Entries from Marzo 2017 ↓

UDINE/ Lotta contro gli sfratti

giovedì 13 giugno Udine

 

Comunicato:
La casa è un diritto e va fatto rispettare!
Così, quando una giovane coppia di disoccupati con un figlio rischia di essere sfrattata, ha due possibilità: subire e finire sulla strada ,o resistere e denunciare l’abuso facendo valere la fatica del proprio lavoro con cui s’è pagato l’affitto. Per garantire a chi si ama una casa dignitosa.

Socializzare il problema è stato il primo passo per uscire dall’isolamento, ed è per questo che oggi una ventina di persone hanno deciso di presidiare ed aiutare uno dei molti casi di necessità e di ingiustizia presenti nel nostro territorio. Anche se del problema casa a Udine non se ne parla molto non vuol dire che non sia esistente, anzi, è vasto e ricco di soprusi, situazioni di ricatto e di difficoltà. Fenomeni sempre più diffusi a Udine come in tutta Italia e vissuti da giovani, e meno giovani, precari, disoccupati, studenti.
La casa è un diritto derubato dal profitto, dalla speculazione su di un bisogno primario, e viene molto spesso dimenticato dalle “istituzioni” che lasciano ammuffire le case sfitte dell’edilizia pubblica. Decine di appartamenti Ater e di enti pubblici come Comune e Provincia rimangono chiusi, contribuendo così al “caroaffitto”, quando sarebbero invece facilmente ri-abitabili attivando dei progetti di recupero e di cooperazione sociale.
Iniziamo a difendere i nostri diritti dal profitto e ad essere solidali per trovare soluzioni nuove che sperimentino pratiche collettive nate dal basso. Concretizziamo la solidarietà per affrontare assieme le ingiustizie. La casa è di chi la abita ed è dei bimbi che ci giocano e sognano.

Rete per la Casa Udine

 

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A noi ci impediscono le iniziative ed i nazi scorazzano

Guarda un pò quanto diventano garantisti i Prefetti quando si parla di concerti dei Nazisti …

“… non serviva un’autorizzazione …”

Nel caso del Nuovo Spazio Sociale di Udine invece, diffida + minaccia di sequestro della strumentazione + invasione con macchine della polizia e dei vigili il giorno dell’evento, in uno spazio coperto da convenzione quindi soggetto a diritto privato

 

NAZISKIN: MEETING INTERNAZIONALE

Pisapia: «Inquietante il raduno neonazi»
Fiano (Pd): «Interrogazione parlamentare»

Proteste per il concerto naziskin in un capannone di Rogoredo.

(LaPresse)(LaPresse)

«Oggi alle porte di Milano si ripropone l’inaccettabile presenza di una manifestazione di chiaro stampo neo-nazista, fatto questa volta maggiormente grave e inquietante data la sua annunciata dimensione internazionale». Lo scrive il sindaco del capoluogo lombardo, Giuliano Pisapia, su Facebook. La protesta per l’iniziativa, in un capannone privato nerlla zona di Rogoredo, di una serie di concerti con gruppi musicali di ispirazione neo nazista. «Milano- prosegue Pisapia nel suo intervento -non può accettare che si svolgano nè ora nè in futuro iniziative che attingano al repertorio dell’intolleranza razziale e politica in qualsiasi forma esse si presentino». «Non consentire un’offesa alla cittá di Milano con il raduno nazista: uno strappo ai principi della legalitá democratica» aveva scritto il leader di Sel Nichi Vendola su Twitter.

LA PREFETTURA – Il raduno «al momento non comporta un allarme di ordine pubblico» aveva scritto la prefettura nel pomeriggio ricordando che l’iniziativa non poteva essere vietata e che agli organizzatori non serviva un’autorizzazione.

INTERROGAZIONE – Emanuele Fiano, deputato Pd responsabile del Forum Sicurezza ha dichiarato: «Si stanno moltiplicando senza sosta eventi come questo. Nell’occasione del raduno vicino a Varese, centinaia di attivisti neo nazi festeggiarono il compleanno di Hitler. Lunedì – aggiunge – depositerò un’interrogazione urgente per capire come mai vengano concessi i permessi per questo tipo d’iniziative».

IL COMUNE – «Nessuna autorizzazione è stata data dal Comune di Milano per la manifestazione, nè, tantomeno, concessa alcuna area di proprietà pubblica». Lo ha precisato Marco Granelli, assessore alla Sicurezza, in merito al raduno skinhead.

Redazione Milano online 15 giugno 2013

DUMBLES/Fuori dai vicoli CIEchi – report

La trama sotto la Loggia

Dunque ieri eravamo a Udine sotto la Loggia del Lionello, non potendo essere nel posto dove avremmo voluto essere per colpa del braccino armato istituzionale che avversa ogni tensione libertaria salvo lasciare libero corso a quella neonazista …. insomma, ieri eravamo sotto la Loggia con Elisabetta Teghil nostra ospite per un dialogo, confronto, dibattito intorno ai CIE.
Un giro interessante guardandoli un po’ da dentro come luoghi di non vita e di  sospensione ed arbitrarietà del diritto,  nella convinzione che il miglior miglioramento, la prima istanza da mettere in campo è la chiusura perchè tutte le altre richieste, se pur legittime spesso legittimano i loro ideatori a renderli socialmente più accettabili.
Perchè guardati da fuori e da lontano nella loro origine e nel loro divenire i CIE sono la continuazione di tutte le colonizzazioni europee con altri mezzi, sono il paradosso dell’espulsione attraverso il confinamento, sono l’estensione di confini dentro la città per l’omologazione e la purificazione della popolazione da soggetti non riducibili alla sovranità statale alla quale potranno eventualmente avere accesso solo dopo aver pagato lo scotto della dis-identità soggettiva.
Un giro fatto da Elisabetta guardando alla esperienza di lotta collettiva femminista e lesbica al CIE di Ponte Galeria e al neoliberismo come matrice dei lager del  ventunesimo secolo e dell’imbarbarimento sociale che permea anche la tragica insolubilità  dei microdissidi quotidiani; un giro fatto da noi guardando anche oltre il neoliberismo, alla necessità di un pensiero che coniughi l’essere quello che si è con il territorio nel quale si vuole vivere non segnato da confini   reali o virtuali, da confini di Stato, e  da colonizzazioni -preesistenti al neoliberismo-, da nazionalismi guerreggiati ma mai risolti…
Ma qui si aprono altri percorsi di ragionamento fecondi di pensiero e confronto, altre trame da mettere in campo perchè con Elisabetta, siamo pienamente convinte e concordi, occorre tramare e costruire vie di fuga.

Di seguito alcune immagini dell’incontro. Seguirà un’altra puntata? Probabilmente sì.

TRIESTE: foto della presentazione di “ARCIPELAGO CIE”

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OGM: Fidenato ha seminato il suo mail ogm

Dal Piccolo del 16/06/13

Riparte la sfida degli Ogm Semina pubblica a Vivaro

 

di Domenico Pecile w VIVARO Polizia, carabinieri, vigili urbani. E anche la celere di Padova. Un deterrente tanto inevitabile quanto inutile. Si temevano proteste. Si ipotizzavano manifestazioni di dissenso. Si temevano addirittura provocazioni e scontri. Previsioni smentite. Tutto è filato liscio con buona pace delle forze dell’ordine e, soprattutto, di Giorgio Fidenato destinato a passare alla storia come il primo agricoltore che ha seminato mais transgenico in Italia, sfidando anche una recente decisione del nostro Parlamento. La “vittoria” di Fidenato. Forte, infatti, del decreto di dissequestro del tribunale di Pordenone che fa presagire una sentenza di assoluzione per la semina di mais Ogm risalente ormai all’aprile 2010, ieri Fidenato ha messo a dimora le sementi “incriminate” nel campo antistante la caserma Forgiarini. In quello stesso terreno che nell’agosto di tre anni fa fu preso d’assalto dai disobbedienti proprio quando le pannocchie erano pronte per essere raccolte. E ieri mattina, prima della semina sui tremila metri quadrati di supeficie, erano in molti a scommettere che le piante non arriveranno a maturazione. Probabilmente, ne è consapevole anche lo stesso Fidenato, che comunque è andato all’incasso di un successo sicuramente simbolico, ma di certo insperato fino a poche settimane fa. Nessuna protesta. Nessuno garantisce l’“incolumità” di quella semina per i prossimi mesi. «Quelle pannocchie non saranno mai raccolte», sentenzia un agricoltore. Era questo uno degli argomenti più gettonati tra quanti hanno assistito alla semina. Fidenato non ci pensa. Comunque vada, per lui è un successo anche perché ha potuto realizzare il suo sogno senza contrasti. Nessuna protesta organizzata, si diceva. Solanto alcuni dissidenti, qualche esponenti del M5S tra i quali la consigliera regionale Eleonora Frattolin e l’immancabile Graziano Garzit, ex presidente dell’Aprobio e agricoltore biodionamico. Imponente la presenza delle forze dell’ordine, tra cui Polizia di Stato in assetto antisommossa – sul posto anche il questore di Pordenone, Sergio Cianchi – e Carabinieri del Comando provinciale. Le forze dell’ordine temevano la presenza di no-global e movimenti ambientalisti che, invece, non sono arrivati. Attacco alla Coldiretti. Dura la presa di posizione di Garzit secondo cui quanto avvenuto ieri a Vivario «è la fase finale di un disastro annunciato. In 50 anni di monocoltura i nostri terreni hanno perso il 3/4 per cento di sostanza organica. Colpa della monocoltura e delle sirene come quella degli Ogm». «Balle – è la secca replica di Fidenato che in questa battaglia, oltre che dall’Associazione agricoltori federati, di cui è presidente, è spalleggiato dal Movimento Libertario, ieri presente con il presidente bergamasco Leonardo Facco – perché qui in molti barano. Credo sia doveroso ripetere che su 800 mila ettari di terreni coltivati a mais, in Italia vengono utilizzati 800 mila chilogrammi di antiparassitari. Un’enormità. Uno scandalo. Ma queste cose la Coldiretti le nasconde e non le dice. E non le dicono neppure i media quando affrontano questo problema». «In Regione – è il commento della consigliera regionale del M5S, Frattolin – spingeremo affinché venga applicata la clausola di salvaguardia approvata di recente dal Senato. È vero che c’è la sentenza europea cui Fidenato si sta aggrappando, ma è altrettanto assodato che in Italia vige la legge 5 del 2005 che prevede l’autorizzazione nazionale per la semina degli Ogm. Oggi siamo qui soltanto per manifestare il nostro sacrosanto dissenso». La Frattolin parla mentre Fidenato sale sul trattore per dare il via alla semina che si è svolta davanti a duecento persone, tra cui soprattutto sostenitori dell’iniziativa e, come detto, pochi dissidenti che si sono limitati a esporre alcuni striscioni tra i quali campeggiava la scritta provocatoria “Pianta canapa – più posti di lavoro, più soluzioni ambientali. Questa è una soluzione innovativa. No Ogm”. «Nel mondo – ha affermato Fidenato, dopo la semina delle sementi transgeniche e parlando da un palco improvvisato sopra un carro – c’è spazio per tutti»

 

 

 

Dal Messaggero veneto del 17/06/13

Semina di mais ogm

anche a Mereto

 

Dopo Vivaro, ieri Fidenato ha coltivato un altro campo. Proteste degli ambientalisti e del M5S che chiedono un intervento

 

di Alessandro Cesare

 

MERETO DI TOMBA. La battaglia di Giorgio Fidenato contro quella che definisce «la cultura totalitaristica» degli anti-Ogm prosegue. Dopo aver messo a dimora mais transgenico su un campo di 3 mila metri quadrati a Vivaro, ieri Fidenato ha cosparso le sementi Ogm anche in un terreno di Mereto di Tomba, in una sua proprietà di mille metri quadrati.

 

«Sto solamente continuando la mia attività di imprenditore agricolo», commenta Fidenato, quasi a voler scansare le polemiche nate dopo la sua semina transgenica.

 

Le critiche più aspre sono state sollevate dalle associazioni ambientaliste (Aiab, Legambiente, Greenpeace, Isde Wwf) e dal Movimento 5 Stelle, ma non tanto contro l’azione dell’agricoltore friulano, piuttosto contro la politica, per non aver ancora preso una decisione chiara e definitiva in merito. «C’è poco da protestare – continua Fidenato – perché c’è una sentenza della Corte di giustizia europea che mi permette di seminare questo mais.

 

L’Italia, essendo uno stato membro dell’Ue, deve accettare questa disposizione e adeguarsi. Siamo di fronte a una cultura totalitaristica di un gruppo – aggiunge – che tenta di imporre il proprio modello. È ora di lasciare libertà d’azione agli agricoltori». Fidenato è consapevole che il mais transgenico seminato sui suoi terreni, difficilmente potrà essere raccolto, essendo esposto ad atti di tipo vandalico. «Le persone di poco spessore culturale – continua l’agricoltore – non accettando chi la pensa diversamente da loro, si comportano mettendo in atto atti violenti.

 

La mia azione vuole essere una chiamata per tutti gli agricoltori, perché si rendano conto di cos’è il mais Ogm e di quali siano i suoi vantaggi». Fidenato è convinto dei benefici che il mais Ogm può portare alle coltura del Fvg: rendere inefficace l’attacco della piralide, un parassita in grado di riempire di tossine il granturco, e, di conseguenza, non costringere all’utilizzo di trattamenti insetticidi piuttosto vigorosi.

 

Le associazioni ambientaliste, però, non sono dello stesso avviso. «A forza di aspettare che qualcun altro agisca, si è lasciato il campo libero per il Fidenato’s show. È vero che il quadro normativo è a dir poco intricato – accusano Aiab, Legambiente, Greenpeace, Isde Wwf – ma a forza di aspettare che altri disbroglino la matassa il tempo passa, i semi germinano, le piante crescono, i pollini si disperdono, e le potenzialità di un modello agricolo di qualità si dissolvono. A questo si aggiunge il processo di perdita di fiducia nelle istituzioni, che in questa occasione sono accorse a protezione di pochi arroganti, calpestando la volontà della stragrande maggioranza di consumatori, cittadini e contadini friulani, che gli Ogm non li vuole».

 

Tra coloro che hanno criticato la semina transgenica, ci sono anche i consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo, Eleonora Frattolin e Cristian Sergo. «Non ce l’abbiamo con l’agricoltore Fidenato, che è nel pieno esercizio dei suoi diritti, ma con chi, per lentezza burocratica o incapacità decisionale, ha permesso di arrivare a questo punto. Fidenato – proseguono – sostiene che debba essere garantita la libertà di coltivazione finché non risulti dimostrata la pericolosità per la salute degli Ogm.

 

Noi, invece, riteniamo sia essenziale seguire il principio di precauzione, per il quale finché non venga dimostrata la non pericolosità del mais, non si debba coltivare – concludono i “grillini” –. Dove queste colture sono già presenti, stanno diventando la rovina dei piccoli agricoltori che, a fronte di un risparmio esiguo sui pesticidi, non hanno più la possibilità di produrre le sementi in modo autonomo».

 

OGM: nuova semina e sit-in (agg.22/06)

Messaggero veneto del 22/06/13

Fidenato dal prefetto La semina di Ogm arriva alle Camere

di Elena Del Giudice «Dal prefetto si sono recati tutti, lunedì ci andrò anch’io». Ovviamente per dire cose diverse, innanzitutto «che c’è una sentenza e va rispettata – dichiara Giorgio Fidenato, l’imprenditore agricolo che, forte del pronunciamento della Corte europea, ha seminato mais Ogm nei propri terreni – e che ogni provvedimento che anche questa Regione volesse assumere, sarebbe illegittimo perché contrario alla normativa Europea». L’iniziativa di Fidenato, ovvero l’incontro con il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante, segue quella della Coldiretti che aveva una diversa finalità, l’associazione di categoria sollecita infatti l’emanazione di norme nazionali o regionali di salvaguardia, tali da impedire la contaminazione, da parte degli organismi geneticamente modificati, di una vasta porzione di terreni agricoli. «Ho ascoltato tante sciocchezze – rincara Fidenato -, credo sia opportuno informare correttamente il prefetto, e quindi il governo». Secondo Futuragra, l’associazione che da tempo si occupa di Ogm, «la piaga delle aflatossine la si affronta con il mais Ogm perché essendo resistente all’attacco della piralide e della diabrotica, che genera queste micotossine tossiche, non determinerebbe questo problema». Dalle aflatossine sarebbe stato contaminato del latte messo nel circuito di vendita anzichè essere distrutto, come emerso dall’inchiesta dei Nas sul Cospalat che ha portato a diversi arresti in regione. In difesa degli Ogm si schiera Umberto Tirelli del Cro di Aviano, che ricorda come il mais geneticamente modificato risolverebbe il problema delle muffe e delle tossine, e invita a considerare «che già oggi la soia con cui vengono alimentati, ad esempio, mucche e maiali, è Ogm. Quindi già oggi mangiamo Ogm attraverso salami e bistecche. Utilizzare semi Ogm consentirebbe inoltre di ridurre i consumi di acqua per l’irrigazione e, soprattutto, i pesticidi e le altre sostanze destinate o a proteggere o a far crescere le piante, e quindi anche la quantità di atrazina presente nell’acqua». Infine, su richiesta della federazione provinciale di Pordenone di Sel, i parlamentari Franco Bordo (commissione agricoltura), Erasmo Palazzotto, e il capogruppo di Sel Gennaro Migliore hanno presentato un’interrogazione parlamentare sulla semina da parte di Giorgio Fideato di Ogm nel territorio pordenonese richiamando il governo italiano ad allinearsi con le normative europee a tutela «della salute umana, dell’ambiente e del modello socio economico e sociale del settore agroalimentare».

 

 

Dal Piccolo del 22/06/13

Mobilitazione della Coldiretti contro la semina di mais ogm 

GORIZIA Davanti a quello che è accaduto qualche giorno fa con la semina di varietà di mais Ogm è necessaria una mobilitazione trasversale che coinvolga non soltanto il mondo della produzione, ma la politica e la società civile – è questo quanto ha affermato il Presidente di Coldiretti Gorizia Antonio Bressan in occasione degli incontri che assieme al Direttore di Coldiretti Gorizia Bozzatto ha avuto con il Viceprefetto di Gorizia, il Questore Piovesana, il Presidente della Provincia di Gorizia Gherghetta e l’assessore provinciale all’agricoltura Mara Cernic. Nel corso degli incontro i due rappresentanti di Coldiretti hanno consegnato un documento di Coldiretti sul tema degli organismi geneticamente modificati. Oramai ha ripreso Bressan questa della semina degli Ogm e del loro impiego è una storia che si ripete da dieci anni, stiamo pagando i ritardi della politica che non decide. La stessa semina di mais ogm effettuata qualche giorno fa a Vivaro poteva essere evitata se i Ministeri competenti di Agricoltura, Sanità e Ambiente avessero adottato il Decreto si salvaguardia che avrebbe impedito la semina. Decreto che va assolutamente assunto con grande rapidita, prima della fioritura del mais pena la contaminazione delle colture tradizionali. Il nostro sistema agricolo non ha bisogno di Ogm, gli elementi di forza che rendono ad oggi l’agroalimentare l’unico settore che tiene o addirittura che cresce in termini di fatturato è la biodiversità, la ricerca da parte del consumatore di prodotti unici del territorio, l’ogm sappiamo cancella la biodiversità, è assurdo che si che voglia abbandonare un modello economico vincente come quello del agroalimentare made in Italy, copiato da tutto il mondo. A sostegno delle tesi anti ogm anche oltre il 75% della popolazione italiana, è questo quanto emerge da diverse indagini svolte in questi giorni sul tema. Il cittadino – ha ripreso Bressan – cerca nel cibo salubrità e sicurezza alimentare, cosa che gli ogm non sono in grado di garantire. Con il Presidente Gherghetta e l’assessore Cernic si è anche parlato del progetto carso 2014 che vedra’ anno prossimo il territorio della provincia di Gorizia, ospitare le celebrazioni per i 100 anni dall’ inizio della grande guerra. E’ paradossale hanno sottolineato Bressan e Gherghetta pensare di ospitare turisti in un territorio cosi ricco di prodotti agroalimentari a rischio di una contaminazione Ogm. Nel contempo hanno comunicato Bozzatto e Bressan Coldiretti assumerà tutte le iniziative a livello nazionale e locale per scongiurare l’impiego di sementi Ogm

 

 

Dal Messaggero Veneto del 21/06/13

Api e bandiere contro gli Ogm

Hanno scritto “No Ogm” con tanti semi sparsi per terra. Lì vicino hanno appoggiato in bella mostra un’arnia, il contenitore delle api, come simbolo della biodiversità da tutelare. E poi hanno sventolato le loro bandiere. Una quarantina di persone, in rappresentanza di 15 associazioni, si è presentata ieri mattina davanti al palazzo della Regione di via Sabbadini per protestare contro la semina di piante geneticamente modificate. I pericoli «Sono altissime le probabilità e quindi i pericoli della contaminazione accidentale», hanno denunciato schierandosi sul cortile interno del palazzo regionale. Luogo simbolo di quel potere che, secondo i manifestanti, non ha fatto nulla per bloccare la semina Ogm fatta a Vivaro e Mereto di Tomba dall’agricoltore “eretico” Giorgio Fidenato. «Non si capisce che si sta mettendo a rischio la biodiversità», ha denunciato Cristina Micheloni, dell’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab), diffondendo le statistiche pubblicate da un’università canadese secondo cui il numero delle api si sia ridotto fino al 90 per cento nei campi coltivati con colza geneticamente modificata. Non solo api «Non solo per la tutela della biodiversità e delle specificità del territorio, la Coldiretti si è schierata contro gli Ogm anche per ragioni economiche», ha sottolineato Rosanna Clocchiatti, la presidente udinese dell’associazione che rappresenta il 66 per cento degli agricoltori in tutto il Friuli Venezia Giulia. Per la tipicità delle produzioni nostrane e contro le multinazionali che producono i semi transgenici si sono schierati anche Roberto Pizzutti del Wwf, i rappresentanti di Slow Food e di Aprobio ed Emilio Gottardo. Quest’ultimo, bandiera di Legambiente sulle spalle, ha annunciato per la prossima settimana, mercoledì 26 alle 18 (probabilmente a Palazzo Marpurgo), un incontro pubblico sui rischi dell’Ogm. E la politica? Presenti alla manifestazione anche rappresentanti locali del MoVimento 5 Stelle e il capogruppo del Pd, Cristiano Sharuli, che ha ribadito la posizione contraria agli Ogm della giunta: «Ci battiamo contro la massificazione della produzione». Una posizione che sembra unire gran parte degli schieramenti politici, come dimostra la legge regionale dell’8 aprile 2011 in materia. Ma, in attesa della sentenza di probabile assoluzione per Fidenato prevista per l’8 luglio, questa norma non può essere applicata perché in conflitto con le direttive e la sentenza della Corte di giustizia europea che ha dato il via libera alla semina del mais “Mon 810”, quello incriminato e piantato più volte in Friuli. Davide Lessi

 

 

di Elena Del Giudice Ogm: Coldiretti dal prefetto, e Greenpeace raccoglie, sul web, oltre 13 mila adesioni in poche ore in calce alla richiesta, rivolta al ministro, di fermare la contaminazione. «Se pensiamo di globalizzare anche l’agricoltura, allora è bene si sappia che farà il destino di tutti gli altri settori», cannibalizzata, annientata, distrutta. Impedire che questo avvenga è uno degli imperativi della Coldiretti che ribadisce il proprio “no” agli Ogm in agricoltura. Il presidente di Coldiretti Pordenone, Cesare Bertoia, con il nuovo direttore, Claudio Bressanutti, hanno incontrato ieri il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante, per parlare di Ogm, iniziativa duplicata nelle altre province e concomitante con la manifestazione nazionale di Roma. Coldiretti si mobilita per chiedere «una soluzione normativa al vuoto legislativo che si è venuto a creare e che consente, ad un solo agricoltore, di seminare mais geneticamente modificato che il restante 99% degli imprenditori non vuole». Coldiretti sollecita da tempo l’emanazione delle cosiddette “norme di coesistenza”, ovvero un quadro di regole che, rispettando la direttiva europea, consenta a chi vuole di seminare Ogm, e a chi non vuole la libertà di dedicarsi ai prodotti di qualità, senza correre il rischio di venire “contaminato” dagli organismi geneticamente modificati. Norme che non ci sono e che la sentenza della Corte europea ha rilevato autorizzando un agricoltore a seminare mais Ogm. «Abbiamo chiesto al prefetto – hanno proseguito Bertoia e Bressanutti – di rappresentare al governo questa necessità e quindi l’approvazione rapida della norma». La stessa richiesta Coldiretti l’ha rivolta alla Regione, all’assessore Bolzonello, perchè il Fvg si doti del regolamento sulla coesistenza, unico strumento che consenta alla produzione agricola di questo territorio di puntare sulla qualità, elemento distintivo che spinge anche l’export regionale. Di «scelta illegittima» parla invece Futuragra che rimarca come «per oltre 10 anni la politica italiana non ha voluto affrontare il tema degli Ogm in agricoltura e adesso cerca di metterci una pezza invocando una clausola di salvaguardia illegittima. La legge dà ragione agli agricoltori che vogliono seminare e non si può più impedirglielo». «Abbiamo depositato la proposta di risoluzione sugli Ogm redatta dall’on. Susanna Cenni e da me sottoscritta – dichiara il deputato del Pd, Giorgio Zanin -, per chiedere al governo l’applicazione della clausola di salvaguardia». Un appello arriva dall’europarlamentare Andrea Zanoni che esorta l’esecutivo a individuare soluzioni atte ad «contrastare le conseguenze della sentenza della Ue ed evitare che fatti simili possano verificarsi anche in altre regioni italiane».i Elena Del Giudice Ogm: Coldiretti dal prefetto, e Greenpeace raccoglie, sul web, oltre 13 mila adesioni in poche ore in calce alla richiesta, rivolta al ministro, di fermare la contaminazione. «Se pensiamo di globalizzare anche l’agricoltura, allora è bene si sappia che farà il destino di tutti gli altri settori», cannibalizzata, annientata, distrutta. Impedire che questo avvenga è uno degli imperativi della Coldiretti che ribadisce il proprio “no” agli Ogm in agricoltura. Il presidente di Coldiretti Pordenone, Cesare Bertoia, con il nuovo direttore, Claudio Bressanutti, hanno incontrato ieri il prefetto di Pordenone, Pierfrancesco Galante, per parlare di Ogm, iniziativa duplicata nelle altre province e concomitante con la manifestazione nazionale di Roma. Coldiretti si mobilita per chiedere «una soluzione normativa al vuoto legislativo che si è venuto a creare e che consente, ad un solo agricoltore, di seminare mais geneticamente modificato che il restante 99% degli imprenditori non vuole». Coldiretti sollecita da tempo l’emanazione delle cosiddette “norme di coesistenza”, ovvero un quadro di regole che, rispettando la direttiva europea, consenta a chi vuole di seminare Ogm, e a chi non vuole la libertà di dedicarsi ai prodotti di qualità, senza correre il rischio di venire “contaminato” dagli organismi geneticamente modificati. Norme che non ci sono e che la sentenza della Corte europea ha rilevato autorizzando un agricoltore a seminare mais Ogm. «Abbiamo chiesto al prefetto – hanno proseguito Bertoia e Bressanutti – di rappresentare al governo questa necessità e quindi l’approvazione rapida della norma». La stessa richiesta Coldiretti l’ha rivolta alla Regione, all’assessore Bolzonello, perchè il Fvg si doti del regolamento sulla coesistenza, unico strumento che consenta alla produzione agricola di questo territorio di puntare sulla qualità, elemento distintivo che spinge anche l’export regionale. Di «scelta illegittima» parla invece Futuragra che rimarca come «per oltre 10 anni la politica italiana non ha voluto affrontare il tema degli Ogm in agricoltura e adesso cerca di metterci una pezza invocando una clausola di salvaguardia illegittima. La legge dà ragione agli agricoltori che vogliono seminare e non si può più impedirglielo». «Abbiamo depositato la proposta di risoluzione sugli Ogm redatta dall’on. Susanna Cenni e da me sottoscritta – dichiara il deputato del Pd, Giorgio Zanin -, per chiedere al governo l’applicazione della clausola di salvaguardia». Un appello arriva dall’europarlamentare Andrea Zanoni che esorta l’esecutivo a individuare soluzioni atte ad «contrastare le conseguenze della sentenza della Ue ed evitare che fatti simili possano verificarsi anche in altre regioni italiane».

 

 

 

Dal Messaggero 20/06/13

Ambientalisti e Coldiretti: sit-in e protesta anti Ogm

Gli schieramenti “No Ogm” hanno serrato i ranghi. E, a meno di una settimana dalla semine show di Giorgio Fidenato nei campi di Vivaro e Mereto di Tomba, ambientalisti e associazioni di categoria si sono organizzati. La battaglia contro le piante geneticamente modificate continua. Sia sul fronte nazionale che su quello locale. Oggi a Roma, alle 14.30, una delegazione della Coldiretti Fvg, guidata dal presidente Dario Ermacora, parteciperà alla manifestazione organizzata dalla task force anti-Ogm davanti alla Camera dei deputati per denunciare l’immobilismo delle istituzioni. Ma già in mattinata a Udine, la presidente della maggiore associazione di rappresentanza degli agricoltori, Rosanna Clocchiatti, e il direttore della federazione Angelo Corsetti saranno impegnati in un doppio incontro: alle 9.30, con il prefetto Ivo Salemme e poi, alle 12, con il presidente della Provincia Pietro Fontanini. Non solo la Coldiretti, anche le truppe degli ambientalisti intendono dare il loro contributo. E si sono date appuntamento sempre oggi alle 11 davanti al palazzo della Regione, in via Sabbadini. «La manifestazione chiederà l’applicazione della clausola di salvaguardia, per vietare la messa a coltura di piante geneticamente modificate», spiega Elia Mioni di Legambiente. La clausola, prevista da una direttiva europea e approvata lo scorso maggio dal Senato, prevede la possibilità per uno Stato membro di proibire la coltivazione di colture transgeniche sul proprio territorio in caso di rischi per l’ambiente o la salute. Oltre a Legambiente, in piazza ci saranno anche l’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab), il Wwf e Slow Food. Un manifestazione che, nelle intenzioni degli ambientalisti, «serve a denunciare il rischio di nuove semine Ogm non autorizzate che mettono a repentaglio tutto il modello agricolo regionale». «C’è la possibilità che le semine di Vivaro e Merano si ripetano in tutto il Friuli senza nessun intervento dell’autorità», spiega Cristina Micheloni, dell’Aiab. Più duro l’ambientalista del Wwf Roberto Pizzutti che, oltre all’applicazione del divieto, chiede «la distruzione delle colture seminate». Max Plett, segretario regionale di Slow Food – l’associazione fondata nel 1986 da Carlo Petrini – cita invece una recente ricerca: «Se quasi sette italiani su dieci considerano gli organismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali, dobbiamo batterci perché sia rafforzata la tutela del territorio da forme di inquinamento genetico». Il segretario aggiunge: «C’è da assicurare la competitività delle nostre produzioni tradizionali e di qualità». La manifestazione, un “sit-in creativo” cui sono invitati i simpatizzanti e i soci, intende sollecitare l’intervento delle autorità. «Per farle passare dal dire al fare», concludono gli organizzatori. Del resto, il quadro normativo è tutt’altro che chiaro. Da una parte, l’agricoltore “eretico” Giorgio Fidenato fa valere il dissequestro dei terreni deciso dal tribunale di Pordenone per i fatti dell’aprile 2010, una sentenza che fa presagire l’assoluzione per le semine di tre anni fa. Dall’altra gli ambientalisti e la Coldiretti vogliono far leva sulla clausola di salvaguardia e chiedono un quadro di riferimento legislativo certo. La battaglia continua. Davide Lessi

 

19/06/13

Mais Ogm anche a Mereto ma top secret

MERETO DI TOMBA Anche Mereto di Tomba alla ribalta per la semina di mais Ogm in un terreno coltivato dall’ormai noto imprenditore agricolo Giorgio Fidenato che alcuni giorni fa aveva compiuto la stessa operazione a Vivaro. Ma in paese nessuno è in grado di indicare la “proprietà” che è stata oggetto della semina. La notizia ha avuto un certo effetto, ma nessuno, tra i cittadini del capoluogo e amministratori, era a conoscenza del fatto appreso lunedì dalla stampa. Ce la riferisce lo stesso Fidenato, originario di Tomba, che attualmente vive e lavora appunto a Vivaro, in provincia di Pordenone. «Domenica mattina, alle 9, ho seminato il mais Ogm in un terreno di 1.000 metri quadrati di mia proprietà nella frazione di Tomba. In seguito, mi sono incontrato con alcuni amici di vecchia data e ho distribuito loro le sementi rimaste perché possano provare a piantarle nei loro orti». Ma il terreno è davvero di sua proprietà? «Sì», dice in “diretta” dal suo trattore. Dalla visura catastale non risulta, però, alcuna proprietà a Tomba a nome dell’imprenditore. Piccola pausa di riflessione: «Lo sapevo che andavano a pescare anche questa; giustamente il terreno è di proprietà di mia moglie, io ho con lei un regolare contratto di affitto». Così il piccolo “giallo” della proprietà è chiarito. Rimane l’atto della semina del mais Ogm – la cui coltivazione è stata autorizzata da una sentenza della Corte di giustizia europea – che a Tomba è avvenuta in totale sordina senza che nessuno abbia assistito al gesto, come era invece avvenuto in modo eclatante nei giorni scorsi a Vivaro. «Del fatto darò comunicazione alla Regione e chiederò che venga mantenuto il massimo riserbo sull’ubicazione del terreno per questioni di ordine pubblico, preferisco che lo stesso sia a disposizione delle sole autorità», afferma Fidenato che come un fiume in piena ribadisce: «La battaglia non è finita, anzi è appena iniziata contro le lobby e l’“imperialismo verde”. Io non faccio del male a nessuno, rispetto le scelte di tutti. Il biotech ha qualità maggiori del biologico. C’è una fetta di mercato che è disposta ad accettare questa mia scelta. Avrei dovuto pagare 40 mila euro per l’illegalità delle mie semine, ora chiederò i danni allo Stato per questi 12 anni di battaglie. Danni che dovrebbero pagare di tasca propria i politici che hanno preso decisioni in contrasto con la direttiva europea». Ma il consiglio comunale ha adottato già nel 2007 un atto, tuttora valido, proposto dalla Coldiretti in cui si sostiene la valorizzazione dei prodotti di origine naturale e locale, per cui è chiaro l’orientamento di Mereto verso le colture tradizionali anziché transgeniche. Maristella Cescutti

 

 

19/06/13

Lauri: possiamo fermare le semine Ogm di Fidenato

UDINE La Regione può fermare Fidenato: ha violato il principio di coesistenza. Lo sostiene il capogruppo di Sinistra ecologia libertà Giulio Lauri. «Viste le ripetute provocazioni e la semina di due campi in due giorni, dobbiamo evitare che Fidenato faccia altri danni e non possiamo solo continuare ad aspettare il decreto del governo Letta che abbiamo chiesto dopo la sentenza della Corte di giustizia europea: le semine di Fidenato violano infatti il “principio di coesistenza” tra le colture perchè non è evitata la commistione fra le sementi transegiche e quelle convenzionali e biologiche così come prevede la Legge 279/2004, lo strumento per fermarlo c’è». Lauri, che è anche vicepresidente della IV Commissione, ha espresso il proprio punto di vista all’assessore Bolzonello. «Le regole sulla coesistenza sono di competenza della Regione, e il Friuli Venezia Giulia non le ha ancora scritte. Sul nostro territorio il rischio di contaminazione delle altre filiere è quindi concreto, e la sentenza della Corte di Giustizia nulla cambia su questo aspetto: per questo stiamo insistendo con l’assessore per usare tutti gli strumenti in nostro possesso per fermare Fidenato: il problema è il danno irreversibile che egli può arrecare all’ambiente. E la libertà che lui invoca non c’entra nulla perchè la sua libertà finisce dove comincia quella degli agricoltori che non vogliono contaminati i propri campi, e dei cittadini che vogliono essere certi di quello che mangiano. Insieme a parte consistente del mondo agricolo della regione chiediamo il rispetto di un principio scientifico universalmente riconosciuto, quello di precauzione. La Regione può agire ed è bene che lo faccia subito».

 

UDINE/ Oplà, è arrivato il sequestro

ieri pomeriggio giovedì 20 giugno, la Questura …. sequestro + due denunce per gli Art. 633 e 639 del cp

(vedi piantina)   superate le 1000 visite

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CLIMA/ Conferenza a San Giorgio di Nogaro

Superate le 1700 visite a questa pagina

San Giorgio di Nogaro Venerdì 5 luglio ore 21.00

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1° FESTA DELL’ECOLOGIA SOCIALE E DEL MUTUALISMO

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DOMENICA 30 GIUGNO dalle 10.00 alle 24.00

CORDENONS quartiere PASCH
presso l’ex Colonia elioterapica
[strada sterrata che porta in Meduna]

1° FESTA DELL’ECOLOGIA SOCIALE E DEL MUTUALISMO

ore 10.00 Accoglienza e coffee break
apertura Mercatino Autoproduzioni e info-point comitati ambientali

ore 10,30 Sketchcrawling
“carta, matita e colori per ritrarre gli scorci più suggestuvi della natura cordenonese”
con Andrea Venerus [per iscriversi* andrea.venerus@gmail.com o cell. 3398807122]

ore 11,30 Contest Fotografico “Magredi/risorgive/Meduna”
per partecipare info su http://mutuosoccorso.wordpress.com/

ore 13.00 Pranzo Sociale con i “hønsegård hotclub” “concertino swing”

 

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Gorizia, il processo amianto rischia di dover ripartire da zero

La giustizia non passa nelle aule dei tribunali.

L’avevamo detto ieri sera alla presentazione del libro di Alberto Prunetti “Amianto una storia operaia” e la cosa si è dimostrata quasi profetica.

Oggi con una scusa pretestuosa la difesa dei dirigenti Fincantieri è riuscita a far prorogare ulteriormente la data della sentenza chiedendo anche la remissione del processo dal tribunale di Gorizia.
Noi saremo sempre accanto agli esposti amianto e alle loro famiglie e come abbiamo scritto nel volantino distribuito anche oggi: ni olvido ni perdono la lucha sigue!

 

da Il Piccolo

Gorizia, il processo amianto rischia di dover ripartire da zero

Il giudizio sulla morte di 85 cantierini di Monfalcone. Sollevata la questione di una presunta legittima suspicione per incompatibilità ambientale. Il vicesindaco Omar Greco: “Beffata l’aspettativa di giustizia di tanti cittadini”

Rischia di dover ripartire da zero, e in altro Tribunale rispetto a quello di Gorizia, il primo maxi-processo per i cantierini di Monfalcone morti d’amianto (85 decessi, 45 imputati di omicidio colposo).

Nell’udienza al termine della quale era attesa la sentenza, uno dei difensori, Alessandro Cassiani, ha sollevato istanza di quella che un tempo si chiamava legittima suspicione. Ovvero, ha ritenuto che il clima in aula non garantisse la giusta serenità al giudice Matteo Trotta chiamato a emettere la sentenza.

Di qui il rinvio alla Cassazione disposto, dopo due ore di camera di consiglio, dello stesso Trotta.

Già fissata la nuova ultima udienza: il 23 luglio. Entro quella data sarà arrivato il parere della Cassazione. Se fosse accolta l’istanza del legale il processo ricomincerebbe dal principio. In caso contrario il 23 luglio si andrà a sentenza.

Attonite le tante vedove e i rappresentanti delle associazioni presenti in aula. Si sono sentiti dare, in pratica, la patente di persone potenzialmente in grado di porre in essere comportamenti intimidatori nei confronti delle parti impegnate nel processo.

Una beffa che si aggiunge all’attesa di giusitizia che si protrae almeno da cinque anni.

 


 

da Il Piccolo  mercoledì, 26 giugno 2013 – Pagina 16 – Gorizia-Monfalcone

Processo amianto a rischio trasferimento

Richiesta a sorpresa avanzata da uno dei difensori degli imputati. Il giudice Trotta affida la decisione alla Cassazione

GORIZIA Poteva essere la giornata della sentenza, quella che chiudeva un maxi-processo durato tre anni ed era attesa da centinaia di familiari di vittime dell’amianto. Imputate di omicidio colposo 35 persone tra i vertici dell’ex Italcantieri e i rappresentanti delle ditte appaltanti per la morte di 85 lavoratori dei cantieri. Invece ci si è trovati dinanzi a un nuovo rinvio deciso dal giudice Matteo Trotta dopo che l’avvocato Alessandro Cassiani – difensore di Giorgio Tupini – ha chiesto la rimessione del processo alla Corte di Cassazione per “legittima suspicione”. Un rinvio di un mese – la prossima udienza si terrà il 23 luglio – che ha comunque indispettito il pubblico presente, quasi tutti appartenenti all’Associazione esposti amianto. Il colpo di scena è avvenuto all’inizio dell’udienza. Prima che il giudice desse la parola al pubblico ministero per la replica, si è alzato l’avvocato Alessandro Cassiani per annunciare che stava depositando alla cancelleria penale la richiesta di rimessione del processo sostenendo che il tribunale non era nelle condizioni di pronunciare una sentenza in modo sereno ed equilibrato. E adduceva come motivo le pressioni esercitate in questi giorni, gli articoli dei giornali e la richiesta, poi respinta, del Procuratore capo della Repubblica di autorizzare riprese in video-conferenza tra l’aula del Tribunale e la sala conferenze dell’ospedale di San Polo anche per evitare problemi di ordine pubblico che sarebbero potuti sorgere dalla presenza di un numero consistente di persone. Persone considerate alla stregua di fomentatori di violenze o disordini. Ieri in tribunale a Gorizia nello spazio dedicato al pubblico c’erano si e no 50 persone, molto tranquille, come tranquille sono state le altre 91 udienze, celebrate per la stragrande maggioranza dinanzi a un pubblico che si contava sulle dita di una mano e caratterizzate anche dalle molteplici assenze dell’avvocato Cassiani che si è visto in aula praticamente solo durante la discussione. È stato lo stesso giudice Trotta ad ammettere ieri che le udienze si sono svolto fino ad ora “senza alcun tipo di problema” legato a gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo come prevede l’art. 45 del Codice di procedura penale. Contro la richiesta di Cassiani si sono espressi sia il pubblico ministero Valentina Bossi che gli avvocati che tutelano le parte civili, ma la decisione presa da Trotta, dopo 2 ore e 35 minuti di camera di consiglio, è stata sostanzialmente obbligata: secondo la giurisprudenza corrente dinanzi a una richiesta di rimessione, il giudice deve limitarsi a trasmetterla immediatamente alla Corte di Cassazione astenendosi dall’emettere la sentenza fino alla decisione che sarà presa dalla Suprema corte. Corte che deve esprimersi entro 30 giorni. Lo farà? Tutti se lo auspicano anche perché il giudice Trotta, come da lui stesso ricordato ieri, sta per lasciare il tribunale di Gorizia destinato a quello di Trieste. Ci sono poi ragioni di economia processuale che spingono a favore di una decisione in tempi brevi, cioè prima della pausa feriale. A dire il vero Trotta avrebbe potuto completare il processo e arrivare alla sentenza con il rischio poi che, se la Cassazione avesse annullato tutto, si sarebbe ripartiti da zero. Come si ripartirà da zero se la Suprema corte accoglierà la richiesta di Cassiani e trasferirà il processo in un’altra sede, fuori della regione, e con un altro giudice. Novantun udienze buttate a mare, più di 500 testimonianze inutilizzabili, il rischio incombente della prescrizione. Insomma una bella pagina di malagiustizia.

 

Il legittimo sospetto incombe sull’aula

L’AVVOCATO Cassiai La serenità di giudizio ai magistrati non viene garantita

GORIZIA Il maxi-processo per morti da amianto frena in dirittura d’arrivo sotto i colpi della “legittima suspicione”. Per l’avvocato Alessandro Cassiani del foro di Roma, legale di Giorgio Tupini, 92 anni, già presidente di Italcantieri, uno dei 35 imputati per la morte di 85 lavoratori dello stabilimento di Monfalcone, il “clima” che aleggia intorno ai giudici chiamati a decidere la sentenza è di forte tensione emotiva alla luce delle chiamate alla mobilitazione degli esposti all’amianto e della richiesta del Comitato provinciale per la sicurezza di “parare” possibili problemi di ordine pubblico. Tale quindi, secondo il legale, da non garantire ai giudici “serenità di giudizio”. Quindi processo da rifare in altra sede. L’istanza di Cassiani è stata il vero colpo di scena dell’udienza che si sarebbe dovuta concludere oggi con la sentenza di primo grado. Le repliche dei difensori di parte civile sono state univoche. «Questa è un’eccezione – ha commentato poi Rossella Genovese, legale della Fiom-Cgil, costituitasi parte civile nel processo – palesemente infondata nel merito, fuori termine, non giustificata da elementi formali. È chiaro l’intento di dilatare i tempi di un processo già a rischio di prescrizione». Parzialmente concorde Riccardo Cattarini, legale di due imputati: «Un prolungamento del processo si poteva evitare visto che ci sono tante persone in attesa di avere giustizia». Alcuni legali contestano l’estremo ritardo con cui è stata presentata l’istanza di “rimessione del processo” dall’avvocato Cassiani («Ci sono state 91 udienze: ci fosse stato davvero un clima di tensione, l’istanza doveva arrivare assai prima»). Altri legali rilevano come «in gran parte delle udienze l’aula del Tribunale sia rimasta praticamente vuota. Altrochè tensioni». L’avvocato Cassiani, dal canto suo, smentisce che il suo sia stato un colpo di scena o tantomeno “di coda”: «La nostra istanza – commenta – non è mossa da spirito ostruzionistico, piuttosto da puro scrupolo: si basa su documenti documentati che lasciano trasparire una situazione ambientale di tensione e mobilitazione attorno a questa sentenza. La decisione del presidente Trotta di affidare la decisione alla Suprema Corte era l’unica possibile, imposta dal Codice. E non mi si dica – ha concluso – che ho trascurato i risvolti sociali di questa vicenda: il compito del difensore è moralmente e professionalmente quello di tutelare il proprio assistito». Ma perchè questa carta sia stata giocata solo in extremis? Non è escluso che sia stata in qualche modo “ispirata” dalla richiesta – rigettata dal presidente del Tribunale Trotta – di effettuare in aula riprese video e trasmetterle nella sala conferenze dell’ospedale di San Polo, avanzata il 2 maggio scorso dal procuratore capo della Repubblica Caterina Ajello, adducendo proprio ragioni di ordine pubblico.(f.m.)

 

Disorientamento tra i familiari delle vittime

«La nostra rabbia diventa sempre più frustrazione». «È un tormento che sembra non finire mai»

wGORIZIA Attoniti, disorientati i familiari dei morti per amianto dopo aver appreso dell’istanza presentata dall’avvocato Cassiani e del rinvio del processo. «Eravamo convinti di portare a casa un risultato, di metterci una pietra sopra: speravamo che le vedove, e non solo loro, potessero finalmente avere giustizia. Così non è stato, questa decisione non è davvero una bella cosa», commenta con amarezza Renzo Tripodi, esposto all’amianto. «Una delusione che ti fa capire quanto devi combattere per arrivare alla verità: una verità che non deve essere interpretata come volontà di vendetta ma di giustizia», dicono Annamaria e Raffaella, rispettivamente moglie e figlia di Enzo Bottegaro, scomparso 17 anni fa «rapidamente e dolorosamente», ricordano. «La nostra rabbia diventa sempre più frustrazione» continuano. «Certo, la speranza è l’ultima a morire ma l’impressione è che noi siamo troppo deboli per combattere ancora. E l’inevitabile esasperazione vorrebbe farci smettere di lottare». «Speravo si arrivasse a una conclusione. Invece, è un tormento che non sembra voler finire», chiosa un’altra vedova, Raffaella. «Il problema – aggiunge – è che nel 2013 non solo non si conosce la pericolosità dell’amianto ma di amianto ce n’è ancora: sembra che non possiamo liberarcene. Ma ciò non sembra interessare: i morti son morti, morti, tuttavia, che non dovevano morire. Mio marito, 13 anni fa, mi è stato rubato dopo aver molto sofferto per quello che lui definiva “un fuoco dentro”». Qualche reazione di sorpresa è giunta già mentre Cassiani presentava l’istanza. «Non è una questione morale? Deve essere una questione morale!», vociferava qualcuno mentre prendeva sempre più corpo il colpo di scena. Poi, appunto stupite, disorientate, le reazioni non si sono fatte attendere. Ma, più che di parlare, sembrava che i parenti dei morti di amianto avessero voglia di piangere, di restarsene soli col loro dolore, lasciarlo decantare. Un dolore che se il tempo non è riuscito a spazzare via è stato spazzato via dalla giustizia e dalle sue pieghe. «In fondo, a questa giustizia siamo ormai abituati» è un altro commento, subito ripreso: «No, non ci si abitua mai». Evidentemente, quel fuoco brucia ancora dentro. A spegnerlo non sono riuscite nemmeno le lacrime versate dalle mogli e dai figli dei canterini.

 

In tre anni sono state celebrate 92 udienze con più di cinquecento testimoni

Quella di ieri era la 92.a udienza del maxi-processo per l’amianto iniziato il 24 aprile 2010 quando sono stati riuniti due filoni dell’inchiesta che nel 2008 era stata avocata dalla Procura generale di Trieste. Gli imputati all’origine erano 41, scesi a 35 per la morte nel frattempo di sei di loro. I testimoni ascoltati sono stati 538, di questi 453 indicati dai pubblici ministeri e 85 dalla difesa e parti civili; 19 i consulenti tecnici proposti dalle due parti. Gli avvocati dei 35 imputati sono 21, 11 i legali che tutelano le parti civili rappresentate da familiari delle vittime, enti istituzionali (Regione, Provincia, Comune di Monfalcone, Inail)e sodalizi (Associazione esposti amianto, Fiom Cgil, Codacons Fvg). Corposa la documentazione prodotta dai pm: 140 faldoni, qualcosa come 270mila fogli. Documentazione che è stata prodotta anche on line grazie a un pool di 10 persone costituito dai pm Luigi Leghissa e Valentina Bossi, 6 appartenenti alle forze dell’ordine, 2 dirigenti del servizio prevenzione e sicurezza dell’Ass.

 

 

dal Messaggero Veneto del 26 giugno 2013

Processo amianto, decide la Cassazione FOTO

Slitta l’attesa sentenza per le morti ai cantieri di Monfalcone. Il tribunale ammette l’istanza di legittima suspicione

GORIZIA. Poteva essere la giornata della sentenza, quella che chiudeva un maxi-processo durato tre anni e che era attesa da centinaia di familiari di vittime dell’amianto. Imputati di omicidio colposo 35 persone tra vertici dell’ex Italcantieri e rappresentanti delle ditte appaltanti per la morte di 85 lavoratori dei cantieri.

Invece ci si è trovati dinanzi a un nuovo rinvio deciso dal giudice Matteo Trotta dopo che l’avvocato Alessandro Cassiani ha chiesto la rimessione del processo alla Corte di Cassazione per “legittima suspicione”. Un rinvio di un mese – la prossima udienza si terrà il 23 luglio – che ha comunque indispettito il pubblico presente, quasi tutti appartenenti all’Associazione esposti amianto.

Il colpo di scena è avvenuto all’inizio dell’udienza. Prima che il giudice desse la parola al pubblico ministero per la replica, si è alzato l’avvocato Alessandro Cassiani – difensore di Giorgio Tupini – per annunciare che stava depositando alla cancelleria penale la richiesta di rimessione del processo sostenendo che il tribunale non era nelle condizioni di pronunciare una sentenza in modo sereno ed equilibrato.

E adduceva come motivo le pressioni esercitate in questi giorni, gli articoli dei giornali e la richiesta, poi respinta, del Procuratore capo della Repubblica di autorizzare delle riprese in video-conferenza tra l’aula del Tribunale e la sala conferenze dell’ospedale di San Polo anche per evitare problemi di ordine pubblico che sarebbero potuti sorgere dalla presenza di un numero consistente di persone. Persone considerate alla stregua di fomentatori di violenze o disordini.

Ieri in tribunale a Gorizia nello spazio dedicato al pubblico c’erano si e no 50 persone, molto tranquille, come tranquille sono state le altre 91 udienze, celebrate per la stragrande maggioranza dinanzi a un pubblico che si contava sulle dita di una mano e caratterizzate anche dalle molteplici assenze dell’avvocato Cassiani che si è visto in aula praticamente solo durante la discussione.

È stato lo stesso giudice Trotta ad ammettere ieri che il processo si è svolto fino ad ora “senza alcun tipo di problema” legato a gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo come prevede l’art. 45 del Codice di procedura penale.

Contro la richiesta di Cassiani si sono espressi sia il pubblico ministero Valentina Bossi che gli avvocati che tutelano le parte civili, ma la decisione presa da Trotta, dopo 2 ore e 35 minuti di camera di consiglio, è stata sostanzialmente obbligata: secondo la giurisprudenza corrente dinanzi a una richiesta di rimessione, il giudice deve limitarsi a trasmetterla immediatamente alla Corte di Cassazione astenendosi dall’emettere la sentenza fino alla decisione che sarà presa dalla Suprema corte.

Corte che deve esprimersi entro 30 giorni. Lo farà? Tutti se lo auspicano anche perché il giudice Trotta, come da lui stesso ricordato ieri, sta per lasciare il tribunale di Gorizia destinato a quello di Trieste. Ci sono poi ragioni di economia processuale che spingono per una decisione in tempi brevi, cioè prima della pausa feriale.

A dire il vero Trotta avrebbe potuto completare il processo e arrivare alla sentenza con il rischio poi che, se la Cassazione avesse annullato tutto,si sarebbe ripartiti da zero. Come si ripartirà da zero se la Suprema corte accoglierà la richiesta di Cassiani e trasferirà il processo in un’altra sede, fuori della regione, e con un altro giudice. Novantun udienze buttate a mare, più di 500 testimonianze inutilizzabili, il rischio incombente della prescrizione. Insomma una bella pagina di malagiustizia.

 

 

Processo amianto ai cantieri altro rinvio. Parola alla Cassazione

La corte a Roma dovrà decidere sull’istanza di rimessione presentata da uno degli avvocati difensori di destinare il processo ad altra sede per legittima suspecione. La rabbia dei familiari delle vittime

GORIZIA. Processo per la morte nei cantieri di Monfalcone di 85 persone a causa dell’amianto. Dopo due ore di camera di consiglio il giudice del Tribunale di Gorizia Matteo Trotta ha disposto il rinvio dell’udienza finale al 23 luglio.

Nel frattempo la Cassazione dovrà esprimersi sull’istanza di rimessione presentata da uno degli avvocati difensori, Alessandro Cassiani, di destinare il processo ad altra sede per legittima suspicione, non ritenendo il clima per un giudizio sereno.

Attoniti alla lettura della decisione le tante vedove dei cantierini morti d’amianto che erano presenti, in silenzio, in aula. Per il vicesindaco Omar Greco “beffata ancora una volta la richiesta di giustizia di tanti monfalconesi”.

Al processo sono 39 (all’inizio erano 41 ma nelle more del processo due sono deceduti) gli imputati di omicidio colposo per la morte di 85 lavoratori dei cantieri di Monfalcone deceduti per malattie professionali legate all’esposizione all’amianto. La gran parte delle famiglie delle vittime costituitesi parte civile è uscita dal processo perché ha ottenuto il risarcimento-danni. Ma molti familiari, questa mattina, sono presenti in aula. Sino ad oggi nei tre anni di durata del processo si sono tenute 85 udienze, sentiti 538 testimoni, 19 i consulenti tecnici indicati dalle parti.