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Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager, General
La Tenda per la pace sta raccogliendo coperte vestiti e cose utili per il freddo da donare ai migranti che attualmente vivono sull’Isonzo. Chi può/vuole collaborare lo faccia sapere o li porti direttamente nella sede dell’associazione a Staranzano in piazza dante 4, sopra al negozio equo e solidale di Benkadì.
Per contatti scrivete a tendapace@gmail.com
Aggiornamento del 21/12/2013
Da ieri i richiedenti asilo sono stati alloggiati momentaneamente in un albergo, nel frattempo si continua a lavorare per la creazione una struttura provvisoria di accoglienza. Al momento non raccogliamo più vestiti, coperte, etc.
Grazie a tutti coloro che si sono mobilitati
da Il Piccolo del 20 dicembre 2013 pagina 21 – Gorizia-Monfalcone
Gli invisibili di Gradisca che sognano il Cara e dormono sotto i ponti
Viaggio tra i bivacchi delle decine di immigrati mediorientali per i quali non c’è posto neanche negli spazi dell’ex Polonio
GRADISCA Dormono all’addiaccio sotto i ponti, nei parchi, nelle campagne. Non trovano un posto né al Cara, il centro per richiedenti asilo politico, né al Cda (la struttura di accoglienza per gli immigrati sbarcati sulle coste siciliane) e neppure nel dormitorio della Caritas: perchè tutte queste strutture, ormai, sono strapiene. Tecnicamente non sono neppure clandestini, per cui – quand’anche fosse riaperto -, non potrebbero finire nemmeno al vicino Cie. Sono gli “invisibili” di Gradisca, immigrati che per un motivo o per l’altro si trovano in una sorta di limbo legislativo e sociale di difficile soluzione. Ad appena due passi dal Centro della discordia (oggetto di continue polemiche politiche), c’è il volto nascosto dell’immigrazione. Da mesi questi profughi in sovrannumero (per lo più afghani e pakistani, ma ultimamente anche siriani) non hanno una destinazione. Aspettano di iniziare le pratiche per la domanda di asilo. Ma sino ad allora, senza grandi somme di denaro e con le strutture esaurite, non sanno dove andare. Altri hanno trascorso il tempo massimo di permanenza nel Cara e sono lasciati al loro destino. E allora si sistemano alla bell’è meglio: in tanti hanno dormito e dormono tuttora, nel gelo dell’inverno, sotto il ponte che unisce Gradisca e Sagrado. Altri passano la notte nei parchi di Gorizia, altri ancora negli edifici abbandonati (gettonatissime le ex caserme), e in aperta campagna. Le persone senza mèta né sistemazione sarebbero addirittura una quarantina. Una vera e propria emergenza dal punto di vista umanitario, sanitario e sociale: da mesi non si contano più le segnalazioni di cittadini che denunciano sporcizia e degrado, e invocano anche più sicurezza. E la tensione cresce. Le istituzioni nelle ultime ore sembrano avere trovato per la verità una prima soluzione, grazie anche all’intervento del deputato Pd Giorgio Brandolin. «Come vicepresidente della commissione Schengen – spiega – ho parlato di questi immigrati in sovrannumero con il prefetto del Viminale Angela Pria, che ha dato mandato alla Prefettura di trovare per loro una sistemazione alternativa al Cara, prevedendo anche adeguate risorse per le spese». Saranno sistemati in alcuni alberghi della zona. «Stiamo incrociando i dati della Questura, della Caritas e in nostro possesso – spiega l’assessore al welfare di Gradisca, Linda Tomasinsig – per da capire chi sono gli “invisibili”, e quanti di loro abbiano fissato un’udienza per l’asilo o l’ingresso nel circuito dello Sprar». Intanto resta l’accampamento che i profughi hanno realizzato con legno e nylon a due passi dall’Isonzo, vicino al ponte di Sagrado. Un bivacco che ricorda una favela. Alcuni migranti dormono avvolti fra due, tre coperte per sfidare il gelo della notte. Pare di capire siano arrivati dopo un viaggio interminabile attraverso Turchia, Grecia, i Balcani. Uno di loro dice di essere stato un’ufficiale dell’esercito afghano. «Ho dormito qui per mesi, ora sono al Cara, ma prima o dopo spero ce la facciano ad entrare anche loro» ci dice in un inglese stentato indicandoci le persone accampate sotto il ponte. Poco distante altri ragazzi ammazzano il tempo facendo attività fisica: improbabili gare di lancio del disco, lanciando le pietre del fiume, e sollevamento pesi, con dei rudimentali bilancieri. C’è chi si scalda col fuoco, chi pesca e chi si fa la barba. La popolazione locale, però, non gradisce, denunciando la sporcizia, il degrado e il senso di insicurezza. Ma anche i rischi legati a un falò acceso abusivamente o di un innalzamento del livello dell’Isonzo. E c’è persino chi, su Facebook, si augura che questi invisibili “brucino” o “vengano portati via dal fiume”. E poco importa, evidentemente, che molti di loro abbiano diritto alla protezione umanitaria. Una protezione – ricorda il direttore della Caritas diocesana, don Paolo Zuttion, il primo a lanciare l’allarme dopo la chiusura del centro di accoglienza “San Giuseppe” e l’affollamento al dormitorio “Faidutti” – che va assicurata al più presto. «È un’emergenza di tutto il territorio – afferma -, non possiamo essere lasciati soli».
Marzo 18th, 2017 — forconi/corporativismo, General
Fondata questa estate e poi quasi subito entrata in sonno, anche perchè la scena politica estiva è stata dominata dal presidio permanente No Park, e quella autunnale dalla repressione poliziesca, riparte ora, di fronte all’emergenza fascio-forconi, l’Assemblea Cittadina di Movimento.
Sabato 21, con presidio e volantinaggio, in Piazzale della repubblica, si è inteso ribadire che le pur giuste proteste di vari strati che subiscono la crisi non devono mescolarsi e farsi egemonizzare dalla presenza fascista e tanto meno ha senso l’entrismo in quella protesta.
Nonostante il flop della manifestazione nazionale romana del 18 dicembre, ad Udine il presidio di piazzala Osoppo, dei forconi in salsa udinese, continua, anche forte dei parziali successi ottenuti la settimana prima, con ben tre cortei.
Probabilmebte lunedì 23 si vedrà che questi ritorneranno all’ovile della destra e del populismo grillino, in quanto Ioan (centro destra) e Perozzo (M5S) hanno indetto una manifestazione contro Honsell (peraltro appropriandosi di temi sollevati dal comitato No Park e simili, per es. la denuncia della “fusione per assorbimento” di AMGA in HERA) alla quale i forconi udinesi hanno dichiarato di partecipare.
Il movimento antagonista si stà lentamente riorganizzando e saprà darsi una serie di strumenti, scadenze ed obiettivi, per combattere la desertificazione politica avvenuta ad Udine in questi ultimi anni.
Soprattutto, se non ci fossero stati ripetuti errori politici in questi ultimi mesi, la situazione oggi potrebbe essere molto migliore.

Marzo 18th, 2017 — General, Ultime
Dal messaggero Veneto online del 23/12/13
Oltre 11 mila case sfitte,
minacce di occupazioni
Pordenone, nel conurbamento crescono alloggi abbandonati e domande di abitazioni. Collettivo affigge altri striscioni. «Spazi da rioccupare per chi non ha un tetto»
PORDENONE. Sono circa 11 mila le case sfitte nel conurbamento allargato pordenonese (Pordenone, Cordenons, Porcia, Roveredo e San Quirino). I dati provengono dall’osservatorio per le politiche abitative del Friuli occidentale, redatto dalla Provincia, che ha censito 30 mila case vuote dal Tagliamento al Livenza, con un’offerta in grado di poter soddisfare la domanda da qui al 2020.
L’eccessiva cementificazione del passato, accompagnata dalla crisi, ha alterato l’equilibrio di mercato, con l’effetto che molti proprietari, pur di non svendere o concedere in affitto a prezzi considerati da loro troppo bassi, preferiscono pagare pegno della tassazione fiscale sulla seconda casa pur di non adeguarsi all’andamento del settore. Una situazione che si accompagna alla crescita degli sfratti (più 79 per cento) e a una emergenza abitativa legata alla riduzione dei posti di lavoro. In più l’Ater non ha fondi pubblici per realizzare nuove case popolari.
Un quadro che innesca la risposta estrema da parte del collettivo “Case e spazi per tutti” che minaccia di dare corso a occupazioni attraverso il meccanismo delle autogestioni sociali. Una protesta che, per il momento, vive di atti simbolici quali l’affissione di striscioni su palazzi ed edifici totalmente o in gran parte vuoti. Ieri le scritte sono apparse in viale Martelli, all’interno della galleria San Marco, e in vial Rotto, nei pressi dell’incrocio tra la Pontebbana e via Montereale. Nel primo caso si tratta, secondo gli antagonisti, di un palazzo con 40 appartamenti vuoti, mentre nella zona dell’ospedale ci sono almeno una decina di locali lasciati al degrado da trent’anni.
«Dopo quelli denunciati la settima scorsa in via Montereale e viale Marconi – sottolinea il comitato – questa ingiustizia stride con le difficoltà delle famiglie. Proseguiremo la mappatura di questi luoghi fantasma, mentre costruiamo un percorso che porti a rioccupare spazi e locali da chi non ha un tetto o rischia di perderlo. La crisi si supera con l’autorganizzazione, l’azione diretta e l’autogestione sociale».
Marzo 18th, 2017 — General, Montagna
A marzo di quest’anno scoppia il caso dell’inquinamento da metalli pesanti dell’area bersagli del Poligono militare Cellina-Meduna situato in area magredile di Cordenons. Il Maggiore Alessandro Bianco della 132ª Brigata Corazzata Ariete di Pordenone, sostiene che “Ad oggi è ragionevole escludere ogni rischio per la salute dell’uomo” e che “Va chiarito che i rilevamenti radiologici hanno escluso la presenza di uranio” (Messaggero veneto, 20 marzo 2013).
A maggio il nostro gruppo organizza l’unica iniziativa pubblica con l’intento d’informare e rendere consapevole la cittadinanza circa il problema dell’inquinamento da metalli pesanti, con la presenza di esperti sul piano tecnico e scientifico. A fronte di quanto emerso chiedevamo che i rilevamenti fossero tolti ai militari e affidati a osservatori indipendenti, che l’attività d’esercitazione militare fosse immediatamente sospesa e che l’area monitorata fosse estesa ben oltre i 300 metri (si fa per dire) delimitati ma che arrivasse fino in prossimità dei centri abitati.
Oltre al silenzio istituzionale che ha preceduto la nostra iniziativa, l’assessore all’ambiente di Cordenons Claudio Pasqualini, alle nostre istanze risponde che “Il Comune ha piena fiducia […] nelle dichiarazioni e attività degli organi istituzionali del ministero della Difesa” e che “in trent’anni di attività questo è il primo caso di inquinamento verificatosi” tacciando il nostro lavoro d’informazione scientifica e le nostre richieste come “inutili e dannose polemiche” (Messaggero Veneto, 14/15 giugno 2013).
Smentito poco dopo dall’ARPA che alla conferenza dei Servizi chiede un’indagine ulteriore, la caratterizzazione radiologica del sito e che gli esami vengano effettuati da una ditta specializzata, a cui seguirà una contro-analisi, dopo aver atteso mesi prima di pubblicare i dati richiesti, e averne pubblicato solo una parte nel sito del Comune, viene oggi ulteriormente smentito dai risultati che confermano la presenza oltre i limite naturale del torio 232, un metallo radioattivo che deriva dal “decadimento” dell’uranio, nell’area bersagli del poligono militare Cellina Meduna, a Cordenons (Messaggero Veneto, 22 dicembre 2013).
Chi sta raccontando bugie? E’ quindi evidente che militari e istituzioni stanno usando il gioco delle 3 carte per nascondere la reale gravità del problema. Le attività militari sono altamente nocive per l’ambiente e la salute, se poi pensiamo che siamo di fronte ad un’attività storica di 50 anni di addestramento a fuoco in aree magredili delicattisime per la loro intrinseca natura geologica, non possiamo più affidarci a questa gente. Chiediamo per tanto, alla luce dei fatti, le dimissioni dell’assessore all’ambiente Pasqualini e la completa cessazione di ogni attività militare nei nostri territori. Inoltre annunciamo che a breve daremo luogo a nuove occasioni d’informazione e confronto a tutela della cittadinanza tutta.
Gruppo di Mutuo Soccorso
Marzo 18th, 2017 — Cronologia Pignarul, General
Udine. Buona riuscita del pignarul 2014. Dall’accensione fino allo spegnimento del falò si sono avvicendate oltre cento persone a dimostrare l’esistenza di un potenziale di aggregazione, nonostante i forconi, le minacce e le intimidazioni fasciste di queste settimane.
seguono rassegna stampa ed altre foto
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Marzo 18th, 2017 — forconi/corporativismo, General
Note.
1. Il numero delle persone che ha partecipato alla manifestazione indetta da Ioan, M5S, Lega e centrodestra, stava fra 160 e 170, non di più. Quindi poca roba.
2. Per quanto riguarda il Comitato Zardin Grant, anche se al suo interno vi giravano alcuni grillini, non può aver partecipato alla manifestazione come Comitato e quindi dovrebbe quanto meno smentire.
3. Il leaderucolo dei fascio-forconi, Alessandro Gallo, invece era presente alla manifestazione, dimostrando così, oltretutto, che il loro “tutti a casa” è fasullo e demagogico.
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MV online 23 dicembre 2013
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di Giacomina Pellizzari
Circa 200 persone hanno partecipato alla manifestazione di protesta del M5S e del centrodestra contro la fusione tra la Spa ed Hera
Udine, l’urlo della piazza: l’Amga non si tocca
Circa 200 persone hanno partecipato alla manifestazione di protesta del M5S e del centrodestra contro la fusione tra la Spa ed Hera

UDINE.
«L’Amga è nostra, non si tocca». Questo è solo uno degli slogan urlati da circa 200 persone, politici compresi, nel corso della manifestazione organizzata dal Movimento5Stelle e dal centrodestra per contrastare il progetto di fusione tra Amga ed Hera. Partito da piazza Primo maggio, il corteo ha attraversato via Portanuova e via Mercatovecchio incredibilmente deserta nell’antivigilia di Natale, ed è arrivato sotto la loggia del Lionello dove gli accenti sono stati tutti indirizzati contro il sindaco Furio Honsell, accusato di aver firmato la lettera d’intenti con la multiutility emiliana senza prima informare il consiglio comunale e il Consiglio di amministrazione di Amga, tant’è che i rappresentanti del Comune si sono dimessi.
Considerato che gli organizzatori si erano impegnati a portare in piazza 200 persone, la manifestazione è riuscita. Accanto a quasi tutti i consiglieri comunali grillini e del centrodestra si è unito il Comitato Zardin grant, il movimento 9 dicembre e diversi candidati alle ultime amministrative nelle liste civiche che fanno capo ad Adriano Ioan. Con loro pure alcuni sindaci del Friuli, tra questi quelli di Talmassons, Piero Mauro Zanin, e di Reana, Edi Colaoni, i consiglieri regionali e provinciali Riccardo Riccardi, Alessandro Colautti, Paride Cargnelutti e Franco Mattiussi. Rumore ne hanno fatto parecchio: al suono dei tamburi hanno urlato più volte «Honsell dimettiti». Da qui la presentazione della mozione di sfiducia al primo cittadino sostenuta, ieri sera, anche da alcuni udinesi che hanno firmato la petizione del M5S.
«Il caso Amga non è una questione di partito o dell’opposizione, bensì di tutti i cittadini» ha sottolineato Paolo Perozzo (M5S) imputando al sindaco di aver dimostrato «insofferenza» nei confronti dell’assemblea di palazzo D’Aronco. Altrettanto arrabbiato Zanin: «Noi – ha scandito con particolare enfasi – per comprare 5 matite dobbiamo fare gara pubblica, dovete spiegarmi perché Honsell nello scuro di una stanza ha firmato la lettera d’intenti con Hera». Sempre Zanin, ieri mattina, nel corso dell’assemblea dei soci di Amga indetta su richiesta del Comune di Udine, ha votato contro la distribuzione di un milione di dividendi: «Questa scelta – ha fatto verbalizzare il sindaco di Talmassons – va contro le linee strategiche previste dalla delibera licenziata, nel 2010, dal consiglio comunale di Udine. A questo punto trovano conferma le voci che lo stesso Comune stia indebolendo la società, togliendole risorse, per poi affermare di essere costretto a venderla». Sempre Zanin ha fatto notare che prima di Udine anche Padova e Trieste hanno scelto di aggregarsi a Hera e «guarda caso l’allora sindaco di Padova è diventato ministro».
«Non possiamo mollare» ha avvertito Ioan assicurando che, nei prossimi giorni, il centrodestra continuerà a far sentire la sua voce contro l’aggregazione Amga-Hera. «Così – ha concluso il già candidato sindaco – si distruggono 160 anni di storia perché tanti ne ha l’Amga». Anche a detta di Riccardi l’opposizione e i cittadini hanno diritto di conoscere i termini dell’accordo soprattutto dopo le dimissioni dal Cda di Amga degli uomini nominati da Honsell.
Immediata la replica del capogruppo del Pd in consiglio comunale, Pierenrico Scalettaris, secondo il quale «tolti i politici di professione, alla manifestazione hanno partecipato poche persone. Se questo – ha concluso -, è il risultato del M5S e del centrodestra messi assieme il sindaco può stare tranquillo».
Marzo 18th, 2017 — General, Reti di distribuzione
Elettrodotti News

mv 28 / 12 / 2013
di Lucia Aviani
San Leonardo primo Comune ad approvare in un odg la totale contrarietà La redazione cividalese del Ponte annuncia l’avvio di una raccolta di firme
Corriere della Sera 26/27 dicembre 2013
Cadore senza luce per tutto Santo Stefano e stamattina. Al lavoro tecnici di Enel e Terna. Disagi sulle strade, percorribili solo alcuni tratti con gomme termiche o catene. Sopralluoghi aerei per valutare l’entità dei guasti
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COMUNICATO STAMPA 333, 26/12/2013
BLACKOUT
E’ stata sufficiente una nevicata, nemmeno eccezionale, per mettere al buio il Bellunese e l’alta valle del Tagliamento. Trenta linee staccate, di cui sei nel Bellunese.
Ci vuole poco per capire che le linee aeree sono più esposte ai capricci delle condizioni meteo. Ma quando lo abbiamo sostenuto perché fosse favorita la soluzione interrata, la Terna e i suoi accoliti hanno fatto fuoco e fiamme per non ammetterlo. Eppure, di casi a sostegno delle nostra tesi ne potremmo enumerare a decine, a partire da quell’albero, impertinente e misterioso, caduto in Svizzera il 28 settembre del 2003. Evento cui fu addebitata la colpa di aver messo in ginocchio l’intera Penisola ma che per altri versi ebbe il compito di inaugurare la stagione della perenne emergenza, con il pretesto di garantire la sicurezza del sistema Italia, ovvero di un paese che ha continuato a navigare a vista sotto la regia del monopolio energetico. Eclatante fu anche il caso verificatosi in Canada negli anni novanta e non meno disastroso fu il 2004 per la Francia.
Poteva essere la giornata buona per rifarsi da una stagione andata storta, invece il blackout di Santo Stefano e la mania di fare gli elettrodotti aerei hanno messo nei guai gli operatori e tenuti alla larga i turisti. E dire che si erano vantati di aver migliorato la sicurezza energetica con una nuova linea di collegamento fra l’alta valle del Tagliamento e il Cadore!
Con la cultura che si sta facendo alla scuola della TERNA, la responsabile nazionale per le infrastrutture non mancherà di darci il suo oracolo. Speriamo almeno che Debora si trattenga dal dire che l’ultimo blackout è stato causato dal Comitato per la Vita del Friuli Rurale, dalla mancanza di una magliatura, dal ritardato inizio del Redipuglia-Udine ovest, dell’Okroglo-Udine ovest, del Divacia-Salgareda, del Wurmlach-Somplago, della centrale di Somplago… Adesso che Asquini non è più consigliere, simili stupidaggini le lasci dire a chi di queste cose se ne intende per davvero, a Belci, a Tonon o alla Assessora all’energia…
Tibaldi Aldevis Comitato per la Vita del Friuli Rurale
Marzo 18th, 2017 — CIE = Lager, General
Presentazioni del libro
“CIE e complicità delle organizzazioni umanitarie”
ed sensibili alle foglie
Sabato, 11. Gennaio 2014 ore 17.00
S.GIORGIO DI NOGARO (LOC. GALLI) nello spazio del Gjai
Domenica 12 gennaio 2014 ore 17.30
TRIESTE in via del Bosco 52/a al Gruppo Anarchico Germinal
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Descrizione
In Italia, in tredici Centri di Identificazione ed Espulsione sono recluse oggi migliaia di persone – nel 2012, 7.012 uomini e 932 donne – che hanno la sola colpa di essere migranti. Miliardi di euro vengono spesi per trattenere queste persone e poi espellerle, verso i Paesi dai quali erano faticosamente e onerosamente partite. Molti di questi soldi pubblici finiscono nelle tasche delle organizzazioni “umanitarie” che hanno accettato di gestire i CIE, ben sapendo che i dispositivi fondamentali sui quali questi non-luoghi sono costruiti sono gli stessi che hanno caratterizzato i campi di internamento storici, compresi i lager nazisti. Le frequenti manifestazioni di disagio dei reclusi nei Centri non lasciano dubbio alcuno sulle condizioni di vita al loro interno. E, d’altra parte, chiudere in gabbia delle persone che si spostano nel mondo non sembra in ogni caso una risposta accettabile. Questo libro vuole aprire una riflessione seria e non ideologica sull’istituzione CIE e invita ciascuno di noi a confrontarsi con la propria personale responsabilità riguardo alla loro esistenza.
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Davide Cadeddu (1974), educatore, insegnante e formatore. Vive a Torino, dove, negli ultimi 16 anni, ha promosso e coordinato progetti socioeducativi e formativi nell’ambito del lavoro di strada, delle tossicodipendenze, dell’aggregazione giovanile, dell’accoglienza dei migranti e dei richiedenti asilo politico; ha lavorato nella formazione professionale con giovani e adulti. Attualmente lavora come educatore in una comunità per minori. Ha dato vita all’Associazione Onda Urbana e al progetto “Tana Libera Tutti”, nel quartiere torinese di Porta Palazzo.
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Marzo 18th, 2017 — Fascisti carogne, General
Udine
Ci associamo alla presa di posizione del Collettivo Makhno
http://collettivomakhno.noblogs.org/post/2013/12/31/ud-minacciato-un-compagno-dai-fascisti/
CSA in esilio
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Volantino a cura dell’Assemblea Cittadina di Movimento distribuito il 5 gennaio ad Udine.
In quella data si è svolto il quarto corteo dei forconi udinesi: certamente anche a causa del maltempo (che però non era poi così male) si sono ritrovati in una cinquantina.
Adesso vedremo cosa combinano a Trieste il 9 gennaio

UDINE: un’escalation di minacce e intimidazioni fasciste
La notte del 30 dicembre le mura di casa di un antifascista udinese, attivista sindacale, sono state imbrattate con scritte minacciose firmate con croci celtiche. Negli stessi giorni sono comparse altre scritte, con velate minacce, vicino ad un bar frequentato da un secondo attivista antifascista. In più occasioni, fascisti di vario genere, si sono recati in un locale frequentato da attivist* del movimento e collettivi studenteschi con atteggiamenti tipicamente da agguato; alcuni giorni prima un altro studente era stato “contattato” al telefono per ricordargli il nome di un fascistello locale, ben noto per le sue “eroiche” aggressioni… tutto questo è conseguenza dalle nostre critiche al “coordinamento del 9 dicembre”, detto anche dei forconi.
Le persone minacciate sono state molto attive nello smascherare la natura padronale, nazionalista e corporativista di questo pseudo-movimento; nazionalista perché mira a fomentare la guerra tra lavoratrici/lavoratori italian* e stranier*; corporativista perché mette nello stesso calderone del “bene nazionale” chi sfrutta e chi è sfruttato, come se entrambi fossero vittime e potessero essere alleati. L’hanno fatto per denunciare il tentativo di neofascisti, politicanti falliti ed ex-padroncini in bancarotta, di pilotare il dissenso e la rabbia sociale a proprio vantaggio; l’hanno fatto allo scopo di aprire gli occhi alle persone giustamente incazzate affinché non si facciano strumentalizzare dai nuovi furbi che, stringi stringi, non hanno nulla di concreto da proporre a chi subisce la crisi.
Vista l’ambiguità dei capi locali del movimento, Alessandro Gallo in primis (che da un lato si fa scudo del partigiano Sandro Pertini e dall’altro, di fatto, ha ridato spazio politico a tutto il fascistume udinese); visto il carosello di vecchie facce leghiste dei “ladroni a casa nostra” e la presenza evidente e costante dei fascisti di casapound al presidio di piazzale Osoppo, non abbiamo molti dubbi su chi siano gli autori delle minacce, su chi siano i mandanti e per quali finalità.
Per essere ancora più precisi, il “coordinamento del 9 dicembre” o quel che ne è rimasto dopo la fuoriuscita di molte sigle e dopo il flop colossale della manifestazione romana del 18 dicembre, è oggi nelle mani di un unico rappresentante nazionale, cioè quel tale Danilo Calvani, che dà gli ordini dalla sua Azienda Agricola di Pontinia! (Latina) dove il 27 dicembre si è svolto il vertice nazionale dei suoi comitati, e che ha stabilito uno stretto legame con la formazione dichiaratamente neofascista denominata “Casa Pound Italia”. C.P.I., infatti, è in grado di fornire a Calvani gli attivisti per mandare avanti i presidi e ne ottiene in cambio un’egemonia ideologica attraverso l’imposizione dei suoi slogans (“alcuni italiani non si arrendono”, “siamo tutti italiani”, “né rossi, né neri ma liberi pensieri” …) in un contesto sociale sottomesso all’uso spudoratamente politico del tricolore, dove fare proselitismo per la propria organizzazione che quando può non disdegna di presentarsi alle elezioni. E’ da quest’analisi che discende l’individuazione dei responsabili delle minacce e delle intimidazioni fasciste, altro che da “indagini sommarie” di cui parla il Messaggero Veneto!
Chi è sempre stato in prima linea contro il fascismo, contro i CIE e leggi razziste come la Bossi-Fini, contro il precariato, per il diritto alla casa e al reddito, per la difesa della scuola pubblica, contro il capitalismo, contro la TAV e le grandi opere inutili, per la difesa dell’ambiente e del territorio, non può che rilanciare questi temi che da alcuni anni si sono consolidati nello slogan internazionale “Que se vayan todos”; che se ne vadano tutti, ma veramente tutti! Non solo Letta, Alfano e Napolitano. Se ne vada Honsell con il suo scandaloso parcheggio di piazza Primo Maggio, e la scandalosa fusione di Amga con Hera, ma se ne vadano anche Ioan e Fontanini, e poi renziani, berlusconiani, leghisti, grillini, caccapound e fascisti vari…
Riprendiamo veramente a fare politica fuori e contro i partiti, più o meno mascherati.
Organizziamoci attraverso la democrazia diretta, la pratica assembleare e l’autogestione delle lotte!
ACdM – Assemblea Cittadina di Movimento – Udine –
Fip udine via scalo nuovo, 4 gennaio 2013
Marzo 18th, 2017 — General, Internazionale
mv 7 gennaio 2014


di Alessandra Ceschia
Enzo Del Medico e Ivan Marin (Ism Italia) sono nella Striscia da giovedì. Gli attivisti: chiuso il valico di Rafah, sentiamo i colpi di mitra vicino al porto
UDINE. Bloccati nella Striscia di Gaza, in un lembo di terra larga dieci chilometri e lunga quaranta, dove vivono più di 1,4 milioni di palestinesi, fra incursioni aeree dal cielo e colpi di mitragliatrici dal mare. Sono ore di apprensione per Enzo Del Medico, udinese di 48 anni, coordinatore di International solidarity movement Udine e Ivan Marin, attivista della Val D’Arzino di 42 anni. Giovedì sono entrati nella Striscia attraverso il valico di Rafah come delegazione di Ism Italia per il “Diritto al ritorno” dei profughi palestinesi, assieme a loro altri 27 attivisti facenti capo a vari gruppi Pro Palestina. Questi ultimi portavano con sè anche i proventi di una raccolta di fondi destinati all’Ospedale di Al Awda a Gaza City.
Missione Rafah
La spedizione era stata programmata da tempo e i volontari avevano tutti i permessi necessari, dopo un rocambolesco viaggio avevano superato il valico giovedì scorso. Ma quando, due giorni dopo, hanno tentato di ripartire, il valico era chiuso. «Siamo bloccati a Gaza – racconta Enzo Del Medico – anche stanotte ci sono state incursioni aeree. Noi per fortuna ci troviamo in una zona abbastanza sicura. Continuiamo ad abbracciare i gazawi (la gente del posto ndr) che ogni giorno vivono, anzi, sopravvivono all’odore del sangue che si respira su ogni porta di casa. Un giorno risponderemo ai nostri figli di tutto questo con parole che non troveremo e il silenzio sarà di lacrime» commenta Del Medico.
Sinai in fiamme
Per tre giorni si sono presentati al valico tentando di passare. Ma è stato tutto inutile. «Gaza è sotto blocco israeliano – spiega l’attivista Udinese di Ism – e l’Egitto, dopo Morsi, apre il valico raramente, noi abbiamo tutti i permessi necessari, e infatti ci hanno fatti entrare. Perché non lo aprano in questo momento non è molto chiaro, probabilmente per la situazione nel Sinai». Per rientrare in Egitto, infatti, il gruppo dovrebbe attraversare il Sinai. Ma quella zona è una polveriera.
È di pochi giorni fa la sparatoria in cui sono stati uccisi due militari egiziani e feriti altri otto durante un’operazione in cui l’esercito egiziano, nei pressi del villaggio di el-Mahdiya, si è mosso per arrestare Shadi al-Menei, ritenuto il leader del gruppo quaedista di Ansar Beit al-Maqdis. Insomma, la situazione nel Sinai è sempre più esplosiva, ma lo era anche prima che i volontari friulani entrassero. E anche per questo sui loro documenti era chiaramente indicata la data di arrivo e quella del rientro, ma dopo il primo via libera è arrivata l’inspiegabile chiusura.
Scorta armata
«A causa del blocco israeliano l’energia elettrica è discontinua, manca per diverse ore, così è difficile anche comunicare, ma stiamo bene – tranquillizza Del Medico –. Abbiamo trovato una sistemazione in un albergo di fronte alla casa di Vittorio Arrigoni». Nelle parole di Del Medico il continuo rimando al giornalista italiano rapito e ucciso a Gaza il 15 aprile del 2011. Poche e allarmanti le parole di Ivan Marin che ritrae una situazione di quotidiana paura nella Striscia. «Il problema ora – aggiorna Marin – sono gli egiziani, in questo momento l’Egitto è sull’orlo di una guerra civile, ad Arish si combatte per le strade, e tutto il Nord del Sinai è considerato zona off limits. Per venire fino a qui abbiamo attraversato l’inferno – aggiunge – qui a Gaza siamo relativamente tranquilli, anche se andiamo in giro con la scorta armata.
Sia in Egitto sia a Gaza si temono attentati anche nei nostri confronti da parte di chi vuole destabilizzare ulteriormente la situazione. Ieri sera – riferisce – siamo stati nella zona di confine, probabilmente era uno dei luoghi più cari a Vittorio Arrigoni, c’erano gli ulivi, i campi coltivati, poco lontano le postazioni israeliane e un sacco di bimbi con gli occhi felici. Già, occhi felici in mezzo a tutto quel casino, ma che stranezza, eh? Se torno – commenta – penso che questo sarà uno dei ricordi più cari che mi porterò nel cuore».
I colpi di mitra
L’estenuante attesa è scandita da annunci in tempo reale e il racconto dei due friulani si fa drammatico. «Gli israeliani stanno attaccando le barche dei pescatori – scrive Marin –. Si sentono forti i colpi delle mitragliatrici, proprio qui, nel braccio di mare di fronte a noi». Com’è noto l’attività principale nella Striscia, la pesca, ha subito pesanti limitazioni: negli accordi stabiliti con Morsi dopo Pillar of cloud il limite nautico per la pesca era stato portato a tre miglia. «Ma le violazioni sono continue – assicura Del Medico – ho visto una lancia sparare su un peschereccio di fronte al porto, abbiamo avuto notizia di una decina di barche attaccate» assicura. «Condizioni drammatiche, se si pensa che almeno 35 mila persone residenti lungo la costa vivevano grazie alla pesca».
L’angoscia
Poche parole che, appena prendono a correre in rete, vengono falciate dai continui stacchi di corrente. Dai messaggi degli attivisti bloccati in un lembo di terra dove si stima che dopo la seconda intifada siano state uccise oltre 7 mila persone trapelano parole di profonda angoscia, e di rabbia per una tragedia che sembra non aver fine.