Marzo 17th, 2017 — General, No OGM
Dal messaggero veneto del 24/09/13
PORDENONE Parte dal piccolo Comune di Tramonti di Sotto la nuova battaglia istituzionale contro la semina Ogm in Friuli Venezia Giulia. Con una delibera approvata a maggioranza, l’amministrazione si proclama “Comune libero da produzioni agricole transgeniche”, facendo proprio un documento di Legambiente. «La delibera, che ha ovviamente un valore simbolico – spiega l’assessore all’ambiente e alle attività produttive, Gregorio Piccin – sarà inviata alla Regione oltre che all’associazione intercomunale di cui facciamo parte (ndr con Maniago capofila) e all’Anci (l’associazione dei Comuni), sperando che tutti i Comuni la adottino». Il documento arriva – non a caso – il giorno dopo l’iniziativa del Coordinamento per la tutela della Biodiversità in Friuli Venezia Giulia assieme all’attivista Vandana Shiva durante Pordenonelegge. (m.m.)
Protesta anti-Fidenato: «Il mais geneticamente modificato favorisce la celiachia»
«Il mais geneticamente modificato aumenta la sindrome della celiachia: no all’Ogm nel campo di Fidenato a Vivaro». Giovanna Casalini ha lanciato l’appello a Pordenonelegge, domenica scorsa, per il gruppo pordenonese di celiaci. Con il Coordinamento per la tutela della biodiversità Fvg, ha chiesto alla Regione di sequestrare e distruggere il raccolto, a base di mais transgenico, in agenda il 5 ottobre. «La celiachia – ha detto la Casalini che è molto attiva anche nel comitato contro le biomasse – è una patologia autoimmune sempre più diffusa tra la popolazione. Circa 135mila nuovi casi ogni anno: buona parte dovuti all’alimentazione di pasta fatta con il mais geneticamente modificato. L’80% di pasta che mangiamo è prodotta con mais che arriva dagli Usa: stop agli Ogm nelle campagne di casa nostra». L’intolleranza al glutine, una sostanza che si forma dall’unione di due proteine per mezzo dell’acqua, è la sindrome in aumento anche nel Pordenonese. I celiaci, in genere, non possono consumare i cereali che contengono questa sostanza: frumento, orzo e segale. Tra i più noti sintomi della celiachia vi sono i disturbi dell’apparato digerente in genere, gonfiore addominale, ma anche vomito e diarrea, disturbi dell’umore e spossatezza. «A tutto questo, ora si aggiunge anche il rischio di sviluppare una forma di tumore del sangue – indica Casalini – il “linfoma”. L’alimentazione deve essere sana». (c.b.)
Dal Messaggero Veneto del 23/09/13
«Dietro gli ogm c’è solo caccia ai soldi»
PORDENONE «Eliminare il mais di Fidenato entro il 5 ottobre». Terre “free” dagli Ogm e stop alla legge regionale di coesistenza: l’ultimatum è partito da Pordenonelegge per Vivaro. Dove cresce il mais dai semi Monsanto 810: ieri, il Coordinamento per la tutela della biodiversità Fvg ha fatto il punto in due step con Vandana Shiva, leader indiana dell’eco-rivoluzione. Prima nel palatenda della Provincia e poi, sull’erba del parco San Valentino. «E’ illegale il raccolto di Fidenato – l’eco-scienziata che combatte le multinazionali come Monsanto ha appoggiato il fronte no-Ogm di Aiab-FVvg, Aprobio, Ctb, Isde, Legambiente Fvg e Wwf-Fvg -. Dobbiamo promuovere leggi di salvaguardia del territorio libero da Ogm». L’eco-rivoluzione è guidata dal cuore e dall’amore per il cibo naturale, i semi senza brevetti industriali, l’acqua, la libertà dei popoli, la biodiversità e la terra. «Ritorno alla terra»: lo ha predicato, intervistata da Valeria Palumbo a Pordenonelegge e nel faccia a faccia con il popolo no-Ogm. «Abbraccia il tuo nemico e agisci per cambiare la legge – è gandhiana la teoria della nuova ecologia sociale -. La globalizzazione ha generato una nuova schiavitù. E’ una guerra contro la natura, contro le donne, contro i bambini, contro i poveri. E’ una guerra di culture monolitiche contro la diversità. Agent Orange, l’agente chimico che fu spruzzato sul Vietnam, è usato come erbicida». E ancora: «Dobbiamo fare pace con la Terra perché è l’unico modo di proteggere i diritti umani». Vandana Shiva denuncia l’uso degli Ogm da parte di multinazionali come Monsanto: influendo sui governi ha cercato di affermare come colture predominanti le proprie. «Salviamo i semi, fonte preziosa e libera di vita – ha creato il gruppo Navdanya (“Nove semi”) nel 1991 con succursale a Firenze -. Un mondo fatto da semi creati per distruggersi, semi che producono una sola volta senza dare vita ad altre generazioni, perché creati e brevettati per non farlo, non è un mondo sano. E’ un mondo sotto scacco delle corporation, con l’obiettivo chiaro della caccia al denaro: senza limiti e contro natura». Chiara Benotti
22/09/13
Arriva Vandana Shiva, protesta anti-Ogm
La protesta anti-Ogm approda a Pordenonelegge. Come aveva annunciato dopo la manifestazione di Vivaro, il coordinamento per la tutela della Biodiversità in Friuli Venezia Giulia oggi sarà a Pordenone. Prima all’appuntamento con Vandana Shiva – premio Nobel indiano divenuta un punto di riferimento nel mondo per la lotta al sostegno della biodiversità – programmato a Pordenonelegge e poi, alle 17.30, terrà una conferenza stampa con la stessa attivista . «Il coordinamento tutela biodiversità assieme ad associazioni ambientaliste e di categoria chiederà a Vandana Shiva – si legge in una nota – di essere la prima firmataria di un appello in cui si per ribadisce la nostra contrarietà agli Ogm in agricoltura e per forzare la Regione e il Governo italiano ad impedire l’introduzione degli Ogm sul territorio». Le richieste saranno: «Che i semi, siano considerati beni comuni (perché alla base del concetto di sovranità alimentare) e quindi siano proprietà di tutti; che venga considerata la necessità di continuare e implementare lo scambio di varietà autoctone e antiche e che non siano assoggettate a nessun brevetto», che i Comuni aderiscano alla campagna Ogm Free, che vengano distrutte le coltivazioni seminate. (m.m.)
Marzo 17th, 2017 — General, Uncategorized
Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4
st1\:*{behavior:url(#ieooui) } /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:”Tabella normale”; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-parent:””; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; font-family:”Times New Roman”; mso-ansi-language:#0400; mso-fareast-language:#0400; mso-bidi-language:#0400;}
Di seguito prima gli aggiornamenti della Tenda per la Pace e i diritti e di seguito la rassegna stampa.
22/09 Dal CIE: “Verso le 3 del mattino 3 persone sono riuscite a scappare , ma una di loro è rimasta ferita in modo grave. Più tardi c’è stato un altro tentativo di fuga, bloccato dalla polizia. Ci sono poi stati violenti scontri con la polizia, ci sono due feriti: uno con 3 punti di sutura al viso e l’altro con contusioni al braccio e al ginocchio”
21/09 Da questa notte sono riprese le agitazioni all’interno del CIE di Gradisca d’Isonzo, le persone sono tornate sul tetto, la “causa scatenante” sembra essere stata ancora una volta la convalida ad una persona che chiede volontariamente il rimpatrio e gli viene “promesso” di settimana in settimana di esser mandato via. Durante la notte sono state tolte, da parte dei trattenuti, la maggior parte delle reti che chiudono dall’alto le gabbie. La polizia in tenuta antisommossa era sul tetto.
ore 14.30 un operatore della RAI è davanti al CIE vede del fumo, ma non sappiamo ancora l’origine (se incendio o gas lacrimogeni) all’operatore viene impedito di filmare ed è stato identificato. Le persone sono ancora sul tetto.
Dal Piccolo
23/09/13
Sedie contro gli agenti, tre evasi al Cie
di Luigi Murciano GRADISCA Il Cie di Gradisca è un colabrodo. Dopo un’evasione avvenuta nella giornata di sabato, altri tre immigrati sono riusciti a far perdere le proprie tracce nella notte successiva. All’interno della struttura isontina sono state, ancora una volte, ore turbolente. Una vera e propria rivolta all’ex caserma Polonio con gli ospiti che si sono alternati nell’occupazione del tetto della struttura, spaccando anche le ringhiere. E alla fine tre clandestini ce l’hanno fatta a scappare, un’evasione in pieno stile western: con delle corde improvvisate, infatti, hanno preso al lazo la ringhiera esterna e con un perfetto passaggio alla marinara sono riusciti a transitare dall’altra parte e darsi alla macchia dopo un salto nel vuoto di 4 metri. Il tutto mentre il contingente dei più facinorosi faceva arretrare dalle loro postazioni militari e poliziotti con lanci di sedie, bottiglie riempite di sassi trovati nel cantiere che, ironia della sorte, dovrebbe ripristinare la sicurezza nelle sezioni danneggiate. Il tutto è durato fino all’alba e la tensione non è scemata neppure nella giornata di ieri. «Nulla cambierà finché non saranno riparate le reti che impediscono la salita sui tetti e le uscite in massa degli ospiti. Il centro è in mano loro» protestano forze dell’ordine e operatori. I dipendenti della Connecting People, l’ente gestore del Cie, fra l’altro non ricevono lo stipendio da tre mesi. La causa dei disordini è stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli immigrati, che successivamente alla notifica del provvedimento si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. L’uomo, che aveva richiesto il rimpatrio volontario, dovrebbe ora essere rilasciato nella giornata di martedì. Così perlomeno gli sarebbe stato assicurato. Di certo in appoggio all’immigrato, che si è anche procurato un taglio piuttosto serio ad un braccio, è scaturita la notte scorsa anche la protesta dei compagni. Un gruppo di ospiti aveva divelto gran parte delle reti che avvolgono le cosiddette vasche di contenimento esterne alle camerate, e fra queste anche la rete che inibiva l’accesso al tetto del Cie, già teatro delle proteste di agosto. La polizia ha raggiunto i tetti, ma non vi sono stati scontri né uso di lacrimogeni per ripristinare le condizioni di sicurezza. Le nuove proteste degli immigrati arrivano a poche ore dalla risposta all’interpellanza della deputata Serena Pellegrino (Sel) al governo Letta sulle condizioni di vita all’interno della struttura. «Il Cie di Gradisca d’Isonzo e tutti i Cie d’Italia vanno completamente ripensati: attraverso un percorso parlamentare è necessario riconsiderare le modalità di funzionamento, i servizi necessari, i criteri per gli appalti» la risposta da parte del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, all’iniziativa della Pellegrino. Situazione del Cie isontino che, pochi giorni fa, il presidente della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani, il senatore Luigi Manconi, aveva definito «illegale». «Ho ribadito nel mio intervento – spiega la deputata di Sel – che la permanenza a 18 mesi del trattenimento pone il nostro Paese al di fuori del consesso giuridico internazionale. La fuga dal Cie, è bene ricordarlo, per il nostro ordinamento non costituisce reato. Siamo pronti alla discussione in aula per rivedere le norme che regolano i Cie e l’intero impianto della legge Bossi-Fini. Non è un problema di risorse, per i Cie italiani sono già previsti interventi per 55 milioni di euro. Si tratterebbe solo di utilizzarli al meglio».
22/09/13
Nuove tensioni all’ex Polonio Gli ospiti tornano sul tetto
TRIESTE Torna a salire la tensione all’interno del Cie di Gradisca. La scorsa notte un gruppo di immigrati ha occupato nuovamente il tetto della struttura isontina, già teatro nelle scorse settimane di accese proteste e indicenti. Ad accendere la miccia questa volta, ha riferito la parlamentare di Sel Serena Pellegrino, sarebbe stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli ospiti che, dopo aver ricevuto l’infelice notizia, si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. E proprio per manifestare solidarietà al diretto interessato, un gruppetto di stranieri ha inscenato la protesta sul tetto, poi rientrata nel corso delle ore successive. Le difficili condizioni di vita all’interno dell’ex Polonio saranno al centro del dibattito intitolato “Cie, se lo conosci lo chiudi. Nuove politiche per l’accoglienza e l’immigrazione”, organizzato oggi alle 18 ad Aiello del Friuli nell’ambito della “Festa giusta” promossa dagli esponenti Sel del Friuli Venezia Giulia.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Ecco gli aggiornamenti della tenda della Pace e i diritti, di seguito la rassegna stampa.
22/09 Dal CIE: “Verso le 3 del mattino 3 persone sono riuscite a scappare , ma una di loro è rimasta ferita in modo grave. Più tardi c’è stato un altro tentativo di fuga, bloccato dalla polizia. Ci sono poi stati violenti scontri con la polizia, ci sono due feriti: uno con 3 punti di sutura al viso e l’altro con contusioni al braccio e al ginocchio”
21/09 Da questa notte sono riprese le agitazioni all’interno del CIE di Gradisca d’Isonzo, le persone sono tornate sul tetto, la “causa scatenante” sembra essere stata ancora una volta la convalida ad una persona che chiede volontariamente il rimpatrio e gli viene “promesso” di settimana in settimana di esser mandato via. Durante la notte sono state tolte, da parte dei trattenuti, la maggior parte delle reti che chiudono dall’alto le gabbie. La polizia in tenuta antisommossa era sul tetto.
ore 14.30 un operatore della RAI è davanti al CIE vede del fumo, ma non sappiamo ancora l’origine (se incendio o gas lacrimogeni) all’operatore viene impedito di filmare ed è stato identificato. Le persone sono ancora sul tetto.
Dal Piccolo
23/09
Sedie contro gli agenti, tre evasi al Cie
di Luigi Murciano GRADISCA Il Cie di Gradisca è un colabrodo. Dopo un’evasione avvenuta nella giornata di sabato, altri tre immigrati sono riusciti a far perdere le proprie tracce nella notte successiva. All’interno della struttura isontina sono state, ancora una volte, ore turbolente. Una vera e propria rivolta all’ex caserma Polonio con gli ospiti che si sono alternati nell’occupazione del tetto della struttura, spaccando anche le ringhiere. E alla fine tre clandestini ce l’hanno fatta a scappare, un’evasione in pieno stile western: con delle corde improvvisate, infatti, hanno preso al lazo la ringhiera esterna e con un perfetto passaggio alla marinara sono riusciti a transitare dall’altra parte e darsi alla macchia dopo un salto nel vuoto di 4 metri. Il tutto mentre il contingente dei più facinorosi faceva arretrare dalle loro postazioni militari e poliziotti con lanci di sedie, bottiglie riempite di sassi trovati nel cantiere che, ironia della sorte, dovrebbe ripristinare la sicurezza nelle sezioni danneggiate. Il tutto è durato fino all’alba e la tensione non è scemata neppure nella giornata di ieri. «Nulla cambierà finché non saranno riparate le reti che impediscono la salita sui tetti e le uscite in massa degli ospiti. Il centro è in mano loro» protestano forze dell’ordine e operatori. I dipendenti della Connecting People, l’ente gestore del Cie, fra l’altro non ricevono lo stipendio da tre mesi. La causa dei disordini è stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli immigrati, che successivamente alla notifica del provvedimento si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. L’uomo, che aveva richiesto il rimpatrio volontario, dovrebbe ora essere rilasciato nella giornata di martedì. Così perlomeno gli sarebbe stato assicurato. Di certo in appoggio all’immigrato, che si è anche procurato un taglio piuttosto serio ad un braccio, è scaturita la notte scorsa anche la protesta dei compagni. Un gruppo di ospiti aveva divelto gran parte delle reti che avvolgono le cosiddette vasche di contenimento esterne alle camerate, e fra queste anche la rete che inibiva l’accesso al tetto del Cie, già teatro delle proteste di agosto. La polizia ha raggiunto i tetti, ma non vi sono stati scontri né uso di lacrimogeni per ripristinare le condizioni di sicurezza. Le nuove proteste degli immigrati arrivano a poche ore dalla risposta all’interpellanza della deputata Serena Pellegrino (Sel) al governo Letta sulle condizioni di vita all’interno della struttura. «Il Cie di Gradisca d’Isonzo e tutti i Cie d’Italia vanno completamente ripensati: attraverso un percorso parlamentare è necessario riconsiderare le modalità di funzionamento, i servizi necessari, i criteri per gli appalti» la risposta da parte del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, all’iniziativa della Pellegrino. Situazione del Cie isontino che, pochi giorni fa, il presidente della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani, il senatore Luigi Manconi, aveva definito «illegale». «Ho ribadito nel mio intervento – spiega la deputata di Sel – che la permanenza a 18 mesi del trattenimento pone il nostro Paese al di fuori del consesso giuridico internazionale. La fuga dal Cie, è bene ricordarlo, per il nostro ordinamento non costituisce reato. Siamo pronti alla discussione in aula per rivedere le norme che regolano i Cie e l’intero impianto della legge Bossi-Fini. Non è un problema di risorse, per i Cie italiani sono già previsti interventi per 55 milioni di euro. Si tratterebbe solo di utilizzarli al meglio».
22/09
Nuove tensioni all’ex Polonio Gli ospiti tornano sul tetto
TRIESTE Torna a salire la tensione all’interno del Cie di Gradisca. La scorsa notte un gruppo di immigrati ha occupato nuovamente il tetto della struttura isontina, già teatro nelle scorse settimane di accese proteste e indicenti. Ad accendere la miccia questa volta, ha riferito la parlamentare di Sel Serena Pellegrino, sarebbe stata la comunicazione di un rinvio di un giorno dell’uscita dalla struttura per uno degli ospiti che, dopo aver ricevuto l’infelice notizia, si sarebbe fatto prendere dal nervosismo. E proprio per manifestare solidarietà al diretto interessato, un gruppetto di stranieri ha inscenato la protesta sul tetto, poi rientrata nel corso delle ore successive. Le difficili condizioni di vita all’interno dell’ex Polonio saranno al centro del dibattito intitolato “Cie, se lo conosci lo chiudi. Nuove politiche per l’accoglienza e l’immigrazione”, organizzato oggi alle 18 ad Aiello del Friuli nell’ambito della “Festa giusta” promossa dagli esponenti Sel del Friuli Venezia Giulia.
Marzo 17th, 2017 — Clima e Potere, General
27 settembre Corriere
Clima: global warming, la colpa è umana al 95%
Il segretario di Stato Usa Kerry: «Ennesimo campanello d’allarme: chi nega la scienza o trova scuse sta giocando col fuoco»
La temperatura media globale crescerà in misura compresa tra 0,3 e 4,8 gradi (°C) entro il 2100 rispetto alla media 1986-2005 e questo riscaldamento è dovuto con una sicurezza del 95% a cause umane. Le ondate di calore saranno più frequenti e dureranno più a lungo, nelle regioni umide pioverà di più e quelle secche diventeranno più aride. Sono gli allarmanti dati contenuti nel primo capitolo del rapporto sui cambiamenti climatici (AR5) reso noto venerdì a Stoccolma dall’Ipcc (Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici), il cui testo completo sarà diffuso lunedì prossimo.
RIALZO DEI MARI – Rispetto al rapporto precedente del 2007 (AR4) viene delimitato con maggiore accuratezza l’aumento del livello dei mari, che è dovuto in parte allo scioglimento dei ghiacciai continentali e alle calotte glaciali polari, e in parte alla dilatazione termica dell’acqua dovuta al riscaldamento stesso. L’aumento entro la fine del XXI secolo sarà compreso tra 26 e 82 centimetri (nel precedente rapporto era di 18-59 cm). La «forchetta» dell’aumento del livello marino, così come per quella della temperatura, dipende dai quattro scenari identificati nel rapporto: la più bassa se si agisce fin da ora in maniera convinta per la riduzione delle emissioni dei gas serra, la più alta se non si fa nulla.
CAUSE UMANE – Nella sintesi di una trentina di pagine del rapporto Ipcc, che raggruppa oltre 9 mila studi scientifici multidisciplinari, il riscaldamento globale è da attribuire con una sicurezza del 95% a cause umane, un incremento rispetto al 2007 quando questa sicurezza era di «solo» il 90%, e nettamente maggiore rispetto al rapporto AR3 del 2001, quando l’influenza umana era stata accertata con una sicurezza del 66%.
REAZIONI – Ban Ki-moon ha ringraziato l’Ipcc per il suo lavoro «imparziale», dopo che nel 2010 era stato messo sotto accusa dai negazionisti del riscaldamento globale e delle sue cause umane per alcuni errori nel rapporto AR4, in particolare sulla velocità dello scioglimento dei ghiacciai himalayani. «Questo nuovo rapporto sarà essenziale per i governi che lavoreranno per la realizzazione nel 2015 di un accordo ambizioso e legalmente vincolante sul clima», che andrà a sostituire il Protocollo di Kyoto scaduto nel 2012, ha dichiarato il segretario generale dell’Onu. A Parigi tra due anni le nazioni che fanno parte dell’Onu (110 i governi che hanno trovato una mediazione nel rapporto odierno dell’Ipcc) dovrebbero trovare un accordo per riuscire a fissare a non più di 2 °C l’aumento delle temperature medie globali rispetto all’epoca pre-industriale, oggi questo aumento è di 0,8 °C. «La verità spiacevole è confermata», hanno sottolineato in un comunicato congiunto le più importanti organizzazioni non governative ambientaliste e umanitarie tra le quali Wwf, Greenpeace, Oxfam e Amici della Terra. «I cambiamenti climatici sono un fatto reale e proseguono a velocità allarmante, e sono provocati dalle attività umane, in primo luogo dall’utilizzo di combustibili fossili».
KERRY – Il segretario di Stato americano John Kerry ha sollecitato forti azioni di contenimento dell’impatto dell’uomo sull’ambiente, dopo aver ricevuto rapporto dell’Ipcc. «Questo è l’ennesimo campanello d’allarme: quelli che negano la scienza o trovano scuse all’azione stanno giocando col fuoco», ha affermato Kerry, «il costo dell’inazione va oltre a ogni altra cosa che qualsiasi essere dotato di coscienza o senso comune dovrebbe essere disposto a contemplare».
UE – «Se il tuo dottore dice che al 95% hai una malattia grave, inizieresti subito le cure oppure no?», ha concluso la commissaria europea al Clima, Connie Hedegaard.
23 settembre Repubblica
Le anticipazioni sul quinto rapporto dell’IPCC che sarà reso noto il 27 settembre. Il testo, 2.200 pagine frutto di 6 anni di lavoro di oltre 200 cattedratici coadiuvati da 1500 esperti, è ora al vaglio dei governi ma i numeri sono ormai definiti. Gli scenari previsti per la fine del secolo sono quattro. Nel più drammatico i mari saliranno di 62 centimetri e la temperatura crescerà di 3,7 gradi rispetto al periodo 1986 – 2005: dunque sfonderà il muro dei 4 gradi rispetto all’epoca preindustriale.
ROMA – Il conto alla rovescia è scattato. Abbiamo davanti 10 anni per evitare la catastrofe climatica. E bruceremo i primi 7 senza impegni obbligatori per metterci al sicuro: solo nel 2020 dovrebbe entrare in vigore un accordo globale, ancora da definire, per tagliare le emissioni serra. Le cifre del divorzio tra scienza e politica sono contenute nel quinto rapporto che l’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), la task force scientifica dell’Onu che ha vinto il Nobel per la pace, renderà pubblico venerdì prossimo.
Il testo, 2.200 pagine frutto di 6 anni di lavoro di 209 scienziati coadiuvati da un team di 1.500 esperti, è ora al vaglio dei governi ma i numeri sono ormai definiti. Gli scenari previsti per la fine del secolo sono quattro. Nel più drammatico – prendendo la media delle previsioni – i mari saliranno di 62 centimetri e la temperatura crescerà di 3,7 gradi rispetto al periodo 1986 – 2005: dunque sfonderà il muro dei 4 gradi rispetto all’epoca preindustriale, il disastro paventato dalla Banca Mondiale in un allarmato rapporto del novembre scorso.
di Antonio Cianciullo
Corriere 24 settembre
di Paolo Virtuani
Marzo 17th, 2017 — General, Noi
MV 25 settembre 2013
No Tav, invito ai Comuni:
«Fermate quell’opera»
San Giorgio, il comitato chiede ai primi cittadini di ricusare il progetto 2010. Il portavoce De Toni: perdere tempo è deleterio. Attacco a Sonego
di Francesca Artico
SAN GIORGIO DI NOGARO. Il Comitato No Tav Bassa friulana attacca i sindaci dei comuni coinvolti nel tracciato, esortandoli a ricusare il progetto del 2010. Non lesina neppure un deciso attacco al senatore Lodovico Sonego, sostenitore proprio del progetto del 2010.
«Sarebbe ora che i sindaci si sveglino – chiosa il portavoce Paolo De Toni -, spero però che abbiano capito la portata del problema. Vorrei ricordare che Italferr in nome e per conto di Rfi ha presentato le integrazioni solo sulla tratta Ronchi dei Legionari-Trieste chiedendo al ministero dell’Ambiente che venga approvato il progetto preliminare solo per questa tratta.
Nella lettera accompagnatoria firmata da Michele Marzano per Rfi, si legge che “l’interlocuzione del commissario straordinario per l’asse ferroviario Venezia Trieste con il territorio, relativamente alle tratte venete e friulane da Venezia a Ronchi del Legionari ha registrato un quasi unanime dissenso dei comuni sul tracciato presentato nel 2010. Ora la maggior parte dei comuni anche sulla tratta Ronchi-Trieste ha dato parere negativo e a Trieste il Pd ha subito uno smacco notevole visto che la mozione del non parere è stata bocciata dal consiglio comunale.
In realtà, però, nessuno ha rilevato che la richiesta di parere di compatibilità ambientale su una sola tratta formulata da Rfi è irricevibile, in quanto già il ministero aveva richiesto un progetto unitario sull’asse Venezia-Trieste, cosa che si era concretizzata nel 2012 con una relazione di ricucitura di tutte e 4 le tratte, con un nuovo progetto al ministero e sul quale tutti sono stati chiamati a presentare osservazioni.
«Quindi – afferma – le azioni che devono fare oggi i Comuni del Friuli Vg e del Veneto sono: demistificare l’operato del senatore Sonego e smentire nettamente che esista ancora il progetto 2010; rilevare con forza a livello ministeriale che l’operazione in corso è illegittima; ribadire che l’intervento al bivio San Polo si può fare indipendentemente dall’asse Av/Ac e quindi impedire che questa piccola e necessaria opera di adeguamento della linea esistente diventi la scusa per approvare il progetto 2010; agire in maniera unitaria, chiara e trasparente, in opposizione al progetto Av/Ac, eliminando le sacche di complicità di cui godono Sonego e il gruppo, oramai totalmente minoritario, ma non per questo meno pericoloso, dei Tavisti in Veneto e Friuli».
De Toni conclude evidenziando che «ogni titubanza sarà deleteria: basta una posizione lineare, chiara e forte da parte dei sindaci per chiudere definitivamente questa terrificante vicenda».
Marzo 17th, 2017 — General, Tracciati FVG
Traffici in calo sulla rete di Autovie
TRIESTE Dal giugno 2012 al giugno 2013 nella rete autostradale di Autovie Venete si sono percorsi 143 milioni di chilometri in meno rispetto allo stesso periodo precedente. La causa è la crisi economica, con effetti più pesanti sul traffico leggero che su quello pesante. Il giorno dopo l’approvazione in cda del bilancio (15,3 milioni di utile netto, fatturato di 163,6 milioni, margine operativo lordo di 72,7 milioni), la concessionaria rende noto il movimento alla base di quei dati. Il traffico leggero, da un esercizio all’altro, passa da 1.815.321.641 a 1.705.398.533 chilometri percorsi, un calo del 6,1% rispetto al 2011-12. Il traffico pesante (che rappresenta il 29% del totale) scende invece da 730.994.908 a 697.901.693, una perdita del 4,5%. Il totale dei chilometri percorsi nell’ultimo anno è dunque di 2.403.300.226, il 5,6% in meno dei precedenti 2.546.316.549. Sul bilancio di Autovie, che ha segnato un calo dell’utile netto di circa 7 milioni (sono venuti meno i dividendi della partecipazione in Serenissima), interviene intanto Gianfranco Moretton. L’ex consigliere del Pd parla di utile «esiguo», ipotizza «maggiori costi gestionali» e denuncia «nodi fondamentali da sciogliere: i rapporti con Friulia e l’eventuale mancata distribuzione dei dividendi». Secondo Moretton la holding «rischia di vedersi privata di importanti risorse necessarie a fronteggiare la propria mission e la necessità di remunerare le banche che a suo tempo intervennero con 120 milioni nell’aumento di capitale della finanziaria». Tra l’altro, prosegue Moretton, «la concessionaria si è assunta l’impegno di distribuire il 25% degli utili nonostante sia tenuta ad accantonarli interamente per rispettare il piano finanziario». Sempre sul fronte infrastrutture, ieri in Consiglio regionale, Debora Serracchiani ha infine ribadito la contrarietà al tracciato della Tav disegnato nel 2010 da Rfi. Rispondendo a un’interrogazione di Cristian Sergo (M5S), la presidente della Regione, rilanciando l’urgenza di sciogliere i colli di bottiglia, ha spiegato che «la modernizzazione del collegamento ferroviario non passa attraverso un progetto che presenta criticità e incongruenze». (m.b.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Vedremo se alle parole seguono i fatti.
Da Il Piccolo del 26/09/13
La Regione spinge sulla chiusura del Cie
di Gianpaolo Sarti TRIESTE La Regione è pronta a chiedere la chiusura immediata del Cie di Gradisca. La presa di posizione, da attuare «qualora non si rendesse possibile modificare le condizioni di vita degli ospiti», è contenuta in una mozione preparata da Pd, Sel e Cittadini la cui discussione, programmata per la seduta di ieri, è slittata alla prossima settimana. Trattandosi di un atto espresso dalla maggioranza di centrosinistra, la norma sarà certamente accolta dall’aula. Ma già si prevede lo scontro con il centrodestra, pronto a presentare un contro-ordine del giorno sottoscritto da Pdl, Autonomia Responsabile, Gruppo Misto (incluso Renzo Tondo), e Lega. La coalizione guidata dall’ex presidente della Regione non intende opporsi al «rispetto dei diritti delle persone», che anzi promuove, ma pone una serie di accenti diversi. Intanto, in attesa del dibattito in piazza Oberdan, resta la mossa politica del centrosinistra che mira a risolvere la “grave situazione” in cui versa la struttura, al centro di varie sommosse scoppiate nelle scorse settimane. La norma dà mandato all’esecutivo Serracchiani ad agire nei confronti della Prefettura di Gorizia, dell’Ufficio Immigrazione della Questura e dei soggetti gestori del Cie. È il quadro sempre più problematico ad aver spinto gli esponenti della maggioranza a firmare la mozione. Perché a Gradisca i “trattenuti”, si legge nel testo, sono costretti a vivere «in camerate con spazio ingabbiato, senza cellulari, con attività ricreative inesistenti, divieto di libri e giornali, condizioni igieniche pessime». Ciò comporta «degradazione della dignità umana e spaesamento psicologico, per il cui controllo è stata considerata la somministrazione di psicofarmaci con il rischio di trasformare il dovere di cura in intervento di sedazione». Una realtà che provoca «episodi di autolesionismo, ribellione violenta e tentativi di fuga», per la quale anche le forze dell’ordine ritengono «scarsamente tutelante» la situazione sia per gli ospiti che per gli operatori delle Cooperative, sia per quanti sono tenuti a garantire il rispetto della legge. È inaccettabile, inoltre, «che i tempi di permanenza siano estremamente lunghi» (fino a 18 mesi), in contrasto con le direttive europee. Di qui il pressing sull’esecutivo affinché provveda a verificare il rispetto dei regolamenti e dei “diritti inviolabili”, compresa la possibilità di accesso libero alla comunicazione con l’esterno, al supporto legale e alla tutela della salute attraverso il Servizio Sanitario Regionale. Pd, Sel e Cittadini, inoltre, domandano «l’accesso al Cie in qualunque momento al fine di verificare le condizioni globali della permanenza» e si rivolgono al ministero degli Interni per chiedere sostegno ai Comuni, come Gradisca, che stanno affrontando «un problema umanitario di interesse internazionale». La giunta, infine, dovrà sollecitare il governo a riformare le norme sul sistema di espulsioni e ad abolire il reato di immigrazione clandestina. «Un atto di civiltà», commenta il capogruppo del Pd Cristiano Shaurli. Ma Roberto Novelli e Rodolfo Zibrena (Pdl), primi firmatari dell’odg, sbottano. «Solo ideologia, non dicono tutta la verità. Il centrosinistra – affermano – in quella mozione dimentica che lì gli immigrati hanno sfasciato tutto e che sono in quelle condizioni non a causa dell’assenza dello Stato. Anzi – ci tengono a sottolineare – alle forze dell’ordine, che ricevono continue violenze, va il nostro appoggio. Perché lì i disordini vengono organizzati scientificamente». Il centrodestra punta a far intervenire la giunta «presso i Consolati dei Paesi da cui provengono gli immigrati clandestini al fine del loro rimpatrio». Anche la coalizione di Tondo propone la chiusura del Cie, nel caso «non fosse possibile migliorare le condizioni di vita e vi sia la possibilità di ospitare i trattenuti in altri siti, al fine di non generare condizioni di pericolo per i cittadini». I costi sanitari degli ospiti, infine, «devono andare a carico del Sistema Sanitario Nazionale», non di quello regionale.
Marzo 17th, 2017 — Carbone, General
da Il Piccolo 26 SETTEMBRE 2013, Pagina 27 – Gorizia-Monfalcone
A2A, per altri vent’anni il rischio del tutto carbone
Il futuro dell’impianto al centro del dibattito in Consiglio. Sul tappeto la possibilità di un prolungamento della vita dei due gruppi esistenti
In consiglio, ieri sera, s’è giocata una partita importante sulla centrale. Sul tappeto non c’è solo il completamento dell’ambientalizzazione attraverso l’installazione del “denox” per l’abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali l’aula è stata chiamata ad esprimere un parere sulla procedura della Via statale. C’è il futuro degli stessi Gruppi 1 e 2 a carbone che potrebbero rimanere in vita per altri 20 anni. E se l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, s’è espresso a favore in merito alla procedura della Via, in virtù della difesa della tutela della salute e dell’ambiente, posizione sulla quale si trova allineato il Pd, sono altrettanto chiare le posizioni critiche proprio in merito alla “durata” dei gruppi esistenti. Critiche manifestate dall’opposizione, ma anche da una delle componenti di maggioranza, la lista “Responsabilmente con Silvia”. Grazie all’installazione del “denox” in ottemperanza agli obblighi di legge europei, sarà possibile un rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale oltre il termine ora previsto del 24 marzo 2017. Anna Maria Cisint (“Obiettivo”) propone all’amministrazione di «esprimere un parere chiaro di contrarietà al carbone oltre la scadenza dell’Aia del 2017. Bisogna evitare che i gruppi esistenti rimangano attivi per altri 20 anni». Sollecita «un’esplicita posizione da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, Vito, e della stessa presidente Serracchiani, considerato che il loro programma elettorale indicava contrarietà al carbone». E chiede uno studio sulla dispersione degli inquinanti in atmosfera e al suolo. Polveri, metalli pesanti, ma anche l’ammoniaca che sarà utilizzata nell’ambito del sistema di trattamento dei fumi attraverso il denox: «Non c’è dubbio che l’adeguamento alle norme europee in merito all’ossido di azoto sia migliorativo, ma non è sufficiente a garantire le condizioni di sicurezza complessive dei gruppi esistenti». Cisint evidenzia poi il caso di Vado ligure, dove la Procura ha avviato un’inchiesta in ordine alla causalità tra emissione di polveri di carbone e decessi: «Mi chiedo se anche la Procura di Gorizia non possa avviare un’indagine in questo senso». E conclude: «A2A ha rivelato le proprie intenzioni. Lo si evince anche dal fatto che nel progetto preliminare non viene indicato il costo del “denox”, che si aggirerebbe sui 25 milioni. Un investimento di questa portata la dice lunga sul mantenimento dei gruppi esistenti a lungo termine». Ne conviene il capogruppo di “CambiAmo Monfalcone”, Luigi Blasig, che esprime un parere favorevole condizionato: «L’impianto che A2A vuole installare, rende palesi le intenzioni di medio e lungo termine dell’azienda. Questo trattamento non può nulla contro le polveri e i metalli pesanti emessi dall’impianto, ma le nuove condizioni permetterebbero di richiedere una deroga ai limiti che la norma prevederà e quindi di continuare con i gruppi esistenti ben oltre il 2017. Lo studio preliminare ambientale considera come ambito d’influenza potenziale dell’impianto un’area compresa entro una distanza di circa 5 km dal sito in cui è ubicata la centrale. Alla luce della norma europea, A2A sarà tenuta a dimostrare che l’altezza della ciminiera sia idonea a garantire la tutela della salute e dell’ambiente in tutto il territorio limitrofo e non limitatamente ai 5 km indicati dallo studio. Ricordando che la ciminiera sia stata realizzata tenendo conto di parametri infinitamente meno restrittivi e di una ventosità nell’area senz’altro superiore a quella attuale, va vincolato il parere alla presentazione da parte di A2A di un nuovo studio sulla dispersione quantitativa e qualitativa degli inquinanti al suolo che consideri anche la presenza dell’ammoniaca derivante dall’installazione dei DeNox». Giovanni Iacono osserva: «Come gruppo di Sel ci dichiariamo contrari alla produzione a carbone della centrale, in assenza di un piano energetico e di una prospettiva chiara sul futuro. Regione e Stato devono istituire una Conferenza dei servizi, affinchè il “caso Monfalcone” diventi una questione nazionale. Non è accettabile, infatti, subire i progetti di un’azienda, mentre la città dice altro».
Marzo 17th, 2017 — General, Nocività
da Il Piccolo GIOVEDÌ, 26 SETTEMBRE 2013, Pagina 26 – Gorizia-Monfalcone
Ricorso respinto, salvo il maxi-processo
Il dibattimento potrà concludersi il 15 ottobre in tribunale a Gorizia. L’imputato Tupini condannato alle spese di giudizio
AMIANTO»LA CASSAZIONE DICE NO ALLA LEGITTIMA SUSPICIONE
Il maxi-processo all’amianto resta a Gorizia. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato Giorgio Tupini, 91 anni, primo presidente dell’Italcantieri, che chiedeva il trasferimento del processo ad altra sede per legittimo sospetto. Bisognerà attendere il deposito per capire le motivazioni dell’ordinanza, deposito che potrebbe avvenire entro l’udienza del 15 ottobre. Ma già dal dispositivo, depositato ieri mattina alle 10 alla cancelleria del “Palazzaccio” di piazza Cavour, si può intuire che la Suprema Corte ha ritenuto infondati i motivi adotti dall’imputato, difeso dall’avvocato Alessandro Cassiani, e che non c’è alcun tipo di problema legato a situazioni locali che possano alterare un giudizio sereno ed equilibrato come aveva invece sostenuto il legale nell’udienza del 25 giugno scorso quando aveva annunciato la richiesta di rimessione del processo per “legittima suspicione”. La Cassazione ha poi condannato Tupini al pagamento delle spese di giudizio. La decisione della Cassazione ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quanti – dal Tribunale alla Procura, alle parti civili – temevano che un accoglimento del ricorso avrebbe azzerato un lavoro giudiziario di oltre tre anni ma soprattutto impedito di dare una risposta a una domanda di giustizia che da anni viene sollevata dai familiari degli esposti all’amianto e dalla società civile. C’era poi un forte rischio che con il maxi-processo anche gli altri procedimenti legati all’esposizione all’amianto, già incardinati al tribunale di Gorizia, venissero bloccati ponendo praticamente fine a un’inchiesta che la Procura goriziana porta avanti da alcuni anni. «Mi pare che la Cassazione abbia trovato una soluzione giusta – ha detto l’avvocato Riccardo Cattarini -. Non si trattava solo, come diceva qualcuno, di salvare un processo, ma di fornire una soluzione giudiziaria a un problema che ha attanagliato il nostro territorio. Spero solo – ha aggiunto il legale – che domani, assieme alla soluzione giudiziaria, arrivino anche le soluzioni reali del problema». Soddisfazione è stata espressa anche dall’avvocato Francesco Donolato, che tutela la Provincia costituitasi parte civile: «Conforta anche anche la Cassazione ha convenuto che il tessuto sociale dell’Isontino non ha creato nessun problema. La convenzione c’era prima e oggi ha trovato confronto anche nella decisione della Suprema Corte». Dunque, il maxi-processo riprenderà il prossimo 15 ottobre dal punto in cui si era bloccato nell’udienza di giugno. Il giudice monocratico renderà noto le decisioni delle Cassazione e si passerà poi alle possibili repliche del pubblico ministero – la parte dell’accusa sarà rappresentata solo da Valentina Bossi dopo il trasferimento di Luigi Leghissa a Caltanissetta – e degli avvocati difensori e di parte civile sempre che i legali degli imputati non sollevino qualche altri inghippo procedurale. E possibile che non ci siano repliche ed è quasi certo comunque che in giornata il giudice Matteo Trotta entri in camera di consiglio per emettere la sentenza. Ricordiamo che i pm avevano chiesto la condanna per complessivi 70 anni di 13 dirigenti dell’ex Italcantieri accusati di omicidio colposo per la morte di 85 lavoratori dei cantieri. L’assoluzione perché il fatto non sussiste è stata richiesta invece per i rappresentanti delle ditte appaltanti e per i dipendenti dei cantieri responsabili della sicurezza.
«È STATA SCONGIURATA UN’INGIUSTIZIA»
Il presidente Aea, Cuscunà: «Anche i morti si sarebbero ribellati a una decisione diversa»
«Fosse arrivata una decisione diversa dalla Cassazione, ci sarebbe stato il terremoto in cimitero. Anche i morti si sarebbero ribellati». Per Carmelo Cuscunà, novant’anni, presidente dell’Associazione esposti all’amianto, esposto lui stesso per decenni in cantiere, quella di ieri è stata una mattina di sollievo. «Ciò che è accaduto in tribunale a fine giugno (il ricorso per legittimo sospetto, ndr) – aggiunge – è stata solo una speculazione per allungare i tempi del processo e sperare così nella prescrizione. E per questo si è tentato di farci passare per terroristi. La nostra è stata una battaglia lunga e difficile, per troppo tempo inutile. Ci hanno snobbato la Regione, l’Azienda sanitaria, molte istituzioni. Voglio qui ringraziare il presidente Napolitano che è riuscito a smuovere delle acque che si stavano intorpidendo». Ora però il processo potrà proseguire. Anzi, se Dio vuole, il 15 ottobre potrebbe anche concludersi, dopo 91 udienze. Anche per Chiara Paternoster, avvocato ma in questa vicenda «semplicemente volontaria dell’Aea», quella giunta ieri da Roma è stata una «bella notizia in cui tutti speravamo». «Il ricorso dell’avvocato Cassiani – afferma – è stato una iniziativa pretestuosa. Un’eccezione comprensibile solo se si considera il ruolo del difensore, ma moralmente inaccettabile. La nostra associazione ma anche tutti gli altri soggetti coinvolti nella vicenda amianto – spiega – hanno sempre agito nel rispetto delle regole, mai sopra le righe o istigando alla violenza. Non si poteva far passare per “forti condizionamenti della serenità di giudizio del giudice” iniziative civili, valutazioni sacrosante o preoccupazioni del tutto comprensibili. Ora finalmente andremo alla sentenza, forse già il 15 ottobre. Io confido che in quella giornata le richieste del pm siano accolte in pieno dal giudice. E confido, lanciando un invito, che nell’occasione in tribunale ci possa essere una folta presenza di cittadini, sindaci, istituzioni, per far sentire a tutti che quella sentenza non appartiene solo alle vittime e alle loro famiglie ma a tutta la comunità monfalconese».
Greco: riconosciuta la civiltà della nostra gente
«Ora confidiamo nella sentenza». Francovig: «Vittoria parziale. Il dramma va affrontato alla radice»
«Questo ostacolo è stato superato, ora aspettiamo la sentenza del 15 ottobre. Certo saremo tutti lì a sostenere la richiesta di giustizia che ci viene da tutta la cittadinanza». Il vicesindaco e segretario provinciale del Pd Omar Greco non nasconde la sua soddisfazione per la decisione della Cassazione di respingere il ricorso per “legittimo sospetto” presentato dall’avvocato Cassiani. «Quel ricorso – spiega Greco – era palesemente infondato e fuori luogo. Aveva messo ingiustificatamente in dubbio la civiltà delle famiglie così colpite e della nostra gente che hanno invece sempre affrontato il dramma amianto e le fasi del maxi-processo con compostezza, dignità e rispetto della giustizia. Ora attendiamo tutti con fiducia la sentenza, sperando che venga fatta giusizia». «Sollievo sì. Soddisfazione anche, ma solo in parte. Ci sarebbe mancato altro che la Cassazione avesse accolto il ricorso…». Luigino Francovig, uno dei testi-chiave nel maxi-processo amianto, non si lascia troppo incantare dalla decisione della Corte. «Che il processo possa concludersi con una giusta sentenza – dice Francovig – certo è un fatto positivo ma parziale. Da qui deve assolutamente partire un progetto complessivo che porti alla scomparsa dell’amianto dai nostri territori, a un piano per lo smaltimento, alla creazione di centri specializzati per la cura degli ammalati, a strutture di ricerca. Senza un progetto complessivo nessuna sentenza può dirsi decisiva. Come non lo sarebbero nemmeno i risarcimenti alle famiglie delle vittime e agli ammalati, peraltro doverosi. Non è così che l’Italia si dimostra un Paese civile. Da una ricerca, illustrata dal professor Veronesi, risulta che, in condizioni normali, chi ha placche da amianto ha il 6% di probabilità di ritrovarsi con un mesotelioma. Probabilità che aumentano al 59% in un ambiente inquinato, come il nostro a Monfalcone. Qui sta il problema: l’amianto è uno degli aspetti, il più terribile, dell’inquinamento prodotto dalle industrie. Ecco perchè andrebbe costituita una Fondazione sovvenzionata dalle aziende inquinanti con cui risarcire vittime e ammalati, ma anche sostenere la ricerca e il risamento ambientale».
TGR ore 19.30 del 25 settembre 2013 su facebook
da Il Piccolo del MERCOLEDÌ, 25 SETTEMBRE 2013 Pagina 26 – Gorizia-Monfalcone
Amianto, oggi la decisione della Corte
Chiesto dal procuratore generale il rigetto del ricorso per “legittima suspicione”. In tarda mattinata sarà nota l’ordinanza
CASSAZIONE»DISCUSSIONE FINO A TARDA SERA
Bisognerà attendere questa mattina per conoscere le decisioni della Corte di Cassazione sulla legittima suspicione chiesta per il maxiprocesso sull’amianto che si sta celebrando al tribunale di Gorizia e che è giunto alle battute finali. A tarda sera era ancora in corso la discussione nel Palazzaccio di piazza Cavour, a Roma, e i giudici hanno fatto sapere che l’ordinanza con le decisione prese sarà depositata in cancelleria questa mattina. Ordinanza che respingerà il ricorso oppure, accogliendolo, fisserà una nuova sede per il processo che dovrà ricominciare ex novo buttando a mare quanto fatto finora dal tribunale goriziano. Il ricorso presentato dall’avvocato Alessandro Cassiani, difensore di Giorgio Tupini, ex presidente dell’Italcantieri e uno dei principali imputati nel processo, era all’ultimo posto nella scaletta dell’udienza di ieri e quindi il suo esame è iniziato solo nel tardo pomeriggio. Si sa solo che il procuratore generale al termine di una requisitoria ampia nella quale ha esaminato l’intera questione ha chiesto che il ricorso venga rigettato e che il processo rimanga incardinato al tribunale goriziano. Cassiani aveva sollevato la legittima suspicione dinanzi al giudice monocratico Matteo Trotta nell’udienza dello scorso 25 giugno, quella che avrebbe potuto essere la conclusiva dopo che il dibattimento e la discussione si erano protratti per oltre tre anni -la prima udienza si era tenuta nell’aprile 2010 – con l’escussione di oltre 500 tra testimoni e consulenti. La sola requisitoria dei due pubblici ministeri Luigi Leghissa e Valentina Bossi, aveva occupato ben sei udienze e si era conclusa con la richiesta di 13 condanne per i vertici dell’ex Italcantieri per un pena complessiva di 70 anni. Cassiani, alla quale si erano poi accodati altri difensori, aveva chiesto la rimessione del processo alla Suprema Corte sostenendo che il tribunale di Gorizia non era nelle condizioni di pronunciare una sentenza in modo sereno ed equilibrato. Il legale paventava problemi di ordine pubblico e una certa pressione esercitata in quei giorni anche dai media. Ai più la mossa di Cassiani, che ben poche volte si è visto nell’aula dove si celebrava il processo, è apparsa come un ultimo tentativo di allungare i tempi di un procedimento e arrivare, in caso di accoglimento della legittima suspicione, alla prescrizione. Perché le 91 udienze si sono svolte in un clima sereno e tranquillo, seguito da poche persone tra il pubblico, e i toni salivano solamente per alcuni scontri verbali tra avvocati e pm, che fanno parte tra l’altro di quel gioco delle parti che spesso avviene in un processo. Il giudice Trotta, pur sottolineando proprio che il processo si è svolto senza alcun tipo di problema, non aveva potuto altro che prendere atto della rimessione chiesta dall’avvocato Cassiani e trasmettere, secondo quanto prevede l’articolo 45 del Codice di procedura penale, gli atti alla Corte di Cassazione. A dire il vero avrebbe, in attesa di conoscere la decisione della Suprema corte, potuto continuare il processo arrivando alla sentenza – mancavano solo le eventuali repliche prima della camera di consiglio – ma con il rischio di veder annullati tutti gli atti nel caso di accoglimento del ricorso. Un rischio che il giudice non ha voluto correre. Dove potrebbe finire il processo se la Cassazione darà ragione a Cassiani? Una delle sedi prescelte potrebbe essere Bologna; da escludere sono tribunali come quelli di Venezia e Palermo dove già ci sono svolti processi per morti causate dall’assunzione di amianto terminate con dure condanne. Oppure sedi come Napoli, Genova o Ancona dove è presente la Fincantieri con propri cantieri navali. Ma sono ipotesi che a Monfalcone nessuno vuole considerare.
Marzo 17th, 2017 — General, Storia ed attualità
Antifascismo: storia ed attualità (superate le 500 visite a questa pagina)
|
agosto-settembre 1944
“Un giorno Gelindo Citossi incontra MONTES a Zellina e gli chiede di entrare nei reparti combattenti.
(Montes era Silvio Marcuzzi di Monfalcone, classe 1907, sceglie il nome di battaglia in onore del rivoluzionario messicano Diego Montes. Era il responsabile dell’Intendenza Montes ch si occupava di reperire generi di prima necessità e armi alle bande partigiane. Montes muore sotto tortura alla Caserma Piave Di Palmanova).
MONTES lo guarda, non commenta e gli dice di parlare con il commissario politico GASTONE (Valerio Bergamasco). Anch’egli loguarda e gli dice che nella Resistenza c’è posto per tutti, ma nelle condizioni in cui si trova…Citossi insiste e afferma che lui con una mano sola può fare quello che gli altri fanno con due. Lo mandano nel battaglione di FRANZ (Giacomo Morello), al quale raccomandano di metterlo alla prova. Neppure FRANZ è molto convinto, comunque lo incarica di compiere un’azione a Latisana:disarmare la sentinella della caserma della guardia di finanza e prelevare le armi. Gli darà degli uomini di scorta. Gelindo li rifiuta: vuol fare da solo.
continua sotto
|
Continue reading →