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CIE DI GRADISCA: rassegna stampa del 14/11

Dal il piccolo del 14/11/13

Roma sblocca i fondi per gli addetti del Cie

GRADISCA Una piccola boccata d’ossigeno. Il ministero dell’Interno ha sbloccato 600mila euro per il pagamento di parte degli stipendi arretrati ai dipendenti del Cie e del Cara di Gradisca. L’apparente buona notizia per i lavoratori della Connecting People è arrivata ieri mattina, al termine del presidio di protesta con cui dipendenti e liberi professionisti in forza alla coop siciliana che gestisce i due centri immigrati isontini hanno urlato la propria disperazione davanti alla sede della Prefettura di Gorizia. Buona notizia soltanto in apparenza, si diceva: perchè le ombre sul futuro del Cie rimangono tante e perchè sindacati e lavoratori auspicavano una soluzione definitiva al loro problema, e temono si tratti solo dell’ennesima “toppa”. In piazza Vittoria erano presenti circa una quarantina dei 70 dipendenti impiegati al Cie e al Cara: fra loro anche molti cittadini stranieri. Non ricevono gli stipendi da ormai 4 mesi e in alcuni casi – come quelli del personale sanitario – addirittura da sei. Senza contare che, con la chiusura del Cie a tempo indeterminato, molti oltre al danno dei ritardi temono di subire la beffa del licenziamento o del mancato rinnovo del contratto. I manifestanti, che hanno ricevuto la solidarietà degli stessi ospiti richiedenti asilo, erano sostenuti nel presidio dalle segreteria della funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil. E, assieme a loro, hanno presentato un documento che invoca un cambio nella modalità dei pagamenti dei salari: non più dal ministero alla Prefettura e da questa alla cooperativa, ma direttamente dal ministero ai dipendenti. La fattibilità della richiesta sarà valutata dal punto di vista legale e amministrativo, ma per il subentro dello Stato nei pagamenti ci vorranno altri mesi.Intanto a non resta che accontentarsi, per ora, delle mensilità arretrate. Da ieri sono certe, anche se non tutte. I 600mila euro, secondo le stime dei sindacati, consentiranno ai dipendenti di ricevere finalmente i salari di luglio, agosto e settembre. E gli altri arretrati? Forse potrebbero arrivare entro Natale. Una soluzione che, chiaramente, lascia l’amaro in bocca ai dipendenti della coop. « Non ci riteniamo soddisfatti dal confronto – hanno affermato i sindacati – perchè il nostro obiettivo era quello di ottenere non solo gli arretrati, ma anche risposte chiare sul futuro dei lavoratori». Risposte, questa volta sul futuro del Cie attualmente “svuotato” in attesa dell’avvio dei lavori, le chiederanno anche i partecipanti alla mobilitazione indetta per sabato da associazioni antirazziste, movimenti e partiti. A manifestare per la chiusura definitiva del centro saranno, tra gli altri, don Luigi Ciotti del gruppo Abele, il segretario del Prc Paolo Ferrero, gli scrittori Massimo Carlotto e Pino Roveredo. Ieri intanto il deputato della Lega, Massimiliano Fedriga, ha “duellato” con il ministro Kyenge sulla questione-Cie nel question time della Camera. «Chiudendo il centro – ha affermato il leghista in aula -, lo Stato si è arreso ai delinquenti. Per questo domenica saremo davanti al Cie a manifestare per la legalità e il rispetto delle regole».

 

UDINE/ Kabu Libero! Repressione sempre peggio

Superate 3000 visite a questa pagina | Rassegna stampa post manifestazione

Circa un centinaio di persone ha partecipato al corteo di sabato 23 novembre, sotto una pioggia incessante, che ovviamente ha limitato notevolmente la mobilitazione.

Si è trattato di un corteo prevalentemente anarchico/libertario, nel quale, almeno per un giorno, si sono viste unirsi rappresentanze di tutte le componenti del movimento.

Per quanto piccolo, il movimento anarchico della Regione, è però, oggi come oggi, anche l’unico movimento realmente attivo, presente su tutto il territorio;

potrebbe valorizzare energie significative e porsi come riferimento per molte diversificate situazioni sociali, se riuscisse a superare le contraddizioni interne che lo indeboliscono.

corteo 02

 

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ANTIFASCISMO/ Discussione su Gelindo Citossi (Romano il Manzin) su facebook

  • A S. Giorgio di N. si fa la battaglia su?Il nome di una via. Io sostengo invece le battaglie dei lavoratori di Evraz, Artenius ecc #lavoro
    • Manuel Tomasin e altri 14 piace questo elemento.

    • Eric Buiatti che via? 

       

    • Lodovico Nevio Puntin Bravo … senz’altro importante occuparsi del lavoro. Ma nessuno ti impedisce contemporaneamente di occuparti anche di memoria, in questo caso finalizzata a ricordare il partigiano nato nella frazione Zelina di San Giorgio di Nogaro (Gelindo Citossi detto “il mancino”, dal fatto che poteva disporre di un solo braccio e anche per questo significative e coraggiose risultano le sue azioni, come quella nella caserma di Latisana).

    • Davide Bonetto Ovviamente. Il fatto è che (come sempre) i giornali danno risalto a queste polemiche senza senso (dal punto di vista storico importanti, non ci piove) quando ci sono delle priorità attuali molto più importanti. E lo dico da fiero iscritto all’Anpi.

    • Paolo De Toni E allora caro Bonetto perché avete dedicato una targa a Duilio Levi che sarà stato pure un bravo medico (era anche il medico della mia famiglia ed amico di mio padre) solo che aveva il piccolo difetto di essere stato segretario e consigliere comunale del MSI? Vuoi che te lo dico io? Perché il tuo Sindaco (eletto con il famigerato terzo mandato) ex PCI ex Comunista, aveva bisogno di uno sdoganamento definitivo verso destra. Ora tu cerchi di far passare per superflua la questione del Manzin ma in realtà per voi è una vera e propria mina vagante, perché siete dei revisionisti; l’ho ribadito il 1° novembre a Gris alla presenza del segretario provinciale dell’ANPI Spanghero. 
      http://www.info-action.net/index.php…

      www.info-action.net

      Info-action, portale d’informazione libertaria del nordest, Friuli Venezia Giulia, sito degli anarchici friulani, giuliani, sloveni e veneti

    • Davide Bonetto Caro De Toni, forse mi sono spiegato male, ma la “polemica” mia era riferita a questo fantomatico comitato che direbbe no ad un’ipotetica via dedicata al Manzin. Dopodiche non sono avvocato di nessuno, tantomeno del Sindic. Non concordo con te invece sul fatto che dedicargli o meno una via sia una “mina vagante” per noi..per piacere dai. La gente in generale mi pare abbia ben altri pensieri in questo periodo drammatico e ti rispedisco indietro il termine “revisionista” che non mi appartiene, in quanto mi ritengo antifascista magari di serie B in confronto a te se ti fa vivere meglio. Mandi

    • Paolo De Toni Sono d’accordo che il comitato contro il Manzin sia fantomatico ed infatti lo staneremo (chiedendo che vengano in pubblico a provare le loro denigrazioni), così come staneremo voi. Ed allora dedicategliela la via al Manzin cosa aspettate, se per voi non è un problema. Questo non vi impedisce mica di occuparvi delle altre cose, (te lo sei fatto dire anche da Nevio Puntin!) ammesso e non concesso che ve ne occupiate e soprattutto che ve ne occupiate bene del futuro dei sangiorgini e del territorio in generale. Lassin piardi se tu fas o no l’avocat dal Sindic: tu zuis ta stesse squadre e alore tu as li stessis reponsabilitaaz.

    • Raicard Trinki Frenki e io sulle rotonde e i rallentatori di merda…!!!!!! ti lovvo!!

    • Paolo De Toni Geniali quei rallentatori, per andare da San Giorgio a Torviscosa per lavoro, me ne devo subire sei all’andata e sei al ritorno, vari giorni alla settimana.

    • Bruno Ventura fati le stataal……..

    • Paolo De Toni (par Bruno Ventura) Le stataal a jè plui lungje… al uul disi cunsumà plui binzine e incuinà di plui.
      NO ai dissuasori ( e alle rotonde) di Bonetto, Fasan e Del Frate.
      SI alla coscienza individuale di là planck … la cal covente …

    • Paolo De Toni (par Giovanni Maran) W il Manzin! “ma quegli occhi li ricordo ancora e come allora mi corrono i brividi” Ven a stai cal veve le tempre juste par fa fuur i fasisc’.
      Io non ho certo bisogno del Manzin per “esistere”, ma già che ci sono …

    • Paolo De Toni A parte i predicozzi pseudo-morali, hai qualcosa di concreto da dire contro il fratello di tua nonna?

    • Claudio Canciani Hai detto bene ognuno dorme con la sua coscienza, soprattutto se ce l’ha ben pulita in quanto non l’ha mai usata.

    • Paolo De Toni Va bè se non hai niente contro allora … , sai com’è c’è gente che si diverte ad inventarsi fantasiose liste di crimini.
      PS. Fruz cuant co tabajais ziriti di spiegasi mioor e di no sedi ambiguos; ancje il discors da cussienze ze cazz urial disi …

    • Claudio Canciani Era destinato a Maran e lui sa il perchè.

    • Claudio Canciani Per te ho la massima stima, ce ne vorrebbero a migliaia di persone che si occupano del territorio come fai tu.

    • Federico Foghini bella la frase sulla coscienza!!La condivido appieno.

    • Claudio Canciani Mi basterebbe che pagassi quello che ha deciso il giudice.

    • Federico Foghini su Claudio,la diatriba era imperniata sullla strada da dedicare al “Manzin”.Non usciamo dai “seminati”!! Io sono propenso per il no.E spiego il perchè:pur essendo Gelindo Citossi una brava persona,pur avendo compiuto dei gesti eroici volti alla liberazione del popolo italiano dalla tirannia nazifascista,pur avendo avuto tutte le buone motivazioni per uccidere,non ritengo opportuno dedicare una strada a colui che si è macchiato di uno o più omicidi,anche se “giustificati” dal momento storico in cui sono stati perpretati.

    • Paolo De Toni Romano il Manzin non si è macchiato di nessun omicidio, ha combattuto per la libertà. E Garibaldi allora? Solo per fare un esempio fa molti altri.

    • Claudio Canciani Federico la tua motivazione fa acqua da tutte le parti. Io personalmente non ho sentito alcuna storia ne a favore ne contro il Manzin per cui mi astengo dal dare giudizi su cose di cui sono totalmente all’oscuro. In guerra comunque se serve è lecito anche uccidere, l’importante è non macchiarsi di delitti contro persone inermi, anche se nemici.

    • Federico Foghini perchè la mia motivazione “farebbe acqua” da tutte le parti?

    • Federico Foghini cosa ho detto di inesatto?

    • Claudio Canciani Se dici che a una persona non può essere intitolata una via in quanto ha ammazzato altre persone in guerra, allora dovrebbero togliere la metà delle vie nel mondo. Bisogna distinguere fra assassini e combattenti. Come ho già detto, talvolta serve anche la forza, l’importante è non macchiarsi di crimini ammazzando gente inerme solo per vendetta o sadismo. Io non so la storia del Manzin. Se ha uccciso in combattimento per salvare altre persone o per combattere i nemici merita un riconoscimento, se è ha ucciso per vendetta è un assassino e non merita nulla.

    • Federico Foghini leggi bene quello che ho scritto,io ho definito Gelindo Citossi “eroico”,.ho detto che il suo operato era pienamente giustificato.Ho aggiunto che non ritengo opportuno dedicargli una via.E’ un mio pensiero,rispettalo come io rispetto i tuoi

    • Claudio Canciani Io rispetto il pensiero di tutti, sto solo dicendo che non sono d’accordo con quello che hai detto e l’ho argomentato. Secondo la tua logica, Garibaldi, il Che e tanti altri che hanno lottato per la libertà dovrebbero essere dimenticati e non sono d’accordo.

    • Federico Foghini ancora una volta:leggi quello che ho scritto!!Non posso passare la serata a discutere sul fatto che io non sia d’accordo su quasta benedetta strada da dedicare a Gelindo.

    • Claudio Canciani Il problema è se per te è un assassino o un combattente, che sia lui o un altro è uguale.

    • Federico Foghini cazzo cClaudio,ma leggi quello che scrivo??L’ho ribadito tre volte che reputo Citossi un eroe della resistenza!!Ma nn per questo gli dedicherei una via di San Giorgio di Nogaro.Non puoi mettermi in bocca cose che non ho detto;mai definito Citossi “assassino”

    • Federico Foghini e adesso chiudo il dialogo su questo argomento perchè sta diventando una sterile polemica senza nessun costrutto!

    • Claudio Canciani Se credi che sia un eroe per quale motivo non lo reputi degno di avere una via a lui dedicata, non capisco. E meglio avere vie come busuz e ciampaz?

    • Federico Foghini per il semplice fatto che si è creata una netta spaccatura di opinione su questo rgomento.Pertanto ritengo che una via deve venir dedicata a qualcuno se ciò è condiviso dalla maggioranza della popolazione;altresì diventa uno squallido braccio di ferro politico che giova ad alcuno.Ma è un mio pensiero,non condivisibile da tutti sicuramente,ma questo è!!

    • Claudio Canciani Questa è una motivazione valida.

    • Paolo De Toni Con il “mi piace” di cui sopra Davide Bonetto si è stanato da solo

    • Davide Bonetto Ma cosa vuoi stanare De Toni. Vuoi fare la guerra dei bambini? Mi pare che hai una certa eta’. Che figuracce che fai….

    • Davide Bonetto E da iscritto all’anpi so che stanno discutendo della questione serenamente. Per me l’anpi e’ “l’istituzione” principale alla quale faccio riferimento. Poi sei libero di andare in giro a dire che Bonetto ha messo mi piace qua e la! Triste molto triste caro De Toni. Poi fai le gare con quelli delle scuole elementari.

    • Paolo De Toni Ma triste cosa? Ti contraddici continuamente. Se l’Anpi ne discute e molti ne discutono non è certo per merito tuo, ma di chi ha sollevato senza opportunismi il problema.

    • Federico Foghini Rileggendo tutta questa lunga ed animata discussione mi sono posto una domanda:come mai in quasi settant’anni nessuno dei compagni di Citossi,nessun aderente all’ANPI e tantomeno le giunte di sinistra che si sono nei decenni avvicendate nella bassa friulana,nessuno di tutti questi si è prodigato per dedicare una via,una sede,una targa al su citato Gelindo Citosii?Se la figura fosse stata così limpida e così eroica,come da molti ora ci viene descritta,sicuramente ciò sarebbe avvenuto.Probabilmente la figura di questo partigiano si è sempre trascinata un mucchio di dubbi e polemiche,in questi settant’anni cosa che ha portato la maggior parte di chi lo sosteneva ad un atteggiamento disinteressato se non addirittura omertoso.

    • Paolo De Toni Federico, come si usa dire, nessuno è profeta in patria, per cui un semplice astio è in grado di far sedimentare un’opinione negativa. Figuriamoci poi per uno che doveva fare quotidianamente azioni militari di eliminazione di fascisti, nazisti, spie e delatori e doveva procacciare cibo, medicine, e logistica varia per l’intendenza Montes, avrà di certo scontentato qualcuno. Mettiamoci pure in conto, come ha scritto Giovanni Maran (suo pronipote) che avesse gli “occhi gelidi” ed un carattere forte e deciso ( e non poteva essere diversamente visto le azioni incredibili che ha condotto), poi consideriamo che nessuno è perfetto e qualche sbaglio lo avrà pure fatto ed infine, siccome non era un opportunista, diventava scomodo per gli ultimi arrivati, saltati sul carro del vincitore ma che andavano alla ricerca di privilegi, magari anche piccoli. Poi c’è stata la storia del “cane dell’inglese” per la quale è stato arrestato e ha fatto 18 mesi di carcere, ed infine anche le accuse su Porzus, poi ovviamente assolto. Di fronte a tutto questo si spiega come mai sia stato letteralmente messo da parte; troppo sanguigno, troppo rivoluzionario, utilissimo in battaglie e scomodo nel compromesso politico. Credo che le cose stiano così. A MAGGIOR RAGIONE, credo che le persone in buona fede debbano ricordarlo degnamente.
      20 ore fa · Mi piace · https://fbstatic-a.akamaihd.net/rsrc.php/v2/yJ/r/UD1zEcVB7Tu.png); background-size: auto; display: inline-block; height: 9px; margin-right: 3px; width: 10px; background-position: -303px -102px; background-repeat: no-repeat no-repeat;”>1

    • Davide Bonetto Non mi contraddico per nulla!!! Io invece credo (e chiudo qua) che strumentalizzare le gesta eroiche come hai fatto tu sia irrispettoso nei confronti non solo del Manzin ma di tutti i partigiani eroi che hanno liberato l’italia dal nazifascismo. Quante volte sei andato a commemorarlo sulla sua tomba? Quanti libri hai scritto? Niente di questo…lo so sai!! Ci sono persone, sangiorgini e non che lo fanno da sempre e non solo per il Manzin. Persone sincere che tengono sempre alta l’attenzione sul tema dei partigiani costantemente e non a spot appositamente con l’intento di fare polemiche inutili e svilire le azioni dei partigiani usando una targhetta di latta come arma d’attacco..per cosa poi?! Non ti ho mai visto a depositare i fiori sul monumento ai partigiani fuori dal cimitero. Mi rattrista perche’ ti ritenevo una persona che non banalizza e invece.. Io chiudo qua Mandi.
      19 ore fa tramite cellulare · Mi piace · 

    • Federico Foghini Per Paolo De Toni. Ho preso spunto dalla tua ultima frase per darti una ulteriore spiegazione sulla mia contrarietà alla volontà di dedicare una via a Citossi Gelindo.Hai appena definito il Manzin uno che “doveva quotidianamente fare azioni militari di eliminazione di fascisti,nazisti,spie e delatori”.Ebbene,queste eliminazioni hanno lasciato alle spalle orfani e vedove,colpevoli solamente di essere stati figli o mogli di fascisti o collaboratori. Pertanto mi sembra ingiusto o perlomeno indelicato,dopo quasi settant’anni,che questi incopevoli orfani o vedove debbano vedere una via del paese in cui vivono,o nelle immediate vicinanze,dedicata all’uccisore dei propri cari.E ad onor di cronaca conosco due persone del comprensorio sangiorgino il cui padre o consorte,siano stati uccisi dai Diavoli Rossi comandati da Gelindo.

    • Lorenzino Boem quanti giudizi prima= pregiudizi

    • Federico Foghini Il pregiudizio,generalmente ,si basa su preconcetti non sempre motivati,su prese di posizione ideologiche.Qua si sta discutendo su fatti accaduti settan’anni fa,si esprime la propria opinione,si cerca di capire l’utilità odella proposta in oggetto.Non trovo niente di “pregiudiziale” in tutto ciò.

    • Paolo De Toni Per Bonetto. Non ci azzecchi proprio. Guarda che io faccio l’antifascista militante e non retorico da quasi 40 anni e ho due ferite di 4 punti ciascuna in testa per i colpi inferti dalle chiavi inglesi dei fascisti a Trieste nel 1979. La nostra commemorazione del Manzin, il 7 ottobre 2013, aveva questo spirito di antifascismo militante. L’antifascismo in Italia è un problema attuale e non di depositare fiori nelle tombe, che comunque è sempre un bel gesto per quanto facile, cioè costa ben poco sforzo. Il problema è che in Italia il fascismo non è mai stato sradicato ed il revisionismo è iniziato subito dopo la Liberazione e proprio il caso del Manzin è un esempio di revisionismo. Infatti nella biografia di Gelindo Citossi, sul sito dell’ANPI, si legge
      “Nel dopoguerra per “Romano il Mancino”, nessun riconoscimento ufficiale. Per lui soltanto il ricordo della gente del Friuli che, nel 61° della Liberazione, si è recata in pellegrinaggio a Pisino, dove Citossi era stato ospitato da una sorella.” 
      Ripeto andare a Pisino è più che giusto, ma è a San Giorgio che bisogna agire per i riconoscimenti.
      Nessuno a San Giorgio ha avuto il coraggio di fare la commemorazione e di pretendere i riconoscimenti dovuti, anche per le ragioni più o meno esposte da Federico Foghini, cioè che molti in paese e nella zona ne parlavano male. La stessa Ester Zaina, di provenienza comunista, come è ben noto segue la linea ideologica di suo zio Massimino Zaina (di Porpetto) cioè fondata sulla squalificazione della persona di Gelindo Citossi. Perché non l’ha fatta l’ANPI la commemorazione a San Giorgio? Tu dici che ora L’ANPI sta “serenamente discutendo” dei riconoscimenti? Ti chiedo se l’ANPI di San Giorgio ha anche serenamente discusso della targa dedicata dal Comune (cioè in realtà per volontà personale dell’ex comunista Pietro Del Frate) all’ex segretario del MSI Duilio Levi? Anche questo fa parte del revisionismo. Ho detto esplicitamente a Fiorella Levi che, visto quello che è accaduto, per la targa dedicata a suo padre, dovrebbe essere lei a presiedere un Comitato per i riconoscimenti ufficiali al Manzin. Per il resto caro Bonetto in politica sei ancora un apprendista. Fai parlare Pietro Del Frate e vediamo cosa ha da dire in merito. Non sarà mica una strumentalizzazione chiedergli che si esprima.

    • Irene Bolzon Non ho seguito tutto il dibattito, però mi permetto di aggiungere alcune considerazioni. Io credo che la discussione in generale nasca dal fatto che il Manzin, seppur considerato da tutti in questa conversazione un eroe, non abbia tuttavia le caratteristiche “tipiche” e quasi “rassicuranti” che la narrazione pubblica ha di solito in questi 70 anni attribuito in generale agli “eroi della Resistenza”. Tento di spiegarmi: lui era un antifascista convinto ma non sviluppò mai, nè durante la guerra nè dopo, un pensiero politico strutturato e complesso (come fecero per esempio altri che, pur di bassa estrazione, tentarono di formarsi una propria cultura politica…mi vengono in mente Romano Fumis, Modotti, Fantini…) e chiamato a spiegare le ragioni delle sue scelte a distanza di decenni non seppe fornire motivazioni che l’intellettualità formatasi attorno all’antifascismo nel dopoguerra potesse considerare accettabili. Lui non fu mai iscritto ad un partito, per lo meno non qui in Italia…contrariamente a quanto si pensa lui non prese la tessera del PCI nell’immediato dopoguerra perchè egli non si sentì mai rappresentato da nessuno, motivo per il quale venne meno nei suoi confronti anche un meccanismo minimo di solidarietà di fronte alle ingiustizie del dopoguerra. Lui era un gappista, non un comandante di brigata in montagna, e nel dopoguerra i gappisti furono quelli che subirono le maggiori vessazioni…le motivazioni risiedono principalmente nel tipo di guerra da loro condotta (contrariamente a quelli in montagna, essi avevano come “campo di battaglia” i contesti urbani e le aperte campagne, estremamente più insidiosi perchè rendevano la clandestinità difficile soprattutto a causa delle spie, fattore che rese spesso necessarie delle esecuzioni considerate da tutti brutali, ma che erano indispensabili per proteggere i partigiani e i civili che li aiutavano…essi poi erano a contatto più diretto con i contadini, spesso furono chiamati a fare requisizioni per la “Montes” e figuriamoci se i contadni erano contenti di vedersi arrivare dieci uomini armati di tutto punto in casa con l’ordine di portargli via i salami…inoltre proprio la loro clandestinità favorì l’azione di infiltrati fascisti e delinquenti comuni che, spacciandosi per gappisti ed intendenti, si diedero alle ruberie più becere, alimentando il pregiudizio nei confronti dei partigiani “ladri”. Aggiungo inoltre che i GAP sono stati spesso considerati precursori del brigatismo rosso, dato che aggiunge ulteriori elementi di sospetto nei confronti dei gappisti). Lui non ebbe di certo una storia “gloriosa”…le persecuzioni da parte della giustizia, la fuga in Jugoslavia e una vita spenta nel grigiore delle delusioni. Insomma, se lo paragoniamo a quello che viene considerato in regione l'”eroe per eccellenza”, ossia Montes, sembra che il Manzin non possieda i requisiti necessari per essere considerato una figura “edificante”, così come tutti gli eroi dovrebbero essere. Quanto all’aspetto relativo alla violenza del Manzin, va detto che realtà, mito e anti-mito si fondono in un mix estremamente complesso da interpetare. Ciprovo senza garanzia di successo partendo dalla testimonianza di mia nonna, la cui casa a Campolonghetto era una delle basi abituali del Manzin: quando per caso vide la sua foto su un libro che avevo a casa lei è saltata sulla sedia urlando “Lazaron! Delinquent!”…rimasi perplessa e le chiesi il motivo…dopo ore di conversazione capii che lei e la sua famiglia, pur essendo convinti sostenitori del movimento partigiano, avevano paura di lui. La paura nasceva dal fatto che egli, pur essendo corretto e rispettoso nei confronti di tutti, aveva una vena di imprevedibilità che angosciava chi lo ospitava. Avevano tutti paura che da un momento all’altro mettesse in piedi un’operazione, temendo che, in caso di fallimento, la ritorsione si sarebbe abbattuta sulle case e sulle famiglie che lo avevano accolto (se lui sbagliava si andava dall’incendio della casa, alle torture e alla deportazione..la paura era dunque legittima). Quello che la gente non poteva capire è che il Manzin non era affatto un incosciente…coraggioso sì, ma incosciente no. Chi lo ha conosciuto durante la guerra mi ha detto che possedeva un istinto naturale che lo portava a capire quando poteva portare a casa la pelle e quando no…non avrebbe mai messo a repentaglio la vita dei suoi uomini senza essere convinto di riuscire nell’impresa…certo è che però i suoi processi mentali erano di difficile lettura, soprattutto se sei un civile spaventato davanti ad un uomo in armi la cui fisicità e il cui carattere brusco facevano morire sul nascere ogni obiezione. Tale aspetto quindi alimentò in qualche modo un mito affascinante ma al contempo negativo tra le persone comuni…Detto questo, egli fu senza ombra di dubbio responsabile di molte operazioni e diversi attentatii…va anche detto, però, che l’espressione “eh sì hanno trovato un cadavere sulla statale..chi è stato? non so, ma sicuro il Macino” l’ho incontrata in ogni intervista che ho fatto…quindi le uccisioni che gli sono state attribuite sono più di quelle a lui effettivamente riconducibili…Sulla questione quindi delle persone da lui uccise mi sento di dire questo: in guerra non esiste uomo che non abbia ucciso e/o fatto uccidere…le differenze tra un partigiano, un fascista ed un soldato sono già state spiegate sopra e quindi non mi ci soffermo. Concludendo…è vero che le memorie e il dolore vanno rispettati. Un orfano di guerra è un orfano e basta, a prescindere da chi fosse suo padre. Ma nell’epoca in cui si progettano monumenti a Graziani e dopo 100 anni di piazze e caserme intitolate a Cadorna e Diaz, dobbiamo andare a fare le pulci proprio al Manzin? Credo sia opportuno riflettere su questo aspetto, anche nel tentativo di mediare con i sentimenti contrastanti di chi quella storia la sente ancora bruciare dentro di sè e con le nostre stesse categorie mentali, spesso inadatte ad interpretare il passato…qui non è in ballo solo il nome di una via, questa discussione, interessante e del tutto legittima, scaturisce dal fatto che non abbiamo ancora imparato a fare i conti con il nostro “ieri”…

    • Irene Bolzon Scusami Davide per il papiro. Mi sono lasciata prendere la mano!
       
      7 ore fa · Mi piace · 

    • Davide Bonetto è il miglior intervento nel post (senza togliere nulla ai pareri e opinioni degli altri). Condivido le tue considerazioni soprattutto la frase conclusiva.. :
      7 ore fa · Mi piace · 

    • Paolo De Toni Alla commemorazione di Gris del 1° novembre scorso Alessandra Kersevan mi/ci ha presentato la nonna e il padre di Irene Bolzon intervenuti alla commemorazione e alla posa della targa in ricordo del campo di concentramento A, rimosso dalla memoria e perfino dalla natura visto che ora c’è una cava. Non so come siamo andati sul discorso del Manzin, ma il padre appunto disse che il Manzin era di casa a Campolonghetto, la nonna non fece commenti.

      www.info-action.net

       

      L’analisi fatta da Irene Bolzon è sostanzialmente corretta, anzi conferma le nostre (degli anarchici) intuizioni e che in estrema sintesi ho espresso anche qui sopra e le ho dette anche alla commemorazione del 7 ottobre (peccato che Davide Bonetto non ci fosse).
      Irene Bolzon scrive: 

      “Lui non fu mai iscritto ad un partito, per lo meno non qui in Italia…contrariamente a quanto si pensa lui non prese la tessera del PCI nell’immediato dopoguerra perchè egli non si sentì mai rappresentato da nessuno, motivo per il quale venne meno nei suoi confronti anche un meccanismo minimo di solidarietà di fronte alle ingiustizie del dopoguerra.”

      Come viene accennato anche nel libro di Pierluigi Visintin, “Romano il Mancino e i diavoli rossi” l’indole del Manzin era anarchica, e guarda caso siamo stati proprio noi (anarchici/che) a prendere la decisione della commemorazione a San Zorz, nessuno avrebbe avuto lo stato d’animo per farla. La commemorazione del Manzin all’interno della sinistra istituzionale era possibile a Cervignano e ad Udine ma non a San Giorgio di Nogaro, questo è il problema! Bisognava qualcuno che non subisse il deterrente di una certa sedimentata opinione negativa in loco.

      Irene Bolzon però secondo me fa un’analisi eccessivamente formale del Manzin sotto il profilo del pensiero politico, infatti dice:

      “lui era un antifascista convinto ma non sviluppò mai, nè durante la guerra nè dopo, un pensiero politico strutturato e complesso (come fecero per esempio altri che, pur di bassa estrazione, tentarono di formarsi una propria cultura politica…mi vengono in mente Romano Fumis, Modotti, Fantini…) e chiamato a spiegare le ragioni delle sue scelte a distanza di decenni non seppe fornire motivazioni che l’intellettualità formatasi attorno all’antifascismo nel dopoguerra potesse considerare accettabili.”

      Qui il problema è tutto da discutere.

      Nella resistenza c’è stato anche l’antifascismo anarchico. Proprio in questi giorni si è commemorato il centenario della costruzione della casa del popolo a Prato Carnico costruita da anarchici e socialisti.
      http://www.info-action.net/index.php?option=com_content&view=article&id=2231:cento-anni-della-casa-del-popolo-di-prato-carnico&catid=66:storia

      Nel 1933 a Prato Carnico c’è stato il funerale di Giovanni Casali

       
      Certo, probabilmente il Manzin non aveva potuto elaborare un pensiero politico maturo perché non aveva le conoscenze ed i contatti per sviluppare il suo anarchismo spontaneo, ma quello che è riuscito a fare in forma assolutamente autogestita, è semplicemente eccezionale e va ben oltre i canoni della storiografia ufficiale ed accademica e tanto più della politica istituzionale che semplicemente ha paura di questo incredibile personaggio.
      6 ore fa · Modificato · Mi piace · https://fbstatic-a.akamaihd.net/rsrc.php/v2/yJ/r/UD1zEcVB7Tu.png); background-size: auto; display: inline-block; height: 9px; margin-right: 3px; width: 10px; background-position: -303px -102px; background-repeat: no-repeat no-repeat;”>3 · Rimuovi anteprima

PORDENONE: volantino diffuso allo sciopero+foto

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TRIESTE: foto del corteo studentesco

Vivace ma purtroppo poco partecipato il corteo di stamattina degli studenti medi indetto da Uds e Coordinamento studenti medi. Tensione con la polizia all’inizio di viale XX settembre quando un cordone di digos e antisommossa ha impedito la deviazione del corteo che voleva affiggere una targa antifascista.

In seguito c’è stato un lancio di uova di vernice sul palazzo del consiglio regionale in piazza Oberdan e un altro momento di tensione con spintoni sotto la sede della lega nord.

INFO-ACTION REPORTER

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Striscione spuntato sotto la sede della lega:

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Mainardi: «La Tav lungo la rete esistente»

dal Messaggero Veneto del 16 novembre 2013

 

«La Tav lungo la rete esistente, così si riducono anche i costi»

Il commissario straordinario Mainardi illustra il progetto per la linea ferroviaria ad alta velocità. Investimento di 7,4 miliardi. «La politica sia cosciente delle decisioni strategiche per il territorio»

UDINE. Ha detto no alla linea costiera «perché non trova la condivisione della popolazione» e ha sempre invitato le amministrazioni e i governi di turno a guardare in modo pragmatico l’obiettivo dell’alta velocità ferroviaria, a guardare prima al potenziamento, possibile, della linea esistente.

Perché il progetto Rfi del 2010, da Mestre a Ronchi, è quello di una linea ad alta capacità e perché «si ipotizza una velocità massima di 250 chilometri l’ora, quando oggi, sulla linea esistente, si potrebbero raggiungere i 200 chilometri orari. Di cosa parliamo?».

Bortolo Mainardi, commissario straordinario della linea Av/Ac da Mestre a Ronchi, torna su un tema a lui caro, quello di uno sviluppo infrastrutturale integrato al paesaggio, condiviso dalle comunità e sostenibile economicamente. Lo fa con la schiettezza che lo contraddistingue ma «da professionista – ci tiene a precisare –. A me spetta l’analisi e la proposta, le scelte sono compito della politica».

Commissario pochi giorni fa a Trieste, il Ministero delle Infrastrutture ha confermato la priorità della Tav a Nordest ma ha anche detto che non basta più, che servono nel frattempo interventi che migliorino la linea esistente come l’eliminazione dei passaggi a livello. Le stanno dando retta?

«Naturalmente non posso che apprezzare questa linea, ma non credo che il Ministero si muova in questa direzione perché l’ho detto io. Sta nella logica del buon senso, anche perché in pochi anni il mondo è cambiato e quindi tutte le priorità, anche quelle dei grandi investimenti, vanno riviste sotto una nuova luce. Io parto da un assunto: tutte le opere devono essere compatibili con l’ambiente, devono trovare il consenso della comunità su cui ricadono e devono essere sostenibili finanziariamente».

Requisiti che però non sembrano esserci in Italia. Ce la possiamo ancora permettere un’opera come quella pensata nel 2010?

«Tra le criticità che ho riscontrato c’è sicuramente quella delle risorse e va affrontata in un quadro complessivo. L’investimento per la tratta di cui parliamo è stimato in 7,4 miliardi».

Perché la Tav non è l’unica opera su cui puntare?

«Nel senso che la logica dei corridoi è ben più complessa e che il Friuli Venezia Giulia, per esempio, deve guardare con molto interesse anche il corridoio Adriatico Baltico. E poi gli investimenti ferroviari vanno messi in relazione con quelli autostradali».

Anche il consenso di cui lei parla non è così radicato, basti pensare al movimento dei No Tav …

«Quando parlo di consenso intendo che le rimostranze delle popolazioni devono essere tenute in debita considerazione, purché sia il rigore scientifico dell’analisi a generare una contrarietà. Non è accettabile invece una posizione ideologica. Nel caso del Veneto e del Friuli partiamo da una sostanziale condivisione sulla necessità di avere una linea ferroviaria moderna e competitiva ed è per questo che non vanno illusi i territorio con progetti dai costi faraonici».

I governatori Zaia e Serracchiani hanno chiesto al Ministero di studiare “una terza via” alternativa al tracciato 2010 della Mestre-Ronchi. È soddisfatto?

«Credo che lo siano prima di tutto i territori e quello conta. La politica ha i suoi tempi, l’importante è che ci sia coscienza nelle decisioni, che si diano risposte concrete ai problemi e non promesse astratte».

NO CIE, NO TAV/ Rassegna stampa + foto

foto no tav 16-11-13

Repubblica 16 nov

No-tav in Valsusa  video

Migliaia in corteo per protestare
contro la Torino-Lione

Mentre in Val Susa

si manifestava contro la TAV

a Gradisca si è colta l’occasione

della manifestazione

(circa 400 partecipanti, più della metà da fuori regione)

contro ogni ipotesi

di riapertura del CIE,

per portare in Piazza

anche le bandiere No Tav

 

 

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 Dal Piccolo del 17/11/13

 «Mai più Cie», assalto con torce a Gradisca

di Luigi Murciano GRADISCA Brucia il tetto del Cie di Gradisca. Ma questa volta solo simbolicamente. Un fitto lancio di razzi e fumogeni oltre il “muro della vergogna” – come è stato definito – ha coreograficamente sancito ieri pomeriggio la conclusione della manifestazione antirazzista per la definitiva chiusura del Centro di identificazione ed espulsione per immigrati, decisa dal Viminale. «Il Cie non esiste più, questo lager non deve riaprire. Dei 13 centri italiani ne rimangono attivi solo 5, è il fallimento di una legge criminale come la Bossi-Fini» hanno gridato al microfono i militanti. E già oggi sarà la Lega Nord (attesi i big Calderoli e Salvini) a presidiare l’ex caserma Polonio per chiederne – al contrario – la pronta riapertura ed anzi un potenziamento. «È normale la “sincronia” tra la distruzione della struttura da parte degli “ospiti” del Cie di Gradisca e la parallela campagna mediatica del centrosinistra per la chiusura dei Cie? È normale l’attuale chiusura pur con un settore (la zona blu, ndr) ormai agibile? La verità è che lo Stato si è arreso ai violenti» suona la carica il senatore del Carroccio Mario Pittoni. La mobilitazione dei movimenti pacifisti e della galassia no-global di ieri si è svolta del tutto tranquillamente in una Gradisca blindata. L’iniziativa rientrava in una più ampia rete di manifestazioni in tutta Italia contro le grandi opere, in testa la Tav in Val di Susa. E sul numero di partecipanti è il solito balletto di cifre: un migliaio secondo uno dei leader dei centri sociali del Nordest Luca Tornatore. Poco meno di quattrocento secondo le forze dell’ordine. Di certo hanno raggiunto Gradisca in tanti, anche con pullmann provenienti da Vicenza, Padova e Venezia. Associazioni da sempre in prima linea contro i Cie, come Tenda per la Pace, gli ormai ex “disobbedienti”, associazioni umanitarie e studentesche, di assistenza ai migranti, movimenti anarchici, Legacoop, Rifondazione. Circa un centinaio gli uomini di polizia, carabinieri e guardia di finanza impiegati per l’ordine pubblico. «Sarà una manifestazione molto comunicativa» aveva promesso un altro leader della mobilitazione, l’ex consigliere regionale Alessandro Metz. Il primo coup de theatre poco dopo le 15, quando un militante si issa sulla gru di un cantiere del centro cittadino, a decine di metri d’altezza, e srotola un’enorme striscione con la scritta “No Cie”. Ha il volto mascherato e una tuta bianca, ad attenderlo alla fine del suo blitz ci sono altri compagni camuffati come lui in modo da non consentire l’identificazione. Il corteo percorre viale Trieste in direzione dell’ex caserma, l’asfalto è un’enorme lavagna su cui con la vernice vengono vergati gli slogan: “mai più Cie”, “no more lager”, “nessuno è clandestino”. «Se questo luogo aberrante ha chiuso – commenta Genni Fabrizio, di Tenda per la Pace – lo si deve ai migranti che hanno denunciato gli abusi e reso inagibile la struttura. Ora devono essere scarcerati, evadere da qui è legittima difesa». Sono le 16.35 quando il serpentone giunge infine dinnanzi al centro. Lo spiegamento di forze dell’ordine è imponente. I manifestanti collocano dei pannelli improvvisati sulla carreggiata: «Una mostra fotografica con tutte le nefandezze del Cie». Avrebbero voluto vergare la scritta “Mai più” sul cancello della struttura. “Tanto domani i leghisti lo cancellano”. Devono accontentarsi ancora del “muro della vergogna”, su cui la scritta “mai più” è riportata in tutte le lingue. Ma per francese e arabo, gli idiomi più parlati dai migranti, non sembra esserci spazio. Vogliono ultimare la scritta. «State difendendo l’indifendibile» gridano ai poliziotti. Dopo mezz’ora di trattativa gli agenti arretrano di cinque metri, la scritta è completata. L’ultimo atto è il lancio dei razzi contro il tetto del Cie: «Ce ne andiamo con la certezza che non esiste più». Oggi tocca alla Lega.

da Il Piccolo online 16 novembre 2013

 

“Mai più Cie”: in 400 sfilano a Gradisca

La  manifestazione si è svolta senza incidenti. Lanciati alcuni petardi sul tetto del centro immigrati

 

 

Messaggero Veneto online 16 novembre 2013

Cie di Gradisca, in 200 alla marcia di protesta

Cie di Gradisca, in 200
alla marcia di protesta

Il corteo è organizzato dalle associazioni che si battono contro le grandi opere e per la chiusura in tutta Italia di centri come questo
 
 

 

Servizio del TGRegionale 16 novembre 2013 ore 19.30 (minuto 5.30)

 

il Piccolo 16 novembre 2013

 

Dal corteo pacifista al presidio della Lega Alta tensione al Cie

Sabato e domenica manifestazioni contrapposte all’ex Polonio Polizia in allerta. Il sindaco di Gradisca: «Niente allarmi»

 

di Luigi Murciano

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GRADISCA. Le lunghe giornate del Cie. Due manifestazioni di segno opposto in 48 ore sono destinate a riaccendere i riflettori della politica nazionale sulla discussa struttura per immigrati di Gradisca, recentemente sospesa a tempo indeterminato dal Viminale. La prima mobilitazione, in programma questo pomeriggio, è indetta da un vasto spettro di movimenti antirazziste, associazioni pacifiste, rete no global, partiti politici. Obiettivo: una chiusura che da temporanea diventi definitiva.

Neanche 24 ore dopo, sarà invece la Lega Nord a manifestare davanti all’ex Polonio. «Diamo una pennellata di legalità» lo slogan scelto per chiedere – al contrario – non solo la riapertura del centro di identificazione ed espulsione, ma un suo rafforzamento. E allo scopo il Carroccio schiera molti big: certa la presenza dell’ex ministro Roberto Calderoli e del candidato alla segreteria nazionale Matteo Salvini, così come del capogruppo al Senato Massimo Bitonci e del parlamentare Massimiliano Fedriga. In extremis potrebbero giungere a Gradisca addirittura qualcuno dei governatori regionali targati Carroccio: Roberto Maroni, Roberto Cota e Luca Zaia. In poche ore si incroceranno dunque a Gradisca due modi molto diversi, inconciliabili, di intendere il fenomeno-immigrazione. Anche per questo è massima l’attenzione delle forze dell’ordine.

La protesta dei No Cie

Il corteo, che si ritroverà nel piazzale dei giardini di Gradisca alle 14.30 per poi percorrere viale Trieste e raggiungere il Cie, si inserisce in una mobilitazione più ampia a livello nazionale (“No Grandi Opere”), che al Nord avrà due fronti di protesta: la battaglia no-Tav in Val di Susa e, per l’appunto, il Cie di Gradisca. All’appello hanno aderito nomi noti della cultura e della politica – tra cui don Luigi Ciotti, Paolo Ferrero di Rifonfazione, lo scrittore Massimo Carlotto -, e associazioni come Tenda per la Pace, Legacoop, LasciateCientrare e tanti altri. Realtà che chiedono la non riapertura dei centri “azzerati” come quello di Gradisca e la soppressione di quelli ancora aperti; ma anche «la scarcerazione degli immigrati che ne hanno provocato la chiusura».

«L’inutile, costoso e disumano sistema-Cie sta collassando – si legge nell’appello dei movimenti -. Uno alla volta hanno chiuso Crotone, Bologna, Modena, Gradisca e ormai è chiuso anche Milano. Al governo chiediamo coraggio: prenda atto che i tempi bui della detenzione amministrativa e della violazione dei diritti umani sono finiti. E non devono tornare mai più».

Il presidio della Lega

«Chiudendo il Cie, lo Stato si è arreso ai violenti» è invece la tesi di partenza del Carroccio, che ieri ha presentato a Gorizia l’iniziativa in programma domenica. «È irresponsabile chi, come il ministro Kyenge, vuole rimettere in libertà persone in attesa di espulsione per avere commesso gravi reati. La sinistra – attaccano i padani – gioca sull’ambiguità confondendo i clandestini del Cie con i migranti del vicino centro d’accoglienza. La Bossi-Fini non va smantellata, casomai rafforzata per permettere allo Stato e alle forze dell’ordine, cui va la nostra solidarietà, di fare rispettare la legalità. Ma questo non basta. Ue e Onu non possono lasciare l’Italia da sola. Un ministro serio come Maroni – è stato affermato – aveva avviato accordi bilaterali con i Paesi d’origine e gli sbarchi si erano ridotti sensibilmente. Bisogna contrastare il fenomeno alla radice ed evitare stragi come quella di Lampedusa. Ma i delinquenti che hanno devastato il Cie sono un’altra cosa».

La posizione del sindaco

Il Comune formalmente non aderisce alla manifestazione odierna, pur sposandone i contenuti. «L’obiettivo è lo stesso: chiudere il Cie. Sono certo – spiega il sindaco Franco Tommasini – che il concetto sarà espresso in maniera assolutamente pacifica, come è sempre successo anche in passato».

16 novembre 2013

ISONTINO: volantino diffuso al concerto tributo a Leo Ferré

distribuito al concerto Il Cantore dell’immaginario – Omaggio a Leo Ferré

Casa Candussi-Pasiani, Biblioteca Comunale | piazza Garibaldi, Romans d’Isonzo (GO) 16 novembre 2013

A vent’anni dalla morte dell’artista e intellettuale francese Léo Ferré, l’associazione Liberatorio d’Arte “F. Zonch” vuole rendergli omaggio organizzando una serata nella quale Luigi Fulignot e Matteo Della Schiava interpreteranno alcuni suoi scritti, Alberto Blasizza ed ancora Matteo Della Schiava ne canteranno alcune canzoni nelle versioni italiane e a chiudere il cerchio il quartetto guidato dalla voce di Gabriella Gabrielli, Paolo Gregorig al saxofono, Gianpaolo Mrach alla fisarmonica e Giulio Scaramella al piano, proporrà alcuni brani di autori francesi vicini a Ferré come sensibilità artistica.

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Pressing a Roma per la Tav, sindaci contro la linea costiera

dal Messaggero Veneto del 17 novembre 2013

Pressing a Roma per la Tav,  sindaci contro la linea costiera

Il commissario Mainardi annuncia un incontro al ministero per evitare l’attuazione del progetto 2010. «È contestato da Regioni e Comuni, non è economicamente sostenibile e funzionale per il Nordest»

UDINE. Il tracciato costiero della Tav non è stato ancora scongiurato. Dopo le delibere delle due Regioni (Veneto e Fvg) che chiedono al ministero delle Infrastrutture di studiare un’alternativa, seguirà un pressing congiunto su Roma per far sì che «lo studio di fattibilità condiviso con i sindaci diventi il punto da cui ripartire con la progettazione. Se passa questa volontà il preliminare potrà essere ultimato in 6/8 mesi». Lo ha detto ieri il commissario dell’Av/Ac (alta velocità/alta capacità) Bortolo Mainardi ospite dei Lions club del distretto 108 Ta2 a Concordia Saggittaria. E sul tavolo del commissario anche un’altra richiesta: quella di inserire la linea Casarsa-Portograro, da elettrificare, nella progettazione dei corridoi europei.

La resistenza

Pungolato dal direttore del Messaggero Veneto, Omar Monestier, Mainardi ha spiegato che nel giro di qualche settimana ci sarà un incontro tecnico al ministero con i due presidenti di Regione – Debora Serracchiani e Luca Zaia – per cercare di far passare la richiesta, che parte dai territori, di un’alternativa. Fino ad allora il “pericolo” che si proceda con la realizzazione della Tav sulla costa (dopo Mestre toccherebbe Campalto, Camposile, La salute di Livenza, Portogruaro o San Michele per poi rientrare in affiancamento all’autostrada nel tratto friulano) non sarà scampato.

Le criticità

Secondo il commissario il progetto non può essere quello del 2010 perché è contestato in blocco dalle amministrazioni locali, perché non risponde alla logica che l’opera potrà avere a Nordest – di alta capacità e quindi di trasporto merci, non di trasporto persone – e perché non è economicamente sostenibile: «Parliamo di un costo di 44 milioni a chilometro, molto più alto di quello di altre tratte». E poi, come ha ammesso il commissario incalzato da Monestier, le tratte italiane precedenti non sono garantite (per ragioni di fondi e anche di accordi sui progetti) per non parlare di quel che c’è dopo Trieste: il vuoto. E i tempi? «I cantieri dovrebbero partire il prossimo anno per concludersi nel 2023 e sapete a che punto siamo».

La nuova idea

Da qui Mainardi è arrivato ad ipotizzare – ed è questa la via tracciata dallo studio di fattibilità – di lavorare sulla linea esistente e «preparare già la progettazione di un quadruplicamento da realizzare quando ci sarà la saturazione della linea esistente». Una saturazione che non avverrà nel medio termine perché già oggi intervenendo sulla rete esistente «possiamo, risolvendo alcuni nodi come quello di Latisana, arrivare a 200 chilometri orari». La politica in due fasi consentirebbe di risparmiare tempo e denaro: «Anche perché sono le ferrovie che rendono grandi i porti – ha proseguito il commissario – e Trieste e Venezia non possono reggere a lungo la concorrenza degli altri senza un supporto ferroviario». In quest’ottica il commissario invita a mantenere così l’impegno nel corridoio est-ovest e allo stesso tempo spinge la politica a puntare «sul corridoio Adriatico Baltico che si collega con l’Eurasian Bridge, la vera porta per i mercati asiatici».

Le altre linee

In questo contesto i sindaci di San Vito (Antonio Di Bisceglie) e Portogruaro (Antonio Bertoncello) hanno ribadito l’importanza di elettrificare la Casarsa-Portogruaro, linea sempre meno strategica per Rfi, e di farla rientrare nello sviluppo dei corridoi. Il sindaco di Pordenone, Claudio Pedrotti, ha invitato a ragionare sul potenziamento della logistica per rilanciare il manifatturiero valorizzando l’Interporto di Pordenone «assieme a Portogruaro. Possiamo farcela, però, se abbiamo anche un porto che funziona». Se ne parlerà il 29 novembre in un incontro aperto, a Portogruaro, con Debora Serracchiani e Renato Chisso.

Autority

Secondo Mainardi è urgente una regia, quella che lui chiama Autority per le infrastrutture almeno di livello regionale o interregionale perché, «se quattro concessionarie autostradali del Nordest incamerano 1 miliardo dai pedaggi di cui 410 milioni dal traffico pesante», bisogna capire se sono sostenibili investimenti “contemporanei” su opere quali la terza corsia e la Pedemontana veneta da un lato e sull’alta capacità dall’altro. Alla politica la risposta.

La catastrofe climatica avanza inesorabile

 

CLIMATE/ I SARDEGNA LA PIOGGIA DI SEI MESI IN 24 ORE

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Martedì 19 Novembre 2013 10:09

Mutamenti climatici + dissesto idrogeologico = catastrofe permanente

 

Corriere 19 novembre 2013

MALTEMPO

 

CLIMATE/ TOCCA AGLI USA

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Lunedì 18 Novembre 2013 23:51

Corriere 19 novembre

Usa sconvolti da decine di tornado    foto    "Forza distruttiva, 10 Stati a rischio" 

 

 

 

CLIMATE/ E’ INIZIATA LA CATASTROFE CLIMATICA

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Domenica 10 Novembre 2013 12:32

Il prima e il dopo

Repubblica 12 novembre

catastrofe

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CLIMATE/ INIZIA L’ERA DEI RIFUGIATI CLIMATICI

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Venerdì 04 Ottobre 2013 06:24

IN NUOVA ZELANDA

Chiede asilo come ‘rifugiato climatico’
Il suo atollo sparirà

corriere della sera 3 ottobre 2013

L’atollo Tarawa nell’arcipelago di Kiribati (Ap/Vogel)
L’atollo Tarawa nell’arcipelago di Kiribati (Ap/Vogel)

Se il livello del mare dovesse salire di un metro entro la fine del secolo, come si evince dalle recenti stime dell’IPCC, lo stato di Kiribati, composto da 32 atolli nel mezzo dell’Oceano Pacifico, potrebbe sparire. Se questo dovesse accadere le conseguenze sarebbero disastrose per i circa 100mila abitanti di Kiribati che, già da qualche anno, costretti ad affrontare anche un costante impoverimento, hanno iniziato a emigrare verso altre nazioni in cerca di migliori prospettive di vita. La Nuova Zelanda è una delle mete preferite dagli emigranti di Kiribati, ed è proprio qui che un 37enne nato su una delle isole di questa piccola nazione del Pacifico, del quale si conoscono solamente le iniziali, A.F., sta combattendo una personale e inedita battaglia legale. Giunto in Nuova Zelanda sei anni fa insieme alla moglie per cercare di migliorare le proprie condizioni di vita e trovare un lavoro, A.F., ha chiesto due volte di poter ottenere lo status di rifugiato per poter continuare a rimanere con la sua famiglia, ha anche tre figli nati in Nuova Zelanda, in territorio neozelandese. Richieste, purtroppo per lui, bocciate entrambe le volte perché, secondo le autorità di Auckland, l’uomo non avrebbe i requisiti per richiedere lo status di rifugiato in quanto non è scappato dal proprio Paese in seguito a persecuzioni, violenze, carestie o guerre.

«RICHIESTA INAMMISSIBILE» – A.F., infatti, ha giustificato la richiesta spiegando di essere stato costretto a fuggire dal suo paese a causa dei cambiamenti climatici i cui effetti, in primis l’innalzamento del livello del mare, metterebbero a rischio la vita della sua famiglia non permettendogli di tornare a Kiribati e vivere una vita sicura. Per la Nuova Zelanda, come detto, la richiesta risulta inammissibile, anche, se non soprattutto, perché le condizioni dell’uomo, come ha spiegato Bruce Barson, membro del Tribunale per l’Immigrazione di Auckland, all’Associated Press, sarebbero le stesse di tutti i suoi connazionali. Ma nonostante i due tentativi falliti l’uomo non si è dato per vinto e, insieme al suo avvocato, Michael Kidd, esperto di diritti umani, ha deciso di ricorrere in appello alla Corte Suprema.

SAREBBE UN PRECEDENTE – Nonostante le possibilità di vittoria per A.F. in questo braccio di ferro legale sembrino ridotte ai minimi termini, il suo caso inevitabilmente creerà un precedente e potrebbe essere solamente il primo di una lunga lista visto il peggioramento delle condizioni di vita di molte popolazioni a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. Basti ricordare che, secondo gli esperti, l’innalzamento del livello del mare potrebbe causare danni incalcolabili non solo in piccole isole e atolli poco abitati dell’Oceano Pacifico, ma anche in città costiere densamente abitate come Calcutta, in India, e Dakha, in Bangladesh.

TRASFERIMENTO IN MASSA ALLE FIJI – Per il momento a Kiribati si studiano possibili soluzioni per evitare di farsi trovare impreparati di fronte all’innalzamento del livello mare, il presidente Anote Tong ha proposto un trasferimento di massa alle isole Fiji e sta lavorando con il Giappone a un progetto per la costruzione di una vera e propria isola galleggiante. Nel frattempo il primo richiedente asilo a causa dei cambiamenti climatici è pronto a giocarsi le sue ultime carte: l’appuntamento è per il 16 ottobre davanti alla Corte Suprema di Auckland.

03 ottobre 2013

 

CLIMATE/ GLOBAL WARMING AL 95% (DI SICUREZZA) È COLPA DELL’UOMO

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Venerdì 27 Settembre 2013 18:46

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27 settembre Corriere

IL RAPPORTO ONU SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI: La colpa è da attribuire a cause umane con una sicurezza del 95%

Leggi tutto: CLIMATE/ Global Warming al 95% (di sicurezza) è colpa dell’uomo