UDINE/ Solidarietà ad Enzo ed Ivan

 

 mv 7 gennaio 2014

 

copertina mv

 

Volontari friulani
bloccati a Gaza

di Alessandra Ceschia

Enzo Del Medico e Ivan Marin (Ism Italia) sono nella Striscia da giovedì. Gli attivisti: chiuso il valico di Rafah, sentiamo i colpi di mitra vicino al porto
 

UDINE. Bloccati nella Striscia di Gaza, in un lembo di terra larga dieci chilometri e lunga quaranta, dove vivono più di 1,4 milioni di palestinesi, fra incursioni aeree dal cielo e colpi di mitragliatrici dal mare. Sono ore di apprensione per Enzo Del Medico, udinese di 48 anni, coordinatore di International solidarity movement Udine e Ivan Marin, attivista della Val D’Arzino di 42 anni. Giovedì sono entrati nella Striscia attraverso il valico di Rafah come delegazione di Ism Italia per il “Diritto al ritorno” dei profughi palestinesi, assieme a loro altri 27 attivisti facenti capo a vari gruppi Pro Palestina. Questi ultimi portavano con sè anche i proventi di una raccolta di fondi destinati all’Ospedale di Al Awda a Gaza City.

Missione Rafah

La spedizione era stata programmata da tempo e i volontari avevano tutti i permessi necessari, dopo un rocambolesco viaggio avevano superato il valico giovedì scorso. Ma quando, due giorni dopo, hanno tentato di ripartire, il valico era chiuso. «Siamo bloccati a Gaza – racconta Enzo Del Medico – anche stanotte ci sono state incursioni aeree. Noi per fortuna ci troviamo in una zona abbastanza sicura. Continuiamo ad abbracciare i gazawi (la gente del posto ndr) che ogni giorno vivono, anzi, sopravvivono all’odore del sangue che si respira su ogni porta di casa. Un giorno risponderemo ai nostri figli di tutto questo con parole che non troveremo e il silenzio sarà di lacrime» commenta Del Medico.

Sinai in fiamme

Per tre giorni si sono presentati al valico tentando di passare. Ma è stato tutto inutile. «Gaza è sotto blocco israeliano – spiega l’attivista Udinese di Ism – e l’Egitto, dopo Morsi, apre il valico raramente, noi abbiamo tutti i permessi necessari, e infatti ci hanno fatti entrare. Perché non lo aprano in questo momento non è molto chiaro, probabilmente per la situazione nel Sinai». Per rientrare in Egitto, infatti, il gruppo dovrebbe attraversare il Sinai. Ma quella zona è una polveriera.

È di pochi giorni fa la sparatoria in cui sono stati uccisi due militari egiziani e feriti altri otto durante un’operazione in cui l’esercito egiziano, nei pressi del villaggio di el-Mahdiya, si è mosso per arrestare Shadi al-Menei, ritenuto il leader del gruppo quaedista di Ansar Beit al-Maqdis. Insomma, la situazione nel Sinai è sempre più esplosiva, ma lo era anche prima che i volontari friulani entrassero. E anche per questo sui loro documenti era chiaramente indicata la data di arrivo e quella del rientro, ma dopo il primo via libera è arrivata l’inspiegabile chiusura.

Scorta armata

«A causa del blocco israeliano l’energia elettrica è discontinua, manca per diverse ore, così è difficile anche comunicare, ma stiamo bene – tranquillizza Del Medico –. Abbiamo trovato una sistemazione in un albergo di fronte alla casa di Vittorio Arrigoni». Nelle parole di Del Medico il continuo rimando al giornalista italiano rapito e ucciso a Gaza il 15 aprile del 2011. Poche e allarmanti le parole di Ivan Marin che ritrae una situazione di quotidiana paura nella Striscia. «Il problema ora – aggiorna Marin – sono gli egiziani, in questo momento l’Egitto è sull’orlo di una guerra civile, ad Arish si combatte per le strade, e tutto il Nord del Sinai è considerato zona off limits. Per venire fino a qui abbiamo attraversato l’inferno – aggiunge – qui a Gaza siamo relativamente tranquilli, anche se andiamo in giro con la scorta armata.

Sia in Egitto sia a Gaza si temono attentati anche nei nostri confronti da parte di chi vuole destabilizzare ulteriormente la situazione. Ieri sera – riferisce – siamo stati nella zona di confine, probabilmente era uno dei luoghi più cari a Vittorio Arrigoni, c’erano gli ulivi, i campi coltivati, poco lontano le postazioni israeliane e un sacco di bimbi con gli occhi felici. Già, occhi felici in mezzo a tutto quel casino, ma che stranezza, eh? Se torno – commenta – penso che questo sarà uno dei ricordi più cari che mi porterò nel cuore».

I colpi di mitra

L’estenuante attesa è scandita da annunci in tempo reale e il racconto dei due friulani si fa drammatico. «Gli israeliani stanno attaccando le barche dei pescatori – scrive Marin –. Si sentono forti i colpi delle mitragliatrici, proprio qui, nel braccio di mare di fronte a noi». Com’è noto l’attività principale nella Striscia, la pesca, ha subito pesanti limitazioni: negli accordi stabiliti con Morsi dopo Pillar of cloud il limite nautico per la pesca era stato portato a tre miglia. «Ma le violazioni sono continue – assicura Del Medico – ho visto una lancia sparare su un peschereccio di fronte al porto, abbiamo avuto notizia di una decina di barche attaccate» assicura. «Condizioni drammatiche, se si pensa che almeno 35 mila persone residenti lungo la costa vivevano grazie alla pesca».

L’angoscia

Poche parole che, appena prendono a correre in rete, vengono falciate dai continui stacchi di corrente. Dai messaggi degli attivisti bloccati in un lembo di terra dove si stima che dopo la seconda intifada siano state uccise oltre 7 mila persone trapelano parole di profonda angoscia, e di rabbia per una tragedia che sembra non aver fine.