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Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne
DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2012 – Pordenone
Cortei, evitati gli scontri
Polizia e carabinieri tengono separati Fiamma tricolore, immigrati e Sinistra
Minuti di tensioni davanti alla biblioteca, ma le due fazioni non vengono a contatto
Poi i manifestanti di destra vengono scortati fino al parcheggio Marcolin e alla stazione
di Enri Lisetto La grande paura è passata quando i manifestanti della Fiamma Tricolore sono stati scortati al parcheggio Marcolin e alla stazione ferroviaria e hanno lasciato Pordenone. Solo in quel momento i 150 tra poliziotti e carabinieri (richiamati da tutta la provincia, tanto che alcune caserme del territorio sono rimaste chiuse, oltre che dai Reparti mobili San Marco di Mestre per l’Arma e Padova per la polizia) hanno abbandonato l’assetto antisommossa. Poco prima era scattato l’allarme rosso: i manifestanti di Assoimmigrati, Rc, Fiom e anarchici erano “evasi” da piazza Ellero dei Mille e, dopo una difficile trattativa con la Digos, avevano raggiunto piazza XX Settembre. A poche decine di metri dalla fazione opposta. Per due ore, prima, piazzetta Cavour non è stata quella del sabato pomeriggio, delle vasche, dello struscio, dello shopping, dei capannelli tra amici. Un deserto assediato da uomini delle forze dell’ordine e camionette di traverso. «Vi prego non fatemi dire niente», scuote la testa il presidente dell’Ascom Aldo Biscontin. Alcuni esercenti avevano tenuto le serrande abbassate, al passaggio del corteo più scortato che si ricordi, lungo Contrada Maggiore. Chiuse anche tutte le vie laterali. Negozi vuoti: «Abbiamo abbassato le serrande per evitare problemi», dicono da Ferronato. Molti commercianti avevano telefonato in questura: dobbiamo restare chiusi? Il servizio d’ordine della Fiamma Tricolore invita a «mantenere la calma, a non rispondere alle provocazioni». Una arriva ancora prima della partenza (in ritardo per aspettare i manifestanti da Bergamo) in piazza Municipio: «Ora e sempre resistenza», grida un giovane che si dilegua in via del Castello, dopo essere inciampato. Arriva l’ordine perentorio: bloccare a tutti l’accesso da tutte le strade sul corso. Partono in 70, portano un tricolore lungo 50 metri, 12 bandiere di Fiamma Tricolore e due italiane. Li osserva da lontano il sindaco Claudio Pedrotti, tra i passanti Fabrizio Venier (già segretario provinciale del Pd) e Vanni Tissino, ma è un caso. Si affacciano dalla Camera di commercio i corsisti del laboratorio del gusto, dai negozi vuoti le commesse. Loro, i manifestanti, scandiscono pochi slogan: «Contro il sistema la gioventù si scaglia, boia chi molla è il grido di battaglia». Un paio di “complimenti” li riservano a Gianfranco Fini e agli immigrati. All’incrocio con via Cesare Battisti, possibile punto di contatto con la controparte, ben più folta, è zona rossa. In piazzetta Cavour cantano l’inno nazionale. «Camerata Pino Rauti presente!», scandiscono tre volte. Poi tocca ai discorsi. Si avvicinano una ventina di pordenonesi. Vengono ringraziati il consigliere comunale Francesco Ribetti (presente) e il presidente della Provincia Alessandro Ciriani, il governo viene invitato a riportare a casa i marò e piovono applausi. Ringraziano «Dio, che non ci ha fatto nascere comunisti» e chiudono la manifestazione. A duecento metri Assoimmigrati, Rc e Fiom chiedono di accedere a piazza XX Settembre. Scatta l’allarme rosso. C’è il rischio di un contatto che potrebbe fare sfuggire di mano la situazione. Ottengono di portarsi fin davanti alla biblioteca. Sono minuti di tensione, mentre oltre il cordone di sicurezza la gente guarda e scuote la testa. I militanti di Fiamma Tricolore se ne vanno scortati. Quando c’è la certezza che sono ripartiti per Udine, Trieste, Gorizia, Veneto, Emilia Romagna, Bergamo, Milano e Brescia, in piazzetta Cavour arriva la controparte. Ma alla Fiamma Tricolore non interessa: «Abbiamo dimostrato la civiltà che da sempre ci contraddistingue».
DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2012
Pagina 17 – Pordenone
Qualche malumore per il “cordone” in piazza
Numerosi i disagi per i cittadini che, ieri pomeriggio, avevano deciso di fare una passeggiata in centro: in piazza XX Settembre, all’altezza del Barcollo, un cordone di forze dell’ordine ha impedito a chiunque di dirigersi verso piazzetta Cavour. Una precauzione inevitabile, in considerazione del clima di tensione che si respirava ieri pomeriggio in città, ma che non tutti hanno compreso: diverse sono state, infatti, le persone che, appresa l’impossibilità di passare, hanno protestato con polizia e carabinieri. Una ragazza, tuttavia, ce l’ha fatta: «Devo andare a lavorare» ha detto all’ufficiale dell’Arma che coordinava i militari impegnati insieme ai poliziotti nel duro lavoro di ieri: il carabiniere, ravvisata la tranquillità della ragazza e comprese le sue necessità, l’ha lasciata passare. (m.p.)
DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2012
Pagina 17 – Pordenone
Gli immigrati: «Non siamo un limite, ma una risorsa»
Numerosi gli stranieri tra le fila di Rc, movimenti di sinistra, Fiom e studenti «La Costituzione ha cancellato il fascismo, il loro corteo non andava autorizzato»
«Gli immigrati non sono un limite per il nostro Paese, bensì una risorsa: a poche centinaia di metri da qui, c’è qualcuno che non solo non ha compreso questo concetto, ma assume comportamenti caratterizzati da razzismo e xenofobia, sentimenti che noi aberriamo in modo assoluto». Michele Negro ha scaldato i circa 200 militanti di Rifondazione Comunista, che ieri pomeriggio, in piazzale Ellero, luogo simbolo della resistenza pordenonese, hanno manifestato contro l’iniziativa della Fiamma Tricolore, che si teneva poco distante. Non solo Rc, però: all’iniziativa hanno preso parte anche esponenti della Fiom e un alto numero di stranieri, in particolar modo africani, ma anche di altre nazionalità. La musica di Manu Chao usciva dagli autoparlanti, i giovani militanti comunisti distribuivano volantini per spiegare il senso della “contromanifestazione”: il clima era “caldo”, c’è stata molta rabbia nei confronti del partito di estrema destra, che, secondo i partecipanti all’iniziativa di sinistra, non avrebbe dovuto ottenere il via libera alla propria manifestazione. «Sono qui per dire no al fascismo e al razzismo, due concetti che la nostra Costituzione ha inesorabilmente cancellato» ha detto un manifestante, Mauro Bianchettin. A un certo punto ha preso il microfono un immigrato, che ha ricordato come gli stranieri in Italia producano un Pil annuale «pari a 5 miliardi di euro: non siamo certo noi a essere dalla parte sbagliata…». Massimo Pighin
DOMENICA, 11 NOVEMBRE 2012
Pagina 17 – Pordenone
L’amarezza dei commercianti: «Bastava la crisi, incassi sfumati»
«Ci bastava la crisi: gli incassi sono sfumati». Alza bandiera bianca il commercio in centro a Pordenone, nel sabato pomeriggio della città blindata dal corteo e presidio. «Manifestazioni inopportune nel fine settimana – ha tagliato corto Anita da “Mikos”, nel negozio vuoto ieri, alle 18, in corso Vittorio Emanuele – Il lavoro è venuto meno per un pomeriggio». Facce storte da “Zest” che affaccia sotto i portici con la vetrina alla moda. «Meno affari» è stato il commento di una commessa, la quale ha osservato: «La gente ha avuto paura di recarsi in centro città. Pochi clienti sono sinonimo di scarse vendite». Il settore gastronomico accusa il colpo anche in corso Garibaldi. «Un calo secco nelle vendite – ha registrato la cassa in affanno della storica “Casa del tortellino” – Il 20 percento di clienti spariti». Scarsa frequentazione anche nel laboratorio-pensatoio della città smart, a palazzo Badini: nell’ambito del progetto “Pordenone + facile” si contava una quindicina di presenze, prima del tea-break. Poca gente nei corsi, rispetto alla quotidianità dei fine settimana senza cortei blindati. «Flussi scarsi di persone – ha fatto il punto Paolo Iacomi sotto il tendone della Proloco Pordenone in piazza XX Settembre – La gente ha avuto paura e non è venuta in centro». Ha fatto affari, invece, il “vù cumprà” Cheikh, immigrato dal Senegal che vende a braccio i libri di fiabe africane. «Bene gli affari nel presidio di piazza Ellero – ha spiegato – Molti fratelli africani e numerose altre persone ci tengono alla fratellanza e alla multicultura». Chiara Benotti
Sull’online poi l’MV metteva solo robe dei fascisti
Cortei di destra e sinistra, tensione a Pordenone
Fazioni schierate nel faccia a faccia sull’immigrazione: le forze dell’ordine monitorano la situazione
PORDENONE. Fazioni schierate, a Pordenone, nel sabato ad alta tensione del corteo della destra e del presidio della sinistra in materia diimmigrazione. In piazzale Ellero sono radunati in presidio gli iscritti a Rc, Pdci, Fiom e altri movimenti di sinistra, oltre a numerosi stranieri appartenenti alle associazioni di immigrati del Friuli occidentale.
Davanti al municipio si sono invece raccolti gli esponenti e i simpatizzanti di Fiamma tricolore, che hanno cominciato a sfilare verso piazzetta Cavour, dove le distanze fra i gruppi saranno sensibilmente ridotte.
Sarà questo il momento più delicato del pomeriggio, con le forze dell’ordine a monitorare costantemente la situazione. Il cielo è sempre più nuvoloso e incombe la minaccia maltempo.
Messaggero Veneto del 12/11/12
Negro: «Ciriani si dimetta» «Taci, sfrutti gli immigrati»
«Bandiere rosse e nere? Siamo nel 2012, è roba vecchia». A 18 anni Tommaso Del Col parla già alla prima persona plurale, con una maturità fuori dal comune: «Stiamo uniti – raccomanda lo studente – contro la crisi, è più importante». Tra il corteo della Fiamma Tricolore in centro e il presidio di Rc e collettivi in piazzale Ellero, lo studente dell’Isis Zanussi ha preferito la biblioteca: «Per essere liberi di pensare e protestare bisogna creare unione e conoscenza reciproca: quella tra operai di destra e di sinistra, per esempio. Uniti contro il disagio sociale, contro la crisi. Andiamo tutti dalla stessa parte, senza divisioni – ha concluso Tommaso -. Il problema che dobbiamo risolvere è ancorato alla realtà del 2012. Le vecchie ideologie e le ruggini non servono. Guardiamo più in là». (c.b.) «E’ accettabile che Alessandro Ciriani, presidente della Provincia di Pordenone, medaglia d’oro alla Resistenza, abbia sostenuto e sponsorizzato il corteo fascista e razzista di Fiamma Tricolore e di Alba? E’ accettabile che si rimanga a guardare in silenzio, come ha fatto il sindaco Pedrotti, o addirittura si chieda a Questura e Prefettura, come potrebbe aver fatto Ciriani (dalle dichiarazioni dei fascisti) di lasciarli sfilare in pieno centro, con uno schieramento mai visto di forze di polizia per “tenere a bada” questi personaggi e costringere alla chiusura molte attività di Corso Vittorio Emanuele?». A parlare è il segretario provinciale di Rifondazione comunista, dopo il sabato di tensione fra destra e sinistra. Negro va oltre e chiede le dimissioni di Ciriani, che replica stizzito: «Senti chi parla. Manda avanti e utilizza strumentalmente la manodopera degli immigrati, facendo loro rischiare reati ed espulsioni in massa e fa la lezione a me. Le sue parole mi danno ulteriori stimoli per continuare a far bene il mio lavoro in Provincia». Negro naturalmente non ci sta: «Si svegli dal torpore “primario” il centro sinistra locale. Basta organizzare comitati dei più fedeli al capo o chiedere la rottamazione degli stessi oppure trovarsi a brindare in pochi intimi: si presenti in consiglio provinciale una mozione per chiedere le dimissioni di Ciriani! Preoccupa quanto dichiarato dal Salmè dopo la iniziativa razzista: il ringraziamento a Ciriani per essersi speso a favore della stessa in nome di una (ex) comune visione del mondo, promettendogli riconoscenza eterna. Così capisco gli atteggiamenti “prudentemente tecnici” del Questore e dei funzionari di polizia che nell’incontro di martedì, sapendo delle “sollecitazioni” di Ciriani, non han potuto dire nulla nemmeno di fronte a precise e documentate testimonianze di pronunciamenti violenti per la iniziativa razzista avvallati dal Salmè». Ma Ciriani smentisce: «Io non ho nè sponsorizzato nè avuto colloqui con nessuno. Non ho mai sostenuto questa manifestazione. Ho semplicemenete approvato il concetto che chiunque possa fare un corteo per esprimere le proprie idee a Pordenone, dove da tantissimi anni ciò accade e nulla mai è successo. Io provengo da quel mondo e so che gli esponenti di Fiamma tricolore avranno anche le loro idee ma sono persone civili. I funzionari della Questura erano più preoccupati dagli anarchici che non dai partecipanti al corteo di destra. Salmè ha ringraziato me, ma anche le forze dell’ordine e la città di Pordenone. Se Negro avesse evitato provocazioni non ci sarebbe stato alcun clamore. E’ stato lui a richiamare immigrati, anarchici, sindacalisti della Fiom. La città non si sarebbe neppure accorta di un corteo, quello di Fiamma tricolore, di gente che voleva esprimere le proprie idee. Io ho espresso un principio: era giusto che chiunque potesse farlo. C’era il diritto degli uni e degli altri di manifestare. Se questo è un errore me ne assumo la responsabilità. Ma non accetto lezioni da chi si schiera al fianco di anarchici che insultano, minacciano, lanciano i sassi e aggrediscono, come da me stesso provato a ogni 25 aprile, in Fiera, sotto la Provincia e in tutte le occasioni in cui sono stato insultato insieme a mia moglie»
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne
FOTO | Superate le 800 visite | Statistiche sito | Rassegna stampa | Facebook | Risposta a Ciriani
Riuscita oltre le previsioni l’iniziativa unitaria dell’assemblea autoconvocata nella sede dell’Associazione Immigrati martedì.
All’appello per il presidio in P.le Ellero hanno risposto in più di 300.
Un presidio multietnico davvero, una piazza dove decine di immigrati hanno preso la parola per raccontarsi con l’incazzatura, il cuore e la dignità che ha scaldato tutti. E mentre un paio di compagni anarchici con un blitz hanno gettato 200 volantini sopra le teste dei razzisti il presidio ha saputo poi trasformarsi in corteo e spingere per riprendersi alla fine Piazzetta Cavour dov’erano approdati i fascisti.
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne
Le dichiarazioni di Alessandro Ciriani dopo la manifestazione di Fiamma Tricolore sono vergognose. Come sempre dice bugie e offende chi, a ragione, ritiene i suoi peggiori nemici: gli anarchici.
Anche i giornali, in particolare il Messaggero Veneto, sono corresponsabili di questa campagna mediatica contro i migranti e le forze di sinistra che hanno organizzato il presidio multietnico in P.le Ellero, poi trasformatosi in corteo grazie ai numeri ben oltre le previsioni. Infatti sono stati, come riportato correttamente dal Gazzettino, oltre 300 le persone mobilitate contro i rigurgiti razzisti e fascisti di un manipolo di “alieni” che han raccattato al massimo 60 nostalgici da tutto il nordest, nonostante la sponsorizzazione del presidente della Provincia, del PDL locale a nome di Ribetti e dal solito Emilio Fede dei poveri dalla sua privatissima emittente televisiva.
Ci sono moltissime foto dove si possono contare uno ad uno sia i fascisti e sia gli antifascisti, evidentemente il metodo Berlusconi non è stato archiviato.
Ristabiliamo la verità. Il presidio multietnico è stato indetto da una pluralità di forze e da molte individualità, riunite in un’assemblea autoconvocata martedì 6 novembre presso la sede dell’Ass.ne Immigrati. Va quindi rettificato che la manifestazione antifascista di sabato non era una “manifestazione di Rifondazione Comunista” in cui sono stati “richiamati immigrati, anarchici, sindacalisti della Fiom” come blatera Ciriani ma un’iniziativa unitaria dove Rifondazione, al pari dell’Ass.ne Immigrati, degli anarchici di Iniziativa Libertaria, del Collettivo Studentesco V. Arrigoni e di altre realtà, ha contribuito a costruire. Non c’erano né condottieri né referenti privilegiati di quello che sabato è stato un vero e proprio esempio di intelligenza e sensibilità da parte di una Pordenone che non si accontenta di “indignarsi” a parole ma sa metterci la faccia. Lo scopo di restituire ai migranti il diritto di parola, facendoli sentire parte di una comunità al pari di qualsiasi cittadino è riuscito e sono stati tanti, e molte erano donne, ad intervenire portando le loro storie, i loro stati d’animo e anche molti dati legati alla ricchezza, anche economica, che producono per tutti.
Ciriani dovrebbe dimettersi ma non solo perché ha dato legittimità alle violenze verbali dei suoi amici di gioventù, che hanno indetto la parata di sabato “contro i parassiti immigrati” o per non aver neppure tentato di stigmatizzare la presenza del partito neonazista di “alba Dorata” che in Grecia da la caccia ai migranti con metodi squadristi. Deve dimettersi per la gestione privatistica dell’ente che presiede da anni avendo dispensato poltrone e incarichi a gente del suo partito nel peggiore stile partitocratico e in linea con l’arroganza della “casta” dei politicanti oggi ormai completamente delegittimata. Basta pensare ai redattori (ex AN) del portale Pordenoneoggi.it, voluto dalla “sua” Provincia e dove vengono scritti articoli faziosi come l’ultimo su sabato 10 a firma di Alberto Parigi, talmente falso, da rimanere imbarazzati. O come l’incarico che da anni viene corrisposto a Elena Ceolin, anch’essa ex AN e presidente di Eureka (sempre emanazione culturale di partito), che organizza PNPENSA e che ha ricevuto migliaia di euro dalla regione per pagarsi la sede. Per aver organizzato, sponsorizzato e partecipato a convegni “contro l’immigrazione” invitando Prosperini (uomo di AN in Lombardia), condannato per corruzione a 3 anni e 3 mesi ed a 400.000 euro di risarcimento e ora indagato anche per traffico d’armi internazionale.
E deve smetterla di dare lezioni di moralità a noi perché Ciriani è lo stesso che ha tirato calci, in piazza Risorgimento, ad un esponente di un circolo libertario tanto da essere definito “teppista da stadio” da un suo collega di partito (tutto documentato sui giornali), per aver istigato il pubblico di un concerto al grido di “chi non salta un Albanese eh, eh!” come componente del gruppo (Mad Joke), per aver definito “Baracca del Popolo” uno dei simboli della lotta antifascista in città e soprattutto da presidente di una Provincia che per quella lotta di liberazione si fregia di una medaglia. Se questo è il riferimento istituzionale che dovrebbe garantire democrazia e libertà d’espressione nessuno può toglierci il diritto d’impedirgli di parlare in nostro nome e di chiederne le dimissioni: fazioso, “nepotista” e bugiardo.
Non poteva essere diversamente per uno che, per sua dichiarazione, ha come padre ideale Giorgio Almirante. Quel fascista firmatario nel 1938 del Manifesto della razza, dal 1938 al 1942 redattore della rivista “La difesa della razza” e uno dei primi fondatori della RSI, quell’infame storia di occupazione nazista dell’Italia settentrionale fatta di stragi, persecuzioni e internamenti di ebrei, rom, sloveni, croati e dissidenti politici che la resistenza ha contribuito a porre fine.
Chi ha memoria storica sa perché Ciriani sabato scorso stava con Salmè, i camerati e contro di noi.
Iniziativa Libertaria
Dal Messaggero Veneto del 13/11/12
«I cortei andavano vietati» Ascom valuta azioni legali
di Stefano Polzot Negozi vuoti, eventi disertati. Il maltempo non c’entra perché si parla di sabato scorso: è stato l’effetto in centro città della doppia manifestazione di Fiamma tricolore e delle realtà antifasciste che ha prodotto uno spiegamento di forze dell’ordine senza precedenti. Così la città blindata è stata anche un capoluogo vuoto dal punto di vista dello shopping. Un dato di fatto che Confcommercio denuncia con una lettera aperta al prefetto, Pierfrancesco Galante, al questore, Sergio Cianchi, al presidente della Provincia, Alessandro Ciriani, e al sindaco, Claudio Pedrotti. Un documento con il quale si censura la scelta di aver fatto svolgere le manifestazioni in centro e si valuta la possibilità di azioni legali per i danni economici subiti dalle attività economiche. A firmare la missiva il direttore dell’Ascom provinciale, Massimo Giordano, e il presidente mandamentale, Aldo Biscontin. «Gli operatori commerciali – scrivono – sono profondamente indignati dal comportamento adottato dalle autorità locali che hanno permesso di blindare la città per dare spazio a cortei di opposte fazioni in nome di una politica alla quale oggi nessuno crede». Così i clienti sono fuggiti e l’Estate di San Martino in piazza XX Settembre, nell’ambito di Pordenone wine love, è stata disertata. «Autorizzare questa sfilata di protesta il sabato pomeriggio nel centro storico – continuano – peraltro con una scarsa partecipazione di manifestanti, neanche pordenonesi, vuol dire colpire ancora di più Pordenone in un momento di forte crisi economica». L’alternativa, secondo l’Ascom, era autorizzare i cortei in altri spazi come piazzette Calderari e del Portello o piazza del Popolo, o in orari diversi. «L’associazione – dichiarano – sta valutando possibili azioni a difesa delle imprese nelle sedi più opportune». A corteo finito, anche le polemiche politiche non si fermano. Iniziativa libertaria, che ha promosso il corteo antifascista, chiede le dimissioni del presidente della Provincia, Alessandro Ciriani, per aver dato legittimità al presidio della Fiamma. «Deve lasciare – continua il gruppo – per aver dispensato poltrone e incarichi a gente del suo partito da Alberto Parigi con Pordenoneoggi a Elena Ceolin di Pnpensa». Francesco Ribetti (Pdl) replica ai rilievi di Michele Negro (Rc) su Ciriani: assurdo, in sostanza, chiederne le dimissioni solo perché ha sostenuto la libertà di tutti di esprimere il proprio pensiero.
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne
Superate le 300 visite |
E’ stato un venerdì particolare per Trieste. Infatti erano state organizzate ben due conferenze da parte dei fascisti.
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All’hotel Milano l’associazione culturale Novecento ha promosso la presentazione del libro dello squadrista Stefano delle Chiaie “L’aquila e il Condor”. In contemporanea Forza Nuova teneva una conferenza sulla crisi economica al prestigioso hotel Savoia. Ovviamente gli antifascisti e le antifasciste non potevano rimanere a guardare. Già durante il corteo per lo sciopero generale del 14 vi erano state delle contestazioni davanti ai due hotel e in particolare davanti al Savoia un paio di scritte sul marciapiede erano state il pretesto per delle manganellate che hanno ferito un paio di studenti. Per venerdì l’arcigay-arcilesbica aveva indetto un presidio di fronte al Savoia per protestare in particolare contro l’omofobia di FN (vedi lo striscione affisso poco tempo fa a Bologna di fronte alla storica sede dell’arcigay “l’omossesualità è una malattia da curare”).
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Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne
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Report. Distribuiti quasi un migliaio di volantini con la partecipazione di circa una trentina di attivist* molto ben organizzat*.
Razzismo ad Udine.
Sabato 12 gennaio a Udine è il turno dell’ MSI-fiamma tricolore che, di fronte ad una società sempre più multietnica, vorrebbe agitare ideologie e soluzioni di “purezza razziale”. Udite! Udite! E’ arrivato il “Sal(a)mè Ungherese”. Ci chiediamo: ma non è già abbastanza contento il neofascista Stefano Salmè, del grado d’inciviltà che ufficialmente viene riconosciuto all’Italia? Perché mai importare anche schifezze dall’estero come la “soluzione ungherese” sul problema dell’immigrazione? Eppure la verità è chiara e ufficiale: ad esempio proprio in questi giorni la UE ha condannato e multato l’Italia per la condizione carceraria inumana in cui sono rinchiusi oltre 65.000 detenuti.
News/News/News
La questura ha vietato il presidio antifascista.
I fascisti dell’ MSI-fiamma tricolore hanno revocato il loro presidio in Piazza della Repubblica (rimane la conferenza sul “salame ungherese” all’Hotel Cristallo)
Noi comunque manteniamo l’appuntamento per il nostro volantinaggio in Borgo Stazione
per sabato 12 gennaio inizio ore 14.30
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Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
dal Messaggero Veneto del 25 aprile 2012
Estremisti pestano a sangue un 22enne
Casco in testa, hanno aggredito il cormonese Patrick Dorella: stava staccando un manifesto contro il 25 aprile a Trieste
di Ilaria Purassanta
CORMONS. Aggredito e picchiato a sangue per aver staccato un manifesto contro il 25 aprile: il 22enne cormonese Patrick Dorella, figlio di Alessandro, maresciallo dei carabinieri di Dolegna, è finito all’ospedale. Cinque i giorni di prognosi per un trauma cranico-facciale, contusioni multiple, abrasioni al volto, ginocchio e gomito sinistri, ecchimosi e un’edema all’orbita destra, ma, secondo quanto ha riferito il medico che l’ha visitato, avrebbe potuto anche lasciarci la pelle.
Era la mezzanotte di lunedì. Patrick aveva deciso di fermarsi da un’amica, studentessa universitaria, a Trieste. È sceso per recuperare il portafogli e le sigarette dal cruscotto dell’auto, parcheggiata in via della Ginnastica, quando l’occhio è caduto su alcuni manifesti affissi lungo i muri in cui campeggiavano le scritte: “L’Italia degli ultimi combattenti. 25 aprile: l’Italia dei vigliacchi che diventano eroi”. Sotto, l’annuncio della contro-manifestazione, oggi alle Foibe di Basovizza e, in calce, la firma degli autori: Gruppo unione difesa (Gud), che proprio a Trieste ha una sede.
Il sangue “partigiano” di Patrick gli è ribollito nelle vene: suo nonno, Gastone, scomparso a gennaio, ha combattuto nella fila della Resistenza quando era poco più che ragazzo, mentre il bisnonno, Benedetto Giovanni, è morto nel 1937 per le conseguenze di un pestaggio perpetrato dalle camicie nere. Ferito dalla scritta che offendeva gli ideali della Liberazione, ma anche la stessa memoria dei parenti, Patrick si è «sentito in dovere di staccare i manifesti».
Aveva appena incominciato, quando è stato brutalmente assalito alle spalle da due energumeni con il volto coperto da un casco da motociclista e armati di cinghie. Al grido «Vigliacco, vigliacco!», sotto lo sguardo sbigottito dell’amica che gridava loro di smetterla, hanno atterrato con un pugno al mento il giovane cormonese, che ha sbattuto la testa contro un cassonetto e poi l’hanno colpito ripetutamente – perlomeno quindici volte – con calci e pugni e le cinghie, schiacciandogli la faccia sull’asfalto con gli anfibi per tenerlo fermo.
«Quando mi hanno mollato il primo cazzotto ho visto le stelle, sono proprio volato a terra. Sputavo sangue. Ho urlato loro – racconta quei terribili momenti Patrick – “lasciatemi vivere, non voglio morire! Vi prego, basta!”. Allora si sono fermati e sono scappati via. Mi sono rialzato, a fatica. Per fortuna non mi hanno spaccato i denti. Poi, insieme con la mia amica, sono andato, a piedi, fino all’ospedale Maggiore. Qui, dopo i controlli, hanno deciso di portarmi in ambulanza a Cattinara, dove sono stato trattenuto in osservazione per tutta la notte, sono stato dimesso stamattina (ieri, ndr). La dottoressa che mi ha visitato ha detto che se quei due avessero continuato a pestarmi ci sarei rimasto secco».
Sul caso sta indagando la Digos di Trieste: parecchi manifesti analoghi, tutti firmati dal Gud, sono stati affissi in città e uno veniva sfoggiato, ieri, sul profilo facebook del Gruppo. Altri scatti on line immortalano un corteo del Gud a base di saluti romani e una locandina dai contenuti offensivi che recita: «Quale altra nazione al mondo sarebbe capace di festeggiare ogni anno il massacro di 38.939 dei propri civili? Se festeggi il 25 aprile sei un po…».
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
da Il Piccolo del 11 maggio 2012
Dirigente indagato, anche libri antisemiti
Busti e poster del duce sequestrati nella casa e negli uffici del responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura
di Claudio Ernè
«Come riconoscere e spiegare l’ebreo». «La difesa della razza». «Mein Kampf». «La questione ebraica».
Sono questi i titoli di alcuni libri antisemiti a cui si sono trovati di fronte gli investigatori della Guardia di Finanza e della polizia che stavano perquisendo l’abitazione di Carlo Baffi, il dirigente dell’Ufficio immigrazione, indagato per omicidio colposo e sequestro di persona. Nello stesso appartamento era affisso un poster del duce.
Poco prima nell’ufficio del dirigente della Polizia di Stato, gli stessi investigatori diretti dal pm Massimo De Bortoli avevano trovato nella scrivania del dirigente indagato sei colpi di pistola in più di quelli che Carlo Baffi avrebbe potuto detenere; c’erano anche una vecchia sciabola, un fermacarte con impresso il fascio littorio e un piccolo cartello su cui, accanto all’indicazione “Ufficio epurazione”, era stampata la faccia di Benito Mussolini. Un gioco di parole: immigrazione – epurazione, anche se in quell’ufficio approdano storie terribili di uomini e donne costrette a rientrare in Paesi da cui erano fuggiti alla ricerca disperata di un futuro nell’Europa che a loro appariva scintillante.
Il poster del duce, la vecchia sciabola, il fermacarte con impresso il fascio littorio sono facilmente reperibili e acquistabili nei mercatini e su internet. Molti li collezionano per nostalgia ma anche per esorcizzarne l’antico potere. Icone del tempo che fu. Gli investigatori li hanno fotografati e posti sotto sequestro. Stessa sorte ha subìto un esiguo numero di libri di proprietà del vicequestore. Tra essi “Mein Kampf – La mia battaglia” di Adolf Hitler; la “Difesa della razza” di Julius Evola; “La questione ebraica” di Julius Streicker, l’editore-giornalista nazista di “Der Strumer”, condannato all’impiccagione al termine del processo di Norimberga per crimini contro l’Umanità. Tutti questi libri sono diffusi non solo in Italia e la loro pubblicazione ancora oggi suscita aspre polemiche. Li acquistano coloro che si riconoscono nelle liturgie del Terzo Reich. Ma c’è anche chi li compra nonostante la “maledizione” che li accompagna, per studiare dalle fonti originali un fenomeno che ha sconvolto l’intera Europa. Inoltre vietare la diffusione di un qualunque libro – per quanto l’autore diffonda idee criminali e di superiorità razziale – oggi non è più materialmente possibile, vista la presenza nelle “rete” di numerosissimi siti in cui questi testi sono disponibili.
«Non è reato detenere questi volumi» ha affermato ieri l’avvocato Paolo Pacileo, il difensore del dirigente di polizia. L’altra sera ha assistito nell’abitazione di Carlo Baffi alle varie fasi della perquisizione e del sequestro. Ha cercato di far desistere gli uomini in divisa dal prelievo dei testi “razzisti”; poi ha indicato altri volumi, appartenenti alla Storia del movimento operaio, in dettaglio testi marxisti e lenisti. Ne ha chiesto il sequestro ma i finanzieri e i poliziotti hanno proseguito nella loro azione.
da Il Fatto Quotidiano
Trieste, muore a 32 anni in questura. Indagato dirigente della polizia
Inchiesta sul capo dell’ufficio immigrazione del capoluogo giuliano, accusato di omicidio colposo e sequestro di persona. La giovane, infatti, non doveva essere trattenuta in cella di sicurezza, ma accompagnata al Cie. Nell’ufficio del funzionario trovato anche il cartello “Ufficio epurazione” e una foto di Mussolini
Il capo dell’ufficio immigrazione di Trieste Carlo Biffi è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona per la morte di una donna di 32 anni avvenuta in una camera di sicurezza della polizia. Alina Bonar Diachuk era ucraina e aveva 32 anni: un mese fa era stata trovata con un cappio al collo al termosifone di una cella del commissariato di Villa Opicina, una frazione del capoluogo giuliano, dove era custodita da due giorni. Un episodio sul quale è stata aperta un’inchiesta della Procura che non solo si potrebbe estendere anche ad altri agenti della questura, ma anche ad altri aspetti: tra questi anche il cartello “Ufficio epurazione” attaccato all’interno dell’ufficio immigrazione e una foto di Benito Mussolini affissa nelle stesse stanze. Una storia raccontata dal Piccolo di Trieste e ripresa anche dal Manifesto.
La morte. Secondo i primi rilievi dei magistrati la Diachuk in realtà non doveva essere trattenuta in custodia dalla polizia. Era stata infatti accusata di favoreggiamento all’immigrazione e aveva patteggiato, così era tornata in libertà il 14 aprile: avrebbe dovuto essere trasferita nel Centro di identificazione ed espulsione di Bologna. Al contrario dopo la lettura della sentenza era stata sì prelevata da una pattuglia della polizia, ma trovata morta dopo due giorni nella camera di sicurezza. Sulla cella vigilava una telecamera di sicurezza ma per i 40 minuti di agonia della donna nessuno ha notato cosa stava accadendo (inoltre la ragazza aveva già tentato di togliersi la vita in carcere). Una serie di anomalie che ha spinto la magistratura ad aprire un’indagine.
Per capire qualcosa di più la Procura ha disposto la perquisizione degli uffici del commissariato e gli agenti si sono imbattuti nel cartello “Ufficio epurazione” e nella foto di Benito Mussolini. Ma non solo: nell’abitazione di Biffi sono stati trovati alcuni libri dal contenuto antisemita: “Come riconoscere e spiegare l’ebreo”, “La difesa della razza” di Julius Evola, “Mein Kampf” di Adolf Hitler, “La questione ebraica”. In Procura, al momento non intendono dare grande rilievo all’altro aspetto emerso durante le indagini, e cioè all’acquisizione di materiale di natura antisemita e di cartucce trovate in casa di Baffi durante una perquisizione. Materiale, quello documentale, giustificato da un sindacato di Polizia dal fatto che Baffi abbia lavorato anche alla Digos. “I rapporti con la Questura di Trieste – afferma Dalla Costa – sono sempre ottimi e collaborativi, tanto che il questore mi ha assegnato suo personale proprio per sviluppare questa indagine. Non c’è alcun ostruzionismo da parte della Questura”, ribadisce il capo della Procura.
Le indagini condotte dal pm Massimo De Bortoli devono verificare se in effetti la Diachuk fosse trattenuta in commissariato senza alcun titolo, se fosse chiusa a chiave dentro una stanza e se si sia trattato di un caso isolato, o, come ha confermato il procuratore capo Michele Dalla Costa, ci siano stati altri casi di stranieri trattenuti a Opicina senza alcun titolo. “Stiamo valutando decine di posizioni, a partire dal secondo semestre del 2011, per verificare se quello dell’ucraina sia stato un caso isolato o meno” conferma Dalla Costa.
Gruppi politici e realtà di movimento hanno indetto per oggi un presidio per protestare. Ci saranno, tra gli altri, Occupy Trieste, Sel e Rifondazione comunista.
da Contropiano
Martedì 15 Maggio 2012 10:33
Trieste: poliziotto nazista indagato per omicidio
Un dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste accusato di sequestro di persona e omicidio colposo per la morte di una ragazza ucraina. Persecutore di immigrati e fanatico fascista.
Mele marce e cuori neri: così potremmo riassumere una vicenda che sta mobilitando la stampa locale ma non ancora quella nazionale. Forse perché l’accostamento tra ‘malapolizia’ e infiltrazioni neonaziste nelle forze dell’ordine emerge così netto da spaventare più di una redazione. Eppure i media locali friulani e qualche blog hanno raccontato in questi giorni una vicenda che definire inquietante è dir poco.
Carlo Baffi, un dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura di Trieste, è infatti indagato per omicidio colposo e sequestro di persona in relazione al “suicidio” di una ragazza, Alina Bonar Diachuk. La giovane, una ucraina di 32 anni, è morta il 16 aprile scorso in una cella del Commissariato di Villa Opicina, dove era stata rinchiusa illegalmente in attesa dell’espulsione. Un suicidio che era apparso da subito poco credibile, e che aveva fatto scattare una indagine che ha portato all’incriminazione di Baffi per sequestro di persona e omicidio colposo.
Gli inquirenti hanno così ricostruito la vicenda: Alina Bonar Diachiuk era stata scarcerata in forza di un provvedimento del giudice Laura Barresi il 14 aprile dopo una sentenza di patteggiamento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dal punta di vista giuridico la ragazza risultava libera, ma era stata “prelevata” come fosse in arresto da una pattuglia che, su disposizione dell’ufficio immigrazione diretto da Carlo Baffi, l’aveva condotta al commissariato di Opicina. Lì era stata rinchiusa – illegalmente – in una cella in attesa del provvedimento del questore e di un’udienza davanti al giudice di pace che però non era stata affatto richiesta dagli agenti. Lì, su una panca, davanti all’obiettivo di una telecamera a circuito chiuso, si è impiccata legando una cordicella al termosifone. Forse un gesto dimostrativo, una estrema denuncia da parte della ragazza che però ha portato alla sua morte, dopo quaranta minuti di agonia, senza che l’agente di guardia si premurasse di controllare il monitor sulla sua scrivania.
Durante le indagini gli inquirenti hanno sequestrato 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti illegalmente al commissariato di Opicina. Una pratica consolidata, un vero e proprio sistema che è assai improbabile che abbia avuto per protagonista il solo Baffi, che però per ora rimane l’unico indagato.
Come se non bastasse durante la perquisizione nella sua abitazione e nel suo ufficio, all’interno della Questura del capoluogo friulano, i finanzieri e i poliziotti hanno trovato busti e poster di Mussolini, e vario materiale di propaganda neofascista e antisemita. C’erano anche una vecchia sciabola, un fermacarte con impresso il fascio littorio e un piccolo cartello su cui, accanto all’indicazione “Ufficio epurazione”, era stampata la faccia di Benito Mussolini. Un accostamento, quello tra immigrazione ed epurazione, che dimostra quanto fosse cosciente e sistematica la persecuzione ai danni dei cittadini stranieri che gli capitavano a tiro in qualità di Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Polizia di Trieste. Possibile che la sua attività fosse passata inosservata ai suoi colleghi?
Puntuale, come in ogni caso di “malapolizia”, è giunta una presa di posizione dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia – dall’inquietante titolo ‘Solidarietà al collega Carlo Baffi e fiducia nella magistratura” – che invita gli inquirenti e i giornalisti a non associare il personaggio all’estrema destra, in quanto nella sua casa sarebbe stato trovato un non meglio precisato materiale di ‘estrema sinistra’, per altro ritenuto non interessante e non pertinente dai magistrati. Insieme a libri di chiaro stampo antisemita – «Come riconoscere e spiegare l’ebreo», «La difesa della razza», «Mein Kampf» – gli agenti avrebbero trovato anche «La questione ebraica» di Marx. Un libro che Baffi, ammesso che l’abbia letto, avrà trovato assai poco pertinente alle ideologie complottiste e paranoiche che caratterizzano l’estrema destra. Ma la differenza sfugge al sindacato di Polizia che scrive: “Ci auguriamo, dunque, che le indagini in corso possano essere svolte con la necessaria serenità, imparzialità e completezza, attraverso l’analisi e l’acquisizione di tutta la documentazione potenzialmente utile a ricostruire i fatti accaduti e la complessiva personalità degli indagati e non solo di parte di essa”.
Una dura presa di posizione è venuta sulla vicenda da parte delle istituzioni della comunità ebraica locali e nazionali. Che però considerano, come spesso avviene, solo alcuni aspetti della vicenda – l’antisemitismo – e non la denunciano per la gravità che essa acquisisce in un contesto di crescente complicità tra apparati di ordine pubblico e pratiche criminali ispirate alle ideologie del neofascismo e del neonazismo. Basterebbe citare il voto massiccio dei poliziotti ateniesi per i neonazisti di Alba Dorata o le complicità e le coperture accordate negli ultimi anni ai killer neonazisti della ‘banda del kebab’ in Germania, solo per citare alcuni esempi, per dar conto di un fenomeno che va molto al di là dell’aumento dell’antisemitismo pure giustamente denunciato dai portavoce delle istituzioni ebraiche rispetto alla vicenda triestina. Non fosse altro che per il fatto che le vittime del poliziotto fascista e xenofobo sono, per quello che finora è dato sapere, tutti cittadini stranieri.
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
13 dicembre 2010
Le clientele di Alemanno ai tempi del Ministro dell’Agricoltura
9 dicembre 2010
Sulla parentopoli romana
inchieste di Procura e Corte Conti
Il reato ipotizzato, a carico di ignoti, è quello di abuso d’ufficio. I fascicoli aperti in base a notizie di stampa. Si dimette la guardia del corpo del sindaco. Indagini su altre aziende legate agli enti locali
L’espresso: gli ex fascisti sistemati dal sindaco
Roma, poltrone ai fascisti
Ex di Avanguardia Nazionale, esponenti di Terza Posizione, perfino naziskin vicini a Mokbel. Così Alemanno ha piazzato nei posti che contano della Capitale i suoi amici estremisti neri
(09 dicembre 2010)
Gianni Alemanno
Boia chi molla, gridava a fine anni Ottanta il giovane Gianni Alemanno, al tempo capo del Fronte della Gioventù e fedelissimo di Pino Rauti, leader dell’ala movimentista dell’Msi e futuro suocero.
Vent’anni dopo, nessuno può accusarlo di incoerenza: Gianni, diventato sindaco di Roma, non ha mollato nessuno. Non ha tradito, non ha lasciato per strada i vecchi camerati, nemmeno quelli finiti in galera per banda armata e atti terroristici, neppure i personaggi più discussi della galassia d’estrema destra protagonista degli anni di piombo. Anzi.
Nell’anno di grazia 2010 Roma è sempre più nera, con fascisti ed ex fascisti che spuntano dappertutto. Nei posti cardine dell’amministrazione comunale e nell’entourage ristretto del nuovo Dux, nell’assemblea capitolina e nelle società controllate dal Comune, passando per enti regionali e ministeri.
Vecchie conoscenze sono comparse anche nella parentopoli che ha investito l’Atac, dove lavorano – come ha scritto Ernesto Menicucci sul “Corriere” – l’ex Nar Francesco Bianco (in passato arrestato e processato per rapine e omicidi insieme ai fratelli Fioravanti, fu scarcerato per decorrenza dei termini) e l’ex di Terza posizione Gianluca Ponzio. Ponzio oggi è a capo del Servizio relazioni industriali della municipalizzata del Comune, negli anni Ottanta fu protagonista di arresti plurimi per rapina e possesso d’armi.
La sinistra ha gridato allo scandalo, ma i due sono sono solo la punta dell’iceberg di un gruppo di potere sempre più radicato in città, cementato dagli ideali e dall’antica appartenenza, da interessi (anche economici) e da relazioni amicali e familiari. La lista comprende ex militanti di Terza posizione e dei Nuclei armati rivoluzionari, uomini di Forza nuova, naziskin vicini alla cricca di Gennaro Mokbel, capi storici di Avanguardia nazionale, ultrà e combattenti delle battaglie degli anni Settanta e Ottanta. Battuto a sorpresa Francesco Rutelli, disintegrati i potentati di Forza Italia (già messi a dura prova durante la giunta regionale guidata da Francesco Storace) ora sono nella cabina di controllo e, nella nerissima capitale, comandano loro.
Uomini d’oro
I due personaggi più influenti dell’amministrazione non sono assessori, ma due amici del sindaco: Franco Panzironi e Riccardo Mancini. Del primo, a capo dell’Ama, si sa praticamente tutto. Meno noti, invece, sono i trascorsi dell’uomo che Alemanno ha voluto alla guida di Eur spa, società controllata dal Campidoglio e dal ministero dell’Economia che ha nel suo portafoglio immobili per centinaia di milioni. Mancini, classe 1958, ha finanziato la campagna elettorale del 2006 e ha fatto da tesoriere durante quella del 2008.
È un imprenditore di successo: erede di parte del patrimonio della famiglia Zanzi (energia e riscaldamento), ha comprato nel 2003 la Treerre, società di bonifiche e riciclaggio che fattura oltre 6 milioni di euro l’anno. Anche lui, che ha sempre vissuto all’Eur, è stato vicino ai camerati di Avanguardia nazionale: nel 1988 è stato processato – insieme ai leader del movimento Stefano Delle Chiaie e Adriano Tilgher, che oggi lavora in Regione con Teodoro Buontempo – e la Corte d’Assise lo condannò a un anno e nove mesi per violazione della legge sulle armi. Ora, dopo vent’anni, Alemanno gli ha dato le chiavi di un quartiere che conosce bene, quello del “mitico” bar Fungo, dove un tempo si ritrovavano quelli di Terza posizione, i ragazzi di Massimo Morsello e il gruppo di Giusva Fioravanti.
Una curiosità: un socio in affari di Mancini, Ugo Luini (amministratore della holding del gruppo, la Emis) è pure tra i consiglieri della fondazione del sindaco, Nuova Italia.
Mancini e Panzironi, ovviamente, si conoscono bene. A novembre il capo dell’Eur Spa ha assunto Dario, il figlio di Franco, già portaborse al Comune e ora funzionario con contratto a tempo indeterminato. La scelta ha fatto gridare allo scandalo il centrosinistra, ma sono altre le indiscrezioni che preoccupano Alemanno.
Mancini, l’uomo che dovrebbe gestire la Formula 1, è infatti amico di Massimo Carminati, tra i fondatori dei Nar e leader della sezione dell’Eur, simpatizzante di Avanguardia nazionale e sodale della Banda della Magliana: il personaggio del “Nero” del film “Romanzo Criminale” è ispirato alla sua storia. I due sono spesso insieme, tanto che qualcuno sospettava che l’ex estremista (incriminato per vari delitti efferati ma assolto – quasi sempre – da ogni accusa) fosse stato assunto dalla municipalizzata. «Una sciocchezza» chiosano a “L’espresso” gli uomini del sindaco «Mancini lo vede solo perché si conoscono da anni. Nessun rapporto di lavoro».
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
Sembra che il proprietario del Bar di Joannis
nel Comune di Aiello abbia annullato
il concerto dei nazisti di merda di “Ultima Frontiera”,
ma potrebbe essere solo un banale trucco,
per cui è meglio non abbassare la guardia
Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
Messaggero Veneto SABATO, 06 MARZO 2010 Pagina 13 – Udine
Band neonazista ad Aiello I baristi: era soltanto un’idea
AIELLO. Tanto rumore per nulla: sembra questo l’epilogo del concerto degli “Ultima frontiera” annunciato a Joannis il 20 marzo. «L’idea del concerto è stata una delle tante proposte che mi vengono fatte sia da amici e frequentatori abituali del locale sia da chi promuove band e gruppi – ha spiegato Massimiliano Fontanini, titolare del Desmobar di Joannis, il cui giardino avrebbe dovuto ospitare la band triestina – la manifestazione non era ancora stata organizzata, né tantomeno ancora autorizzata, si tratta di un’idea lanciata da dei ragazzi ed abbozzata e il tam tam è arrivato fino in Regione. Accetto le proposte dei clienti e degli amici, le valuto e le pondero, e questa valutazione non era ancora stata fatta anche perché il 20 marzo collaboreremo all’organizzazione della festa “Club Tropicana per una notte” a Mereto di Capitolo».
Anche il capogruppo di minoranza consigliare, Roberto Festa, commenta l’accaduto: «La preoccupazione per un ritorno di fiamma verso la destra estrema, preoccupa quanto una malsana educazione di estrema sinistra. Gli estremismi – prosegue Festa – da qualsiasi parte vengano devono sempre essere isolati e combattuti. La levata di scudi della filosofia culturale, con riferimenti al rogo dei libri durante il Ventennio sembra, nel 2010, assolutamente fuori luogo. Sembra quasi che nel più profondo di ognuno si celino sopite, ma sempre pronte a riemergere, vampate di ideologismo che non porta da nessuna parte. Se si vuole fare demagogia, allora va tutto bene, se al contrario si vogliono superare gli steccati e le barriere mentali e ideologiche, facciamo uno sforzo tutti insieme e si valorizziamo scientemente le cose serie, non una band sconosciuta. Qualora qualcuno ravveda ipotesi di reato faccia intervenire i Carabinieri e non i politici».
Gessica Mattalone