Entries from Marzo 2017 ↓

Frà Sanpietrino: calendario 2012!


frasanpietrino

Finalmente in arrivo la prima edizione del Calendario Frà Sanpietrino! Voi che avete sempre invidiato i devoti clerical-pagani oggi non avrete più nulla da temere potendo ostentare 12 mesi di rubriche sfiziose, centinaia di date da ricordare della storia dell’emancipazione umana e dell’anarchismo, chicche di degustazioni enologiche e moniti sui luoghi infimi da evitare ecc. Il tutto amabilmente e spregiudicatamente accompagnato dai disegni di Paolo Cossi.

 


Per festeggiare i 30 anni d
i attivismo del Circolo Libertario E. Zapata a Pordenone abbiamo pensato di produrre questo Calendario, augurandoci possa piacere a tanti compagni e compagne di strada, ai simpatizzanti e ai liberi pensatori: si dia il via alle sottoscrizioni!

 

 

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UDINE/ Pignarul 6 gennaio 2012

Superate le 1000 visite a questa pagina.

 

pignarul2012

 
Report e rassegna stampa pignarul 2012
Oltre un centinaio di persone complessivamente ha partecipato al pignarul nella ex caserma Osoppo, segnando così la continuità ed il rilancio delle iniziative autogestionarie promosse dal CSA di Udine.
Ricordiamolo, siamo in esilio dal 10 dicembre 2009 cioè da quando il CSA occupato di Via Scalo Nuoco è stato sgomberato e sequestrato dai carabinieri. Nonostante questo nel 2011 siamo stati molto attivi, sia come gruppo che assieme ad altri, in quanto ad iniziative politiche ed uscite in piazza condotte sempre nello sprito autogestionario. Due anni fa, dopo lo sgombero, dicevamo: autogestione desiderio del presente, necessità del futuro, ma ora si è quasi costretti a dire: autogestione desiderio e necessità del presente!
A conferma dell’interesse suscitato dall’iniziativa va rilevato che venerdì 6 gennaio 2012 è stato raggiunto il nuovo massimo di visite al sito infoaction pari a 306 “visitatori unici”; il precedente era di 303, realizzato il 27 giugno 2011
 
 

 

 

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Lampedusa/ Il mistero degli scomparsi

No Razzismo,
No CIE, No Segregazione

Il mistero dei tunisini scomparsi 					Continue reading →

Rigassificatore, anche la Slovenia va al Tar

da Il Piccolo del 6 gennaio 2012

Rigassificatore, anche la Slovenia va al Tar

Il governo ha depositato un ricorso in adesione ai quattro già pendenti al tribunale del Lazio

 

La battaglia di chi non vuole il rigassificatore nella baia di Muggia trova un appoggio concreto nell’alleato forte: la Slovenia. Il governo (precedente) del vicino Stato, fiero oppositore dei progetti di Gas natural, ha depositato al Tar del Lazio un ricorso di adesione a quelli già inoltrati dai Comuni di Muggia e di San Dorligo, da Wwf con Legambiente, da Greenaction e Comune di Capodistria. Con quello di Lubiana i ricorsi salgono a 5. Benché i primi incartamenti siano datati 2009, non è stata ancora fissata la data del dibattimento.

«Per cose come l’impatto ambientale non ci sono limiti all’esercizio della giurisdizione da parte di soggetti che lamentino un pregiudizio derivante da iniziative assunte oltre i confini – afferma l’avvocato Francesco Longo di Pordenone che assiste Muggia e San Dorligo -, c’è una vasta giurisprudenza in Europa».

Il governo di Lubiana si è affidato all’avvocato triestino Peter Mocnik, segretario dell’Unione slovena. «Ho avuto l’incarico di depositare al Tar del Lazio un intervento di adesione ai ricorsi già pendenti dal direttore generale del governo sloveno – afferma Mocnik -, cosa avvenuta a ottobre ma che non si voleva fosse divulgata». Il ricorso specifica che i pareri contrari spediti a Roma da Lubiana non sono stati tenuti in considerazione. Si citano pericoli per l’ambiente, errata documentazione per l’ottenimento della Valutazione d’impatto ambientale, incompatibilità di un rigassificatore in zone portuali.

«È la penultima carta – avverte Mocnick -, poi la Slovenia potrebbe rivolgersi a Bruxelles e alla Corte del Lussemburgo, in questo caso per violazione di norme comunitarie».

Mentre a Trieste si assiste alla spaccatura tra Comune (deciso no al rigassificatore) e Confindustria (deciso sì), chi gioisce alla notizia della mossa slovena è il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, fra i primi a ricorrere al Tar. «Mi fa molto piacere questa adesione – afferma -, amplia l’orizzonte del nostro lavoro, noi già nel 2009 abbiamo contestato errate traduzioni dallo spagnolo di documenti importanti, errata descrizione delle industrie a rischio nell’area di costa, nel 2011 abbiamo aggiunto un’altra memoria, denunciando che il Comune di Muggia non è stato ammesso alla Conferenza dei servizi. È intervenuta una sentenza in Sicilia su un caso simile che ci dava ragione, abbiamo rinforzato il ricorso al Tar». Nesladek dice di aver avuto frequenti informali contatti con gli sloveni, e di aver notato nuove consapevolezze, non solo ambientali, ma economiche: «Si allarga il fronte di chi ritiene incompatibili sviluppo di traffici portuali e rigassificatore. Lo ha detto anche il neoministro dell’Ambiente, Corrado Clini: Trieste deve scegliere». (g. z.)

 

CRISI/ Italia un paese ricco abitato da poveri

ITALIA. 10% di ricchi, 1% di straricchi

ricchi-barche

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FERROVIE: chiusi i bagni nelle piccole stazioni

Da Il Piccolo del 09/01/12

 

Pochi passeggeri, Ferrovie chiude i bagni in sei stazioni

 

Carnia, Cormons, Gemona, San Giorgio, Tarvisio Bosco Verde e Villa Opicina sotto la soglia dei 500 viaggiatori al giorno: niente servizi igienici dal 1° gennaio

 

 

di Elena Placitelli

 

TRIESTE. Da quando è iniziato il nuovo anno, in sei stazioni ferroviarie del Friuli Venezia Giulia non si può più fare pipì. Nei primi giorni di gennaio, Rete ferroviaria italiana ha infatti chiuso a chiave i servizi igienici delle stazioni di Carnia, Cormons, Gemona, San Giorgio di Nogaro, Tarvisio Bosco Verde e Villa Opicina, vietandone l’accesso al pubblico. Si tratta di stazioni aperte al personale e al traffico dei convogli per passeggeri, eccezion fatta per Villa Opicina che, da quando è stato abolito il collegamento per Budapest, è attraversata soltanto da treni merci. Stazioni tutt’altro che chiuse, dunque, ma presidi ferroviari attivi a tutti gli effetti.

 

La decisione è stata presa da Rete ferroviaria italiana in via definitiva. L’azienda ha infatti comunicato di aver deciso di applicare la normativa europea, in vigore già da tempo. E di averla applicata con mano morbida: Anzi, morbidissima. «Se il regolamento europeo prevede di chiudere i bagni di tutte le stazioni con meno di mille viaggiatori al giorno – spiegano – Rfi ha deciso di applicarla solo per le stazioni che di presenze ne contano la metà». Secondo i calcoli di Rfi, queste sei stazioni non avrebbero dunque raggiunto la soglia minima di 500 viaggiatori al giorno, ottenendo con l’inizio del 2012 il “via libera” alla chiusura definitiva dei servizi igienici. Il calcolo è stato messo in discussione dai pendolari di San Giorgio di Nogaro che, passate le feste, sono tornati in stazione per andare all’Università e a lavorare. Ma quando a qualcuno è scappata la pipì, si è accorto che i bagni erano stati chiusi e di doversi arrangiare in altro modo. Da lì la presa di coscienza del provvedimento e la conta dei pendolari. Indipendentemente dai numeri, resta però il fatto che ad essere stato vietato è un servizio primario. Dopo la battaglia per far tornare l’acqua alle fontanelle (vinta quest’estate dal Comitato dei pendolari), s’intravedono tutti i presupposti per un’altra grande bufera. Prima i treni notturni cancellati, poi le stazioni intermedie di Cervignano, Latisana e San Donà boicottate dai collegamenti a lunga percorrenza.

 

L’esplosione di polemiche che ha accompagnato l’entrata in vigore del nuovo ferroviario sembrava essersi placata. E invece con l’inizio del nuovo anno la notizia della chiusura dei bagni ha tutta l’aria di poter sollevare un altro grande polverone. Ne è consapevole Rfi stessa: «Questa decisione creerà sicuramente dei disagi – commentano dall’azienda – ad esempio in caso di treni in ritardo o soppressi. Va però anche detto che i bagni delle stazioni venivano costantemente presi di mira da atti vandalici, che li rendevano inutilizzabili. Non potendo più l’azienda sostenere le spese per la manutenzione ordinaria (pulizie) e straordinaria (per sistemare i bagni rotti dai vandali) è stato così introdotto questo provvedimento».

 

E adesso? «Nulla vieta ai Comuni e ai bar delle stazioni – chiosa Rfi – di trovare una soluzione alternativa». Elena Placitelli

NOTAV: continuano con le solite fregnacce

La linea attuale che viene usata dal porto di Trieste è usata al 20% delle potenzialità! (fonte Trenitalia) E questi parlano ancora di necessità di una nuova linea….ma a chi credono di darla a bere?

 

 

Dal Piccolo del 11/01/12

Trieste, progetto Tav per risolvere i nodi del porto

di Ferdinando Viola

TRIESTE L’opportunità di inserire nel progetto della Tav anche la possibilità di accedere ai finanziamenti e definire così i molti nodi del sistema portuale di Trieste. Problema questo di cui da tempo si discute a vari livelli e la cui soluzione è diventata fondamentale per cercare di aumentare i traffici portuali e attrarre nuovi investitori. Di questo si è parlato anche ieri nella sede della Regione a Udine durante un incontro tecnico convocato dall’assessore regionale alle Infrastrutture, Riccardo Riccardi, al quale hanno partecipato il funzionario del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto Ferrazza, coordinatori di Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) e funzionari dell’Autorità portuale di Trieste. Un primo incontro a cui ne seguirà un altro al Ministero, la prossima settimana, tra Rfi e Autorità portuale. In attesa che lo stesso Amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, sia a Trieste il 2 febbraio per partecipare a un tavolo di lavoro con Comune, Autorità portuale e Regione. E allora se ne saprà di più per quanto riguarda tempi, modi e finanziamenti. Ieri intanto a Udine si è parlato di modalità, sviluppo e adeguamento strutturale dei collegamenti ferroviari a supporto del porto: lo scalo di Campo Marzio anzitutto, ma anche quello di Aquilinia e dell’intera rete. Progetto da inserire all’interno delle operazioni gestite dallo Stato per la realizzazione del tratto transfrontaliero Trieste-Divaccia dell’Alta velocità finanziato dall’Unione europea. «La Regione ha sollecitato l’incontro perchè ritiene indispensabile, nel momento stesso in cui si sta procedendo alla progettazione della rete ad alta velocità immaginare le soluzioni più idonee per mettere mano al nodo ferroviario di Campo Marzio a Trieste, cogliendo l’opportunità – ha sottolineato Riccardi – di inserirsi nella partita dei finanziamenti europei». La Regione ha fretta, Riccardi infatti vuole che vengano «al più presto individuati nel dettaglio gli interventi prioritari di riqualificazione e quindi definire i progetti, tra Rfi e Autorità portuale, al fine di consentire di inserirli nell’agenda di lavoro che l’Amministrazione regionale tiene con la Commissione europea sul tema dei trasporti». Da parte del Ministero, Ferrazza ha confermato che la qualità degli interventi previsti per il collegamento ferroviario del porto di Trieste rientra a pieno titolo nelle priorità di investimento decise dal Governo Monti.

NO agli F35

striscionenof35

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SCIENZA/ Un sacco di stupidaggini

Repubblica 13 gennaio 2012

 

Le scoperte che muteranno il mondo in 50 anni

Le scoperte che muteranno il mondo in 50 anni

L’astrofisico Giovanni Bignami ha raccolto in un libro le prossime frontiere del progresso. Le previsioni su ciò che succederà nel 2026: tra invenzioni, stili di vita e nuove fonti di energia

 

IL CASO

Viaggi su Marte e longevità
le scoperte dei prossimi 50 anni

L’astrofisico Giovanni Bignami ha raccolto in un libro le prossime frontiere del progresso umano. Le previsioni su ciò che succederà nel 2026: tra invenzioni, stili di vita e nuove fonti di energia

di RICCARDO LUNA

 

TRANQUILLI, fra 50 anni sarà molto meglio. Andremo su automobili che si guidano da sole, evitando multe ed incidenti grazie a una rete di microsensori. Mangeremo carne prodotta in laboratorio senza uccidere animali (e senza inquinare l’ambiente). Prenderemo tutta l’energia che ci serve dal centro della Terra dicendo finalmente addio a carbone e petrolio. Non avremo più soldi in tasca, ma gireremo con un chip sottocutaneo collegato al conto corrente. E la sera scaricheremo il cervello su una chiavetta, come quando facciamo il backup del telefonino per non perdere i dati della rubrica. Se vi sembrano le solite previsioni futuristiche un po’ strampalate, beh, sappiate che lo sono forse: ma qui parliamo di scienza. Di quello che la scienza sta preparando per noi.

Le previsioni le ha raccolte Giovanni Bignami, a sua volta scienziato di fama mondiale: da qualche mese guida l’Istituto Nazionale di Astrofisica e da lì si è inviato in giro per il mondo per capire Cosa resta da scoprire (Mondadori). Un viaggio alla ricerca delle prossime scoperte che ci cambieranno la vita. Lo ha fatto sapendo che prevedere il futuro è un esercizio divertente ma che quasi sempre comporta clamorose brutte figure: “Negli anni ’50 era considerato certo che nel 2000 gli aerei non avrebbero avuto le ali. Il capo della IBM nel 1943 disse che al mondo sarebbero bastati cinque computer. E nessuno aveva previsto le grandi scoperte del XX secolo…”. Allora perché farlo? Bignami cita una massima di Eisenhower: “Perché i piani sono inutili, ma la pianificazione è essenziale”. E i piani della scienza sembrano molto chiari: nel prossimo mezzo secolo cambierà davvero tutto.

La velocità del progresso scientifico infatti non è costante ma aumenta in maniera esponenziale. Bignami ha individuato un metronomo d’eccezione per dimostrarlo: la cometa di Halley. Da un paio di millenni passa regolarmente vicino alla Terra ogni 76 anni. “Passò prima della battaglia di Hastings del 1066 e la ritroviamo nell’arazzo di Bayeux. Nel 1301 ripassa e Giotto la dipinge nella cappella degli Scrovegni. Nel 1682 viene osservata per la prima volta col telescopio da Edmond Halley. Ci vollero altri tre passaggi e nel 1910 le scattammo la prima fotografia. La volta dopo, nel 1986, le abbiamo addirittura mandato incontro una flotta di sonde spaziali. E nel 2062? Magari la ingabbieremo con una grossa rete e la faremo atterrare su un deserto: è grande come Manhattan”.

Ecco perché il 2062. Come saremo, che faremo? Di una cosa Bignami è convinto da tempo: “E’ già nato il bambino che camminerà su Marte”. Perché tanta sicurezza? Intanto perché il turismo spaziale farà finalmente tornare di moda l’esplorazione umana dello spazio, sostiene il professore. E poi il Progetto Marte è già stato scritto tanto tempo fa: lo aveva fatto addirittura nel 1948 Wernher von Braun, padre del programma spaziale americano. Con qualche aggiustamento è ancora valido. Mentre la tecnologia per andarci e tornare in 369 giorni (di cui 41 sul pianeta rosso) è italiana: la dobbiamo a Carlo Rubbia e il progetto risale al 2008, quando Bignami guidava l’Agenzia Spaziale Italiana.

Ma il punto è un altro: perché andarci? “Per capire il segreto della vita” secondo Bignami, “Come si è formata nell’universo?”. E’ questa la seconda grande scoperta delle dieci che faremo entro il 2062. “La prima sarà scoprire una nuova vita irraggiungibile. Ci vorrà fortuna per captare un segnale intelligente dallo spazio profondo, ma è possibile e ci darà la certezza che c’è vita in un altro sistema solare. Da quel momento in poi, cambierà qualcosa dentro ciascuno di noi”.
Una delle questioni fondamentali sarà l’energia. Bignami, come molti scienziati, è un nuclearista convinto: nel senso che considera il livello di sicurezza delle attuali centrali assolutamente accettabile. Ma si è anche rassegnato al fatto che l’opinione pubblica non cambierà idea, nemmeno in 50 anni. E allora, visto che i combustibili fossili stanno rapidamente distruggendo l’equilibrio del pianeta e che le energie alternative non sono sufficienti per la fame energetica del mondo, immagina una terza strada: la geotermia profonda. Ovvero andare a prendere il calore sotto la crosta terrestre.

Sarà migliore il mondo nel 2062? Guardiamo la vita delle persone. Il lavoro in grandissima parte sarà fatto da macchine: non parliamo di robot, ma di costruttori molecolari in grado di produrre qualunque oggetto. Nel frattempo la vita si allungherà sempre di più per cui “nel 2062 sarà nato il bambino che vedrà la cometa di Halley tre volte, cioé vivrà più di 152 anni”. Che faranno tutti questi ultra anziani senza lavoro? E’ uno scenario che fa intravedere problemi sociali immensi. Che non possiamo evitare. “Alla società non sarà data la scelta se invecchiare o no. Il futuro non si ferma e non ci aspetta”.

(13 gennaio 2012)

NOTAV: mancano i fondi per lo studio di fattibilità

sempre meglio….sempre NOTAV!

 

Dal Piccolo del 13/01/12

 

Tav, mancano 400mila euro per lo studio di fattibilità

TRIESTE Alta velocità ferroviaria? Al momento, almeno per questo estremo lembo d’Italia, resta solo un sogno. A definire la questione, del resto, basta l’ultimo episodio. In sostanza non si trovano neanche i 400mila euro necessari a realizzare lo studio di fattibilità avanzato per l’alta velocità della linea Mestre-Portogruaro-Ronchi dei Legionari. «Ho chiesto a Rfi – conferma il commissario della Tav Bortolo Mainardi – e hanno detto che non c’è un soldo… Resto fiducioso, però…». Mainardi si è comunque attivato subito e ha scritto al ministero e al ministro delle Infrastrutture Corrado Passera per chiedere a breve un incontro. Di carne al fuoco ce n’è molta. Arrivato nello scorso agosto Mainardi ha verificato la situazione e le criticità nei tratti progettati da Italfer, ha toccato con mano la carenza di consenso che esiste soprattutto in Veneto sul primo tracciato proposto e si è mosso di conseguenza. In primis, ricorda, era stato deciso di verificare la fattibilità del percorso Tav utilizzando quello preesitente, in prima battuta sulla tratta Mestre-Portogruaro. Serviva però, appunto, uno studio avanzato che, al momento almeno, non è neanche all’orizzonte. Ed è un peccato perchè la scelta di Mainardi era nata, dichiaratamente, dalla necessità di risparmiare fondi, uscire da quel cul de sac che parlava di costi di 77 milioni per chilometro da Mestre all’aeroporto Marco Polo di Tessera, altri 44 fino a Portogruaro e Ronchi e infine 50 milioni al chilometro per la tratta fino a Trieste. Di queusti tempi, fantascienza. Mainardi la prossima settimana sarà in Friuli Venezia Giulia. Parola d’ordine, «sorpassare Cervignano», perchè il grande imbuto, almeno per quel che riguarda la nostra regione, ha a che fare proprio con l’ex scalo logistico. (f.b.)

 

Il  Gazzettino di Venezia

Venerdi 13 Gennaio 2012

 

VENEZIA Dopo l’annuncio choc del commissario Mainardi: non ci sono neppure i 400 mila euro per lo studio di fattibilità

«Tav senza soldi? Servono altre soluzioni»

Gli industriali del Veneto: occorrono alternative rispetto al finanziamento pubblico dell’opera

 

Se non ci sono nemmeno i soldi per uno studio di fattibilità del costo di 400 mila euro, come si può realisticamente pensare che la linea dell’Alta Capacità-Alta Velocità possa essere realizzata? Ci sono tanti modi di reagire di fronte alla notizia choccante, ma neppure tanto sorprendente, secondo cui il commissario straordinario Bortolo Mainardi sta disperatamente cercando i soldi per far eseguire a Rfi lo studio lungo la ferrovia storica che da Mestre conduce a Ronchi dei Legionari, passando per Portogruaro.

«Che non ci siano soldi per la Tav non è una novità» allarga le braccia Franco Miller, responsabile per Confindustria del Veneto del settore infrastrutture. «Lo abbiamo detto in occasione del convegno organizzato da Confindustria a giugno. Per questo è necessario trovare strade diverse. Le preoccupazioni di Mainardi sono giustificate». L’analisi di quel convegno partiva proprio dalla certezza che in tempi di vacche magre i soldi pubblici per realizzare la Tav non ci siano. Ne seguì un appello per coinvolgere soggetti privati e banche in una grande partita per realizzare una delle infrastrutture più attese, ma chimeriche.

È venuta la stagione del fai-da-te? «Mi pare evidente – spiega Miller – che i costi ipotizzati da Rfi per il progetto fino a Trieste, circa 7 miliardi e 400 milioni di euro, siano una esagerazione. Abbiamo costituito un gruppo di lavoro misto, composto da Confindustria, Regione Veneto, Unioncamere e Anci Veneto. E abbiamo in corso una progettazione per la tratta Padova-Verona a costi assai inferiori rispetto a Rfi. Verrà certificata da una società di Milano».

Da qualche settimana, di fronte all’ammissione pubblica di mancanza di fondi, si sono aperte ipotesi alternative rispetto al “tracciato basso” della Tav, che attraversa la campagna veneziana poco a nord delle spiagge. È stato il commissario Mainardi a lanciare l’idea di un tracciato alternativo a quello che ha visto la Regione Veneto in prima fila. Ovvero la Tav lungo l’attuale linea storica.

È a questo che servono i 400 mila euro che Mainardi non riesce a trovare. «Noi lo appoggeremo, affinchè lo Stato li tiri fuori per un realistico progetto di fattibilità» conclude Miller.

Ma anche la Regione Veneto non sta alla finestra, nonostante il progetto di Mainardi possa sembrare alternativo a quello delle spiagge. L’assessore Renato Chisso: «Per decidere quale sia il percorso migliore serve un’alternativa progettuale. Ci sta bene lo studio di fattibilità per il tracciato della linea storica, che però dovrà prevedere l’attraversamento in galleria dei centri abitati. E ci daremo da fare perchè si trovino i soldi di cui Mainardi ha bisogno».

Dove? «In questo momento la Regione e i Comuni non ne hanno, ma c’è il governo. E c’è anche Rfi». L’assessore veneto guarda però oltre il problema – tutto sommato modesto rispetto alla mole di finanziamenti necessari – dello studio di fattibilità. «Sappiamo che le risorse per partire con la Tav non saranno disponibili per tre-quattro anni. Nell’attesa si può mettere mano alla linea storica dove oggi transitano 180-190 treni al giorno, pensando di potenziarla fino a far transitare 240-250 treni. Poi è attrezzata la Pontebbana ferroviaria che conduce a Tarvisio e di lì a Vienna. Ma c’è anche una line a binario unico non elettrificata da Portogruato a Casarsa che si innesta nella Pontebbana». La proposta? «Elettrifichiamola e potremo anticipare la Tav in questa direzione».

È un progetto che non lascia indifferenti neppure gli industriali, ai quali interessa fornire infrastrutture subito alle aziende produttive del sistema Nordest, piuttosto che attendere una futuribile linea ad alta capacità.