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Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
da Il Piccolo del 3 novembre 2012
Carico di uranio, la Regione si sfila
Contraria al passaggio, non fornirà appoggio logistico. Pronto il piano B per il trasferimento a Capodistria
di Corrado Barbacini
La nave che trasporterà i rifiuti nucleari
L’uranio arriverà in Porto nonostante il “catenaccio” della Regione fin dall’inizio contraria al passaggio del materiale radioattivo. Fino alle 13 di ieri nè in questura, nè in prefettura era giunto l’ok dalla Regione. Una presa d’atto delle modalità del trasporto pericoloso, ma fondamentale dal punto di vista organizzativo. Tant’è che mercoledì scorso lo stesso questore Giuseppe Padulano aveva sollecitato il documento della Regione anche per poter emettere l’ordinanza in tempo utile. La Regione non può bloccare il carico ma non collabora.
La data del trasporto delle barre di uranio provenienti dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, confermano in questura, sarà quella di lunedì 5. L’ora prevista è attorno alle 5 del mattino. Ma l’ultima parola, quella definitiva, spiegano, non è ancora stata detta. Pare proprio per il ritardo dalla Regione. Tant’è che, fanno sapere, sarebbe già stato anche approntato il cosiddetto piano “b”. Quello che prevede il trasporto – con modalità differenti – via terra direttamente al porto di Capodistria. Da dove poi la nave dell’uranio dovrebbe salpare con destinazione la costa del Pacifico degli Stati Uniti.
Il piano principale prevede che la destinazione delle barre sia il porto nuovo. E in particolare la stiva di una nave ormeggiata per poche ore al molo settimo che, quello stesso giorno, arriverà da Capodistria (dove è programmato l’imbarco di un analogo carico giunto dall’Austria via Slovenia)e dopo poche ore salperà verso gli Stati Uniti portando nella propria pancia una ventina di barre radioattive.
Al momento pochi – nonostante l’imminenza della data – gli elementi sicuri dell’operazione. Per la quale saranno “comandati” oltre cento tra poliziotti e carabinieri provenienti dal reparto mobile di Padova e dal battaglione di Gorizia. Il timore è quello di un’azione a Trieste dei «No Nuke»: i manifestanti che potrebbero cercare di bloccare il transito fino in porto nuovo dei cinque chili di materiale radioattivo, proprio come era successo nello scorso luglio durante un analogo viaggio di scorie verso la Francia. A portare il combustibile sarà una sorta di convoglio composto da una quidicina di mezzi con al centro un Tir nel cui carico ci sono le 10 barre di uranio. Il carico pericolosissimo sarà sistemato all’interno di un contenitore le cui caratteristiche sono quelle previste dal protocollo dell’Enea.
Il Tir viaggerà alla velocità di 80 chilometri all’ora e non potrà mai interrompere la corsa. Gli altri mezzi di scorta viaggeranno alla distanza di sicurezza dal mezzo principale di circa 50 metri. Le pattuglie della squadra volante e dei carabinieri saranno impiegate per bloccare temporaneamente il passaggio attraverso gli accessi alla Grande viabilità durante il transito del carico radioattivo. I tecnici dell’Arpa effettueranno controlli delle radiazioni e le successive bonifiche lungo tutto il percorso sia prima che dopo il passaggio del convoglio con le barre radioattive. Il piano prescrive una serie di rilevamenti anche su “matrici ambientali e alimentari” soprattutto nel caso di incidenti. I particolari dell’operazione sono stati nei giorni scorsi al centro di numerose riunioni tecniche in prefettura per mettere a punto i servizi di forze dell’ordine, tecnici della Regione, Arpa, vigili del fuoco e protezione civile per garantire tutte le misure di sicurezza.
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
da Il Piccolo
Uranio nel porto di Trieste: questa notte il trasporto a rischio entrerà in regione da Latisana
La partenza da Vercelli del carico radioattivo avverrà nella serata, il convoglio attraverserà tutto il Nord Italia con chiusura dell’autostrada al suo passaggio. Arrivo al Molo VII poco prima dell’alba. Studiati piani di emergenza da adottare in caso di incendi e blitz dimostrativi
di Corrado Barbacini
TRIESTE. Uranio, è scattato il count down. E’ previsto per stanotte (a meno di contr’ordini dell’ultimo istante) il trasporto delle barre d’uranio provenienti dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, destinate al Porto nuovo di Trieste.
L’orario esatto viene tenuto riservato per il timore di un’azione degli ambientalisti. La paura è che qualcuno, conoscendo la tempistica, possa arrivare a bloccare addirittura l’autostrada. Ma ormai la voce si è sparsa: il convoglio blindato con le scorte partirà dal Piemonte in serata, è atteso in veneto verso l’una e l’arrivo a Trieste è previsto poco prima dell’alba. L’autostrada verrà chiusa al passaggio dei mezzi. Il convoglio, tra tir a prova di radiazioni, personale della sicurezza, staff di pronto intervento e forze dell’ordine, dovrebbe essere lungo un paio di chilometri, dalla testa alla coda.
Ieri mattina in prefettura a Trieste è stata convocata, in anticipo rispetto al previsto, la Conferenza dei servizi alla quale hanno partecipato i rappresentanti della Regione e dei Comuni interessati al transito delle barre d’uranio oltre che delle forze dell’ordine. Così è stato consegnato l’atteso piano di emergenza provinciale. Tre faldoni: uno riferito al territorio della provincia di Trieste, l’altro di Gorizia e infine quello di Udine. Perché il percorso del convoglio composto da una decina di mezzi con la centro il Tir con il carico nucleare.
Arriverà al Molo settimo per essere imbarcato sulla “Sea Bird” il cargo danese che farà rotta verso il porto di Charleston negli Stati Uniti. Solo in provincia di Trieste saranno impiegati per la sicurezza un centinaio tra poliziotti e carabinieri, così prevede l’ordinanza che il questore Giuseppe Padulano si accinge a firmare. Durante il transito lungo l’A4 prima e il raccordo poi, saranno progressivamente bloccati al transito di chiunque tutti gli accessi i ponti e i cavalcavia.
Nel piano di emergenza, molto articolato, viene descritto sia il combustibile da trasportare, sia quello già presente nella stiva della nave quando attraccherà alla banchina Frigomar. Infatti la “Sea Bird” arriverà dallo scalo di Capodistria dove, poche ore prima della tappa triestina, saranno imbarcati 91 elementi di combustibile tipo Triga provenienti dal reattore Mark II di Vienna e una sorgente neutronica di Plutonio-Berillio.
Ma il capitolo più importante è quello riguardante le modalità di trasporto e le misure di sicurezza. Vengono ipotizzati vari tipi di incidenti sia per la fase di trasporto stradale che per quella marittima. Il primo scenario è quello di una collisione «tra il mezzo di trasporto con a bordo il contenitore e un’autocisterna con liquido infiammabile con conseguente sviluppo di incendio. In questo caso (secondo gli esperti assolutamente improbabile) le conseguenze radiologiche per l’ambiente circostante e la popolazione sarebbero importanti. Perché «il maggior contributo alla dose è dovuto all’inalazione», così si legge nel piano. Viene previsto, in questo caso, di predisporre un’area di rispetto attorno al luogo dell’incidente.
«Dalla stima emerge che già a 400 metri di distanza – così si legge – è garantito il rispetto dei livelli massimi di radioattività negli alimenti in caso di emergenze nucleari e radiologiche». Per questo l’eventuale fascia arriverebbe a oltre un chilometro. Ma vengono anche ipotizzati altri scenari, come quello della compromissione dell’ancoraggio e il conseguente spostamento del contenitore (cask). E infine si affronta pure l’ipotesi dei blocchi dimostrativi.
Viene precisato che il trasporto viene effettuato con uno speciale autoveicolo e che il contenitore ha superato senza danni una prova di caduta da un’altezza di nove metri e una prova termica della durata di 30 minuti con esposizione a un fuoco che lo avvolga completamente e una temperatura pari ad almeno 800 gradi.
Nel piano vengono ipotizzati anche incidenti sia durante la movimentazione sia durante il trasporto marittimo. Si parla di tamponamento in porto e della caduta del carico durante le operazioni di stivaggio. Infine si parla anche della possibilità di abbordaggio della nave e dell’eventuale affondamento. In questo senso viene precisato che il contenitore utilizzato è collaudato per resistere alle pressioni fino a 200 metri di profondità.
Marzo 17th, 2017 — Gas
Pagina 37 – Pordenone stampa locale,
Biogas, l’impatto ambientale è un’incognita
Stefano Santarossa denuncia: «L’Ass si è detta non in grado di valutare le ricadute di questi impianti»
SAN QUIRINO Impianti a biogas e, in particolare, quello previsto a San Foca: Stefano Santarossa, presidente di Radicali friulani e capogruppo consiliare di San Quirino Cambia lancia l’allarme e afferma che nell’istruttoria «l’Ass non è in grado di valutarne l’impatto sulla salute». «Oggi – dichiara –, il consiglio comunale di San Quirino dovrà esprimersi con un sì o con un no su procedimento e istruttoria che avrebbero dovuto seguire un iter con il coinvolgimento e l’informazione della cittadinanza. Ci troviamo invece con il voto sulla convenzione che pemetterà, se approvata, la partenza ai primi di gennaio del funzionamento a regime dell’impianto con tutti i rischi connessi E’ necessario – afferma – dare il via a una mobilitazione per fermare la conclusione dei lavori di costruzione della centrale a biogas a San Foca, che servirà a produrre un megawatt di energia elettrica attraverso l’utilizzo di 20.000 tonnellate di biomasse vegetali e reflui zootecnici. La partita sulla centrale a biogas, dalla documentazione a nostra disposizione – prosegue –, mostra dati non chiari e preoccupanti». «Nell’istruttoria – fa sapere Santarossa – sono evidenti passaggi poco chiari e in un caso davvero preoccupanti. Il caso più eclatante è nella risposta dell’Ass, chiamata alla conferenza di servizi per approvare l’opera: nel parere ufficiale si dichiara che “dal punto di vista sanitario, risulta estremamente difficile, sulla base dei dati scientifici a nostra disposizione relativi a questa tipologia di impianto, riuscire a valutare l’impatto sulla salute dei cittadini”. Sono dunque fondate, le preoccupazioni dei residenti rispetto alla collocazione dell’impianto a ridosso del centro abitato di San Foca in direzione di vento prevalente e per i possibili rischi che, impianti come questo, possano determinare gravi danni alla salute d’uomo e animali». «Tutta la fretta voluta dall’amministrazione comunale – conclude il capogruppo consiliare – nasconde la preoccupazione che gli incentivi economici dall’anno prossimo si ridurranno fortemente, e pertanto senza la certezza delle super sovvenzioni, pagate, non va dimenticato, con le bollette più care d’Europa da parte dei consumatori cittadini, non vi sarà per la ditta produttrice il ricavo economico sperato. Com’è possibile che dal 23 aprile 2012, data della domanda di autorizzazione unica per la costruzione della centrale elettrica, soltanto oggi il consiglio comunale si trovi a dover affrontare questo tema e con tutte queste ombre?»
Marzo 17th, 2017 — Carbone
da Il Piccolo VENERDÌ, 04 GENNAIO 2013 Pagina 24 – Gorizia-Monfalcone
Centrale, si allarga il fronte del no alla prospettiva “tutto carbone”
Il Collettivo per la difesa del litorale carsico ritiene questa «una scelta dettata esclusivamente dalla convenienza». Zotti (Prc): «Inaccettabile la decisione di abbandonare la conversione a metano»
La ricoversione a “tutto carbone” e biomasse della centrale termoelettrica non è l’unica strada percorribile, come A2A, «diessini di nuovo e vecchio conio» e «ambientalisti di regime» vogliono far intendere. Lo afferma il Collettivo per la difesa del litorale carsico che contesta che l’impiego del carbone sia, allo stato attuale, inevitabile. Il Collettivo toglie anche alcuni “meriti” ad A2A, come la decisione di dismettere i due gruppi alimentati a olio combustibile «imposta dall’Ue entro il febbraio del 2013. Mantenere a Monfalcone una produzione di oltre 1000 watt è inattuale, la crisi di sistema che ha colpito l’Europa rende scellerata una produzione di energia di quella portata, non esiste più mercato». Insomma, «l’azienda è stata costretta a ridurre la potenza per poter far fronte all’esigua richiesta». Secondo il Collettivo la scelta della soluzione a carbone e biomasse è dettata soltanto dalla convenienza: «Il materiale per la costruzione del nuovo impianto a carbone – afferma il Collettivo – è già in sede perchè importanti manufatti della parte a carbone preesistente vengono riutilizzati. È ipotizzabile dunque che, con il riutilizzo, il nuovo gruppo carbonifero costi molto meno dei 300 milioni di euro sbandierati dalla società». E poi, «che cifra viene finanziata della Cassa depositi e prestiti? Conoscendo la serietà delle aziende del nostro Paese si può pensar male e insinuare che la cifra, gonfiandola, si presta a essere scaricata sulla collettività?». C’è poi la questione dell’Autorizzazione integrata ambientale, «autorizzata dall’allora ministro Prestigiacomo», per l’utilizzo di rifiuti e biomasse da coogenerare con il carbone: «È arrivata al quinto anno – precisa il Collettivo – e deve essere ridiscussa». Ma anche nella discutibile Aia, afferma il Collettivo, si fa riferimento alla riconversione a gas dei gruppi a olio combustibile. Il mercato – continua – ha decimato il bisogno di energia ed è assodato che il carbone è il principale responsabile dell’inquinamento del pianeta. La decarbonizzazione è uno degli obiettivi principale della politica planetaria degli anni futuri». Secondo il Collettivo «la ridiscussione dell’Aia potrebbe dunque avere due strade: consentire alla società di proseguire con un nuovo gruppo alimentato a carbone di 320 Mw con biomasse e rifiuti o imporre, alla luce dei danni subiti dal territorio, la riconversione a gas e la sostanziale diminuzione della potenza come evidenziato dalla crisi economica». Pessimistica la conclusione del Collettivo: «Pensate che questa classe politica abbia intenzione di fare questo? I predicatori dell’inelluttabile fanno il loro lavoro di disinformazione e noi, che non possiamo permetterci il gas perchè le aziende che lo importano sono talmente corrotte da renderlo il più caro d’Europa, dobbiamo morire di carbone per i prossimi cinquant’anni». Una prospettiva, quella del carbone, avversata anche da Emiliano Zotti, segretario di Rifondazione Monfalcone-Staranzano. «Non è accettabile – afferma – che A2A abbia deciso unilateralmente di abbandonare il progetto di riconversione a metano della centrale elettrica di Monfalcone, come non è accettabile l’ipotesi di perdita dei posti di lavoro nel caso tramonti l’ipotesi del “tutto carbone”. Inutile in questo contesto vantare un percorso trasparente di dialogo con le istituzioni se le premesse sono sbagliate e se il risultato del confronto è sottoposto a ricatto. Le privatizzazioni sono state un errore, l’ambiente e il lavoro si tutelano nazionalizzando il settore energetico. A2A sostiene che la decisine di non convertire la centrale a metano è legata ai costi del progetto. La società non ritiene conveniente per il suo bilancio economico l’uso del metano. Il metano, però, è attulamente la fonte energetica fossile meno impattante per il territorio. Siamo di fronte a un dilemma, se far prevalere gli interessi del privato o quelli dei cittadini. Fonte del problema è il fatto che, incomprensibilmente, la produzione di energia elettrica in Italia non sia considerata un settore strategico e quindi abbandonata al mercato».
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
da ansa.it
Blocco centrale nucleare Krsko per avaria tecnica
Nessuna conseguenza sull’ambiente circostante
LUBIANA – In Slovenia il funzionamento della centrale nucleare di Krsko, nel sudest del Paese, si e’ arrestato automaticamente oggi a causa di un improvviso calo di pressione nel generatore a vapore. Lo hanno riferito i responsabili dell’impianto, sottolineando che l’inconveniente non ha avuto alcuna conseguenza sull’ambiente circostante o altre ripercussioni negative.
Il riavvio della centrale verra’ comunicato non appena ci saranno le condizioni, hanno aggiunto i rappresentanti dell’impianto di Krsko, situato a un centinaio di km a est della capitale Lubiana.
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
da Il Piccolo del 6 gennaio 2012
Rigassificatore, anche la Slovenia va al Tar
Il governo ha depositato un ricorso in adesione ai quattro già pendenti al tribunale del Lazio
La battaglia di chi non vuole il rigassificatore nella baia di Muggia trova un appoggio concreto nell’alleato forte: la Slovenia. Il governo (precedente) del vicino Stato, fiero oppositore dei progetti di Gas natural, ha depositato al Tar del Lazio un ricorso di adesione a quelli già inoltrati dai Comuni di Muggia e di San Dorligo, da Wwf con Legambiente, da Greenaction e Comune di Capodistria. Con quello di Lubiana i ricorsi salgono a 5. Benché i primi incartamenti siano datati 2009, non è stata ancora fissata la data del dibattimento.
«Per cose come l’impatto ambientale non ci sono limiti all’esercizio della giurisdizione da parte di soggetti che lamentino un pregiudizio derivante da iniziative assunte oltre i confini – afferma l’avvocato Francesco Longo di Pordenone che assiste Muggia e San Dorligo -, c’è una vasta giurisprudenza in Europa».
Il governo di Lubiana si è affidato all’avvocato triestino Peter Mocnik, segretario dell’Unione slovena. «Ho avuto l’incarico di depositare al Tar del Lazio un intervento di adesione ai ricorsi già pendenti dal direttore generale del governo sloveno – afferma Mocnik -, cosa avvenuta a ottobre ma che non si voleva fosse divulgata». Il ricorso specifica che i pareri contrari spediti a Roma da Lubiana non sono stati tenuti in considerazione. Si citano pericoli per l’ambiente, errata documentazione per l’ottenimento della Valutazione d’impatto ambientale, incompatibilità di un rigassificatore in zone portuali.
«È la penultima carta – avverte Mocnick -, poi la Slovenia potrebbe rivolgersi a Bruxelles e alla Corte del Lussemburgo, in questo caso per violazione di norme comunitarie».
Mentre a Trieste si assiste alla spaccatura tra Comune (deciso no al rigassificatore) e Confindustria (deciso sì), chi gioisce alla notizia della mossa slovena è il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, fra i primi a ricorrere al Tar. «Mi fa molto piacere questa adesione – afferma -, amplia l’orizzonte del nostro lavoro, noi già nel 2009 abbiamo contestato errate traduzioni dallo spagnolo di documenti importanti, errata descrizione delle industrie a rischio nell’area di costa, nel 2011 abbiamo aggiunto un’altra memoria, denunciando che il Comune di Muggia non è stato ammesso alla Conferenza dei servizi. È intervenuta una sentenza in Sicilia su un caso simile che ci dava ragione, abbiamo rinforzato il ricorso al Tar». Nesladek dice di aver avuto frequenti informali contatti con gli sloveni, e di aver notato nuove consapevolezze, non solo ambientali, ma economiche: «Si allarga il fronte di chi ritiene incompatibili sviluppo di traffici portuali e rigassificatore. Lo ha detto anche il neoministro dell’Ambiente, Corrado Clini: Trieste deve scegliere». (g. z.)
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
Durante l’incontro con l’amministrazione di Monfalcone e l’ad di fincantieri Bono, avvenuta un paio di settimane fa, un politico della destra aveva parlato di un inceneritore per sollevare le sorti della fincantieri in crisi… pensavamo fosse una boutade e, invece, qualcosa covava e il furbo della cucciolata ha spiattellato … ora spunta poi anche l’ipotesi rigassificatore: cosa sa la sindaca? E la sinistra di lotta e di governo che amministra Monfalcone?
da Il Piccolo del 13 gennaio 2012
Patto Fincantieri-Ansaldo per un rigassificatore
13 gennaio 2012 — pagina 15
di Giulio Garau
TRIESTE Un’alleanza strategica tra Ansaldo sistemi industriali (Asi) e Fincantieri per realizzare piattaforme offshore: primo obiettivo un rigassificatore al largo di Monfalcone (da affidare all’Eni) ma anche un impianto per la termovalorizzazione dei rifiuti utile a risolvere l’emergenza a Napoli. Fincantieri ci sta lavorando da tempo con un gruppo di specialisti che sta progettando piattaforme speciali e navi ad alto contenuto tecnologico, Asi è impegnata con le tecnologie legate agli impianti eolici off-shore. Ma ora quello che era solo uno scambio di idee tra i vertici delle aziende, l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono e quello dell’Asi, Claudio Andrea Gemme (che è anche presidente di Anie la Federazione delle aziende elettriche ed elettroniche in seno a Confindustria) sta diventando un progetto concreto. Non c’è solo la necessità delle aziende di diversificare e crescere puntando a prodotti a più alto valore aggiunto, ma anche a creare nuove opportunità di lavoro e di business nei territori di insediamento. Una mossa anti-crisi che coinvolgerebbe anche le altre aziende dell’indotto. «Ne ho parlato con Bono, è assolutamente d’accordo e del resto Fincantieri ci sta lavorando con il suo gruppo – conferma lo stesso Gemme -. Quella di realizzare un rigassificatore al largo è un progetto che abbiamo studiato per trovare nuovi sbocchi di attività. La mia idea è di mettere assieme le competenze delle due aziende che a Monfalcone lavorano fianco a fianco, trovando un’alleanza strategica». Nessuna richiesta di fondi al governo: «Non vogliamo soldi – mette le mani avanti Gemme – ma un percorso meno burocratico per realizzare questi impianti e meno vincoli. Roma deve levarci gli impedimenti, creare una corsia preferenziale». Una scommessa soprattutto per Monfalcone che ora si trova davanti il progetto di un nuovo impianto di rigassificazione dopo la clamorosa bocciatura di quello dell’Endesa che avrebbe sostituito la tanto contestata centrale A2A. Contestazioni che ora, in un momento di “crisi epocale” (come la definisce lo stesso Bono) dove c’è lo spettro della disoccupazione che avanza, sarebbero assolutamente fuori luogo. Si parla infatti di centinaia e centinaia di nuovi posti di lavoro per la costruzione e poi la gestione di impianti, piattaforme e anche navi da trasporto (gasiere) del valore di centinaia di milioni di euro. L’ad dell’Asi pensa per ora alla costruzione «Fincantieri realizzerà le piattaforme e le strutture navali, noi come Asi siamo pronti a costruire tutti gli impianti ausiliari elettrici» e non si preoccupa del committente “energetico” o su chi si occuperà della gestione, ma punta a una società italiana: «penso all’Eni» dice. In barba anche ai progetti a Zaule e a quello off-shore prospettato sempre in Golfo. L’ad Asi infatti pensa anche «a utilizzare come terminali energetici aziende multiutility e la stessa centrale A2A (da riconvertire ndr)». Il progetto dell’alleanza strategica verrà portato da Gemme anche in direttivo di Confindustria. Fincantieri, lo conferma la stessa azienda, punta moltissimo nella sua strategia di diversificazione allo sviluppo di questi nuovi business. Ne ha parlato lo stesso Bono recentemente a Monfalcone in un’audizione in consiglio comunale. E c’è anche scritto, nero su bianco, nel piano di riorganizzazione aziendale. Si parla di progetti di costruzione per “primari operatori offshore” (come la piattaforma sommergibile Scarabeo 8 allestita per Saipem), di mezzi speciali, ma anche dei cosiddetti “nuovi concept”. E tra questi il progetto “plasmare” ovvero piattaforme galleggianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (un impianto al plasma a ciclo chiuso che recupera il 35% di energia e ricava dall’immondizia una sorta di vetro che può essere riutilizzato). Ma anche impianti per il trattamento dei fanghi dei dragaggi in mare (progetto Permare), lo sviluppo di impianti eolici e di «rigassificatori destinati alla trasformazione del metano dallo stato liquido a quello gassoso e la sua distribuzione in rete».
Marzo 17th, 2017 — General, Petrolio
Carbone pulito??? Contraddizione in termini: da quando in qua il carbone è pulito?
Aspettiamo le compensazioni di prammatica che la centrale darà alla città di Monfalcone (compensare cosa poi? Se il carbone è pulito e la città ci guadagna è la città che dovrebbe pagare l’A2a per il favore…).
Per fortuna che hanno mandato a gestire la centrale di Monfalcone il tizio del carbone di Civitavecchia.. andate un po’ a vedere in giro che pacchia a Civitavecchia! Considerando che l’A2a ha la gestione ed è la proprietaria degli inceneritori di Acerra e Brescia siamo proprio ben sistemati…
documento: Centrali a carbone e tumori: rassegna della letteratura scientifica con particolare
riferimento ad una centrale a carbone nel Nord Ovest dell’ Italia.
da Il Piccolo
Centrale, la A2A punta sul carbone per Monfalcone
27 gennaio 2012 — pagina 26 sezione: Regione
di Tiziana Carpinelli wMONFALCONE Cambio di timone alla centrale termoelettrica A2a di Monfalcone e ipotesi di riconversione a “carbone pulito”. Dopo tre anni a capo di un impianto con tutte le sue complessità, oggetto di progressivi interventi per migliorare produttività e performance ambientale, l’ingegnere goriziano Luigi Manzo prepara la valigia con destinazione Mestre, dove opererà all’interno dell’unità di ingegneria di A2a, società dai cui è alle dipendenze dal 1999. Manca ancora l’imprimatur dell’ufficialità, ma al suo posto subentrerà, in qualità di nuovo direttore della centrale monfalconese, l’ingegnere Roberto Scottoni, 38 anni, genovese, sposato e padre di tre figli. Per lui si tratta del primo incarico in A2a, avendo finora lavorato nel gruppo Enel, dove si è messo in luce per l’intenso lavoro di repowering della centrale di Torrevaldaliga Nord, a Civitavecchia recentemente riconvertita proprio a “carbone pulito”. Competenze specifiche spendibili che potrebbero aver giustificato la decisione di A2a di attingere all’esterno nella ricerca di specifiche professionalità. Torna in ballo dunque la questione della riconversione, anche se il primo obiettivo che l’azienda affiderà a Scottoni sarà quello della dismissione entro marzo 2013, così come previsto dal protocollo Aia (Autorizzazione integrata ambientale) e pattuito col presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, dei gruppi 3 e 4 alimentati a olio combustibile. Di qui l’apertura di una riflessione sui rimanenti due gruppi a carbone. A2a si mantiene abbottonata, sul tavolo è ancora tutto da delineare anche perché resta in piedi ancora il progetto Endesa sulla metanizzazione del 2004. Certamente la possibilità di valutare una riconversione dell’impianto a carbone di ultima generazione (cosiddetto ipercritico), con le relative opportunità di teleriscaldamento per la collettività, può certamente considerarsi esplorabile, una volta sondate anche le impressioni dell’amministrazione comunale e del territorio. La società potrebbe in futuro riprendere in mano l’analisi, tecnica e finanziaria, sulla fattibilità dello svecchiamento della centrale e della creazione di una rete di teleriscaldamento per la città. E in questo le competenze di Scottoni potrebbero calzare a pennello. Quanto all’ingegner Manzo, da tredici anni al servizio di A2a, l’azienda parla di normale avvicendamento(anche il precedente direttore era rimasto in carica tre anni). L’approdo all’unità d’ingegneria di Mestre rappresenta insomma un’ulteriore crescita professionale. Del resto, anche di recente, a seguito della truffa milionaria perpetrata ai danni della centrale ed emersa a novembre, i vertici societari avevano pubblicamente apprezzato la condotta di Manzo durante le indagini condotte dai carabinieri e avviate dalla Procura distrettuale antimafia di Trieste per venire a capo del traffico illecito di rifiuti. Le indagini sono ancora in corso: gli atti non risultano depositati. Quanto al comitato Enel, resta in attesa di poter incontrare al più presto la nuova direzione, cui sottoporrà le questioni ambientali e la richiesta di una maggiore attenzione, rispetto al 2011, nella gestione di sfiati e fuoriuscite di fumi, nonché di dismissione dei gruppi a olio combustibile e impiego del trasformatore principale del gruppo 1 per eliminare ogni sorta di ronzio.
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
da Il Piccolo del 28 gennaio 2012
Rigassificatore, il Pdl riapre i giochi in Regione
Tondo ai consiglieri: valutare le opportunità di lavoro dopo la crisi della Ferriera Ciriani: prendere una posizione, la giunta dovrà dare il parere in tempi brevi
di Maddalena Rebecca
Una parentesi di pochi minuti all’interno di una riunione durata quasi quattro ore. Sufficiente però a riaprire i giochi di un partita complessa e incerta, quella del rigassificatore di Zaule. Dal rapido confronto andato in scena l’altro a Udine durante la riunione del Pdl regionale, è emersa infatti una nuova apertura di credito verso il progetto di Gas Natural. Una linea, se non ancora del tutto favorevole all’ipotesi gnl in Zona industriale, almeno fortemente possibilista. Ben più possibilista di quanto n on fosse solo un paio d’anni fa.
A determinare il cambio di rotta è stata la presa d’atto del mutato contesto economico e occupazionale della città. Le incertezze sul futuro della Ferriera con il rischio concreto che mille operai perdano il posto, lo stato di sofferenza in cui versano le casse comunali, la crisi che mette in ginocchio comparti come l’edilizia e l’artigianato, stanno spingendo i vertici del partito – Renzo Tondo e il suo vice Luca Ciriani in testa -, a guardare il rigassificatore da una prospettiva diversa: non più come male assoluto, bensì come potenziale opportunità. Una soluzione in grado prima di tutto di creare lavoro: sia nell’immediato (le stime parlano di 30-40 addetti da impiegare nella costruzione e nella manutenzione dell’impianto), sia in prospettiva.
La presenza del terminal gnl infatti, è il ragionamento fatto durante dai pidiellini durante la riunione in terra friulana, potrebbe attrarre nuovi insediamenti industriali, interessati ai benefici prodotti dalla catena del freddo. Ecco quindi spiegata anche la frase pronunciata a Udine da Renzo Tondo, riferita da più un partecipante all’incontro: le difficoltà della Ferriera potrebbero spingere una parte della popolazione di Trieste ad accettare in questo momento l’ipotesi rigassificatore.
Uno spunto a cui si è aggiunto anche l’invito fatto da Ciriani ai colleghi di partito a prendere rapidamente una posizione sul tema. I tempi infatti, ha evidenziato il vice di Tondo, stringono e il parere definitivo della Regione, che confida di conoscere al più presto anche l’opinione del ministro all’Ambiente Clini, dovrà obbligatoriamente arrivare entro i primi di maggio. Di qui la necessità di accelerare la riflessione e di inserirla, come detto, nel mutato quadro economico. «Il ragionamento fatto a Udine – commenta Maurizio Bucci – è in linea con quello esposto dal presidente degli Industriali Sergio Razeto. Il rigassificatore può produrre positive ricadute occupazionali. In più, a differenza della Ferriera, non inquina. Un aspetto che va comunicato efficacemente».
Non si pensi però ad un verdetto già emesso: il dibattito è appena iniziato. «Il terminal sarà al centro di incontri specifici – si affretta a precisare Piero Tononi -. L’indicazione, per ora, è analizzarne ogni elemento senza abbandonarsi a chiusure, ma neanche ad entusiasmi, aprioristici». «Essenziale – osserva Piero Camber – sarà mettere sul piatto costi e benefici. Va chiarito cosa Gas Natural è disposta a dare alla città in termini di compartecipazione al gettito fiscale, royalties e investimenti». «La crisi in atto a Trieste è tale – osserva Bruno Marini – che anch’io, da sempre contrario al rigassificatore, oggi ho forti dubbi. Mi chiedo se sia moralmente accettabile da parte chi ha responsabilità politiche dire no ad un progetto che non risolverà tutti i problemi, ma almeno potrebbe diventare una valvola di sfogo».
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
Da Il Piccolo del 17 febbraio 2012
Bucci: Ciriani vuole l’impianto perché lo fanno qui e non nella “sua” Pordenone
Tononi: governatore stupito? Disattento. Ma l’assessore Brandi: niente divergenze
di Maddalena Rebecca
Il governatore Renzo Tondo esprime stupore per l’esito del voto? «Si vede che era disattento, perché le nostre posizioni erano note già da tempo». Il suo vice Luca Ciriani va giù ancora più duro, parlando di scelta irresponsabile? «Dice così solo perché il rigassificatore è previsto a Trieste e non nella “sua” Pordenone».
Bastano queste due stoccate firmate Piero Tononi e Maurizio Bucci a rendere l’idea del clima di tensione, o quanto meno di forte imbarazzo, che si respira in queste ore in casa Pdl. Il deciso no al progetto di Gas Natural espresso lunedì sera in Consiglio comunale ha innescato una sorta di lotta intestina: vertici regionali da un lato, coordinamento provinciale dall’altro. E se si pensa che di quell’organismo fanno parte tra gli altri due assessori della squadra Tondo, Sandra Savino e Angela Brandi, appare fin troppo evidente la difficoltà nel ricomporre la frattura.
La consegna, tra i diretti interessati, pare tuttavia essere quella di ridimensionare il caso politico. «Le distanze sono legate solo alla diversa conoscenza del problema – commenta Piero Camber -. Ciriani ha la delega all’energia solo da un anno e mezzo, mentre noi eletti triestini seguiamo la partita dal 2006. In questi sei anni ci siamo resi conto di avere come interlocutori dei desaparecidos che non hanno dato alcuna certezza sulle ricadute economiche per la città dell’operazione gnl. La giunta Tondo invece – conclude Camber – non ha ancora ben capito con chi ha a che fare».
«Dal coordinamento provinciale – osserva Piero Tononi – non è uscita una contrarietà a priori al rigassificatore, bensì la convinzione di doverne approfondire diversi aspetti. Chiediamo le stesse garanzie che chiederebbe Ciriani se l’impianto, anziché a Trieste, venisse realizzato a Fiume Veneto. Spero che la giunta regionale riesca a far cadere le nostre perplessità, e auspico che presidente e vicepresidente non compiano l’errore di ignorare l’orientamento espresso dal territorio».
Orientamento che, fanno capire i triestini eletti in Regione nelle fila del Pdl, verrà difeso a spada tratta. «Quando è stata data scarsa attenzione alle istanze di Trieste, l’abbiamo sempre fatto notare, senza tirarci mai indietro – puntualizza Maurizio Bucci che, dopo aver votato no al rigassificatore, auspica ora un’identica linea dura sulla Ferriera – . Troppo facile dire che Trieste sbaglia se sei uno, come Ciriani, che abita a Pordenone e non rischia nulla. Quanto allo stupore di Tondo, faccio notare che tante volte siamo rimasti noi di stucco davanti alle sue decisioni. Come si dice, “una volta cori il can, una volta il levro”.
Unica voce fuori dal coro, quella di Bruno Marini. «Ciriani ha fatto affermazioni troppo forti, ma confesso di essere rimasto perplesso davanti al no al rigassificatore espresso in aula. So che la linea è uscita da una riunione del coordinamento provinciale, cui “colpevolmente” non ho partecipato, ma credo sarebbe stata preferibile un’astensione. In ogni caso – conclude -, quando inizierà il confronto in Regione, l’ultima parola dovrà spettare a consiglieri e assessori di Trieste».
Un auspicio che troverà soddisfazione da parte della giunta? Da Sandra Savino e Federica Seganti, entrambe ufficialmente troppo prese da impegni istituzionali per riuscire ad intervenire sull’argomento, nessuna risposta. L’unica triestina dell’esecutivo regionale a non sfuggire la domanda è Angela Brandi, peraltro dichiaratamente favorevole al rigassificatore. «Le istanze di Trieste saranno presto analizzate nelle sedi opportune. Non esiste comunque alcuna divergenza tra i due livelli del partito. Del resto il fatto di pretendere garanzie per il territorio che dovrà ospitare l’impianto mi pare legittimo. Se poi gli esponenti triestini avranno o meno l’ultima parola nel confronto interno al Pdl – conclude Brandi – beh, questo bisogna chiederlo a Tondo e Ciriani».
Non solo gli eletti nell’assemblea di piazza Oberdan. Ad alzare la testa e a rivendicare autonomia rispetto alle indicazioni dell’accoppiata Tondo-Ciriani, sono anche “semplici” consiglieri comunali. È il caso di Paolo Rovis che, all’indomani dell’attacco frontale di Luca Ciriani, pubblica sul suo blog un intervento dal titolo più che eloquente:
“Rigassificatore: Trieste non ha l’anello al naso”. «Il no del Pdl al progetto di Gas Natural è motivato e naturale – sostiene Rovis -. Per 7 anni abbiamo chiesto invano un’analisi costi/benefici dell’operazione. E visto che a Trieste non abbiamo l’anello al naso né la sveglia al collo, abbiamo votato contro. Un voto coerente anche da un punto di vista politico visto che contro il rigassificatore si era espresso già in campagna elettorale anche Roberto Antonione, indicato dallo stesso Tondo come “ candidato sindaco ideale”.
Ancora più dura la replica di Un’Altra Trieste: «I toni di Ciriani sono inaccettabili – commenta Franco Bandelli -. Anziché offendere, il vicepresidente farebbe bene a prendere atto che a Trieste non vogliamo il rigassificatore. Gli consigliamo pertanto di trovarsi un’altra battaglia da sposare».
Da Il Piccolo del 16 febbraio 2012
Un “no” indigesto. La Regione non manda giù il boccone politicamente trasversale servitole, quasi all’unanimità, dal Consiglio comunale con il parere negativo al progetto del rigassificatore di Zaule. Un boccone molto pesante, condito da 37 voti allineati fra maggioranza (compatta) di centrosinistra e opposizione con il centrodestra e i “grillini”, due sole astensioni (Carlo Grilli della Lista Dipiazza e Michele Lobianco del Fli) e altrettanti non votanti perché usciti prima dall’aula (l’ex primo cittadino Roberto Dipiazza e l’ex Pdl Roberto Antonione). Nessun contrario alla delibera che certifica la posizione del Comune di Trieste. Due giorni dopo, i vertici regionali rompono il muro di silenzio dietro cui si erano trincerati martedì e fanno sapere di non aver apprezzato affatto.
Se il governatore Renzo Tondo non va oltre un «mi stupisce» registrato e diffuso dai microfoni Rai del Tg regionale, il suo vice Luca Ciriani tuona. Una bufera di considerazioni. La premessa lo annuncia: sul voto il numero due della Regione ha una posizione dichiaratamente «critica». Poi gli interventi a gamba tesa sul Consiglio comunale triestino: «Ritengo che l’amministrazione di Trieste abbia preferito inseguire un facile e immediato consenso popolare rispetto alla possibilità di approfondire, porre condizioni, discutere sulle potenzialità dirette e indirette di un impianto di questo tipo». Duro Ciriani, che accantona la diplomazia e bolla il Comune come, a suo dire, colpevole di «una forte mancanza di senso di responsabilità nei confronti della città. Negare è sempre semplice, soprattutto quando porta con sè facile consenso. Ma la via più facile non è sempre la migliore».
Ciriani, che assieme a Tondo aveva recentemente invitato i colleghi di partito del Pdl a valutare l’ipotesi rigassificatore alla luce dell’evoluzione del contesto economico-occupazionale, ribadisce la necessità di una riflessione su «quali siano le prospettive per il futuro nel settore industriale, quale l’indotto, quali i piani concreti di sviluppo. Non bisogna svendere il territorio, ma nemmeno cristallizzarlo, soprattutto quando si parla di aree degradate, inquinate e inutilizzate, già esistenti in un contesto industriale». Com’è quella dell’ex Esso su cui il colosso spagnolo dell’energia, Gas Natural, vorrebbe realizzare l’insediamento.
Proprio Gas Natural non si scompone di fronte al nuovo “no” del Comune, il terzo dopo quelli datati 2006 e 2007. «Gas Natural Rigassificazione Italia prende atto del parere espresso dal Consiglio comunale – esordisce la nota diffusa dalla società -. L’Azienda sottolinea però che il progetto definitivo, depositato nel settembre 2011, è un progetto nuovo, capace di dare risposte concrete ai dubbi emersi in precedenza». Collegandosi probabilmente alle accuse di “assenza” piovutele addosso da consiglieri comunali di maggioranza e d’opposizione, e dal sindaco Roberto Cosolini, Gas Natural si dichiara poi aperta al dialogo, confermandosi nel contempo lontana da tentennamenti sulla strada imboccata. Alla società iberica non sarà mai sfuggito che il parere del Comune, nonostante sia politicamente pesante, è sì obbligatorio ma ha valore solo consultivo. Non vincolante. «L’azienda – recita il comunicato – ribadisce la propria disponibilità nel fornire a tutti gli enti interessati ogni ulteriore chiarimento ritenuto necessario o opportuno e conferma la propria fiducia nei confronti di tutte le istituzioni coinvolte rimanendo aperta a ogni tipo di confronto diretto, nella piena convinzione che questo progetto genererà valore per il territorio locale e aumenterà la sicurezza nell’approvvigionamento di gas dell’intero Paese».
Sul piano politico, che la Regione oggi non possa più far leva sull’allineamento dei pianeti in piazza Unità è evidente, ma le parole di Tondo-Ciriani e il voto del Pdl in Comune mettono in luce anche la diversità di vedute all’interno del principale partito del centrodestra. Cosa che lascia il coordinatore regionale Isidoro Gottardo «del tutto indifferente», considerato che «è chi governa ad avere la responsabilità delle scelte. E il sindaco ha la sua visione». Il capogruppo Pdl in Consiglio comunale Everest Bertoli intanto conferma una volta di più la «contrarietà alla proposta così come oggi prospettata. La società proponente non ha fornito i chiarimenti e le garanzie richieste per sicurezza, ambiente e impatto sul nostro territorio». L’unico iscritto al Pdl che in Comune pare viaggiare sulla stessa linea di Tondo e Ciriani è Roberto Dipiazza, l’ex sindaco, il quale però in Municipio è eletto con la lista civica che porta il suo nome. E non si riconosce nel Pdl triestino.
Ribadito, con emendamento di Ravalico (Pd), il contenuto già inserito nelle direttive al nuovo Prg
Sarà altresì esclusa la costruzione sul territorio comunale di infrastrutture di trasporto, come le linee ferroviarie Av/Ac, qualora comportino impatti non sostenibili sull’ecosistema carsico e sui fenomeni carsici ipogei ed epigei». Questo passaggio compare in uno degli emendamenti, fatti propri dalla giunta e quindi divenuti parte integrante del documento, alla delibera sul parere negativo al progetto del rigassificatore di Zaule, approvata dal Consiglio comunale. «Richiama, riportandolo pari pari – chiarisce il firmatario dell’emendamento Mario Ravalico del Pd -, il testo presentato da Marino Andolina (Fds, ndr) e approvato all’interno delle direttive del nuovo Piano regolatore». Ripete e quindi rafforza il concetto. Una sorta di “mezzo altolà”, non uno stop netto.
L’emendamento di Ravalico non è sfuggito in aula, nella notte fra lunedì e martedì, al pidiellino Paolo Rovis: «Mi è sembrato inopportuno – afferma il consigliere d’opposizione -. Non c’entra nulla con il rigassificatore. È inutile specificare poi la questione del “non sostenibile” perché tutti i progetti passano per le valutazioni ambientali. Noi siamo favorevoli alla realizzazione della Tav, con le giuste cautele ovviamente».
«Non è un no alla Tav. Fermo restando che non credo la vedremo nel periodo di vigenza del nuovo Piano regolatore», si affretta a specificare il sindaco Roberto Cosolini. Che approfondisce: «Il potenziamento delle strutture ferroviarie resta per noi una priorità. Quel passaggio rinnova un principio: la valutazione dell’impatto ambientale di un’opera va fatta sempre seriamente».
Pare che all’epoca, la prima versione dell’emendamento Andolina alle direttive del nuovo Prg facesse riferimento a «impatti rilevanti sull’ecosistema carsico» invece del definitivo «impatti non sostenibili». La concertazione politica ha poi aggiustato il tiro.
L’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi prende atto di quanto accaduto in Consiglio comunale e rimane prudente: «Mi riservo di leggere il documento». Per poi ripassare i contorni della vicenda Tav: «La rete dell’Alta velocità fa parte dell’elenco delle opere strategiche del governo. L’intesa sulla localizzazione è di competenza della Regione mentre i Comuni solamente partecipano alla fase istruttoria». Sulla definizione del tracciato, conferma Riccardi, «stiamo ancora lavorando», segnatamente «per renderlo meno impattante». L’assessore assicura poi che ci sarà «dialogo con i Comuni. Sull’ultima ipotesi del tracciato c’era stata la condivisione dell’allora sindaco Dipiazza». I tempi (politici) sono cambiati. In Regione c’è sempre il centrodestra al timone, in Comune guida dalla fine del maggio scorso il centrosinistra. E allora: «Sarà mia cura – promette Riccardi – approfondire il tema con Cosolini». (m.u.)