MORTI SUL LAVORO: schiacciato operaio di 20 anni a Trieste

Dal Piccolo del 15/12/11

 

Crollo, una prima lista sotto la lente del pm  In attesa delle relazioni tecniche, la Procura sta esaminando la posizione di una decina di persone che si sono occupate dell’allestimento del palco    Il primo scoglio è la perizia, da condurre in un luogo pericolante Affidato l’incarico dell’autopsia al medico legale Costantinides


di Corrado Barbacini

Presto una decina di persone potrebbero essere ritenute responsabili a vario titolo nel crollo al PalaTrieste che è costato la vita a Francesco Pinna. Aveva 20 anni e lavorava come precario per la cooperativa incaricata di facchinaggio nel trasporto delle attrezzature per il concerto di Jovanotti. Al momento non è stato inviato dalla cancelleria del pm Matteo Tripani, il magistrato titolare delle indagini, alcun avviso di garanzia e nessun nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Tant’è che ufficialmente in procura si parla prudenzialmente di “responsabilità astratta”. Ma nessuno nasconde che in queste ore la lente dei poliziotti della Squadra mobile e degli ispettori del servizio di prevenzione è puntata direttamente su chi aveva un ruolo nell’organizzazione del concerto di Jovanotti, ma soprattutto nella progettazione, nella costruzione e nel montaggio del mostro di alluminio che l’altro giorno è crollato come fosse un castello di carte. Ieri mattina è stata trasmessa la relazione completa relativa agli accertamenti eseguiti dai poliziotti della quinta sezione della Squadra mobile. Da questa relazione emergono i nomi delle società e dei legali rappresentanti che al momento non sono accusati di nulla. Si parte da Giorgio Joan, titolare della Lemon & Pepper Srl azienda che aveva l’incarico occuparsi dell’intera logistica del tour del cantante. Poi a scendere c’è la Trident Management di Maurizio Salvadori che si è occupata della produzione dell’evento. E scendendo si arriva al progettista della struttura che è l’ingegner Franco Faggiotto. Poi vengono indicati anche i riferimenti di chi ha progettato e realizzato il cosiddetto “ground support” e cioè la maxi struttura sospesa che era stata montata per sostenere fari e luci. E dalla quale – secondo la prima ricostruzuione – è iniziato il crollo. Si fa il nome dell’ingegnere Angelo Guglielmi di Como ma anche della società Stage Sistem proprietaria delle strutture stesse. E qui emerge anche il ruolo di Oratio Margenau, cittadino rumeno, titolare di una ditta artigiana con sede a Seregno che si è occupata del montaggio della struttura metallica. In coda alla lista c’è Ermenegildo Corazza, coordinatore della sicurezza. Ma il suo ruolo, secondo la polizia, era riferito all’applicazione degli standard di prevenzione ordinari dei lavoratori come, per esempio, il caschetto o le scarpe di sicurezza. Ma manca, nella lista, il vero responsabile del cantiere. Il motivo è semplice: non esiste. «Dobbiamo concludere presto e bene», così il procuratore Dalla Costa. Non ha nascosto il primo grosso scoglio in un’indagine tutta in salita: la perizia, che sarà determinante. Ma il collegio di esperti, ancora non individuato, dovrà operare cercando elementi di prova in una struttura pericolante. «Non possiamo rischiare il crollo nel crollo», dicono in procura. Il rebus è quello di contemperare la messa in sicurezza con la possibilità di esaminare ogni dettaglio del groviglio metallico. «È come se si volesse intervenire sui bastoncini di uno Shanghai», spiega Dalla Costa, facendo capire quanto sia tecnicamente complesso l’accertamento. Ieri intanto si è consumato un altro atto di questa vicenda. Il pm Tripani ha conferito l’incarico al medico legale Fulvio Costantinides di effettuare l’autopsia sul corpo di Pinna. Il quesito è relativo alle cause di morte ma indirettamente, per quanto possibile, vengono richiesti elementi utili alla ricostruzione della tragedia. Alla breve udienza erano presenti, sgomenti, i genitori e la sorella della vittima, un fatto inusuale. Per più di 20 minuti sono rimasti in corridoio al secondo piano del palazzo di giustizia. Fissavano il vuoto e i loro occhi non avevano più lacrime. Poi, dopo le 11, sono entrati nell’ufficio di Tripani per essere testimoni di un atto formalmente necessario ma terribile. L’autopsia al figlio.

 

LA TESTIMONIANZA

«Pochi ragazzi portavano l’elmetto sotto il palco»

TRIESTE «In pochi portavano l’elmetto di protezione, nessuno si è preoccupato di farcelo mettere». Le testimonianze di chi lunedì scorso ha lavorato a fianco di Francesco Pinna all’interno del PalaTrieste non sono delle più confortanti. «Io avevo le scarpe antinfortunistiche ma non l’elmetto, lo ammetto – sostiene Massimiliano che accanto a Francesco scaricava cavi, casse acustiche e aiutava a montare il palco – e nessuno ha avuto da ridire. Come me non avevano la protezione alla testa molti altri ragazzi. Gli unici – sostiene – a indossare l’elmetto erano tutti gli operai che lavoravano sulla parte sospesa della struttura». Il giorno dell’ingaggio – stando ai racconti dei giovani operai – ai ragazzi è stato comunicato il compenso, l’orario di inizio del lavoro e l’obbligatorietà di indossare scarpe antinfortunistiche. Secondo le testimonianze, nei minuti successivi alla tragedia i capi-squadra delle varie ditte impegnate nell’allestimento del palco per Jovanotti si sono preoccupati di verificare che tutti i ragazzi indossassero le calzature previste dalla legge 626 per la sicurezza sul lavoro. Precauzioni che probabilmente non avrebbero evitato la morte del giovanissimo Francesco ma che sono obbligatorie per legge e in altre circostanze possono salvare la vita. «Quello che ha infastidito molti dei ragazzi presenti al momento della disgrazia – confessa Massimiliano – è il fatto che ieri, il giorno dopo il crollo, malgrado molti di noi si siano feriti, abbiano preso dei colpi o comunque abbiano subito uno choc, nessuno della OnStage ci ha chiamato per informarsi delle nostre condizioni di salute, per sapere se avevamo avuto problemi. Anzi, al telefono del loro ufficio non rispondeva nessuno». Alcuni ragazzi hanno subìto degli strappi muscolari e si sono procurati delle contusioni aiutando i colleghi a uscire da sotto il groviglio di tubi crollati in quei drammatici momenti. (l.t.)

 

 

«Niente sicurezza, niente più eventi»

Cosolini ha proposto un protocollo per le iniziative su aree pubbliche, da applicare pena la non concessione degli spazi

di Corrado Barbacini TRIESTE Il ragazzo morto al PalaTrieste e altri quattro infortuni in poche settimane in città sono un prezzo troppo alto. Ora basta. La stretta arriva dalle parole del prefetto Alessandro Giacchetti. «Questi episodi – ha detto davanti al sindaco Roberto Cosolini, all’assessore regionale Angela Brandi, ai sindacalisti e ai responsabili delle Aziende sanitarie – non possono passare inosservati». Ha parlato riferendosi anche alle parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva detto: «Gli infortuni sono una disuguaglianza da combattere». Così, dalla rabbia delle vite spezzate sono saltate fuori le proposte. Cosolini ha annunciato: «Farò un protocollo sulla sicurezza che riguarderà tutti gli appalti del Comune e anche le esternalizzazioni. Dovremo pensare anche agli eventi, grandi e piccoli. L’unico modo – ancora parole di Cosolini – è quello di subordinare la concessione degli spazi pubblici al rispetto del protocollo. Chiederemo sempre la nomina di un direttore dei lavori che certifichi la sicurezza e il processo lavorativo». Il sindaco ha poi parlato indirettamente di quanto accaduto al PalaTrieste. «L’allestimento di un evento è un vero e proprio cantiere, per questo ci vuole un responsabile. Il lavoro non può prescindere dalla sicurezza di chi è lì». Poi la proposta: il Comune diventerà garante indiretto di chi lavora anche in occasione di eventi e manifestazioni pubbliche. Concederà spazi, firmerà convenzioni, solo dopo i controlli documentali da parte dei tecnici delegati i quali – per conto dello stesso Comune – accerteranno l’applicazione delle misure di sicurezza. Insomma più controlli, sia a monte che a valle. L’assessore Angela Brandi nel suo intervento ha sottolineato la necessità di riportare il tema della sicurezza fra le priorità di azione delle istituzioni, delle forze sociali e delle stesse imprese, dopo che in questi anni il problema è passato in secondo piano a seguito delle emergenze dovute alla crisi occupazionale e alle strade per fronteggiarla. «Gli effetti della contrazione economica – ha sottolineato Brandi – si sono rivelati un fattore importante di riduzione del fenomeno infortunistico nel triennio 2008/2010, a causa del calo della produttività e dei ritmi di lavoro. La crisi però se da un lato ha migliorato il tema della sicurezza tra i settori tradizionali del manifatturiero e dei servizi, dall’altro sembra avere spostato il rischio sui segmenti di produzione e servizi meno tradizionali come gli appalti, specie in presenza di tempi ristretti di realizzazione, la portualità ed i trasporti, i contratti flessibili e di breve durata, dove inoltre il continuo cambiamento di mansioni impedisce una adeguata e reale formazione alla sicurezza». Ma i sindacati non hanno nascosto le loro perplessità. Enzo Timeo della Uil parlando a nome delle tre sigle confederali è stato esplicito: «I controlli spesso non sono sufficienti. Chi è delegato, come l’Azienda sanitaria, non ha personale. La coperta è troppo corta». Se ne parlerà in Prefettura a gennaio ma anche nel tavolo regionale di concertazione, allo scopo di fare il punto sull’Accordo in tema di sicurezza sottoscritto a suo tempo con le parti sociali.

 

Rassegna Stampa Dal Piccolo del 14/12/11

 

PalaTrieste, la tragedia di Francesco Pinna
Jovanotti: “E’ morto costruendo una festa”

Francesco Pinna, vent’anni, studente-operaio, addetto al montaggio del palco per il concerto di Jovanotti, è morto  all’interno del PalaTrieste, investito dal crollo dell’impalcatura. Otto i feriti. Il presidente della Cooperativa sociale OnStage: “Lavorava per 6,50 euro all’ora, in regola sia dal punto di vista della sicurezza che da quello del contratto di lavoro”.  Jovanotti: “E’ morto costruendo una festa”

 

TRIESTE. Tragedia al PalaTrieste. Un giovane triestino è morto e altre otto persone sono rimaste ferite nel crollo del palco che stavano allestendo per il concerto di stasera (lunedì) di Jovanotti.

CINQUE EURO ALL’ORA. La vittima si chiamava Francesco Pinna, aveva vent’anni, era uno studente universitario che “arrotondava” dedicandosi a vari lavori: secondo le prime testimonianze, il ragazzo per montare il palco avrebbe percepito un compenso decisamente basso (“Ci davano cinque euro all’ora”, hanno raccontato alcuni colleghi di Pinna scampati al disastro).

LA REPLICA DEGLI ORGANIZZATORI. Assomusica precisa  che la notizia che il costo del lavoro di facchinaggio è di 5 euro non è esatta e aggiunge: “Nel  caso specifico di Trieste il costo di un operatore è pari alla cifra di 13, 50 euro l’ora. Qualsiasi speculazione sull’accaduto è fuori luogo”.

LA DINAMICA. La tragedia si è consumata alle 14, quando l’enorme struttura di metallo era quasi ultimata. All’improvviso i piloni portanti si sono piegati e tutto è venuto giù. Sotto sono rimasti in nove: Francesco Pinna è morto schiacciato, altri due giovani hanno riportato lesioni gravissime (uno è in rianimazione all’ospedale triestino di Cattinara, l’altro è invece considerato fuori pericolo e giace in un letto di Ortpoedia), i rimanenti sette se la sono cavata con escoriazioni, contusioni e un terribile stato di choc.

JOVANOTTI. Il concerto di Jovanotti è stato annullato. Stessa sorte per le altre date del tour “Ora” di Lorenzo Cherubini. La decisione è stata presa dal cantante e dal suo manager Maurizio Salvatori, che ha anche spiegato, a grandi linee, la dinamica del crollo: “A cedere è stato il «ground support», un’impalcatura che alloggia altoparlanti e riflettori”.

PARLA L’ARTISTA «Questa tragedia mi toglie il fiato e mi colpisce profondamente». Così Lorenzo Jovanotti su Twitter dopo il gravissimo incidente: «Il mio dolore è rivolto a Francesco Pinna, studente lavoratore, la cui vita si è fermata oggi», scrive Lorenzo Cherubini. E aggiunge: «Un tour è una famiglia e si lavora per portare in scena la vita e la gioia». «I ragazzi rimasti feriti – aggiunge a stretto giro Cherubini in un altro tweet – sono lavoratori specializzati che amano quello che fanno restando nell’ombra. Sono con voi, vi voglio bene». Il sito di Jovanotti, Soleluna.com, è oscurato: il lutto è espresso attraverso una schermata completamente nera, senza link e sottopagine

I PARENTI Scene di disperazione si sono verificate quando un gruppo di persone, che erano in attesa davanti al Palasport di Trieste, ha appreso la notizia che la vittima dell’incidente era un loro parente. A quel punto una ragazza del gruppo ha più volte urlato «Francesco», «Francesco ti amo, ti prego torna».

IL SINDACO Dopo alcuni minuti il gruppo di parenti è stato fatto entrare nella struttura. Sul posto sono giunti il medico legale Fulvio Costantinides, seguito a ruota dal sindaco di Trieste, Roberto Cosolini e dai vertici della società organizzatrice del concerto, l’Azalea Promotion. Il sindaco ha chiesto “un’indagine rigorosa che stabilisca le responsabilità di quanto accaduto”.

INCHIESTA L’indagine è stata affidata al sostituto procuratore Matteo Tripani che ha posto il PalaTrieste sotto sequestro.  La Procura di Trieste ha aperto un fascicolo a carico di ignoti per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni in merito al crollo. Dovrà essere fatta luce sulle norme di sicurezza sul lavoro eventualmente disattese e sul tipo di inquadramento a cui era sottoposta la vittima e i suoi colleghi, molti dei quali non facevano parte dello staff che segue normalmente il tour, ma erano stati reclutati “in loco” per eseguire il montaggio del palco. Il Pm ha già disposto l’autopsia sul corpo di Francesco Pinna, rimasto schiacciata da un gruppo motore del peso di 200 chili che serviva per tenere sollevata la struttura.

I SINDACATI Convocazione urgente del tavolo sulla sicurezza alla Prefettura di Trieste. Lo chiedono Cgil, Cisl e Uil di Trieste sottolineando che «la giornata odierna sarà ricordata a Trieste per il numero di gravi incidenti sul lavoro», riferendosi a quanto accaduto al Palasport e ai tre operai feriti al Molo Bersaglieri dopo essere caduti da un’impalcatura. «Questi gravi fatti evidenziano la necessità che le iniziative di prevenzione e controllo continuino e vengano ulteriormente aumentate». I sindacati, «nell’esprimere solidarietà e vicinanza ai familiari della persona deceduta manifestano la necessità che vengano chiarite le circostanze e le eventuali responsabilità dei fatti».

COOPERATIVA ONSTAGE: PINNA IN REGOLA Francesco Pinna lavorava per 6,50 euro all’ora, in regola sia dal punto di vista della sicurezza che da quello del contratto di lavoro. E’ quanto dice il presidente della Cooperativa sociale OnStage, Paolo Rizzi, per cui Pinna lavorava – ha ricordato – “con grande entusiasmo”. “Non è vero – ha aggiunto Rizzi – che lavorava in nero. Ieri Francesco aveva, come tutti, il caschetto e le scarpe antinfortunistiche. Francesco sarebbe venuto a lavorare anche gratis, perchè gli piaceva, ma era tutto in regola”.

JOVANOTTI: FRANCESCO ERA ASSUNTO, ‘PRETENDO CHE LAVORATORI SIANO TUTELATI’ Francesco Pinna “era un lavoratore a giornata ed era assunto con contratto regolare. Io personalmente pretendo sempre che tutti quelli coinvolti anche indirettamente in un lavoro che riguardi la mia musica siano sempre tutelati in ogni forma e anche in questo caso era così”. Lo scrive su Facebook Jovanotti. Il cantante definisce la morte di Francesco “una fatalità davvero difficile da prevedere.  Francesco Pinna – conclude Jovanotti – è morto costruendo una festa”.

 

 

Tragedia al PalaTrieste, le testimonianze

«Salvato dalla chiamata di mia madre»

 

Un giovane facchino: «Mi sono spostato di una decina di metri per rispondere al cellulare. Tanti ragazzi sono rimasti incastrati»

 

Francesco Pinna, studente-operaio, morto nel crollo del palco del PalaTrieste

 

IL FATTO Crolla il palco del concerto di Jovanotti, muore studente-operaio

 

di Laura Tonero

 

TRIESTE

 

«Sono salvo per miracolo. Ho avuto fortuna, trenta secondi prima del crollo mia madre mi ha chiamato al cellulare e così mi sono allontanato di una decina di metri dal palco». Latta Batic, 36 anni, l’ha scampata bella. «Abbiamo sentito un rumore, un sibilo simile a quello di un tubo che dall’alto cade a terra. Poi l’inferno: gente agonizzante schiacciata dai tubi, urla e tanta paura».

 

Lunedì mattina alle 8 Batic aveva iniziato a lavorare accanto a Francesco Pinna. Tutti e due facchini ingaggiati per una giornata di lavoro dalla cooperativa On Stage, tutti e due alle prime esperienze nel settore del montaggio palchi.

 

«Ci hanno fatto scaricare dai camion tubi, cavi, casse – racconta – poi ci hanno diviso in squadre, sei per gruppo e ci hanno affidato ad un coordinatore. Malgrado l’inesperienza ci hanno fatto anche montare la parte del palco più bassa, quella calpestabile». Tra i ragazzi reclutati c’erano giovani triestini, udinesi, stranieri, tutti bisognosi di recuperare euro. Il contratto prevedeva il supporto nel montaggio e nello smontaggio del palco. «Ci hanno offerto esattamente 65 euro al giorno – sostiene Batic – per un numero di ore imprecisato. Ci hanno chiesto se abbiamo le scarpe antinfortunistiche e poi ci hanno dato appuntamento alle 8 al PalaTrieste».

 

Batic ricostruisce così quei momenti drammatici. «Poco prima siamo stati tutti chiamati per spingere la parte del palco calpestabile, quella sulla quale si sarebbero dovuti esibire Jovanotti e la sua band – spiega – sotto alla struttura sospesa. Ed è alla fine di quel lavoro, di quella sistemazione che è avvenuto il crollo».

 

E’ in quell’istante che chi ha potuto è scappato. «Tutti si sono messi a correre – spiega – verso la parte centrale del PalaTrieste. Chi non ha avuto i riflessi pronti o chi era proprio sotto al palco è rimasto travolto». L’immagine che Batic usa per descrive quello che ha visto dopo il cedimento sono i bastoncini dello Shanghai quando vengono gettati all’inizio di una partita. Gli operai hanno portato i primi soccorsi alle persone incastrate sotto il groviglio di tubi: «Chi come Francesco era finito sotto alla parte più imponente della struttura non era nemmeno visibile – ricorda l’operaio – noi abbiamo sollevato alcune parti in acciaio e fatto uscire cinque persone rimaste incastrate. Ho tenuto per cinque minuti la mano di un ragazzo che, in attesa dell’arrivo dei soccorsi, mi implorava di non lasciarlo solo». Batic, infastidito dal fatto che nei minuti successivi alla tragedia qualcuno dell’organizzazione si preoccupasse che tutti indossassero le scarpe antinfortunistiche, ricorda che dieci minuti dopo il crollo una ragazza dell’organizzazione ha iniziato a fare un appello. «Ci ha chiamati uno ad uno per capire chi non rispondeva – spiega Batic – gli agenti di polizia ci hanno ascoltato mentre i pompieri mettevano in sicurezza la struttura. Il resto purtroppo è noto».