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Marzo 17th, 2017 — Nucleare
da TMN
Manifestazione anti-nucleare a Tokyo – VideoDoc
In Piazza anche a Nagoya. Nuovo allarme radiazioni
Tokyo, 27 marzo. Cortei a Tokyo e Nagoya per dire no al nucleare. La popolazione è scesa in piazza per manifestare pacificamente e chiedere la chiusura definitiva delle centrali nucleari del paese. Nuovo allarme radiazioni a Fukushima.
da Il Messaggero
Tokyo, manifestazione contro centrale nucleare Hamaoka
ROMA – Circa 300 persone, in prevalenza mamme con bimbi, hanno protestato oggi a Tokyo contro la centrale nucleare di Hamaoka, nella prefettura di Shizuoka. La manifestazione, a poco più di due settimane dal grave incidente ancora irrisolto della centrale di Fukushima causato dal sisma/tsunami dell’11 marzo, ha puntato dritto verso un altro impianto ritenuto «ad altissimo rischio», distante solo 200 km a sud di Tokyo e a 120 dalla popolosissima Nagoya, costruito sul punto di congiunzione delle placche tettoniche.
La stampa nipponica ha oggi recuperato, tra l’altro, la testimonianza di Katsuhiko Ishibashi, professore della Kobe University e uno dei massimi esperti sulle Scienze della Terra, tenuta dinanzi a una commissione parlamentare a febbraio 2005. Nell’occasione, Ishibashi aveva parlato di «terremoto e della sua potenza in grado di colpire un impianto nucleare in più parti e produrre diverse rotture» con danni a parti vitali come il sistema di raffreddamento. Una descrizione che rispecchia quanto accaduto a Fukushima, ma che se ripetuto a Hamaoka porterebbe a un «colpo fatale al Giappone» con pesanti effetti «per tutte le generazioni future».
Domenica 27 Marzo 2011 – 16:09
da Swisscom
Giappone: manifestazioni contro il nucleare a Nagoya e Tokyo
Centinaia di persone hanno manifestato oggi a Nagoya (centro) e Tokyo per chiedere l’abbandono delle centrali nucleari dopo l’incidente all’impianto di Fukushima provocato dal sisma e dallo tsunami di due settimane fa. Lo hanno constatato giornalisti della France Presse sul posto.
In un Paese dove tradizionalmente i cortei anti-nucleari sono rari e hanno poca partecipazione, almeno 300 manifestanti si sono riuniti a Nagoya rispondendo all’invito di studenti preoccupati dalla situazione alla centrale di Fukushima 1, situata nel nord-est dell’arcipelago.
“Non vogliamo un’altra Fukushima”, hanno scandito i manifestanti chiedendo la chiusura della centrale di Hamaoka situata a 120 chilometri da Nagoya, sulla costa sud dell’isola di Honshu, e pure a rischio sisma. A Tokyo, infine, circa 300 persone hanno sfilato nel quartiere chic di Ginza scandendo slogan come “Non abbiamo bisogno del nucleare”.
(ats)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Immigrati, Tondo punta i piedi contro le due tendopoli in Fvg
Il presidente: «A Roma ripeterò a Maroni che il Fvg già ospita clandestini a Gradisca». Moretton (Pd): «L’accoglienza è un dovere»
di Anna Buttazzoni
TRIESTE. «Non esiste alcuna comunicazione ufficiale e non cambio idea: il Friuli Venezia Giulia ha già dato, segnali di impegno arrivino ora da altre regioni, perché noi abbiamo già centinaia di immigrati sul nostro territorio». Il presidente Fvg Renzo Tondo non ci sta. Oggi ci sarà lui a palazzo Chigi, a Roma, per l’incontro tra gli esponenti delle Regioni e il ministro dell’Interno Roberto Maroni (Lega).
È stato il ministro a indicare la strada per uscire dall’emergenza-profughi per svuotare Lampedusa, chiedendo la disponibilità delle Regioni, spiegando che l’accoglienza dovrebbe essere tradotta in mille immigrati ogni milione di abitanti e prevedendo anche dei correttivi per le regioni che ospitano già strutture come Cie – centro di identificazione ed espulsione – e Cara – centri di accoglienza per richiedenti asilo. Dal Viminale è poi arrivata l’indicazione di 13 siti adatti all’ospitalità, tra i quali due in Friuli Vg: Clauzetto e Sgonico.
Ma Tondo, l’assessore alla Sicurezza, la leghista Federica Seganti, e i capigruppo del centro-destra insistono: l’accoglienza arrivi da ogni regione d’Italia. Oggi, poi, in Consiglio regionale sarà discussa la mozione presentata dalla Lega per “blindare” il no agli immigrati in regione.
Tondo, dunque, oggi volerà a Roma, discuterà con Maroni e con gli altri governatori, convinto che per il Fvg debbano essere applicati i correttivi già illustrati dal ministro. «Abbiamo sostenuto la linea di Maroni – ripete Tondo – sugli aggiustamenti per le regioni dove sono operativi Cie e Cara, che noi abbiamo. Ci aspettiamo quindi l’applicazione dei correttivi».
Secca anche Seganti. «Clauzetto e Sgonico sono solo due caserme dismesse e ubicate in zone isolate, non siti di accoglienza. Sui profughi – spiega Seganti – ognuno deve fare la propria parte, in primis l’Europa e Francia compresa. E sugli immigrati, invece, ci auguriamo che Maroni attui i respingimenti».
Stessa linea per il capogruppo della Lega in Consiglio regionale Danilo Narduzzi. «I tunisini non sono un’emergenza umanitaria, ma immigrati da respingere. Siamo contrari all’accoglienza in Fvg perché – argomenta Narduzzi – abbiamo già il 15% di presenze, il Cie di Gradisca, la base di Aviano dove sono raddoppiati i militari e problemi sociali e di sicurezza. Si trovino soluzioni altrove».
Chiede equità il capogruppo del Pdl in Consiglio Daniele Galasso. «La questione dev’essere trattata allo stesso modo in tutta Italia. Gli immigrati vanno respinti, i profughi accolti, ma il Fvg – aggiunge Galasso – è già sotto pressione. Solo se le condizioni saranno uguali in ogni regione allora faremo la nostra parte». Simile il pensiero dell’Udc con il capogruppo Edoardo Sasco. «Il problema dev’essere all’attenzione della Ue. E se verrà stabilito un principio generale deve valere per tutti e – conclude Sasco – delle caratteristiche del Fvg bisogna tener conto».
Alessandro Colautti, consigliere regionale del Pdl, spiega invece che se accoglienza dovrà essere, sia transitoria e dopo la verifica che si tratti davvero di rifugiati politici. «L’emergenza non deve trasformarsi in stanzialità, come è accaduto ai tempi dell’immigrazione dall’ex Jugoslavia, a meno che non si voglia accendere la miccia di un conflitto sociale che farebbe saltare il banco creando tensioni dalle ricadute pericolosissime. Il nostro compito sarà proprio quello – conclude Colautti – di aiutare i libici a tornare in Libia».
Parla invece di accoglienza e solidarietà il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Gianfranco Moretton. Che bacchetta governo e Lega. «Il Friuli Venezia Giulia ha il dovere di attivare tutte le azioni necessarie per l’accoglienza. Quella della Lega, che mi auguro sia una posizione minoritaria – continua Moretton – che vuole lavarsene le mani cavalcando l’onda del più gretto e becero populismo, non può ricevere la comprensione di nessuno, perché l’azione della Lega inconcludente e rischia di creare situazioni di pericolo sanitario e di disordini sociali».
Per Moretton, però, l’accoglienza non dev’essere calata dall’alto, ma concordata con regioni e sindaci. «Perché sono gli amministratori locali – spiega il capogruppo del Pd – a conoscere i luoghi adatti per attrezzature, sicurezza e dignità di queste persone. E non mi risulta che Clauzetto, ad esempio, lo sia”
Il Piccolo
Il giallo dei profughi si infittisce, Tondo a Roma dal premier
Voci, smentite, mezze conferme. Ma nessuna ufficialità. È sempre più fitto il mistero sul possibile arrivo in Friuli Venezia Giulia degli immigrati di Lampedusa. Si parla di riaprire le caserme dismesse o di allestire tendopoli all’interno delle stesse strutture. Due le località indicate, al momento, in regione: Sgonico in provincia di Trieste e Clauzetto a Pordenone.
Oggi è attesa una schiarita, forse definitiva: Renzo Tondo è volato a Roma per un faccia a faccia con Berlusconi e Maroni. Appuntamento a Palazzo Chigi alle cinque del pomeriggio con tutti i presidenti di Regione
Sul tavolo il peso di una decisione umanitaria e politica insieme. Il Viminale dovrà disegnare una mappa precisa dei siti e decidere luoghi, tempi e numeri. «Io sono stato convocato – mette le mani avanti Tondo – vedremo cosa avranno da dirmi, ora non so cosa vogliono».
Tutto fa pensare all’allestimento di tendopoli nelle vecchie strutture militari, come nella caserma di Borgo Grotta, nel comune di Sgonico. Un’ipotesi, ma insistente, anche da fonti vicine al Viminale. Il governatore dice di non saperne nulla: «A me non hanno fatto sapere ancora niente, vedremo». Nessuno esclude che la Regione, in questa fase, sia tenuta fuori e che Maroni stia trattando direttamente con il suo braccio operativo sul territorio, la Prefettura, appunto. In fondo è Luca Ciriani stesso ad ammettere che «finora è mancata la comunicazione con il ministero, è già una settimana che stiamo aspettando di capire qualcosa di questo piano». Nulla anche sulle tendopoli triestina e pordenonese: «La Protezione civile non è mai stata allertata per un’operazione del genere, noi non siamo a conoscenza di soluzioni simili, vero è che le ex caserme che abbiamo sono un disastro» precisa il vicepresidente. Ciriani ribadisce ancora una volta che «i sacrifici devono essere fatti prima delle altre regioni e poi eventualmente da noi».
Una linea stabilita fin dall’inizio e che Tondo dovrà tenere alta al vertice di oggi a Roma. «Mi auguro che ci sia margine di trattativa e che il Friuli Venezia Giulia, almeno in un primo momento, sia escluso dal dover accogliere i profughi, perché qui siamo già pieni, basta vedere cosa succede al Cie di Gradisca» osserva Ciriani. La strada imboccata dal ministero pare andare invece in un’altra direzione. «Già – riflette il vicepresidente – e può accadere che Maroni ci mandi qui chi vuole lui. Così, d’imperio. Lui può farlo». Intanto si rinfocolano le proteste. Stavolta non di stampo politico, bensì dei Vigili del Fuoco. La Uil denuncia che «il corpo regionale adesso è privo della Colonna mobile: da Udine è stata inviata al campo profughi di Manduria. E dunque i Vigili, in caso di allarme, non potrebbero fornire alloggio al personale impiegato nelle operazioni di soccorso».
L’emergenza umanitaria di Lampedusa e il ruolo del Friuli Venezia Giulia saranno esaminati anche in Consiglio regionale. «I siti individuati sono inadeguati – sostiene il Cittadino Stefano Alunni Barbarossa – Sgonico e Clauzetto non sono assolutamente idonei». Il consigliere chiede alla giunta «come intende muoversi a fronte del no ricevuto dalle amministrazioni interessate». E le tensioni potrebbero spostarsi anche in aula.
Cie e Cara, confermato lo stop a trasferimenti e ingressi
GRADISCA A giorni, probabilmente già domani, sarà affidato dell’appalto triennale da circa 15 milioni di euro per la gestione di Cie (Centro di identificazione ed espulsione) e Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo), mentre la prossima settimana ci sarà la riapertura della cosiddetta “zona verde”, che consentirà alla struttura di disporre di ulteriori 5 stanze, con una capienza di 44 posti. Due scadenze che restano ufficiose; è ufficiale, invece, almeno per il momento, il blocco di trasferimenti e ingressi per le due strutture isontine, che restano tagliate fuori dal piano d’emergenza disposto dal Viminale per risolvere l’emergenza di Lampedusa. Blocco che, complici anche gli 8 arresti effettuati la scorsa settimana a seguito dell’ultima rivolta (conclusasi con un bilancio di 6 fuggiti e due militari contusi), ha consentito di mantenere l’emergenza entro i livelli di guardia all’interno del Cie, dove sono attualmente ospitati circa 80 immigrati, una trentina dei quali ospitati nelle uniche due camere attualmente agibili, mentre gli altri restano sistemati nei corridoi e in locali originariamente predisposti per altre funzioni. Restano in vigore, intanto, le restrizioni per gli ospiti disposte dalla Prefettura di Gorizia,ovvero il divieto di fumare e di possedere telefonini cellulari, mentre relativamente all’area verde che sarà a breve riaperta esisterebbe già una direttiva della Questura che non prevede la dotazioni dei materassi nelle 5 camere, al chiaro fine di evitare nuovi incendi. Dopo le tre partenze dei giorni scorso per il villaggio catanese di Mineo, inoltre, sospesi anche gli spostamenti in altri centri italiani per i richiedenti asilo del Cara. (m.c.)
Marzo 17th, 2017 — OGM
da Il Piccolo
Legge approvata: vietato coltivare Ogm in Fvg
Intesa bipartisan. Ma l’agricoltore ribelle Giorgio Fidenato rilancia: “Io seminerò lo stesso”
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE Il Consiglio regionale chiude la partita sugli Ogm. La legge passa liscia, o quasi, e ora in Friuli Venezia Giulia le coltivazioni geneticamente modificate sono vietate. Ma è caos. Perché Giorgio Fidenato, il ribelle, è intenzionato a usare comunque i semi incriminati. Dice in serata il presidente di Agricoltori Federati: «Vado per la mia strada, entro tre settimane userò gli Ogm, il diritto europeo me lo permette». A questo punto potrebbe scattare la rivolta dei centri sociali che meno di un mese fa avevano minacciato di distruggere i campi di Fidenato. L’aria fuori dall’aula è tesa. Dentro, invece, tutto è andato avanti come da copione.
La normativa bipartisan, su cui Futuragra ha preso subito le distanze, è stata votata a larga maggioranza da centrodestra e centrosinistra. Contrari Venier dell’Udc, Ballaman e Asquini del Gruppo misto. Si sono astenuti i triestini del Pdl Tononi e Marini. Questo però non era previsto. Insomma, un segnale che le divergenze di vedute all’interno delle coalizioni restano. Perché la materia è delicata e il vero vincitore ieri pomeriggio è stato un altro: la paura. O, meglio, l’incertezza di tuffarsi in un mondo pieno di ombre. Dalla sfida per l’ambiente, innanzitutto, ai rischi per la salute «anche se ingoiamo tutti i giorni Ogm e non ci voltiamo indietro» si mormorava in aula. Per non parlare di tutti i “se” e tutti i “ma” legati alla vocazione agricola della regione.
Chiusi i lavori la sensazione è che il Palazzo, in mancanza di una letteratura seria e obiettiva, abbia scelto di decretare un divieto “preventivo” per le piante Frankenstein, come oserà qualcuno. Un testo che non riesce a spazzare via i dubbi: fanno male o no le colture tech? Se lo chiedono un po’ tutti i consiglieri prima di cominciare il proprio intervento. «Mancano ricerche scientifiche, utilizziamo il buon senso» dirà Roberto Marin (Pdl). Ritornello trito e ritrito. Anche perché la Lega Nord, con Mara Piccin, era partita come un treno per sentenziare che gli Ogm «vanno bloccati». D’accordo il partito di Berlusconi, Tononi e Marini a parte: «C’è chi pensa che i semi artificiali possa eliminare la fame nel mondo, ma non è così» è l’opinione del capogruppo del Pdl Galasso, che porta i numeri: «Solo 6 Paesi in Europa coltivano Ogm e 13 regioni italiane li hanno interdette».
Dai banchi di Rifondazione Comunista Roberto Antonaz esorta l’assessore all’Agricoltura Violino a prendere posizione. Lui si aggiusta il microfono: «Le colture tech non sono convenienti per noi, meglio percorrere la strada che ci pagherebbe di più, cioè la qualità dei nostri prodotti». Scontata la battuta che si leva dai banchi in fondo: «Sì, tipicamente friulani». L’Italia dei Valori, con Agnola, è critica: «La discussione è stata surreale, nessuno si è interessato delle imprese senza reddito». Moretton, capogruppo del Pd, tira in ballo la Ue: «Ha una posizione ondivaga». Precise invece le regole che la legge ha emanato. A cominciare dalle sanzioni: chi non osserva il divieto va incontro a multe da 5 mila e 50 mila euro a ettaro.
Sarà la Regione, attraverso il Corpo forestale, a vigilare sul rispetto della legge. Sono possibili sperimentazioni, «autorizzate e comunque al chiuso». Il provvedimento ora è pronto. La dichiarazione di guerra anche.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Rassegna stampa del 01/04/11
Piccolo
Emergenza profughi, bufera in Regione
La Lega accusa Caritas e Don Vatta: “Profitti sugli immigrati”. Intanto la Prefettura indica dieci siti. Tondo aspetta Maroni
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE Succede tutto in quarto d’ora. Il capogruppo della Lega Nord si schiarisce la voce, aspetta di avere l’attenzione dei colleghi e parte con la sua arringa. «C’è chi vuole realizzare profitti sulle emergenze, ci sono associazioni che hanno interessi. Quello dei clandestini è un business enorme: chi affitta case in nero, chi dà pasti, per non parlare della Marina militare». Il brusio si attenua.
Si parla di immigrati e del piano che la Regione dovrebbe predisporre per accogliere i profughi di Lampedusa. L’aria è tesa perché il Carroccio vuole stanare la giunta e sapere cosa intende fare di preciso il presidente Tondo dopo aver partecipato al vertice di Roma.
La Lega ha preparato una mozione e con un blitz ha fatto stravolgere l’ordine del giorno dei lavori del Consiglio per discuterla. Narduzzi riprende il filo del discorso e lancia un attacco a «quelle associazioni che hanno interessi». Il capogruppo tira in ballo Don Mario Vatta e Schiavone: «Dicono che le strutture sono pronte, si tratta di una solidarietà pelosa». Il leghista fa riferimento a un articolo uscito ieri sul Piccolo che riportava le riflessioni dei due. Non è finita
Nel calderone di Narduzzi finisce anche la Caritas: «È in prima fila nel mercimonio della solidarietà». In aula scende il gelo. Le accuse al fondatore della Comunità di San Martino al Campo e al presidente del Consorzio italiani di solidarietà sono pesanti. Franco Codega chiede la parola. Il consigliere del Pd ed ex presidente regionale delle Acli non riesce a trattenere la rabbia: «Cosa stai dicendo, come ti permetti – urla – stai insultando don Vatta, stai dicendo che lui guadagna sulla pelle degli immigrati. Lui che da quarant’anni aiuta i barboni di Trieste. Codega alza gli occhi sulla croce che domina la parete dell’aula. «È lui che stai insultando».
In Consiglio è subito bufera. «Narduzzi ha detto cose pazzesche, allucinanti – dichiarano in coro Pd e Rifondazione. Anche il Pdl prende le distanze. Maurizio Bucci afferma: «L’attacco che abbiamo sentito è un’occasione ghiotta per creare una nuova frattura con la Lega, ma noi non approfittiamo di questioni così importanti, come l’immigrazione, per farne uso politico». In serata don Mario Vatta scuote il capo e si limita a bollare come «ignobile» l’intervento del leghista. E aggiunge, a voce bassa: «Ci dica quel politico chi si sarebbe fatto che so, una casa, sulle spalle degli immigrati. Forse io? No, io dormo con i barboni da quarant’anni. Narduzzi deve chiarire chi avrebbe fatto le cose che sta dicendo».
Il fronte della polemica si fa sempre più velenoso, insomma. E oggi, peraltro, il Viminale potrebbe emanare il piano-immigrati. Fonti della Prefettura fanno sapere che potrebbero essere una decina i siti individuati in Friuli Venezia Giulia. Insomma, una mappa delle caserme dismesse ci sarebbe, ma resta rigorosamente top secret. «Non possiamo dire niente prima di aver sentito il ministero – affermano dal Palazzo del governo di Piazza Unità. Una prospettiva che il presidente Renzo Tondo, indirettamente, smentirà. Il governatore, infatti, esclude l’ipotesi di caserme e tendopoli». E assicura che «la cabina di regia di Regioni, Province e Comuni è un passo avanti per prendere decisioni coerenti con le disponibilità del territorio, perché in un primo momento si pensava che Roma volesse agire d’autorità».
Tondo annuncia inoltre che un’ottantina di immigrati potrebbe essere ospitata «nelle case famiglia» della regione. «Non è un problema perché ci sono disponibilità anche nei centri di accoglienza privati e si tratterebbe di inserire dieci persone per posto». Il Fli però teme che la Regione arrivi impreparata e, attraverso il segretario regionale Paolo Ciani, chiede di creare subito «un tavolo con enti locali, associazioni e forze politiche. Il rischio è subire comunque le scelte del ministro Maroni».
Messaggero Veneto
Il piano-accoglienza in Fvg: i profughi in case famiglia
Tondo conferma che potrebbero arrivare alcune decine di richiedenti asilo. Chiesta la disponibilità di tre sedi Ial. In Aula è bagarre sulla mozione della Lega
di Anna Buttazzoni
UDINE. Nessun clandestino, ma un centinaio di profughi sì. Il Friuli Venezia Giulia, come da accordo siglato mercoledì sera tra Regioni e governo anche dal presidente Renzo Tondo, farà la sua parte in aiuto agli immigrati in arrivo dal Nord Africa. È Tondo a confermarlo, escludendo la possibilità che vengano creare tendopoli o utilizzate caserme dismesse. Con ogni probabilità, invece, i richiedenti asilo saranno ospitati in case di accoglienza e strutture private, come tre sedi dello Ial, a Magnano in Riviera, Gemona e Piancavallo, come conferma la Cisl.
Ma sul tema degli immigrati ieri in Consiglio regionale è stata ancora bagarre, con Tondo presente e con Pdl, Udc e Lega a rimpallarsi la responsabilità per la mancanza del numero legale – e quindi della possibilità di proseguire la discussione e di andare al voto – durante l’esame della mozione presentata dal Carroccio per non consentire l’arrivo in Friuli Vg di clandestini.
«Tra Regioni e governo – ha spiegato ieri il governatore – si è deciso di istituire fare una “cabina di regia” nella quale il governo si confronterà con Regioni, Province e Comuni per decidere il da farsi, cioè per prendere decisioni che siano coerenti con le disponibilità e le aspettative del territorio. È un passo avanti, anche perché in un primo momento sembrava che il governo volesse procedere d’autorità».
Il governatore ha confermato che i clandestini non troveranno posto in regione. «Al momento il governo sta spostando sul territorio nazionale, ma non in Friuli Venezia Giulia, qualche migliaio di clandestini che sono presenti a Lampedusa. Berlusconi – ha aggiunto Tondo – ci ha informato di avere raggiunto un accordo con le autorità tunisine affiché non ne arrivino più. Quindi trovata sistemazione per questi dovremmo essere abbastanza a posto. Rimangono alcune migliaia di profughi, questione diversa dai clandestini, che potrebbero essere portati nelle regioni. Ma in questo caso di parla di 80/100 persone al massimo che potrebbero essere ospitati nelle “case famiglia” anche della nostra regione. Però parliamo di profughi non di clandestini».
Strutture però non sono ancora state individuate. «Ma non è un problema – ha spiegato il governatore – nel senso che ci sono disponibilità anche nei centri di accoglienza privati. Nel caso ci trovassimo nella necessità di accogliere 70/80 persone si tratterebbe di inserire dieci persone per posto».
Giovanni Fania, segretario regionale della Cisl, conferma che dalla Regione è arrivata la richiesta di disponibilità nelle sedi dello Ial. «Possiamo utilizzare – conferma il cislino – le strutture di Magnano, Gemona e Piancavallo, ma solo per l’accoglienza di minori non accompagnati, per i quali organizzare anche corsi di italiano».
Ieri il Consiglio regionale, invece, non ha preso posizione sulla questione clandestini sollevata dalla Lega. «Dispiace – ha commentato Narduzzi – che non si sia potuto completare il dibattito. Ma abbiamo fiducia in Tondo e sappiamo che troverà una soluzione, perché non vogliamo clandestini. Sui profughi, invece, se saranno cento e a tempo determinato, possiamo ragionare».
Puntualizza il capogruppo del Pdl Daniele Galasso. «Io ero in Aula, gli altri no. E non accetto responsabilità di nessun tipo, anche perché della Lega non c’era nessuno presente. Alle 18.15, con ancora 15 minuti a disposizione, otto persone iscritte e senza numero legale, non si sarebbe potuto fare altro che chiudere la seduta», chiude Galasso.
Rassegna stampa del 31/03/11
Il Piccolo
Profughi anche in Fvg ma non a Sgonico
La decisione al vertice fra il governo e le Regioni. Scartata pure l’ipotesi della caserma di Clauzetto (Pordenone)
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE Un punto fermo. Gli immigrati di Lampedusa arriveranno anche in Friuli Venezia Giulia. Ormai è certo. E, come si legge nel patto sottoscritto ieri sera tra Palazzo Chigi ed Enti locali, le Regioni dovranno farsi carico dei profughi, così come dei clandestini. A spese del governo, però.
Il Presidente Renzo Tondo, che fin da subito aveva dettato una linea chiara – “prima gli altri, perché noi siamo pieni” – non vuole commentare l’esito del summit. «Inutile parlare visto che al momento non sappiamo niente su quali saranno i siti scelti», dice. Infatti nel documento non ci sono numeri e nemmeno tempistiche, perché il testo uscito dal vertice di Roma è solo un primo passo. Non si fa riferimento a caserme, siti o tendopoli. Ma si sa che sarà la Protezione Civile a gestire l’emergenza. Come, dove e quando è tutto da vedere. Ma è questione di giorni, forse di ore.
C’è un altro punto fermo. Che non arriva da Roma, ma dalla Prefettura di Trieste: la caserma di Sgonico è esclusa dal piano-immigrati. «Confermo – dice il deputato Massimiliano Fedriga – ho parlato con Maroni». Scartata pure la struttura di Clauzetto, a Pordenone. «Non l’avevamo mai presa in considerazione», sostengono fonti governative: «Esamineremo altre caserme dismesse».
E mentre la Prefettura di Gorizia afferma di non aver fornito alcun luogo all’elenco trasmesso dal Friuli Venezia Giulia alla capitale, spunta una nuova ipotesi. La rende nota il segretario regionale del Fli, Paolo Ciani: «Siamo venuti a conoscenza di richieste esplorative e di preventivi economici fatte in questi giorni per sistemare velocemente la caserma di Gemona,del Friuli Goi Pantanali. Siamo preoccupati».
Il partito di Fini già in giornata aveva mandato un chiaro messaggio a Tondo che “non deve subire passivamente le imposizioni dei ministri Maroni e La Russa e che deve dare direttive per i profughi, non per i clandestini”. Secondo Ciani “la Regione, con la crisi economica in atto, non può farsi carico di una crisi umanitaria che non le compete, nemmeno utilizzando la Protezione civile”. In serata altri dettagli. «In Friuli Venezia Giulia le caserme a disposizione del Viminale saranno selezionate tra quelle gestite dallo Stato e non tra quelle che sono state trasferite ai Comuni» – spiega l’assessore Federica Seganti, che aggiunge: «Ora stiamo lavorando sulle modalità e i criteri» .
A breve, dunque la fase operativa del piano-Maroni. Il ministro deve però incassare il dissenso del Sindacato Autonomo di Polizia, già in polemica per i tagli subiti dal corpo negli scorsi mesi. «Per affrontare questa ondata di persone ci vogliono uomini e mezzi, e occorre fare presto”. Dal Friuli Venezia Giulia si fa sentire Debora Serracchiani che, attraverso il proprio blog, bolla come “fallimentare” la gestione dell’emergenza. Per il segretario regionale del Pd “quel che nausea davvero è l’utilizzo immorale del dramma umanitario per acchiappare un pugno di voti, come fa la Lega, o per sfuggire alla giustizia, come fa Berlusconi”.
Messaggero Veneto
Profughi, Tondo firma a Roma. La leghista Seganti dice no
Il presidente sigla il piano per l’accoglienza, ma nella maggioranza è scontro. Serracchiani: da Lega e premier utilizzo immorale di un’emergenza
di Anna Buttazzoni
UDINE. Anche il governatore Renzo Tondo ha firmato l’intesa tra Regioni e governo per l’accoglienza ai profughi. «Ma non ho nulla da dire – spiega in tarda sera il presidente Fvg -, perché non vanno alimentate polemiche e perché al momento non si pone alcun problema»
Nel pomeriggio il “suo” assessore alla Sicurezza, la leghista Federica Seganti, è invece stata risoluta. «Non ritengo che questa Regione debba assumersi responsabilità. Attualmente non è stato individuato alcun sito – ha detto Seganti – e penso che non sarà individuato in regione nemmeno nelle prossime settimane».
Incalzata in Consiglio dalle domande di Pd, Cittadini e Misto, l’assessore ha poi ricordato che in Fvg pesano già le attività della base Usaf di Aviano, del Cie e del Cara di Gradisca d’Isonzo. E, dopo un incontro in Prefettura a Trieste, Seganti ha escluso le ipotesi di Clauzetto e Sgonico come luoghi per l’accoglienza, ipotesi emerse nei giorni scorsi. «Stiamo lavorando sulle modalità e i criteri per la scelta dei siti. Siamo riusciti a far passare il criterio secondo cui – ha esplicitato Seganti -, se ci sarà un elenco delle località, le caserme messe a disposizione saranno quelle di proprietà dello Stato e non quelle già trasferite ai Comuni».
Un criterio che escluderebbe Sgonico, sul Carso triestino, gestita dal Comune di Trieste. E per improbabile è data anche la scelta di Clauzetto, perché non distante dalla base di Aviano. Seganti ha quindi concluso: «Forse in Fvg eventuali centri di accoglienza temporanei non ce ne saranno proprio».
Eppure Paolo Ciani, coordinatore regionale del Fli e consigliere regionale, ha riferito di «richieste esplorative di preventivi economici per sistemare velocemente la caserma di Gemona “Goi Pantanali”. Auspichiamo – ha concluso Ciani – che Tondo sappia non subire passivamente imposizione dei ministri Maroni e La Russa, dando indicazioni per la gestione dei profughi e non dei clandestini.
Il dibattito ha animato ieri i lavori del Consiglio regionale, dove oggi verrà discussa una mozione della Lega per opporsi agli arrivi in regione. A presentare interrogazioni a Seganti sono stati Edouard Ballaman (Misto), Annamaria Menosso (Pd) e di Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini). E se quest’ultimo si è detto stupito «dall’atteggiamento troppo attendista della giunta», Ballaman ha lanciato una provocazione: «Va bene accogliere le tendopoli degli immigrati in Friuli Vg solo quando il presidente della Repubblica metterà a disposizione in egual maniera la tenuta presidenziale di Castelporziano»
Critico il Pd. «Evidentemente l’appello del Capo dello Stato a una disponibilità diffusa tra le Regioni per risolvere il problema di Lampedusa – ha sottolineato Franco Codega (Pd) – non ha fatto breccia sul governo regionale. La soluzione è la tendopoli, a casa d’altri. Una soluzione sbagliata dai punti di vista sanitario, logistico e abitativo».
Idv, per voce del consigliere Enio Agnola, ha invece proposto l’utilizzo delle caserme dismesse, per ospitalità provvisoria. «Il Fvg – ha spiegato Agnola – non è in grado di gestire presenze a lungo termine, perché si creerebbero squilibri ingestibili».
«Quel che nausea davvero è l’utilizzo immorale di un’emergenza umanitaria per acchiappare un pugno di voti, come fa la Lega, o per sfuggire alla giustizia, come fa Berlusconi». Così Debora Serracchiani, eurodeputata e segretaria regionale del Pd, che affida queste considerazioni al suo blog commentando la visita di ieri a Lampedusa del premier.
«Dopo la ricostruzione invisibile dell’Aquila e la sparizione fittizia delle immondizie di Napoli, ora il governo-show di Berlusconi si trasferisce a Lampedusa. Diventa sempre più comprensibile a tutti – spiega Serracchiani – il motivo per cui l’Italia è trattata come un partner folkloristico, una specie di parente povero che viene messo alla porta quando si parla di cose serie. È infatti del tutto inutile fare fumo rinfacciando all’Europa di essere assente quando poi dall’estero assistono a queste pagliacciate, e il primo a latitare è proprio il governo, che dovrebbe ammettere di aver fallito la gestione di un’emergenza annunciata da tempo».
Marzo 17th, 2017 — Nocività
Il Piccolo del 01/04/11
Amianto, processo a rischio con la prescrizione breve
Possibile la prescrizione per alcuni dei 47 imputati accusati di lesioni colpose. L’Associazione degli esposti alla fibra killer: «Non vogliamo colpi di spugna»
di Christian Seu
GORIZIA. Il varo del disegno di legge sulla prescrizione breve, in esame alla Camera dei deputati martedì prossimo, rischia di avere ripercussioni sul maxiprocesso per le morti causate dall’esposizione all’amianto negli stabilimenti Fincantieri di Monfalcone, nel periodo compreso tra il 1965 e il 1985.
«Il rischio potrebbe effettivamente configurarsi, almeno per alcune posizioni», conferma con la cautela del caso il procuratore capo di Gorizia, Caterina Ajello, che ha avviato un’analisi per scoprire i risvolti che l’approvazione del ddl sul processo breve potrebbe avere sui procedimenti di cui si sta occupando il Tribunale del capoluogo isontino.
In particolare, l’attenzione è rivolta al processo sulle morti legate a patologie asbesto-correlate, per il quale sono imputate 47 persone: i primi rinvii a giudizio sono stati firmati dai pm goriziani nel marzo del 2006 e uno dei punti cardine della riforma prevede che la sentenza di primo grado per i reati con pene inferiori a dieci anni debba essere pronunciata entro tre anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, pena la prescrizione del reato.
A quel punto, le posizioni di alcuni degli imputati, accusati di lesioni colpose aggravate ai danni dei lavoratori Fincantieri, potrebbero essere prescritte. Le parti offese sono al momento 87, ma la magistratura goriziana indaga su altri 299 casi legati a malattie professionali contratte a causa dell’esposizione alla fibra-killer nei cantieri navali e non è escluso che nuovi rinvii a giudizio possano giungere a breve. Nel corso delle trenta udienze finora celebrate sono stati sentiti circa 200 testi: ne sfileranno davanti al giudice almeno altrettanti nei prossimi mesi.
L’auspicio della Procura è di arrivare al pronunciamento della sentenza entro la prossima primavera, intoppi procedurali e innovazioni legislative permettendo.
«C’era la magra consolazione di vedere finalmente marciare a ritmo spedito la macchina della giustizia: l’idea di un possibile colpo di spugna ci indigna profondamente»: a parlare, con la voce rotta dall’emozione, è Rita Nadalino Nardi, presidente dell’Associazione esposti amianto di Monfalcone.
«E’ uno schifo, non ci sono altri termini per descrivere quanto sta accadendo», spiega la referente del sodalizio, commentando i possibili risvolti che l’applicazione del ddl sulla prescrizione breve potrebbe avere sul maxi-processo amianto. «L’ergastolo vero lo vive chi ha perso i propri cari: stanno calpestando la nostra dignità, ma non assisteremo impassibili a questo sfacelo», conclude.
(01 aprile 2011)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Messaggero Veneto del 01/04/11
Cie: riapre un’area con cinque stanze
Il ripristino parziale del centro non toglierà il blocco degli arrivi di altri clandestini scattato dopo i danneggiamenti delle scorse settimane
GRADISCA Fine dell’emergenza. Forse. Dopo due mesi di lavori, coincisi con uno dei periodi più turbolenti per la struttura (devastata dagli incendi e dalle rivolte), dovrebbe essere riaperta oggi la cosiddetta “zona verde” del centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Udine, una delle tre aree in cui è suddiviso il complesso. Nuovamente a disposizione, quindi, cinque stanze, che garantiscono una capacità di 44 posti, consentendo così un alloggio meno precario ai circa 60 ospiti (sugli 85 attualmente presenti) che fino ad ora era stati alloggiati nei corridoi e nei locali mensa e centralino, visto che le stanze rimaste agibili dopo i disordini di febbraio erano rimaste due, delle quali solo una continuerà ad essere fruibile dalla prossima settimana, quando partiranno gli interventi di adeguamento e messa in sicurezza (presumibilmente) nella zona rossa. “Zona verde” che, tuttavia, quasi sicuramente non sarà provvista di materassi: nonostante restino ancora in vigore i divieti di fumare e di possedere accendini e telefonini cellulari, infatti, le autorità giudicano sempre alto il rischio che gli immigrati appicchino per protesta nuovi incendi. Riapertura, parziale, del centro di via Udine che, tuttavia, non toglierà il blocco agli arrivi scattato nelle scorse settimane a seguito delle oggettive difficoltà nel gestire la struttura a fronte dei danni subiti dalla stessa. Non sono previsti, al momento, anche i trasferimenti, anche perché l’alta percentuale di tunisini tra gli ospiti lascia intendere che si procederà direttamente alle espulsioni dalla struttura gradiscana, dove da ormai un paio di settimane la situazione sembra essere tornata alla normalità. I lavori di adeguamento delle tre aree del Cie sono stati appaltati per una cifra di circa un milione e mezzo di euro e prevedono, oltre al ripristino di telecamere e sistemi di rilevamento a infrarossi, anche l’innalzamento di oltre un metro delle recinzioni esterne. (m.c.)
Marzo 17th, 2017 — Notizie flash
Corri, ragazzo corri …

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Marzo 17th, 2017 — Manifestazioni locali

Il primo aprile 2011 il Comitato Primo Marzo di Trieste si è nuovamente presentato in piazza per un presidio informativo sulle questioni legate al lavoro, alla scuola e alla sanatoria-truffa.
Un centinaio di persone hanno partecipato alla manifestazione in largo Barriera, dove sono stati distribuiti centinaia di volantini e molti passanti si sono fermati a leggere i cartelloni esposti e a chiedere informazioni. In particolare si è parlato della lotta condotta dai lavoratori migranti nel settore delle cooperative in Lombardia, dove con picchetti e scioperi permanenti sono state strappate importanti vittorie. Inoltre sono stati esposti cartelloni e materiale informativo su scuola e razzismo e sulla lotta contro la sanatoria-truffa, che in tutta Italia centinaia di migranti stanno portando avanti per far valere il loro diritto ad avere il permesso di soggiorno.
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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Superate le 200 visite
Il comportamento dei media. Il Piccolo (che per l’isontino è di gran lunga più importante del Messaggero) in questa occasione è stato più generoso (articolo su 5 colonne) che per la manifestazione del 12 marzo (un articolo striminzito su 3 colonne ed una mutilazione dei contenuti). Da notare inoltre che la RAI regionale ha annunciato alla radio che si sarebbe svolto il presidio del 2 aprile e poi ha fatto un servizio alla TV, mentre per il 12 marzo c’era stata la censura totale dell’iniziativa; e si che i numeri erano completamente diversi: 200 presenze certe al 12 marzo in confronto a meno di 100 presenze al 2 aprile.

Il Piccolo 3 aprile 2011. Fai “visualizza immagine” per ingrandire
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Messaggero Veneto DOMENICA, 03 APRILE 2011 Pagina 60 – Provincia
PRESIDIO
«Cie, struttura antidemocratica»
Chiesto il rientro a Gradisca dei tre richiedenti asilo del Cara
GRADISCA Riportare a Gradisca i tre richiedenti asilo del Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che nelle scorse settimane erano stati trasferiti al villaggio catanese di Mineo. E’ la richiesta di associazioni, movimenti antirazzisti, partiti (Rifondazione comunista e Sinistra Critica) e rappresentanze sindacali che si sono date appuntamento ieri, davanti al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di via Udine, per un presidio «contro i bombardamenti in Libia e la guerra ai migranti». Un centinaio gli attivisti accorsi a Gradisca e pronti a denunciare la situazione di un richiedente asilo curdo «che dopo 4 mesi al Cara di Gradisca aveva ottenuto la convocazione, fissata per il 7 aprile, da parte della commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Adesso minaccia il suicidio, non vuole più stare nel ghetto di Mineo: vuole tornare a Gradisca per difendere i suoi diritti». Nel mirino dei portavoce del presidio, però, anche il Cie. «Un vero e proprio dispositivo di guerra interna dello Stato, creato sulla base di un’ideologia e sulla pelle dei migranti. Strutture come quella di Gradisca succhiano 5 milioni di euro l’anno agli italiani: il Cie non è un problema di sicurezza, ma di democrazia». «Il Cie è una foglia di fico – ha denunciato l’esponente dei Verdi, Alessandro Metz – per coprire gli interessi elettorali della Lega, quando i soldi che vengono spesi in queste strutture potrebbero tranquillamente sostenere politiche concrete per difendere il diritto d’asilo europeo”. (m.c.)
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Report. Oggi sabato 2 aprile in concomitanza con le manifestazioni contro la guerra in Libia, l’Officina Sociale di Monfalcone, la Tenda per la Pace, l’area dei disobbedienti, hanno organizzato un presidio al quale hanno partecipato una settantina di persone. Il comportamento della Questura. Anche in questo caso ci sono state le prescrizioni limitative da parte della Questura, ma molto meno pesanti che per il 12 marzo, meno polizia, niente fermi stradali, niente elicottero, niente divieto di somministrazione alcolici, niente divieto di uscire ai richiedenti asilo del CARA, oltre una decina dei quali ha anche partecipato tranquillamente alla manifestazione.




I nomi dei tre ragazzi del CARA deportati a Mineo

Oltre una decina di richiedenti asilo del CARA si sono uniti alla manifestazione
Marzo 17th, 2017 — Base di Aviano
Il Gazzettini on line
Pordenone. Libia, manifestazione dei pacifisti davanti alla base Nato di Aviano
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PORDENONE – Un centinaio di persone hanno dato vita nel pomeriggio ad un sit-in pacifico nei pressi della Base Usaf di Aviano (Pordenone). La manifestazione di protesta è stata organizzata nell’ambito di un evento nazionale contro tutte le guerre a cui hanno aderito Rifondazione Comunista alcuni arcicoli Arci e le Donne in Nero di Udine oltre agli anarchici di iniziativa libertaria. Il presidio è durato un paio d’ore durante le quali sono continuati i voli di numerosi aerei americani di rientro o in partenza per le missioni in Libia.
Il Gazzettino 3 aprile 2011
LA PROTESTA Un centinaio con bandiere arcobaleno. Lontane le mega-manifestazioni del Kosovo
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No alle bombe, tornano i sit-in sulla strada

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Domenica 3 Aprile 2011, |
Le bandiere sono quelle che hanno fatto la storia delle manifestazioni pacifiste negli ultimi dodici anni, dal Kosovo in poi, e così i metodi: il presidio e il sit in sulla strada. Perlopiù anche le persone e le associazioni sono le stesse, con la differenza che, ai tempi del Kosovo, i ragazzi che oggi sventolano la bandiera dei Giovani comunisti sedevano sì e no sui banchi delle elementari. I numeri naturalmente diversi: a ranghi ridotti per il contemporaneo svolgersi di manifestazioni analoghe in molte parti d’Italia – ma soprattutto quella di Vicenza e al Cie di Gradisca – che ha limitato la partecipazione al mondo delle associazioni locali, l’iniziativa promossa da Michele Negro e Valentino De Piante (Rifondazione comunista) ha portato davanti alla Base Usaf di Aviano oltre un centinaio di persone. Lunga la lista delle adesioni: dai circoli Arci di Montereale Valcellina e Cordenons a Legambiente Prealpi carniche; dal comitato Pas Dolomiti alle «Donne in nero» e all’associazione «La tela» di Udine; da Iniziativa libertaria di Pordenone ai Cobas scuola e al sindacato Usb; e poi ancora Giovani comunisti, Rifondazione, Federazione della sinistra e Sinistra critica, Anpi. Cinque minuti di sit-in tutti insieme, a bloccare il transito delle auto; poi altri cinque dei soli Giovani comunisti, con le bandiere a ridosso della recinzione. Il tutto mentre il movimento aereo sul cielo sopra la Base continua ininterrotto, con due voli che si levano allo scoccare di ogni mezz’ora. Gli automobilisti la prendono con filosofia e fanno inversione di marcia. I giudizi sulla partecipazione sono discordanti, dopo che già la Via Crucis della pace di domenica scorsa aveva registrato un risultato inferiore alle attese. Soddisfatti Michele Negro («Lo scopo era quello di portare qui 150 persone, ed è quello che è successo. Credo che l’iniziativa sia riuscita, e il blocco spontaneo del traffico ha dimostrato che non siamo disposti ad accettare tutto quello che le forze politiche ci impongono») e Valentino De Piante («Siamo molto contenti di essere numerosi a questa iniziativa, con una buona presenza di persone di varie associazioni. Ci fa sentire meno soli»), meno il mondo degli anarchici: «Sabato scorso eravamo una quarantina, oggi più di un centinaio. Ma è poco. Io credo che oggi come oggi il nostro compito sia quello di lavorare a partire da questa base e anche contro iniziative come quelle con le quali i sindaci accolgono il rientro dei militari dalle zone di guerra». «Io credo che questo primo appuntamento, organizzato in fretta e furia in tutta Italia – aggiunge Gianluca Schiavon, della Direzione nazionale di Rifondazione comunista – debba essere valorizzato». |
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Messaggero Veneto 3 aprile 2011

Blocco stradale contro nucleare e guerra in Libia
Contemporaneamente alla manifestazione romana, davanti alla grande base aerea americana di Aviano, attuale capitale militare dei raid contro Gheddafi, hanno manifestato alcune centinaia di pacifisti. Precisi i loro obiettivi per dire: “No alla guerra, basta bombardamenti e guerre “umanitarie”, no al tiranno Gheddafi; sì all’autodeterminazione del popolo libico, sì a un programma di aiuti e di accoglienza per chi scappa da guerre, persecuzioni, fame e povertà”. L’appello per manifestare all’ingresso della base era partito, qualche giorno fa, tramite la rete, da Valentino De Piante e Michele Negro. Grazie a mail e passaparola erano presenti tante sigle della galassia pacifista e della sinistra radicale: dai giovani con le magliette di Emergency, ai circoli Arci di Montereale e Cordenons; da Legambiente Prealpi Carniche, all’Anpi provinciale al comitato referendario per l’acqua pubblica. Numerose le “Donne in Nero” friulane, gli esponenti di rifondazione comunista, giovani comunisti, sinistra critica, anarchici e cobas della scuola. Nei loro interventi, De Piante e Negro, con il rifiuto della guerra hanno auspicato scelte d’accoglienza per chi scappa dal conflitto e dalla miseria. Entrambi, impegnati per lo smantellamento degli arsenali nucleari, hanno ricordato come il movimento pacifista abbia promosso una causa contro il governo americano per aver riempito di bombe atomiche l’Italia, violando i trattati di non proliferazione nucleare. Ricordando le imponenti manifestazioni contro i conflitti in Iraq e Kossovo, qualora continui la guerra in Libia, De Piante, Negro, Raspa e altri pacifisti hanno rivolto un appello a tutte le forze contrarie al conflitto per realizzare ad Aviano una manifestazione nazionale contro la guerra. Gianluca Schiavon della direzione di rifondazione comunista e Annalisa Comuzzi delle “Donne in Nero” hanno denunciato l’intervento italiano nella guerra libica contrario alla nostra costituzione. Durante il blocco stradale della trafficata via Pordenone, durato una ventina di minuti, senza alcun tipo di tensione con le forze dell’ordine, il poeta friulano Silvio Ornella e Rita Orecchio hanno recitato versi toccanti contro le guerre. Nelle due ore di manifestazione, dalla base americana si sono alzati in volo, con rombo assordante, sei cacciabombardieri: quattro F16 e due F15.
Sigfrido Cescut
