Rasman strangolato?

da Il Piccolo del 22 giugno 2013

Caso Rasman, l’ipotesi del cordino attorno al collo

 

Riccardo Rasman, il giovane morto nella sua casa di via Grego 38 a Borgo San Sergio nel 2006, per la cui tragica vicenda i tre poliziotti Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giovanni De Biasi sono stati condannati in appello a sei mesi per omicidio colposo, sarebbe stato strangolato con un cordino stretto attorno al collo e alla bocca.

Per questa ipotesi – che lascia intravvedere anche l’accusa possibile di omicidio preterintenzionale e che è suffragata da alcune perizie medico legali – ieri il giudice Luigi Dainotti ha disposto un supplemento dell’indagine a carico dei vigili del fuoco Marino Sisti e Vanni Sadocco, che parteciparono all’intervento degli agenti della squadra volante. In pratica il giudice Dainotti, nell’accogliere parzialmente l’opposizione alla richiesta di archiviazione degli avvocati Giovanni Di Lullo e Claudio Defilippi che assistono la famiglia Rasman nella sua battaglia, ha ordinato al pm Pietro Montrone di disporre un accertamento tecnico su un pezzo di corda trovato nella casa di Rasman. Questo per verificare se vi siano tracce del dna dell’uomo. In questo caso sarebbe confermato che Rasman era stato non solo legato ai piedi e alle mani come emerso nel processo a carico dei poliziotti, ma anche da una corda che appunto lo ha stretto mortalmente al collo e al volto impedendogli di respirare.

Le perizie effettuate sulle immagini del cadavere scattate subito dopo il fatto hanno evidenziato un ematoma di forma rettilinea e a livello delle guance una ecchimosi continua e netta che partiva dalle labbra senza interruzione fino a livello dei lobi auricolari. Questo cordino (conservato in una busta di nylon all’ufficio reperti del tribunale) avrebbe insomma contribuito in maniera determinante alla morte di Rasman causando il decesso per asfissia.

Ma c’è di più. Un altro elemento che sarà oggetto degli accertamenti disposti dal giudice potrebbe raccontare altri particolari sull’agonia del giovane. Rasman non solo era stato legato mani e piedi e poi forse al volto con il cordino. Ma per tenerlo fermo sarebbe stata utilizzata una sedia che gli era stata piazzata praticamente sopra allo scopo di ulteriormente immobilizzarlo. Sulla sua schiena infatti – così hanno raccontato le fotografie – sono state trovate alcune ferite da oggetto tondeggiante. E proprio in quella casa era stata segnalata negli atti la mancanza di una sedia. «È evidente che non ci si possa esimere dall’effettuare ulteriori indagini riguardo la responsabilità dei due vigili del fuoco che sicuramente si trovavano sul luogo del delitto ed hanno contribuito pacificamente all’ammanettamento», si legge nell’istanza accolta parzialmente dal giudice Dainotti. E poi ancora: «I vigili spontaneamente hanno preso l’iniziativa di utilizzare un cordino per legare le caviglie ed avrebbero pertanto potuto prendere ogni altra iniziativa esorbitando dalla propria funzione».

OGM: Fidenato va avanti

Dal Messaggero Veneto del 26/06/13

Ogm, il ministro manda la Forestale Fidenato la stoppa

 

Volevano prelevare campioni di mais dai campi coltivati a Mon 810 da Giorgio Fidenato. Ma il presidente di Agricoltori federati è stato categorico: «Solo se avete un mandato dell’autorità giudiziaria». La prova muscolare del ministero delle politiche agricole non è servita. Fidenato dopo più di un’ora di faccia a faccia nel suo ufficio con tre dipendenti del corpo forestale dello Stato (due inviati da Padova, una da Roma), li ha congedati con una stretta di mano ma senza autorizzazione. E così la Forestale si è limitata a perlustrare gli appezzamenti di Vivaro (dove sono stati seminati 3 mila metri a mais Mon 810) e Fanna (dove il custode giudiziario aveva seminato mais tradizionale) e ad annunciare una sanzione per l’assenza di tabelle che “pubblicizzino” la coltura Ogm. L’improvvisata. Ieri mattina il personale inviato dal Ministero si è presentato a casa di Fidenato, ma lui era già a Pordenone, nella sede di Agricoltori Federati. E così una delegazione l’ha raggiunto in corso Lino Zanussi. Gli altri, con tanto di troupe televisive appositamente allertate, si sono spostati sui campi seminati in attesa del via libera dei colleghi per effettuare i controlli. Nel verbale si legge che la Forestale ha chiesto a Fidenato di poter accedere all’azienda “In trois” e al magazzino per verificare le sementi e di fare dei campionamenti nei campi. La risposta: «Solo con mandato dell’autorità giudiziaria». E difficilmente qualcuno a Pordenone concederebbe quel mandato. La sentenza attesa per l’8 luglio, sarà salvo colpi di scena di assoluzione per le semine del 2010. L’agricoltore ha fatto verbalizzare che «potranno essere fatte le verifiche solo quando le pannocchie saranno fiorite». I semi. A mettere in allerta il Ministero sarebbe stata la notizia, diffusa su internet, della distribuzione di 50 mila semi Ogm, «ma quella notizia l’avevamo smentita il giorno dopo» ricorda Fidenato, che ha confermato al personale della Forestale di aver messo a dimora i semi comprati nel 2011 in Spagna e dissequestrati dieci giorni fa. Semi che, una volta divenuti pannocchie, hanno già un futuro “sicuro”. «Il raccolto di Vivaro l’ho venduto a un allevamento che ne farà mangime – anticipa -. Gli altri mille metri che ho seminato a Mereto di Tomba, invece, diventeranno polenta Ogm». Il ministero. «Alla luce e nel rispetto della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 6 settembre 2012 e di quella del 18 maggio 2013 – si legge nell’atto ministeriale – il diritto di coltivare Ogm deve convivere con il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione ad adeguate misure di coesistenza con l’agricoltura tradizionale o biologica, al fine di evitare ogni possibile commistione di tali produzioni e conseguenti danni economici». Da qui la necessità che le aree siano appositamente tabellate e che ne venga data apposita comunicazione a Regioni e Province autonome. «Ho inoltrato ieri la comunicazione alla Regione» assicura Fidenato, ma «i controlli effettuati hanno evidenziato – scrive il Ministero -, comunque, la mancanza di tabelle indicanti l’origine transgenica della coltivazione, il che configurerebbe un illecito amministrativo. Sono al vaglio ulteriori responsabilità». Martina Milia

 

Zanin ironizza su Ciriani Zanoni sprona il governo

 

Plaude alla vigilanza della Forestale Coldiretti che sottolinea «la necessità a questo punto della firma del decreto sulla clausola di salvaguardia, unico strumento di cui disponiamo per risolvere definitivamente e rapidamente la questione». Il parlamentare del Pd, Giorgio Zanin, punge invece il presidente della Provincia Ciriani – che mettendo la Provincia dalla parte di Coldiretti. Cosa che non avvenne nel 2010 quando Zanin presentò un ordine del giorno al consiglio. «In quella occasione sia il presidente Ciriani – in buona compagnia con Zambon, Cella, Callegari e Padeletti – si astenne. Nel caso in cui si tratti, come pare, di una opportunistica “modificazione genetica” dell’opinione, propongo dunque agli amici di Coldiretti di vigilare attentamente» ironizza Zanin. Sulla vicende Ogm interviene anche l’eurodeputato Andrea Zanoni che plaude alla promessa del ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo di varare un decreto che vieti la coltivazione di Ogm in Italia. «Adesso il governo colmi le lacune sulla coesistenza tra colture tradizionali e colture geneticamente modificate e assuma una posizione forte contro gli Ogm in Europa» chiede Zanoni. (m.m.)

 

TOLMEZZO 4 luglio solidarietà a Maurizio Alfieri + news 2 luglio + rassegna stampa

Rassegna stampa (MV 5 luglio 2013) Tolmezzo solidarietà a Maurizio Alfieri,

un onesto rapinatore di banche

mv-5 luglio 2013

 

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OGM: Regione vs Fidenato

Messaggero Veneto del 29 giugno 2013

Mai più casi-Fidenato la Regione chiude alle semine di Ogm

Difficilmente potrà verificarsi un altro “caso Fidenato” in Fvg. Ieri la giunta ha approvato in via preliminare una modifica alla legge regionale 5 del 2011 riguardante la coesistenza tra colture tradizionali e organismi geneticamente modificati, introducendo misure più restrittive che di fatto impediranno il ripetersi di semine ogm come quelle compiute da Giorgio Fidenato a Vivaro e a Mereto di Tomba. «La nuova normativa – afferma il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello – farà sì che gli ogm si potranno seminare ma solo a determinate condizioni, che in questa nostra regione praticamente non ci sono». Una decisione che ha scatenato la reazione di Duilio Campagnolo, presidente di Futuragra: «Questa legge non regolamenta la coltivazione di ogm ma la vieta, rinunciando a introdurre un’agricoltura più sana ed economicamente sostenibile – chiarisce –. Siamo in Europa e ci sono regole che ci siamo impegnati a rispettare. L’Italia ora va incontro a una procedura di infrazione: spetterà alla Regione farsi carico del pagamento della conseguente multa». Sarà il Consiglio regionale, nella seduta di metà luglio, a decidere se approvare o meno il provvedimento, che figura come emendamento all’assestamento di bilancio, il cui obiettivo è evitare la presenza involontaria di ogm nelle colture convenzionali e biologiche. Si è così recepita una raccomandazione della Commissione europea, tenendo conto di fattori quali condizioni naturali, condizioni climatiche che influenzano l’attività degli impollinatori e la dispersione del polline attraverso l’aria, topografia, modelli produttivi, strutture aziendali e sistemi di rotazione delle colture. Con queste disposizioni la Regione anticipa i contenuti di un decreto ministeriale che nei prossimi giorni definirà la questione a livello nazionale. «Una volta rese attive queste norme sulla coesistenza – precisa Bolzonello – sarà praticamente impossibile la semina di ogm in Fvg». L’inosservanza delle nuove regole comporterà una sanzione amministrativa da un minimo di 5 mila a un massimo di 50 mila euro.

 

Messaggero Veneto del 28 giugno 2013

DUELLO LEGALE

“Restituiti” altri due campi Ogm

Bolzonello: li vieteremo. La procura: archiviare il caso Fidenato

Agosto 2011, il corpo forestale della Regione aveva censito a tappeto 700 campi in Friuli Venezia Giulia. Quattro erano risultati positivi ai test compiuti per verificare la presenza di mais geneticamente modificato. Due – di proprietà di un iscritto a Futuragra, l’associazione che da anni rivendica la libertà di coltivare Ogm e che ha tra i suoi fondatori Giorgio Fidenato – vennero sequestrati a Maniago. Appartengono ad Antonio Zolin, 67 anni, titolare dell’azienda agricola La Rizza di Vivaro, indagato per semina illegale di Ogm.

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pordenone Alberto Rossi, su richiesta della procura, ha archiviato il procedimento a suo carico e disposto la restituzione di campi e sementi, 350 quintali. Era stato accusato, come Fidenato, di messa a coltura di mais Ogm varietà Mon 810, senza l’autorizzazione italiana.

A luglio è attesa la sentenza per Giorgio Fidenato. Il procuratore Marco Martani ha chiesto il non doversi procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, sulla base del parere della Corte di giustizia europea. «La legislazione comunitaria – ha spiegato il procuratore – prevale su quella nazionale, che ha ceduto parte della sua sovranità. Le autorizzazioni previste dallo Stato membro per tutelare la coesistenza tra mais naturale e mais Ogm devono essere compatibili con le normative comunitarie. Gli Stati membri possono porre dei limiti alla coltivazione, ma devono essere circoscritti, motivati ed eccezionali». La semente Mon 810, peraltro, è inserita nel catalogo europeo tra quelle autorizzate alla semina: «Uno Stato – chiarisce il procuratore – non può chiedere una limitazione generale, bensì un’eccezione motivata».

Dal canto suo l’assessore regionale alle Attività produttive Sergio Bolzonello dichiara: «La Regione è assolutamente contraria agli Ogm». Ad ascoltarlo, nel quartier generale della Regione di Udine, per l’incontro organizzato da Wwf e Legambiente, c’è una sala stracolma. E Bolzonello detta la linea che porterà «allo stop degli Ogm». Oggi la giunta «licenzierà il regolamento per la coesistenza che sarà adottato con l’assestamento di bilancio, in modo tale che quando arriverà il provvedimento del governo, il Friuli Venezia Giulia potrà essere la prima regione a dire no agli Ogm».

 

Messaggero Veneto del 25 giugno 2013

Via libera alle colture Ogm Opposizione della Regione

L’assessore Bolzonello: la pronuncia europea non modifica il divieto in Fvg Task force contro i semi geneticamente modificati sollecita la chiusura dell’iter

Friuli Venezia Giulia libero da Ogm. Se la Corte di Giustizia europea scagiona Giorgio Fidenato e di fatto riconosce la libertà di seminare mais geneticamente modificato (quello riconosciuto dal catalogo europeo) senza autorizzazione dello Stato, il fronte dei contrari oppone un muro. Lo fa la Regione che, nonostante abbia da poco cambiato la sua guida, non intende modificare la legge approvata dalla giunta Tondo. E lo fanno le associazioni – Coldiretti in testa – che aderiscono alla task force “per un’Italia libera da Ogm”. Peccato però che il tempo per agire introducendo le regole che oggi mancano – i piani di coesistenza previsti dall’Europa non sono stati recepiti dall’Italia – siano stretti. L’udienza conclusiva del processo a Giorgio Fidenato, è fissata l’8 luglio, ma l’imputato, visto che il processo era stato rinviato in attesa dell’ordinanza della Corte, potrebbe chiedere al giudice di anticipare la data. Allo stesso modo potrebbe chiedere nel frattempo un’istanza di dissequestro delle sementi geneticamente modificate. Magari per seminare prima dell’arrivo dell’estate e soprattutto di nuovi limiti.

La Regione «vuole confermare il divieto alla coltivazione degli Organismi geneticamente modificati in tutto il Friuli Venezia Giulia», ribadisce l’assessore all’agricoltura Sergio Bolzonello, che ha dovuto sospendere il regolamento attuativo alla legge 5 del 2011 in forma preventiva: «Si è voluto mettere in sicurezza la normativa regionale rispetto a una possibile apertura di una pericolosa procedura di infrazione da parte dell’Unione europea». Intenzione della giunta è emanare «in tempi brevi delle linee di coesistenza da far valere a livello regionale, garantendo la salvaguardia delle produzioni convenzionali regionali».

Nel frattempo, secondo la Regione, «il divieto alla coltivazione degli Ogm continua a valere sulla base della normativa nazionale, la quale subordina la semina di Ogm a specifica autorizzazione che può venir rilasciata solo se viene verificata caso per caso questa possibilità di coesistenza». Autorizzazione negata però dalla Corte di giustizia europea secondo la quale, il divieto di coltivare Ogm può valere solo se viene provato un danno all’ambiente o alla salute.

Minimizza anche la task force per un’Italia libera da Ogm: «Nulla cambia perché si applica comunque la legge 5 del 2005. La non definitiva risoluzione della vicenda va avanti ormai da troppo tempo e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, Regioni e Parlamento si sono espressi già tantissime volte». Come? «Completando la procedura di adozione della clausola di salvaguardia».

BIOREGIONI/ Foto del delfino nel fiume Corno a San Giorgio di Nogaro

Un delfino è entrato nel fiume Corno a fine giugno

 

Foto a cura di Fausto Del Pin

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Monfalcone/ Sciopero al porto

da Il Piccolo del 4 luglio 2013

Scalo di Monfalcone paralizzato per 48 ore

Indetto uno sciopero di due giorni dai portuali. Presidi ai cancelli contro il precariato e i silenzi delle istituzioni

 

MONFALCONE. Due giornate di sciopero in porto a Monfalcone, il 9 e 10 luglio (dalla mezzanotte in poi), probabilmente il blocco completo dello scalo con il presidio dei cancelli, contro il precariato che dilaga tra i lavoratori portuali e il disastro sul fronte delle infrastrutture (banchine, escavo, concessioni incerte, traffici che languono per la mancanza di misure di rilancio, governance nel caos), un panorama che non trova alcuna risposta da parte delle istituzioni in primis dalla Regione che ha la responsabilità per legge e che finora non sembra aver dato alcun segno politico concreto.

A memoria di sindacato almeno non si ricorda finora uno sciopero di due giornate in porto, ma la situazione, lo dicono sia i sindacati che gli stessi operatori, ha raggiunto il limite e lo scalo, a causa anche dei lavori in corso interni, è ormai alla paralisi. Principale causa della tensione la rottura delle trattative tra i sindacati e la Compagnia portuale di Monfalcone sull’accordo di secondo livello, sul lavoro precario nello scalo «che ha raggiunto un livello di flessibilità che è il più alto d’Italia« e sui rischi occupazionali. Lo stop al confronto risale a qualche settimana fa, dopo uno sciopero di una giornata non c’è stata alcuna intesa nelle trattative tra sindacati e azienda, ricordano i segretari della Filt-Cgil Valentino Lorelli e quello della Uiltrasporti Mauro Zentilin, le rispettive controproposte sono state respinte dalle parti. «Non siamo riusciti a trovare una mediazione sulle posizioni – commenta sconsolato Lorelli – non ci restavano altre alternative per continuare la lotta che lo sciopero, non abbiamo altre armi». Una protesta diretta ai vertici della Compagnia portuale, ma in realtà che vede sotto accusa tutti gli operatori del porto, oltre 300 che lavorano tra Cetal, Midolini fino a Marter. A testimonianza di ciò c’è il blocco totale dello scalo durante l’ultimo sciopero che ha visto l’adesione di praticamente il 100% dei lavoratori.

I sindacati accusano le aziende di utilizzare in maniera “estrema” la legge 84/94 sul fronte dei lavoratori precari che avrebbero dovuto essere utilizzati (persone a termine con contratti interinali) per i picchi straordinari di lavoro e che invece vengono utilizzati normalmente rendendo precari i posti di lavoro in porto. Come se non bastasse c’è anche la crisi, i lavoratori della Compagnia lavorano con il contratto di solidarietà e il futuro non è affatto roseo. «Mi sento impotente e profondamente dispiaciuto – commenta l’ad della Compagnia portuale Riccardo Scaramelli -, sono preoccupato e mi sento vicino ai lavoratori sui problemi dell’occupazione. Noi stessi vorremmo fare di più ma la situazione in porto non ce lo permette, non abbiamo garanzie da nessuna istituzione su concessioni e infrastrutture, l’escavo è un miraggio, i traffici stanno calando mentre parte della cellulosa si è già trasferita a Livorno. La situazione è grave e i noi da soli non ce la facciamo».

 

da Il Piccolo del 9 luglio 2013

Monfalcone: porto bloccato per due giorni dallo sciopero

Presidio davanti ai cancelli e mercoledì protesta a Trieste sotto la sede della Regione. I sindacati: «silenzio delle istituzioni su lavoro e infrastrutture»

MONFALCONE Presidio stamani dalle 7 alle 16 davanti all’ingresso dello scalo con il blocco del porto di Monfalcone. Domani invece manifestazione in piazza Oberdan, a Trieste, dalle 10 alle 12, con picchetto sotto il palazzo del Consiglio regionale. A memoria di sindacato, non si era mai assistito a Monfalcone a una doppia giornata di sciopero dei lavoratori portuali, oggi e domani Portorosega blocca tutte le attività e la protesta, che culmina dopo mesi e mesi di allarmi e denunce, dà il segnale di una situazione che ha raggiunto, secondo sindacati e lavoratori, «limiti inaccettabili» e si è ormai alla paralisi.

Sotto accusa il precariato che dilaga tra i portuali, l’uso massiccio delle figure professionali flessibili che la legge 84/94 aveva pensato per i picchi di lavoro in porto e che invece viene fatto in una situazione di normalità, il mancato accordo sul secondo livello di contrattazione che ha visto la rottura delle relazioni sindacali con la Compagnia portuale. Una situazione che vede dall’altro fronte le aziende-operatori portuali, messe all’angolo dalla crisi (sono in vigore i contratti di solidarietà) con il calo dei traffici, ma in particolare da mancate risposte sul lato delle concessioni, delle prospettive, e da un panorama, delle infrastrutture e logistico, disastroso. Banchine fuori uso per lavori che si trascinano da anni, aree off-limits per le opere di relizzazione della rete di raccolta delle acque di scolo, mancato escavo del canale di accesso, assenza di piano regolatore, governance nel caos. Un quadro drammatico noto a tutte le istituzioni e le forze politiche, ma che finora non ha trovato alcuna risposta, nemmeno dalla Regione che ha la responsabilità per legge, e che non ha dato alcun segno concreto.

Gli stessi sindacati, in particolare i segretari della Filt-Cgil, Valentino Lorelli e quello della Uiltrasporti Mauro Zentilin, forti anche del fatto che la stessa presidente del Fvg Debora Serracchiani aveva fatto degli incontri in Porto durante la campagna elettorale ed era seguito pure un vertice (in Azienda speciale e poi con gli operatori) con l’assessore alle infrastrutture Mariagrazia Santoro hanno chiesto in una lettera diversi giorni or sono un vertice in Regione sul problema. Ma fino a ieri non è arrivata alcuna risposta, i sindacati sono ancora «increduli» e i lavoratori sono stati abbandonati, lasciati completamente soli. La protesta non riguarda solo la situazione di “rottura” tra i sindacati e la Compagnia portuale, scendono in sciopero tutti i 300 lavoratori del porto che operano per le varie compagnie, dalla Cetal a Midolini fino a Marter. E come l’ultimo sciopero, che c’è stato alcune settimane fa, è attesa l’adesione del 100% dei portuali. Uno sciopero che, come detto, non è stato proclamato solo per le gravi condizioni di lavoro, ma anche quelle logistiche e delle infrastrutture dello scalo. Sono a rischio oltre 300 posti di lavoro e la presenza degli stessi operatorti in porto. A causa del mancato escavo e delle condizioni di quasi paralisi la Marter ha già trasferito parte delle sue attività (traffico di cellulosa) a Livorno. Ma si è saputo che anche altri operatori, se le cose non cambieranno a brevissimo, sono pronti ad andar via con la conseguente perdita di ulteriori posti di lavoro.

«Sono preoccupato e sono vicino ai lavoratori sul fronte dell’occupazione – aveva spiegato la scorsa settimana l’ad della Compagnia portuale Riccardo Scaramelli – vorremmo fare di più come azienda, ma la situazione in porto non ce lo permette, non abbiamo garanzie da nessuna istituzione su concessioni e infrastrutture. L’escavo è un miraggio, i traffici stanno calando, parte della cellulosa si è trasferita a Livorno. La situazione è grave e non ci sono risposte da chi governa. Di fronte a questi problemi noi da soli non ce la facciamo e non siamo in ngrado di dare alcuna garanzia».

NOMUOS E NOTAV IN REGIONE

News 9 agosto Come sempre manganelli contro i manifestanti

manganelli muos

News 18 luglio L’istituto Superiore di Sanità è filoamericano

Questa settimana due importanti appuntamenti di confronto e scambio con due esperienze di lotte popolari molto lontane da noi ma allo stesso tempo vicine nella volontà di opporsi alla devastazione ambientale e alla sopraffazione statale e militarista.

Venerdì

12 Luglio

a Udine

Incontro

con

i NO MUOS

Ore 20.00

Piazza

Libertà

Foto Udine. Oltre 100 persone hanno partecipato all’iniziativa

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Sabato

13 Luglio

a Trieste

Incontro

con

i NO TAV

Terzo Valico

Ore 20.30

Piazza Hortis

Foto Trieste. Oltre 50 persone hanno partecipato all’iniziativa

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Serracchiani: no al rigassificatore

da Il Piccolo del 9 luglio 2013

 

Trieste, Serracchiani scrive a Roma: no al rigassificatore

Lettera inviata ai ministri Orlando, Lupi e Zanonato e per conoscenza al premier Letta: progetto non compatibile con le prospettive del porto

 

La presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha comunicato con una lettera al Governo la contrarietà dell’amministrazione regionale al progetto di terminal rigassificatore a terra, presentato da Gas Natural, nella zona industriale di Zaule, a Trieste. Lo ha reso noto oggi l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione nel corso del Question Time al Consiglio regionale. La lettera, inviata ai ministri Orlando, Lupi e Zanonato, e per conoscenza al premier Letta, sottolinea che il progetto è da considerarsi «non compatibile con i progetti e le prospettive dei traffici marittimi nel Porto di Trieste». La stessa missiva sarà inviata alla Commissione europea.

Sistiana: protesta degli operai a Portopiccolo

da Il Piccolo del 9 luglio 2013

 

Operai senza paga, ricevono assicurazione e scendono dalla gru a Portopiccolo

La Rizzani De Eccher disponibile ad anticipare loro il salario che avrebbero dovuto ricevere dalla GR Costruzioni

Sono scesi nel pomeriggio dalla gru del cantiere di Portopiccolo, a Sistiana, i tre operai che da stamani avevano messo in atto il gesto di protesta contro il mancato pagamento dello stipendio da parte della ditta «GR Costruzioni». Dopo una serie di sollecitazioni, anche da parte dei sindacati di categoria, l’azienda appaltatrice del complesso in via di costruzione, la Rizzani De Eccher, si è detta disponibile ad anticipare loro il salario, senza il quale gli operai (un cittadino senegalese e 11 egiziani) non riuscivano nemmeno a sostenere le spese di permanenza nel cantiere.

«Proprio a seguito delle irregolarità riscontrate a carico del subappaltatore, già nelle scorse settimane la Rizzani de Eccher aveva interrotto ogni rapporto con la società G.R. Costruzioni S.r.l.». Lo specifica la Rizzani, sottolineando di essersi assunta tra l’altro «l’onere di accertare ed eventualmente sanare le pendenze di quest’ultima nei confronti del personale che aveva svolto la propria attività presso il cantiere. Non si comprende pertanto quali siano le reali ragioni che hanno portato uno sparuto gruppo di lavoratori ad azioni di un tal tenore, volte a recare nocumento all’andamento dei lavori e all’immagine della Rizzani de Eccher», conclude la nota.

 

Nucleare a Monfalcone

da Il Piccolo del 13 luglio 2013 Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone

Maxi-imbarco in porto per una centrale nucleare

Si tratta di due pre-riscaldatori del peso di 140 tonnellate ciascuno costruiti dalla Mangiarotti e destinati al colosso francese Edf

 

Ancora una volta, nonostante i problemi di fondali e di attracchi (al centro dello sciopero dei giorni scorsi) il porto di Monfalcone è al centro dell’attenzione per l’imbarco di carichi eccezionali. Dopo quello di un enorme elemento da 1.200 tonnellate per un impianto negli Emirati arabi, lo scorso anno, ieri è stata la volta di due elementi progettati e realizzati nello stabilimento che il gruppo friulano Mangiarotti ha acquisito due anni fa a poca distanza dal porto. In questo caso si tratta di pre-riscaldatori per l’acqua di raffreddamento, destinati a una centrale nucleare francese del colosso Edf, che sorge lungo il Rodano e attualmente è sottoposta a manutenzione straordinaria. La commessa ottenuta dalla Mangiarotti comprende quattro pre-riscaldatori, per un valore complessivo di alcuni milioni di euro. La costruzione degli altri due è quasi ultimata, e fra circa un mese partiranno anch’essi via mare alla volta della Francia. Ieri mattina, intanto, il primo dei due elementi, lunghi 15 metri e pesanti 140 tonnellate, che nei giorni scorsi era già stato trasferito in banchina, è stato caricato sulla nave speciale “Storm”, utilizzando il potente bigo di bordo e robuste imbragature in cavi d’acciaio, agganciate a una trave longitudinale, a sua volta collegata al bigo. Un’operazione molto delicata, curata dall’agenzia di trasporti Friultrans e seguita dai tecnici della Mangiarotti, che si è ripetuta nel pomeriggio con il secondo pre-riscaldatore. Il carico è stato poi completato con una serie di casse e altri pezzi a corredo dei due grandi elementi. Sono iniziate quindi le operazioni di rizzaggio, necessarie a far sì che durante la navigazione il carico della “Storm” non subisca pericolosi spostamenti. Ieri pomeriggio non era ancora possibile stabilire l’ora di partenza della “Storm” a causa della complessità di queste operazioni. Partenza che comunque potrebbe essere avvenuta nella notte o, al più tardi, nelle prime ore di oggi. Sarà poi necessaria una decina di giorni perchè il delicato carico arrivi a destinazione. Con una settimana di navigazione la “Storm” approderà al porto di Fos sur Mer (Marsiglia), dove i due pre-riscaldatori saranno scaricati e posti su speciali carrelli, abilitati all’utilizzo stradale. A loro volta questi carrelli (con il loro pesante carico) verranno trasferiti, per mezzo di una rampa, su un’apposita chiatta che risalirà il Rodano e in due, tre giorni di navigazione raggiungerà il porto fluviale di Saint Maurice, a pochissima distanza dalla centrale nucleare. L’ultimo, breve tratto del lungo viaggio verrà coperto con un trasporto eccezionale su strada, senza alcun ulteriore trasbordo dei due grandi elementi.

 

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VIDEO

 

da Il Piccolo del 9 luglio 2013

 

Monfalcone, mega imbarco per una centrale nucleare francese

Due enormi pre-riscaldatori dell’acqua di alimentazione per una centrale nucleare sul Rodano, costruiti a Monfalcone dalla Mangiarotti, verranno imbarcati giovedì su una nave spciale che li porterà a Marsiglia

 

di Giuseppe Palladini

Quindici metri di lunghezza, tre di diametro e un peso di 140 tonnellate. È uno dei quattro pre-riscaldatori dell’acqua di alimentazione, progettati e realizzati dalla Mangiarotti per una centrale nucleare francese del colosso energetico Edf, una commessa del valore di alcuni milioni di euro.

Due di questi enormi elementi (progettati in parte a Milano e in parte a Monfalcone) saranno imbarcati giovedì sulla nave “Storm”, che lunedì pomeriggio ha gettato le ancore in rada. Si tratta di unità lunga un centinaio di metri, progettata per il trasporto di carichi pesanti, che trasferirà appunto i due grandi elementi a Fos sur Mer (Marsiglia) da dove, caricati su una chiatta, risaliranno per qualche giorno il Rodano fino a Saint Maurice, località nei pressi della centrale nucleare di cui è in atto la manutenzione straordinaria. Gli altri due pre-riscaldatori sono quasi pronti e partiranno da Monfalcone fra circa un mese.

Dopo la spedizione dell’enorme elemento (1200 tonnellate) per la purificazione del gas in un impianto petrolifero degli Emirati arabi, realizzato a Monfalcone e partito poco più di un anno fa, l’imbarco di queste nuove realizzazioni conferma la validità della scelta logistica dell’azienda friulana che due anni or sono si è insediata nei pressi del porto di Monfalcone.

Il primo dei due pre-riscaldatori è stato trasferito in banchina nei giorni scorsi. L’altro, sempre per mezzo di un carrello speciale, è uscito dallo stabilimento nel primo pomeriggio di lunedì, e dopo un percorso di alcune centinaia di metri ha raggiunto anch’esso la banchina, dove è stato trasferito su appositi blocchi di sostegno, in attesa della operazioni di carico programmate per giovedì.

Fra qualche mese, sempre dal porto di Monfalcone, partiranno altri componenti, costruiti anche questi dalla Mangiarotti, destinati agli Stati Uniti. Si tratta di otto elementi, del peso variante fra le 70 e le 200 tonnellate, per i circuiti di due nuove centrali nucleari in fase di realizzazione negli Stati Uniti. Sono componenti di nuova generazione, sottolinea la stessa Mangiarotti, che saranno inseriti in impianti progettati dalla Westinghouse per garantire la massima sicurezza di esercizio.