NO TAV/ Foto Torino 10 maggio 2014

Circa una trentina di compagn* della Regione, posizionati in varie parti del corteo, hanno partecipato alla grande e bella manifestazione di Torino del 10 maggio 2014 “Colpevoli di Resistere” per la libertà di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò.

Il Movimento Anarchico nel suo insieme ha dato un grosso contributo alla manifestazione.

Report  TGvallesusa1 | Tgvallesusa2

torino-10-05-2014-02

 

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CIE DI GRADISCA: presentato l’esposto contro gli abusi avvenuti nel lager

 

 

Dal Piccolo

2014-05-13

MAROCCHINO MORTO AL CIE DI GRADISCA ESPOSTO IN PROCURA

TRIESTE «Abbiamo già presentato un esposto sulle circostanze che, dopo otto mesi di agonia, hanno portato alla tragica morte di Abdelmagim El Kodra, il marocchino di 34 anni precipitato dal tetto del Cie di Gradisca durante la protesta andata in scena lo scorso agosto. Un atto doveroso, perché è inammissibile che non sia fatta piena luce su quell’episodio. E a breve ne proporremo anche un altro, per chiedere risposte sul comportamento tenuto dalle autorità sanitarie nei giorni successivi al decesso dell’immigrato». Genny Fabrizio dell’associazione Tenda per la Pace e i diritti non usa giri di parole e, nella conferenza stampa alle porte del Tribunale di Gorizia convocata ieri mattina, spiega subito come l’intenzione del proprio sodalizio, così come quello degli altri firmatari dell’esposto sulla morte El Kodra,sia quello di accertare la verità dei fatti. Sia di quelli verificatisi in quella tremenda serata della scorsa estate, sia di quelli avvenuti nei giorni scorsi. La Fabrizio infatti sottolinea: «Il decesso di El Kodra è avvenuto lo scorso 30 aprile, e i cugini presenti qui in Italia sono stati avvisati solo sette giorni dopo della scomparsa del proprio parente. Perché?». «Nessuno ci ha avvisato per giorni dopo la morte di Abdelmagim – conferma il cugino di El Kodra, Abdsslam -. Vogliamo capire perché, e cosa sia successo». L’esposto già presentato, comunque, riguarda i fatti dello scorso agosto: tra i firmatari dell’iniziativa anche i parlamentari di Sel Costantino, Frattoianni e Pellegrino, e i candidati europarlamentari Casarini e Furfero (Lista Tsipras) e Alotto (Verdi), oltre a numerose associazioni che da tempo si battono per la chiusura definitiva dei Cie. «L’esposto presentato alla Procura di Gorizia – ha aggiunto la Fabrizio – vede allegate le immagini e le testimonianze relative al lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine all’interno del Cie: fatto di cui la Questura non ha mai parlato. Ma nel sopralluogo fatto assieme all’onorevole Pellegrino la mattina del 9 agosto, abbiamo ritrovato i bossoli di quei lacrimogeni. Il giorno 10 agosto abbiamo sentito nuovamente urla da parte dei migranti, che per sfuggire ai lacrimogeni stessi e poter respirare sono saliti sui tetti: tra loro c’erano anche persone che soffrivano d’asma. Due migranti hanno tentato di scappare, e tra di loro c’era Abdelmagim, che è caduto a terra ferendosi gravemente alla testa». (m.f.) di Corrado Barbacini 

 qui il comunicato della Tenda per la pace e i diritti

http://www.memoriaeimpegno.org/index.php?option=com_content&view=article&id=221:domunicato-stampa-esposto-procura-cie&catid=32

gorizia 12 maggio 2014 esposto

Due incontri sulla repressione

repressione striscione

Iniziative

contro la repressione


VENERDI’ 16 maggio

TRIESTE

al Germinal

h.19.30 buffet

h.20.30 discussione

 

SABATO 17 maggio

PORDENONE

al Prefabbrikkato

h.18 discussione

h.20 cena

 

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Funerale di Majid

Oggi si sono tenute a Monfalcone le esequie di Abdel Majid El Kodra il ragazzo marocchino morto lo scorso 30 aprile.

Protagonista delle rivolte all’interno del CIE dell’agosto dello scorso anno, non si è mai ripreso dalla caduta dal tetto del lager contro cui lottava e da cui ha cercato di fuggire.

La gestione del suo decesso è indegna di un paese civile. I suoi congiunti sono stati avvisati una settimana dopo la sua morte con una mancanza di attenzione e sensibilità che ferisce.

Oltre ai familiari, presenti circa un centinaio di persone tra migranti (la gran parte della multietnica comunità islamica monfalconese), attivisti antirazzisti e solidali, tra cui alcuni compagni anarchici.

Cordoglio, dolore e rabbia erano i sentimenti che si potevano percepire tra i presenti per la morte di questo ragazzo di neanche 35 anni.

Per quel cortocircuito della ragione che si chiama stato era Majid ad essere imputato e non coloro che lo hanno relegato fino alla morte in un lager per migranti. Lui è tragicamente scampato al procedimento giudiziario, chi ne ha indirettamente causato la morte temiamo ne uscirà con le mani pulite nonostante l’esposto depositato per i fatti accaduti al CIE da parte delle associzioni antirazziste.

Durante il funerale c’è stata una raccolta fondi per contribuire al rientro della salma in Marocco.

 

“Questo è il risultato! Questo è il risultato!” diceva un ragazzo magrebino piangendo e tenendosi la testa tra le mani.

 

Questo è il risultato di un sistema criminale di gestione dei migranti ridotti in cattività solo perché privi di un pezzo di carta.

Questo è il risultato di un sistema economico che lo stato lubrifica col sangue.

Quello che è successo a Gradisca non deve succedere più, né qui né altrove.

 

Oggi eravamo in tanti a salutare Majid.

Ce lo ricordiamo sul tetto del CIE con le braccia alzate reclamando libertà per sé e i suoi compagni di detenzione.

La sua lotta è la nostra lotta!

NO CIE! Né a Gradisca né altrove!

Un antirazzista bisiaco

 

 

Per chiunque volesse dare il proprio contributo per sostenere la famiglia di Majid è a disposizione il c/c della Tenda, vi preghiamo di segnalare la causale indicata così che si sappia che i soldi che arrivano sono per Majid.
 
Di seguito le coordinate bancarie:
 
dati per il versamento:
conto intestato a Tenda per la Pace e i Diritti
Banca: BCC Staranzano-Villesse, filiale di Staranzano
IBAN: IT 16 Q088 7764 6600 0000 0321 926
causalespese famiglia Majid
 
 
 

da Il Friuli Venezia Giulia del 10 maggio 2014

Muore in ospedale a Monfalcone il 30 aprile ma la famiglia viene avvisata solo una settimana dopo

Muore in ospedale a Monfalcone il 30 aprile ma la famiglia viene avvisata solo una settimana dopo

Gorizia – Abdel Majid, il giovane migrante di origini marocchine che era caduto dal tetto del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) durante una rivolta dello scorso 8 agosto, e che era in coma da quel giorno, è morto il 30 aprile all’ospedale di Monfalcone.

Lo comunica il 9 maggio l’associazione Tenda per la Pace e per i diritti, che denuncia come i familiari del giovane, 35 anni, siano stati avvisati del decesso solo una settimana più tardi. La stessa associazione presenta lunedì 12 maggio un esposto alle Procure di Gorizia e Roma.

“Totale assenza dei requisiti strutturali per il trattenimento di persone e la richiesta di accertamento per un possibile uso improprio della forza da parte della polizia — vedi l’utilizzo di gas lacrimogeni CS in ambienti scarsamente areati”: questa la denuncia dell’associazione.

Nella mattinata di lunedì 12 maggio, l’associazione Tenda dei Diritti e Melting Pot Europa, assieme alla campagna nazionale LasciateCIEntrare, depositeranno rispettivamente alla Procura della Repubblica di Gorizia e di Roma un esposto relativo alla rivolta e agli avvenimenti accaduti nell’agosto 2013 nel Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Gradisca d’Isonzo.

Oltre ad associazioni e cittadini, l’esposto sarà depositato anche a firma di alcuni parlamentari della Repubblica Italiana.

Tutto ha inizio l’ 8 agosto 2013, in una notte afosa: scontri, pestaggi, lanci di lacrimogeni in una struttura senza aria durano diversi giorni. In circostanze ancora da chiarire, uno dei migranti cade dal tetto e finisce in coma. Majid muore il 30 aprile 2014 all’ospedale di Monfalcone, ma la famiglia è stata avvisata solo una settimana più tardi.

 

da Il Manifesto del 12 maggio 2014

Per Majid, morto per il CIE di Gradisca

Se ne fac­ciano una ragione i poli­ti­canti di verde vestiti, che con­ti­nuano al di là di ogni logica a pro­pa­gan­darli come hotel a 5 stelle. Se ne renda conto quella massa acri­tica che  al muro di Gra­di­sca e agli altri muri d’Italia si è rapi­da­mente abi­tuata, riget­tando qual­siasi impulso a doman­darsi cosa essi nascon­dono. Di CIE si muore, e il 30 aprile 2014 un ragazzo è morto.

Non si è mossa foglia attorno a lui per mesi.  Una par­venza di movi­mento suscitò la noti­zia della sua caduta dal tetto del mostro di Gra­di­sca, ad ago­sto. Quell’agosto in cui una piog­gia di lacri­mo­geni cadde sui migranti “col­pe­voli” di voler festeg­giare la fine del Rama­dan all’aperto. Notti di ago­sto in cui i dete­nuti sali­rono sul tetto del CIE per vedere il cielo, sfug­gire all’aria impe­stata dai CS e gri­dare ad una cit­ta­dina indif­fe­rente che non ne pote­vano più di quell’isolamento.  Per un attimo sem­brava che le vite dei reclusi senza nome del CIE potes­sero avere un valore media­tico, per­ché una notte di ago­sto Majid è caduto dal tetto, ed ha bat­tuto la testa.  Per un attimo solo i riflet­tori si sono accesi sul CIE di Gra­di­sca mostran­dolo per quello che è, un luogo di nega­zione, non solo di diritti ma della vita stessa. Poi però il sipa­rio è velo­ce­mente calato. Calato su quei suc­ces­sivi giorni di caldo e ansia, in cui i com­pa­gni di sven­tura di Majid hanno cer­cato in ogni modo di rin­trac­ciare la sua fami­glia in Marocco, per­ché sem­brava che le auto­rità aves­sero altro a cui pen­sare, o forse non era così impor­tante dire ad una madre che suo figlio gia­ceva in coma in un paese straniero.

Calato sull’ospedale di Cat­ti­nara, a Trie­ste, dove i final­mente rin­trac­ciati cugini di Majid, resi­denti in Ita­lia, hanno cer­cato di fare visita al loro con­giunto e si sono tro­vati di fronte un muro fatto di buro­cra­zia e negli­genza. Per­ché, disse loro una solerte dot­to­ressa, “dall’ispettore del CIE” arri­vava l’ordine di non fare entrare nes­suno in quella stanza. Per­ché i cugini anda­vano iden­ti­fi­cati, non fosse mai che due finti cugini cer­cas­sero di vedere un ragazzo in coma per chissà quali loschi fini.

Nes­suno si curò di ren­derlo noto, come se fosse nor­male che la longa manus del CIE arri­vasse addi­rit­tura fin den­tro ad un ospe­dale, come se Majid fosse un sor­ve­gliato spe­ciale, come se ci fosse un inte­resse supe­riore da tute­lare nel tenerlo iso­lato. Nes­suno si curò nean­che di faci­li­tare la venuta del fra­tello di Majid dal Marocco. Per­ché si sa, quella fron­tiera che l’Europa difende a costo di migliaia di vite è inva­li­ca­bile, se non si pos­siede un visto. E quel visto, ai fami­liari di Majid in Marocco, nes­suno ha pen­sato di con­ce­derlo. I mesi sono pas­sati, e il silen­zio è stato il fedele com­pa­gno della lotta di Majid in un letto d’ospedale. Luci spente, per­ché gli ultimi non saranno mai i primi, non in que­sta vita.

Sei giorni prima della sua morte, abbiamo chie­sto al nuovo Pre­fetto di Gori­zia se un’indagine fosse mai stata aperta su quanto accadde la sera della caduta dal tetto. “Non mi risulta”, detto con la stessa par­te­ci­pa­zione emo­tiva che si potrebbe avere dicendo che no, sta­sera in cen­tro non c’era traf­fico. Chissà se al Pre­fetto risulta che que­sto ragazzo è morto, e se si rende conto che il CIE, diretta ema­na­zione di uno stato segre­ga­zio­ni­sta, lo ha ucciso. Chissà se ora il Pre­fetto sa spie­gare per­ché la fami­glia di Majid è stata avvi­sata della sua morte con una set­ti­mana di ritardo. Chissà se sa spie­gare per­ché è stata dispo­sta un’autopsia senza inter­pel­lare la fami­glia.  Abbiamo visto Majid qual­che giorno prima che morisse, i suoi occhi guar­da­vano un punto intan­gi­bile di uno spa­zio a noi sco­no­sciuto. Quel ragazzo descritto dai cugini come una forza della natura stava ancora lot­tando, e sicu­ra­mente non ha smesso di farlo fino all’ultimo. Noi som­mes­sa­mente abbiamo lot­tato per lui in que­sti mesi, ma non è ser­vito a tenerlo in vita. Ora lot­tare signi­fica fare in modo che di Majid ci si ricordi.

Tenda per la Pace e i Diritti, Sta­ran­zano (GO)

 

da Il Fatto quotidiano del 14 maggio 2014

Cie Gorizia, denuncia delle associazioni. “Lacrimogeni al chiuso contro migranti”

Esposto sui fatti avvenuti nel centro di Gradisca nell’agosto 2013. Denunciato l’uso di gas urticanti per sedare una protesta in cui morì un cittadino marocchino – dopo 9 mesi di coma – e il generale abuso di psicofarmaci

Cie Gorizia, denuncia delle associazioni. “Lacrimogeni al chiuso contro migranti”

Si sentono le urla dei migranti e i colpi di tosse. Si vedono i bossoli dei lacrimogeni Cs, gas altamente urticanti, vietati in operazioni militari ma non per ristabilire l’ordine pubblico. I loro effetti al chiuso sono raddoppiati. La polizia li ha sparati all’interno del Centro d’identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo, Gorizia, per sedare una rivolta. È l’agosto del 2013. La sommossa dei migranti ha devastato la struttura tanto che, a novembre, il Cie è stato chiuso (e lo è tuttora, anche se sono terminati, a quanto risulta alle associazioni, i lavori di restauro). Scampoli di quella ribellione sono stati registrati dal telefonino di un trattenuto. Immagini rubate: secondo un’ordinanza in vigore dal 2011 (poi revocata il 16 agosto, proprio a seguito delle rivolte) a Gradisca, e solo qui, nessuno può avere un telefonino. Da questi documenti le associazioni la Tenda per la pace e i diritti, insieme a Melting Pot Europa e ai promotori della campagna LasciateCientrare sono partiti per scrivere un esposto, depositato il 12 maggio alla procura di Gorizia e a quella di Roma e il 13 maggio anche a Napoli, Genova e Palermo. “Chiediamo che la magistratura apra un’inchiesta per accertare quanto è accaduto”, dichiara Gabriella Guido, portavoce di LasciateCientrare.

Durante quegli scontri, Majid El Kobra, marocchino, fece un volo dal tetto del Cie, occupato dai migranti in segno di protesta dopo l’inizio degli scontri, l’8 agosto 2013. Ancora non è chiara la dinamica dell’incidente, fatto sta che El Kodra è stato in coma dal giorno della caduta fino alla sua morte, il 30 aprile 2014. L’ultimo, finora, dei migranti morti in un Cie. “Majid è morto per legittima difesa o per abuso di potere?”, si chiede la portavoce di LasciateCientrare. Una sentenza del Tribunale di Crotone del dicembre ha infatti assolto tre migranti dall’accusa di danneggiamento del Cie in quanto il loro comportamento era da definirsi “di legittima difesa”. Il timore delle associazioni è che Gradisca possa riaprire e che tutto questo possa ricominciare.

La dinamica degli scontri è stata ricostruita attraverso le immagini raccolte dalle associazioni e le testimonianze di Serena Pellegrino (Deputato alla Camera, Sel), Matteo Negrari (Assessore del Comune di Staranzano) e di due attivisti dell’associazione la Tenda per la pace e i diritti. “La notte dell’8 agosto alcuni trattenuti mostravano vistose fasciature sulle mani, denunciando di aver subito violenze da parte delle forze dell’ordine – si legge nell’esposto – altri raccontavano di esser stati costretti a infrangere uno dei plexiglass di contenimento della ‘vasca’ (il cortile interno del Cie, ndr) per consentire a uno dei trattenuti, affetto da asma, di riprendere conoscenza dopo esser svenuto a causa dell’aria divenuta irrespirabile a causa dei gas”.

Tutto è partito la notte dell’8 agosto. I migranti volevano festeggiare il Bairam, la festa della rottura del digiuno durante il Ramadan. La polizia aveva loro accordato di restare in cortile, salvo poi intimare ai trattenuti di entrare nelle celle. È la miccia che innesca gli scontri: la polizia comincia a lanciare i lacrimogeni, i migranti salgono sul tetto per cercare di comunicare con l’esterno. “Puntualmente interpellati – continua l’esposto – i rappresentanti della Questura e della Prefettura di Gorizia non negavano i fatti avvenuti ma ne minimizzavano la gravità, qualificando quanto occorso come una “banale colluttazione”; nessuna parola veniva spesa sul lancio di lacrimogeni Cs, nonostante l’On. Pellegrino avesse con sé i bossoli che ne testimoniavano incontrovertibilmente l’utilizzo”.

Le associazioni hanno anche denunciato l’abuso di psicofarmaci somministrati ai trattenuti all’interno del Cie e Gianni Cavallini, dirigente del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda sanitaria Isontina, in una relazione del 14 agosto 2013 scrive che il Cie “non possiede al momento i requisiti strutturali e funzionali per accogliere ospiti; considerato, peraltro, il rischio di malattie infettive e/o contagiose, si ritiene che proprio il mancato efficiente ricambio d’aria rappresenti un importante fattore di rischio di contaminazione e propagazione di tali patologie”.

 

San Giorgio di Nogaro/ Iniziativa per il libro su Federico Tavan

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Martedì 13 maggio ad Udine davanti alla ex chiesa di san francesco si è svolto un

Presidio/volantinaggio di contestazione a Vicino e Lontano

 

di seguito il volantino distribuito

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E’ uscito il n.119 di Germinal!

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Germinal. Il Primo maggio 2014 è uscito il n. 119 di Germinal – giornale anarchico e libertario di Trieste, Friuli, Isontino, Veneto, Slovenia e …

In questo numero, di 32 pagine a due colori, trovano spazio numerosi argomenti che muovono dalle attività e riflessioni di compagne e compagni di un’area geografica che si proietta al di là dei propri angusti confini.

In primo piano considerazioni sulle importanti lotte in corso: contro il TAV in Val di Susa (e conseguente repressione), contro le semine OGM nel pordenonese, contro il MUOS in Sicilia. L’antirazzismo emerge con forza nelle ribellioni dei CIE, in particolare a Gradisca (Gorizia).

Energia, clima, devastazione del territorio sono le urgenze derivanti da esperienze concrete, come la centrale a carbone di Monfalcone, e dalla difesa di un parco a Rovigo. Elaborazioni e realizzazioni nell’ambito dell’educazione libertaria si stanno sviluppando nella Rete di diverse scuole e nei progetti della Comune Urupia, vicina per le collaborazioni con i gruppi regionali.

In Slovenia, dopo le grandi mobilitazioni di più di un anno fa, si sta attuando una vendetta dello Stato contro il movimento popolare e i gruppi libertari. Anche nella Bosnia le ribellioni sociali hanno conosciuto una stagione viva e sorprendente mentre prosegue una campagna di solidarietà con le popolazioni  della regione di Srebrenica che punta a sostenere l’allevamento con una sorta di “transumanza” di animali dal Trentino.

Da Udine arrivano la pratica dell’antisessismo e la denuncia del controllo totale con telecamere e altri strumenti. La tecnologia oppressiva può essere rovesciata anche con le crescenti capacità di compagn*i che ruotano attorno agli Hackmeeting, tra cui il prossimo, in giugno, a Bologna.

La Prima Guerra Mondiale e la polemica con i pochi interventisti libertari ci rimanda all’eterno problema del “male minore” per gli anarchici. Oggi, come un secolo fa, siamo idealmente al di fuori di ogni Stato, ma inevitabilmente dentro i conflitti tra i vari poteri internazionali e armati. Ancora sono da scoprire i legami tra esponenti sloveni e anarchismo regionale: ora tocca alle memorie di Golouh, militante nel 1907 del Gruppo Germinal di Trieste, e poi protagonista della politica socialista a Lubiana.

Per settimane una nave libertaria di carta, la Potemkin, costruita in un cantiere artistico regionale, ha sorpreso i visitatori della Biennale di Venezia: un’esperienza creativa che ha disturbato i vertici della Biennale, solo a parole aperti alla sperimentazione.

Inoltre: il grido di Marco Camenish, ecologista militante da quasi venti anni in galera; le incredibili infiltrazioni poliziesche nei movimenti; il razzismo dei poteri “democratici” e tanto altro.

Invitiamo lettrici e lettori a sottoscrivere l’abbonamento annuo di 10 euro e i diffusori a comunicarci il numero di copie che desiderano ricevere (il costo indicato in copertina è di 2 euro)

Per i versamenti utilizzare il ccp 16 52 53 47 intestato a Germinal c/o Centro studi libertari – Trieste, specificando la causale. E-mail: germinal@germinalonline.org

 

In regione viene diffuso dai gruppi e compagn* di Trieste (Gruppo Anarchico Germinal), Isontini (Coordinamento Libertario Isontino), Udine (Affinità Libertarie e Centro Sociale Autogestito in esilio), Friuli (Dumbles e Gruppo per l’Ecologia sociale) e Pordenone (Circolo Zapata).

 

A Trieste oltre che nella sede del Germinal in via del bosco 52a lo trovi anche presso:

Libreria Indertat v.Diaz 22 

Emporio Ecologico La Raganella in Cavana

Bottega del Mondo v.Torrebianca 22

Edicola in p.Tommaseo

 

 

UDINE/ Volantino anticarcerario sulla legalità

Volantino delCoordinamento Contro il Carcere e la Repressione di Udine distribuito questa mattina alle/agli studentesse/studenti costretti dall’isituzione totale della scuola a sentire la propaganda legalitaria di Vicino/Lontano con Hon$Hell, Pirone, Ciotti, Di Piazza e la direttrice del carcere.

 

Io preferisco


uguaglianza e giustizia


Oggi vi verrà insegnato questo:

 

“solo nell’ambito definito dalle regole sociali, è anche possibile progettare
la piena realizzazione di sé”.

I CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione
(strutture denunciate da Amnesty International più e
più volte per l’intrinseca violazione dei diritti umani
ivi perpetrata) sono stati creati dallo Stato e sono
quindi legali: rientrano cioè “nell’ambito definito delle
regole sociali”. Le stesse regole che peraltro, fino a un
mese fa, paragonavano un immigrato clandestino a un
qualsiasi criminale. Sono legali, eppure non mi portano
alla “piena realizzazione di me”. Anzi, mi fanno schifo.
Il mancato riconoscimento di sé nell’equazione
legalità=giustizia ha colpito e colpisce molti.

 

Nel secolo scorso, durante il nazismo e il fascismo (regimi entrambi
legali in quanto democraticamente eletti –Germania– o
almeno riconosciuti dalle autorità pre regime –Italia–)
molti giovani hanno illegalmente disertato il servizio di
leva per unirsi alle bande partigiani, che, manco a dirlo,
erano anch’esse illegali.

Nei civilissimi Stati Uniti del secondo dopoguerra
l’afroamericana Rosa Parks, per un terribile dolore ai
piedi e una ancora più irrefrenabile voglia di giustizia,
è rimasta illegalmente seduta sull’autobus in un posto
riservato ai bianchi. Ha pagato l’affronto con il carcere:
l’apartheid era istituzionalizzata e fu solo in seguito
a marce (per lo più illegali) e boicottaggi da parte
della comunità nera che la Corte Suprema degli Stati
Uniti d’America nel 1956 decretò incostituzionale la
segregazione sui pullman pubblici dell’Alabama (però
solo nel 1968 qualsiasi forma di segregazione razziale
venne abolita).

In Sudafrica, durante le battaglie contro la l’apartheid
(legale fino al 1994), molti attivisti e lo stesso Nelson
Mandela effettuarono diversi sabotaggi (ovviamente
illegali) contro obiettivi strategici.
Gli esempi nel passato sono molti (in Italia potremmo
ricordare le lotte contro la pena di morte e l’obbligo del
servizio militare, entrambi aboliti in seguito a rifiuti –più
o meno legali– da parte della società civile), e nessuno
di noi oggi si sognerebbe si sostenere quella legalità.
Ma si può comodamente definirli errori del passato.

Ma oggi? Oggi la legalità è giustizia?

In Israele, Stato da molti definito “faro di democrazia
nel Medioriente”, esiste uno stato di diritto diverso per
cittadini israeliani ebrei e cittadini israeliani arabi.
Legalmente razzisti. Illegali sono invece i lanci di pietre
contro le continue incursioni dell’esercito israeliano nei
territori palestinesi: 210 minorenni (dai 10 anni in su)
palestinesi sono rinchiusi nelle carceri per aver resistito
ai raid (o anche per molto meno, in realtà).

Negli ultimi anni l’Italia ha preso parte a diversi conflitti,
inviando soldati o fornendo supporto strategico: civili
afghani, iracheni o libanesi sono tutti morti nel pieno
rispetto della legalità. Illegale è invece la diserzione e
anche, più semplicemente, l’invito a disertare (punibile
con il carcere). E nell’Italia della crisi economica un
imprenditore può legalmente imporre contratti di lavoro
sempre più simili allo sfruttamento (pena la delocalizzazione
della fabbrica), ma scioperi e sit-in continuativi
sotto la fabbrica da parte degli operai sono illegali e
per questo vengono soffocati dalla polizia (illuminante i
caso dei lavoratori Granarolo).

Che dire poi di leggi come la Fini-Giovanardi che
equiparava droghe pesanti e leggere, dichiarata incostituzionale
dopo nove anni dalla sua promulgazione. A
tutte quelle migliaia di persone a cui ieri è stata rovinata
la vita resta la magra consolazione di vedere oggi
riconosciuta l’incostituzionalità della legge che li ha
portati in carcere.

 

Confondere concetti quali legalità e giustizia, norme
imposte e norme condivise, significa legittimare e perpetuare
un sistema che poco ha a che fare con l’espressione
di una collettività intera e la tutela del più debole.

Parafrasando Brecht, restiamo convinti che quando la
legalità diventa ingiustizia, l’illegalità diventa dovere.

Coordinamento contro il carcere e la repressione, Udine
anticarcerariaudine@inventati.org


FIP in via Spalato 20, Udine – maggio 2014 FIP in via Spalato 20, Udine – maggio 2014 FIP in via Spalato 20, Udine – maggio 2014

 

 

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REPRESSIONE NO TAV/ Il PM inventa le accuse, il suo autista inventa l’aggressione …

Che figura di merda.

rinaudo

Il PM Rinaudo, bisogna dirlo, ha veramente una brutta faccia e, sempre di più, una pessima fama … e un autista degno di lui 

 

16 maggio 2014

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/05/15/news/no_tav_accusati_di_terrorismo_la_cassazione_rimanda_gli_atti_al_tribunale_della_libert-86271907/?ref=HRER2-2

 

http://torino.repubblica.it/cronaca/2014/05/16/news/la_procura_annullamento_tecnico_l_accusa_di_terrorismo_regge-86273504/

 

http://anarresinfo.noblogs.org/2014/05/16/cassazione-cade-laccusa-di-terrorismo-per-i-no-tav/ 

 

http://www.tgvallesusa.it/?p=8463

 

http://www.notav.info/post/scibona-rinaudo-venga-rimosso-da-pm-incaricato-delle-indagini-sui-no-tav/

 

TRIESTE/In difesa dei servizi educativi

Giovedì 15 maggio si è svolta una manifestazione autorganizzata dalle lavoratici e dai lavoratori dei servizi educativi nel Comune di Trieste sotto il Consiglio comunale…

 

Per la difesa dei servizi educativi pubblici di Trieste

Contro i tagli e la privatizzazione

 

m trieste15

 

Un centinaio di persone hanno partecipato, giovedì 15 maggio, alla manifestazione organizzata da un gruppo di educatori ed educatrici precarie del Comune di Trieste per la difesa dei servizi educativi del Comune: ricreatori (per chi non lo sapesse sono strutture dedicate a bambini/e e ragazzi/e dai 6 ai 18 anni in cui può essere praticato gioco libero, attività ludiche e sportive, sostegno nei compiti scolastici, ecc.), asili nido e scuole dell’infanzia. In particolare i ricreatori sono il servizio con più personale precario: quasi la metà infatti di coloro che vi lavorano quotidianamente hanno contratti a scadenza media, breve e brevissima e sono a rischio costante di essere lasciati a casa da un anno all’altro (i più fortunati…).

Quindi è il servizio che ad oggi rischia maggiormente riduzioni e tagli pesanti.

In particolare quest’anno, dopo i roboanti proclami dell’Assessore al personale, che annunciavano l’assunzione di duecento persone nell’area educazione del Comune, la Giunta comunale, alla fine di marzo, si è trovata di fronte ad una sentenza della Corte Costituzionale che dichiarava illegittimi tutti i contratti stipulati nel pubblico impiego a livello regionale dal 2011 ad oggi. La Regione si è attivata immediatamente… imponendo agli enti locali di bloccare tutti i nuovi contratti per un periodo indefinito. E il Comune non ha fatto altro che adeguarsi, bloccando a sua volta quasi tutti i contratti di supplenza nei ricreatori (continuano ad essere stipulati solo quelli, a brevissima scadenza, necessari affinché i servizi non vengano chiusi del tutto).

Un corto circuito istituzionale, hanno detto. La conseguenza di ciò è che c’è il serio rischio che vengano lasciati a casa, da qui a settembre, centinaia di lavoratori e lavoratrici e che ciò si ripercuota pesantemente su chi usufruisce dei servizi educativi.

La manifestazione di giovedì aveva l’obiettivo di fare pressione sul Consiglio comunale affinché fosse approvata una delibera che valutasse i servizi educativi del Comune come essenziali ed infungibili, in modo da continuare ad assumere a tempo determinato il personale, derogando ai limiti imposti dalla legislazione nazionale. Un primo passaggio questo – infatti il passaggio fondamentale è dato dal cambio dello Statuto del Comune – ma significativo, perché poi non vi sia possibilità di alibi o giustificazioni da parte di coloro che governano questa città.

La mozione è stata approvata all’unanimità grazie alla presenza attiva in aula di una quarantina di lavoratori e lavoratrici e molte altre persone solidali sotto il Comune, ma più della delibera in sè è importante il fatto che attorno all’essenzialità e all’inderogabilità dei servizi educativi vi sia attenzione e solidarietà da parte di una fetta consistente di questa città.

Un grosso sostegno alla manifestazione e all’intera mobilitazione è stato accordato dall’Unione Sindacale di Base, senza il cui apporto sarebbe stato impossibile arrivare a un risultato positivo come questo.

La lotta per la salvaguardia dei servizi educativi, contro la loro privatizzazione e contro i licenziamenti di massa è solo ai primi passi e la strada è ancora molto lunga, ma è iniziata con il piede giusto.

 

frà precario

San Giorgio di Nogaro/ Verso Tepee tal Parco 2014

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