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Paolo De Toni http://www.slowfood.it/sloweb/1b6c09c96611d443294f9e96d92be31b/sloweb

Il rischio è la speculazione sulla produzione per godere degli incentivi e risparmiare sulla costruzione.

Allarme mega-impianti di biogas: anche l’energia pulita può inquinare

09/05/2012Il rischio è la speculazione sulla produzione per godere degli incentivi e risparmiare sulla costruzione.

Il biogas, tra le fonti energetiche rinnovabili, sta cominciando a creare più problemi che vantaggi. Soprattutto da quando è diventato la nuova gallina dalle uova d’oro per l’agroindustria. La questione è spinosa, un’altra bella opportunità si sta sprecando nel nome delle speculazioni permesse dalla legge e incentivate con i soldi pubblici, i nostri.

In due anni gli impianti si sono triplicati, e supereranno i mille a fine 2012. Sfruttano liquami e sottoprodotti agricoli, o anche prodotti appositamente coltivati, come il mais. Sono per lo più grandi, i più insostenibili, fatti per vendere energia. È in atto una vera e propria corsa al biogas agricolo, giustificata dall’inseguimento dei cosiddetti “certificati verdi”. Chi produce energia elettrica avrà diritto, se il suo impianto sarà messo a cantiere entro la fine del 2012 (nel 2013 si cambierà un poco), a vedersi riconosciuto un prezzo di 0,28 centesimi al kilowatt contro gli 0,07 del prezzo di mercato. Così i cittadini pagano due volte l’elettricità. Un impianto da 1 megawatt (il massimo ammissibile per ottenere i certificati verdi) è un investimento di circa 4 milioni di euro ammortizzabile in 3 o 4 anni, che poi darà una rendita netta di un milione di euro all’anno. Allettante per chi fa sempre più fatica a guadagnare con l’agricoltura o l’allevamento. Il nuovo decreto sulle rinnovabili, in vigore dal 2013, prevede tagli degli incentivi alle forme di energia “verde” per «allinearli a quelli europei», ma in realtà per il biogas non saranno consistenti, restando su una soglia variabile ma sempre molto conveniente. C’è dunque da presumere che la corsa non si fermerà dopo il 2012.

Chi viaggia attraverso Piemonte, Lombardia ed Emilia probabilmente avrà già visto a margine di alcuni campi due grandi cupole affiancate, spesso colorate di verde. Sono i “digestori” degli impianti, in cui s’immettono le biomasse (liquami zootecnici, letame, sfalci agricoli, scarti di produzione, ma anche insilati e coltivazioni) affinché siano trasformate dai batteri. Questi rilasciano metano, il quale serve a generare energia elettrica con un motore (che produce anche calore), e intanto avanzano un “digestato” che può essere utilizzato come ammendante o concime nei campi. In teoria il ciclo è perfetto: si usano scarti per produrre energia che può servire all’azienda stessa ed essere venduta se in eccedenza. E ciò che avanza si può ancora utilizzare. Sarebbe ottimo se l’impianto fosse piccolo, confinato all’interno del ciclo produttivo aziendale, ma visti i prezzi che spunta l’energia è diventato molto conveniente fare impianti grandi, da parte di consorzi (non sempre riconducibili ad agricoltori), che hanno lo scopo principale di speculare sulla sua produzione.

Per le singole aziende sarebbero sufficienti impianti da 20 o 50 kw ma gli impianti più grandi, dai 250 kw in su, si stanno diffondendo a macchia d’olio, non più soltanto al Nord. Le procedure per l’autorizzazione sono semplificate, seguono un iter molto veloce che i cittadini apprendono quando è già stato approvato dalla conferenza dei servizi. Non gli rimane poi tanto tempo per far valere le proprie ragioni. Ma perché opporsi?

L’assenza di norme più definite e restrittive e la discrezionalità delle Regioni non abbastanza sfruttata, fanno sì che si autorizzino impianti a fini speculativi, costruiti troppo vicini alle abitazioni o in siti sbagliati, che pongono seri problemi di sostenibilità e mettono in discussione la buona produzione agricola.

Gli impianti sono rumorosi, maleodoranti e alcuni studi cominciano ad evidenziare come non siano privi di emissioni nocive. Averli a pochi metri da casa può diventare un incubo. Poi c’è il problema della sostenibilità: questi grandi impianti incentivano i trasporti di “materia prima” da digerire con relative emissioni e traffico. C’è un forte impatto sul paesaggio e sul consumo di suolo agricolo per quanto ne occupa l’impianto stesso, ma più di tutto perché il problema di dover produrre energia per venderla e ammortizzare i costi di costruzione induce gli agricoltori a coltivare cibo per metterlo direttamente nei digestori. Questa forse è la cosa più grave di tutte. I grandi impianti prevedono un utilizzo di un 75% di liquami e di un 25% di materia solida per funzionare in maniera accettabile, per fare soldi. Il mais rende tantissimo come solido e la tentazione di sforare la quota del 25% è forte: già oggi ci sono impianti che consumano in prevalenza mais. È sbagliato da un punto di vista etico, ma anche ecologico. Un mais che non si mangia può ricorrere a un uso dissennato di chimica, fertilizzanti e antiparassitari, inquina e mina la fertilità, consuma uno sproposito d’acqua. Per 1 megawatt si devono sacrificare almeno 300 ettari. Non è difficile immaginare che così si finirà con il compromettere l’agricoltura, non  solo di qualità.

E stanno venendo fuori nuovi problemi. Pare che in Germania, leader in Europa per il biogas, affiorino delle perplessità. C’è anche chi ha ipotizzato che le contaminazioni da e.coli che hanno paralizzato il mercato dell’ortofrutta continentale l’anno scorso fossero state causate dalla diffusione di digestati da biogas non proprio “puliti”. Se gli scarti non rimangono nelle aziende e cominciano a viaggiare, controllarli diventa molto difficile. Per ora nessuno ha smentito queste tesi, ma basti dire che la Svezia, altro Paese all’avanguardia da anni, obbliga a pastorizzare i liquami in ingresso e i concimi in uscita dalle aziende per evitare contaminazioni. Forse non è nemmeno un caso che la Regione Emilia Romagna nelle sue linee guida abbia vietato gli impianti a biogas nei territori dove si produce il Parmigiano Reggiano. È un pericolo che andrà approfondito, ma non osiamo pensare cosa potrebbe succedere se s’inizieranno – come alcuni detrattori prevedono – a utilizzare senza controlli i rifiuti urbani umidi.

Oggi in Italia ci sono tantissimi comitati locali che si oppongono al biogas, o almeno lo chiedono fatto in maniera ragionata. Un fenomeno importante: si stanno riunendo in coordinamenti regionali e ne sta nascendo anche uno nazionale. Pretendono nuove regole, certe e più restrittive; incentivi soltanto laddove il biogas rappresenta una vera energia pulita che utilizza scarti veri (non cibo o rifiuti urbani); lo vogliono lontano dalle zone residenziali e fatto senza compromettere un’agricoltura che, occorre ricordarlo, prima di tutto serve a vendere cibo e non energia.

Di Carlo Petrini, da La Repubblica del 9 maggio 2012

FASCISTI CAROGNE/ UDINE: Quello che il Messaggero Veneto non dice

Un altro incredibile articolo della solita Luana de Francisco che anche di fronte ad una sentenza di condanna riesce ad essere tristemente  ambigua.

La verità è che si è trattata di una delle tante aggressioni esplicitamente fasciste e razziste da parte di uno e più, noti personaggi fascisti squadristi, esecutori delle forme più vigliacce di aggressione,  che hanno infestato ed ancora infestano il tessuto cittadino urbano. Questo va detto anche per smascherare tutti quelli che continuano a minimizzare sul ruolo ed il significato delle manifestazioni fasciste come quelle di Forza Nuova del 28 settembre ad Udine. Ma che si vadano a vedere i video della manifestazione di Predappio per i 90 anni della marcia su Roma, dove il prete Giulio Tam, esponente di Forza Nuova, fa continui ed espliciti riferimenti a Mussolini al ventennio e a tutte le porcate possibili immaginabili.

http://www.huffingtonpost.it/2012/10/28/marcia-su-roma-predappio_n_2034707.html?utm_hp_ref=italy

Non sono fascisti quelli di Predappio? Lo dicono anche! Fanno il saluto romano, inneggiano al duce, si vestono perfino con il fez e le camicie nere. Che si vuole di più?

Certo, poi quando devono farsi vedere nei salotti della borghesia sono un pò più moderati in modo che poi i loro difensori tipo Pezzetta, o Salmè possono fare un pò di retorica ambigua per difenderli, ma fa parte del loro gioco di squadra; fascisti sono e fascisti restano tutti quanti. E i giornalisti fanno proprio incazzare. Ma poi non è reato l’apologia del fascismo? O invece è reato contestarli in maniera militante?

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Rissa al Cormôr
nel dopo Sunsplash
Sei mesi a un giovane

Si era azzuffato con un sudamericano che è stato assolto. A innescare la lite sarebbe stata una frase razzista

di Luana de Francisco

UDINE. All’origine della scazzottata, a dire di molti, c’era stata l’epidermica antipatia di un gruppetto di italiani verso i sudamericani in genere. Quale sia stata la scintilla che ha fatto scaldare gli animi e partire i primi pugni, però, non è emerso con chiarezza neppure nel corso del processo che ne era seguito e che ieri è approdato alla condanna di uno dei due litiganti e all’assoluzione dell’altro. Entrambi usciti feriti dalla rissa che, la notte del 4 luglio 2010, aveva fatto da movimentato e spiacevole finale al mini Sunsplash del Cormor. Ed entrambi finiti poi indagati dalla Procura per le ipotesi di reato di lesioni personali aggravate.

Per il giudice monocratico del tribunale di Udine, Carla Missera, a rispondere di quel parapiglia è soltanto uno dei due. La colpa, sentenza alla mano, è stata insomma soltanto di Nicola Boccolini, 22 anni, residente a Tavagnacco. Cioè proprio di colui che, con l’avvocato Giovanni Adami, si era costituito parte civile e chiesto il risarcimento, quantificando il danno in 5 mila euro e pretendendo anche una provvisionale.

Richiesta formalizzata ieri in aula dalla collega di studio, Denaura Bordandini. Con il suo verdetto, invece, il giudice ha condannato il giovane a 3 mesi di reclusione (pena sospesa con il beneficio della condizionale). Assolto “perchè il fatto non costituisce reato”, invece, l’altro imputato: il 33enne Jose Manuel Martinez Vides, originario dell’El Salvador e residente a Udine. Una formula, quella decisa dal giudice, che valorizza l’ipotesi della legittima difesa, sostenuta anche dal suo difensore, avvocato Cesare Tapparo. Il vpo Antonio Cino, invece, aveva concluso la discussione, sollecitando una condanna a due mesi di reclusione l’uno.

Stando alla ricostruzione della pubblica accusa – il fascicolo era stato curato dal pm Marco Panzeri -, infatti, ad alzare le mani e rendersi quindi responsabili del sanguinoso pestaggio, procurandosi lesioni giudicate guaribili in qualche giorno, erano stati entrambi. Martinez Vides, per avere colpito l’altro al capo e al corpo, con pugni e con una catena metallica; Boccolini, per averlo fatto servendosi anche di un occio della bottiglia di birra dalla quale stava bevendo. Sono stati soprattutto i testimoni chiamati a dibattimento a precisare le modalità della rissa.

Qualcosa di molto simile a un regolamento di conti a sfondo razziale, secondo l’avvocato Tapparo, che ha sottolineato come, a differenza di Boccolini, accompagnato da altri tre giovani, il proprio cliente si fosse trovato ad affrontare la situazione completamente da solo. Nel momento in cui l’altro lo aveva incrociato, sbarrandogli la strada, infatti, l’amico con il quale era arrivato alla festa si trovava in bagno.

L’episodio si era verificato tra il palco e il chiosco delle bibite. Apostrofato con una parolaccia riferita alle sue origini sudamericane, Martinez Vides sarebbe stato aggredito prima a mani nude e, poi, con il vetro della bottiglia. Sarebbe stato l’amico, di ritorno dai servizi igienici, a dividerli e, notata una catena spuntare dalle tasche di Boccolini, buttarla via. Nel parapiglia, Martinez Vides avrebbe a sua volta colpito, ma al solo scopo di difendersi. A porre fine alla bagarre, che aveva costretto entrambi i ragazzi a recarsi per le prime cure in Pronto soccorso, erano stati gli addetti alla vigilanza.

Carico di uranio, la Regione si sfila

da Il Piccolo del 3 novembre 2012

 

Carico di uranio, la Regione si sfila

Contraria al passaggio, non fornirà appoggio logistico. Pronto il piano B per il trasferimento a Capodistria

di Corrado Barbacini

L’uranio arriverà in Porto nonostante il “catenaccio” della Regione fin dall’inizio contraria al passaggio del materiale radioattivo. Fino alle 13 di ieri nè in questura, nè in prefettura era giunto l’ok dalla Regione. Una presa d’atto delle modalità del trasporto pericoloso, ma fondamentale dal punto di vista organizzativo. Tant’è che mercoledì scorso lo stesso questore Giuseppe Padulano aveva sollecitato il documento della Regione anche per poter emettere l’ordinanza in tempo utile. La Regione non può bloccare il carico ma non collabora.

La data del trasporto delle barre di uranio provenienti dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, confermano in questura, sarà quella di lunedì 5. L’ora prevista è attorno alle 5 del mattino. Ma l’ultima parola, quella definitiva, spiegano, non è ancora stata detta. Pare proprio per il ritardo dalla Regione. Tant’è che, fanno sapere, sarebbe già stato anche approntato il cosiddetto piano “b”. Quello che prevede il trasporto – con modalità differenti – via terra direttamente al porto di Capodistria. Da dove poi la nave dell’uranio dovrebbe salpare con destinazione la costa del Pacifico degli Stati Uniti.

Il piano principale prevede che la destinazione delle barre sia il porto nuovo. E in particolare la stiva di una nave ormeggiata per poche ore al molo settimo che, quello stesso giorno, arriverà da Capodistria (dove è programmato l’imbarco di un analogo carico giunto dall’Austria via Slovenia)e dopo poche ore salperà verso gli Stati Uniti portando nella propria pancia una ventina di barre radioattive.

Al momento pochi – nonostante l’imminenza della data – gli elementi sicuri dell’operazione. Per la quale saranno “comandati” oltre cento tra poliziotti e carabinieri provenienti dal reparto mobile di Padova e dal battaglione di Gorizia. Il timore è quello di un’azione a Trieste dei «No Nuke»: i manifestanti che potrebbero cercare di bloccare il transito fino in porto nuovo dei cinque chili di materiale radioattivo, proprio come era successo nello scorso luglio durante un analogo viaggio di scorie verso la Francia. A portare il combustibile sarà una sorta di convoglio composto da una quidicina di mezzi con al centro un Tir nel cui carico ci sono le 10 barre di uranio. Il carico pericolosissimo sarà sistemato all’interno di un contenitore le cui caratteristiche sono quelle previste dal protocollo dell’Enea.

Il Tir viaggerà alla velocità di 80 chilometri all’ora e non potrà mai interrompere la corsa. Gli altri mezzi di scorta viaggeranno alla distanza di sicurezza dal mezzo principale di circa 50 metri. Le pattuglie della squadra volante e dei carabinieri saranno impiegate per bloccare temporaneamente il passaggio attraverso gli accessi alla Grande viabilità durante il transito del carico radioattivo. I tecnici dell’Arpa effettueranno controlli delle radiazioni e le successive bonifiche lungo tutto il percorso sia prima che dopo il passaggio del convoglio con le barre radioattive. Il piano prescrive una serie di rilevamenti anche su “matrici ambientali e alimentari” soprattutto nel caso di incidenti. I particolari dell’operazione sono stati nei giorni scorsi al centro di numerose riunioni tecniche in prefettura per mettere a punto i servizi di forze dell’ordine, tecnici della Regione, Arpa, vigili del fuoco e protezione civile per garantire tutte le misure di sicurezza.

PORDENONE: report giornate dell’AUTOGESTIONE

autoge09A Pordenone, nel Prefabbrikato di Villanova, si sono concluse due giornate intense di incontri, confronti, scambi, mangiate, bevute e musiche: le giornate dell’Autogestione dei territori e dei saperi.

Un esperimento, un primo tassello di un mosaico tutto da costruire, un tentativo di mettere in gioco percorsi individuali e collettivi facendo incontrare in carne ed ossa i protagonisti di storie diverse, storie di lotta ma anche di progettualità sia come immaginario di un mondo nuovo ma soprattutto come metodo di condivisione, decisione e costruzione di questo mondo.

 

Come abbiamo premesso nella presentazione di queste giornate “l’intento è quello di mettere assieme l’agire e il pensare libertario, ecologista e solidale attraverso l’incontro, il confronto e la condivisione di esperienze e saperi sul/del territorio. Territorio che diventa plurale, perché “i territori” sono luoghi di vita dove la natura e la storia di uomini e donne cambiano e determinano la società a 360”. Continue reading →

TRIESTE: 4 NOVEMBRE ANTIMILITARISTA

Nel pomeriggio di oggi un gruppo di compagne e compagni ha affisso in giro per la città alcuni striscioni antimilitaristi in occasione della festa delle forze armate. Un piccolo gesto di protesta che si affianca alle numerose iniziative promosse da varie realtà anarchiche e libertarie in questi giorni in tutta italia per contestare questa vergognosa festa militarista.

Di seguito le foto scattate da reporter di passaggio. Contro tutti gli eserciti!

Gruppo Anarchico Germinal

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Roiano. “Zero spese militari. Più servizi sociali”.

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