Ecco lo sbirro indagato per la morte della migrante ad Opicina: simpatie fasciste e libri antisemiti

 

da Il Piccolo del 11 maggio 2012

Dirigente indagato, anche libri antisemiti

Busti e poster del duce sequestrati nella casa e negli uffici del responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura

di Claudio Ernè

«Come riconoscere e spiegare l’ebreo». «La difesa della razza». «Mein Kampf». «La questione ebraica».

Sono questi i titoli di alcuni libri antisemiti a cui si sono trovati di fronte gli investigatori della Guardia di Finanza e della polizia che stavano perquisendo l’abitazione di Carlo Baffi, il dirigente dell’Ufficio immigrazione, indagato per omicidio colposo e sequestro di persona. Nello stesso appartamento era affisso un poster del duce.

Poco prima nell’ufficio del dirigente della Polizia di Stato, gli stessi investigatori diretti dal pm Massimo De Bortoli avevano trovato nella scrivania del dirigente indagato sei colpi di pistola in più di quelli che Carlo Baffi avrebbe potuto detenere; c’erano anche una vecchia sciabola, un fermacarte con impresso il fascio littorio e un piccolo cartello su cui, accanto all’indicazione “Ufficio epurazione”, era stampata la faccia di Benito Mussolini. Un gioco di parole: immigrazione – epurazione, anche se in quell’ufficio approdano storie terribili di uomini e donne costrette a rientrare in Paesi da cui erano fuggiti alla ricerca disperata di un futuro nell’Europa che a loro appariva scintillante.

Il poster del duce, la vecchia sciabola, il fermacarte con impresso il fascio littorio sono facilmente reperibili e acquistabili nei mercatini e su internet. Molti li collezionano per nostalgia ma anche per esorcizzarne l’antico potere. Icone del tempo che fu. Gli investigatori li hanno fotografati e posti sotto sequestro. Stessa sorte ha subìto un esiguo numero di libri di proprietà del vicequestore. Tra essi “Mein Kampf – La mia battaglia” di Adolf Hitler; la “Difesa della razza” di Julius Evola; “La questione ebraica” di Julius Streicker, l’editore-giornalista nazista di “Der Strumer”, condannato all’impiccagione al termine del processo di Norimberga per crimini contro l’Umanità. Tutti questi libri sono diffusi non solo in Italia e la loro pubblicazione ancora oggi suscita aspre polemiche. Li acquistano coloro che si riconoscono nelle liturgie del Terzo Reich. Ma c’è anche chi li compra nonostante la “maledizione” che li accompagna, per studiare dalle fonti originali un fenomeno che ha sconvolto l’intera Europa. Inoltre vietare la diffusione di un qualunque libro – per quanto l’autore diffonda idee criminali e di superiorità razziale – oggi non è più materialmente possibile, vista la presenza nelle “rete” di numerosissimi siti in cui questi testi sono disponibili.

«Non è reato detenere questi volumi» ha affermato ieri l’avvocato Paolo Pacileo, il difensore del dirigente di polizia. L’altra sera ha assistito nell’abitazione di Carlo Baffi alle varie fasi della perquisizione e del sequestro. Ha cercato di far desistere gli uomini in divisa dal prelievo dei testi “razzisti”; poi ha indicato altri volumi, appartenenti alla Storia del movimento operaio, in dettaglio testi marxisti e lenisti. Ne ha chiesto il sequestro ma i finanzieri e i poliziotti hanno proseguito nella loro azione.


da Il Fatto Quotidiano

 

Trieste, muore a 32 anni in questura. Indagato dirigente della polizia

Inchiesta sul capo dell’ufficio immigrazione del capoluogo giuliano, accusato di omicidio colposo e sequestro di persona. La giovane, infatti, non doveva essere trattenuta in cella di sicurezza, ma accompagnata al Cie. Nell’ufficio del funzionario trovato anche il cartello “Ufficio epurazione” e una foto di Mussolini

Il capo dell’ufficio immigrazione di Trieste Carlo Biffi è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona per la morte di una donna di 32 anni avvenuta in una camera di sicurezza della polizia. Alina Bonar Diachuk era ucraina e aveva 32 anni: un mese fa era stata trovata con un cappio al collo al termosifone di una cella del commissariato di Villa Opicina, una frazione del capoluogo giuliano, dove era custodita da due giorni. Un episodio sul quale è stata aperta un’inchiesta della Procura che non solo si potrebbe estendere anche ad altri agenti della questura, ma anche ad altri aspetti: tra questi anche il cartello “Ufficio epurazione” attaccato all’interno dell’ufficio immigrazione e una foto di Benito Mussolini affissa nelle stesse stanze. Una storia raccontata dal Piccolo di Trieste e ripresa anche dal Manifesto.

La morte. Secondo i primi rilievi dei magistrati la Diachuk in realtà non doveva essere trattenuta in custodia dalla polizia. Era stata infatti accusata di favoreggiamento all’immigrazione e aveva patteggiato, così era tornata in libertà il 14 aprile: avrebbe dovuto essere trasferita nel Centro di identificazione ed espulsione di Bologna. Al contrario dopo la lettura della sentenza era stata sì prelevata da una pattuglia della polizia, ma trovata morta dopo due giorni nella camera di sicurezza. Sulla cella vigilava una telecamera di sicurezza ma per i 40 minuti di agonia della donna nessuno ha notato cosa stava accadendo (inoltre la ragazza aveva già tentato di togliersi la vita in carcere). Una serie di anomalie che ha spinto la magistratura ad aprire un’indagine.

Per capire qualcosa di più la Procura ha disposto la perquisizione degli uffici del commissariato e gli agenti si sono imbattuti nel cartello “Ufficio epurazione” e nella foto di Benito Mussolini. Ma non solo: nell’abitazione di Biffi sono stati trovati alcuni libri dal contenuto antisemita: “Come riconoscere e spiegare l’ebreo”, “La difesa della razza” di Julius Evola, “Mein Kampf” di Adolf Hitler, “La questione ebraica”. In Procura, al momento non intendono dare grande rilievo all’altro aspetto emerso durante le indagini, e cioè all’acquisizione di materiale di natura antisemita e di cartucce trovate in casa di Baffi durante una perquisizione. Materiale, quello documentale, giustificato da un sindacato di Polizia dal fatto che Baffi abbia lavorato anche alla Digos. “I rapporti con la Questura di Trieste – afferma Dalla Costa – sono sempre ottimi e collaborativi, tanto che il questore mi ha assegnato suo personale proprio per sviluppare questa indagine. Non c’è alcun ostruzionismo da parte della Questura”, ribadisce il capo della Procura.

Le indagini condotte dal pm Massimo De Bortoli devono verificare se in effetti la Diachuk fosse trattenuta in commissariato senza alcun titolo, se fosse chiusa a chiave dentro una stanza e se si sia trattato di un caso isolato, o, come ha confermato il procuratore capo Michele Dalla Costa, ci siano stati altri casi di stranieri trattenuti a Opicina senza alcun titolo. “Stiamo valutando decine di posizioni, a partire dal secondo semestre del 2011, per verificare se quello dell’ucraina sia stato un caso isolato o meno” conferma Dalla Costa.

Gruppi politici e realtà di movimento hanno indetto per oggi un presidio per protestare. Ci saranno, tra gli altri, Occupy Trieste, Sel e Rifondazione comunista.

 


da Contropiano

Martedì 15 Maggio 2012 10:33

Trieste: poliziotto nazista indagato per omicidio

 

Un dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste accusato di sequestro di persona e omicidio colposo per la morte di una ragazza ucraina. Persecutore di immigrati e fanatico fascista.

Mele marce e cuori neri: così potremmo riassumere una vicenda che sta mobilitando la stampa locale ma non ancora quella nazionale. Forse perché l’accostamento tra ‘malapolizia’ e infiltrazioni neonaziste nelle forze dell’ordine emerge così netto da spaventare più di una redazione. Eppure i media locali friulani e qualche blog hanno raccontato in questi giorni una vicenda che definire inquietante è dir poco.

Carlo Baffi, un dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura di Trieste, è infatti indagato per omicidio colposo e sequestro di persona in relazione al “suicidio” di una ragazza, Alina Bonar Diachuk. La giovane, una ucraina di 32 anni, è morta il 16 aprile scorso in una cella del Commissariato di Villa Opicina, dove era stata rinchiusa illegalmente in attesa dell’espulsione. Un suicidio che era apparso da subito poco credibile, e che aveva fatto scattare una indagine che ha portato all’incriminazione di Baffi per sequestro di persona e omicidio colposo.
Gli inquirenti hanno così ricostruito la vicenda: Alina Bonar Diachiuk era stata scarcerata in forza di un provvedimento del giudice Laura Barresi il 14 aprile dopo una sentenza di patteggiamento per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dal punta di vista giuridico la ragazza risultava libera, ma era stata “prelevata” come fosse in arresto da una pattuglia che, su disposizione dell’ufficio immigrazione diretto da Carlo Baffi, l’aveva condotta al commissariato di Opicina. Lì era stata rinchiusa – illegalmente – in una cella in attesa del provvedimento del questore e di un’udienza davanti al giudice di pace che però non era stata affatto richiesta dagli agenti. Lì, su una panca, davanti all’obiettivo di una telecamera a circuito chiuso, si è impiccata legando una cordicella al termosifone. Forse un gesto dimostrativo, una estrema denuncia da parte della ragazza che però ha portato alla sua morte, dopo quaranta minuti di agonia, senza che l’agente di guardia si premurasse di controllare il monitor sulla sua scrivania.
Durante le indagini gli inquirenti hanno sequestrato 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti illegalmente al commissariato di Opicina. Una pratica consolidata, un vero e proprio sistema che è assai improbabile che abbia avuto per protagonista il solo Baffi, che però per ora rimane l’unico indagato.
Come se non bastasse durante la perquisizione nella sua abitazione e nel suo ufficio, all’interno della Questura del capoluogo friulano, i finanzieri e i poliziotti hanno trovato busti e poster di Mussolini, e vario materiale di propaganda neofascista e antisemita. C’erano anche una vecchia sciabola, un fermacarte con impresso il fascio littorio e un piccolo cartello su cui, accanto all’indicazione “Ufficio epurazione”, era stampata la faccia di Benito Mussolini. Un accostamento, quello tra immigrazione ed epurazione, che dimostra quanto fosse cosciente e sistematica la persecuzione ai danni dei cittadini stranieri che gli capitavano a tiro in qualità di Dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Polizia di Trieste. Possibile che la sua attività fosse passata inosservata ai suoi colleghi?

Puntuale, come in ogni caso di “malapolizia”, è giunta una presa di posizione dell’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia – dall’inquietante titolo ‘Solidarietà al collega Carlo Baffi e fiducia nella magistratura” – che invita gli inquirenti e i giornalisti a non associare il personaggio all’estrema destra, in quanto nella sua casa sarebbe stato trovato un non meglio precisato materiale di ‘estrema sinistra’, per altro ritenuto non interessante e non pertinente dai magistrati. Insieme a libri di chiaro stampo antisemita – «Come riconoscere e spiegare l’ebreo», «La difesa della razza», «Mein Kampf» – gli agenti avrebbero trovato anche «La questione ebraica» di Marx. Un libro che Baffi, ammesso che l’abbia letto, avrà trovato assai poco pertinente alle ideologie complottiste e paranoiche che caratterizzano l’estrema destra. Ma la differenza sfugge al sindacato di Polizia che scrive: “Ci auguriamo, dunque, che le indagini in corso possano essere svolte con la necessaria serenità, imparzialità e completezza, attraverso l’analisi e l’acquisizione di tutta la documentazione potenzialmente utile a ricostruire i fatti accaduti e la complessiva personalità degli indagati e non solo di parte di essa”.

Una dura presa di posizione è venuta sulla vicenda da parte delle istituzioni della comunità ebraica locali e nazionali. Che però considerano, come spesso avviene, solo alcuni aspetti della vicenda – l’antisemitismo – e non la denunciano per la gravità che essa acquisisce in un contesto di crescente complicità tra apparati di ordine pubblico e pratiche criminali ispirate alle ideologie del neofascismo e del neonazismo. Basterebbe citare il voto massiccio dei poliziotti ateniesi per i neonazisti di Alba Dorata o le complicità e le coperture accordate negli ultimi anni ai killer neonazisti della ‘banda del kebab’ in Germania, solo per citare alcuni esempi, per dar conto di un fenomeno che va molto al di là dell’aumento dell’antisemitismo pure giustamente denunciato dai portavoce delle istituzioni ebraiche rispetto alla vicenda triestina. Non fosse altro che per il fatto che le vittime del poliziotto fascista e xenofobo sono, per quello che finora è dato sapere, tutti cittadini stranieri.