UDINE/ Volantino anticarcerario sulla legalità

Volantino delCoordinamento Contro il Carcere e la Repressione di Udine distribuito questa mattina alle/agli studentesse/studenti costretti dall’isituzione totale della scuola a sentire la propaganda legalitaria di Vicino/Lontano con Hon$Hell, Pirone, Ciotti, Di Piazza e la direttrice del carcere.

 

Io preferisco


uguaglianza e giustizia


Oggi vi verrà insegnato questo:

 

“solo nell’ambito definito dalle regole sociali, è anche possibile progettare
la piena realizzazione di sé”.

I CIE, Centri di Identificazione ed Espulsione
(strutture denunciate da Amnesty International più e
più volte per l’intrinseca violazione dei diritti umani
ivi perpetrata) sono stati creati dallo Stato e sono
quindi legali: rientrano cioè “nell’ambito definito delle
regole sociali”. Le stesse regole che peraltro, fino a un
mese fa, paragonavano un immigrato clandestino a un
qualsiasi criminale. Sono legali, eppure non mi portano
alla “piena realizzazione di me”. Anzi, mi fanno schifo.
Il mancato riconoscimento di sé nell’equazione
legalità=giustizia ha colpito e colpisce molti.

 

Nel secolo scorso, durante il nazismo e il fascismo (regimi entrambi
legali in quanto democraticamente eletti –Germania– o
almeno riconosciuti dalle autorità pre regime –Italia–)
molti giovani hanno illegalmente disertato il servizio di
leva per unirsi alle bande partigiani, che, manco a dirlo,
erano anch’esse illegali.

Nei civilissimi Stati Uniti del secondo dopoguerra
l’afroamericana Rosa Parks, per un terribile dolore ai
piedi e una ancora più irrefrenabile voglia di giustizia,
è rimasta illegalmente seduta sull’autobus in un posto
riservato ai bianchi. Ha pagato l’affronto con il carcere:
l’apartheid era istituzionalizzata e fu solo in seguito
a marce (per lo più illegali) e boicottaggi da parte
della comunità nera che la Corte Suprema degli Stati
Uniti d’America nel 1956 decretò incostituzionale la
segregazione sui pullman pubblici dell’Alabama (però
solo nel 1968 qualsiasi forma di segregazione razziale
venne abolita).

In Sudafrica, durante le battaglie contro la l’apartheid
(legale fino al 1994), molti attivisti e lo stesso Nelson
Mandela effettuarono diversi sabotaggi (ovviamente
illegali) contro obiettivi strategici.
Gli esempi nel passato sono molti (in Italia potremmo
ricordare le lotte contro la pena di morte e l’obbligo del
servizio militare, entrambi aboliti in seguito a rifiuti –più
o meno legali– da parte della società civile), e nessuno
di noi oggi si sognerebbe si sostenere quella legalità.
Ma si può comodamente definirli errori del passato.

Ma oggi? Oggi la legalità è giustizia?

In Israele, Stato da molti definito “faro di democrazia
nel Medioriente”, esiste uno stato di diritto diverso per
cittadini israeliani ebrei e cittadini israeliani arabi.
Legalmente razzisti. Illegali sono invece i lanci di pietre
contro le continue incursioni dell’esercito israeliano nei
territori palestinesi: 210 minorenni (dai 10 anni in su)
palestinesi sono rinchiusi nelle carceri per aver resistito
ai raid (o anche per molto meno, in realtà).

Negli ultimi anni l’Italia ha preso parte a diversi conflitti,
inviando soldati o fornendo supporto strategico: civili
afghani, iracheni o libanesi sono tutti morti nel pieno
rispetto della legalità. Illegale è invece la diserzione e
anche, più semplicemente, l’invito a disertare (punibile
con il carcere). E nell’Italia della crisi economica un
imprenditore può legalmente imporre contratti di lavoro
sempre più simili allo sfruttamento (pena la delocalizzazione
della fabbrica), ma scioperi e sit-in continuativi
sotto la fabbrica da parte degli operai sono illegali e
per questo vengono soffocati dalla polizia (illuminante i
caso dei lavoratori Granarolo).

Che dire poi di leggi come la Fini-Giovanardi che
equiparava droghe pesanti e leggere, dichiarata incostituzionale
dopo nove anni dalla sua promulgazione. A
tutte quelle migliaia di persone a cui ieri è stata rovinata
la vita resta la magra consolazione di vedere oggi
riconosciuta l’incostituzionalità della legge che li ha
portati in carcere.

 

Confondere concetti quali legalità e giustizia, norme
imposte e norme condivise, significa legittimare e perpetuare
un sistema che poco ha a che fare con l’espressione
di una collettività intera e la tutela del più debole.

Parafrasando Brecht, restiamo convinti che quando la
legalità diventa ingiustizia, l’illegalità diventa dovere.

Coordinamento contro il carcere e la repressione, Udine
anticarcerariaudine@inventati.org


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