Monfalcone:amianto emergenza infinita

da Il Piccolo del 9 febbraio 2014

Amianto, emergenza infinita: i decessi continueranno

Nel 2013 a Monfalcone ben 150 denunce, a gennaio 2014 già quattordici: dopo il maxi processo ce ne saranno almeno altri due

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Non è affatto finita l’emergenza amianto nel territorio di Monfalcone e di Trieste, i tragici effetti causati dalla respirazione della fibra-killer usata nei cantieri e in altre lavorazioni stanno provocando altre morti e ci saranno tanti altri processi e inchieste. Nel territorio isontino e giuliano la curva dei carcinomi al polmone ha raggiunto il suo picco massimo ormai e sembra in discesa, mentre i casi di mesotelioma, con effetti ritardati, presentano un grafico ancora in netta ascesa.

Il dramma amianto resta enorme in queste zone e non si intravede la parola fine: è stata piuttosto chiaro il Procuratore generale di Gorizia, Caterina Ajello che ieri all’incontro organizzato in Biblioteca comunale dall’associazione internazionale Apin (Persone vittime dell’amianto) con vari ospiti ed esperti, non ha dato molte speranze. «Solo nel 2013 ci sono state 150 denunce per malattie asbesto correlate e nel gennaio 2014, appena terminato, abbiamo avuto altre 14 denunce» ha annunciato facendo capire la vasta portata della tragedia che per ora ha visto la conclusione del primo maxi processo (dal 2009 ad oggi i casi sono oltre 700) ma ce ne saranno presto altri due e poi chissà quanti ancora.

Un momento di approfondimento di grande rilievo quello di ieri pomeriggio che oltre al procuratore Ajello e a vari esperti, legali e responsabili dell’Azienda sanitaria di Trieste Gorizia ha visto tra il pubblico (la sala era colma oltre il limite dei posti) moltissimi avvocati e lo stesso pm Valentina Bossi che ha appena concluso il primo processo dove sono state inflitte pesanti condanne. Tra gli ospiti al tavolo pure Roberto Covaz, responsabile della redazione di Gorizia e Monfalcone e autore di un libro sull’amianto.

Ed è stata l’occasione per esperti e pubblico (molti i componenti delle associazioni esposti amianto) per vedere la grande mole di lavoro fatta dagli esperti delle aziende sanitarie a fianco di giudici , procuratori e delle forze dell’ordine, che è sfociata poi nella apertura del primo grande maxi-processo. Indagini di una complessità mai affrontata forse da una Procura ai minimi termini come quella di Gorizia (un procuratore generale e due sostituti, assolutamente sotto-organico), lo ha ricordato Caterina Ajello al sindaco Silvia Altran che all’inizio dopo aver portato il saluto ha lamentato la lunghezza delle reazioni a questa tragedia e soprattutto della risposta da parte della giustizia.

Sono stati proprio i dati, le cifre e i numeri a fare impressione e a dare la dimensione di una catastrofe dei tempi modermi per Monfalcone e Trieste, che si è consumata tra gli anni ’60 fino all’85 (l’amianto è diventato illegale dal 92) ma che vedrà i suoi effetti ancora per lungo tempo, e la questione drammatica è che nessuno sa quando finirà. Una tragedia che ha ucciso e sta uccidendo non solo molti lavoratori, per la gran parte uomini, che sono venuti a contatto con l’amianto, ma anche le loro compagne, le donne che a casa lavavano le loro tute impregnate dalla fibra killer e probabilmente anche i figli piccoli.

Quarantamila documenti visionati, un processo concluso, altri 2 pendenti, almeno 290 fascicoli ancora di indagini preliminari. Una guerra che sembra non avere fine.

TRIESTE: manifesto del Germinal verso il 22 febbraio

NoTav-22febbraio PICCOLO

Ancora sulla storia degli anarchici a Monfalcone

da Il Piccolo del 10 febbraio 2014
Pagina 1 e 18 – Gorizia-Monfalcone

Venne dal Carso la bomba destinata al Duce

Lo storico Meneghesso riscostruisce le vicende degli anarchici bisiachi a inizio ’900. Incluso l’attentato a Mussolini del ’26

 
di Giovanni Tomasin
Anarchismo monfalconese. L’abbinamento delle due parole potrà sembrare strano in una città operaia che nella seconda metà del Novecento ha visto le grandi lotte politiche e sindacali svolgersi sotto le bandiere rosse del partiti comunista e socialista. Eppure vi fu un tempo, fra la nascita del cantiere nel 1907 e l’affermarsi del regime fascista, in cui i vessilli neri degli anarchici rispondevano alle istanze più libertarie ed incendiarie degli operai, raccogliendo attorno a sè ampio consenso: la loro è una storia di impegno politico e culturale, di scioperi, di soprusi padronali, di atti di violenza. Una vicenda piccola, forse, che si inserisce però nel contesto ampio di uno dei periodi più complessi della storia europea: è da Monfalcone, ad esempio, che partirono le bombe con cui l’anarchico Gino Lucetti nel 1926 attentò alla vita di Benito Mussolini. Questa storia perduta è stata dissepolta, come un’ascia di guerra, dallo storico Luca Meneghesso (udinese ma residente a Monfalcone) in una tesi di laurea intitolata “Per una storia degli anarchici a Monfalcone (1908-1926)”, relatore Claudio Venza. Andando a spulciare tra le riviste dei movimenti dell’epoca, negli schedari dello spionaggio di regime, parlando con i discendenti dei protagonisti e con chi poteva riportare testimonianze quasi dirette, Meneghesso ha posto le basi per una storia dell’anarchismo in Bisiacaria agli inizi del Novecento, e ricostruito le vicende delle prime battaglie sindacali del cantiere di Monfalcone.
 
Nasce il cantiere
«Quando i Cosulich decisero di costruire il cantiere da queste parti – spiega Meneghesso -, uno dei fattori che contribuirono alla scelta del luogo fu il carattere rurale dell’area: pensavano che i contadini fossero politicamente meno pericolosi della manodopera di Muggia, più qualificata ma più attiva». La scommessa dei Cosulich si dimostrò sbagliata, e i contadini della Bisiacaria e della Bassa friulana, vestite le tute degli operai, mostrarono da subito una certa predisposizione alla lotta sindacale. Un ambiente in cui le idee anarchiche trovavano un ideale brodo di coltura.
 
Gli scioperi per Ferrer
«È significativo che il primo sciopero politico del cantiere – spiega Meneghesso – si sia svolto il 15 ottobre del 1909, per protestare contro l’esecuzione in Spagna del pedagogista libertario Francisco Ferrer». La fucilazione del rivoluzionario spagnolo generò un’ondata di proteste in tutta Italia: «La manifestazione di Monfalcone non deve essere stata molto pacifica – scrive Meneghesso – visto che quasi tutto il gruppo dirigente socialista viene incarcerato e 13 operai vengono in seguito rinviati a giudizio». Nel primo anniversario della morte di Ferrer i socialisti optarono per una commemorazione più pacata, una riunione serale dopo il lavoro. I libertari, che il socialista Luigi Tonet definì «un gruppo di sconsiderati», incitarono però gli operai a lasciare il posto di lavoro: dopo un po’ di dibattito il cantiere si svuotò. In seguito i socialisti accusarono gli anarchici di aver usato il nome di Tonet per convincere gli indecisi (è facile immaginarli: «ga dito Tonet de scioperar!»). La cosa si ripetè l’anno successivo, con il medesimo risultato. Tanto che i socialisti, scrive Meneghesso, accusarono gli anarchici «con frasi forti di essere fannulloni che colgono qualsiasi occasione per fare festa e andare a bere il vino nuovo».
 
Il caso König
Non erano tempi facili. Si fronteggiavano i soprusi sul posto di lavoro e la violenza operaia. È significativo il caso del caposquadra boemo König, i cui metodi suscitarono violente proteste negli operai. L’operaio di origine dalmata Matteo Silgig, dopo un licenziamento ingiustificato, arrivò a prenderlo a rivoltellate. Poi, credendo d’averlo ucciso, si tagliò la gola con un rasoio. Gli operai reagirono con una manifestazione spontanea e poi con un corteo funebre con tanto di comizio.
 
Lo spazzacamino anarchico
La storia degli anarchici monfalconesi è fatta anche da personaggi le cui biografie, dal pittoresco al tragico, Meneghesso ha ricostruito con accuratezza, laddove le fonti lo consentivano. A dispetto della scarsezza di informazioni, il ricercatore delinea con efficacia la figura di Ermenegildo Gon, uno degli anarchici più rappresentativi del panorama bisiaco: «Dipinto come inafferrabile spazzacamino che propagandava le proprie idee libertarie ed antifasciste girando di casa in casa». Esule in Francia per un periodo durante il regime, era un cardine dell’anarchismo monfalconese ancora nel secondo dopoguerra, quando la sua casa fu oggetto di un attentato bombarolo.
 
Il fascismo
L’avvento del fascismo segnò il forzato declino del movimento anarchico a Monfalcone: violenze, schedature, persecuzioni costrinsero i libertari al silenzio o all’esilio. I singoli sopravvissuti al regime e alla Seconda guerra mondiale continuarono anche in seguito a testimoniare la storia del movimento, ma dagli anni Quaranta in poi le bandiere nere non riuscirono più riprendere il seguito di un tempo: il mondo era cambiato. Un passaggio di rilievo riguarda il fallito attentato di Lucetti a Mussolini: gli ordigni usati dall’anarchico contro il dittatore gli erano stati forniti, attraverso un tramite, dal triestino Umberto Tommasini, e provenivano dal Carso monfalconese. Con tutta probabilità era stato qualche anarchico monfalconese a raccoglierle, senza immaginare a cosa sarebbero servite. Ma la conclusione più adatta a questa storia è forse quella dei tre anarchici catalani che in modo rocambolesco si unirono alla Resistenza nella brigata Fontanot: insegnarono ai partigiani comunisti una canzone anarchica che questi cantarono entrando a Monfalcone il 1 maggio 1945.

CIE DI GRADISCA: buona notiza, assolti 9 reclusi!

Dal Piccolo del 11/02/13

Danneggiamenti al Cie, 9 assoluzioni

 

GRADISCA Dopo cinque udienze, alcune rinviate, nove immigrati nordafricani (otto marocchini e un egiziano), ospiti del Cie, sono stati assolti dall’imputazione di danneggiamento aggravato per non aver commesso il fatto. L’episodio incriminato era accaduto nell’agosto del 2009 nel centro immigrati di via Udine. Forse dell’ordine avevano scoperto, a circa 2 metri da terra, un foro del diametro di 50 centimetri che permetteva di arrivare al sottotetto della struttura. Foro che era occultato con dei fogli di giornale. Era il periodo di continue evasioni dal Cie e anche di vari danneggiamenti provocati dagli immigrati proprio per cercare di fuggire. E il foro era stato realizzato proprio per agevolare la fuga degli immigrati. Le indagini condotte dalla polizia aveva portato alla denuncia dei nove immigrati, che erano stati poi rinviati a giudizio per danneggiamento aggravato dal fatto di aver agito su un edificio pubblico. Ma le deposizione rese dai testimoni nelle varie udienze non hanno chiarito se erano stati gli imputati – su tre di questi sono emersi forti dubbi sulla loro identificazione – a compiere i danneggiamenti. Proprio puntando sull’incertezza delle accuse i difensori degli imputati – gli avvocati Elena De Luca e Marzia Como dello studio legale Marchiori – hanno sostenuto l’insussistenza di prove sufficienti alla condanna, in primis esistendo seri dubbi sulla corretta identificazione di diversi imputati. Argomentazione che sono state accolte dal giudice monocratico Raffaele Russo, che ha assolto tutti gli imputati per non aver commesso il fatto. Il pm Laura Santagiuliano aveva chiesto pene varianti da un anno e 3 mesi a un anno e un mese. (fra. fem.)

UDINE/ venerdì 14 febbraio iniziativa sulla Palestina

Venerdì 14 febbraio 2014

Ciclo Palestina Libera Udine

presentazione del libro

“Perchè amo questo popolo” 

Storie di resistenza palestinese da Gaza

palestinalibera

Con la presenza dell’autrice Silvia Todeschini

 

SALA B c/o ERDISU

 

V.le Ungheria 45/A Udine 

“Non ti dedicherò questo libro, fratello.
Non si dedicano i libri ai morti, perché i morti non ne possono trarre forza ne’ coraggio o ispirazione.
Per questo non ti dedicherò questo libro, fratello.

Lo dedicherò però a tutte e tutti coloro che hanno deciso di portare alto l’ideale che ti è stato violentemente strappato dalle mani:

A chi resiste.
A chi lotta.
A chi insorge.

perché, per quel che possono fare la cellulosa e l’inchiostro, o queste poche parole scompigliate, storie di gente non così lontana possano servire a chi resiste, lotta e insorge per attingere forza, o coraggio, o ispirazione.”

Questa che avete appena letto è la dedica, e qui trovate la descrizione del libro:

 http://libera-palestina.blogspot.com/2013/11/perche-amo-questo-popolo-lidea-che-ce.html

SAN GIORGIO DI NOGARO/ Conferenza No Tav

Circa ottanta persone hanno partecipato alla conferenza | Rassegna stampa

no-ta-19-02-14

 

San Giorgio di Nogaro Villa Dora 19 febbraio ore 20.30

a che punto siamo

 

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UDINE/ Forconi: The End

Il flop dei forconi era già chiaro dal 18 gennaio in seguito al fallimento della manifestazione nazionale a Roma.

Ad Udine, più che nel resto della Regione, avevano goduto una settimana di successo dal 9 al 14 dicembre, riuscendo a strumentalizzare il disagio e le sofferenze diffuse in vari strati sociali in seguito alla crisi.

Grazie all’ambiguità del loro capo, Alessandro Gallo, ad Udine, il cosiddetto “coordinamento 9 dicembre” era riuscito ad intortare anche molta gente senz’altro non di destra, anche se si è lasciata egemonizzare dalla furbesca sloganistica di casapound.

Abbiamo seguito passo passo la loro evoluzione intervenendo in vari modi per ostacolarli, con iniziative che hanno avuto anche significativa efficacia.

Dei forconi non resterà nulla.

Quello che invece purtroppo resta è il ringalluzzimento di casapound che, come si diceva un tempo, è passata dal “doppio petto al manganello”.

Casapound, grazie ai contatti sviluppati al presidio di piazzale Osoppo, ha potuto avere una certa ramificazione nel territorio come si è potuto vedere con la conferenza di Basiliano a favore degli Ogm del 13 gennaio, che comunque è stata anch’essa efficacemente, boicottata, da chi ha capito che l’antifascismo in Friuli non si fa solo il 25 aprile e non solo ad Udine, ma sempre e su tutto il territorio friulano.

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Messaggero Veneto online 16 febbraio 2014

 

 

 

 

 

 

 

NO TAV/ 22 febbraio ad Udine e Trieste

Iniziative in Friuli Venezia Giulia

ad Udine (inizio presidio ore 16.00, partenza corteo ore 17.30 da Piazza Libertà)

e Trieste (ore 16.00 Piazza Hortis)

notav-22-febbraio

 

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UDINE/ Carcere: battitura solidale

carcere-rid

Report. Una trentina di persone ha partecipato al presidio con una efficace, runorosa e prolungata battitura sulla sbarre del carcere.

Venerdì

21 febbraio

dalle 21

alle 23 

davanti

al carcere

di Udine 

Presidio

e battitura

solidale 

con

i detenuti

in sciopero

della fame 

 

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San Canzian dice no al tracciato della Tav

da Il Piccolo del 20 febbraio 2014 – Pagina 27 – Gorizia-Monfalcone

San Canzian dice no al tracciato della Tav

L’assessore Dreos: «Il progetto non ha tenuto conto dei suggerimenti formulati» La strada provinciale Fogliano-Pieris rimarrà chiusa per tutta la durata dei lavori

 

SAN CANZIAN D’ISONZO Nonostante le integrazioni, il progetto preliminare della Tav nella tratta Portogruaro-Ronchi dei Legionari non è senza pecche, secondo il Consiglio comunale di San Canzian d’Isonzo. Anche perché, come spiegato dall’assessore ai Lavori pubblici, Luciano Dreos, dei correttivi suggeriti dal territorio non si è tenuto molto conto. Nell’ultima seduta dell’assemblea, è stata quindi approvata, dalla maggioranza, che l’aveva proposta, un’ipotesi alternativa rispetto alla soluzione da progetto per il viadotto di attraversamento dell’Isonzo. Il progetto di Italferr prevede che il futuro viadotto attraversi il fiume con la quota delle rotaie a più 18,50 metri, circa 6 metri in più dei ponti ferroviari esistenti. Con un impatto visivo nel tratto tra il fiume Isonzo e l’ex stazione di Pieris a dir poco importante, considerando che le rotaie all’intersezione con la strada provinciale numero 1 Fogliano–Pieris saranno a una quota di 16,88 metri, circa 7,50 dal piano stradale. Il gruppo di maggioranza Centrosinistra Democratico ha quindi proposto l’abbassamento del nuovo viadotto, impostando le travi alla quota di più 13 metri, quindi a un metro sopra la quota superiore dell’argine, e di raccordare la linea con gli attuali binari nell’ex stazione di Pieris. Per evitare la chiusura della Sp 1 durante i lavori, e fino alla dismissione della linea storica, è stata richiesta invece la costruzione di una strada di by-pass, con la creazione di un sottopasso ferroviario e una nuova bretella stradale di variante alla Sp 1 stessa. Questa soluzione, secondo l’assessore Dreos, consentirà, oltre che di evitare la chiusura della Sp 1, un minor costo del tratto ferroviario tra l’ex stazione di Pieris e il fiume Isonzo e, soprattutto, un minor impatto visivo dell’opera, che potrà essere mitigata con terrapieni o fasce boschive. Il gruppo di maggioranza Centrosinistra Democratico ha quindi reiterato le richieste già formulate nei documenti precedenti. In particolare sono state ribadite quelle concordate con i cittadini interessati e che riguardano la demolizione e la ricostruzione in altro loco, prima dell’inizio dei lavori, di tutte le case entro una fascia di 30 metri dalla ferrovia e la formazione su tali aree di una fascia boscata a mimetizzazione delle barriere antirumore. «L’amministrazione comunale non intende chiedere opere pubbliche a compensazione del passaggio della linea Av-Ac – ribadisce l’assessore Dreos -, ma pretende che siano soddisfatte in primo luogo le esigenze abitative dei suoi cittadini, che in prima persona subiranno gli effetti dell’allargamento della ferrovia. Riteniamo che lo sforzo finanziario richiesto sia pienamente sostenibile per un’opera di un tale impatto sociale».