Entries from Marzo 2017 ↓
Marzo 17th, 2017 — Disastri vari, General
Rassegna stampa del piccolo del 1-2-3 aprile.
Notare le vergognose parte che abbiamo evindenziato in grassetto.
Sarà aperta una seconda strada sul versante di Bottazzo per i camion che lavorano alla Capodistria-Divaccia. Anche un elettrodotto
di Gabriella Ziani Violata, come tutti convengono, nella parte bassa dove corre il torrente, la pregiata Val Rosandra sta per essere aggredita dall’alto, nel punto di tangenza con la Slovenia. Ormai si muove, e decisamente in fretta, e proprio da quelle parti, il megaprogetto che fa parte della linea ferroviaria veloce comunemente nota come “Trieste-Divaccia” (prosecuzione a Nord-Est della contestatissima Tav in Val di Susa). La Slovenia, rallentata nel progetto maggiore per difficoltà procedurali interne, intanto si concentra attivamente sul raddoppio ferroviario Capodistria-Divaccia, altrettanto finanziato dalla Ue. In questo senso potrebbero essere abbastanza fatti interni (a prescindere dalle conseguenze che ciò avrà per il porto di Trieste) se non fosse che un pezzo di questo tracciato non solo sfiora, ma tocca fisicamente con cantieri e modifiche sul terreno proprio la Val Rosandra, l’area nei pressi di Botazzo, partendo dalla cittadina di Beka, non distante da Erpelle-Cosina, i Comuni dove, quando c’erano i confini, si svolgeva la manifestazione “Confini aperti” con San Dorligo della Valle. E dove una volta correva l’antica ferrovia austro-ungarica. Domani alle 19.30, nella cittadina di Gabrovica, si terrà la pubblica presentazione del progetto. Nello specifico saranno sottoposti alla obbligatoria valutazione pubblica due recenti modifiche introdotte: «Per il superamento della Val Rosandra, anziché i previsti terrapieni, è stata trovata una miglior soluzione, verranno costruiti dei ponti». La soluzione viene spiegata con la necessità indotta «dal quadro giuridico», «dalla tutela naturalistica». Non è l’unica novità. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradetta, nei progetti indicata come “T2a1”. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori, denominata “T-1c”. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della valle. Per alimentare il rinforzo della ferrovia tra Capodistria e Divaccia verrà anche realizzato, si dice, un nuovo elettrodotto. Il procedimento autorizzativo è alle ultime battute. In sede di Piano regolatore nazionale e secondo le leggi della Slovenia, il periodo per completare l’iter di illustrazione dei piani, e il tempo delle osservazioni che i cittadini possono depositare, è compreso tra il 26 marzo e il 26 aprile. Sempre domani analoga presentazione si svolgerà a Lokev alle 17, per la parte di progetto che riguarda il tratto Sesana-Divaccia. Entro la fine del mese dovrà essere completata la fase delle pubbliche illustrazioni, che coinvolgono i Comuni di Erpelle, Cosina, Sesana, Capodistria e, naturalmente, Divaccia, dove la stazione subirà un ampliamento. I risultati dovranno confluire al ministero delle Infrastrutture per la pianificazione territoriale e alla Direzione nazionale delle Ferrovie. Il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia sarebbe dovuto partire già nel 2010, ma è stato rallentato dai processi di alienazione dei terreni interessati, senza aver concluso i quali la Direzione nazionale per gli investimenti nelle infrastrutture ferroviarie di Lubiana non poteva ottenere le licenze edilizie. L’aumento del traffico previsto con questa mega-operazione (che precede, e si aggiunge alla vera Tav transfrontaliera per la quale vi sono ancora accordi nazionali da firmare anche con la Regione) è di 82 treni al giorno. È stato calcolato che il porto di Capodistria potrà spedire su rotaia 14 milioni di tonnellate di merci all’anno, al posto delle attuali 9. Per questa tratta l’Unione europea ha finanziato la Slovenia con 68 milioni di euro per l’ammodernamento di 26,4 chilometri di linea, e con 230 milioni per il suo raddoppio. Non resta che vedere che cosa accadrà davvero nel punto di contatto con la Val Rosandra, già “graziata” da un precedente e invasivo disegno della Tav, ma non immune da strade, e addirittura ponti, che sono la novità del giorno rispetto alle cose note. Una novità che arriva a ridosso dello “shock” per la deforestazione.
Val Rosandra, giù le mani Una marcia e 1600 firme
di Claudio Ernè Per salvare la Val Rosandra ed evitare che lo scempio ambientale prosegua, deve essere posta sotto sequestro preventivo l’area devastata dall’intervento demolitore dei “volontari” della Protezione civile. È questo il punto nodale del documento che ieri è stato firmato da 1600 persone radunatesi nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio attorno al ponte di legno, posto a qualche centinaio di metri di distanza dal rifugio Premuda. Nelle prossime ore questo documento sarà presentato all’ufficio ricezione atti della Procura della Repubblica di Trieste e assumerà la forma di esposto-denuncia. In altri termini un magistrato dovrà verificare l’eventuale violazione dell’articolo 734 del Codice penale che punisce chi deturpa o distrugge bellezze naturali. Per evitare altri “interventi” all’interno della Val Rosandra, già fissati per le prossime settimane, i firmatari del documento chiedono che l’intera area sia sequestrata in attesa delle necessarie verifiche. Una seconda copia dell’esposto verrà inviata alla Commissione della Comunità europea a Bruxelles perché valuti se è stato violato il regime di tutela a cui è sottoposta l’intera valle e in dettaglio la zona coinvolta otto giorni fa dall’operazione “pulizia” autorizzata dal vicepresidente della Regione ed assessore regionale alla Protezione civile. A Luca Ciriani, eletto nelle liste del Popolo della Libertà, aveva inviato una lettera di ringraziamento anche il sindaco di San Dorligo Fulvia Premolin, appartenente allo schieramento opposto, salvo poi compiere di fronte alla protesta montante una maldestra piroetta nel tentativo di smarcarsi. Ieri un esponente della “Comunella“ di Bagnoli ha affermato al microfono, durante la manifestazione, che con un gruppo di altri abitanti della zona si era offerto di rimuovere gratuitamente le ramaglie dall’alveo del torrente Rosandra. Sono stati invece preferiti gli uomini della Protezione civile e chi voleva verificare cosa stessero facendo non ha potuto assistere ai lavori conclusisi con l’abbattimento di decine e decine di alberi di alto fusto, perché le vie d’accesso all’area erano presidiate dai carabinieri. Anche ieri la strada per raggiungere prima il rifugio Premuda e poi il ponte di legno è stata presidiata dai militari dell’Arma che avevano istituito con tre automobili blu tre punti di “osservazione”. Tra i manifestanti si sono mischiati anche alcuni investigatori in borghese della Digos perché la Questura riteneva possibile o probabile la presenza di militanti No Tav che avrebbero cercato di egemonizzare la protesta con un loro striscione. Non solo non è accaduto nulla, ma nessuno ha steso striscioni o si è palesato come un contestatore “formato Val di Susa”. Nell’area indicata come punto nodale della manifestazione si sono visti tanti giovani, famiglie con bambini, appassionati di montagna e di speleologia, anziani tra cui uno aiutato nei suoi movimenti da un paio di stampelle, amanti degli animali con decine e decine di cani di tutte le taglie al guinzaglio, un asinello, parecchi appassionati di mountain bike e centinaia di macchine fotografiche. La manifestazione si è svolta non solo pacificamente, ma ha costituito anche un preciso punto di scambio di informazioni su altre imprese realizzate dalla Protezione civile regionale. È stato citato pubblicamente un altro intervento demolitore in Comune di Varmo e un altro ancora nei pressi di Lignano dove lo “spianamento” del terreno ha distrutto un sito di nidificazione delle garzette. La forte bora a tratti ha disperso la voce di chi è intervenuto al microfono, ma ha anche sollevato ripetute nuvole di polvere che hanno disturbato non poco i partecipanti alla protesta. «È già iniziata l’erosione del terreno innescata dalla cosiddetta operazione di pulizia dell’alveo» ha spiegato il professor Livio Poldini che alla “valle” e alla botanica ha dedicato la sua vita di ricercatore. «Non si possono mandare 200 uomini a tagliare tutto. Sono spaurito e mi riempio di furore freddo. Quanta ignoranza. La vegetazione naturale non è qualcosa di sporco che deve essere rimosso. C’è una connessione profonda tra vegetazione e complessità geologica. Non si può definire con tanta supponenza che la vegetazione rappresenta una perturbazione delle rive del torrente. Al contrario rappresenta la migliore protezione contro le esondazioni perché gli alberi rallentano le acque. Una volta tagliati, il torrente prende velocità e innesca l’erosione. Anche le raffiche di bora stanno rimuovendo la parte più sottile del terreno. Ci vorranno 50 anni perchè tutto ritorni come prima…»
01/04/12
La protesta sul web: gran senso civico e responsabilità, con un tono pacato
di FEDERICA MANZON Sabato 24 marzo, io ero a Milano. C’era il cielo azzurro di primavera che difficilmente si vede in città. Pedalavo alla ricerca di un po’ di verde, pensando a quello che avrei fatto a Trieste: sarei andata ad arrampicare o a camminare lungo la vecchia ferrovia. Mentre pensavo al verde del Carso, alla luce che parte dal mare e rimbalza tra le foglie, mi ha telefonato un amico. Era ad arrampicare appena sotto la Vedetta di Moccò: «Ciò, qua i sta fazendo un casin, xe pien de camion, ruspe, e i sta disbratando tuto!». Non ho capito subito, ho pensato a comuni lavori di cura boschiva, quelli che in un primo momento sembrano amputare violentemente e invece dopo restituiscono una natura pulita e più rigogliosa. Ma la sera, a casa, ho aperto Facebook e ho capito che qualcosa non andava. Sulle pagine di molti amici c’erano foto che mostravano la Val Rosandra prima dell’intervento della Protezione civile e dopo: sembrava un paesaggio di guerra, devastato dal passaggio di carri armati, nudo e riarso. Ho cercato informazioni nei giornali, nelle notizie dell’ultima ora. Niente. Ero a Milano e faticavo a credere a quelle foto: non mostravano la valle che ricordavo, con le sue fronde che fanno il fresco in estate e i rami cui aggrapparsi scendendo dai sentieri più in alto. Ma su internet l’allarme esplodeva. Io ero lontana, non avevo modo di verificare quello che leggevo, dovevo fidarmi di internet? Non si trattava di un allarmismo eccessivo? Magari di una strumentalizzazione? Come fare ad avere informazioni attendibili? Forse il giorno dopo tutto si sarebbe sgonfiato… E invece i giorni successivi, mentre dalle fila della politica non volava una mosca, sul web cresceva la qualità delle informazioni. Gli stessi utenti badavano a fare da filtro e isolare i facinorosi che semplicemente cercavano visibilità su internet, in molti si mobilitavano a raccogliere informazioni e condividerle: testimonianze di chi c’era andato, video, pareri di esperti forestali e botanici, recupero di decreti legge. Chiunque avesse una competenza specifica la metteva a disposizione. E così, anch’io che stavo lontano ho cominciato a farmi un’idea di come erano andate le cose: da chi erano stati autorizzati i lavori, di chi era stato il coordinamento logistico, qual era la flora della zona, gli altri casi simili… In grande ritardo sono poi arrivate le dichiarazioni politiche e le cautele, ma ormai l’informazione organizzata su web aveva segnato il passo: aveva dimostrato di essere non solo più rapida, ma inaspettatamente anche più approfondita, più matura, più responsabile. In una parola: attendibile. E anche quando dalle pagine virtuali è partita l’idea della manifestazione, subito il tono è stato costruttivo e civile. Se oggi in valle non ci saranno bandiere di partito né slogan opportunistici che assimilano il caso Rosandra alla questione No Tav, lo si dovrà ai continui appelli su Facebook da parte dei partecipanti. Se per una volta, e proprio in Val Rosandra-Dolina-Glinšcice, non ci si dividerà in recriminazioni italo-slovene, lo si dovrà alla calma e la diplomazia dispiegata in rete. Se oggi non risuoneranno urla e tamburi, ringrazieremo chi in rete ha ricordato che non dobbiamo spaventare i pochi animali rimasti, la natura già privata e violentata. Queste prove di senso civico non sono venute dalle parole di politici né dalle associazioni ambientaliste, ma da singoli cittadini sul internet. Ieri sono arrivata a Trieste e anch’io, come molti, sono salita a Moccò per vedere il disastro. All’inizio del sentiero un cartello ammoniva tristemente “Parco Naturale della Val Rosandra”, comportatevi bene. Ho guardato dall’alto: il Sentiero dell’amicizia che porta fino in Slovenia ora si apre con uno squarcio, una ferita che denuncia tutta l’ignoranza di chi l’ha compiuta. Il terreno è brullo e triste, difficile non immaginarlo cedere alla prima pioggia e trascinare nel fiume i suoi detriti, senza più le radici a trattenerlo, ma questa è materia per esperti. Io guardo la valle dove mille volte sono stata felice e posso solo pensare che al momento la ferita è profonda ma limitata, la natura aiutata con nuovi innesti si riprenderà. Ma un pericolo più grande la minaccia e non ci sono più scuse, bisogna vigilare affinché il 14 e 15 aprile quella ferita non diventi mortale.
Val Rosandra, San Dorligo ringrazia Ciriani
La protesta corre sul Web. Stando al numero di contatti, migliaia di triestini indignati dovrebbero oggi radunarsi in val Rosandra per “soccorrere” un posto a loro caro. E’ da prevedere una fiumana di gente: ambientalisti, escursionisti, curiosi, persone di tutte le età e di tutti i ceti, amanti della natura che in passato avevano sempre trovato conforto tra quegli alberi tagliati. L’appuntamento è per mezzogiorno sul ponte di legno (ma non ci staranno tutti) ma il pellegrinaggio nella valle violata comincerà già dalle prime ore del mattino e finirà a tarda sera. Il rifugio Premuda sarà preso d’assalto dai “gitanti solidali”. A Bagnoli prevedibili anche problemi di viabilità. Non è invitata la Protezione civile…. Ma il popolo del web, contrariamente a quanto asserisce l’assessore regionale Ciriani, non intende essere strumentalizzato. Il comitato no Tav e i gruppi antagonisti stanno tentando di impossessarsi in qualche modo di questa pacifica protesta che invece non ha bisogno di sponsor. E’ nata in maniera spontanea e nello stesso modo continua a perpetuarsi. Sonop ormai centinaia le segnalazioni giunte al giornale o diffuse direttamente dai vari social network a conferma di un evento che, per quanto nefasto, ha saputo raccogliere e convogliare verso l’informazione globale un numero incredibile di persone, che hanno “postato” amarezza ma anche ricordi di quello che era e non sarà mai più. TRIESTE Una mail inviata dal sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin all’assessore regionale all’Ambiente Luca Ciriani per ringraziare la Protezione civile dell’operato svolto in Val Rosandra lo scorso weekend. Sviluppo decisamente inatteso nella vicenda della devastazione ambientale commessa ai danni dell’entrata della riserva naturale da parte di oltre 200 volontari della Protezione civile provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia. All’indomani dei lavori che hanno reso l’area un vero e proprio campo di guerra è emerso che il primo cittadino di Dolina, in ferie in Austria durante quei giorni, ha fatto inviare dal Comune una mail per ringraziare l’assessore Ciriani del lavoro svolto. «La lettera di ringraziamento l’ho scritta senza aver visto l’intervento. Ero via in quei giorni. Mi sono fidata del mio vicesindaco» ammette il sindaco. «Fa parte della mia educazione, ringrazione per un intervento effettuato» dice ora, anche se di quei ringraziamente non più così convinta dopo diversi sopralluoghi fatti. «Faremo i nostri rilievi e li invieremo a chi di dovere. Non mi sottraggo alle proteste e alle critiche. Voglio capire. Qualche perplessità ce l’ho anch’io». Altre fonti all’interno del Municipio, però, escludono a priori una causa contro la Protezione civile anche perché sono in molti all’interno dell’amministrazione Premolin a difendere la devastazione svolta in Val Rosandra. E lo stesso asssessore Ciriani non deflette dalla linea della fermezza che difende a spada tratta l’intervento. Accusa, in una nota, «gli ambientalisti che guardano più alla politica che al territorio», ricorda che «quando il torrente esonda, la popolazione è minacciata: le case sono minacciate, e anche la zona industriale a valle subisce dei rischi». Sottolinea che «abbiamo rispettato le leggi e tolto gli alberi da dove non dovevano esserci, anche se stavano lì da quarant’anni» e invita i cittadini «a comprendere la differenza tra populismo e necessità di agire». Va a finire che, miele alle api, il Comune viene indicato come unico responsabile dello scempio dai triestini del Pdl. ««L’assassino della storia non è Ciriani – rivela il consigliere regionale Piero Camber – ma il Comune di San Dorligo che la ha richiesto l’intervento e ha lasciato fare. Incomprensibile». «Ciriani non ha colpe – incalza Piero Tononi, consigliere regionale e vicecoordinatore provinciale del Pdl – è di Azzano Decino, cosa può sapere della Val Rosandra». La colpa? È tutta di Antonio Ghersinich, vicesindaco di San Dorligo della Valle. «Omessa vigilanza – spiega Tononi -. Il vicesindaco, che conosce il territorio, va a vedere i lavori e non si accorge di nulla. A me sembra allucinante che abbia avvallato l’intervento. Una cosa lunare».
04 aprile 2012
Serracchiani (Pd): l’Italia va coinvolta altrimenti porteremo il caso alla Ue. E Bandelli attacca Ciriani
«La Slovenia dia chiare informazioni e garanzie sull’impatto ambientale della Capodistria-Divaccia». Lo chiede l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani in merito alla realizzazione della ferrovia veloce che in territorio sloveno dovrà collegare il porto di Capodistria allo snodo di Divaccia, toccando l’adiacente Val Rosandra. Tra Beka e Val Rosandra esiste già una stradina. Accanto a questa ne verrà aperta un’altra, temporanea e di collegamento, che assicuri l’accesso ai terreni interessati dai lavori. Una strada che evidentemente correrà sul ciglione della valle.
Secondo Serracchiani «sono legittime le preoccupazioni sulle ripercussioni sul delicato habitat carsico della Val Rosandra e sarebbe davvero stupefacente se ora da parte slovena si procedesse con interventi che dalle prime notizie sembrano altamente invasivi, dopo che da parte italiana abbiamo evitato che il tracciato della ferrovia toccasse quell’area». Precisando che «non possiamo adattarci alla logica perdente dei veti incrociati», Serracchiani definisce «non accettabile che la Slovenia segua una procedura che esclude dall’informazione e dalla partecipazione un territorio transfrontaliero. In mancanza di un coinvolgimento adeguato – conclude – saremo costretti a portare il caso di fronte alla Commissione europea».
Intanto, sull’intervento di pulizia promosso dall’assessorato regionale all’ambiente e protezione civile, interviene il leader di Un’Altra Trieste Franco Bamdelli: «L’assessore regionale Luca Ciriani – dice – avrebbe fatto meglio a scegliersi altri “avvocati” piuttosto che la sgangherata pattuglia di consiglieri regionali triestini del Pdl, che con le loro parole aggravano la posizione di questo assessore all’ambiente che ci auguriamo ormai pro tempore. Il Pdl triestino – sottolinea Bandelli – nel meschino tentativo di scaricare le responsabilità sul vicesindaco del Comune di San Dorligo, sul cui ruolo c’è molto da capire, finisce per sconfessare definitivamente Ciriani, che nonostante l’evidenza dello scempio commesso si ostina a difendere la bontà» dell’intervento. Bandelli definisce «ridicolo che il consigliere Piero Tononi accusi il Comune di San Dorligo di omessa vigilanza, quando con tanto di foto di gruppo da gita scolastica, numerose immagini testimoniano la presenza di Ciriani e la condivisione di quanto stava accadendo». «Spero che in Consiglio regionale – prosegue Bandelli – fiocchino mozioni di sfiducia verso l’operato di un assessore che l’ha combinata grossa e che con le sue parole, dimostra la sua mancanza di rispetto verso Trieste e i suoi cittadini: prima attaccando il Consiglio comunale in occasione del voto contrario al rigassificatore, oggi accusando i cittadini di strumentalizzazione di fronte alle loro legittime proteste per la devastazione della Val Rosandra».
07 aprile 2012
Presentata la Capodistria-Divaccia. Il Wwf a Regione e ministeri: serve la valutazione transfrontaliera
di Corrado Barbacini
Val Rosandra, lato sloveno. Raddoppio della ferrovia Capodistria-Divaccia. L’altro giorno nella cittadina di Gabrovica è stato presentato il progetto relativo a quest’area sensibile, che crea timori anche per il lato italiano della valle, appena violata dal taglio di alberi ora sotto inchiesta. I progettisti hanno annunciato che nella parte alta della valle, dove è prevista una strada temporanea di collegamento al servizio dei cantieri, si è deciso di costruire due ponti al posto di una impattante diga, ipotesi che ormai è stata esplicitamente esclusa.
Il tracciato, è stato detto, sarà di 28 chilometri di cui 21 in galleria, costerà 1,3 miliardi di euro e richiederà 6 anni per essere completata. Il punto più vicino di tangenza con la parte italiana è nei pressi di Bottazzo.
Nei giorni scorsi Debora Serracchiani, europarlamentare Pd, ha chiesto di vedere i progetti. Adesso è il Wwf a entrare in campo: «Sulla nuova linea ferroviaria Capodistria Divaccia è necessaria una Valutazione d’impatto ambientale transfrontaliera (Via): anche gli enti e i cittadini italiani devono poter esprimere il proprio parere sul progetto, e sul modo per evitare che arrechino danni irreversibili all’ambiente e al paesaggio».
La richiesta, firmata dal presidente regionale Roberto Pizzutti, è stata inviata alla Regione, al ministero per l’Ambiente sloveno, per conoscenza al sindaco di San Dorligo-Dolina, e naturalmente al ministero dell’Ambiente, dove il ministro Corrado Clini, già sollecitato sui fatti della Val Rosandra, ma in questi giorni all’estero, è in procinto di occuparsi del tema, anche perché destinatario di interrogazioni parlamentari sulla contestata pulizia dell’alveo del torrente.
Il Wwf ricorda che la Val Rosandra è dal 1996 riserva naturale regionale, ma fa anche parte del Sito di importanza comunitaria “Carso triestino e goriziano” e della Zona di protezione speciale “Aree carsiche della Venezia Giulia”. «Da qui – afferma la nota – l’obbligo di sottoporre le opere, che potenzialmente potrebbero arrecare danno alle specie e agli habitat tutelati, a un’approfondita valutazione, che tenga conto dell’impatto che i lavori possono avere sul paesaggio, sul regime delle acque, anche per l’inquinamento prodotto dai mezzi di cantiere e lo smaltimento dei materiali scavati, impatti che interesserebbero anche il territorio italiano. Giustamente – conclude il Wwf – la Slovenia ha chiesto di partecipare alla “Via” sul rigassificatore e non solo, ora è l’Italia che deve potersi esprimere sul raddoppio della ferrovia slovena. Confidiamo nel governo, nella Regione e anche nel Comune di San Dorligo». (g. z.)
Marzo 17th, 2017 — Auto-organizzazione, General
SABATO 7 aprile – ORE 17.00
P.tta CAVOUR – PORDENONE
UN ALTRO GOVERNO CONTRO LAVORATORI, STUDENTI,
PENSIONATI e che fomenta la GUERRA FRA POVERI
THE SHOW MUST GO OFF
[spettacolo annullato]
SIT IN con banchetto, sound system e interventi al microfono
contro l’affossamento dell’art. 18
il decentramento del CCNL
la regola del 33% nelle rsu
per una vera democrazia sindacale
per l’autorganizzazione delle lotte
Iniziativa Libertaria
ilpn (chiocciola) autoproduzioni.net
Marzo 17th, 2017 — Disastri vari, General
Questo articolo apparirà su Umanità nova di questa settimana.
La protezione civile devasta una riserva naturale
Peggio di Attila
La Val Rosandra è una piccola, stupenda valle che si insinua fra la città di Trieste e le colline del Carso. Dal 1996 è una riserva naturale, habitat di moltissime specie animali e vegetali e luogo di riposo per i cittadini stanchi e stressati dal lavoro quotidiano, che qui, a pochi chilometri dalla città, possono riposarsi e ritrovare per un giorno quell’equilibrio con la natura che durante la settimana feriale è compromesso dal cemento, dall’asfalto e dal lavoro di tutti i giorni. E’ un luogo ancora in parte selvaggio. In alcuni punti il bosco è fitto e il torrente Rosandra scorre veloce fra gli ontani e i pioppi. Un luogo magnifico. Qui il 24 marzo è stato compiuto un vero e proprio scempio: circa 200 fra volontari e stipendiati della protezione civile sono arrivati con ruspe e motoseghe e hanno indiscriminatamente tagliato tutto ciò che si poteva tagliare lungo gli argini, e non solo, del torrente. Doveva essere un’operazione di bonifica, pianificata già da tempo dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il comune di San Dorligo della valle (Dolina) e dato in gestione alla protezione civile regionale. Nella realtà si è trasformata in un’azione devastante, non solo per gli alberi e gli arbusti, ma anche per gli animali, in particolare per gli uccelli, che su queste piante hanno i loro nidi, e per gli anfibi, che in questo periodo si riproducono e hanno bisogno di un ambiente umido e fresco dove poi deporre le uova. La Val Rosandra è stata mutilata per sempre: secondo diversi esperti botanici ci vorranno decine di anni affinché si torni a formare un boschetto lungo il torrente e in ogni caso non tonerà come prima. La mancanza del presidio forestale accelererà infatti il disseccamento del suolo e l’erosione delle rive. I motivi di questa operazione nefasta non sono chiari: coloro che hanno organizzato e pianificato l’opera parlano di bonifica dalle piante infestanti e messa in sicurezza del letto del torrente, che però negli ultimi trent’anni era esondato solo due volte, senza peraltro procurare troppi danni. A parte che le due azioni sono diverse fra loro e necessitano strumenti diversi, ma lo sanno questi signori che gli alberi a grosso fusto proteggono gli argini dei fiumi con le radici e li rendono più solidi? Eppure sono cose che si imparano alle scuole medie! E allora perché sono state tagliate, in malo modo, piante ad alto fusto come gli ontani mentre non sono state toccate piante infestanti e alloctone come la robinia? La Regione e il Comune di San Dorligo hanno difeso l’intervento a spada tratta, accusando addirittura coloro che faticosamente hanno cercato di pulire la zona dalle ramaglie lasciate sul terreno di “portare via il legname dopo aver protestato”. Una situazione quasi paradossale. Il rischio di un disastro ambientale ancora peggiore è alto: se nei prossimi giorni pioverà, come dalle previsioni, il torrente trascinerà a valle rami e detriti, con pericolo di frane e smottamenti. Un punto da non sottovalutare, in questa vicenda – volendo fare i malpensanti – è quello del TAV. Cosa c’entra l’alta velocità con l’opera di bonifica di un torrente? C’entra, ma per spiegarlo è necessario spendere due righe sulla situazione del TAV in questo territorio. Ancora non c’è un progetto definitivo e negli anni si sono alternati diversi progetti. Il primo progetto prevedeva che la Val Rosandra fosse attraversata da una lunga galleria, la cui costruzione avrebbe completamente distrutto la valle. Adesso sembra che il tracciato venga cambiato, ma ancora non è detta l’ultima parola, anzi c’è una grande confusione sulla questione. Che questo scempio sia una sorta di “prova tecnica” per far poi passare in modo meno traumatizzante devastazioni di ben più ampia portata su tutto il territorio circostante? Un’ipotesi assurda certo… ma a volte l’assurdità non si discosta così tanto dalla realtà…
Monta la protesta
Gli abitanti dei comuni limitrofi e quelli di Trieste hanno reagito immediatamente con indignazione a questo macello. Questa valle era il luogo prediletto per le passeggiate domenicali per tante famiglie, e il fatto di vederla ridotta in questo stato ha fatto scattare un’ampia protesta che si è diffusa prima su internet e poi si è riversata in valle. Domenica 1 aprile si è svolta una manifestazione che ha mobilitato quasi duemila persone, che si sono ritrovate all’inizio della valle, sul ponte di legno che attraversa il torrente e si sono potute rendere conto con i propri occhi di cosa era successo. La mobilitazione non si fermerà. Nelle prossime settimane sono previste altre iniziative, in particolare a Trieste contro la giunta regionale, vero responsabile politico di questa operazione, e contro la protezione civile, esecutore materiale. E’ importante smascherare questi soggetti e mostrare ciò che sono realmente: saccheggiatori e devastatori.
redTS
Marzo 17th, 2017 — General, Noi
Quello che segue è il comunicato diffuso oggi dal Comitato NOTAV di Trieste e del Carso in seguito ai fatti di ieri pomeriggio alla sede del Piccolo di Trieste.
Il 2 aprile 2012 alle ore 18 il Comitato Notav di Trieste e del Carso aveva indetto una conferenza stampa assieme al Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci per parlare del documento inviato da 360 tecnici al presidente del consiglio Mario Monti chiedendogli di ripensare il progetto alta velocità, documento ricco di motivazioni tecniche, ambientali e socioeconomiche. Questo documento, inviato il 9 febbraio scorso, non è stato ancora preso in considerazione dal governo, nonostante una petizione a sostegno sia stata sottoscritta da circa 15.000 cittadini.
Il Comitato Notav (assieme a decine e decine di persone) ha inviato il testo dell’appello alla redazione de “Il Piccolo”, unico quotidiano triestino in lingua italiana, con la richiesta di dare quantomeno notizia del fatto, e dato che nel frattempo (dal 17 marzo) era iniziato un digiuno a staffetta in tutta Italia, a Trieste il Comitato Danilo Dolci si era fatto carico di organizzare questa forma di protesta con l’adesione all’appello “Ascoltateli!” per la riapertura del dialogo democratico sulla questione dell’alta velocità..
Questo pomeriggio una ventina di persone, tra i quali anche alcuni digiunanti, si sono presentati alla conferenza stampa, dove il Comitato Notav intendeva anche smentire le illazioni false e diffamatorie del “Piccolo” che aveva scritto che il Movimento Notav aveva cercato di strumentalizzare la protesta contro la devastazione operata dalla Protezione civile nella Val Rosandra.
Stante che nessun giornalista del “Piccolo” si è presentato alla conferenza stampa, i presenti hanno domandato in portineria di essere ricevuti da qualcuno della redazione, ma dopo alcune telefonate la risposta è stata che non c’era nessun giornalista disponibile a scendere.
Pertanto alcuni aderenti ai due comitati sono saliti alla segreteria di redazione domandando un breve incontro con qualche giornalista, ed a quel punto alcuni giornalisti del “Piccolo” sono usciti dalla redazione protestando contro la presenza degli attivisti, intimando loro di uscire ma rifiutandosi persino di ritirare il volantino dell’appello “Ascoltateli!”, arrivando al punto di dire che se i Comitati avevano qualcosa da dire potevano indire una conferenza stampa (!): a questo punto è stato fatto loro presente che la conferenza stampa era stata indetta ed il motivo per cui si era saliti era proprio il fatto che alla conferenza stampa non era intervenuto alcun rappresentante del “Piccolo”.
Dopo essere stati oggetto di improperi (“fascisti rossi”, ma anche parolacce) da parte dei giornalisti intervenuti, gli attivisti sono usciti dalla sede del “Piccolo”, e sono stati successivamente raggiunti, in strada, da un giornalista (lo stesso che aveva sostenuto la necessità di indire una conferenza stampa per essere ascoltati) che ha scattato alcune foto dei presenti asserendo di volerle mettere in Facebook.
Auspicando che il giornalista inserisca in Facebook oltre alle immagini degli attivisti dei due Comitati, anche la notizia del documento dei 360 studiosi, non possiamo fare a meno di stigmatizzare che per l’ennesima volta la redazione de il “Piccolo” di Trieste, peraltro in prima fila nel rifiuto delle “leggi bavaglio”, abbia posto il bavaglio a chi domanda solo che vengano pubblicate notizie su un argomento di interesse generale come il progetto dell’alta velocità ferroviaria che riguarda tutta la cittadinanza e non solo gli “addetti ai lavori”.
Per questo motivo i due Comitati continueranno ad inviare solleciti e lettere alla redazione del “Piccolo”, ed invitano la cittadinanza a fare altrettanto.
Marzo 17th, 2017 — General, Notizie flash
Riccardi&Moretti: soci perfetti

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Marzo 17th, 2017 — 25 Aprile, General
Udine. Volantone di quattro facciate per il 25 aprile | FOTO

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Marzo 17th, 2017 — Fascisti carogne, General
dal Messaggero Veneto del 25 aprile 2012
Estremisti pestano a sangue un 22enne
Casco in testa, hanno aggredito il cormonese Patrick Dorella: stava staccando un manifesto contro il 25 aprile a Trieste
di Ilaria Purassanta
CORMONS. Aggredito e picchiato a sangue per aver staccato un manifesto contro il 25 aprile: il 22enne cormonese Patrick Dorella, figlio di Alessandro, maresciallo dei carabinieri di Dolegna, è finito all’ospedale. Cinque i giorni di prognosi per un trauma cranico-facciale, contusioni multiple, abrasioni al volto, ginocchio e gomito sinistri, ecchimosi e un’edema all’orbita destra, ma, secondo quanto ha riferito il medico che l’ha visitato, avrebbe potuto anche lasciarci la pelle.
Era la mezzanotte di lunedì. Patrick aveva deciso di fermarsi da un’amica, studentessa universitaria, a Trieste. È sceso per recuperare il portafogli e le sigarette dal cruscotto dell’auto, parcheggiata in via della Ginnastica, quando l’occhio è caduto su alcuni manifesti affissi lungo i muri in cui campeggiavano le scritte: “L’Italia degli ultimi combattenti. 25 aprile: l’Italia dei vigliacchi che diventano eroi”. Sotto, l’annuncio della contro-manifestazione, oggi alle Foibe di Basovizza e, in calce, la firma degli autori: Gruppo unione difesa (Gud), che proprio a Trieste ha una sede.
Il sangue “partigiano” di Patrick gli è ribollito nelle vene: suo nonno, Gastone, scomparso a gennaio, ha combattuto nella fila della Resistenza quando era poco più che ragazzo, mentre il bisnonno, Benedetto Giovanni, è morto nel 1937 per le conseguenze di un pestaggio perpetrato dalle camicie nere. Ferito dalla scritta che offendeva gli ideali della Liberazione, ma anche la stessa memoria dei parenti, Patrick si è «sentito in dovere di staccare i manifesti».
Aveva appena incominciato, quando è stato brutalmente assalito alle spalle da due energumeni con il volto coperto da un casco da motociclista e armati di cinghie. Al grido «Vigliacco, vigliacco!», sotto lo sguardo sbigottito dell’amica che gridava loro di smetterla, hanno atterrato con un pugno al mento il giovane cormonese, che ha sbattuto la testa contro un cassonetto e poi l’hanno colpito ripetutamente – perlomeno quindici volte – con calci e pugni e le cinghie, schiacciandogli la faccia sull’asfalto con gli anfibi per tenerlo fermo.
«Quando mi hanno mollato il primo cazzotto ho visto le stelle, sono proprio volato a terra. Sputavo sangue. Ho urlato loro – racconta quei terribili momenti Patrick – “lasciatemi vivere, non voglio morire! Vi prego, basta!”. Allora si sono fermati e sono scappati via. Mi sono rialzato, a fatica. Per fortuna non mi hanno spaccato i denti. Poi, insieme con la mia amica, sono andato, a piedi, fino all’ospedale Maggiore. Qui, dopo i controlli, hanno deciso di portarmi in ambulanza a Cattinara, dove sono stato trattenuto in osservazione per tutta la notte, sono stato dimesso stamattina (ieri, ndr). La dottoressa che mi ha visitato ha detto che se quei due avessero continuato a pestarmi ci sarei rimasto secco».
Sul caso sta indagando la Digos di Trieste: parecchi manifesti analoghi, tutti firmati dal Gud, sono stati affissi in città e uno veniva sfoggiato, ieri, sul profilo facebook del Gruppo. Altri scatti on line immortalano un corteo del Gud a base di saluti romani e una locandina dai contenuti offensivi che recita: «Quale altra nazione al mondo sarebbe capace di festeggiare ogni anno il massacro di 38.939 dei propri civili? Se festeggi il 25 aprile sei un po…».
Marzo 17th, 2017 — General, Varie
La scelta partigiana
Raccontava la partigiana Gianna: “…“lì (in montagna) i compagni ci hanno accolto felici perché avremmo attaccato i bottoni, li avremmo spidocchiati, avremmo fatto da mangiare”, ma no, loro erano andate in montagna per combattere … non per “fare esclusivamente quello che ci propongono i compagni!”…
Loro, come le tante che da casa aiutavano in tutti i modi possibili la Resistenza, erano donne “… donne che la Resistenza ce l’avevano dentro come impulso morale, per cui quello che si doveva fare andava fatto senza discutere …”; loro, quelle che “gli uomini nei loro libri per decenni neanche le hanno citate.”; quelli che “ci è voluto un sacco di tempo per fargli capire che la Resistenza non sarebbe stata quello che è stata senza la partecipazione delle donne”; (* ) a loro, la scelta partigiana, lo stare con determinazione da una parte, quella parte, è venuto “naturale”; … quello che si doveva fare andava fatto…
Noi le ricordiamo ad ogni 25 aprile perché per ogni altro giorno che non è il 25 aprile abbiamo con loro un debito che dovremmo onorare, con la nostra, scelta partigiana, con il nostro impulso morale a stare da una parte; da quella antifascista innanzitutto.
Niente di più difficile nel paese che riesce a garantire l’impunità alle stragi fasciste, nel paese dell’ultima sentenza assolutoria sulla strage di Piazza della Loggia di Brescia; nel paese che nel 2001 a Genova faceva le prove di regime alla Diaz e a Bolzaneto e che nel 2012 deve vedere un film per sapere uno spicchio di quello che è accaduto e senza capire che gli attori protagonisti sono ancora nei posti del potere; nel paese che tollera continue iniezioni di omofobia, xenofobia e razzismo come meschino populismo raccattavoti da parte di laruncoli federati in cova nella greppia dello stato; nel paese che chiude un occhio e anche due sulle continue aggressioni e provocazioni dei fascistelli della cinghiamattanza utili idioti battistrada per quelli al governo di Roma capitale con la benedizione delle tuniche che “sono solo camice nere più lunghe“. (come disse Don Giulio Tam con esibizione di saluto romano)
Niente di più difficile in un paese che sta sprofondando nella retorica democraticista tanto utile a coprire ogni operazione di sdoganamento del fascismo residuato dal ventennio o conclamato del terzo millenio, da destra a sinistra (che vergogna!), tutt* a garantire visibilità e diritto di parola a chi come casa pound tra le sue fila ha avuto persone come Casseri che a Firenze se ne è andato in giro a sparare e uccidere due senegalesi.
Niente di più difficile in un paese che per iniziativa di due esponenti (Turco-Napolitano) di quella che dovrebbe dirsi sinistra ha concepito i cpt ora cie, lager del terzo millennio, gabbie di concentramento disseminate sul territorio, anche sul nostro.
Niente di più difficile in un paese che il territorio lo consegna alle lobbyes delle grandi opere e dunque alle mafie; lo sfregia e lo consuma con un bel “me ne frego” per i suoi abitanti chiamati comunque a pagare di tasca propria tanta devastazione.
Ecco: da che parte stiamo quando parliamo di TAV? Con la fascistissima insinuazione di tale Terpin interpellato sulle grandi opere (Autovie Venete) (e di quell*, tutt* SìTav che gli fanno quadrato intorno), che dice che “i disfattisti nella prima guerra mondiale venivano fucilati“? In ValSusa la logica è quella: il manganello, il gas Cs, arresti e perquisizioni intimidatorie che sul percorso del corridoio 5 arrivano fino a noi.
Le donne e gli uomini della Val Susa onorano la loro storia partigiana con l’antifascismo e la resistenza di oggi. E le donne della Val Susa ancora di più, perché nemmeno loro, sono andate a manifestare sotto il filospinato che recinta e sequestra militarmente la loro terra, per attaccare bottoni, spidocchiare, o far da mangiare; sono andate per quell’ impulso morale, che dovremmo avere tutt*, per cui quello che si deve fare và fatto.
Che cosa va fatto? Ce lo ricordano le partigiane come Gianna e tutte le altre: essere antifascist* sempre, essere donne libere sempre e comunque.
DUMBLES – feminis furlanis libertaris – volantino per il 25 aprile 2012
(*) da “Soria di Gianna-raccontata da Fidalma Garosi Lizzero A.N.P.I. Udine IFSMI 2007 Publicoop Editore
Marzo 17th, 2017 — General, Noi
Un centinaio di persone ha sfilato allo spezzone del corteo No Tav
Ottima partecipazione al chiosco
Distribuiti 500 volantini
Resistenza No Tav Resistenza Generalizzata
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Ci rivediamo
il 1° Maggio
a Cervignano
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Marzo 17th, 2017 — 25 Aprile, General
Messaggero Veneto 26 aprile Pagina 16 –

Cronache
No Tav e anarchici, fischi a Balloch
Tentativo di fermare il discorso del sindaco di Cividale. Il comandante partigiano Rapotez (92 anni) lo difende dal palco
25 APRILE»LA CONTESTAZIONE le reazioni dei politici Saro (Pdl): una parte della Sinistra è intollerante. Il Pd: protesta inaccettabile. Honsell: i fischi sono stati zittiti dagli applausi
di Giacomina Pellizzari
Dalla piazza udinese del 25 aprile, anarchici e no Tav hanno fischiato il sindaco di Cividale, Stefano Balloch. L’hanno fatto ripetutamente per contestare il primo cittadino che assieme al collega di Tolmezzo, Dario Zearo, aveva tentato di boicottare la manifestazione di Udine e di organizzare un evento alternativo nella città ducale. Balloch ha preso la parola dopo il sindaco di Udine, Furio Honsell più volte inneggiato dalla folla, e appena ha iniziato a parlare dal palco di piazza Libertà sono partiti i fischi che le autorità e buona parte della gente hanno tentato di schermare con gli applausi. Ma è servito a poco perché i contestatori sono comunque riusciti a farsi largo insistendo con la protesta. Una protesta condannata poi dall’Anpi e da tutti i politici presenti sotto la Loggia di San Giovanni. A far arrabbiare un gruppo di anarchici e alcuni rappresentanti del movimento “No Tav” è stato l’invito all’unità rivolto più volte da Balloch mentre ripercorreva i passaggi salienti della lotta di Liberazione combattuta nelle valli del Natisone. Parole sentite accompagnate da un sottofondo continuo di fischi, tant’è che di fronte alla quasi impossibilità di farsi sentire ha cercato di sdrammatizzare dicendo: «In primavera ci sono molti merli che fischiano». Seppur a fatica, Balloch ha concluso il suo intervento ricordando che «il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani che amano la libertà». A quel punto, con il piglio che lo contraddistingue, il comandante Luciano Rapotez, lo speaker storico della manifestazione, prima di procedere con la scaletta ha condannato duramente la contestazione: «In questa splendida giornata non pensavo di assistere allo spettacolo dei fischi. In democrazia ognuno ha diritto di parlare. Scusate – ha concluso – ho dato quasi la vita per la libertà e, in quel momento, nessuno fischiava». Altrettanto duro contro i contestatori il presidente onorario dell’Anpi, Luigi Raimondi: «Prima di fischiare bisogna ascoltare, chi parla qui è un ospite e come tale partecipa per onorare la Resistenza. Questo ha fatto Balloch come rappresentante di Cividale, medaglia d’argento alla Resistenza. Fischiare è un gesto infantile che denota una scarsa conoscenza storica». E il presidente dell’Anpi, Federico Vincenti, ha aggiunto: «Non gradisco questo comportamento anche se i sindaci di Cividale e Tolmezzo avevano cercato di dividere la Resistenza. In ogni caso nelle nostre manifestazioni si può applaudire o farne a meno, ma non fischiare». «I fischi sono stati zittiti dagli applausi» si è limitato a dire Honsell, mentre il senatore Carlo Pegorer e l’europarlamentare Debora Serracchiani (Pd), definivano la protesa «inaccettabile». Più duro il commento del senatore Ferruccio Saro (Pdl) che anche in veste di mediatore tra Udine, Cividale e Tolmezzo ha affermato: «I fischi dimostrano che una parte della sinistra è intollerante e in contraddizione con la Resistenza che dava spazio a tutti. Balloch ha fatto un discorso equilibrato cercando elementi di unione, un passo avanti rispetto al passato». Anche per il vice segretario regionale dell’Udc, Fabrizio Anzolini, «i fischi sono inaccettabili, Balloch rappresentava una città decorata al valor militare e ha fatto un discorso di alto profilo». E ancora: «I fischi – ha aggiunto Natale Zaccuri (Pdl) – confermano che si cambia vestito, ma non l’identità». In effetti, il sindaco di Cividale si è detto dispiaciuto perché «quei fischi hanno colpito la memoria di quanti sono caduti per la libertà»
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Il Quotidiano del FVG

LA CERIMONIA. Battimani entusiasti per l’ex Rettore. Fischiato e “buato” il primo cittadino di Cividale, Balloch
«Vergogna per chi nega la Lotta Partigiana!»
I PRESENTI PLAUDONO LA PROVOCAZIONE DEL SINDACO: «LA RESISTENZA HA VINTO NUOVA M E N T E
CONTRO CHI HA CERCATO DI MINARE L’INTEGRITÀ DI QUESTA MANIFESTAZIONE NELLA NOSTRA CITTÀ»
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LUCIABURELLO
cultura@ilquotidianofvg.it
È sceso imbarazzo ieri, quando davanti
alla cappella dedicata ai caduti
in piazza Libertà, il sindaco di
Cividale, Stefano Balloch è stato
fischiato dagli udinesi. Ricordiamo,
infatti, che qualche mese fa il
pidiellino aveva lanciato la proposta,
insieme ad altri sindaci di centrodestra,
di celebrare la Liberazione
separatamente dal capoluogo
friulano, ritenuto politicamente
troppo di “sinistra”. «È primavera –
se ne è uscito Balloch interrompendo
per un attimo il suo lungo discorso,
provocatoriamente il doppio di
quello di Honsell – ci sono molti
merli che cantano» un commento
che si poteva risparmiare. E l’im –
barazzo è stato soprattutto del nostro
sindaco che, più volte, sembrava
suggerire a Balloch d’interrom –
pere la sua “straziante” performan –
ce. Ma a proposito d’interventi,
quello del primo cittadino udinese
ha certamente riacceso gli animi,
entusiasmato i più giovani, e commosso
i più anziani. Appassionato
come poche volte lo abbiamo visto,
Honsell ha “gridato” un vero inno
alla Resistenza, non risparmiando
frecciatine alle fazioni “opposte”.
Ma ecco alcuni stralci del suo intervento:
«la Resistenza, ricca di
coraggio e d’ideali, segnò la rinascita
del nostro paese dal buio morale
della violenta dittatura fascista
e dalla feroce occupazione nazista,
restituendoci democrazia, libertà,
giustizia, solidarietà, equità sociale
e pari opportunità, nel rispetto
delle diversità e del pluralismo. (…)
Ma sarebbe un’offesa a questi eroi
se la Festa della Liberazione si riducesse
ad occasione di retorica
commemorazione, o venisse strumentalizzata
come molti preferirebbero.
E proprio per questo hanno
cercato di minare l’integrità di
questa manifestazione a Udine.
Gioiamo perché alla fine la forza
della Resistenza ha prevalso, e ci ritroviamo
ancora tutti qui uniti! (…)
La Resistenza fu la fucina dove maturarono
i principi che oggi sono
espressi in quel documento di altissima
civiltà che è la nostra Costituzione.
Fondamento della nostra
Repubblica democratica perché
l’unica garanzia dei diritti civili nei
confronti di una possibile arroganza
dell’autorità. Basata sulla separazione
dei poteri ha potuto resistere
a innumerevoli attacchi negli ultimi
anni, diversamente da quanto è
accaduto recentemente in altri paesi
europei. (…) Alto è oggi il rischio
di derive totalitarie anche a causa
della gravissima recessione economica
che sta colpendo in modo
sempre più spietato. Recessione
negata fino all’ultimo da chi era al
potere, solamente per lasciarci in
una situazione drammatica. Alto è
oggi il rischio di sperequazioni e
dunque di rottura della solidarietà
sociale. (…) Dobbiamo resistere a
un ritorno dei tiranni camuffati da
buffoni! Dobbiamo però anche resistere
all’asservimento a una logica
che tutela i bisogni dei bilanci finanziari
ma è cieca di fronte a quelli
degli uomini. Dobbiamo resistere
affinché, parafrasando la famosa
frase di D’Azeglio, una volta fatto
il decreto “Salva Italia” si faccia
anche un decreto “Salva Italiani”.
(…) Dobbiamo resistere a chi pensa
di superare la recessione togliendo
la voce ai lavoratori. (…) Resistere
al Fascismo e combattere il “non
dissenso” al fascismo. Cittadini,
allora come oggi, l’indifferenza, il
non prendere posizione, sono già
complicità. (…) Sapremo essere
all’altezza del sacrificio di chi partecipò
alla Resistenza, dei valori
che da loro abbiamo ereditato? Sapremo
assumerci responsabilità
collettive, come seppero fare i Partigiani?
Avremo il coraggio di esercitare
una cittadinanza attiva? La
Resistenza è il nuovo Umanesimo,
è il nostro patrimonio di ideali anche
per il futuro! (…) Vergogna per
chi tenta di cancellare la memoria e
il significato della Lotta Partigiana!
(…) Cittadine e cittadini seguiamo
l’esempio dei partigiani, siamo
attori coraggiosi e mai spettatori
passivi! Viva la Resistenza! Viva la
Costituzione! Viva la Repubblica
Italiana!».