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Marzo 17th, 2017 — Ultime
Oggi, 6. dicembre alle 17:00 in piazza Tito a Koper/Capodistria una nuova protesta (così su Facebook e sui giornali)
Oggi nuovamente anche una protesta a Kranj.
Ieri a Lubiana una protesta degli studenti di fronte alla facolta di lettere – circa 500 persone. Oggi una protesta studentesca a Lubiana sulla piazza del Congresso.
Ieri, a Lubiana come a Maribor la prima “assemblea” di differenti realtà, gruppi e individui (a maribor quasi 100 persone), si sta aprendo uno spazio di idee sul come andare avanti dopo la dimissione di tutti i politici.
Ieri sera i media hanno riportato che oggi il sindaco di Maribor darà le dimissioni dalla funzione di sindaco. Ma per il momento nulla di concreto. La reazione generale della gente è che solo questa dimissione non vuole dire ancora nulla – perchè se ne dovrebbe andare anche dalla funzione di consigliere nel consiglio di stato (il senato sloveno). E dovrebbero dare le dimissioni tutti i cons
iglieri comunali …
La prossima manifestazione a Maribor è indetta per il 14 dicembre.
Per il 21 dicembre invece manifestazione generale in tutta la Slovenia
La situazione in Slovenia sta crescendo
Oggi (3 dicembre) manifestazioni in 6 città tutte finite in modo pacifico tranne quella a Maribor:
Ravne na Koroškem 500 persone
Ptuj 600 persone
Trbovlje 400 persone
Celje piu di 3000 persone
Lubiana intorno alle 5.000 persone, come riportano le/i compagni/e un’energia mai vista prima. La manifestazione è andata in tutto il centro città con compagne/i alla testa del cordone. I media riportano di due detenuti – tra loro nessun/a compagna/o.
Maribor 20.000 persone una manifestazione mai vista a Maribor che per le prime due ore è sfilata con musica, dichiarazioni … pacificamente. Poi esattamente alle 19:00 (quando inizia la trasmissione diretta per il telegiornale scoppia la lotta fra un gruppo di manifestanti e la polizia. Una coincidenza? Il dubbio rimane. Ma questa volta la polizia ha usato il gas in modo più “diretto” – contro i gruppi in prima linea. La maggior parte dei manifestanti incomincia ad andarsene, giovani infuriati incominciano a raggrupparsi. Gli scontri fra i gruppi (la maggiorparte di giovani) e la polizia va avanti ancora adesso 23:00. Bruciati due radar della compagni privata, vetri rotti, cassonetti bruciati e più di 120 detenuti per il momento e 6 poliziotti al ospedale. Il grido rimane lo stesso “che se ne vadano tutti” e come primo il sindaco di Maribor, poi i consiglieri del comune e poi il governo ….
La differenza fra Lubiana e Maribor sembra ovvia – venerdì a Lubiana gli scontri sono scoppiati per via di un gruppo neonazista, e sembra più uno scenario gia visto a Belgrado al tempo di Miloševič. A Maribor invece sembra una ribellione di giovani come quella vista in Grecia o forse anche in Francia. Se a Lubiana i giovani hanno ancora un futuro nella propria città, per i giovani a Maribor questo futuro è disoccupazione e povertà. Tra i detenuti anche a Maribor nessun/a compagno/a.
saldud y Gotofi so fsi!
REPORT 30 novembre e 1 dicembre DA UN COMPAGNO SLOVENO
Il 30 novembre, venerdì, si sono svolte proteste simultaneamente in 7 città Slovene: Novo mesto, Nova Gorica, Koper/Capodistria, Velenje, Ajdovščina, Trbovlje e Lubiana.
In tutte le città (tranne Lubiana) tra 200 e 700 persone a protestare, con poca polizia e senza conflito diretto tra polizia e manifestanti.
A Lubiana c’erano piu di 10.000 persone e varie centinaia di poliziotti in pieno equipaggiamento. Dopo piu di un’ora di manifestazione pacifica sulla piazza del congresso la gente è andata di fronte al parlamento. Un grupo ben organizzato di una 30 di neonazisti (la maggiorparte parte del gruppo di neonazi autonomi di Lubiana), formati in blocco con insegne neonazi, hanno incominciato a bruciare torce e scandire slogan. La polizia gli ha lasciati passare sulla piazza della rivoluzione (di fronte al parlamento) dove i neonazi sono andati direttamente verso il blocco anarchico. I neonazi hanno incominciato a provocare, buttando petardi e sassi sulla gente. Gli anarchici e moltissimi altri hanno incominciato a gridare “fascisti” e per non diventare vittime del gioco neonazi della provocazione i/le compagni/e anarchiche/i si sono sparsi e il blocco anarchico (il piu visibile nell’ intera manifestazione) si è dissolto. Dopodichè i neonazi si sono scontrati con la polizia e come è successo a Maribor lunedi 26. novembre la gente ha incominciato a ritirarsi, la polizia ha usato i lacrimogeni e per la prima volta nella storia anche i cannoni ad acqua. Gli scontri fra polizia, neonazi e anche gente comune sono andati avanti per qualche ora. Il bilancio è di piu di 30 arrestati – tutti rilaciati il giorno dopo tranne tre che restano reclusi per attacco a pubblico ufficiale.
alcune foto delle proteste:
Ieri, domenica, 1. dicembre si e svolta la protesta a Krško – intorno alle 300 persone e un gruppo di compagni/e anarchici di quella regione.
oggi, lunedi 3. dicembre proteste in cinque città: Lubiana, Maribor, Celj, Ptuju e Ravne na Koroškem. Tutte indette per le 16:00 o 16:30.
La piu grande sarà sicuramente quella a Maribor – il III. leventamento di Maribor (come la chiama la gente).
domani, martedi 4. dicembre – per il momento le proteste sono indette a Jesenice e a Brežice.
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da Il Piccolo 28 novembre 2012
Slovenia, dilaga la rivolta sociale nelle piazze
La protesta per la crisi economica si espande in tutto il Paese. Dopo Maribor e Lubiana manifestazioni previste anche a Postumia e Capodistria
La rivolta di piazza si espande in Slovenia a macchia di leoprado. Dopo gli scontri di Maribor a scendere nelle strade è stata la capitale Lubiana. Per proteggere il palazzo del Parlamento e quello del governo la polizia ha schierato un cordone di poliziotti in assetto anti-sommossa. Il motto dei manifestanti è “Gotof je” (è finito) che rieccheggia quello scandito nelle strade di Belgrado al momento della cattura di Milosevic e la sua consegna al Tribunale dell’Aja. Altre manifestazioni di piazza sono attese ancora a Lubiana, venerdì, e a Postumia, Capodistria, Murska Sobota, Novo Mesto e Kranj.
da Il Piccolo 1 dicembre 2012 — pagina 13 sezione: Attualità
Slovenia alle urne, ma è rivolta di piazza
di Mauro Manzin TRIESTE Un ordinario venerdì di protesta. La Slovenia è scesa di nuovo in piazza a Lubiana, Velenje, Novo Mesto, Capodistria, Nova Gorica e Trbovlje. Per urlare la sua rabbia contro una classe politica corrotta e incapace. E domani si vota per il ballottaggio delle presidenziali. Danilo Türk, uscente, contro Borut Pahor. Entrambi nel mirino degli arrabbiati del movimento “Gotof je” (è finito) simbolo della ribellione al sistema. A questo punto viene da chiedersi quale sarà l’affluenza alle urne e soprattutto se le operazioni si svolgeranno senza incidenti. Ieri pomeriggio la capitale Lubiana era in stato di assedio con i poliziotti in assetto anti-sommossa che presidiavano i palazzi del governo, della presidenza della Repubblica e del Parlamento. Parlamento che dopo una riunione mattutina del presidente Gregor Virant con i capigruppo ha sospeso la seduta in calendario per ieri pomeriggio e che aveva all’ordine del giorno proprio il mare di proteste che sta sommergendo il Paese. La polizia aveva avvertito i deputati che hanno l’ufficio sulla Šubi›eva cesta che divide il palazzo del Parlamento dal Trg Republike di non occupare, per motivi di sicurezza, la propria stanza. I due candidati al ballottaggio hanno espresso pareri diversi sulle proteste. Pahor ha invitato i manifestanti a non lasciarsi manipolare dai provocatori mentre Türk ha polemizzato per l’ennesima volta con il premier Janez Janša reo, a sua detta, di spaventare il Paese. Sta di fatto che nelle scorse ore si è parlato di un possibile impiego dell’Esercito nelle strade delle città slovene per garantire l’ordine, ma, per ora, nulla si muove in questo senso. In questa temperie non certo idilliaca gli ultimissimi sondaggi parlano di una netta vittoria di Borut Pahor su Danilo Türk (60 a 40) etichettato quest’ultimo come uomo delle istituzioni e garante, in un certo senso, dello status quo che la rabbia di piazza vorrebbe demolire. Pahor poi godrà dell’appoggio dell’elettorato di centrodestra che Türk non può vedere neanche in fotografia. Ma l’interrogativo chiave resta quanti andranno a votare perché avere un presidente eletto dal 30% degli aventi diritto sarebbe un capo dello Stato decisamente poco legittimato. L’impressione è che la Slovenia è alla resa dei conti. Ieri i manifestanti (oltre 10mila a Lubiana) avevano tra le mani i garofani simbolo di una “rivoluzione” non violenta. C’erano pensionati, studenti e famiglie con i bambini in carrozzina anche se in serata, davanti al Parlamento, si sono però aggiunti alcuni incapucciati sospettati di appartenere a un gruppo neonazista che hanno lanciato petardi ma sono stati subito dispersi dalla polizia (alcuni anche fermati) i cui agenti, peraltro, cominciano a fraternizzare con i manifestanti loro che non portano a casa più di 650 euro al mese e che sono stati i primi a subire i tagli del rigore governativo anti-crisi. E ieri hanno ricevuto i garofani dalle mani dei manifestanti. Ma anche sanpietrini e bottiglie in faccia dalle solite frange violente. Sono volati gli sfollagente e in piazza è scoppiato il caos tra il nacio di gas lacrimogeno e con le sirene delle ambulanze che squarciavano la notte lubianese. Intanto i sindacati del pubblico impiego hanno abbandonato il tavolo della trattativa con il governo per un ulteriore abbassamento degli stipendi e hanno preannunciato un nuovo sciopero generale. Insomma la situazione è bollente. Anche perché gli “arrabbiati” se la prendono anche con i giudici e i sindacalisti additati assieme ai politici di essere la causa dell’attuale catastrofe socio-economica. La protesta non ha, per ora una matrice politica. «Non siamo né di sinistra, né di destra, siamo solo i truffati» gridavano ieri in Kongresni trg a Lubiana. Il tam tam viene lanciato da Facebook e puntualmente la piazza risponde.
REPORT 29 novembre
oggi (giovedì 29 novembre) alle 16:00 e fino alle 20:00 più di mille persone hanno protestato a Kranj, fra loro anche compagni/e anarchici/e. Questa volta la polizia non ha reagito anche se alcuni hanno provato a entrare nello stabilimento del comune di Kranj e hanno distrutto un paio di vetri.
Il sindacato della polizia si è espresso a favore dei manifestanti ma hanno detto che per il momento deve eseguire gli ordini e che anche se capiscono la gente non possono togliere gli elmetti e andare a manifestare fra la gente. Anche se cosi scrivono i media, questo è gia successo anche a Maribor, dove 50 poliziotti lunedì scorso hanno deciso di non andare a lavoro per non essere sul lato opposto dei manifestanti. Cosi pare anche oggi a Kranj dove c’erano pochissimi poliziotti, dalle foto nessuno in tenuta antisommossa e perfino alcuni con fiori al petto – come simbolo di solidarietà con la gente in protesta.
Il capo di stato maggiore che era martedì alla riunione con il primo ministro ha detto che i militari non ci pensano nemmeno ad andare sulle strade contro i manifestanti. E ha perfino detto che il capo di governo dovrebbe conoscere le leggi slovene che proibiscono all’esercito un intervento del genere (più o meno queste sono le parole del capo di stato maggiore). E poi che per quanto riguarda loro (i militari) la situazione non è per niente più grave di quello che era tempo fa.
Sembra che un po’ tutti si stiano rendendo conto che con quello che è successo a Maribor si e aperto il vaso di Pandora. E provano a calmare la gente (tranne il primo ministro che non ha ancora detto una parola, e il ministro degli interni che sarebbe meglio per tutti se tacesse, perchè in ogni frase butta benzina sul fuoco).
Perfino i media stanno cambiando tono – se prima una finestra rotta era abbastanza per dire che la manifestazione era violenta, oggi hanno usato termini come – solo due vetri rotti e la manifestazione era pacifica durante tutto il tempo.
Per domani (venerdì, 30. novembre) sono indette tre manifestazioni:
Lubiana alle 16:00 in piazza del Congresso – vicino al parlamento
Koper alle 17:00 in fronte alla Taverna (centro città)
Nova Gorica alle 18:00 in centro città (Bevkov trg)
Nei prossimi giorni ancora proteste a Celje, Murska Sobota e lunedì nuovamente a Maribor alle 16:30 in piazza Liberta (trg Svobode).
que se vayan todos!
Marzo 17th, 2017 — Ultime
eh si la Slovenia e’ in pienissimo default…. e’ grave ma sta arrivando il peggio. Se guardi solo le notizie italiane sembra che si stia male solo la invece…La Slovenia e’ rimasta senza soldi. Le banche…anzi ti racconto dall’ inizio. Quando nel 1992 e’ finito il socialismo, le fabbriche, le imprese erano statali, qualcuna lavorava bene, altre male ma vabbe’. Quelli che erano direttori e che gia’ da prima rubacchiavano all’ improvviso e senza spendere un soldo sono diventati propietari. Propietari che non sapevano niente di economia, di affari e hanno mandato in malora tutto. Per rubare tutto quello che si poteva nel 2008 o 2009 hanno cominciato a chiudere le fabbriche e lasciare gli operai in strada….penso che ad oggi in tutta la Slovenia continuano ad essere aperte forse cinque o sei fabbriche. La Slovenia e’ piena di alberi, pensa che non c’e’ nessuna fabbrica di mobili rimasta aperta :-/ Dal 2008- 2009 quando nel mondo e’ iniziata la crisi, in Slovenia sono spuntati degli affaristi (qua li chiamano tajkuni) che si sono prestati cifre astronomiche dalle banche che hanno concesso prestiti senza copertura. Hanno comprato aziende fabbriche, supermercati, giornali con i soldi prestati dalle banche. Sti soldi sono spariti. Le aziende sono fallite, i soldi probabilmente sono all’ estero e le banche ora sono in crisi (poverine). Lo stato ha coperto questi ammanchi per circa un anno…ma si sono aperte voragini enormi e lo stato ha continuato a finanziarle (perche’ probabilmente i politici sono molto legati a sti “tajkuni”…altre spiegazioni non ci sono! Fabbriche chiuse, non si produce… disoccupazione alle stelle. Non c’e’ piu’ lo stato sociale. Adesso sti cretini vogliono privatizzare scuole e sanita’ per mangiare alla gente gli ultimi risparmi. Le paghe di noi statali sono diminuite tantissimo e da gennaio in poi diminuiranno ancora e non si sa dove arriveremo, tutti i giovani perderanno il lavoro e noi “vecchi” avremo paghette misere misere. Circa un mese fa abbiamo manifestato come sindacati riuniti degli statali a Lubiana e forse abbiamo aperto le porte e dato idea ad altri. Giornalmente ci sono manifestazioni in varie citta’…hanno cominciato a protestare contro i politici locali…i sindaci. Perche’ sono i primi che rubano. O almeno e’ piu’ facile vedere che hanno fatto. Secondo me le manifestazioni continueranno e si faranno sempre piu’ forti perche’ non c’e’ altro modo. Non si tratta di destra o sinistra ma si va contro i politici corrotti e secondo me lo sono tutti…dalle nostre misere comunita’ al “nuovo” presidente. Con le elezioni ci buttano fumo negli occhi ma sono tutti la stessa cosa ( Bisogna cambiare tutto, dal sistema penale in poi. Pensa che i tribunali non possono far restituire i soldi a chi ha incassato, nessuno sa come ma i soldi non possono restituirli i ladri ma dobbiamo restituirli noi. L’ ultima cosa grave e’ successa venerdi’, i sindacati stavano raccogliendo firme per fare un referendum per fermare i finanziamenti alle banche corrotte…..PUFFF i tribunali hanno fatto chiudere gli uffici e non si possono piu’ raccogliere firme… il fatto non si commenta. In dicembre sono sotto tiro le maestre d’ asilo, pensa che le sezioni dovranno avere 35 bambini…per buttare in strada le maestre! Noi alle elementari da 22 ore dovremo passare alle 26 ore settimanali in classe…impossibile farle…infatti ci toglieranno la paga e butteranno via gli insegnanti giovani. I ginnasi veranno accorpati a tre a tre per far perdere altri posti di lavoro…senza contare che la massa delle paghe deve scendere oltre a cio’ di altri 10 % Veramente non finira’ bene tutta sta cosa. Io ti ho spiegato le cose come le vedo io ma probabilmente mi sono avvicinata abbastanza alla situazione.
A scuola ci sono un po’ di casini perche’ oltre a diminuirci le paghe ora hanno segato di brutto i bidelli: Peppe e’ al 20 % di lavoro e di paga, Mariafelicita si e’ salvata perche’ tra qualche mese va in pensione. La scuola di Salina e’ sempre chiusa, promettono di metterla a posto ma per ora tutto e’ fermo. Baci e abbracci,
Vitto’ria
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Marzo 17th, 2017 — Ultime
Aggiornamento 15 dicembre
Ieri 14. dicembre proteste in 7 città
A Kranj, Trebnje, Litija, Lendava, Ajdovščina, dalle 50 alle 100 persone. A Murska Sobota intorno alle 300.
A Maribor è difficile da definire: i media parlano di 2.500 fino a 10.000. Possiamo dire che erano sicuramente 5.000 le persone che sono andate per le strade della città e cosi non si è andati come precedentemente di fronte allo stabile del municipio, dove le ultime due volte sono scoppiati gli scontri con la polizia. La manifestazione/corteo, fra musica, dichiarazioni e cori di canzoni rivoluzionarie e partigiane si è fermato prima di fronte alla prigione dove sono ancora rinchiuse 21 persone (così scrivono i media) dalle ultime due proteste. Le madri dei ragazzi rinchiusi con l’appoggio di migliaia di persone hanno richiesto il loro rilascio. Dopo circa due ore la manifestazione è finita senza l’intervento della polizia, anche se ieri a Maribor c’era uno stato d’assedio: più di cento veicoli polizieschi nel piccolo centro città, poliziotti a cavalo, un cannone ad acqua …. Perfino i media andavano in giro con guardie private! e con moto caschi sul lato, una cosa mai vista prima, che ricorda immagini di anni fa a Genova.
Oggi, 15. dicembre una piccola protesta a Nova Gorica, un po’ meno di 100 persone.
Aggiornamento 12 dicembre
Una delle cose interessanti, anche se ieri alle due proteste in tutto sono venute solamente un po’ più di 100 persone (a Koper e Celje), nello stesso giorno c’è stato uno sciopero spontaneo delle lavoratrici e lavoratori della fabrica Gorenje. Alle sei della mattina (ieri, 12.12.) circa un migliao di lavoratori e lavoratrici hanno lasciato i macchinari, e invece di creare frigoriferi e forni con design Pininfarina per una paga mensile di 600 € sono scesi in piazza di fronte alla fabbrica.
E come ha più o meno detto una delle lavoratrici intorno alle 10 della mattina – se un giorno prima stavamo seduti al caldo con i sindacati e i direttori e non potevamo raggiungere nulla, oggi siamo qui a meno dieci gradi e abbiamo raggiunto tutto ciò che volevamo. Sembra che la direzione (sia nella fabrica che nello stato) voglia vedere le persone nelle piazze. Eccoci qui in piazza!
In sole due ore di negoziazioni pubbliche in piazza con il direttore generale i lavoratori e le lavoratrici sono ritornati a lavorare, perchè la direzione gli ha confermato tutte le richieste.
Qui bisogna ricordare che la fabbrica Gorenje è da decenni uno dei “diamanti” della produzione in Slovenia ma che era anche la prima fabbrica che nel 2009 ha vissuto un grandissimo sciopero spontaneo senza sindacati o leader, che è finito appena quando la direzione ha confermato la richiesta dei/lle lavoratri/ci di alzare la paga base netto minima a 600 € mensile. Questo fu anche lo standard sul quale dopo si basò la paga minima in Slovenia, anche se con una correzione per via della crisi – così che oggi la paga base minima netta è intorno ai 576 € al mese.
Aggiornamento 11 dicembre
Sul sito internet del giornale Delo (Lavoro – giornale nazionale con la tiratura più grande intorno ai 100.000 lettori) potete vedere una mappa della Slovenia con le città nelle quali sono già state organizate le proteste (colore azzuro), dove sono in corso (colore verde) e dove si terrano nei prossimi giorni (colore rosso). Con un clic sulla città scelta si può vedere anche le date delle proteste con link sugli articoli, foto e video. Come si puo vedere sulla mappa un paio di manifestazioni non appaiono nell’ elenco (Izola …). Con un clik sul calendario si può vedere in quali città sono già previste manifestazioni nei prossimi giorni.
Per oggi una piccola manifestazione di un paio di persone a Radenci di fronte al comune contro il sindaco, e una manifestazione indetta per Lubiana alle 17:00.
http://www.delo.si/zgodbe/interaktivno/protesti
oggi, 9. dicembre a Brežice anche intorno alle 300 persone che sono andate di fronte alla casa del ministro del lavoro, famiglia e sociale.
Ieri protesta a Nova Gorica, piu di 300 persone – dicono che nei prossimi giorni torneranno a protestare
Ieri, 6. dicembre tre manifestazioni:
a Lubiana, quella degli studenti intorno alle 4.000 persone
Kranj intorno alle 500 persone
Koper intorno alle 800 persone – contro il governo e contro il sindaco, tranne un vetro distrutto dello stabile del comune di Koper tutte le manifestazioni sono finite senza scontri con la polizia.
Per il momento ancora 12 persone (la maggiorparte giovani) restano detenute per via dell’ ultima protesta a Maribor, quando la polizia negli scontri ha arrestato 119 persone. Altre due persone sono agli arresti domiciliari.
Fino ad oggi (dal 26. novembre) varie decine di persone ferite dalla polizia (il numero esatto non è noto), nei corpi di repressione invece parlano di 89 poliziotti feriti (quasi tutti leggermente), in tutto più di 200 detenuti (ma come scritto sopra la maggiorparte rilasciati il giorno dopo).
Come abbiama saputo da compagni austriaci che sono venuti in solidarietà alle proteste, la polizia gli ha fermati lunedì già prima della protesta con la scusa, di detenzione preventiva, che nelle leggi slovene non esiste!
di Mauro Manzin
TRIESTE. Gli “arrabbiati” della Slovenia raccolgono il primo successo. Il contestatissimo sindaco di Maribor, Franc Kangler ha annunciato le sue dimissioni il prossimo 31 dicembre. «Qualcuno ha aprofittato della crisi economica e sociale per una resa dei conti politica – ha detto – e non me ne vado a seguito delle proteste di piazza, me ne vado perché voglio troppo bene alla mia città». Insomma “Gotof je” (è finito). Ma alla Rivoluzione dei fiori non basta. Su Facebook gli “arrabbiati” hanno già preannunciato nuove proteste di piazza per il 14 dicembre. E a Maribor, dicono, deve andarsene l’intero consiglio comunale.
Sul piano politico l’aria è incandescente. Tutti i partiti hanno risposto “picche” alla proposta del premier (centrodestra) Janez Janša per una sorta di alleanza istituzionale per dare il via a una stagione delle riforme (legge elettorale in primis) e “partorire” così la Seconda repubblica. Slovenia positiva di Zoran Janokiv„ teme che dietro le riforme si celi il disegno per una diminuzione degli standard democratici. Per i socialdemocratici bisogna cambiare la cultura politica non il sistema politico e l’unica riforma imprescindibile è quella del sistema referendario. Contraria anche la Lista Virant (partner di governo) la quale sostiene che il premier Janša evidentemente non sa leggere quanto vanno affermando i manifestanti nelle piazze. Ricordiamo che i socialdemocratici forti del successo di Borut Pahor alle presidenziali hanno già chiesto le elezioni anticipate. Certo è che i margini di operatività del governo si stanno inesorabilmente assottigliando. E il popolo nelle piazze chiede ad alta voce non una Seconda repubblica, ma uno Stato di diritto.
Preoccupazione per quanto sta accadendo in Slovenia è stata espressa anche a Bruxelles. Preoccupazione che è stata espressa in prima persona dal presidente dell’Europarlamento Martin Schulz il quale ha giudicato molto grave la mancanza di fiducia degli sloveni nelle istituzioni. Tra i deputati europei sta circolando la poco azzeccata similitudine tra la Rivoluzione dei fiori slovena e quella arancione in Ucraina.
Intanto la polizia indaga sui gruppi che a Maribor e a Lubiana hanno organizzato gli scontri con la polizia. Secondo indiscrezioni questi apparterrebbero a frange neosocialiste e neonaziste che si annidano nelle periferie di Lubiana, affiancate anche da gruppi islamici. Finora sono state incarcerate 31 persone. Questi gruppi lavorerebbero in sintonia e preparerebbero con cura i propri attacchi. Sia a Maribor che a Lubiana i sanpietrini per le sassaiole e i petardi erano stati preparati con cura e per tempo. Solitamente questi estremisti si accompagnano con vessilli neonazisti e hanno tutti tatuata in una ben definita parte del corpo una svastica. Questi infiltrano tra i manifestanti anche dei propri fotografi incaricati di immortalare agenti in divisa ma soprattutto quelli in borghese perché possano essere identificati e assaliti nella manifestazione successiva. Ma quel che preoccupa di più è che tra gli esagitati identificati dalle forze dell’ordine ci sarebbero anche sette militari. Fatto che ha fatto subito pensare a scontri organizzati da qualche schieramento politico che, secondo alcune indiscrezioni di stampa, avrebbero pagato i turbolenti a seconda dei danni inflitti alle forze di polizia. Sembra che alcuni dei fermati a Lubiana avessero preso parte ai giochi sportivi organizzati dalla Sds, il partito di Janša, il quale però ha subito smentito il fatto sostenendo anche che, almeno per ora, non possono essere confermate neppure le voci che vogliono dei militari coinvolti degli scontri.
Un grido d’allarme, infine, giunge anche dal settore turistico sloveno. Gli operatori, infatti, temono in un drastico calo di arrivi di turisti nel periodo natalizio e di Capodanno in Slovenia per paura delle manifestazioni, soprattutto da Italia e Austria.
da un sito spagnolo
La Policía eslovena reprime el intento de los manifestantes de tomar el Parlamento
Texto completo en: http://actualidad.rt.com/actualidad/view/79880-policia-eslovena-reprime-intento-manifestantes-tomar-parlamento
Marzo 17th, 2017 — Ultime
FOTO ZAKUNIN
LINK A FOTO:
http://ilpiccolo.gelocal.it/foto-e-video/2012/12/10/fotogalleria/tafferugli-spintoni-e-insulti-nella-centrale-idrodinamica-1.6175766
http://bora.la/2012/12/11/no-al-rigassificatore-la-protesta-continua/
http://bora.la/2012/12/11/corteo-e-protesta-contro-il-rigassificatore-le-foto-di-bruno-carini/
Dal Piccolo
MARTEDÌ, 11 DICEMBRE 2012
No al rigassificatore, protesta e tensioni
I circa 600 manifestanti hanno fatto saltare l’incontro previsto dalla Diocesi in Porto Vecchio. Clini: possibile riaprire la Via
di Fabio Dorigo L’assalto alla Cattedra di San Giusto è partito dall’albero di Natale di piazza Unità alle 18. Ed è finito tre ore dopo in Porto Vecchio con il vescovo Giampaolo Crepadi in fuga – dopo aver tentato invano di placare gli animi – assieme al governatore Renzo Tondo. Venti persone, non una di più, hanno risposto al primo raduno del coordinamento contro il rigassificatore di Zaule. In attesa della partenza del corteo (avvenuta alle 19) hanno raccolto un po’ di firme. In marcia verso Porto Vecchio circa 150 persone a cui, strada facendo, se ne sono aggiunte altre cento, tra cui le 50 che attendevano davanti alla Sala Tripcovich. Non una marea. Tanto da far dire a una partecipante: «Hanno ragione a farcelo in testa il rigassificatore. Siamo quattro gatti». Invece è finita con la cattedra ribaltata. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, annunciato come relatore con Tondo, avvertito di quanto accadeva non si è fatto vedere alla centrale idrodinamica, sede dell’incontro pubblico. Arrivato nei pressi ha deciso con la sua scorta di fare retromarcia. Ma ha aperto a sorpresa un’altra “via” per il rigassificatore. Una «nuova valutazione di impatto ambientale». Tema di cui avrebbe voluto parlare ieri sera, ha detto. «Il tema vero – ha spiegato Clini – è quello del ruolo di questo impianto nelle attività portuali. Non ho trovato queste considerazioni nella Via rilasciata nel 2009 dal precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Non solo: un anno fa abbiamo avviato con il Porto la Valutazione ambientale strategica (Vas)». Una buona notizia, che però i manifestanti non hanno potuto sentire dalla viva voce del ministro. «Poiché la Vas non è conclusa – così Clini – potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base dell’autorizzazione rilasciata». Il terzo appuntamento su “Sviluppo e ambiente: disinquinare Trieste” è così saltato. Cancellato. «Non c’è nessun dibattito da fare sul rigassificatore», urlavano i manifestanti al vescovo che tentava di calmare gli animi. Eppure fino a 15 minuti prima dell’inizio sembrava tutto sotto controllo. Nel piazzale davanti alla centrale erano radunate alla fine 600 persone (300 per la Questura) e davanti all’ingresso uno schieramento di forze di polizia, in tenuta antisommossa, appariva invalicabile. «Non potete bloccare l’accesso a un incontro pubblico. Siamo in democrazia». «Caro vescovo nel Vangelo sta scritto bussa e ti sarà aperto» gridavano i no global. Ma, a parte qualche altro slogan e due tre fumogeni da stadio, sembrava un dissenso gestibile. Alle 20.25 il vescovo ha preso posto alla cattedra con il moderatore, il giornalista Luigi Bacialli. È arrivato Tondo. La sala da 250 posti era praticamente esaurita. Mancava solo il ministro quando una fiumana di gente è entrata da tutte le porte saturando in un attimo la sala e mandando in tilt il labile servizio d’ordine. Un’invasione in piena regola. I manifestanti (No Tav, Trieste libera, associazioni ambientaliste, Trieste Gasata) hanno srotolato striscioni e urlato slogan per tutte le stagioni: “A casa”, “Vergogna” “Venduti”. E il classico “Vaffa”. «Credo che qualcuno dovrebbe dare le dimissioni per quanto è successo», ha commentato in diretta il consigliere regionale Pdl Bruno Marini: «Dentro la sala c’erano solo due poveri poliziotti, è stata messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore». Eppure tutto era iniziato con una marcia tranquilla in Porto Vecchio. Quella che non era riuscita neppure al sindaco Roberto Cosolini a settembre. «Un fatto storico» ha gridato uno degli organizzatori ringraziando persino la “signora Monassi” (presidente dell’Authority) che stavolta non ha fatto trovare i lucchetti.
MARTEDÌ, 11 DICEMBRE 2012
CREPALDI: «PROFONDAMENTE ADDOLORATO PER L’ACCADUTO»
Tondo: nessuna decisione presa Pronto anche a un passo indietro
«Se queste persone pensano che suonando un paio di trombette io possa cambiare opinione sono fuori strada. Sono pronto a discutere e a confrontarmi con tutti, ma questo è il modo peggiore per farlo. Stasera non ho potuto parlare e ritengo di avere subito una violenza». Così il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha commentato quanto accaduto, poco prima di lasciare il Porto Vecchio. A caldo, prima di precisare la possibilità di una riapertura della Via sul rigassificatore, Clini ha detto che l’impianto «non deve diventare un simbolo: con i simboli non si lavora. Conta solo il rispetto delle leggi e in particolare la valutazione della compatibilità sulla gestione del Porto e dei movimenti delle sue navi. Il rigassificatore è un’opportunità per Trieste ma anche un vincolo: bisogna capire cosa si vuole scegliere». A lasciare Porto Vecchio amareggiato e attonito anche il governatore Renzo Tondo, che doveva intervenire al convegno. «La protesta è legittima fino a che rimane verbale ma non quando sorpassa i limiti – ha chiosato -. La Regione non ha alcuna intenzione di andare per la propria strada né intende prendere decisioni non volute dalla comunità. Prendo atto dell’atteggiamento delle autorità locali e sono pronto a confrontarmi con categorie economiche e cittadinanza. Non è troppo tardi per cambiare idea, sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un passo indietro. C’è tutto il tempo per un percorso di condivisione. La Giunta non ha mai deliberato a favore del rigassificatore: a farlo era stata semmai la precedente amministrazione regionale guidata da Riccardo Illy e in cui c’era anche l’attuale sindaco Cosolini». Chi ha provato in tutti i modi, invano, di riportare la calma nella sala conferenze è stato il vescovo Giampaolo Crepaldi, che poi ha dovuto arrendersi, con parole pregne di profonda amarezza. «Sono profondamente addolorato perché oggi è stato sfigurato il profilo di laicità di questa città ed è stato inferto un colpo pesante alla vita democratica di Trieste – ha dichiarato Crepaldi -. Questa è stata una giornata nera per una città civile e i responsabili dovrebbero interrogarsi su quanto hanno fatto. Ci sarebbe da capire chi c’è dietro a queste manifestazioni. E pensare – ha concluso il vescovo – che siamo di fronte a un falso problema, in quanto tutti alla fine sono contrari al rigassificatore. Io sono pronto a dialogare con chiunque, ma non si può farlo con chi occupa una sala in maniera violenta e non permette un dialogo sereno e corretto». Pierpaolo Pitich
Da triesteallnews.it
Rigassificatore, in Porto vecchio contestati Tondo e Clini
CRONACA Il ministro, che non è riuscito ad accedere alla sala: «Possibile la riapertura della Valutazione di impatto ambientale». Tondo: «Pronto a fare eventualmente un passo indietro»
10.12.2012 | 23.59 – Almeno un migliaio di persone questa sera ha protestato contro il progetto di realizzazione del rigassificatore a Trieste in Porto vecchio dove era stato organizzato dalla diocesi un incontro con il ministro Clini e il presidente della Regione Renzo Tondo. Centinaia di persone sono entrate nella sala contestando in particolare Tondo, mentre Clini è rimasto bloccato all’esterno dell’edificio “assediato” da migliaia di manifestanti.
Secondo la Rai il ministro voleva portare al dibattito una notizia: «Sul progetto del rigassificatore a Trieste è possibile la riapertura della Valutazione di impatto ambientale (Via), legata alle variazioni del traffico portuale che l’Authority giuliana potrebbe fornire al Ministero dell’Ambiente». Questa la dichiarazione rilasciata da Clini ai giornalisti.
Il tema vero sarebbe quindi quello dell’impatto che questo impianto finirebbe per avere sulle attività portuali e sulle eventuali limitazioni al traffico delle navi a Trieste. «Non ho trovato queste considerazioni all’interno della Via rilasciata nel 2009 dal precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Un anno fa abbiamo inoltre avviato con il Porto la Valutazione ambientale strategica (Vas), procedura che consente di inquadrare gli effetti ambientali delle strategie di sviluppo del porto. Poiché la Vas non è conclusa – aggiunge – potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base dell’autorizzazione rilasciata».
Anche Tondo, dopo aver lasciato la sala, ha detto che «è pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un passo indietro».
MERCOLEDÌ, 12 DICEMBRE 2012
Il questore Giuseppe Padulano replica alle critiche del consigliere regionale Pdl Bruno Marini. L’altra sera, subito dopo la manifestazione che ha fatto saltare l’incontro pubblico della Cattedra di S. Giusto promossa dalla Diocesi alla Centrale idrodinamica, Marini è stato netto: «Qualcuno dovrebbe dare le dimissioni, si è messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore», ha aggiunto riferendosi ai tanti entrati in sala per esprimere dissenso sul rigassificatore al governatore Tondo e al ministro dell’Ambiente Clini, attesi come relatori. Marini ha sottolineato come in sala vi fossero solo «due poveri poliziotti». «In ordine pubblico – ribatte Padulano – ci vuole molto, molto equilibrio specie quando c’è un movimento di persone che protestano in modo trasversale. L’altra sera c’era di tutto: associazioni, gruppi, mamme con carrozzina. Qualsiasi azione basata sulla forza sarebbe stata totalmente fuori luogo. C’erano persone andate lì per evitare che gli oratori potessero parlare. E come sempre in queste situazioni la polizia si trova nel mezzo e non può lasciarsi andare ad atteggiamenti basati sull’emotività. Dobbiamo dimostrare calma, saggezza ed equilibrio». Secondo Padulano «non è vero che nella sala c’erano solo due poliziotti. Erano presenti 10 agenti della Digos in borghese. Non si può militarizzare la sede di un convegno pubblico, dove è impossibile fare controlli e distinguo. Se fosse stato a invito la polizia avrebbe potuto verificare gli ingressi. Tutti potenzialmente avevano il diritto di entrare. E fuori c’erano 800 persone che tentavano di entrare». Ma intanto Sandra Savino e Pietro Tononi, rispettivamente coordinatore e vice del Pdl incalzano: «Non è tollerabile che un gruppo di contestatori abbia avuto la meglio. Chi non permette all’altro di esprimersi è sempre nel torto, così come chi doveva tutelare questo diritto e non l’ha fatto. Ci chiediamo perché non sono state prese misure di prevenzione». Roberto Sasco segretario dell’Udc chiosa: «Purtroppo ciò che temevo si è verificato. Un manipolo di facinorosi ha impedito che l’incontro avesse luogo contro ogni regola della democrazia». (c.b.)
MERCOLEDÌ, 12 DICEMBRE 2012
Ma spunta l’ipotesi di un sito alternativo
Il ministro: la proposta spetta a Gas Natural. L’Authority: è l’Ue a dover dare un’indicazione
Se sul rigassificatore on shore di Zaule potrebbe presto essere posta una pietra tombale, non altrettanto si può dire per un rigassificatore a Trieste. Ad aprire inaspettatamente è addirittura il sindaco Roberto Cosolini: «Non abbiamo mai detto di essere contrari a una struttura di rigassificazione, abbiamo sempre detto di essere contrari al tipo di impianto proposto da Gas Natural e soprattutto alla localizzazione proposta.» E il discorso di un possibile sito alternativo sta in effetti emergendo, anche se nessuno ha voglia di parlarne chiaramente. «Certo che si può valutare – afferma il ministro Clini – ma non spetta sicuramente a noi proporlo, logicamente spetta a Gas Natural.» «Potrebbe in effetti essere proposta un’ubicazione diversa – sostiene ancora più enigmaticamente la presidente dell’Authority Marina Monassi – ma in base alle più recenti normative spetta all’Unione europea indicare la nuova collocazione.» Una normativa di cui l’assessore regionale all’Ambiente Sandra Savino sostiene di non essere a conoscenza. Nella lettera indirizzata al Governo, Monassi rileva che nell’ultimo anno nel porto industriale si è registrato un aumento del 76,72% dei traffici, che stanno aumentando le navi da crociera e i traghetti e che già nel 2013 si prevede che alla Siot arriveranno ben 500 peroliere per scaricare quaranta milioni di greggio, il che farà del porto di Trieste il primo scalo italiano per quantità di merci. «In questa fase di sviluppo – si sottolinea – da parte degli operatori viene lanciato un grido d’allarme che potrebbe portare seri problemi economici, occupazionali e di sicurezza.» E intanto il Tavolo tecnico rigassificatori della Uil Vigili del fuoco, attraverso il coordinatore regionale Adriano Bevilacqua, rileva come per il rigassificatore di Porto Viro in provincia di Rovigo (l’unico oggi in attività in Italia assieme a quello già vecchio di La Spezia) un’ordinanza della Capitaneria di porto preclude il traffico navale per un diametro di 4 km e proibisce l’ancoraggio di navi in un diametro di 5,5 km. «Ciò in base alla normativa Imo la cui applicazione è stata richiesta dallo stesso governo italiano. Risulta inequivocabilmente – sostiene Bevilacqua – che se il rigassificatore dovesse essere costruito a Zaule, causa il transito delle metaniere, il traffico portuale verrebbe interdetto e le normative costringerebbero al collasso le strutture portuali.» (s.m.)
«Rigassificatore in contrasto con lo sviluppo del Porto»
Pronta la lettera di Monassi per il governo. Tondo: dirigente rimosso, ha sbagliato a non tener conto degli enti locali. No del Consiglio comunale, voto all’unanimità
Per la prima volta il presidente della Regione Renzo Tondo lo dice chiaramente: «Sul rigassificatore di Trieste ha sbagliato il nostro dirigente Piero Giust. Per questo l’ho rimosso da quell’incarico: non si possono dichiarare inconferenti due pareri contrari, espressi dal Comune e dalla Provincia di Trieste e trasformarli in un parere complessivamente positivo. Giust doveva constatare che non c’era l’unanimità e passare la decisione alla giunta regionale.» Al rigassificatore di Zaule dunque dopo la clamorosa protesta di lunedì sera quando 600 manifestanti hanno impedito l’effettuazione del convegno in Porto Vecchio con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini viene posto un doppio freno. Da un lato lo stesso Tondo sostanzialmente “annulla” l’Autorizzazione integrata ambientale che i dirigenti avevano già dato, dall’altro il ministro Clini, all’uscita del vertice di ieri mattina in Prefettura su rigassificatore e Ferriera, ribadisce quanto già accennato l’altra sera, e cioè che molto probabilmente la Valutazione d’impatto ambientale dovrà essere rifatta o comunque integrata dal momento che risale al 2008-2009. E la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi esce dalla Prefettura mostrando la lettera che sta per inviare al Governo in cui mette in luce che l’impianto di Zaule contrasta con lo sviluppo delle infrastrutture portuali e con l’incremento del traffico di navi e soprattutto di petroliere che si sta registrando in questi ultimi mesi e che si prevede si protrarrà o crescerà ancora in futuro, come si evince anche da uno studio sull’argomento che è stato fatto dalla società Technital. «Saranno ora il mio ministero e quello dello Sviluppo economico – ha ribadito ieri Clini – a valutare se e come riaprire la Via». Secondo voci, Clini avrebbe parlato di questo già ieri pomeriggio a Roma, dove ha fatto ritorno all’ora di pranzo, con il ministro Corrado Passera. E una mozione per «ricondurre la procedura di Aia rilasciata dalla Regione nei dettami della vigente normativa nazionale ed europea, rianalizzando gli effetti e i rischi di varia natura derivanti dalla contemporanea realizzazione di impianti finora considerati disgiuntamente (rigassificatore, gasdotto, centrale termoelettrica) è stata approvata all’uanimità dal Consiglio comunale. A presentarla Roberto Decarli della lista civica Trieste cambia che replica a Tondo: «Può fare il colpo di scena e silurare il dirigente, ma non può smentire ciò che dichiarò in primavera a Udine nel corso dell’assemblea di Confindustria dove annunciò in tono perentorio di voler prendersi la responsabilità e di voler realizzare il rigassificatore a terra nella zona industriale di Trieste, ponendosi contro la reiterata volontà del Comune di Trieste e della Provincia. Silvio Maranzana
Marzo 17th, 2017 — Ultime
Aggiornamento al 22 dicembre
Qui trovate un video della manifestazione di ieri, 22.12. a Lubiana chiamata PROTESTIVAL (un gioco di parole – protesta e proslava/commemorazione della Giornata Nazionale). Come si vede nel video più di mille persone anche ieri a Lubiana a protestare di fronte al parlamento e al centro nazionale della cultura dove si svolgeva parte della commemorazione ufficiale (inaugurazione del nuovo presidente di Stato e la Giornata Nazionale).
Quando guarderete il video non abbiate paura quando un rapper canta in una canzone “sieg heil” perchè la canzone parla in realtà del fascismo in cui viviamo ogni giorno – ed è una critica del neonazifascismo.
https://www.youtube.com/embed/i2l029l6-c8
Per quanto riguarda sabato, 21. 12. alla fine c’erano 9 manifestazioni (Lubiana, Maribor, Murska Sobota, Slovenska Bistrica, Postumia, Capodistri, Lendava, Ajdovščina e Mirna Peč). La maggiorparte di un paio di centinaia di persone, tranne quella a Maribor – 1.500 – 2.000 persone e a Lubiana dove i media parlano da 6.000 fino a 10.000 persone.
Aggiornamento al 21 dicembre
Per oggi, 21. 12. sono indette almeno 7 manifestazioni per il momento:
Lubiana alle 15:00
Nova Gorica alle 16:00
Slovenska Bistrica alle 16:00
Ptuj alle 16:00
Murska Sobota alle 16:00
Maribor alle 16:30
Postojna (Postumia) alle 17:00
Per domani, 22. 12. sono gia indette due manifestazioni:
Koper (Capodistria) alle 17:00
Lubiana alle 18:00 – come contro-celebrazione, perchè allo steso tempo si terrà in centro città la celebrazione per la giornata della repubblica e per l’inagurazione del nuovo presidente della repubblica – Borut Pahor ex presidente del governo (2008-2011), parlamentare europeo e nazionale …
Riguardo ai vecchi metodi di repressione invece ieri sera (20.12) intorno le 19.00 la polizia in borghese è arrivata al centro culturale autonomo Metelkova a Lubiana (dove c’è anche la sede dell’ @-infoshop e la libreria anarchica…) e hanno cercato di creare prove (come ben sanno fare tutti i governi) di attività violente. In altre parole, chi li ha visti ha saputo dire, che erano 6 poliziotti in borghese che stavano raggruppati intorno a due borse di plastica dalle quali hanno estratto bottiglie molotov e sanpietrini, dopo di che li hanno posizionati a terra e hanno cominciato a fotografarli. Quando una ragazza ha chiesto cosa stavano facendo hanno risposto di lasciarli in pace perchè sono investigatori della polizia.Poi è arrivata anche la polizia in uniforma e hanno portato via tutto. Sembra che gli organi della repressione vogliano creare un pretesto per agire più radicalmente contro gruppi di sinistra e contro il centro autonomo Metelkova, e anche probabilmente per usare questo pretesto per azioni piu’ repressive durante la manifestazione che si terrà oggi (21/12).
Una tattica già vista anni fa.Nel 2001 dopo Genova un gruppo di attivisti è andato ad accendere delle candele davanti all’ambasciata Italiana e la polizia dopo questo atto di protesta si è inventata una molotov inesistente. Al tempo questo fu un pretesto per la criminalizzazione del gruppo attivista che fu chiamato con un gioco di parole “Ufficio per gli interventi”.Così sono scattate le inchieste, le perquisizione di case e del Metelkova.Siccome non hanno trovato nulla e nemmeno una sede di questo Uddicio, tutta la costruzione repressiva è fallito.
In ricordo dell’ignoranza repressiva delle autorità del tempo ancora oggi in una delle due piazze del Metelkova, quella chiamata Piazza senza memoria storia, è stata innalzata una scultura sulla quale c’e’ scritto “QUi si trova la sede dell’UZI (Ufficio di intervento).
Dopo 11 pare che sia stasse messa in opera la stessa matrice.Siccome le autorità non possono trovare estremisti di sinistra )perchè ovviamente non ci sono) hanno deciso di crearli.E siccome per la prima grande manifestazione a Lubiana negli scontri erano attivi (come si è mostrato) solamente gruppi di estrema destra (neonazisti) che erano perfino pagati (per il momento di questo dettaglio il governo sembra non aver voglia di parlare più) le autorità (così sembra) hanno deciso di reprimere i gruppi più organizzati al momento che gravitano attorno al Metelkova.Come altrimenti spiegarsi queste due buste di plastica con 15 molotov e sanpietrini subito dopo qualche giorno che al Metelkova si è svolta la prima assemblea generale dei differenti gruppi e realtà per decidere come andare avanti e come creare alternative al sistema attuale. Le autorià hanno paura perchè non non ne abbiamo piu’ di loro.Vogliono dividerci attraverso tali azioni.Ma sembra che non gli vada bene visti che non sanno nemmeno fabbricare prove false.E per quanto riguarda questo governo sono le stesse persone che hanno fa hanno creato un documento che non esisteva nell’archivio di Stato e lo stesso cgoverno che un paio di mesi fa ha “perso” un migliaio di firme che servivano per indire un referendum.
E come ci si aspettava ieri, intorno a mezzanotte, i poliziotti sono tornati al Metelkova e hanno identificato tutte le persone che in quel momento erano in uno dei club – cosa mai successa prima- almeno in questo modo.
Aggiornamento 19 dicembre
Ieri, 18. 12. protesta a Piran
Oggi, 19. 12. protesta di studenti e professori a Lubiana, tutto il giorno si terranno lezioni nelle piazze.
Oggi anche una manifestazione alle 15:00 a Trebnje (piccola città con un paio di migliaia di abitanti, dove c’era già stata una manifestazione giorni fa).
Per il 21. 12. per il momento manifestazioni indette a Lubiana alle 15:00 in piazza del Congresso e a Maribor alle 16:30 in piazza Leon Štukelj (vicino alla piazza della Libertà).
Per il 22. 12. è indetta una manifestazione a Koper/Capodistria alle 17:00 in piazza Tito (di fronte allo stabile del comune).
Ieri, 18. 12. a Maribor, dopo la pressione della gente che all’ ultima protesta ha detto che tutti i consigleri del comune se ne devono andare dal consiglio del comune di Maribor entro questo giovedi alle 15:00, quattro consiglieri hanno deciso di dare le dimissioni. Cosi sono già 5 in tutto i consiglieri che se ne sono andati per il momento (in tutto sono 45 i consiglieri il che vuole dire che in tutto devono andarsene 23 e il consiglio dovrà dissolversi).
Il sindaco dal altro lato ha deciso di andarsene il 31. 12. anche se la gente gli ha mandato l’ultimatum per questo giovedì alle 15:00.
Marzo 17th, 2017 — Ultime
Dal Piccolo del 13/01/13
L’Arcigay sotto la Curia 200 persone in presidio
di Piero Rauber «Non farete campagna elettorale sulla nostra pelle!». Davide Zotti, presidente triestino Arcigay, si sgola al megafono sotto la casa del vescovo. Battimani e fischietti gli fanno eco. Duecento persone gli fanno quadrato, attorno a un bandierone arcobaleno da cento metri quadrati agitato a braccia. Sono le tre e mezza di pomeriggio. Primo sabato post-Epifania, che le feste s’è portata via. Le stesse feste sotto le quali un primo omo-presidio non era stato autorizzato. In via Cavana, sotto la Curia, stavolta va in onda l’orgoglio omosessuale. No, niente provocazioni sotto forma di trucco, parrucco e seminudità alla gay-pride. E nemmeno alcuna volgarità posticcia, ostentata per far notizia, per l’amor di Dio. Già, Dio. Il Dio che una percentuale dei manifestanti sente di avere dalla propria parte. «Crepaldi, lo sai che il tuo Dio mi ama?», è lo slogan mostrato da qualcuno. C’è poi chi sostiene per iscritto che «Dio è amore, Crepaldi e il papa no». Altri invece, più laicamente, e polemicamente, s’attaccano al petto il cartellone «Chiesa e pedofilia, il disordine non è a casa mia». Spuntano anche tre bandiere dei Cobas, quelle arcobaleno diventano “cotole” o mantelli anti-freddo. Sono i colori di un presidio – quello organizzato da Arcigay «per difendere la dignità degli affetti di gay, lesbiche e trans offesi dall’omofobia diffusa in reitarate dichiarazioni dall’arcivescovo di Trieste» – che fila liscio come l’olio. «Avevano paura della violenza, guardate quanta ce n’è», gongola Zotti davanto a cotanto clima civile. Carabinieri e poliziotti, compresi gli uomini della Digos, sono meno di dieci. Si vedono tre o quattro no-global, il megafono non arriva mai a tiro loro. Di contestatori neanche l’ombra. Gli ultracat di Salvatore Porro – che avevano chiesto di poter far a loro volta sotto la Curia un sit-in di preghiera «per esprimere incondizionata solidarietà all’arcivescovo per essere stato fatto bersaglio di impropri attacchi politici» – finiscono in piazza Venezia. Una ventina di loro andrà avanti fino alle sei a recitare il rosario. In piazza Cavana, per contro, il presidio Arcigay dura un’oretta. Vi partecipa un nutrito gruppo di politici, tutti di centrosinistra, in testa Fabio Omero, nella doppia veste di assessore e omosessuale. Dopo Zotti, parla Flavio Romani, presidente nazionale Arcigay. Il megafono circola come un calumet. «Prima di bacchettare Comune e Provincia per il patrocinio alla campagna antiomofobia sugli autobus, pagherei le tasse, io l’Imu la pago», sibila la radicale Clara Comelli. «Nel Vangelo ci sono parole di amore, pace, consivisione e accoglienza, il resto è storia della Chiesa», aggiunge il don isontino “in aspettativa” perché sceso in politica, Andrea Bellavite. «E baciamoci!», invita Zotti. Due uomini danno l’esempio. Due ragazze si sfiorano le labbra. Pochi si associano. E il presidio si scopre, oltre che orgoglioso, pudico. @PierRaub
Marzo 17th, 2017 — Ultime
12 febbraio 2013 da Repubblica / Huffington Post
Marzo 17th, 2017 — Ultime
Giovedì 14 marzo 2013 ore 20.30
a Muzzana del Turgnano
importantissima conferenza pubblica con
l’Ing Claudio Cancelli e l’Ing. Ivan Cicconi
per fare il punto su
Valsusa e tratta Veneto-Friulana della TAV
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E’ in preparazione un presidio contro il CIE di Gradisca di Isonzo
per sabato 6 aprile 2013 ore 15.30 davanti al CIE in Via Udine
Iniziativa Rinviata a data da destinarsi
Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Dal Piccolo del 15/12/11
Crollo, una prima lista sotto la lente del pm In attesa delle relazioni tecniche, la Procura sta esaminando la posizione di una decina di persone che si sono occupate dell’allestimento del palco Il primo scoglio è la perizia, da condurre in un luogo pericolante Affidato l’incarico dell’autopsia al medico legale Costantinides
di Corrado Barbacini
Presto una decina di persone potrebbero essere ritenute responsabili a vario titolo nel crollo al PalaTrieste che è costato la vita a Francesco Pinna. Aveva 20 anni e lavorava come precario per la cooperativa incaricata di facchinaggio nel trasporto delle attrezzature per il concerto di Jovanotti. Al momento non è stato inviato dalla cancelleria del pm Matteo Tripani, il magistrato titolare delle indagini, alcun avviso di garanzia e nessun nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Tant’è che ufficialmente in procura si parla prudenzialmente di “responsabilità astratta”. Ma nessuno nasconde che in queste ore la lente dei poliziotti della Squadra mobile e degli ispettori del servizio di prevenzione è puntata direttamente su chi aveva un ruolo nell’organizzazione del concerto di Jovanotti, ma soprattutto nella progettazione, nella costruzione e nel montaggio del mostro di alluminio che l’altro giorno è crollato come fosse un castello di carte. Ieri mattina è stata trasmessa la relazione completa relativa agli accertamenti eseguiti dai poliziotti della quinta sezione della Squadra mobile. Da questa relazione emergono i nomi delle società e dei legali rappresentanti che al momento non sono accusati di nulla. Si parte da Giorgio Joan, titolare della Lemon & Pepper Srl azienda che aveva l’incarico occuparsi dell’intera logistica del tour del cantante. Poi a scendere c’è la Trident Management di Maurizio Salvadori che si è occupata della produzione dell’evento. E scendendo si arriva al progettista della struttura che è l’ingegner Franco Faggiotto. Poi vengono indicati anche i riferimenti di chi ha progettato e realizzato il cosiddetto “ground support” e cioè la maxi struttura sospesa che era stata montata per sostenere fari e luci. E dalla quale – secondo la prima ricostruzuione – è iniziato il crollo. Si fa il nome dell’ingegnere Angelo Guglielmi di Como ma anche della società Stage Sistem proprietaria delle strutture stesse. E qui emerge anche il ruolo di Oratio Margenau, cittadino rumeno, titolare di una ditta artigiana con sede a Seregno che si è occupata del montaggio della struttura metallica. In coda alla lista c’è Ermenegildo Corazza, coordinatore della sicurezza. Ma il suo ruolo, secondo la polizia, era riferito all’applicazione degli standard di prevenzione ordinari dei lavoratori come, per esempio, il caschetto o le scarpe di sicurezza. Ma manca, nella lista, il vero responsabile del cantiere. Il motivo è semplice: non esiste. «Dobbiamo concludere presto e bene», così il procuratore Dalla Costa. Non ha nascosto il primo grosso scoglio in un’indagine tutta in salita: la perizia, che sarà determinante. Ma il collegio di esperti, ancora non individuato, dovrà operare cercando elementi di prova in una struttura pericolante. «Non possiamo rischiare il crollo nel crollo», dicono in procura. Il rebus è quello di contemperare la messa in sicurezza con la possibilità di esaminare ogni dettaglio del groviglio metallico. «È come se si volesse intervenire sui bastoncini di uno Shanghai», spiega Dalla Costa, facendo capire quanto sia tecnicamente complesso l’accertamento. Ieri intanto si è consumato un altro atto di questa vicenda. Il pm Tripani ha conferito l’incarico al medico legale Fulvio Costantinides di effettuare l’autopsia sul corpo di Pinna. Il quesito è relativo alle cause di morte ma indirettamente, per quanto possibile, vengono richiesti elementi utili alla ricostruzione della tragedia. Alla breve udienza erano presenti, sgomenti, i genitori e la sorella della vittima, un fatto inusuale. Per più di 20 minuti sono rimasti in corridoio al secondo piano del palazzo di giustizia. Fissavano il vuoto e i loro occhi non avevano più lacrime. Poi, dopo le 11, sono entrati nell’ufficio di Tripani per essere testimoni di un atto formalmente necessario ma terribile. L’autopsia al figlio.
LA TESTIMONIANZA
«Pochi ragazzi portavano l’elmetto sotto il palco»
TRIESTE «In pochi portavano l’elmetto di protezione, nessuno si è preoccupato di farcelo mettere». Le testimonianze di chi lunedì scorso ha lavorato a fianco di Francesco Pinna all’interno del PalaTrieste non sono delle più confortanti. «Io avevo le scarpe antinfortunistiche ma non l’elmetto, lo ammetto – sostiene Massimiliano che accanto a Francesco scaricava cavi, casse acustiche e aiutava a montare il palco – e nessuno ha avuto da ridire. Come me non avevano la protezione alla testa molti altri ragazzi. Gli unici – sostiene – a indossare l’elmetto erano tutti gli operai che lavoravano sulla parte sospesa della struttura». Il giorno dell’ingaggio – stando ai racconti dei giovani operai – ai ragazzi è stato comunicato il compenso, l’orario di inizio del lavoro e l’obbligatorietà di indossare scarpe antinfortunistiche. Secondo le testimonianze, nei minuti successivi alla tragedia i capi-squadra delle varie ditte impegnate nell’allestimento del palco per Jovanotti si sono preoccupati di verificare che tutti i ragazzi indossassero le calzature previste dalla legge 626 per la sicurezza sul lavoro. Precauzioni che probabilmente non avrebbero evitato la morte del giovanissimo Francesco ma che sono obbligatorie per legge e in altre circostanze possono salvare la vita. «Quello che ha infastidito molti dei ragazzi presenti al momento della disgrazia – confessa Massimiliano – è il fatto che ieri, il giorno dopo il crollo, malgrado molti di noi si siano feriti, abbiano preso dei colpi o comunque abbiano subito uno choc, nessuno della OnStage ci ha chiamato per informarsi delle nostre condizioni di salute, per sapere se avevamo avuto problemi. Anzi, al telefono del loro ufficio non rispondeva nessuno». Alcuni ragazzi hanno subìto degli strappi muscolari e si sono procurati delle contusioni aiutando i colleghi a uscire da sotto il groviglio di tubi crollati in quei drammatici momenti. (l.t.)
«Niente sicurezza, niente più eventi»
Cosolini ha proposto un protocollo per le iniziative su aree pubbliche, da applicare pena la non concessione degli spazi
di Corrado Barbacini TRIESTE Il ragazzo morto al PalaTrieste e altri quattro infortuni in poche settimane in città sono un prezzo troppo alto. Ora basta. La stretta arriva dalle parole del prefetto Alessandro Giacchetti. «Questi episodi – ha detto davanti al sindaco Roberto Cosolini, all’assessore regionale Angela Brandi, ai sindacalisti e ai responsabili delle Aziende sanitarie – non possono passare inosservati». Ha parlato riferendosi anche alle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva detto: «Gli infortuni sono una disuguaglianza da combattere». Così, dalla rabbia delle vite spezzate sono saltate fuori le proposte. Cosolini ha annunciato: «Farò un protocollo sulla sicurezza che riguarderà tutti gli appalti del Comune e anche le esternalizzazioni. Dovremo pensare anche agli eventi, grandi e piccoli. L’unico modo – ancora parole di Cosolini – è quello di subordinare la concessione degli spazi pubblici al rispetto del protocollo. Chiederemo sempre la nomina di un direttore dei lavori che certifichi la sicurezza e il processo lavorativo». Il sindaco ha poi parlato indirettamente di quanto accaduto al PalaTrieste. «L’allestimento di un evento è un vero e proprio cantiere, per questo ci vuole un responsabile. Il lavoro non può prescindere dalla sicurezza di chi è lì». Poi la proposta: il Comune diventerà garante indiretto di chi lavora anche in occasione di eventi e manifestazioni pubbliche. Concederà spazi, firmerà convenzioni, solo dopo i controlli documentali da parte dei tecnici delegati i quali – per conto dello stesso Comune – accerteranno l’applicazione delle misure di sicurezza. Insomma più controlli, sia a monte che a valle. L’assessore Angela Brandi nel suo intervento ha sottolineato la necessità di riportare il tema della sicurezza fra le priorità di azione delle istituzioni, delle forze sociali e delle stesse imprese, dopo che in questi anni il problema è passato in secondo piano a seguito delle emergenze dovute alla crisi occupazionale e alle strade per fronteggiarla. «Gli effetti della contrazione economica – ha sottolineato Brandi – si sono rivelati un fattore importante di riduzione del fenomeno infortunistico nel triennio 2008/2010, a causa del calo della produttività e dei ritmi di lavoro. La crisi però se da un lato ha migliorato il tema della sicurezza tra i settori tradizionali del manifatturiero e dei servizi, dall’altro sembra avere spostato il rischio sui segmenti di produzione e servizi meno tradizionali come gli appalti, specie in presenza di tempi ristretti di realizzazione, la portualità ed i trasporti, i contratti flessibili e di breve durata, dove inoltre il continuo cambiamento di mansioni impedisce una adeguata e reale formazione alla sicurezza». Ma i sindacati non hanno nascosto le loro perplessità. Enzo Timeo della Uil parlando a nome delle tre sigle confederali è stato esplicito: «I controlli spesso non sono sufficienti. Chi è delegato, come l’Azienda sanitaria, non ha personale. La coperta è troppo corta». Se ne parlerà in Prefettura a gennaio ma anche nel tavolo regionale di concertazione, allo scopo di fare il punto sull’Accordo in tema di sicurezza sottoscritto a suo tempo con le parti sociali.
Rassegna Stampa Dal Piccolo del 14/12/11
PalaTrieste, la tragedia di Francesco Pinna
Jovanotti: “E’ morto costruendo una festa”
Francesco Pinna, vent’anni, studente-operaio, addetto al montaggio del palco per il concerto di Jovanotti, è morto all’interno del PalaTrieste, investito dal crollo dell’impalcatura. Otto i feriti. Il presidente della Cooperativa sociale OnStage: “Lavorava per 6,50 euro all’ora, in regola sia dal punto di vista della sicurezza che da quello del contratto di lavoro”. Jovanotti: “E’ morto costruendo una festa”
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Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Comunicato stampa sulla morte di Francesco Pinna.
Si continua a morire sui luoghi di lavoro, a Trieste come ovunque. La tragica morte di Francesco Pinna si va ad aggiungere al lungo elenco dei morti e dei feriti di questo ultimo mese (neanche un mese fa era morto schiacciato da un masso un operaio nella cava di Duino Aurisina mentre nello stesso giorno giorno della morte di Francesco tre operai sono rimasti gravemente feriti nel cantiere in Stazione Marittima).
I morti sul lavoro fanno poca notizia, tranne che in casi eclatanti come questo dove la vittima era giovane e lavorava al palco per il concerto di Jovanotti.
Ora inizierà il solito ipocrita coro di cordoglio da parte delle istituzioni, degli imprenditori e dei sindacati di Stato, ossia i maggiori responsabili di questa situazione intollerabile.
Quello su cui vogliamo far riflettere è che questa morte, come tutte le morti sul lavoro, non è dovuta alla negligenza criminale della singola ditta o cooperativa di turno (vi sono spessissimo anche queste ovviamente), ma all’intero sistema di lavoro e produzione. Si lavora sempre più veloci, sempre più malpagati, sempre più precari, sempre più vessati dal capetto di turno. E questo perché nella nostra società il profitto a qualsiasi costo è l’unico vero motore dell’economia. Chiedere “più sicurezza” e “nuove leggi” non serve a nulla quando i ritmi di lavoro continuano ad aumentare, quando si chiede di fare sempre di più in sempre meno tempo. La sicurezza è prevista solo quando è compatibile con i bilanci: se il costo è inferiore a quello che le aziende dovrebbero sostenere per danni in caso di incidenti, se i morti costano meno degli investimenti sulla sicurezza allora meglio i morti.
Sono anni che ci dicono che le “morti bianche” e i feriti sono in diminuzione ma sappiamo che è una menzogna. Gli ambiti sempre più ampi di lavoro precario, in nero, sottopagato, nonché quelli in cui è praticato un vero e proprio sfruttamento schiavistico, in particolar modo nei confronti degli immigrati, fanno sì che tantissimi morti e feriti non rientrino in nessuna casistica ufficiale.
Questa morte ci ha colpito particolarmente perché sotto quel groviglio di tubi poteva esserci anche qualcuno di noi o nostri amici e compagni che in quel settore hanno lavorato, come centinaia di ragazzi in città.
Siamo vicini e solidali con tutti coloro che hanno amato e apprezzato Francesco Pinna, ai familiari, agli amici e colleghi, così come con quelli di tutti i morti sul lavoro perché, anche se non li conosciamo personalmente, le loro morti non possono che toccare i cuori di tutte e tutti coloro che lottano contro questa società assassina basata sullo sfruttamento e sul disprezzo per la vita umana.
Le donne e gli uomini che muoiono e soffrono di lavoro, non li dimentichiamo mai!
Gruppo Anarchico Germinal
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