TAV news (dal Piccolo)

dal Piccolo

23/10

Kallas: l’Italia investa sulle reti europee

 

di Christian Benna BRUXELLES

L’Europa ci riprova a far salire l’Italia a bordo dell’alta velocità e delle connessioni intermodali. Ma non sarà facile: ne è consapevole Siim Kallas, vicepresidente Ue e responsabile delle politiche per i trasporti, che la settimana scorsa ha presentato a Tallin il nuovo piano per lo sviluppo della rete transeuropea che sarà discusso dall’europarlamento a novembre. Al posto del “vecchio” Corridoio 5, dopo che Lisbona e Kiev hanno abbandonato il progetto, c’è il tragitto ribattezzato “Mediterraneo” che dovrebbe far sfrecciare merci e passeggeri dalla penisola iberica fino all’Ungheria. In mezzo però c’è l’Italia, con la Torino-Lione che non smette di ribollire di tensioni e la Venezia-Trieste-Lubiana, alle prese oltre con i comitati del no, con gli screzi tra Fvg e Veneto, e la preferenza slovena a viaggiare su Klagenfurt. Cambia il nome, ma restano i problemi, insomma. Si farà mai questa direttrice ad alta velocità? Il valzer dell’indecisione italiano fa perdere per un attimo tutto l’aplomb diplomatico del vicepresidente Ue. «Che cos’altro posso dire su questo tema? – si interroga il commissario nel giorno in cui presenta a Bruxelles gli altri due pilastri del trasporto europeo (carburanti alternati al petrolio e mobilitò urbana). «Si tratta di una decisione che devono prendere i governi. A Tallin abbiamo svelato uno dei piani più ambiziosi per lo sviluppo di una rete integrata e intermodale in Europa. Piano che è stato approvato da tutti gli stati membri, ora ci attende l’iter legislativo del parlamento europeo e ci auguriamo di far entrare in vigore la direttiva entro la fine dell’anno. Poi sta ai decisori locali implementare le strategie». In ballo ci sono 26 miliardi di euro, da spendere tra il 2014 al 2020. La metà di questi soldi sono destinati ai progetti sull’asse Est-Ovest ritenuti prioritari. Per i quali l’Unione Europea, come è il caso della Torino Lione, è disposta a mettere sul piatto fino al 40% del costo totale dell’opera. «L’Europa – afferma Kallas – disegna e negozia i piani delle infrastrutture in un quadro dove i corridoi servono per alimentare gli scambi europei. L’Italia come gli altri governi dell’Unione deve assumere una posizione netta e portarla avanti. Un paese come il vostro non può rimanere chiuso dalle Alpi. Non fare questi investimenti sarebbe un danno per tutta l’Europa». I corridoi principali individuati dall’esecutivo comunitario giungono al termine del dialogo con i soggetti interessati e il dibattito con il Parlamento Ue, e formeranno le arterie dei trasporti nel mercato unico europeo e, assicurano a Bruxelles, “rivoluzioneranno” le connessioni tra est e ovest. Tra i 9 nuovi corridoi disegnati dalla penna di Bruxelles 4 di questi passano dall’Italia, e due coinvolgono il Fvg, il tracciato Mediterraneo, e l’Adriatico-Baltico. Sono previsti 15 mila km di binari ad alta velocità, 35 progetti per agevolare gli spostamenti e gli scambi alle frontiere, 94 porti e 38 aeroporti con migliori collegamenti a ferrovie e strade. Per l’Italia tutto questo comporterà, tra le altre cose, la realizzazione della linea ferroviaria veloce Torino-Lione e, per il completamento del medesimo corridoio europeo, la realizzazione del tratto di competenza italiana della linea linea Venezia-Lubiana. «Non sta a noi dire – prosegue Kallas – come l’Italia deve organizzare il processo decisionale per avviare le opere, e quindi tra autorità centrali e governi regionali, tra interventi pubblici o privati». Fatto sta che le risorse a disposizione non sono immense. E verranno finanziate solo le opere definite prioritarie, con lavori in fase avanzata (almeno a livello progettuale) e soprattutto condivise dai territori che presentano le proposte all’Ue. Il rischio è che Trieste, in attesa di politiche di sistema, rimanga tagliata fuori dalle nuove direttrici, magari con la Slovenia che punta su Klagenfurt per evitare tunnel e gallerie sul Carso

 

 

22/10

Moretti: subito la Tav da Milano a Venezia

 

VENEZIA «La priorità è completare la Tav Milano-Venezia a nord e la Napoli-Bari a sud. Chi sostiene come prioritario il corridoio Adriatico-Baltico sono altri, non io»: Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, intervenuto a un convegno sulle politiche dei trasporti a Venezia, detta la linea sull’alta velocità e si mostra scettico sulla politica dei corridoi transeuropei nella quale crede molto invece Bruxelles.Una strategia che di fatto esclude ancora una volta il nodo di una linea veloce da Venezia a Trieste. Il Corridoio Baltico Adriatico si estende dal Nordest (Bologna-Ravenna), a salire verso i porti di Venezia, Trieste e Capodistria, quindi verso Graz, Vienna, Bratislava, per divaricarsi in Polonia verso il porto di Stetino e dall’altro lato verso Gdansk e quindi più a Nord fino ai Paesi Baltici. Secondo Moretti nella nuova legge di stabilità varata dal governo «ci sono sicuramente fondi per la Tav», anche se – puntualizza – deve ancora «ancora vedere i documenti». L’Italia insomma può fare da sola e l’ad di Trenitalia è convinto non solo che questa sia la scelta giusta ma che ci siano anche le possibili coperture finanziari. Per l’ad di Trenitalia negli investimenti per i trasporti la logica dev’essere quella che garantisce i risultati migliori. «Chiedere infrastrutture per fare tutto è semplice, ma un paese che magari ha seicento abitanti deve capire che non può avere una sua fermata del treno. E siamo alla follia pura se pensiamo ad un aggancio ferroviario per tutti gli aeroporti», ha aggiunto. Moretti si è anche aoffermato sul problema rovente del sovraffollamento sui treni: «Occorrono più risorse – ha affermato- perché i treni sono pochi e, allo stato delle cose, non possiamo fare miracoli, ma solo cercare di garantire la massima efficienza E poi ci vuole una programmazione omogenea delle linee, perché qualche sfilacciatura indubbiamente c’è, anche se occorre tempo per una programmazione dei servizi a medio-lungo termine». Per mantenere in equilibrio il settore dei trasporti in Italia bisogna recuperare «quella normalissima cosa in base alla quale chi usa un servizio ne paga il prezzo», ha detto. «Quante aziende di trasporto stanno in piedi oggi in Italia? – ha chiesto retoricamente Moretti alla platea di imprenditori – Non vi sembra che ci sia un problema di rapporti tra servizi e infrastrutture? Voglio dire questo perché altrimenti non sta in piedi niente, altrimenti non ci salviamo». Il manager delle ferrovie ha detto di attendersi passi avanti positivi dalla nuova Autorità dei trasporti: «Auspico che l’Autorità dei trasporti abbia molta più forza per poter parlare e dettare le regole a cui conformarci». pcf     

 

18/10

La Trieste-Capodistria resta nelle priorità Ue

 

BRUXELLES Con l’approvazione del regolamento Ten-t, in programma all’Europarlamento per fine ottobre, passerà dal 30 al 40% il contributo che la Commissione Ue potrà erogare per la realizzazione delle opere di quelle infrastrutture che rientrano nel cosiddetto «core network» intermodale dei nove corridoi paneuropei. E tra i tratti c’è anche la Trieste-Capodistria. Lo si è appreso in occasione dell’appuntamento “Ten-T days” organizzato dal commissario ai Trasporti Ue Siim Kallas a Tallin ed al quale sono intervenuti i ministri francese Frédéric Cuvillier e italiano Maurizio Lupi per parlare dell’opera strategica per l’Ue. «I due Stati – ha detto Kallas – si sono tutti impegnati a fare la loro parte». «La Tav si deve fare perchè è impensabile che l’Italia resti indietro», ha detto ieri il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato in occasione della visita al cantiere dell’opera. Con l’approvazione del regolamento Ten-t sarà possibile un finanziamento fino al 40% per la parte che riguarda le opere. Il contributo dell’Ue per scavare e attrezzare il tunnel di 57 km potrà così arrivare fino a 3,4 miliardi di euro sul costo totale di 8,5. La Francia dovrebbe mobilitare 2,2 miliardi di euro, mentre l’Italia 2,9. Cuvillier e Lupi fanno sapere che l’infrastruttura «non è più un progetto, ma un’opera ormai definitivamente avviata con lavori in corso, e che continuerà con determinazione». Ma l’Italia è presente in altri tre dei nove corridoi “prioritari” disegnati dall’Ue. Il corridoio Baltico-Adriatico, lungo 2400 km, dovrà collegare i porti della Polonia, sul Baltico, con quelli del mar Adriatico. Da Danzica, passando per Varsavia e Vienna, fino a Venezia, Trieste e Ravenna, con rami da Stettino a Katowice, da Graz via Udine a Trieste, così come via Lubiana fino a Trieste/Capodistria. Tra le opere da realizzare: l’adeguamento della linea a doppio binario Udine-Cervignano-Trieste, le interconnessioni dei porti di Trieste, Venezia, e Ravenna, con ulteriore sviluppo delle piattaforme multimodali. Il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, parte dal confine tra Finlandia e Russia, arriva al cuore dell’Europa e poi va verso sud col Corridoio del Brennero fino a Verona. In Italia poi si sviluppa verso Bologna, Roma e Napoli con rami che arrivano al porto di Genova, Livorno, Bari e Taranto, prima di raggiungere Palermo. E poi ancora Malta, attraverso le autostrade del mare. Il principale collo di bottiglia è tra Monaco e Verona, ed il Corridoio del Brennero viene ritenuta «un’opera cruciale» per il suo completamento. Anche in questo caso l’Ue è pronta a portare al 40% il contributo per i lavori. Mentre il Corridoio Reno-Alpino è uno dei percorsi più battuti d’Europa, collega i porti del nord di Rotterdam e Anversa a quello del bacino del Mediterraneo di Genova e ad altri centri economici dell’Europa occidentale. 

NO TAV/ Lo scontro fra Sindaci dimostra che l’opera è incompatibile con il territorio

TAV, veniamo al dunque;

 

“quadruplicamento”  né “progetto 2010”.

 

Peraltro qualsiasi “modifica sonstanziale” prevede un nuovo progetto e una nuova Valutazione di Impatto Ambientale, per cui le richieste di Zaia e della Serracchiani o cadono nel vuoto o sono una bocciatura secca del progetto 2010 e stop.

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100 anni della Casa del Popolo di Prato Carnico: Foto, articoli e report

pratoCARNICO251013 

In occasione del centenario della  fondazione della casa del popolo un gruppo di compagni e compagne della zona assieme ad altri  provenienti da Trieste e Pordenone ha riaffermato con la propria presenza anche le origini anarchiche della casa. Molto visibili le bandiere anarchiche e buona la diffusione della nostra stampa e del volantino preparato per l’occasione. Da notare che la nostra presenza è stata completamente ignorata dall’articolo del Messaggero.

INFO-ACTION REPORTER

 

 

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NOTAV: anche il wwf ribadisce il suo secco NO

Dal messaggero veneto del 27/10/13

Il Wwf stoppa il progetto dell’Alta velocità

 

UDINE Il Wwf stoppa il progetto Tav e lo ribadisce nelle osservazioni presentate ai Ministeri Ambiente, Beni culturali e Infrastrutture e alla Regione Fvg, inerenti le integrazioni degli studi ambientali depositate questa estate da RFI-Italferr. «Anche queste ultime integrazioni – si osserva – presentano le medesime gravissime lacune e carenze già riscontrate nelle precedenti versioni degli studi, consegnate alla fine del 2010 e nell’estate 2012, sia di contenuti che di metodi legate sostanzialmente ad un’incompleta conoscenza del contesto ambientale in cui la mega opera verrebbe a calarsi, oltre ad una consapevole sottovalutazione degli impatti dell’opera stessa». Il Wwf osserva ad esempio che RFI-Italferr trascura di valutare le conseguenze dell’impatto delle gallerie previste (22 km nel sottosuolo carsico) sulle acque sotterranee e sugli ecosistemi che da queste dipendono. «Si aggiunge un evidente scollamento tra le scelte progettuali e le previsioni di traffico contenute nelle integrazioni. Previsioni che – continua il Wwf – non giustificano affatto la necessità di una nuova linea Av/Ac, bensì semmai interventi graduali di miglioramento della rete esistente (tutt’altro che satura) e di eliminazione di alcuni “colli di bottiglia”: raddoppio Udine-Cervignano, nodo di bivio San Polo, ect. Anche l’analisi costi-benefici (prodotta con quasi tre anni di ritardo) denuncia un grave errore metodologico, che porta a sovrastimare i benefici per quanto concerne il traffico merci. A tale proposito va pur sempre ricordato, tra l’altro, che sulla rete TAV esistente in Italia non è transitato un solo treno merci». Francesca Artico

Inaccettabile provocazione della Lega: la libertà non si cancella! (agg.31/10)

Dal Coordinamento Libertario Isontino

Dopo le minacce dei giorni scorsi della lega, oggi mani a noi ignote hanno imbiancato le scritte inneggianti alla libertà come se questo fermasse la nostra aspirazione ad un mondo di liberi ed uguali e quella dei migranti al diritto ad una vita dignitosa fuori da quelle mura in cui sono stati rinchiusi solo perchè senza dei documenti…

 

da Il Piccolo del 29 ottobre 2013

La Lega Nord ripulirà il muro di cinta del Cie di Gradisca

Una manifestazione del Carroccio è stata annunciata per domenica 17 novembre per togliere le scritte inneggianti alla libertà

La Lega Nord ha annunciato una manifestazione per domenica 17 novembre dinanzi al Cie di Gradisca d’Isonzo. L’obiettivo è quello di ripulire il muro di cinta del centro immigrati dalle scritte vergate un mese fa da un gruppo di manifestanti, scritte che riportano in varie lingua la parola “libertà”. Intanto prosegue la protesta dei dipendenti di Connecting People, la cooperativa che gestisce Cie e Cara, per il ritardo da 4 a 6 mesi nei pagamenti degli stipendi. Si è svolta un’assemblea sindacale durante la quale è emersa la denuncia dei lavoratori sul palleggio di responsabilità fra l’ente gestore e la Prefettura sul mancato sblocco della liquidità che garantirebbe il pagamento dei salari.

 

 

da Il Piccolo del 30 ottobre 2013

La Lega pulirà le scritte sul muro del Cie

La manifestazione si terrà il 17 novembre. Dipendenti in agitazione per il ritardo degli stipendi

Cie e Cara sempre nell’occhio del ciclone. La tensione cresce anche sul piano politico: per domenica 17 novembre la Lega Nord ha preannunciato una manifestazione di fronte al centro immigrati con l’intento di ripulire il muro di cinta dalle scritte vergate dai manifestanti (la parola “libertà” in diverse lingue) nel corso di una manifestazione tenutasi un mese fa. Intanto ieri i dipendenti di Connecting People, il consorzio siciliano che gestisce le due strutture per migranti, si sono riuniti in un’assemblea per discutere eventuali azioni di protesta per gli stipendi non ancora erogati. I ritardi vanno dalle quattro alle sei mensilità. I lavoratori contestano il “palleggio” di responsabilità fra l’ente gestore e la Prefettura sul mancato sblocco della liquidità che garantirebbe il pagamento dei salari. E protesta anche il Sap , il Sindacato autonomo di polizia, per le riunioni della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che invece di svolgersi al Cie si tengono alla Prefettura di Gorizia con dispendio di soldi e forze. Nei giorni scorsi tre tunisini sono stati ascoltati nel corso di un’audizione che si è tenuta in Prefettura, diversamente dalle udienze del Giudice di pace che invece continuano a svolgersi al Cie. Il Sap è critico verso la decisione del Prefetto di far riunire la Commissione territoriale nel Palazzo del Governo. «A nostro avviso – dice il segretario Obit – si tratta di una scelta antieconomica in un clima che dovrebbe essere di taglio delle spese. Invece per l’accompagnamento degli immigrati a Gorizia si sono dovuti impiegare tre agenti hanno dovuto fare la spola Gradisca-Gorizia percorrendo quasi 50 chilometri e protraendo il loro orario ben oltre le sei ore. Il tutto per evitare che sia la Commissione a riunirsi nei locali già predisposti al Cie».

 


 

Marco Barone: Diciamo no alla provocazione della Lega Nord al CIE di Gradisca il 17 novembre

ANTIFASCISMO/ Manifestazione a Gris il 1° novembre (+ foto e rassegna stampa)

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Qui c’era il campo di concentramento/internamento di Gris (Bicinicco):

da dominio devastante su bambini, donne e uomini a devastazione della natura e del territorio.

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NOTAV: i grillini in regione battono un colpo

dal Piccolo del 30/10/13

Una mozione grillina per affondare la Tav

 
TRIESTE Il Movimento 5 Stelle torna a ribadire il suo fermo no alla Tav e chiede alla giunta di lavorare a soluzioni alternative. Lo fa con una mozione, presentata in Consiglio regionale. «La linea ferroviaria Alta Velocità-Alta Capacità Venezia-Trieste è insostenibile dal punto di vista economico e pericolosa per l’ambiente. Vanno ascoltati i Comuni», è la posizione espressa dai consiglieri regionali Cristian Sergo e Andrea Ussai, oltre che da i consiglieri comunali di Trieste Paolo Menis e Stefano Patuanelli. Con la mozione M5S punta, in particolare, a impegnare l’esecutivo a percorrere strade diverse, potenziando e valorizzando le infrastrutture esistenti. Una soluzione che deve riguardare l’intera tratta Portogruaro-Ronchi, e non solo quella tra il fiume Tagliamento e il Comune di Cervignano e che porti alla cancellazione definitiva di nuove gallerie o l’ampliamento di quelle esistenti in Carso. «Viste le continue modifiche e integrazioni progettuali, a questo punto chiediamo con forza che si faccia una nuova analisi dei costi benefici del progetto – ha ribadito Sergo – e che per la valutazione del progetto preliminare venga convocata la Conferenza dei Servizi, anche nella fase preliminare proprio per tutelare maggiormente i territori interessati». «È incongruente sostenere come fa qualcuno – precisa ancora il movimento – che questo progetto deve essere portato avanti per sostenere l’attività del Porto di Trieste. Gli stessi tecnici di Rfi hanno confermato che la linea attuale potrebbe sostenere un traffico fino a quattro volte superiore. Quindi il Porto può e deve esser sviluppato ma non ha alcun bisogno di una nuova ferrovia». M5S, prosegue il consigliere comunale Patuanelli, «dice no a opere di questo tipo perché le risposte date dallo Stato sono quasi sempre inaccettabili. È vero che il Porto di Trieste ha bisogno di infrastrutture ma il progetto preliminare non risponde affatto alle esigenze dello scalo. Bisogna invece intervenire sui punti di interconnessione con la rete ferroviaria, veri nodi critici del trasporto. Con un decimo delle risorse previste per questo progetto potremmo risolvere tutti i problemi. C’è poi la questione delle gallerie sotterranee che avrebbero un impatto insostenibile per il Carso e che finirebbero per inquinare le acque di falda». (g.s.)

Amianto: si continua a morire a Monfalcone

da Il Piccolo del 31 ottobre 2013

Monfalcone, dall’inizio del 2013 già 58 morti per amianto

L’ha riferito il capo della Procura Caterina Ajello nel fare il punto dei processi in corso

Dall’inizio del 2013 sono già 58 gli ex cantierini di Monfalcone morti in conseguenza all’esposizione all’amianto.

L’ha riferito il procuratore della Repubblica di Gorizia, Caterina Ajello.

Sono stati oltre settecento i fascicoli esaminati negli ultimi mesi dal pool di inquirenti che indaga sulle morti legate all’esposizione all’amianto nei cantieri di Monfalcone.

Oltre al primo maxi-processo, conclusosi il 15 ottobre con la condanna di 13 imputati, i magistrati goriziani hanno concluso le indagini preliminari su 116 casi, al momento riuniti in tre diversi procedimenti, due dei quali già a giudizio, con udienze fissate per il 5 novembre e il 17 dicembre. Per un quarto filone sono in fase di definizione i rinvii a giudizio.


Sono 58 i decessi legati all’esposizione alla fibra d’amianto registrati dall’inizio dell’anno in provincia di Gorizia. Lo ha riferito ieri il procuratore capo di Gorizia, Caterina Ajello, illustrando il dettaglio delle indagini condotte dalla magistratura del capoluogo isontino. Si tratta prevalentemente di operai che hanno lavorato nel cantiere navalmeccanico di Monfalcone tra il 1960 e il 1980. «È un fenomeno ingravescente, che non accenna a diminuire – ha spiegato Ajello -. Le patologie asbesto-correlate, peraltro, sono latenti e si presentano nella loro gravità anche a distanza di trenta o quarant’anni». Il procuratore della Repubblica ha sottolineato come la vicenda «abbia gravi ricadute sociali sul territorio: è compito della magistratura fornire risposte puntuali a questa problematica». E infatti il 5 novembre partirà un nuovo processo. Sono stati oltre settecento i fascicoli esaminati negli ultimi mesi dal pool di inquirenti che indaga sulle morti legate all’esposizione all’amianto nel cantieri di Panzano, ha riferito ancora Caterina Ajello. Oltre al primo maxi-processo, conclusosi il 15 ottobre con la condanna per complessivi 55 anni e 8 mesi, oltre ai risarcimenti ai familiari delle vittime, di 13 imputati (i vertici dell’ex Italcantieri), accusati di omicidio colposo per la morte di 85 operai, i magistrati goriziani hanno concluso le indagini preliminari su 116 nuovi casi, al momento riuniti in tre diversi procedimenti, due dei quali già a giudizio, con udienze fissate per il 5 novembre e il 17 dicembre. Per un quarto filone sono invece tuttora in fase di definizione i rinvii a giudizio. Per circa trecento fascicoli risultano in corso le indagini preliminari, mentre altrettanti arriveranno sui tavoli dei sostituti procuratori dal Centro per l’amianto di Monfalcone. Il procuratore capo di Gorizia, Caterina Ajello, commentando il maxi-processo sulle morti legate all’esposizione all’amianto nella città dei cantieri, ha parlato di una sentenza che è «in questo territorio una tappa storica, un apripista a livello nazionale, che stigmatizza il riconoscimento della sofferenza di tante famiglie di cantierini morti a causa del minerale killer». Per quanto riguarda il maxi processo già concluso, le motivazione della sentenza saranno rese note entro 90 giorni dal giorno della sentenza, cioè entro metà gennaio 2014, ma si può già affermare, solo dalla lettura delle 12 pagine del dispositivo, che non è trattato di una sentenza generica che colpisce nel mucchio e fa di tutta un’erba fascio. I magistrati hanno agito scrupolsamente, una dilegenza che trova conferma nella decina di udienza e nelle perizie mediche e tecniche e nelle centinaia di testi ascoltati durante il dibattimento.

CIE DI GRADISCA: nuova rivolta

Nuova rivolta questa notte dentro il lager. Pubblichiamo le due brevi info fatte girare dalla Tenda per la pace e i diritti questa notte.
 
1)

 I reclusi del CIE di Gradisca sono ora tutti fuori dalle gabbie, alcuni nei corridoi altri nel campo di calcio, notizie non confermate danno tre persone portate in ospedale per intossicazione. Tre stanze sono state incendiate. Alla base dell’ennesima rivolta ancora le disumane condizioni e l’insostenibilità dei CIE

 
2)
Siamo davanti al CIE di Gradisca, una colonna di fumo si alza da dentro, sono entrate un’ambulanza e un’auto medica. I vigili del fuoco erano fuori ma abbiamo visto una camionetta andarsene. Da dentro ci dicono che hanno bruciato i materassi e c’é gente svenuta
 
SEGUIRANNO AGGIORNAMENTI!

Monfalcone: USI AIT sulla centrale si rispettino gli accordi

ilpiccolo2-11-013da Il Piccolo del 2 novembre 2013

Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone

USI-AIT

«Centrale a “tutto gas” Si rispettino gli accordi»

Il sindacato di base Usi-Ait chiede «un’indagine seria e imparziale sulle emissioni della centrale A2A a tutela di lavoratori e cittadinanza che faccia chiarezza su sessant’anni di informazioni contrastanti e di parte e il blocco del progetto “tutto carbone” estendendo la riconversione a gas anche agli attuali gruppi 1 e 2 come previsto dal Protocollo d’intesa per la centrale a carbone del 2004 con il mantenimento degli attuali livelli occupazionali».

«Quanto accaduto all’Ilva di Taranto, a Servola con la Ferriera – scrive l’Usi-Ait – ora succede alla centrale di Monfalcone: ancora una volta i sindacati di regime vogliono farci accettare come ineluttabile l’alternativa tra lavoro e salute. Accettando acriticamente i dati forniti dall’Arpa, in uno studio su cui sussistono dubbi di imparzialità, i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil si schierano ancora una volta a favore della multinazionale A2A appoggiandone il piano industriale che vuole riconvertire a carbone la centrale di Monfalcone.

In questa indagine dell’Arpa – continua il sindacato – l’accumulo di metalli nei terreni, nell’acqua e nelle persone non sono dati significativi e la diossina non compare fra i potenziali inquinanti. È inammissibile che la misurazione della diossina sia stata effettuata una sola volta in sessant’anni anni a Monfalcone».

 


 

Qui il comunicato integrale