Marzo 17th, 2017 — General, Tracciati FVG
da Il Piccolo del 2 ottore 2013
«No alla Tav senza una tutela per le case”
SAN CANZIAN D’ISONZO Pur ritenendo il progetto dell’Alta velocità-Alta capacità ferroviaria necessario per lo sviluppo futuro del Paese, amministrazione comunale e maggioranza al governo di San Canzian d’Isonzo preannuncia parere negativo nel caso in cui non siano accolte le osservazioni già presentate nel 2011. «E di cui non c’è alcuna traccia nelle integrazioni apportate da Italferr su richiesta della commissione di Via», ha sottolineato nell’ultima seduta del Consiglio comunale il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Luciano Dreos. Tant’è che questa volta l’amministrazione comunale è stata impegnata dal Consiglio a inviare il giudizio non solo alla Regione, ma anche, direttamente, ai ministeri coinvolti e agli esponenti politici del territorio. Il documento ribadisce quindi come imprescindibile l’allargamento della fascia di rispetto a 30 metri dalla linea. In questo modo le abitazioni da abbattere sarebbero 30, ma si eliminerebbero i pesantissimi disagi per chi si troverebbe a ridosso dei 10 metri di distanza dal tracciato. In ambito residenziale si chiede di nuovo la formazione di una fascia boscata di mascheramento delle barriere antirumore e che nelle zone extraurbane, dove non ci saranno pannelli fonoassorbenti, sia eseguito un terrapieno di mitigazione visiva. Vengono riproposte tutte le perplessità espresse a inizio 2011 sulle fasi di cantiere. A iniziare dalla richiesta di mantenere il cavalcaferrovia esistente di Pieris fino a quando non venisse costruito quello nuovo, prospettato dal progetto di Italferr. «In caso contrario una mole enorme di traffico attraversebbe Begliano», ha ricordato Dreos. Nel documento si richiede anche un’analisi costi-benefici dell’opera e la precisazione degli scenari dal punto di vista dei volumi di traffico, rilevando, inoltre, che il progetto preliminare non contiene alcuna previsione di raccordo tra la nuova linea e il porto di Monfalcone. Pur condividendo l’esigenza di tutelare la comunità, i quattro consiglieri presenti del Centrosinistra per San Canzian futura si sono astenuti, confermando la scelta di non ritenere “necessaria” la Tav, a differenza dell’amministrazione comunale. «Il gruppo di minoranza astenendosi ha scelto di non scegliere – attacca il gruppo di maggioranza Centrosinistra democratico -, accettando però così supinamente tutto quello che ci vene proposto da Italferr. Astenersi dal presentare osservazioni significa non richiedere compensazione per i cittadini, non avere nessuna opera di compensazione viaria a seguito dell’insediamento dei cantieri e accettare la chiusura della regionale 14 a Begliano». Significa, ancora secondo la maggioranza, «considerare indispensabile la costruzione del nuovo raccordo tra il Bivio D’Aurisina e Trieste, benché non sia supportato da analisi tecniche e trasportistiche» e «accettare che il porto di Monfalcone non sia collegato alla linea di alta capacità, limitandone l’operatività futura». Laura Blasich
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Ovviamente staremo a vedere se le buone intenzioni rimarranno sulla carta o meno. C’è da ribadire che la regione avrebbe da subito gli strumenti normativi per chiudere – almeno temporaneamente – il lager per motivi sanitari ma che non lo fa per non andare allo scontro vero con il Ministero.
Da parte nostra ribadiamo che i CIE non possono essere riformati ma solo smantellati una volta e per sempre!
info-action reporter
Da Il Piccolo del 2 ottobre 2013
La Regione approva la chiusura del Cie
di Gianpaolo Sarti TRIESTE Il rispetto per i diritti umani degli ospiti e la chiusura «immediata» del Cie di Gradisca qualora non si riuscisse a migliorare le condizioni di vita degli stranieri, diventano un preciso impegno politico della giunta Serracchiani. E dalla presidente è già partita una lettera indirizzata al ministero dell’Interno con la richiesta di rivedere la legge Bossi-Fini sul reato di immigrazione clandestina. Ieri, tra polemiche (e urla), l’aula ha approvato la mozione del centrosinistra che assegna una serie di compiti all’esecutivo, chiamato ad agire nei confronti della Prefettura di Gorizia, dell’Ufficio Immigrazione della Questura e di chi gestisce la struttura. Sarà inoltre sotto la stretta responsabilità della Regione verificare l’osservanza della «costituzionalità delle norme e dei regolamenti imposti al Centro», teatro di numerose rivolte scoppiate per mano degli immigrati. La norma sottoscritta da Pd, Sel e Cittadini, che vede come primo firmatario Franco Codega, è a tutti gli effetti una svolta sulla vicenda: d’ora in avanti dovrà essere garantita la possibilità di accesso libero alla comunicazione con l’esterno – stampa compresa – al supporto legale, alla tutela della salute attraverso il Sistema Sanitario Regionale. Agli stessi consiglieri non potrà più essere impedito l’ingresso «in qualunque momento e a qualsiasi ora» al fine di verificare le condizioni. La giunta, inoltre, dovrà darsi da fare con il ministero degli Interni per garantire un «adeguato sostegno» al Comune di Gradisca che si trova nelle condizioni di rispondere a un problema considerato dal centrosinistra «umanitario, di interesse internazionale». E con il governo dovrà adoperarsi «per abrogare le norme non rispettose dei Diritti umani», oltre che sollecitare la riforma della normativa che regola il sistema delle espulsioni e dei trattenimenti, incluso il reato di immigrazione clandestina. In aula si è scatenata la bagarre. Gli interventi che via via si sono susseguiti dal fronte del centrosinistra – prima Codega (Pd), poi Pustetto e Lauri di Sel, poi ancora Cremaschi e Shaurli per i democratici – vengono interpretati dall’opposizione di centrodestra come un tentativo di «creare un fossato tra chi ha il cuore e l’anima per gli immigrati e chi invece li tratta come bestie», per usare le parole del capogruppo Pdl Colautti che, evidentemente, si è sentito sotto attacco. Anche perché l’ordine del giorno presentato dal centrodestra (Lega inclusa, ma curiosamente assente durante il dibattito), poi bocciato, diceva cose non troppo dissimili da quelle della mozione. «Conosciamo il dramma dello scafismo, dell’accoglienza e dell’inserimento», rilevava Colautti. Dell’odg dell’opposizione non sono andati giù i toni, lì dove – stando alle dichiarazioni dei proponenti Ziberna e Novelli (Pdl) – si ricordava che «le degradate condizioni delle strutture sono ascrivibili anche al comportamento dei trattenuti che fomentano le ribellioni, protetti da una certa parte politica». L’aula si è presto surriscaldata durante l’intervento di Pustetto (Sel) interrotto De Anna (Fi): «Vai ad abitare tu al Cie con la famiglia che è il tuo ambiente naturale», ha urlato. Ecco allora i tentativi di Lauri, ancora da Sel, di far capire che gli ospiti sono persone «che fuggono da una guerra o cercano condizioni di vita migliori». O di Codega che metteva in luce, come pure i grillini, le condizioni in cui i “trattenuti” sono costretti a vivere, i lunghi tempi di permanenza, la precarietà delle condizioni igienico-sanitarie, la mancanza di attività e la somministrazione di psicofarmaci. Rispondeva di nuovo il Pdl, sempre con Ziberna e Novelli, rimarcando l’apprezzamento per il lavoro delle forze dell’ordine, oltre che la necessità “di garantire i diritti inviolabili delle persone, sostenere il Comune di Gradisca e assegnare i costi sanitari al Sistema nazionale” non regionale, pretendendo inoltre che tutti i Paesi dell’Ue si facciano carico degli oneri della lotta all’immigrazione clandestina. Approvati, in chiusura, gli emendamenti M5S sulla formazione del personale, la diffusione di materiale di svago e il recupero del campo di calcio della struttura.
Dal Messaggero Veneto
Pd: o al Cie le condizioni migliorano o lo chiuderemo
TRIESTE Il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato una mozione sul Cie di Gradisca d’Isonzo presentata dalle forze di maggioranza. La mozione impegna la giunta a una serie di iniziative nei confronti della Prefettura di Gorizia, dell’ufficio immigrazione della Questura e dei gestori del Cie. Prima del voto, che ha approvato la mozione a maggioranza, la presidente della Regione Debora Serracchiani aveva manifestato all’Aula il favore alla mozione, ma non all’ordine del giorno del centrodestra non condividendone le premesse. Il Consiglio ha accolto tre emendamenti del M5S che integrano la mozione prevedendo la fornitura di libri e altro materiale di lettura ai trattenuti, un’adeguata formazione al personale esterno addetto ai servizi e il recupero del campo di calcio interno del Centro, per fornire un’attività di svago. La mozione così emendata è stata approvata a maggioranza dal Consiglio che, sempre a maggioranza, ha respinto l’ordine del giorno. Il consigliere del Pd Franco Codega, primo firmatario della mozione, ha sostenuto «la completa mancanza di tutela dei diritti all’interno del Cie per i trattenuti». «O quel centro cambia – ha fatto eco il capogruppo del Pd Cristiano Shaurli –, oppure questa Regione lo chiude». La consigliera Silvana Cremaschi (Pd) ritiene sprecati i soldi spesi per un Centro che non garantisce nessuno, nè i trattenuti, nè le forze dell’ordine, nè i cittadini. «Il Cie di Gradisca d’Isonzo è da molti riconosciuto come il peggiore fra quelli presenti in Italia – ha sottolineato Giulio Lauri, capogruppo di Sel in Consiglio –. I Cie vanno chiusi, tutti, ma se c’è uno da cui bisogna cominciare, così come ha chiesto anche la presidente Serracchiani, è quello di Gradisca».
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
da Macerie
Diario
Continua la resistenza dei reclusi nel Cie di Torino. Nella giornata di ieri erano in programma alcune espulsioni, ma non tutto è filato liscio come al solito. Un recluso di origine cinese ha fatto così tanto casino sull’aereo da riuscire a non farsi deportare, e la polizia è stata costretta a riportarlo al Centro. Deportazione riuscita con non pochi problemi per un altro recluso di origine siriana, cui la polizia ha dovuto legare mani e piedi per fermare le proteste.
E intanto anche nel Cie di Gradisca la situazione resta calda. Ieri è stato arrestato S. un recluso di origine marocchina, accusato di resistenza e lesioni. Secondo alcune agenzie di stampa (scritte come al solito copiando le veline della Questura) avrebbe mandato al Pronto Soccorso due agenti che erano riusciti a bloccarlo durante un tentativo di evasione. Ma i racconti degli altri reclusi nel Centro friulano parlano chiaramente di ritorsione: S. in tutti questi mesi di proteste è stato tra i più caldi, e la polizia avrebbe deciso di arrestare proprio lui, sperando di sbarazzarsi di un ribelle e di spaventare gli altri reclusi.
I toni del Messaggero al solito sono triviali…
dal Messaggero Veneto del 2 ottobre 2013
Tenta la fuga dal Cie e ferisce due agenti
Un pregiudicato marocchino di 23 anni è stato arrestato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale dopo che, al culmine di un tentativo di fuga, ha ferito un poliziotto e un finanziere intervenuti per bloccarlo
GRADISCA. Un pregiudicato marocchino di 23 anni, ospitato al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo, è stato arrestato per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale dopo che, al culmine di un tentativo di fuga, ha ferito un poliziotto e un finanziere intervenuti per bloccarlo.
Il giovane era riuscito a raggiungere i tetti della struttura. Brandendo un cavo d’acciaio di due metri, ha quindi tentato di fuggire.
All’arrivo degli operatori della sicurezza, ha ferito i due agenti con il cavo procurando loro lesioni per le quali sono state necessarie cure al Pronto soccorso.
Marzo 17th, 2017 — General, Scenari
dal Messaggero Veneto del 2 ottobre 2013
L’elettrodotto Udine-Repudiglia si farà
Lo ha detto l’assessore regionale all’energia Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione del M5s: la Giunta vuole aprire un dialogo con Terna per garantire tempi più certi nella demolizione delle linee obsolete e per migliorare le compensazioni agli Enti locali coinvolti nel progetto
TRIESTE. «Non è in discussione la realizzazione dell’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, tanto più che questa infrastruttura energetica ha già concluso il suo iter ottenendo l’autorizzazione unica ministeriale il 12 marzo scorso».
Ad affermarlo è l’assessore regionale all’Energia, Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione della presidente del Gruppo consiliare del M5S, Elena Bianchi.
In particolare, ricorda l’assessore, con una delibera del 25 ottobre 2012 la precedente Giunta regionale aveva espresso l’intesa con lo Stato ai fini del rilascio, a favore della società Terna, dell’autorizzazione unica ministeriale alla costruzione e all’esercizio dell’elettrodotto.
Con successiva delibera, il 18 aprile del 2012, la Giunta Tondo aveva inoltre approvato lo schema di convenzione tra la Regione e la Terna con lo scopo di definire le misure di compensazione e riequilibrio ambientale a favore delle amministrazioni comunali interessate.
Con la sospensione della convenzione per 90 giorni, decisa il 13 settembre scorso, l’attuale Giunta vuole aprire un dialogo con Terna per garantire tempi più certi nella demolizione delle linee obsolete e per migliorare le compensazioni agli Enti locali coinvolti nel progetto.
«Tutto ciò – osserva ancora Vito – nell’interesse dell’intera comunità regionale. Pertanto verrà definito con la società Terna un nuovo accordo per ottenere una soddisfazione reciproca solo e unicamente su queste due questioni
Marzo 17th, 2017 — General, No OGM
Da Messaggero Veneto del 04/10/13
Ogm, la Regione “apre” 30 associazioni in rivolta
Il mondo anti Ogm si riunisce oggi a Pordenone nella sede della Regione. Alle 14 tocca alla task force per un’Italia libera da Ogm, rete consolidata di 30 associazioni e alcuni parlamentari da anni impegnati sul fronte della valorizzazione della biodiversità e del made in Italy contro il rischio di contaminazione da Ogm. Alle 16.30 tre delle associazioni, (Coldiretti, Aiab e Legambiente) presenteranno la 14a edizione della Biodomenica che si svolgerà domenica anche in regione. Alle 17.30 presentazione della proposta di legge promossa dagli Ecologisti democratici (primo firmatario Susanna Cenni, “regia” di Giorgio Zanin) sulla tutela della biodiversità. (m.m.) L’affaire Ogm scoppiato in provincia si sta tramutando in uno scontro istituzionale con principale imputato il governo del Fvg. E per ragioni diverse. Se le 30 associazioni che afferiscono alla task force «per un’agricoltura libera da Ogm» – oggi a Pordenone – denunciano mancanza di chiarezza, Leonardo Facco in un video postato sul sito di Movimento libertario, attacca i funzionari regionali accusandoli di aver insabbiato i dati scientifici che riconoscono la biodiversità nel campo di Giorgio Fidenato. E anche la magistratura non fa sconti circa il comportamento tenuto dalla Regione. La task force. Aiab, Legambiente e WWf riferiscono di aver incontrato sul tema la presidente Debora Serracchiani che «ha confermato l’indirizzo politico contrario a consentirne la coltivazione futura, motivando la propria convinzione dell’impossibilità giuridica a impedirne ora la coltivazione sugli appezzamenti già seminati». Le associazioni «hanno invitato comunque Serracchiani a valutare ulteriormente le possibilità di azione legale e richiamato il rischio che si profilerà a breve di una immissione anche sul mercato di mais Ogm». Appreso poi del via libera alla trebbiatuta per Dalla Libera e al riconoscimento, in ordinanza, della “libertà di semina”, chiedono chiarezza perché «queste sono le considerazioni della magistratura europea e non quelle del governo che, pur tardivamente, si è pronunciato per il divieto di coltivazione. Non sono affermazioni compatibili con le dichiarazioni di netta volontà politica di avviare politiche agricole e filiere No Ogm in Fvg». Dati scientifici. Ben più pesanti le accuse di Leonardo Facco (da sempre vicino alla causa di Giorgio Fidenato) che, in un video, attacca la Regione – non risparmiando dalle ingiurie il direttore di area – per aver “oscurato” la relazione di un tecnico Ersa sulla biodiversità riscontrata nel mais Ogm seminato da Giorgio Fidenato. Il sopralluogo del tecnico, sollecitato da un biologo amico di Fidenato, avrebbe prodotto una relazione mai diffusa perché scomoda, è la tesi di Facco. La sentenza. Il giudice Rodolfo Piccin, che ha assolto l’agricoltore di Arba, evidenzia che la legge regionale 5/2011 (assessore Claudio Violino) «oltre che posteriore ai fatti in giudizio – scrive il giudice – si rivela anche inapplicabile: i regolamenti di attuazione previsti, e adottati con delibera del 13 dicembre 2012, non sono mai entrati in vigore, poiché tale delibera non è mai stata pubblicata in Bur». E aggiunge: «Vi sarebbe in ogni caso da dubitare seriamente della compatibilità tra la normativa regionale e quella comunitaria» posto che la prima è «in palese contrasto con la disciplina dettata dall’Unione europea».
Dal messaggero Veneto del 03/10/13
Ogm, la Regione “apre” a quelli ammessi in Europa
Riconosce, alla luce del “processo Fidenato”, che «la messa in coltura di varietà di mais iscritto nel catalogo comune europeo sia da considerarsi libera», che la normativa «consente l’impiego di prodotti geneticamente modificati» e che «la messa in coltura di varietà di mais Ogm autorizzate e iscritte al catalogo comune non può essere assoggettata ad una procedura nazionale di autorizzazione». Allo stesso tempo, però, detta prescrizioni stringenti per la trebbiatura del Mais mon 810. La Regione, con l’ordinanza del direttore di servizio del Corpo forestale, Massimo Stroppa, indirizzata a Silvano Dalla Libera, rompe il silenzio e i tabù di questi anni. Riconosce il diritto europeo alla semina di una varietà ogm stabilita dal catalogo europeo e traccia in modo chiaro la linea entro la quale un agricoltore che ha seminato mais transgenico – e il vicepresidente di Futuragra ha seminato complessivamente 1,09 ettari – deve muoversi. Una linea che anticipa il regime di coesistenza mai sancito fino a oggi. Il documento, richiamando la raccomandazione della commissione europea del 13 luglio 2010 sulla coesistenza, la sentenza della Corte Costituzionale del 7 febbraio 2006, la legge regionale 5 del 2011 e la nota dell’Ersa inviata a Dalla Libera a settembre, evidenzia che l’agricoltore deve «osservare gli accorgimenti necessari a evitare che le colture di mais Mon 810 nei citati appezzamenti di Vivaro possano determinare la presenza involontaria di mais Ogm in altre colture convenzionali o biologiche». Stabilisce poi 14 punti operativi per evitare la contaminazione, a partire dal fatto che la raccolta del mais dovrà avvenire entro il 10 ottobre. Chiarisce anche che, se tutte le prescrizioni date «non dovessero risultare sufficienti a evitare la nascita di piante erratiche derivanti da semi accidentalmente caduti a terra, nella primavera 2014, anteriormente alla successiva semina, si dovrà procedere al diserbo dell’appezzamento a mezzo di erbicida ad azione sistemica». La nota, seppure tecnica, ha un alto valore politico per Dalla Libera e Futuragra perché «è la prima volta che la Regione dichiara apertamente di riconoscere e rispettare la norma europea. E’ una vittoria del diritto e della libertà d’impresa», ha proseguito Dalla Libera. «Siamo finalmente a una svolta che apre per il settore agricolo una nuova opportunità per risollevarsi da una crisi che non ha precedenti nella storia del nostro Paese», evidenzia l’agricoltore. L’ordinanza rischia invece di essere una doccia fredda per la task force per un’Italia libera da ogm, rete consolidata di 30 associazioni che proprio domani sarà a Pordenone assieme a parlamentari che sostengono la causa e a esponenti di associazioni del Veneto, per riportare l’attenzione sul caso di Vivaro e denunciare il rischio contaminazione. Martina Milia
Marzo 17th, 2017 — General, Loro

Il presidente Zaia propone e fa approvare dalla giunta veneta una delibera che prevede il raddoppio dell’attuale tracciato ferroviario. «Il percorso litoraneo ha un impatto elevatissimo»
UDINE. Luca Zaia boccia la linea dell’assessore veneto Renato Chisso e sposa quella di Debora Serracchiani sul percorso della Tav. La giunta regionale del Veneto, su proposta appunto del presidente Luca Zaia, ha approvato la delibera che conferma la scelta di realizzare la Ferrovia Alta Capacità/Alta Velocità da Mestre a Trieste lungo il tracciato dell’attuale linea ferroviaria.
«Abbiamo formalizzato con un atto di indirizzo una decisione già nota – ha sottolineato Zaia – per confermare una scelta già discussa e fatta, così da evitare che qualcuno a Roma possa imbastire speculazioni sulle recenti decisioni statali sulla questione, che fanno riferimento a un percorso definito litoraneo che non ha nè senso nè consenso».
«Il cosiddetto tracciato basso – ha ribadito Zaia – avrebbe tagliato in due la campagna delle bonifiche, era ambientalmente insostenibile e aveva un impatto elevatissimo. La linea in affiancamento a quella esistente dovrà essere approfondita allo stesso livello di progettazione di quanto predisposto da Rfi. Questa soluzione alternativa dovrà prevedere peraltro soluzioni prevalentemente in galleria artificiale in corrispondenza dei centri abitati, di Marcon, Quarto d’Altino, Meolo, Fossalta, di Piave, Musile di Piave, San Donà di Piave, Ceggia, San Stino di Livenza, Portogruaro e Fossalta di Portogruaro, allo scopo di minimizzare l’impatto ambientale sui centri interessati».
«Sarà una linea cosiddetta Ac/Av, cioè realizzata per migliorare il trasporto di merci e persone lungo un corridoio strategico – ha concluso Zaia – che ci connette con i grandi quadranti europei».
sul Piccolo
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/10/03/news/il-veneto-boccia-il-tracciato-balneare-della-tav-1.7856083
Marzo 17th, 2017 — Carceri, General
Report completo e volantino
Lunedì 7 ottobre
solidarietà a Maurizio Alfieri
davanti al Tribunale
di Udine inizio presidio
ore 9.00
Breve report. Buon presidio anche questa mattina. Maurizio Alfieri è uscito dall’aula gridando “viva l’anarchia”; si trattava di un’udienza filtro che è durata 10 minuti. La Prossima udienza si terrà a Trieste l’8 febbraio.
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Maurizio Alfieri è stato portato
presso il carcere di Udine.

Domenica 6 ottobre ore 17.00
presidio sotto il carcere in Via Spalato
Volantino distribuito all’iniziativa
del Police Departement sulle cerceri
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Marzo 17th, 2017 — General, Val Susa
“Hanno vinto i No Tav, sono più forti dello Stato. Lunedì metto la società in liquidazione”. Lo annuncia Beppe Benente, titolare della Geomont di Bussoleno (Torino), dopo che stamattina la Commissione bilancio della Camera ha respinto l’emendamento a tutela delle imprese che lavorano al cantiere della Torino-Lione. “Alzo bandiera bianca – ribadisce Benente, la cui ditta ha subito due attentati in un mese – perché mi sento abbandonato dallo Stato”.
Benente afferma di “non avere mai chiesto niente” allo Stato, anche se confidava “in un gesto simbolico, che facesse capire ai No Tav e alla gente che lo Stato ci è vicino. Ringrazio coloro che ci hanno provato, ma non si è arrivati neanche a questo. Mi sento preso in giro”. La Geomont è passata da 34 a nove dipendenti nell’arco di due anni. “A queste condizioni – riflette Benente – non si può più andare avanti. Lo Stato ti chiede i soldi in anticipo, ti bastona con il Fisco e non ti tutela contro quelli che ti bruciano i macchinari. Come possiamo fare? Francamente, mi costa meno andare a sciare tutto l’inverno e stare più vicino ai miei figli”.
Non si tratta, secondo l’imprenditore, di una questione economica: “Non ho mai chiesto soldi a nessuno, semmai sono stati altri a prometterli – afferma – e, anzi, ad altre condizioni sarei stato anche pronto a indebitarmi con un finanziamento agevolato e restituire il denaro nell’arco di qualche anno. Ma in Italia non si può più pensare di fare imprenditoria. Quanto accaduto oggi è la dimostrazione che come qualcuno tenta di fare qualcosa subito gli tagliano le gambe”.
Benente aveva manifestato il proposito di chiudere l’azienda già un mese fa, dopo che gli furono incendiati alcuni mezzi. Mercoledì mattina un altro attentato. “Non è cambiato nulla – conclude – e oltre al danno c’è anche la beffa, perché i No Tav sui siti si permettono addirittura di scrivere che mi sono incendiato i mezzi da solo. Sono stanco anche di questo fango. L’ho già detto: hanno vinto loro”.
Marzo 17th, 2017 — General, Loro
da Il Piccolo del 5 ottobre 2013 pag. 34 – Gorizia-Monfalcone
Centrosinistra: la Tav stravolge i territori
SAN CANZIAN Il gruppo di minoranza “Centrosinistra per San Canzian futura” difende il proprio voto di astensione sulla delibera relativa al parere sulle integrazioni al progetto dell’Alta velocità ferroviaria effettuate da Italferr al progetto preliminare della Tav. «La maggioranza presenta una proposta di delibera in merito alle osservazioni sulla Tav – spiega il gruppo -. La minoranza si dichiara d’accordo sulle proposte di integrazione, perchè volte a difendere e tutelare la popolazione locale, però dichiara di non poter accettare l’affermazione contenuta in uno degli allegati alla delibera che considera “necessaria per lo sviluppo futuro del Paese la costruzione della linea Av-Ac”». Il gruppo ritiene che, proprio in virtù del presumibile rapporto costi-benefici dell’opera, in un momento di grave crisi economica, «non si può accettare il progetto di Alta velocità». «Noi riteniamo importante intervenire per potenziare l’attuale linea ferroviaria – ribadisce il gruppo – e non certo per interventi faraonici atti a stravolgere la struttura dei nostri territori. Ecco perché in sede di votazione i consiglieri di “Centro sinistra per San Canzian” si sono astenuti. Secondo la logica della maggioranza – prosegue – l’astensione significa “non volere che i cittadini siano indennizzati”. Non si capisce bene da dove derivi una tale conclusione. A meno che non si pensi che l’intento sia quello, ampiamente esercitato, di gettare discredito sulla minoranza, adottando qualsiasi pretesto, spesso inconsistente. Questo però è il modo di fare politica nel nostro Comune. Non resta che rassegnarsi – conclude – e continuare con serietà a fare il nostro lavoro di consiglieri di opposizione».
da Il Piccolo del 2 ottobre 2013
«No alla Tav senza una tutela per le case»
Il Comune di San Canzian chiede una fascia boscata per mascherare le barriere antirumore
SAN CANZIAN D’ISONZO. Pur ritenendo il progetto dell’Alta velocità-Alta capacità ferroviaria necessario per lo sviluppo futuro del Paese, amministrazione comunale e maggioranza al governo di San Canzian d’Isonzo preannuncia parere negativo nel caso in cui non siano accolte le osservazioni già presentate nel 2011. «E di cui non c’è alcuna traccia nelle integrazioni apportate da Italferr su richiesta della commissione di Via», ha sottolineato nell’ultima seduta del Consiglio comunale il vicesindaco e assessore ai Lavori pubblici, Luciano Dreos. Tant’è che questa volta l’amministrazione comunale è stata impegnata dal Consiglio a inviare il giudizio non solo alla Regione, ma anche, direttamente, ai ministeri coinvolti e agli esponenti politici del territorio. Il documento ribadisce quindi come imprescindibile l’allargamento della fascia di rispetto a 30 metri dalla linea. In questo modo le abitazioni da abbattere sarebbero 30, ma si eliminerebbero i pesantissimi disagi per chi si troverebbe a ridosso dei 10 metri di distanza dal tracciato. In ambito residenziale si chiede di nuovo la formazione di una fascia boscata di mascheramento delle barriere antirumore e che nelle zone extraurbane, dove non ci saranno pannelli fonoassorbenti, sia eseguito un terrapieno di mitigazione visiva. Vengono riproposte tutte le perplessità espresse a inizio 2011 sulle fasi di cantiere. A iniziare dalla richiesta di mantenere il cavalcaferrovia esistente di Pieris fino a quando non venisse costruito quello nuovo, prospettato dal progetto di Italferr. «In caso contrario una mole enorme di traffico attraversebbe Begliano», ha ricordato Dreos. Nel documento si richiede anche un’analisi costi-benefici dell’opera e la precisazione degli scenari dal punto di vista dei volumi di traffico, rilevando, inoltre, che il progetto preliminare non contiene alcuna previsione di raccordo tra la nuova linea e il porto di Monfalcone. Pur condividendo l’esigenza di tutelare la comunità, i quattro consiglieri presenti del Centrosinistra per San Canzian futura si sono astenuti, confermando la scelta di non ritenere “necessaria” la Tav, a differenza dell’amministrazione comunale. «Il gruppo di minoranza astenendosi ha scelto di non scegliere – attacca il gruppo di maggioranza Centrosinistra democratico -, accettando però così supinamente tutto quello che ci vene proposto da Italferr. Astenersi dal presentare osservazioni significa non richiedere compensazione per i cittadini, non avere nessuna opera di compensazione viaria a seguito dell’insediamento dei cantieri e accettare la chiusura della regionale 14 a Begliano». Significa, ancora secondo la maggioranza, «considerare indispensabile la costruzione del nuovo raccordo tra il Bivio D’Aurisina e Trieste, benché non sia supportato da analisi tecniche e trasportistiche» e «accettare che il porto di Monfalcone non sia collegato alla linea di alta capacità, limitandone l’operatività futura».
Marzo 17th, 2017 — General, Manifestazioni locali




UN CIMITERO CHIAMATO MEDITERRANEO
In questi ultimi giorni sono balzate ai dubbi onori della cronaca nostrana la notizia della morte in mare di centinaia di persone alle porte della Sicilia. “Tragedia”, “cordoglio”, “lutto nazionale”, “ecatombe”…forse è il numero, forse la vicinanza alle coste a rendere visibile questa strage. Certo è che purtroppo non c’è nulla di nuovo in quanto accaduto: dal 1988 sono quasi 25mila i decessi di cui si ha notizia – non è possibile ricostruire il dato reale – lungo le frontiere della Fortezza Europa.
Ora sono “poverini”, “disgraziati”, “disperati”, se fossero giunti a terra fuori da un sacco nero sarebbero stati probabilmente chiamati “clandestini”, “delinquenti”, “criminali”, “puttane”.
Ma chi sono?
Non lo sappiamo: delle storie e dei percorsi individuali è inutile parlare se non li si conosce. Due cose sole di certo possiamo sapere. La prima è che erano esseri umani: né disgraziati né criminali né donne incinte né puttane. Esseri umani.
La seconda quali erano i luoghi da cui questi esseri umani provenivano: nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di profughi da luoghi di conflitto (delle circa 30mila persone che si calcola siano arrivate in Italia via mare nel corso del 2013, quasi 2/3 provengono dalla Siria, dalla Somalia o dall’Eritrea). E non è un caso che una grossa fetta di quelli che arrivano, se non muoiono nel frattempo, faccia richiesta di asilo politico. Perchè davvero, chi ha una qualunque alternativa, difficilmente affronta un viaggio simile.
L’Italia e l’Europa formalmente garantiscono la possibilità di fare richiesta d’asilo, ma di fatto viene impedito con ogni mezzo alle persone di accedere a questo diritto. Salvo poi scaricare tutta la responsabilità sullo scafista di turno, che se di certo rappresenta degnamente la banalità del male, di fatto non è che la logica conseguenza delle leggi e delle regole vigenti. Perchè, di nuovo, chi ha un’alternativa difficilmente si rivolge agli scafisti. E’ banale dirlo, ma non viene detto mai.
La stampa e il ceto politico tutto, al di là delle facili lacrime del momento, proseguono imperterriti da anni a battere sulle retoriche dell’invasione. Eppure a guardarla bene, la situazione è completamente diversa dagli anni passati: lo dicono i numeri. Da un paio d’anni gli sbarchi sono in forte diminuzione in Spagna e anche in Grecia, le altre due frontiere calde dell’Europa sul Mediterraneo. E mentre calano gli arrivi, aumentano a dismisura le partenze. Mezzo milione di latinoamericani hanno lasciato nel 2011 la Spagna. Il 15% degli albanesi che lavoravano in Grecia è tornato a Tirana. E dall’Italia, secondo l’Istat, lo scorso anno almeno 800mila emigrati hanno lasciato il nostro paese in fuga dalla crisi e in cerca di lavoro altrove (con buona pace delle esternazioni leghiste sul paese di Bengodi). Sono cifre da capogiro, altro che rotta libica o siriana. Eccola la nuova rotta. È la via del ritorno, della fuga dall’Europa in crisi.
Ma l’Europa, ancora una volta, non è capace di cogliere in tempo i segnali della storia.
Affinchè non avvegano più queste stragi basterebbe quindi permettere a quelle poche decine di migliaia di persone, che ogni anno rischiano la vita nelle traversate, di viaggiare comodamente in aereo, con un regolare passaporto.
Ma sarebbe logico, pratico, umano e non servirebbe ad alimentare le retoriche della paura.
Per quanto semplice non viene fatto perchè significherebbe mettere in discussione le leggi in vigore in Italia (Turco-Napolitano e Bossi-Fini) e gli accordi europei a partire da quello di Schengen che sono l’architrave di tutta la politica migratoria vigente.
Sono queste leggi e trattati, chi li ha sostenuti e votati, i diretti responsabili di questi massacri.
Antirazzisti e antirazziste per una società senza confini
Ansa | Pubblicato: 04/10/2013 16:59 CEST | Aggiornato: 04/10/2013 16:59 CEST