NO TAV/ Grande è il disordine sotto il sole (news)

Messaggero Veneto MARTEDÌ, 04 GIUGNO 2013 Pagina 8 – Regione
 
Lega: sulla Tav la maggioranza è già spaccata
 
 
UDINE Parla di “maggioranza spaccata”. La Lega Nord attacca Serracchiani e la sua compagine di governo sulla vicenda Tav. «La Tav è una priorità» per la presidente Serracchiani. Per il capogruppo di Sel Lauri, invece, è un progetto insostenibile economicamente e sbagliato concettualmente. «La maggioranza in Regione si è già spaccata?». Così Matteo Piasente, segretario nazionale della Lega Nord del Friuli Venezia Giulia. «È bastato – continua Piasente – che il commissario Mainardi sfiorasse l’argomento per scatenare reazioni opposte. È palese che Serracchiani e Lauri abbiano dato interpretazioni molto diverse alle parole del commissario Mainardi. La storia a sinistra si ripete: Illy aveva la palla al piede di Rifondazione Comunista con Antonaz e Franzil, Serracchiani ha Lauri e il gruppo di Sel. C’è poi un ulteriore elemento di divisione: la lista dei Cittadini, con un capogruppo, Paviotti, sicuramente distante dalle posizioni di Lauri». Non vuole entrate nelle polemiche invece Bortolo Mainardi: «Voglio solo lavorare. Credo che con la presidente ci chiariremo quanto prima e proseguiremo con determinazione verso i migliori obiettivi anche per la Regione Friuli Venezia Giulia» dice il commissario. Ma poi, incalzato, aggiunge: «Sono soddisfatto che la presidente Serracchiani la pensi ancora come me e cioè che il Tav si faccia anche nella tratta nel Friuli Venezia Giulia. Dico ancora con me – precisa –, proprio perché, ancora in agosto 2012 da parlamentare europea, la presidente dichiarava proprio al vostro giornale che l’idea del Commissario di avviare “il processo per fasi è quello giusto…il quadruplicamento prospettato dal Commissario Mainardi è a tutti gli effetti una linea con le caratteristiche dell’Alta Velocità e dell’Alta Capacità, ma con un surplus di attenzione alla sostenibilità ambientale…” Mi pare che queste parole spieghino che la pensiamo allo stesso modo». (m.m.)

 

 

Messaggero Veneto LUNEDÌ, 03 GIUGNO 2013 Pagina 7 – Regione

mv 3 giugno udine 7
 
Serracchiani: «La Tav è una priorità»
 
La presidente replica al commissario Mainardi: quadruplicamento e potenziamento immediato, necessario intervenire
 
 
 
 
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di Paolo Mosanghini wUDINE Debora Serracchiani contro Bortolo Mainardi. Tav sì o Tav no? La presidente della Regione replica al commissario per l’Alta Velocita-Alta Capacità. Ieri Mainardi in un’intervista al Messaggero Veneto è intervenuto sulla possibilità di quadruplicare la linea esistent, un progetto a inpatto zero e al costo di 800 milioni. E la presidente Serracchiani ha subito puntualizzato: «Probabilmente il commissario Mainardi rammenta le parole che ha pronunciato lui stesso ad agosto del 2012 quando, sottolineando i costi “eccessivi e inaccettabili” dal punto di vista economico e ambientale della Tav Mestre-Trieste, ha detto “no alla Tav, sì al potenziamento dell’attuale linea”», commentando le parole del commissario governativo per la tratta Venezia-Trieste, il quale ha dichiarato che «nessuno ha detto che la Tav non si può fare qui». «Io invece ho sempre ribadito che per il Friuli Venezia Giulia è fondamentale – spiega ancora la presidente Serracchiani – avere collegamenti ferroviari veloci ed efficienti, per i passeggeri e per le merci, e che la tratta Venezia-Trieste rientra tra le priorità su cui intervenire subito. La Regione condivide in linea di principio l’opzione del quadruplicamento della linea, ma soprattutto il potenziamento immediato della linea esistente, a partire dall’intervento puntuale sui colli di bottiglia. Proprio per questo vorremmo conoscere in dettaglio il progetto di quadruplicamento della linea Trieste-Venezia, e magari cominciare un confronto sugli investimenti immediati necessari per i potenziamenti». Secondo Serracchiani «bisogna che ci sia molta chiarezza quando si parla di questo argomento: il progetto cui si riferisce il commissario Mainardi risale al 2010 ed è ancora in attesa dell’esito della valutazione d’impatto ambientale, e non ha nulla a che vedere con il quadruplicamento della linea esistente, di cui lo stesso Mainardi è fautore, e per il quale invece non vi è traccia alcuna di progetti alternativi depositati». «Più precisamente – aggiunge ancora la presidente – il commissario sta parlando di un progetto di quadruplicamento che esiste solo come idea progettuale del commissario, dal momento che la Regione non ha mai ricevuto un simile progetto per quanto attiene il suo territorio. Mainardi è commissario del progetto Rfi del 2010: se ce n’è un altro, ce lo faccia conoscere nel dettaglio. Anche perché, come presidente del Friuli Venezia Giulia, vorrei che i comuni della mia regione siano informati – conclude – dei rischi e dei benefici di questo nuovo tracciato». Ma anche in casa di Sel le affermazioni di Mainardi non sono passate inosservate. «Le parole del commissario per la Tav Mainardi danno finalmente ragione a quello che il movimento e i comitati sostengono da anni, e cioé che anche tralasciando l’impatto ambientale, persino dal punto di vista economico i costi della Tav a 300 all’ora superano di gran lunga i benefici, e che per realizzarla non ci sono soldi nè investitori», ha dichiarato Giulio Lauri, capogruppo di Sinistra ecologia libertá in consiglio regionale. «Non si può non rilevare che peró nella posizione del Commissario c’è ancora molta confusione, e che probabilmente questa confusione è presente anche nel governo. Bisogna dire con chiarezza che il progetto della Tav a 300 l’ora, per cui purtroppo sono già stati spesi molti milioni di euro, viene definitivamente accantonato, e che i 200 km l’ora sono sufficienti e che semmai è Moretti a dover garantire più treni e migliori coincidenze verso il resto del paese e verso il centroeuropa; bisogna investire sull’alta capacitá delle merci verso il Baltico, togliendo il traffico dei Tir dalle autostrade; e bisogna chiarire che l’opzione zero che i Comuni chiedono non è l’ennesimo nuovo tracciato su cui litigare e perdere tempo e soldi pubblici, ma il miglioramento del tracciato esistente, operando con cantieri piú piccoli sui colli di bottiglia. Su questo fino a ora è la politica del governo a non decidere e a non essere chiara, non quella del nuovo governo regionale guidato da Debora Serracchiani», conclude Lauri. paolomosanghini

 

Messaggero Veneto 2 giugno 2013

 

DOMENICA, 02 GIUGNO 2013
 
 
Ora Latisana ha paura per la Tav in centro città
 
Il sindaco ha annunciato in Consiglio la possibilità di una modifica del tracciato L’alta velocità doveva correre parallela all’autostrada, ora le carte si mescolano
 
 
 
LATISANA Lo sostiene il sindaco, Salvatore Benigno, dicendosi assolutamente contrario, all’ipotesi di potenziamento della linea ferroviaria che attraversa la cittadina, in alternativa alla vecchia ipotesi di tracciato Tav che avrebbe dovuto correre parallelo all’autostradale, «per le inevitabili ripercussioni di ordine ambientale e paesaggistico che tale soluzione tecnica implicherebbe per il nostro territorio fortemente urbanizzato», precisa il sindaco che ha illustrato le novità legate al tracciato dell’alta velocità durante il consiglio comunale di giovedì ed emerso nel corso di recente incontri a livello regionale. «Non è possibile, parlando di infrastrutture ferroviarie regionale, fare annunci improvvisi non parlando più di Tav ma di sistemazione di quanto già esiste, eliminando i colli di bottiglia, senza considerare le peculiarità dei territori, ma solamente per evidenziare inefficienze altrui tutte da dimostrare – commenta critico il sindaco Benigno – sul progetto di Rete Ferrovie del 2010, noto anche come protocollo Sonego, dopo ambi dibattiti e risorse utilizzate, a questo punto direi inutilmente, si era trovata un’unitarietà d’intenti, che ora alla luce del tentativo di “modificare in maniera furba” il progetto originale, sotto forma di lancio di un nuovo studio di fattibilità, sulla spinta delle dichiarazioni del commissario Mainardi che i finanziamenti per la nuova linea Tav non ci saranno mai, comporterà inevitabilmente la levata di scudi di quei territori, come per esempio il nostro, che mai e poi mai possono reggere il quadruplicamento della linea ferroviaria esistente, sia per difficoltà di ordine tecnico, già messe in evidenza nel passato, che per ragioni di impatto per il territorio». Davanti a questa nuova ipotesi di potenziamento della rete ferroviaria è già partita un’azione comune con i sindaci di Palazzolo dello Stella e Precenicco, con la predisposizione di un documento unitario, inviato al commissario Mainardi e alla Presidente della Regione, Debora Serrachiani, nel quale i sindaci evidenziano le loro perplessità di fronte a un’idea «che improvvisamente sembra mettere d’accordo tutti – ribadisce il sindaco di Latisana – semplicemente perché sposta il problema in casa d’altri«. Il prossimo consiglio comunale che il sindaco dovrebbe convocare per la metà di giugno, l’assemblea sarà chiamata a votare uno specifico ordine del giorno, «nei cui confronti, sin da ora, chiedo il convinto sostegno di tutte le forze politiche presenti in aula, per la difesa della nostra comunità, come sempre abbiamo fatto di fronte alle tematiche di ampio respiro che vedono coinvolta la nostra cittadina«. Paola Mauro

 

 

 

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Messaggero Veneto DOMENICA, 02 GIUGNO 2013 Pagina 10 – Regione
 
«Tav a impatto zero e bastano 800 milioni»
 
Il commissario per l’Alta Velocità Mainardi: piano organico con le infrastrutture «La soluzione condivisa con il territorio è la strada più breve, la politica decida»
 
 
 
 
UDINE I progetti? «Ci sono». Il potenziamento dell’esistente? «È quello che possiamo fare in pochi anni, con 700-800 milioni di euro, e che chiedono gli amministratori locali». Il futuro delle infrastrutture a Nordest? «Serve un authority unica che programmi gli interventi compatibilmente con le risorse. Non è più pensabile ragionare a compartimenti stagni. Gli interventi su autostrade e ferrovie vanno programmati in una logica d’insieme, decidendo quale vocazione dare ai diversi tipi di trasporto. In modo integrato tra loro. Perché non possiamo permetterci di buttare via i soldi pubblici». Bortolo Mainardi, il commissario straordinario della Tav Venezia-Trieste, si sente chiamato in causa e non si sottrae. Alla presidente Serracchiani, che sul tema alta velocità-alta capacità è intervenuta a Trieste citando anche il lavoro del commissario – dicendo «Registro che da una parte non c’è ancora il finanziamento statale, dall’altra c’è un commissario per il progetto che ci dice che tra Venezia e Trieste non ci sarà l’opera, ma la quadruplicazione dell’esistente. Quindi, nell’ipotesi in cui il governo faccia scelte diverse rispetto all’Alta velocità in Fvg, come pare, Roma si deve assumere l’impegno di togliere i colli di bottiglia» – risponde con la franchezza che gli è propria. Commissario Mainardi, si è confrontato con la presidentessa Serracchiani? «Ho scritto un mese fa alla governatrice Serracchiani manifestando la disponibilità a illustrarle lo stato dell’iter procedurale sulla tratta alta velocità/alta capacità di mia competenza in Friuli Venezia Giulia e cioè fino a Ronchi Dei Legionari. Spero che quell’incontro possa avvenire quanto prima. A oggi mi limito ad apprendere quel che pensa dai giornali». Ma è vero che i progetti per la Tav a Nordest non ci sono? «Non è vero che non ci sono i progetti per la nuova linea Av/Ac Venezia–Trieste. Ci sono dal dicembre 2010, sono costati circa 22 milioni di euro, di cui circa 6 milioni erogati dall’Unione europea. Chiariamoci una volta per tutte! Non solo i governi italiani, ma è sopratutto l’Unione Europea che ha programmato i corridoi numero 3 (Mediterraneo) e numero 1 (Baltico-Adriatico) – a mio avviso quest’ultimo preferibile per noi –; corridoi che passando da Venezia arrivano a Trieste e poi da Udine passano per Vienna fino ad arrivare a Helsinki. Il governo Italiano conferma semmai l’importanza strategica dei corridoi e quindi anche della tratta in Friuli Venezia Giulia». Si è sentito messo in discussione da Serracchiani? «Io sono un professionista. È la terza volta che ho l’onore e l’orgoglio di essere Commissario straordinario: sull’A28 Sacile-Conegliano e sul Passante di Mestre ho fatto il mio dovere, lo farò anche per questo incarico. Nessuno più del sottoscritto e quindi dello Stato italiano, a cui rispondo, sta lavorando perché l’opera sia economica per la collettività, condivisa dai territori su cui ricade, realizzabile e sostenibile dal punto di vista finanziario. A me viene richiesta concretezza: ogni mese debbo esporre relazioni che devo inviare al Ministero del Tesoro. Sto lavorando per offrire diverse ipotesi di tracciati rispetto a quelli del progetto Rfi del 2010 che prevedono costi da Venezia a Ronchi per 5,7 miliardi di euro. Spetta poi alla responsabilità squisitamente politica la scelta definitiva su quale tracciato portare avanti». Quali sono le alternative? «Le diverse ipotesi di tracciato su questi 122 chilometri, in Veneto e in Friuli, non sono altro che la conferma del corridoio sulla linea ferroviaria esistente dove possibile (a Latisana e Palazzolo per esempio ci sono dei problemi da superare), nella programmazione per fasi. Anche la gran parte dei Comuni del Basso Friuli di recente ha chiesto “l’opzione zero” cioè un’ipotesi di tracciato alternativo e a giorni invierò la documentazione alla presidentessa Serracchiani». Come si procede? «Prima riqualificando l’esistente, collegando l’aeroporto, superando la stazione di Mestre, quadruplicando il bivio San Polo-Monfalcone, raddoppiando la tratta Palmanova-Udine, eliminando i circa 30 passaggi a livello. Già solo con l’eliminazione dei passaggi a livello si potrebbero raggiungere i 200 chilometri l’ora. Solo dopo questa prima fase bisogna pensare al quadruplicamento come realizzato sulla Mestre-Padova. Quindi alla saturazione della linea che a mio avviso non avverrà prima di 15/20 anni». Stando a quanto dice i primi risultati si potrebbero avere in pochi anni… «Lo dico da uomo del Nordest, legato alla mia terra e abituato a parlare come mangio. Se riuscissimo in Veneto e in Friuli Venezia Giulia a far presto e garantirci nei Contratti di programma con Rfi per i prossimi 5/6 anni una cifra di 700-800 milioni di euro, potremmo realizzare gli interventi che ho delineato e porteremmo lavoro. E Dio sa quanto ce ne sia bisogno oggi! Detto questo, ribadisco, è la politica che deve pronunciarsi e scegliere cosa fare». A tal proposito, vista la congiuntura economica, viste le difficoltà nel reperire finanziamenti per le grandi opere, crede che il Nordest si possa ancora permettere due opere come Tav e terza corsia? Non saremo costretti a scegliere una o l’altra? «Nel mio ruolo di tecnico provo a fare un ragionamento più ampio. Se decidiamo di realizzare l’alta capacità ferroviaria e spostare le merci su rotaia, cosa che abbiamo visto si potrebbe fare in pochi anni, dobbiamo fare i conti con un calo dei pedaggi autostradali. Nel caso di Autovie, per esempio, se il fatturato da pedaggi è di circa 130 milioni l’anni, di cui il 30 per cento dovuto al traffico pesante, è pensabile che la concessionaria rinunci a questi introiti? Dico questo perché sono convinto che non sia più tempo di ragionare per compartimenti stagni. Autostrade, ferrovie, porti e aeroporti devono fare parte di un disegno organico. È per questo che sostengo da tempo la necessità di realizzare un’Authority del Nordest per la pianificazione delle infrastrutture. Ma torniamo al punto di partenza: alla politica il compito di delineare le strategie». Martina Milia

 

 

Messaggero Veneto 1 giugno 2013

Tav, si spacca il fronte dei sindaci

Palazzolo, Latisana e Precenicco dicono no a un nuovo studio

 

PALAZZOLO DELLO STELLA. «I sindaci di Latisana, Precenicco, Palazzolo dello Stella, pur ravvisando l’utilità della massima condivisione sul progetto Nuova Linea AV/AC Venezia –Trieste esprimono forte perplessità rispetto alla necessità di effettuare un nuovo studio di fattibilità che avrebbe la finalità di portare ad un cambio di tracciato rispetto al Progetto RFI 2010. La contrarietà a una eventuale potenziamento/ampliamento del tracciato storico si giustifica per gli evidenti impatti ambientali e paesaggistici che tale scelta produrrebbe sui rispettivi centri abitati».

Si spacca il fronte dei sindaci sulla Tav: i sindaci di Latisana, Precenicco e Palazzolo, inviano alla presidente della Regione Fvg, Debora Serracchiani e al presidente dell’assemblea permanente dei sindaci, Cristiano Tiussi, un documento per dire no a nuovi progetti.

«Abbiamo appreso con sconcerto e preoccupazione le dichiarazioni con le quali il presidente della Regione Debora Serracchiani preannunciava un potenziamento della linea ferroviaria esistente e l’intento, del commissario, di procedere ad un suo quadruplicamento». Attacca a nome dei colleghi, il sindaco di Palazzolo Mauro Bordin, «si tratta di ipotesi che smentiscono del tutto il progetto attualmente in esame a Roma, frutto dell’accordo di tutti i sindaci del territorio, che, per quanto riguarda Palazzolo, prevede la realizzazione della nuova linea in affiancamento all’autostrada. Sia chiaro, sin da subito che a un’ipotesi di quadruplicamento della linea esistente opporremo ogni azione a tutela dei nostri cittadini e del nostro paese, che ne risulterebbe irrimediabilmente pregiudicato. Non si può pensare di sventrare un territorio con un intervento così pesante su un tessuto urbanistico ormai consolidato. Amministrazioni comunali e consigli comunali- dice-, si sono espressi a favore del tracciato parallelo all’autostrada, già concordato, e per il quale sono state spese importanti risorse delle quali, presumo, qualcuno debba rendere conto. Anche l’ipotesi del potenziamento della vecchia linea incontra forti perplessità, in quanto le modalità e le conseguenze di tale intervento incideranno su una zona che presenta un sensibile grado di urbanizzazione residenziale e produttiva. Non vorremmo che l’azione di alcuni sindaci, preoccupati delle ricadute sul proprio territorio, finisse per riverberarsi negativamente sulle nostre comunità. Chiediamo al presidente della Regione e al commissario di non cadere in un simile errore e di confermare, per quanto riguarda il nostro territorio, il percorso progettato. Diversamente – conclude – troveranno una ferma opposizione da parte della comunità di Palazzolo che attuerà ogni iniziativa utile a tutelare le proprie ragioni».

 

Dal Piccolo del 02/06/13

Serracchiani ribatte a Mainardi sull’Alta velocità

 
TRIESTE Lui, il commissario straordinario per la tratta Venezia-Trieste della Tav Bortolo Mainardi, le rinfaccia di «cadere dalle nuvole» e di dimenticare la concretezza del progetto dell’Alta velocità? Lei, Debora Serracchiani, ribatte per le rime, ricordando le perplessità espresse dallo stesso Mainardi, in passato, sulla fattibilità dell’oepra. «È stato proprio il commissario, nell’agosto 2012, sottolineando i costi “eccessivi e inaccettabili” dal punto di vista economico e ambientale della Tav Mestre-Trieste, a dire “no alla Tav e sì al potenziamento dell’attuale linea – replica Serracchiani -. Nessuno ha detto che la Tav non si può fare qui. Io invece ho sempre ribadito che per il Friuli Venezia Giulia è fondamentale avere collegamenti ferroviari veloci ed efficienti, per i passeggeri e per le merci, e che la tratta Venezia-Trieste rientra tra le priorità su cui intervenire subito. La Regione condivide in linea di principio l’opzione del quadruplicamento della linea, ma soprattutto il potenziamento immediato della linea esistente, a partire dall’intervento puntuale sui colli di bottiglia. Proprio per questo vorremmo conoscere in dettaglio il progetto di quadruplicamento della linea Trieste-Venezia, e magari cominciare un confronto sugli investimenti immediati necessari per i potenziamenti». Secondo Serracchiani «serve molta chiarezza quando si parla di questo argomento: il progetto cui si riferisce il commissario Mainardi risale al 2010 ed è ancora in attesa dell’esito della valutazione d’impatto ambientale, e non ha nulla a che vedere con il quadruplicamento della linea esistente, di cui lo stesso Mainardi è fautore». Sulla stessa linea Giulio Lauri di Sel. «Nella posizione del commissario c’è ancora molta confusione, presente probabilmente anche nel governo. Bisogna dire con chiarezza che il progetto della Tav, per il quale purtroppo sono già stati spesi molti milioni di euro, viene definitivamente accantonato».

 

Dal Piccolo del 01/06/13

Mainardi “bacchetta” la presidente sulla Tav

 

TRIESTE «La presidente Debora Serracchiani non può cadere dalle nuvole, la Tav si fa anche in Friuli Venezia Giulia. E per realizzare l’Alta Velocità per passeggeri e Alta Capacità per le merci, per quanto riguarda la tratta da Venezia a Ronchi di mia competenza, si sta lavorando a tracciati diversi da quelli finora progettati». Bortolo Mainardi, commissario straordinario per la linea AV-AC Venezia- Trieste, ribatte alle dichiarazioni della governatrice. L’ex europarlamentare, esprimendo forti perplessità in relazione alla costruzione dell’opera in regione, aveva annunciato l’avvio di una accordo con il governo per chiedere risorse (500 milioni di euro) utili ad ammodernare la rete ferroviaria esistente. In particolare i “colli di bottiglia” di Trieste-Mestre, del bivio San Polo a Monfalcone, della Udine-Cervignano e di Campo Marzio. «Premesso che io penso che abbiamo bisogno di Tav – chiariva la presidente –, registro che da una parte non c’è ancora il finanziamento statale, dall’altra c’è un commissario per il progetto che ci dice che tra Venezia e Trieste non ci sarà l’opera, ma la quadruplicazione dell’esistente. Quindi, nell’ipotesi in cui il governo faccia scelte diverse rispetto all’Alta velocità in Fvg, come pare, Roma si deve assumere l’impegno di togliere i colli di bottiglia così possiamo avere treni veloci». Parole a cui Mainardi risponde a stretto giro di posta. «Nessuno ha detto che la Tav non si può fare qui – osserva il commissario – i Corridoi sono confermati. Non è vero che non ci sono i progetti per la nuova linea AV-AC Venezia –Trieste, ci sono dal dicembre del 2010, costati circa 22 milioni di euro e di cui circa 6 milioni provengono da contributi Ue. Chiariamoci una volta per tutte – osserva– non soltanto il governo italiano , ma è sopratutto l’Unione Europea che ha programmato i Corridoi numero 3 Mediterraneo e 1 Baltico-Adriatico». I quali, ricorda il commissario, «passando da Venezia arrivano a Trieste e poi da Udine per Vienna fino a Helsinki». Mainardi ha scritto un mese fa alla presidente dandole la propria disponibilità a illustrare lo stato dell’iter procedurale sulla tratta AV-AC fino a Ronchi. Anche perché, ci tiene a sottolineare il commissario, il governo italiano conferma l’importanza strategica dei Corridoi e quindi anche della tratta in regione e al momento si sta pensando a tracciati diversi da quelli già progettati; ipotesi che non farebbero che confermare il corridoio sulla linea ferroviaria attuale. «Ma prima riqualificando l’esistente – puntualizza Mainardi – collegando l’aeroporto, superando la stazione di Mestre e quadruplicando il bivio S.Polo-Monfalcone». E ancora, «raddoppiando Palmanova-Udine ed eliminando i circa 30 passaggi a livello. E poi – conclude – pensare al quadruplicamento come realizzato sulla Mestre-Padova». (g.s.)

RIGASSIFICATORE: partita ancora aperta per la UE

Dal Il Piccolo del 06/06/13

Gnl, Ue possibilista «ma non a Zaule»

 

La Ue, per bocca del commissario all’Ambiente, che è uno sloveno, Janez Potocnik, si dice ancora possibilista sul progetto del rigassificatore triestino, ma nel contempo ci mette un bel freno, quanto meno nella sua collocazione originaria di Zaule, e lo fa sulla base della sospensione del decreto di Via disposto dall’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini, a fronte del parere espresso dall’Autorità portuale e da tutti gli enti triestini, secondo cui l’impianto di Gas Natural impedirebbe lo sviluppo del porto. Sospendendo l’autorizzazione ambientale (concessa nel 2009), in cui era stata data un’indicazione precisa: o Gas Natural trova una collocazione diversa per il rigassificatore, o l’Autorità portuale rivede i piani di sviluppo dei traffici. Le due cose insieme sono incompatibili. Ma in Europa sono state prese in considerazione pure le opposizioni di natura ambientale e in materia di sicurezza che sono state espresse in questi anni da amministrazioni locali, associazioni ambientaliste e gruppi di studio specifici. Nonché naturalmente dalla Slovenia. A farsi interprete del problema l’eurodeputato veneto Andrea Zanoni (Idv, iscritto nel Parlamento europeo all’Alleanza dei democratici e liberali per l’Europa animalista e ambientalista e membro della commissione Ambiente). Zanoni ha interessato il commissario Ue all’Ambiente. Che è, appunto, lo sloveno Janez Potocnik. Il quale ha detto che «la Commissione continuerà a seguire attentamente gli sviluppi del caso per assicurare il pieno rispetto delle disposizioni del diritto Ue». Ma si profila tuttavia uno snodo politico estremamente rilevante. Entro la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo l’Europa stilerà l’elenco dei progetti di interesse comune nell’ambito della predisposizione della rete energetica Ten-E. E Potocnik ha avvertito: «Il progetto di Zaule potrebbe esservi incluso. Ma l’effettiva inclusione sarà subordinata ad esempio all’esito della ricerca di un nuovo sito per il progetto o di un’altra soluzione al problema ambientale, nonché alle relative comunicazioni alla Commissione nei tempi prestabiliti». Era in vista del piano energetico europeo che l’ex ministro allo Sviluppo, Corrado Passera, era andato a Bruxelles poco prima che il governo Monti decadesse dalle sue funzioni, proprio per raccomandare l’inclusione dell’impianto triestino. Potocnik, interprete anche della fortissima opposizione slovena, ma soprattutto citando il decreto Clini, dice che valgono le indicazioni del ministero italiano: o si cambia posto, o cambiano le condizioni. E comunque in fretta, in tempo per l’inclusione nel piano energetico. «Il tentativo di inserire il rigassificatore di Zaule – commenta Zanoni – fra le 13 infrastrutture energetiche prioritarie del Piano per una rete energetica europea integrata costituisce un goffo e maldestro tentativo di bypassare le opposizioni italiane e slovene nonché la normativa comunitaria. Fortunatamente il commissario ha rimesso le cose a posto frenando l’irruenza sospetta dell’allora ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera».

 

TRIESTE: presidio solidale con la rivolta in Turchia. Foto e report

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Oltre un centinaio di persone ha partecipato all’iniziativa sotto il consolato turco ieri in p.Unità.

A organizzarla alcuni turchi residenti in città legati ad un gruppo di sinistra. In piazza erano presenti anche altri turchi di tendenza nazionalista e vari solidali (anarchici, pacifisti, disobbedienti, comunisti, collettivi di studenti, individualità…). Quasi del tutto assenti aderenti ai vari partitini di sinistra, parlamentari e non. Sono stati lanciati slogan e fatti alcuni discorsi al microfono. L’iniziativa è finita con alcuni balli a suon di musica turca.

 

 (di seguito foto e rassegna stampa)

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UDINE/ sbirri di continuo

Causa sbirraglia niente concerti alla ex caserma osoppo, partita una denuncia per rifiuto di fornire le generalità e resistenza a pubblico ufficiale

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 sette giugno 2013 ore 15.30 ennesima scorribanda delle fdd

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UDINE/ Resistere! Foto, report e rassegna stampa

Superate le 1300 visite

CSA in esilio. Resistere, rompere l’accerchiameto poliziesco, sviluppare l’autogestione

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Udine 8 giugno 2013

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VENEZIA/ No Grandi Navi

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http://www.huffingtonpost.it/manila-ricci/navi-da-crociera-dentro-la-laguna_b_3411640.html?utm_hp_ref=italy

OGM: Dissequestrato il mais ogm.

dal Messaggero Veneto del 07/06/13

Fidenato, dissequestrate le sementi Ogm

Torna a essere proprietario dei terreni – cinque ettari e mezzo – di mezzi tecnici (dal trattore al computer) e soprattutto delle sementi della discordia: i semi di Mon 810, il mais transgenico riconosciuto dall’Europa, che aveva acquistato due anni fa e che sono diventati il simbolo degli agricoltori pro Ogm. Giorgio Fidenato, dopo l’ordinanza della Corte di giustizia europea, torna proprietario della sua impresa ad Arba. Il giudice del tribunale di Pordenone Rodolfo Piccin, ottenuto il parere favorevole del pubblico ministero, ieri ha revocato il sequestro preventivo dell’azienda che ha sede legale ad Arba. Un decreto che suona come un anticipo di sentenza. E che per Fidenato diventa il via libera tanto atteso alla messa a dimora di mais transgenico. Il giudice, preso atto della richiesta che Fidenato ha presentato al pubblico ministero il 31 maggio, preso atto del parere favorevole del pm (datato 4 giugno) e soprattutto dell’ordinanza della Corte di giustizia europea sul caso Fidenato, conclude che «il fatto storico ascritto a Fidenato non può essere considerato reato dall’ordinamento nazionale come osservato efficacemente dal pm: ciò comporta la sopravvenuta dissolvenza del fumus commissi delicti, che impone la caducazione del vincolo». E che fa già intravedere una sentenza di assoluzione. Se Fidenato infatti è finito a processo per aver messo a dimora «sementi di mais di varietà geneticamente modificata (e segnatamente della varietà Mon 810) in carenza dell’autorizzazione…» dello Stato, la Corte di giustizia ha cassato l’ipotesi ritenendo che l’autorizzazione non debba essere concessa se le varietà sono già riconosciute dal diritto europeo. Come dire: la direttiva – anche se non recepita dallo Stato membro – è prevalente. E se la palla, dal punto di vista giuridico, ora passa allo Stato, per l’agricoltore il dissequestro è già un via libera alla possibilità di seminare. Per ora Fidenato non si sbilancia: «Diciamo che finalmente posso tornare a fare l’imprenditore agricolo» si limita a dire con gioia dopo il provvedimento del magistrato. «Ho già parlato con il custode giudiziario con cui il rapporto è stato sempre buono». La volontà di seminare Fidenato non l’ha però mai nascosta e fa intendere che a breve ci potrebbero essere novità, a questo punto alla luce del sole visto che la magistratura a accertato che lui non ha agito fuori legge. Oltre a dissequestrare i beni, il giudice ha revocato l’incarico al custode giudiziario – il direttore centrale delle Risorse agricole, Luca Bulfone – che entro la fine di luglio dovrà fare una relazione della gestione. Martina Milia

 

 Dal Messaggero veneto del 08/06/13

Ogm, esplode la polemica Zanin interroga la Camera

«Nel settembre 2012 una sentenza della Corte di giustizia europea ha dato una seria bacchettata al nostro Parlamento: non è possibile bloccare la messa in coltura di un prodotto Ogm se questo è già stato approvato a livello europeo. L’Italia, che ha sempre negato la propria autorizzazione, rischia l’infrazione comunitaria, mentre il mondo dell’agricoltura si trova spaccato in due». Lo dice Giorgio Zanin, parlamentare del Pd, in una interrogazione alla Camera. Il quesito «riguarda la situazione in cui versa lo Stato italiano, nonostante la cornice dei principi disposti dalla Legge 5 del 2005, il quale sembra privo di misure adeguate alla coesistenza tra la messa a coltura di varietà geneticamente modificate e di quelle biologiche per non compromettere la biodiversità ambientale e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale, bandiera del Made in Italy in tutto il mondo. A seguito dell’impegno del Governo ad adottare misure di salvaguardia al fine di evitare qualsiasi contaminazione votato durante la seduta del 21 maggio 2013 in Senato, chiediamo a Letta e alla sua squadra se i tentennamenti dei Governi che lo hanno preceduto possano aver compromesso la qualità e la sicurezza della produzione agricola del paese e, secondariamente, quali motivazioni stanno alla base del ritardo nel provvedere al divieto temporaneo e di urgenza della coltivazione Ogm». Contraria l’opinione di Futuragra, che da tempo si batte in difesa dell’agricoltura biotech: l’associazione rileva che in 15 anni «di coltivazioni di questo genere, non si è avuto alcun danno per l’uomo», danni che arriveranno se prevarrà un certo “oscurantismo ideologico” che impedisce la sperimentazione in questo settore. «Maggiore chiarezza di comunicazione circa l’illegalità in Regione di semine Ogm e una più intensa sorveglianza sulle possibile semine di mais Mon 810» vengono chiesti infine dalle associazioni ambientaliste Aiab, Wwf, Medici per l’ambiente e Legambiente, in una lettera alla presidente regionale Debora Serracchiani, dopo il dissequestro delle sementi di Giorgio Fidenato autorizzato dal giudice Piccin. Gli ambientalisti sollecitano «l’intensificazione della sorveglianza sulle semine e contestualmente una chiara definizione normativa e relativa comunicazione a tutti i settori sulla non legalità delle semine Ogm»

 

NO TAV/ I pentiti del TAV

I PENTITI DEL TAV
citazione dall’articolo che segue
<<Per assurdo, allora, avevano ragione coloro che agli incontri ci contestavano e ci tiravano uova, coloro che ci aizzavano a dire “no” ad ogni trattativa con Rfi».>>

Messaggero Veneto MARTEDÌ, 11 GIUGNO 2013

Pagina 35 – Provincia PALMANOVA

Cressati: sul progetto Tav quanti anni gettati al vento

PALMANOVA Il commissario per la Tav, Bortolo Mainardi, ha concesso ai sindaci dei comuni interessati dal passaggio della linea ferroviaria, di ragionare non solo sulla linea concordata con il famoso “Protocollo d’intesa” siglato da sindaci e Regione, ma anche sul semplice ammodernamento della linea esistente (la cosiddetta “opzione zero”). Questo fatto suscita la reazione amara dell’ex sindaco Federico Cressati che, come gli altri amministratori, si è confrontato con le varie ipotesi progettuali senza prendere in considerazione proprio l’opzione zero, in quanto esclusa a priori dai tecnici. «Ovviamente – precisa – ora i sindaci hanno giustamente optato per l’ammodernamento della linea esistente, meno impattante e problematico. Nel corso degli accesi dibattiti degli anni scorsi tra amministratori comunali, tecnici di Rfi e amministratori regionali, un’affermazione era graniticamente e dogmaticamente ripetuta da Rfi e Regione Fvg: l’opzione zero non esiste, l’opera è strategica, fondamentale e quindi per le caratteristiche tecniche non può essere un semplice ammodernamento della linea esistente, è necessario un radicale ripensamento del sistema delle tratte». Cressati ricorda che per anni si è ragionato su ipotesi progettuali di nuovi tracciati, con l’obiettivo di difendere al massimo il territorio, ma partendo dal presupposto che un “sacrificio” era necessario perché l’opzione zero (quella che il buonsenso di tutti suggeriva) non era possibile. «Ora, a distanza di 8 anni – prosegue l’ex sindaco – apprendo che il lavoro di noi amministratori è stato vano ed inutile, così come le ore trascorse a confrontarci con i cittadini e tra amministratori. Perché, come un coniglio dal cilindro del mago, è spuntata “l’opzione zero”, quella su cui mai avevamo potuto ragionare. Mi chiedo quale costo abbiano avuto questi anni pensando agli incarichi progettuali affidati, alle ore di lavoro degli uffici pubblici, al tempo dedicato a questo progetto. Il tutto per avere come risultato un ritorno al punto di partenza. Per assurdo, allora, avevano ragione coloro che agli incontri ci contestavano e ci tiravano uova, coloro che ci aizzavano a dire “no” ad ogni trattativa con Rfi». E allora all’ex sindaco non resta che una domanda: «Noi amministratori, che con coscienza ci siamo impegnati, cercando di convincere noi stessi, prima, e i nostri cittadini, dopo, che la soluzione di maggior buonsenso non esisteva, come dobbiamo comportarci una volta accertato che abbiamo sostenuto il falso? Non è vero che “l’opzione zero” non esiste, anzi è la migliore». Monica Del Mondo

ELETTRODOTTI/ Il Consiglio di Stato dà ragione ai Comitati del Brenta

Testo della Sentenza

 

N. 03205/2013REG.PROV.COLL.

N. 06870/2012 REG.RIC.

N. 06871/2012 REG.RIC.

N. 06942/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6870 del 2012, proposto da:
Comune di Vigonovo, Comune di Saonara, Comune di Stra, Comune di Camponogara, Comune di Dolo, Comune di Fossò in persona dei rispettivi sindaci in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo Ceruti e Alessio Petretti, preso il primo elettivamente domiciliato in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico in persona dei rispettivi ministri in carica, Presidenza del consiglio dei ministri in persona del presidente in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Ezio Zanon, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;

nei confronti di

Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Martino, Filomena Passeggio, Elena Buson, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

 

sul ricorso numero di registro generale 6871 del 2012, proposto da:
Comune di Vigonovo, Comune di Saonara, Comune di Stra, Comune di Camponogara, Comune di Dolo, Comune di Fossò in persona dei rispettivi Sindaci in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Matteo Ceruti e Alessio Petretti, presso quest’ultimo elettivamente domiciliati in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico in persona dei rispettivi ministri in carica, Presidenza del Consiglio dei ministri in persona del presidente in carica, tutti rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi, Tito Munari, Ezio Zanon, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;

nei confronti di

Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Elena Buson, Claudio Martino, Filomena Passeggio, con domicilio eletto presso l’avvocato Claudio Martino in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

 

sul ricorso numero di registro generale 6942 del 2012, proposto da:
Adone Doni, Anna Maria Doni, Patrizia Doni, Clorinda Milani, Federico Masato, Mario Vescovi, Renzo Vescovi, Gianantonio Canova, Maria Masiero, Gianfranco Marigo, Silvano Doni, Rachelino Novello, Angelo Baldan, Associazione Cat – Comitati Ambiente e Territorio – Riviera del Brenta e Miranese in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco M. Curato, Debora Pretin, Valentina Porro, presso quest’ultima elettivamente domiciliati in Roma, via Appia Antica, 140;

contro

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello sviluppo economico, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Veneto in persona del presidente in carica della Giunta regionale, rappresentata e difesa dagli avvocati Tito Munari, Ezio Zanon, Andrea Manzi, presso quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, 5;
Terna- Rete Elettrica Nazionale s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Filomena Passeggio, Claudio Martino, Elena Buson, con domicilio eletto presso l’avvocato Claudio Martino in Roma, via Antonio Gramsci, 9;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6870 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4068/2012, resa tra le parti, concernente approvazione progetto definitivo per la costruzione, da parte di Terna spa, di un nuovo collegamento a 380 kv tra le stazioni elettriche a 380/220/132 kv di Dolo (Ve) e Camin (Pd) – risarcimento danni

quanto al ricorso n. 6871 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4054/2012, resa tra le parti, concernente giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto “razionalizzazione della rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova” – risarcimento danni

quanto al ricorso n. 6942 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione II n. 4061/2012, resa tra le parti, concernente giudizio favorevole di compatibilità ambientale relativamente al progetto razionalizzazione delle rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova.

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni pubbliche intimate e di Terna – Rete Elettrica Nazionale s.p.a, come sopra specificato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 aprile 2013 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Ceruti, l’avvocato dello Stato Guida, gli avvocati Andrea Manzi, Munari, Buson e Martino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso in appello rubricato al numero di ruolo generale 6870/2012 i Comuni di Vigonovo, Saonara, Stra, Camponogara, Dolo e Fossò chiedono la riforma della sentenza 7 maggio 2012, n. 4068 con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso presentato avverso il decreto ministeriale n. 239 del 7 aprile 2011, recante autorizzazione unica ai sensi dell’art. 1-sexies d.l. 29 agosto 2003 n. 239 conv. nella legge 27 ottobre 2003 n. 290, e degli atti allo stesso prodromici, per la realizzazione, da parte di Terna-Rete Elettrica Nazionale s.p.a. (d’ora in avanti: Terna) di un nuovo collegamento tra le stazioni di Dolo e Camin, inserito nel piano di sviluppo della rete elettrica nazionale.

I medesimi Comuni hanno impugnato anche, con distinto appello (n. 6871/2012) la sentenza n. 4054 del 7 maggio 2012 dello stesso Tribunale amministrativo, reiettiva del ricorso presentato per l’annullamento del decreto ministeriale 2 febbraio 2010, recante giudizio di compatibilità ambientale dell’impianto suddetto, e degli atti del relativo procedimento statale di valutazione.

Analogo ricorso in appello (n. 6942/2012), avente ad oggetto la sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio 7 maggio 2012, n. 4061, è stato presentato da alcuni privati residenti nelle aree interessate dal tracciato della progettata linea elettrica.

I) Gli appelli possono essere riuniti, data la connessione oggettiva e soggettiva che li lega.

Essi concernono l’approvazione del progetto per la costruzione di interventi di razionalizzazione della rete elettrica ad alta tensione nelle aree di Venezia e Padova, per la cui realizzazione ed esercizio Terna ha presentato istanza ex art. 1-sexies d.-l. 29 agosto 2003, n. 239, al Ministero dello sviluppo economico in data 28 dicembre 2007, integrata con nota del 29 gennaio 2008, e gli atti del relativo procedimento, in particolare il giudizio di compatibilità ambientale.

Nella valutazione del progetto presentato da Terna è intervenuta l’intesa della Regione Veneto, espressa con deliberazione della Giunta regionale n. 642 del 18 marzo 2008.

Successivamente ha preso avvio il procedimento di valutazione di impatto ambientale, nel quale sono intervenuti il parere favorevole della commissione regionale (8 luglio 2009, n. 246), il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali del 1° dicembre 2009, il decreto del Ministero dell’ambiente del 2 febbraio 2010, parzialmente modificato il 15 novembre 2010 (tali decreti sono stati oggetto dei ricorsi decisi dal Tribunale amministrativo del Lazio con le sentenze n. 4054 e 4061 del 2012).

Nel frattempo, con provvedimento dell’11 settembre 2009 il progetto è stato sottoposto ad un primo accertamento di compatibilità rispetto agli strumenti urbanistici dei comuni interessati da parte della direzione urbanistica della Regione Veneto, a seguito del quale Terna ha presentato un progetto aggiornato e revisionato quanto al tracciato in base alle prescrizioni imposte, che è stato sottoposto ad un secondo accertamento di conformità urbanistica al piano territoriale di coordinamento nel frattempo intervenuto.

La conferenza di servizi per la valutazione del progetto si è conclusa il 14 dicembre 2010 con il rilascio dell’autorizzazione unica del 7 aprile 2011, oggetto della sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio n. 4068 del 2012.

III) Le sentenze impugnate hanno respinto i ricorsi rilevando, in particolare, che:

– l’intesa regionale prevista dall’art. 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003, avendo carattere politico, non deve necessariamente intervenire in esito a specifica e completa istruttoria, e l’assenso regionale in seno alla conferenza di servizi del 14 dicembre 2010 è stato legittimamente espresso dal dirigente regionale;

– nel procedimento regolato dalla norma appena citata l’autorizzazione unica sostituisce tutte le autorizzazioni e gli atti d’assenso comunque denominati e incide, con forza di variante, sugli strumenti urbanistici vigenti;

– tale autorizzazione è stata rilasciata in esito anche all’accertamento positivo di conformità urbanistica condotto dal Ministero delle infrastrutture a seguito di un’apposita valutazione regionale che ne ha verificato la compatibilità con il Piano territoriale regionale di coordinamento vigente e con quello adottato, nonché, per le aree interessate, con il Piano d’area della laguna di Venezia, come risulta dalle note della Regione Veneto dell’11 settembre 2009 e del 5 gennaio 2011, quest’ultima relativa al progetto variato a seguito delle prescrizioni di carattere tecnico inserite nel decreto di VIA;

– gli artt. 4 e 5 della legge regionale del Veneto 30 giugno 1993, n. 27, della quale i ricorrenti deducono la violazione, non sono più in vigore, essendo la materia ormai regolata dalla legge statale 22 febbraio 2001, n. 36 e, quanto al procedimento, dal d.p.r. 18 aprile 1994, n. 383, oltre ad essere incompatibili con l’art. 1-sexies d.-l. n. 239 del 2003;

– la sistemazione della rete di cui al progetto in esame è prevista nel piano annuale 2007 per lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale, approvato con decreto ministeriale dell’11 aprile 2007 e poi in tutti i piani successivi ed è stato approvato dalla Regione mediante l’intesa, come necessario alla riqualificazione ambientale e di ammodernamento della rete locale mediante la realizzazione della nuova linea Camin-Dolo con le modalità previste dall’alternativa 2, approvata in sede di VIA e l’eliminazione di numerose linee aeree esistenti;

– la scelta della soluzione migliore spetta non alla Regione, ma ai competenti Ministeri, mentre la Regione ha condiviso la necessità di realizzare il progetto, anche per conseguire l’obiettivo previsto con il cosiddetto accordo Morazzani;

– i termini prescritti dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3764 del 2009 per la conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale e per il rilascio dell’autorizzazione unica non sono perentori;

– il parere del Genio civile è favorevole alla realizzazione del progetto;

– la possibilità di tracciati alternativi è stata accuratamente vagliata ed è comunque oggetto di una censura inammissibile;

– la valutazione da parte della Regione, in sede di procedura di VIA, del profilo paesaggistico relativo al tracciato è stata compiuta nella versione originaria del progetto, che non risulta variato nella versione definitiva;

– i ricorrenti non hanno interesse a lamentare l’illegittimità delle condizioni indefinite imposte a Terna con il parere della Regione Veneto;

– la prevalenza numerica dei voti contrari nella conferenza di servizi al progetto è irrilevante, poiché hanno espresso parere favorevole le Amministrazioni dotate di competenze esclusive e/o prevalenti nella materia;

– la partecipazione di Terna alla conferenza di servizi decisoria è consentita dall’art. 14,ter, comma 2-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

IV) Gli appelli contestano tutti le considerazioni sopra riassunte.

Alla loro disanima vale premettere l’inquadramento normativo della materia.

L’art. 1-sexies del d.-l. 29 agosto 2003, n. 239 (Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica), come sostituito in sede di conversione dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 e successivamente modificato dall’articolo 27, comma 24, lettera a), della legge 23 luglio 2009, n. 99, prevede che “la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti facenti parte della rete nazionale di trasporto dell’energia elettrica sono attività di preminente interesse statale e sono soggetti a un’autorizzazione unica comprendente tutte le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, rilasciata dal Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e previa intesa con la regione o le regioni interessate”. Tale autorizzazione “sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti e comprende ogni opera o intervento necessari alla risoluzione delle interferenze con altre infrastrutture esistenti, costituendo titolo a costruire e ad esercire tali infrastrutture, opere o interventi, in conformità al progetto approvato. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio provvede alla valutazione di impatto ambientale e alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato. Restano ferme, nell’ambito del presente procedimento unico, le competenze del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito all’accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni delle norme di settore e dei piani urbanistici ed edilizi”.

Da tale norma deriva che le funzioni in merito alla realizzazione e all’esercizio degli impianti sono di competenza dello Stato; che l’autorizzazione unica sostituisce qualunque atto d’assenso e costituisce titolo per la realizzazione del progetto; che, per quanto qui interessa, l’accertamento della conformità delle opere ai piani urbanistici ed edilizi è di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il comma 3 del medesimo decreto-legge prevede che l’autorizzazione sia rilasciata a seguito di un procedimento unico, nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, che può essere avviato sulla base di un progetto preliminare e al quale “partecipano il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e le altre amministrazioni interessate nonché i soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti. Ai fini della verifica della conformità urbanistica dell’opera, è fatto obbligo di richiedere il parere motivato degli enti locali nel cui territorio ricadano le opere”.

Corollario di tale disposizione è la necessaria partecipazione al procedimento della Regione e dei Comuni il cui territorio è interessato dal progetto. A questi non spetta, peraltro, l’accertamento della conformità delle opere ai piani urbanistici ed edilizi (dal momento che, come prevede il primo comma, competente all’accertamento è lo Stato), ma solo l’espressione di un parere.

IV.a) Alla luce di tale inquadramento appare condivisibile quanto ritenuto dal primo giudice in merito alla non necessità che l’intesa regionale proceda da una completa istruttoria. Anzitutto, infatti, la Regione partecipa necessariamente al successivo procedimento preordinato a valutare l’autorizzabilità dell’opera per esprimervi un parere motivato ( e quindi necessariamente istruito). In secondo luogo, l’intesa di cui al primo comma della disposizione citata è prevista in una fase preliminare alla vera e propria valutazione del progetto (è “previa”). Inoltre, postulare una piena motivazione dell’intesa (in ciò dovendosi ricondurre, come si è detto, il preteso obbligo di completa istruttoria) significherebbe appiattirne la portata sulla vera e propria partecipazione al procedimento unico, configurando una ingiustificata ripetizione valutativa, oltretutto in contrasto con le esigenze di celerità che la norma intende presidiare. Infine, dal momento che, come visto, l’accertamento della conformità urbanistica spetta al Ministero in sede di procedimento unico, sarebbe illogico pretendere che, invece, la completa disamina di tale conformità appartenga alla Regione ai fini dell’espressione dell’intesa.

Nemmeno si può ritenere, con gli appellanti, che una diversa interpretazione discenda dall’art. 3 della legge regionale del Veneto 30 giugno 1993, n. 27 che prevede la valutazione di impatto ambientale ai fini dell’accertamento della conformità urbanistica degli elettrodotti di cui ai commi 2 e 3 dell’art.81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Tale disposizione è precedente al disegno anche procedimentale recato da quella del 2003, che espressamente dichiara gli elettrodotti opere di preminente interesse dello Stato,e i cui principi si impongono alle Regioni per i procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di reti elettriche di propria competenza (art. 1-sexies,5), e che ha quindi portata innovativa sull’intera materia rispetto al contenuto del d.P.R. n. 616 del 1977, il cui art. 81 è stato, del resto, esplicitamente abrogato dall’art. 4 d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.

E’, in conclusione, infondata la censura svolta con gli appelli, relativa appunto al momento in cui è intervenuta l’intesa della Regione, dovendosi riconoscere a tale inserto procedimentale una portata valutativa di massima circa la consonanza con gli interessi perseguiti in sede locale.

IV.b) Quanto alla pretesa incompetenza del direttore regionale a manifestare la volontà dell’amministrazione in seno alla conferenza di servizi in senso confermativo dell’intesa già espressa, va rilevato che la censura si fonda sulla considerazione della partecipazione alla conferenza quale momento di espressione dell’intesa.

La partecipazione alla conferenza di servizi realizza invece, come si è rilevato, un momento diverso, il cui contenuto consiste nell’apporto del parere circa la conformità urbanistica del progetto e non nella manifestazione di una volontà dell’Amministrazione (come si è visto, la valutazione finale spetta infatti, anche per la parte urbanistica ed edilizia, all’Amministrazione statale). Ne deriva che la delega rilasciata con nota del 14 dicembre 2010 dal Presidente della Giunta regionale al dirigente per la partecipazione alla conferenza di servizi è sufficiente a costituirne la legittimazione ai lavori, dato che, ai sensi dell’art. 1-sexies del ricordato decreto-legge, la Regione non era chiamata ad esprimere una volontà, né amministrativa né politica, ma solo un parere. Indipendentemente, quindi, dall’espressione usata nella conferenza del 25 giugno 2009 dal dirigente regionale, che ha ribadito l’intesa favorevole espressa con la deliberazione del 18 marzo 2008 e si è riservato di inviare i pareri “entro breve”, i lavori e l’esito della conferenza non possono ritenersi viziati sotto il profilo esaminato; tanto più che, come risulta dal verbale del 14 dicembre 2010, i pareri espressi da tutte la strutture regionali coinvolte sono stati effettivamente consegnati agli atti.

IV.c) La già ricordata attribuzione alla competenza statale dell’accertamento di conformità urbanistica ed edilizia delle opere progettate, insieme al valore di variante urbanistica che l’art. 1-sexies, comma 2, lettera b) del decreto-legge più volte citato riconosce all’autorizzazione unica, che costituisce titolo a costruire in conformità al progetto approvato, rende palese l’infondatezza delle censure relative alla violazione della legge regionale del Veneto n. 27 del 1993 in ragione sia della mancata valutazione della compatibilità del progetto con tutti gli strumenti urbanistici e territoriali, anche sovraordinati (piani provinciali e regionale di coordinamento territoriale), sia della interferenza con zone residenziali e/o vincolate nel territorio dei Comuni di Saonara e di Vigonovo. La non conformità dichiarata dai Comuni appellanti delle opere progettate ai propri strumenti urbanistici non rileva a illegittimità dell’autorizzazione, come la pretesa violazione delle zone di rispetto o sottoposte a vincolo da parte degli elettrodotti in cavo aereo, e ciò in ragione sia della valutazione positiva compiuta in sede ministeriale su conforme parere della Regione Veneto, sia della preminenza dell’autorizzazione rispetto alla difforme programmazione territoriale, dato che, insieme alla funzione di titolo edificatorio riconosciuto all’autorizzazione unica, tale prevalenza indica la non necessità della conformità del progetto alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, anche di coordinamento sovraordinato.

In questo senso deve essere precisato che la legge 22 febbraio 2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) e la legge n. 290 del 2003, più volte ricordata, hanno determinato, con il nuovo assetto della materia sotto i diversi ed esaustivi aspetti rilevanti (tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, promozione della ricerca, insediamento territoriale) l’abrogazione implicita delle difformi norme regionali incidenti nel medesimo settore dell’inquinamento elettromagnetico e della realizzazione dei relativi impianti, assorbendone l’oggetto. E la riconduzione del thema decidendum alla programmazione urbanistica, della quale gli appellanti rivendicano, in sostanza, la competenza per gli enti territoriali, evidenzia ancora una volta la sufficienza della legge n. 290 del 2003 a sostenere, di per sé (e quindi indipendentemente dalla questione della piena applicabilità della legge n. 36 del 2001, contestata dai ricorrenti) la legittimità della mancata considerazione dei parametri regionali.

Va, infine, ancora rilevato che, in forza della portata delle citate leggi statali e del conseguente disegno del riparto di competenze tra Stato e Regioni, a queste ultime spetta, nel rispetto dei criteri e delle modalità stabiliti dallo Stato, la “definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione non superiore a 150 kV” (art. 8 della legge n. 36 del 2001, avente, come detto, valore di legge quadro), mentre è riservato allo Stato la “definizione dei tracciati degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV” (art. 4). La considerazione che la nuova linea progettata prevede, solo per il tratto Dolo-Camin, una potenza pari a 380 kV rende allora evidente l’infondatezza anche delle questioni attinenti all’ambito riservato dall’art. 117 della Costituzione alla potestà legislativa delle Regioni.

IV.d) I ricorrenti ripropongono la doglianza, già disattesa in primo grado, secondo la quale nel procedimento sfociato nell’autorizzazione unica avrebbe svolto un ruolo decisivo l’accordo di programma cosiddetto “Morazzani”, relativo alla riqualificazione ambientale, paesaggistica, idraulica e viabilistica dell’area di Venezia-Malcontenta-Marghera, sottoscritto il 31 marzo 2008 senza alcun coinvolgimento della Provincia di Padova e dei Comuni di Vigonovo, Saonara, Camponogara, Stra e Dolo, il cui territorio è attraversato dalle linee elettriche del nuovo elettrodotto Dolo-Camin, la cui mancata autorizzazione è prevista dall’accordo stesso come causa di risoluzione.

Due, al riguardo, appaiono le considerazioni decisive. Anzitutto, il perseguimento degli impegni presi in sede di accordo di programma non possono ridondare, di per sé, in illegittimità nella diversa procedura qui in esame, essendo anzi pienamente legittimo che di essi le Amministrazioni che hanno stipulato l’accordo abbiano tenuto conto. In secondo luogo, l’eventuale illegittimità dell’accordo per mancata partecipazione di tutti gli enti interessati non ha alcuna rilevanza ai fini dell’indagine sull’autorizzazione unica, che va condotta alla stregua dei parametri normativi e delle circostanze di fatto propri di tale provvedimento e del suo procedimento, in particolare circa la completezza della partecipazione di tutti gli enti locali interessati, che in concreto si è verificata nella fattispecie in esame.

Anche questa censura non è, quindi, fondata.

IV.e) Del pari non condivisibile è il motivo attinente al superamento del termine previsto dall’art. 12 dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2009 per il rilascio dell’autorizzazione unica, termine al quale, in mancanza di espressa indicazione normativa in tal senso, non è dato riconoscere natura perentoria. Inoltre, l’eventuale accoglimento del motivo comporterebbe la riedizione del potere da parte dell’Amministrazione, con un effetto di ulteriore dilatazione dei tempi, in contrasto con lo stesso interesse dedotto in causa.

IV.f) L’istruttoria del Genio civile, della quale gli appellanti lamentano la carenza, si è conclusa positivamente con la nota del 10 marzo 2011, la quale, sia pure successiva alla chiusura dei lavori della conferenza (nella quale, comunque, il rappresentante della Regione ha espresso parere complessivamente favorevole, come risulta anche dall’allegato al verbale della seduta conclusiva), ha superato i rilievi circa la mancanza di necessaria documentazione negli elaborati del progetto revisionato da Terna a seguito del precedente parere condizionato del 7 dicembre 2010. Non è quindi dato riscontrare la carenza di istruttoria, né lo sviamento o la contraddittorietà denunciati dagli appellanti, dato che il parere positivo è comunque subordinato alla condizione che “nella fase esecutiva vengano sottoposti all’ufficio del Genio civile adeguati disegni esecutivi e quindi concordate tutte le modalità costruttive di dettaglio atte a garantire la sicurezza idraulica e la piena funzionalità dell’idrovia”.

IV.g) Quanto alla violazione del Piano d’area della Laguna di Venezia, riferita alla mancata esplorazione di soluzioni di minor impatto sulle aree di interesse paesistico-ambientale, sia quanto al tracciato, sia quanto al sistema costruttivo, la censura va esaminata insieme a quella relativa alla mancata acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica regionale sul progetto revisionato da Terna. L’esame di tutti tali aspetti, attinenti alla compatibilità del progetto con i valori paesaggistici e ambientali è presidiato dal procedimento di valutazione di impatto ambientale previsto dall’art. 29 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in esito al quale, nella fattispecie in esame, il Ministero dell’ambiente si è espresso in senso favorevole, con prescrizioni, con il decreto n. 3 del 2 febbraio 2010 e, sul progetto modificato da Terna a seguito delle suddette prescrizioni, con il decreto 15 novembre 2010, n. 832.

In data successiva (14 dicembre 2010) si è tenuta la seconda riunione della conferenza, nell’ambito della quale si è tenuto conto del giudizio finale di compatibilità ambientale.

Si deve, quindi, esaminare la legittimità del suddetto decreto ministeriale n. 3 del 2 febbraio 2010, recante giudizio positivo di compatibilità ambientale, rispetto al quale il successivo decreto del 15 novembre 2010 non ha portata integralmente innovativa.

Gli appelli n. 6871 e 6942 ne sostengono l’illegittimità per contraddittorietà con precedenti determinazioni ministeriali, in particolare con il decreto ministeriale n. 1833 del 1° dicembre 2009, che, a tutela del complesso monumentale di Villa Sagredo, richiama le prescrizioni indicate dal Ministero per i beni e le attività culturali nella nota 3 luglio 2009, n. 8802 nel rendere il parere di competenza ai fini della valutazione di compatibilità ambientale del progetto presentato da Terna l’11 febbraio 2008 (la stessa oggetto del successivo provvedimento).

In realtà, con tale nota (nella quale non è dato riscontare il punto B4, citato nel decreto n. 1833 del 2009), il Ministero per i beni e le attività culturali, per quanto riguarda l’area di intervento Dolo-Camin, ha espresso parere favorevole all’alternativa 1 (impianto in parte interrato) e solo in via subordinata, e con condizioni, per l’alternativa 2 (completamente in soluzione aerea), ritenuta non compatibile con la tutela di Villa Sagredo.

Sul punto, la sentenza erra sia nel ricondurre il paragone al solo decreto interministeriale n. 1833 del 1° dicembre 2009 (che comunque contiene prescrizioni non riportate nel successivo provvedimento del 2010), laddove nei ricorsi si svolgeva una più articolata censura, sia nel considerare privo di qualsiasi effetto il precedente parere del Ministero per i beni e le attività culturali, sfavorevole all’alternativa poi definitivamente scelta, in coerenza con quanto già rappresentato dallo stesso Ministero con la nota 23 marzo 2009, n.7280, nella quale si evidenziava l’opportunità di “considerare l’opzione cavo interrato, al fine di non interferire con l’ambito paesaggistico ambientale caratterizzato dall’idrovia esistente e dalla Villa Sagredo e con gli insediamenti abitativi”.

La mancata comunicazione del decreto n. 1833 del 2009 alla società richiedente e alle Amministrazioni interessate (invero smentita dal successivo iter procedimentale, come si dirà), valorizzata dalla sentenza impugnata al fine della reiezione della censura, incide nella fase di integrazione dell’efficacia e non tocca, quindi e in ogni caso, né la validità del provvedimento, né la sua esistenza storica, della quale la stessa Amministrazione procedente avrebbe dovuto tener conto.

Piuttosto, va rilevato che, come risulta dalla documentazione versata in atti, il parere del 3 luglio 2009 è stato superato dalla successiva nota del medesimo Ministero per i beni e le attività culturali n. 7126 del 20 ottobre 2009, che, peraltro, non appare congruamente motivato né sulla necessità di determinarsi in modo diverso (anzi, conferma “le considerazioni espresse […] in merito all’impatto sul patrimonio culturale delle diverse alternative”) né sulla “dichiarata impossibilità di perseguire soluzioni alternative alla soluzione denominata alternativa 2”, posto che la motivazione del ripensamento riposa unicamente su “quanto dichiarato da Terna con nota […] del 7.10.2009, ed in particolare che l’unica soluzione perseguibile è la realizzazione dell’elettrodotto 380kV Dolo-Camin secondo la proposta denominata alternativa 2” (in contrasto con lo stesso progetto presentato l’11 febbraio 2008, nel quale Terna proponeva come prima ipotesi l’alternativa 1, evidentemente considerata realizzabile).

Tale esclusiva rilevanza attribuita alle ragioni di Terna, in assenza di qualsiasi considerazione atta a evidenziare i motivi per i quali queste debbano avere la prevalenza sulle esigenze di tutela del patrimonio culturale, del quale tuttavia si riconosce la compromissione, non è sufficiente a fondare un’adeguata motivazione circa il mutamento di parere, rispetto alla primitiva valutazione del progetto.

Sulla base di tale rinnovato parere sono stati poi emessi il decreto del Ministero dell’ambiente, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, n. 1833 del 1° dicembre 2009, recante giudizio favorevole, con prescrizioni, al progetto proposto da Terna, e le successive integrazioni e precisazioni di cui ai decreti del 2010, già ricordati. La motivazione del parere del 20 ottobre 2009, con il relativo vizio, ridonda quindi sui successivi decreti di valutazione, che lo richiamano espressamente e che lo considerano quale precedente: ne deriva la fondatezza della censura esaminata, e l’erroneità della sentenza impugnata che non l’ha riconosciuta. Quindi, in riforma della sentenza impugnata, deve essere annullato l’impugnato giudizio di compatibilità ambientale, e, di conseguenza, anche l’autorizzazione unica, che assume la valutazione di impatto ambientale quale “parte integrante e condizione necessaria” (art. 1-sexies, comma 4, d.-l. n. 239 del 2003).

IV.h) Ai fini della conformazione della successiva attività dell’Amministrazione, è peraltro opportuno valutare anche le ulteriori censure svolte con gli appelli.

1) Non è fondato il vizio di indeterminatezza degli oneri compensativi poti dall’autorizzazione unica a carico di Terna e a favore dei Comuni danneggiati dall’intervento nella tratta considerata, poiché, come ha rilevato il Tribunale amministrativo, il contenuto specifico degli oneri dovrà e potrà essere determinato solo in sede attuativa, in relazione alla concreta entità dei danni.

2) La mancata considerazione delle posizioni contrarie all’intervento in sede di conferenza di servizi, la cui maggiore consistenza numerica rispetto a quelle favorevoli non consentirebbe, secondo gli appellanti, di ritenere raggiunta la prevalenza che l’art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 considera ai fini dell’esito della conferenza stessa, costituisce censura che rimane assorbita dall’accoglimento del motivo di cui sopra, per effetto del quale il procedimento dovrà essere ripreso fino ad un nuovo esito (non senza evidenziare che il diverso peso delle posizioni è diretta conseguenza del riparto di competenze tra Stato ed enti locali stabilito dall’art. 1-sexies del d.l. 29 agosto 2003, più volte sottolineato).

3) Va invece rilevato, con riguardo alla contestata partecipazione delle società Anas, Italiana Energia e servizi e Veritas, che esse, in quanto “soggetti preposti ad esprimersi in relazione ad eventuali interferenze con altre infrastrutture esistenti” sono abilitate dall’art. 1-sexies, comma 3, legge n. 290 del 2003, come modificato dalla legge 23 agosto 2004, n. 239, a partecipare ai lavori della conferenza e a esprimersi in merito all’intervento da valutare.

4) Poiché dai verbali delle riunioni della conferenza risulta che la partecipazione di Terna, consentita dall’art. 14-ter, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, si è limitata all’apporto collaborativo per la completa disanima dell’intervento, ma non ha comportato l’espressione di un voto finale, anche la censura relativa alla sua partecipazione non può essere condivisa.

5) Anche assorbite rimangono la censura relativa al superamento dei limiti consentiti per l’inquinamento elettromagnetico, che potrà essere apprezzata solo in relazione alla soluzione progettuale che verrà approvata in sede di riedizione del procedimento (limiti che, comunque, sono quelli stabiliti in sede nazionale), e, per lo stesso motivo, quella relativa all’incompetenza che vizierebbe il decreto del 2 febbraio 2010, argomentata con riferimento agli specifici profili del progetto approvato. Il vizio relativo alla composizione della commissione di valutazione di impatto ambientale, dedotto con riferimento ai termini previsti per la sostituzione dei commissari ai sensi del d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito nella legge 14 luglio 2008, n. 123, perde di rilevanza in ragione della dilatazione dei tempi derivanti dalla riedizione del potere.

6) Le censure relative alla inchiesta pubblica convocata al fine della formulazione del parere regionale nell’ambito della procedura di valutazione di VIA statale sono infondate, posto che l’art. 18 della legge regionale del Veneto 26 marzo 1999, n.10, che la prevede, è applicabile “salvo quanto diversamente disposto dalla normativa statale”: l’art. 24, comma 6, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente) prevede che la consultazione sia facoltativa, contrariamente a quanto pretendono i ricorrenti.

7) Infondata è anche la censura di illegittima composizione della commissione regionale di VIA in ragione della presidenza attribuita al segretario generale infrastrutture e mobilità e non al segretario competente in materia ambientale, come prescrive l’art. 5 della legge regionale appena richiamata. La trasversalità della “materia ambientale” esclude che il settore infrastrutture e trasporti ne possa ritenersi estraneo, come ha rilevato la sentenza impugnata.

8) All’infondatezza delle censure relative alla violazione degli artt. 4 e 5 della legge regionale del Veneto n. 27 del 2001 valgono le considerazioni già svolte in merito alla intervenuta tacita abrogazione della medesima legge per effetto della successiva normativa statale.

V) In conclusione, assorbito ogni altro profilo, in accoglimento degli appelli, le sentenze impugnate devono essere riformate nei sensi di cui sopra.

La particolare complessità e la parziale novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite anche per questo secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe indicati, li riunisce e li accoglie, riformando, per l’effetto, le sentenze impugnate con conseguente annullamento, nei sensi di cui in motivazione, del giudizio di positivo di compatibilità ambientale, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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