Entries from Marzo 2017 ↓

PORDENONE CONTRO IL NUCLEARE E PER I BENI COMUNI

Foto dell’iniziativa
nonuke

SABATO 28 maggio
villanova PORDENONE

presso AREA POLISPORTIVA

di via Pirandello

CONCERTO NO NUKE

e per i Beni Comuni


dalle 16.00 aLLE 23.00 SUONERANNO

guarda il video promo

Contro la privatizzazione dell’Acqua

e di tutte le risorse primarie,

in solidarietà col popolo Mapuche

in lotta contro gli interessi dell’ ENEL,

per la socializzazione dei beni

comuni.

 

Malciki (rock ‘n’ roll da strada)
Muttleys (PUNK HC)
Furry Tales (ROCK)
Slang for Drunk (PUNK)
Matatu Express (FREE JAZZ)
Sagra del Tritono (PROGRESSIVE SPERIMENTALE)


si prosegue con Dj SET

ENTRATA LIBERA

BANCHETTI CON
DISTRIBUZIONE LIBRI E RIVISTE
REFERENDUM ACQUA E NUCLEARE
OFFERTA CIBO E BEVANDE
interventi liberi e mostre

per info e contatti: ilpn@autoproduzioni.net

UDINE/ Happening No Nuke sabato 4 giugno

lee-mi_pics_809

gohome

Udine Sabato 4 giugno

in Piazza XX Settembre

dalle 17.oo alle 21.oo

Suoni, eventi, interventi

contro i potenti

e i loro servi dementi

a cura di:

Centro Sociale Autogestito in esilio

Movimento Studentesco Udinese

Gruppo Ecologia Sociale

Continue reading →

NOTAV: foto e volantino del presidio a Trieste per la Val Susa

Una ventina di NOTAV ha partecipato al presidio di ieri in piazza Unità indetto dal Comitato NOTAV di Trieste e del Carso in solidarietà alla Val Susa in lotta.

Dopo il presidio un gruppetto si è spostato a volantinare fuori dal teatro Verdi dove si svolgeva un confronto pubblico fra i candidati per il Comune  e la Provincia, suscitando interesse e discussioni.

notav_260511

notav_260511-2

Questo il volantino distribuito.

 

 

DA TRIESTE ALLA

 

VALSUSA…

 

L’ALTA VELOCITA’ NON

 

PASSERA’!

 

Oggi siamo di nuovo in piazza per manifestare tutta la nostra solidarietà ai Comitati NOTAV che in ValSusa, proprio in questi giorni, si stanno nuovamente battendo contro la devastazione del proprio territorio.

Nonostante quello che dicono TV e giornali, il movimento NOTAV è ancora forte, radicato e determinato a impedire la costruzione di questa megaopera inutile, costosissima e devastante per l’ambiente.

Tutti gli studi fatti hanno dimostrato che in Italia la TAV non serve a migliorare i trasporti delle merci e delle persone.

Nonostante ciò, le lobby politico-affaristiche proseguono dritte per la propria strada per mangiarsi l’incredibile mole di denaro pubblico con cui verrà finanziata l’opera.

Nel frattempo le ferrovie esistenti continuano ad andare in rovina, i prezzi aumentano e i pendolari vedono peggiorare di giorno in giorno il servizio.

Anche da noi i progetti della tratta Ronchi-Trieste-Divaccia vanno avanti con gran dispendio di soldi pubblici.

Se venisse approvato il progetto, tutta la nostra provincia verrebbe devastata dai lavori per costruire decine e decine di km di gallerie.

Abbiamo già visto nel Mugello (in Toscana) le conseguenze dei lavori per le gallerie per l’alta velocità: decine di corsi d’acqua prosciugati, terreni dissestati e un generale degrado ambientale che in quella regione non ha precedenti e per cui sono già scattati processi per danni ambientali e le prime condanne.

Proprio perché non ci facciamo ingannare dalla propaganda di chi sostiene la TAV (fatta solo di slogan e false promesse, ma mai di dati reali e studi seri), abbiamo promosso in numerosi paesi del Carso ma anche in vari quartieri in città iniziative pubbliche per fa conoscere a tutti/e la situazione.

Siamo a fianco dei comitati NOTAV della Val Susa e di Torino perché la battaglia è la stessa: stesse le ragioni, stessa la voglia di lottare in prima persona, stessa la scelta di non rimanere in silenzio.

SOLIDARIETA’ AI VALSUSINI E AI TORINESI

 

IN LOTTA

 

Comitato NOTAV di Trieste e del Carso

Per contatti: notavtriestecarso@gmail.com

Per seguire le lotte in Piemonte: www.notav.eu

NOTAV: grande successo dell’assemblea a Visogliano-foto e report

Oltre un centinaio di persone ha partecipato ieri sera all’incontro informativo sulla TAV organizzato dal “Comitato Per Ceroglie”. Si trattava della prima iniziativa sul tema di questo comitato popolare che raccoglie abitanti di vari paesi di questa zona del Carso e che si batte anche contro il progetto di un elettrodotto della Terna. Il comitato è nato da poco ma già da alcune settimane bandiere NOTAV capeggiano fuori da numerose case della zona e anche in cima ad alcuni monti.

All’entrata della sala il comitato ha allestito un banchetto per una raccolta firme contro l’alta velocità,  la vendita di bandiere e adesivi NOTAV e volantinando materiali provenienti dai comitati NOTAV della Val Susa.

Le relazioni dei tre relatori (membri dei comitati NOTAV di Trieste e della Bassa Friulana) sono state seguite con molto interesse. Fra gli interventi durante il dibattito un’altro membro del Comitato NOTAV di Trieste e del Carso ha fatto un applauditissimo intervento di solidarietà alla Val Susa in lotta che dimostra come opporsi a questi mega-progetti è possibile. Unica nota stonata della serata l’intervento del sindaco uscente che ha fatto la parte del notav rivendicando i presunti meriti della sua amministrazione. Non è stato contestato ma di sicuro è stato l’intervento meno applaudito.

Una serata importante foriera di nuovi sviluppi per la lotta NOTAV in provincia di Trieste

Info-action reporter

ceroglie_270511

ceroglie270511-2

ceroglie_270511-3

NUCLEARE/ Molto interessante: Francia i precari dell’atomo

 

28 maggio 2011

 

Stanchezza e paura: i precari dell'atomo

Da il Corriere della Sera

LA DENUNCIA

Stanchezza e paura: i precari dell’atomo

Un libro racconta la vita dei giovani con contratto interinale cui è affidata gran parte della manutenzione delle centrali nucleari francesi

MILANO – Li chiamano in tanti modi: «nomadi del nucleare», «carne da neutroni». Affidano la propria vita alla tenuta stagna di tute soprannominate — con amara ironia — «Mururoa», l’atollo polinesiano devastato dagli esperimenti nucleari francesi. Vivono nell’angoscia di superare «il limite», i famigerati 20 millisievert di tolleranza annua, perdendo così il treno del prossimo contratto. Convergono su coordinate precise, come stormi di uccelli migratori, «per le tre o cinque settimane che dura un arresto periodico di reattore, con la sua manutenzione e la ricarica di combustibile», scrive Elisabeth Filhol in La centrale, fenomeno letterario del 2010 in una Francia che — ancor prima di Fukushima — si trova a fare i conti con le ombre lunghe delle 19 centrali disseminate sul suo territorio: 58 reattori, a fornire il 76,2% del fabbisogno nazionale.

RISCHIO COSTANTE – All’ombra delle torri cilindriche, con i loro pennacchi di fumo bianco, le roulotte e i motel dove si rintanano a smaltire stanchezza e paura i precari dell’atomo. Oltre ventimila interinali delle radiazioni, che — racconta a Libération José Andrade, tra i veterani della viande à radiations — si beccano «l’80 per cento delle dosi» che toccano a chi lavora nei reattori. Per loro, nessun monitoraggio nei laboratori specializzati dell’Edf (Electricité de France), gestore delle centrali: solo «normali» controlli del medico del lavoro. Precarietà sanitaria, precarietà contrattuale. «Le agenzie interinali spuntano attorno alle centrali come funghi, dopo mesi di ristrettezze ci si lascia conquistare dalla facilità: si entra e si firma». Uno stipendio tra i 1.200 e i 1.500 euro al mese, e il rischio costante di «raggiungere la dose». Come Yann, il protagonista del romanzo della Filhol, uscito in Italia (Fazi) proprio nel 25° anniversario della catastrofe di Cernobyl, e a un mese e mezzo dal disastro di Fukushima.

Elisabeth Fillol (Web)
Elisabeth Fillol (Web)
CHOC – «Ma il progetto è nato nel 2007 da un articolo pubblicato su un giornale locale, sul suicidio di tre lavoratori della centrale nucleare di Chinon sur la Loire. Abito a 60 chilometri da lì. Fino a quel momento, l’immagine che ne avevo era quella di un’industria ad alta tecnologia: persone iperspecializzate, ottime condizioni di lavoro». Elisabeth Filhol, classe ’65, analista finanziaria, occhialini da intellettuale e capelli dalla scriminatura rigorosa, per la sua opera prima è partita da qui, «dallo choc che ho avuto quando ho realizzato che per Edf il guadagno era diventato una priorità a scapito della sicurezza di uomini e installazioni». La questione, dice, «in Francia è stata molto poco affrontata dai media, nonostante sociologi e medici facciano suonare un campanello d’allarme da almeno 15 anni». Finché, nell’arco di pochi mesi, ecco arrivare nei cinema d’Oltralpe il documentario «R.A.S. — Nucléaire. Rien à signaler» (Nucleare. Niente da segnalare) di Alain de Halleux, e sugli scaffali delle librerie, il suo romanzo. PRECISIONE CHIRURGICA – Il pubblico ha scoperto così quello che la Filhol definisce «un universo parallelo, la vita da nomadi di coloro che lavorano nelle centrali, i legami di solidarietà che li uniscono, i rischi ai quali si espongono». Che, nel suo libro, sono descritti con precisione chirurgica: i 310 gradi che sono «la temperatura dell’acqua nel circuito primario», i 75 metri dei piloni del gruppo turboalternatore, i 45 centimetri di diametro della botola per entrare nel generatore, i 2-3 minuti del tempo massimo d’intervento. «Dagli anni Sessanta in poi, la questione del nucleare ci è stata sottratta dagli specialisti. Ci presentano le centrali come scatole nere delle quali è impossibile comprendere il funzionamento. Perfino i politici ne sono intimiditi. E noi, cittadini comuni, accettiamo la politica energetica che ci viene imposta. Riappropriarsi della tecnologia, farne una materia letteraria, è un passo che permette di fare nostra una questione che ci riguarda tutti», sostiene la Filhol.

SUBAPPALTI E RESPONSABILITA‘ – Ma c’è un’altra questione pubblica, altrettanto invisibile, che attraversa in filigrana tutto il romanzo: il precariato. «La maggior parte dei precari non sono invisibili, nel servizio pubblico li incrociamo tutti i giorni». Nel nucleare, però, è — era — diverso. «E nel caso specifico della manutenzione delle centrali, è un dato certo che il sistema dei subappalti favorisce la precarietà». Yann e i suoi compagni portano sulle spalle «il peso dell’obbligo di fare il proprio lavoro il meglio possibile in condizioni via via più degradate. E una delle conseguenze del sistema del subappalto “a cascata”, il vero scandalo, è che perfino in un’industria come il nucleare c’è un continuo trasferimento di responsabilità dall’alto al basso della piramide». Dopo Fukushima, tutto questo fa ancora più paura. «Il rischio di un incidente nucleare provocato da una catastrofe naturale è senza dubbio meno elevato qui che in Giappone, ma esiste. Un sisma, o una tempesta seguita da un’inondazione come nel caso della centrale di Blayais, sull’estuario della Gironda, nel 1999. Quel giorno abbiamo sfiorato la catastrofe. Ma non dimentichiamo che una delle prime cause di incidente è l’errore umano. E il modo in cui si gestisce oggi la manutenzione delle centrali aumenta considerevolmente il rischio».

Gabriela Jacomella
27 maggio 2011(ultima modifica: 28 maggio 2011)

NUCLEARE/ La Germania abbandona

Il Corriere 30 maggio 2011

 

La Germania dice addio al nucleare

La Germania dice addio al nucleare

13:56 ESTERI Le centrali verranno fermate tutte entro il 2022: gran parte dei reattori disattivati entro il 2011

———————————————

La Repubblica 30 maggio 2011

In Germania addio al nucleare
L’ultimo reattore spento nel 2022

Berlino è la prima potenza industriale a rinunciare del tutto all’atomo (video) che attualmente copre il 22% del suo fabbisogno energetico. Dei 17 impianti chiusi dopo Fukushima, 8 non saranno più riattivati

NOTAV: appello dalla Val Susa alla solidarietà

Questo è un appello di una compagna anarchica torinese impegnata, assieme a tanti altri compagn*, da sempre nel movimento NOTAV. Ci pare importante pubblicare il suo appello.

Cari compagni, care compagne,

questo è un appello. Un appello alla solidarietà, un appello alla lotta.
In quest’angolo di nord ovest si sta giocando una partita durissima, una
partita di libertà, che va ben al di là del treno ad alta velocità che
vogliono imporre, costi qual che costi.
Il Tav in Italia ha sostituito il sistema imploso con tangentopoli: tutti
hanno le mani in pasta, nessuno vuole farsi sfilare la torta da sotto il
naso.
Nella settimana appena trascorsa i No Tav hanno presidiato il territorio
giorno e notte, piazzando tende, erigendo barricate, cucinando insieme la
pasta, discutendo il da farsi. E aspettando. Aspettando che arrivi la
polizia a sgomberare tutti. In questa settimana i giornali si sono
scatenati. Chiaro lo scopo: criminalizzare e dividere.
Giovedì a Bussoleno si è svolta una grande assemblea popolare: il
movimento No Tav è deciso a resistere e fa appello a tutti perché vengano
a dare man forte alla Maddalena di Chiomonte.
Qui trovate il video dell’assemblea di giovedì:
http://www.ustream.tv/recorded/14975687
http://www.ustream.tv/recorded/14976323

Non possiamo sapere quando arriveranno, anche se abbiamo delle ipotesi. I
giorni e le notti a rischio sono quelle di domenica (dalla notte), lunedì
e martedì. Dopo, visto l’avvicinarsi del lungo fine settimana del due
giugno, pare improbabile.
Ieri industriale e politici hanno chiesto unanimi botte e sangue.
Bonino ha dichiarato esplicitamente che “non ci sono regole di ingaggio”.
In merito vi copio sotto il link ad un articolo di NuovaSocietà:
http://www.nuovasocieta.it/attualita/27076-tav-pronta-la-militarizzazione-della-val-di-susa.html

Chi può venga su a darci man forte. Se non potete venire fate iniziative
nelle vostre città e paesi.

Vi aspettiamo.

La fine del berlusconismo

 

BerlusKOni

 

K.O.

 

Continue reading →

NOTAV: la lunga attesa

Articolo che apparirà su Umanità Nova di questa settimana.


No Tav. La lunga attesa

Una lunga attesa. Tante notti ad aspettare l’attacco della polizia alla
Libera Repubblica della Maddalena, tante notti con un occhio aperto e uno
chiuso. Con la paura che prende ed accelera il cuore, qualcuno con il
timore per i propri figli adolescenti spensierati e giocosi tra una
barricata e una partita a carte. Altri pensano all’età non più verde e
agli acciacchi, altri ancora con negli occhi il gusto della sfida con i
potenti che vogliono rubare e devastare. Tutti decisi a resistere. A piè
fermo. Bugianen. Tutti consapevoli dell’importanza di non cedere un
centimetro agli invasori, ben sapendo che la lotta sarà lunga e si
misurerà alla distanza: tenere la Maddalena non è facile per nessuno.
Giorno dopo giorno, la comunità resistente, memore di Venaus, si è
raccolta nei boschi e lungo la strada: brevi assemblee e lunghe giornate
di lavoro, perché tutto fosse a posto, la barricata come la cucina da
campo, il cartello informativo come il comunicato stampa.

Barricate mobili e fandonie della stampa
Dal 24 al 30 maggio. La Libera Repubblica della Maddalena è nei boschi
della Val Clarea. Il punto di incontro è la casetta in muratura costruita
nell’area destinata al cantiere TAV. La casetta, tirata su da muratori No
Tav tra l’autunno e l’inverno, sorge su uno dei terreni comperati dai No
Tav con la campagna “acquista un posto in prima fila”. La Libera
Repubblica della Maddalena sta affondando radici solide nella terra che
gli uomini dello Stato vogliono devastare. Intorno al presidio Clarea di
ora in ora si moltiplicano le tende, il via vai è continuo. C’è chi porta
da mangiare, chi da bere, chi lavora per rinforzare le difese. Tanta
gente. Giovani, meno giovani ed anziani. Gente diversa per storia,
percorsi politici e sociali, modo di vestire e di parlare. Al Clarea si
mescolano le tante differenze che sono la ricchezza di un movimento, che
al momento giusto non ha né padri né padrini, un movimento che cammina
sulle proprie gambe. I ragazzi saltano qua e là, gustando il sapore di
avventura, tra la casa sull’albero e il pilone votivo – abusivo come tutto
qui - tirato su lungo il sentiero. Turi, anarchico e non violento, ha
deciso di digiunare per sette giorni. Niente cibo e niente parola, se non
in assemblea.
Dopo il fallito attacco delle forze del (dis)ordine statale della notte
tra domenica 22 e lunedì 23 maggio la stampa si è scatenata. Ogni pretesto
era buono.
I sassi lanciati in un’autostrada deserta, perché chiusa da ore dalle
forze del disordine, si sono moltiplicati di ora in ora. Prima erano 200
poi sono diventati 700.
I giornali hanno descritto la notte di resistenza alla Maddalena come
“attacco ad operai, automobilisti e polizia”. Nessuno ha notato
l’incongruenza di sassi che non hanno colpito nessuno, che non hanno fatto
male a nessuno.
Il Segretario della CISL Bonanni, ha annunciato una manifestazione in
difesa degli operai contro i facinorosi. Gli altri sindacati di stato, pur
tutti schierati con la lobby del Tav, si sono mostrati più prudenti: sanno
bene che le gite in Val Susa non portano troppa fortuna. Ne sanno qualcosa
i tanti politici piemontesi che negli anni hanno provato a fare comparsate
e all’ultimo hanno preferito dare forfait.
Bonanni e i suoi non si sono mai preoccupati degli operai che hanno
costruito le gallerie Tav nel Mugello: un morto per ciascuno degli 83
chilometri di tunnel della Bologna Firenze. Da che parte stanno lo sanno
tutti. La mossa di mandare avanti i mezzi delle ditte Martina e Italcoge
si fa più chiara: la speranza è dividere il movimento, opponendo gli
interessi di una zona schiacciata dalla crisi a quelli di chi difende il
territorio.
Un gioco sporco. Sporchissimo. Negli ultimi vent’anni i tagli nelle
ferrovie hanno tranciato via 95.000 posti di lavoro. Gli incidenti, le
carrozze spaccate e sporche, le linee soppresse sono lo specchio di scelte
che privilegiano il trasporto di lusso a quello per chi lavora e studia.
La tutela dell’ambiente, la sanità, la scuola potrebbero impiegare molta
più gente del Tav.
Poco importa: le menzogne, passando di bocca in bocca, di giornale in
giornale possono diventare verità di fede. Fortuna che sempre più gente
decide di aprire occhi e orecchie.

Dopo la notte di resistenza di lunedì 23 le le barricate erette lungo la
strada che porta al piazzale della Maddalena sono state smontate per
consentire ai vignaioli, ai turisti, ai ragazzi in gita di accedere ai
campi e all’area archeologica. I No Tav hanno piazzato un gazebo accanto
al ponte dopo la centrale Enel. Un piccolo presidio per accogliere ed
informare chi arrivava e per spiegare con gentile fermezza che poliziotti,
carabinieri e gente del Tav non erano graditi.
Naturalmente i carabinieri del capitano Mazzanti hanno preteso di passare:
i No Tav hanno detto no, mettendo un camper di traverso. Nel comunicato
scritto all’assemblea del 25 maggio si chiariva che “La Val Clarea è
un'area posta sotto tutela dal movimento No Tav che non accetta la
presenza di forze dell'ordine con il chiaro intento di guadagnare terreno
per poi installare il cantiere del tunnel geognostico.”
La digos ha fotografato e filmato tutto. Il giorno dopo il quotidiano La
Stampa scriveva di 15 anarcoinsurrezionalisti denunciati al “posto di
blocco”.

Giovedì 26 l’assemblea popolare al Polivalente di Bussoleno è di quelle
che restano nella memoria. Il teatro è stracolmo: tanti restano in piedi,
si accovacciano a terra, si affollano sul palco, ascoltano da fuori
tendendo l’orecchio.
Arriva per un breve intervento anche Plano, il presidente della Comunità
Montana, che pubblicamente si rimangia le parole del giorno prima alla
stampa, negando di aver mai chiesto compensazioni. I giravolta della
politica sono spesso veloci, velocissimi. Senza l’appoggio delle liste
civiche Plano può dire addio alla sua poltrona.
Tante anime ma idee chiare: la partita si gioca sui monti. Noi con la
forza delle nostre ragioni, gli uomini dello Stato armati di tutto punto.

Il giorno dopo, ormai è venerdì 27, si riuniscono politici ed
imprenditori, destra e sinistra e parlano chiaro. Faremo il cantiere costi
quel che costi. In una conferenza stampa indetta all’Unione Industriali
l’assessore regionale Bonino dice a chiare lettere “"Non c'è nessun limite
di ingaggio, quando si tratta di azioni che tutelano l'incolumità dei
cittadini. Noi siamo a fianco delle forze dell'ordine, sappiamo che il
lavoro che dovranno affrontare sarà complicato e che avranno anche fare
con agitatori di professione o persone addestrate alle tecniche di
guerriglia, che hanno scagliato sassi da 120 chili”. È il via libera per
la mattanza.

Sabato 28 nei boschi di Chiomonte e su al piazzale della Maddalena i
bambini giocano nel bosco, in cucina fervono i preparativi per la cena,
Heidi Giuliani ci racconta del luglio del 2001, quando un uomo dello Stato
sparò in faccia a suo figlio. C’è anche un operaio della Fincantieri che
porta la solidarietà dei lavoratori genovesi in lotta.

La notte tra il 29 e il 30 maggio pareva quella buona. Il prefetto avverte
la Comunità Montana, che istituisce un’unità di crisi a Bussoleno, con
distaccamento di amministratori No Tav alla Maddalena.
La risposta popolare è chiara e forte. Centinaia e centinaia di No Tav
accorrono all’appello: qualcuno, con i bambini, passa al pomeriggio,
tanti, i più, arrivano con il buio.
La cucina da campo va avanti tutta la notte, sfornando pasta, insalate,
frittate, dolci, caffé, the per tutta la notte.
Si fanno assemblee, si discute, si lavora, a gruppi la gente parla di
quello che ci aspetta.
La carta della paura, giocata da politici e imprenditori, non ha
funzionato. I più prudenti si sono comperati i caschi da lavoro con il
simbolo del treno crociato, altri ancora si sono portati quelli da
arrampicata, altri suggeriscono ad altri di coprirsi la testa con le mani.
Alcuni ricordano la notte di Venaus, quando le truppe dello Stato
sollevarono la barricata buttando giù quelli che ci stavano sopra.
Le barricate della Maddalena, perfezionate dai liberi tecnici No Tav, sono
sempre più belle.
Le ore passano, i lampeggianti blu non spezzano la magia della notte.
Una lunga nottata. All’alba tanti vanno filati dalla barricata al lavoro.

All’assemblea del giorno prima c’era anche un partigiano valsusino: un
uomo gracile dalla voce chiara: il filo rosso della gente che resiste si
allaccia, si stringe, diventa vincolo di lotta.
Oggi come allora in montagna non ci sono professionisti della politica, né
agitatori di professione, né persone addestrate alla guerriglia. Oggi come
allora ci sono gli anarchici e i comunisti, i cattolici e gli atei, ma
soprattutto c’è tanta gente che non vuole piegare la testa. La libertà non
ha prezzo.

Maria Matteo

CIE DI GRADISCA: anche i vigili urbani!

da Il Messaggero Veneto

 

La polizia municipale vigilerà anche sul Cie

Gradisca: quasi pronta la nuova sede che sarà più vicina ai centri d’accoglienza

Seganti: serve il massimo impegno per garantire la sicurezza dei cittadini

GRADISCA

Lavori in corso all’ex asilo di via Garibaldi. Ha preso il via l’operazione di restyling della struttura destinata a ospitare la nuova sede della polizia municipale e resa possibile dal contributo regionale di 50mila euro erogato nello scorso autunno dall’assessore alla Sicurezza della Regione, Federica Seganti.

L’opera prevede la ristrutturazione dei servizi igienici e dell’impiantistica, la manutenzione dei pavimenti e la riverniciatura delle pareti e si dovrebbe concludere nel giro di un paio di mesi, dando quindi la possibilità alla polizia municipale gradiscana di entrare nella nuova sede entro la fine dell’estate.

L’operazione è finalizzata a garantire alla polizia municipale una postazione più vicina alla struttura governativa Cie-Cara, vista la riconosciuta necessità di provvedimenti che garantiscano alla comunità una vita sociale tranquilla. «Il Centro di via Udine accoglie un elevato numero di extracomunitari, di cui alcuni in attesa di espulsione – ha affermato la Seganti –, ed è quindi indispensabile il massimo impegno per garantire ai cittadini la maggior sicurezza possibile, consentendo alle forze dell’ordine di attuare un costante lavoro di presidio».

Da ricordare, inoltre, il contributo di 150 mila euro concesso dalla Regione, sempre nell’ambito del pacchetto Seganti per la sicurezza cittadina, per il potenziamento dell’illuminazione pubblica nel cuore di Gradisca. La priorità sarà data alla spianata di piazza Unità, dove saranno collocati circa 35 dei 50 nuovi lampioni previsti dal progetto, una quindicina invece i nuovi punti luce in viale Regina Elena.

Per i vigili urbani di Gradisca, insomma, si avvicina il momento di rifare i bagagli: a fine estate si troveranno ad affrontare il secondo trasloco nel giro di un anno. Nel 2010, infatti, hanno dovuto lasciare, al pari della delegazione dell’Aci, gli uffici situati al piano terra di palazzo Torriani per fare posto al nuovo ingresso della Galleria d’arte moderna Luigi Spazzapan, inaugurata a metà ottobre.

La sede temporanea della municipale è attualmente situata al secondo piano del palazzo comunale, nei locali a fianco della sala consiliare. Da segnalare che l’ex asilo di via Garibaldi, per lunghi anni sede del circolo Zorutti, è destinato a ospitare in futuro anche l’ufficio dell’assistente sociale d’ambito “Alto Isontino”, sito al primo piano del palazzo municipale ma decisamente scomodo da raggiungere per la presenza di barriere architettoniche.

Giuseppe Pisano