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 Berlusconi sotto assedio: "Basta, dimissioni"

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NUCLEARE/ Francia bocciate 8 centrali; Germania la Siemens abbandona

Repubblica 19 settembre

 

Nucleare, in Francia bocciate 8 centrali
“Non rispondono ai criteri post-Fukushima”

BLOG. In tutto sono 18. Quasi la metà ammonite dall’Authority per la sicurezza: “Non in grado di specificare un piano in caso di terremoto”. Invocate oltre 200 azioni correttive

 

Nucleare, bocciate 8 centrali francesi

mappa-centrali-nucleari-francia

 

Quasi la metà delle centrali atomiche francesi non ha passato l’esame dell’Authority per la sicurezza nucleare nazionale. Sottoposti a nuovi controlli sulla base delle esigenze di sicurezza aggiornate dopo la catastrofe di Fukushima e quindi alla resistenza a terremoti e inondazioni, ben 8 impianti su 19  sono stati bocciati dalla Asn.

Fra gli aspetti insoddisfacenti dei siti di Golfech, Civaux, Cattenom, Flamanville, Penly, Gravelines, Saint-Alban e Le Blayais, secondo quanto riferito dal settimanale Le Journal du Dimanche, ci sono soprattutto quelli riguardanti la reazione ad ipotetiche catastrofi naturali, all’interruzione dell’alimentazione elettrica con conseguente blocco delle fonti di raffreddamento e la gestione di alcune situazioni di emergenza.

Il periodico francese pubblica anche il contenuto di una lettera datata 23 agosto e indirizzata dall’Asn al direttore della centrale di Cattenom, nell’est del paese. “Non siete stati in grado – si legge nella missiva – di specificare agli ispettori quale sarebbe il vostro piano d’azione post-sismico in seguito a scosse gravi”. Le ispezioni e i rapporti sono stati un complemento agli stress-test sulle centrali francesi stabiliti a livello di Unione Europea dopo la tragedia giapponese, che avevano dato risultati tranquillizzanti.

In tutto sarebbero oltre 200 le “azioni correttive” invocate dagli ispettori nelle 8 centrali inadeguate. Per il direttore della sicurezza dei reattori (in Francia sono 58 quelli in attività), Martial Jorel, “i rischi sismici non sono stati percepiti nel loro giusto valore in Francia, un paese in cui i movimenti tellurici sono poco frequenti”.

La rivelazione sulle carenze degli impianti francesi arriva nello stesso giorno in cui il colosso industriale tedesco Siemens annuncia la sua uscita definitiva dal settore dell’energia atomica. “Noi non saremo più coinvolti nella gestione totale della costruzione di centrali nucleari o nel loro finanziamento, questo capitolo è chiuso per noi”, ha dichiarato il presidente, Peter Loescher, in un’intervista al settimanale Der Spiegel. “In futuro – ha precisato – continueremo a consegnare parti convenzionali, come turbine a vapore. Ciò significa che ci limitiamo a tecnologie che non servono solo al nucleare, ma che si trovano anche nelle centrali a gas o a carbone”.

Loescher ha spiegato questo passo, in parte atteso dopo la pessima esperienza fatta dal gruppo con il nuovo impianto finlandese di Olkiluoto (strascichi giudiziari inclusi) e le difficolta a concludere un’intesa con i russi di Rosatom, con l’incidente di Fukushima e con “la posizione chiara presa dalla società e dal mondo politico in Germania”.

L’addio di un’impresa dell’importanza della Siemens al nucleare è infatti l’ultimo colpo alla credibilità di un effettivo rilancio dell’energia atomica su scala mondiale dopo l’annuncio dell’uscita dell’atomo di Giappone, Svizzera, Germania e dopo il referendum italiano.

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FERROVIE: pure Goliani da ragione ai NOTAV

Goliani è stato, prima di Comin, il portavoce di Rete Ferroviaria per il progetto TAV/TAC. Lo studio che ora ha presentato conferma esattamente quello che i comitati NOTAV e le associazioni ambientaliste dicono da sempre ovvero che non serve una nuova linea per potenziare e di molto il trasporto merci su rotaia.

Uno del comitato NOTAV di Trieste e del Carso

 

 

Il piccolo del 19/09/11

Porto, nuovo piano per ristrutturare la rete ferroviaria

Lo studio affidato dall’Istiee e Unicredit all’ingegner Goliani per movimentare 37 treni al giorno e 800mila teu all’anno

di Riccardo Coretti Una serie di interventi sulla rete ferroviaria in grado di movimentare nel Porto di Trieste fino a 1,4milioni di Teu, senza aspettare l’Alta capacità. Con diversi scenari finanziabili senza cifre astronomiche, uno studio sull’accessibilità ferroviaria – in vista del superporto Trieste-Monfalcone – spiega, in linea di massima, perché non servirebbero trent’anni di attesa per avere una rete ferroviaria adeguata a servizio dello scalo giuliano. Considerando che, per il momento, sarebbe un sogno superare i 400mila Teu all’anno, si può facilmente capire quanto sia interessante questo studio per un futuro a breve e medio termine. L’autore delle ipotesi descritte di seguito è qualcuno che di ferrovie se ne intende: l’ingegner Mario Goliani, già Direttore compartimentale infrastrutture per le Ferrovie dello Stato a Trieste, che ha operato per conto dell’Istiee (Istituto per lo Studio dei Trasporti nell’Integrazione Economica Europea), a sua volta incaricato da parte di Unicredit. Nello studio sono stati analizzati diversi scenari con interventi e capacità infrastrutturali in aumento progressivo, tenendo conto anche del porto di Monfalcone. Per quanto riguarda lo scalo triestino, mantenendo le linee esistenti ma con un funzionamento 24 ore su 24 e potenziando tutte le capacità per trasporto container, si potrebbero raggiungere i 37 treni al giorno per un massimo di 560.000 Teu all’anno. Utilizzando nuovi locomotori e carri merci di tipo più efficiente e con interventi sul sistema elettrico di alimentazione, i 37 treni al giorno potrebbero portare fino a 800.000 Teu all’anno. Con la ristrutturazione della stazione di Campo Marzio, nuove tecnologie di controllo sulla tratta Trieste-Monfalcone – Ronchi, per un costo di massima di 160 milioni (compresa Monfalcone), si potrebbero raggiungere i 57 treni al giorno e quasi 1,2 milioni di Teu l’anno. Questa ipotesi, sfruttando anche le stazioni di Aquilinia e Servola, sarebbe l’ideale per la piattaforma logistica, il Molo VIII e i traghetti in zona industriale. L’ultimo scenario ipotizza l’ampliamento degli impianti ferroviari presso Trieste e Monfalcone, con un costo di massima attorno ai 330 milioni di euro: Trieste arriverebbe a 68 treni al giorno per 1,44 milioni di Teu all’anno. Per lo studio sono stati dati per scontati gli interventi già programmati in Austria e in Slovenia, dove sono previsti il raddoppio della linea Capodistria-Divaca e il potenziamento della Divaca-Lubiana. In chiusura lo studio mette in evidenza che il traffico container manterrà una quota su gomma ed una di transhipment (nave su nave). Per questo motivo i valori degli scambi sarebbero, in assoluto, maggiori delle ipotesi. Va infine considerato, come conferma l’ingegner Goliani, che gli interventi ipotizzati sarebbero validi anche quando dovesse arrivare l’alta capacità.

AQUILA/ inizia il processo alla Commissione Grandi Rischi

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Terremoto, via al processo Grandi Rischi Sei imputati su sette non si presentano allAquila

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LAMPEDUSA/ Rivolta nel CIE

Lampedusa a fuoco il CIE, immigrati in fuga.

Lampedusa, brucia centro accoglienza -   foto   Sindaco: "E' guerra, reagiremo" -   audio   -  video

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E’ uscito “Il Fabbro Anarchico” autobiografia di Umberto Tommasini

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CIE/ Rivolta a Torino

CIE Torino: scappano in 22

Rivolta al Cie, agenti contusi scappano in 22, dieci arresti

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CRISI/ 85 arresti a New York

Wall Street is our Street

wallstreet

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Navi-Cie per immigrati

da Il Manifesto

 

Navi-Cie per immigrati

 

 

Li chiamano centri di raccolta galleggianti, ma non sono altro che prigioni in mezzo all’acqua. E’ l’ultima trovata del governo che piuttosto che smistare gli immigrati che si trovavano a Lampedusa nei varie Cie – con il rischio che qualcuno finisca magari anche al nord – preferisce ammassarli a bordo di tre navi nel porto di Palermo in attesa di rimpatriarli in Tunisia. Sorvegliati a vista da poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa, limitati nei movimenti e costretti dormire sulle sedie. «Vengono trattati come animali», racconta un uomo che ha il cognato a bordo di uno dei traghetti. Che ieri sera, per evitare possibili contestazioni da terra, sono stati addirittura fatti allontanare dalla banchina.
Spenti i riflettori su Lampedusa, l’ultimo atto della guerriglia che per due giorni ha sconvolto l’isola si gira in un porto di Palermo blindato per l’arrivo dei tunisini. Il molo di Santa Lucia è stato requisito dal Viminale per quindici giorni, e lì sono state fatte approdare la Moby Fantasy, l’Audacia e la Moby Vincent, le tre navi trasformate in Cie. Complessivamente a bordo ci sono 700 tunisini, ognuno dei quali è sorvegliato da due poliziotti. Vietato, per gli immigrati, anche solo mettere piede sul ponte. «Viste da fuori sembrano navi vuote», dice l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, uno dei legali che seguono gli immigrati, preoccupato per l’inconsueto stato di detenzione in cui si trovano i tunisini.
Le condizioni di vita a bordo sarebbero a dir poco pesanti. Ai tunisini sono stati sequestrati i cellulari per evitare ogni contatto con l’esterno, ma soprattutto per impedire che sappiano che verranno rimpatriati. Una preoccupazione inutile, visto che comunque quasi tutti hanno capito che non resteranno in Italia Ogni giorno, 100 di loro vengono presi e trasportarti all’aeroporto da dove vengono poi imbarcati sui voli per la Tunisia. «Di fatto si tratta di rimpatri di massa, esplicitamente vietati dall’articolo 4 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo», spiega Paleologo.
In attesa di essere rispediti nel loro paese, i tunisini restano prigionieri a bordo tenuti tutti insieme nei saloni delle navi, due bagni per 50 persone, le docce che non funzionano e costretti a dormire sulle sedie. Molti di loro porterebbero addosso ancora i segni della rivolta, ma a bordo non c’è nessuna assistenza medica. Il Viminale non permette infatti alle organizzazioni non governative o agli avvocati di salire sulle navi anche per parlare con gli immigrati.
Una situazione che preoccupa sotto molti aspetti: «Rinchiudere i migranti tunisini in una nave che è un ‘non luogo’. fuori da qualsiasi classificazione di legge e da ogni controllo giurisdizionale, significa tenerli prigionieri senza che un giudice ne abbia confermato la detenzione» accusa Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci. Dello stesso avviso anche Amnesty internatiornal, per la quale «siamo di fronte a un ulteriore esempio del ricorso alla detenzione con cui le autorità italiane trattano la gestione degli arrivi e dei flussi dei migranti». Protesta infine anche il sindacato di polizia Siulp, che individua nell’«assurdo, improduttivo e costoso trattenimento fino a 18 mesi nei Cie», una delle cause delle rivolte degli immigrati.
Intanto sempre ieri un’altra contestazione si è avuta a Linosa, dove un gruppo di 98 tunisini si è rifiutato di imbarcarsi su due motovedette per paura di essere rimpatriato chiedendo di poter salire sul traghetto diretto a Porto Empedocle. La protesta è andata avanti fino a sera, quando agli immigrati è stato consentito di salire sul traghetto.

 


da ansa.it

Lampedusa: ancora in porto a Palermo due navi con migranti

Provengono da centro accoglienza distrutto da incendio


(ANSA) – PALERMO, 26 SET – Sono ancora nel porto di Palermo nella zona della Fincantieri, le navi ‘Vincent’ e ‘Audacia’ con circa 340 tunisini a bordo. Duecento migranti sono nella Vincent, il resto nell’altra imbarcazione. Provengono tutti dal centro di accoglienza di Lampedusa distrutto nei giorni scorsi da un incendio. Nella tarda serata di sabato aveva invece tolto gli ormeggi la Moby Fantasy, con a bordo oltre 220 migranti da trasferire nel centro di prima accoglienza (Cpsa) di Elmas, vicino all’aeroporto di Cagliari. (ANSA).

RISORSE/ 27 settembre: Earth Overshoot Day 2011

27 settembre: il giorno del “superamento” per il 2011

superamento

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