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Marzo 18th, 2017 — General, Reti di distribuzione
Elettrodotti News
mv 28 / 12 / 2013
di Lucia Aviani
San Leonardo primo Comune ad approvare in un odg la totale contrarietà La redazione cividalese del Ponte annuncia l’avvio di una raccolta di firme
Corriere della Sera 26/27 dicembre 2013
Cadore senza luce per tutto Santo Stefano e stamattina. Al lavoro tecnici di Enel e Terna. Disagi sulle strade, percorribili solo alcuni tratti con gomme termiche o catene. Sopralluoghi aerei per valutare l’entità dei guasti
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COMUNICATO STAMPA 333, 26/12/2013
BLACKOUT
E’ stata sufficiente una nevicata, nemmeno eccezionale, per mettere al buio il Bellunese e l’alta valle del Tagliamento. Trenta linee staccate, di cui sei nel Bellunese.
Ci vuole poco per capire che le linee aeree sono più esposte ai capricci delle condizioni meteo. Ma quando lo abbiamo sostenuto perché fosse favorita la soluzione interrata, la Terna e i suoi accoliti hanno fatto fuoco e fiamme per non ammetterlo. Eppure, di casi a sostegno delle nostra tesi ne potremmo enumerare a decine, a partire da quell’albero, impertinente e misterioso, caduto in Svizzera il 28 settembre del 2003. Evento cui fu addebitata la colpa di aver messo in ginocchio l’intera Penisola ma che per altri versi ebbe il compito di inaugurare la stagione della perenne emergenza, con il pretesto di garantire la sicurezza del sistema Italia, ovvero di un paese che ha continuato a navigare a vista sotto la regia del monopolio energetico. Eclatante fu anche il caso verificatosi in Canada negli anni novanta e non meno disastroso fu il 2004 per la Francia.
Poteva essere la giornata buona per rifarsi da una stagione andata storta, invece il blackout di Santo Stefano e la mania di fare gli elettrodotti aerei hanno messo nei guai gli operatori e tenuti alla larga i turisti. E dire che si erano vantati di aver migliorato la sicurezza energetica con una nuova linea di collegamento fra l’alta valle del Tagliamento e il Cadore!
Con la cultura che si sta facendo alla scuola della TERNA, la responsabile nazionale per le infrastrutture non mancherà di darci il suo oracolo. Speriamo almeno che Debora si trattenga dal dire che l’ultimo blackout è stato causato dal Comitato per la Vita del Friuli Rurale, dalla mancanza di una magliatura, dal ritardato inizio del Redipuglia-Udine ovest, dell’Okroglo-Udine ovest, del Divacia-Salgareda, del Wurmlach-Somplago, della centrale di Somplago… Adesso che Asquini non è più consigliere, simili stupidaggini le lasci dire a chi di queste cose se ne intende per davvero, a Belci, a Tonon o alla Assessora all’energia…
Tibaldi Aldevis Comitato per la Vita del Friuli Rurale
Marzo 18th, 2017 — Nucleare
da Il Piccolo
Krško 2, una centrale a rischio sisma
Bocciato dall’Istituto per la sicurezza nucleare francese il raddoppio dell’impianto Una scossa e sarebbe catastrofe
La centrale nucleare di Krsko in Slovenia
TRIESTE. La Slovenia sta puntando molto sul raddoppio della centrale nucleare di Krško i cui lavori dovrebbero iniziare nel 2015 (crisi permettendo) e scommette anche sull’interessamento di investitori stranieri nel progetto. Tutto si sta svolgendo in gran silenzio, se ne parla poco e quando lo si fa è una questione di sussurri. Come quelli che sono giunti in questi giorni dalla Croazia (padrona per il 50% dell’impianto nucleare attuale) e riportati dal quotidiano di Zagabria Jutarnji List.
Ebbene lo studio realizzato dall’Istituto francese per la sicurezza nucleare e radiologica proprio in vista della costruzione della cosiddetta centrale di Krško 2 (1600 megawatt di potenza pari a tre volte dell’impianto già esistente) fornisce un risultato inequivocabile: la zona di Krško che sarebbe interessata dalla costruzione risulta essere molto sensibile ai movimenti tellurici, per cui, concludono gli specialisti francesi, il progetto di costruzione di Krško 2 andrebbe fermato.
La relazione francese ha creato grosso disappunto, nervosismo e imbarazzo in Slovenia al punto che Martin Novšak, il direttore della società Gen Energija che gestisce la centrale per conto dello Stato sloveno, ha immediatamente dato l’ordine di secretare la relazione inviandola immediatamente all’analisi degli esperti e dei tecnici sloveni dell’agenzia che si occupa della sicurezza nucleare del Paese. La Gen Energija è la società capofila per il progetto di Krško due e ha dato vita a un consorzio con di quattro società per approntare lo studio di fattibilità del raddoppio della centrale nucleare esistente. L’Istituto francese per la sicurezza nucleare è una di questa e già a fine gennaio ha consegnato la sua relazione in cui, lo ripetiamo, si scrive molto chiaramente che in caso di terremoto, visto il terreno particolarmente sensibile su cui andrebbe a sussistere la centrale, si avrebbero conseguenze disastrose e ha quindi consigliato di bloccare il progetto.
Se della sicurezza di Krško è direttamente interessata la regione Friuli-Venezia Giulia (dista a 100 km di distanza in linea d’aria dall’impianto in Slovenia) ma anche l’intero Nordest, figuriamoci la sensibilità che un simile tema esercita sulla Croazia e sulla capitale Zagabria che dista solo 5 chilometri da Krško. Ma gli altri soci del consorzio guidato da Gen Energija si dissociano dal punto di vista francese. L’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare sostiene, secondo fonti riservate, che essendoci punti di vista così difformi sull’argomento bisognerà effettuare ulteriori studi prima di trarre una conclusione definitiva. La Slovenia sostiene che la relazione francese non parla di conseguenze disastrose, ad esempio, in relazione alla centrale già esistente e visto che la nuova sorgerebbe su un’area praticamente adiacente a quella interessata dall’impianto in funzione la cosa deve essere ulteriormente approfondita.
Di diverso avviso Hrvoje Perhari„, il rappresentante croato nel consiglio di amministrazione della centrale nucleare, il quale sostiene che la relazione francese parla anche degli attuali rischi e pericoli inerenti a Krško 1 e il tutto è in fase di approfondimento. Davor Grgi„, presidente della Società nucleare croata, è pienamente a conoscenza della situazione e dichiara allo Jutranji: «Non è pensabile che la relazione francese si preoccupi solo della nuova centrale nucleare e non esamini anche lo stato della sicurezza di quella già esistente». Per ora il governo croato sul progetto di Krško 2 non prende posizione mentre l’Austria ha già dato il proprio parere negativo al raddoppio. I lavori di costruzione di Krško 2 dovrebbero partire nel 2015 e durare 4 anni. L’impianto avrà una “durata” di 60 anni, mentre Krško uno avrebbe ancora 20 anni di “sopravvivenza”.
Marzo 18th, 2017 — Gas
Gas: Orlando, sospese procedure rigassificatori Trieste
04 Maggio 2013 – 12:35
(ASCA) – Trieste, 4 mag – Il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, ha confermato la sospensione per le procedure relative ai rigassificatori di Trieste ed ha precisato che sara’ difficile ”trovare un equilibrio” tra le esigenze di approvvigionamento energetico e quelle portuali di Trieste.
”In un corridoio, come quello di Trieste, non ci puo’ passare di tutto, bisogna decidere” ha detto il ministro, introdotto dalla neopresidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.
fdm/vlm/ss
13:46 – Rigassificatore Trieste: Orlando, serve tavolo con Slovenia
(ANSA) – TRIESTE, 4 MAG – ”Puntiamo a un tavolo con i paesi confinanti per non affrontare il tema separatamente”. Lo ha affermato oggi a Trieste il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, a proposito dello ‘stop’ ai progetti di impianti rigassificatori sul golfo giuliano deciso dal precedente Governo. Precisando che ”si prosegue sulla linea impostata dal ministro Clini”, Orlando ha ricordato che la sospensione ”era un atto doveroso”. (ANSA). BUO
Il Piccolo
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/05/04/news/il-ministro-orlando-a-trieste-modello-piombino-per-la-ferriera-1.6998876
Messaggero Veneto
http://messaggeroveneto.gelocal.it/cronaca/2013/05/04/news/serracchiani-stop-a-krsko-e-al-rigassificatore-1.6998327
Trieste All News
http://www.triesteallnews.it/index.php/cronaca/4374-rigassificatore-il-ministro-orlando-a-trieste-necessario-un-riesame-strategico-della-questione.html
Primorski
http://www.primorski.it/stories/trst/213734_o_terminalih_se_bomo_pogovarjali_s_sosedi/#.UYVa2II9cfJ
Video
https://www.youtube.com/watch?v=YSUfL0mIVmA&feature=player_embedded#!
Articoli precedenti:
Il Sole24ore: Stop ai rigassificatori di Trieste. Clini: non ci sono le condizioni
La Repubblica: Snam, il sogno della rete europea del gas nel mirino Austria e rigassificatori in Spagna
Marzo 18th, 2017 — Carbone
Da Il Piccolo del 17 maggio 2013
È un coro: «No al carbone»
17 maggio 2013 — pagina 24
di Laura Blasich No al carbone. Con varie sfumature lo dicono in sostanza tutti i Comitati di quartiere di Monfalcone e non solo l’associazione Rione Enel, che sponsorizza in modo deciso il contro-piano di Legambiente per un futuro alternativo per il sito della centrale termoelettrica A2A. E rimane pronta a dare battaglia attraverso il ricorso al referendum sul progetto della società di sostituzione dei due attuali gruppi a carbone con una nuova sezione, alimentata con lo stesso combustibile fossile. Quello che tutti i Comitati chiedono, senza distinzione, è invece un coinvolgimento della Regione e dei Comuni limitrofi. «La Regione va e si deve sentire coinvolta – afferma la vicepresidente dell’Associazione rione Enel, Oriana Monti -, soprattutto nel momento in cui c’è un assessore all’Ambiente, Sara Vito, eletta da questo territorio e che nel suo programma puntava molto sulle fonti rinnovabili». Quello che ha lasciato perplessa l’associazione e gli altri comitati è però anche il mancato coinvolgimento da parte dell’amministrazione comunale degli altri enti locali che pure avevano dato la propria disponibilità a lavorare assieme sulla questione. In modo del tutto comprensibile, visto che le ricadute degli inquinanti riguardano un’area che va ben oltre i confini comunali. «Il punto comunque è se questa città è disponibile ad accettare altri 50 anni di carbone», afferma la vicepresidente dell’associazione. Monfalcone deve quindi farsi sentire, e non solo attraverso i propri cittadini, secondo il coordinatore dei Comitati di quartiere Giorgio Busatto, pensando innanzitutto alla tutela della salute della comunità. «Questa è una zona che ha già sofferto e soffre troppo a causa dell’amianto – sottolinea Busatto -. Resta da capire quale sarà l’impatto dell’aumento del transito dei mezzi pesanti e non solo sulle nostre strade. Bisogna che il diritto alla salute dei cittadini sia salvaguardato e il primo responsabile in questo campo è il sindaco». «C’è bisogno di energia – dice Adriano Manfrin del comitato Aris-San Polo -, ma in questo momento quella richiesta alla centrale è meno di un terzo di quella che potrebbe produrre». Il Comitato rione centro, che ha appena rinnovato il proprio direttivo e ha come nuovo presidente l’ex consigliere comunale Giuliano Antonaci, si ritroverà fra l’altro lunedì pomeriggio per fare il punto sulla questione. «A titolo personale dico però che la centrale va smantellata, perché è obsoleta», chiarisce Antonaci. Al loro fianco i Comitati di rione trovano il consigliere provinciale Fabio Del Bello, secondo il quale le istituzioni, sollecitate di recente da Legambiente a uscire allo scoperto, hanno svolto finora un’azione inadeguata. «La Regione è stata finora assente, priva di un Piano energetico regionale – attacca Del Bello -, mentre la Provincia poteva esercitare in modo più incisivo la propria competenza sull’ambiente. Il Comune di Monfalcone è l’unico che sta affrontando il tema, anche se senza coinvolgere i Comuni vicini». Alla Provincia il consigliere chiederà quindi di mettersi a capo di un coordinamento territoriale che apra un tavolo con l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito.
17 maggio 2013 — pagina 24
Il consigliere di Sel Giovanni Iacono scende in campo chiedendo, con un’interrogazione, garanzia sui fronti sicurezza e ambiente in relazione al futuro della centrale A2A. Iacono chiede al sindaco « quali aggiornamenti A2A abbia prodotto all’attenzione della giunta in merito ai sistemi di controllo delle emissioni , alla dismissione dei gruppi a olio e all’iter progettuale relativo alla trasformazione dell’impianto». Inoltre chiede quali incontri si siano tenuti tra la giunta e A2A in sede di tavolo tecnico ambientale e se sia in corso la stesura di una convenzione-quadro tra Comune A2A. Iacono intende inoltre sapere se ci siano stati incontri tra A2A e Rione Enel e quali azioni siano state intraprese dall’amministrazione con la Regione «per lo studio del progetto di trasformazione del’impianto di Monfalcone, e per la redazione del Piano energetico regionale». Inoltre se sia stato predisposto un progetto di Piano energetico comunale in ordine al passaggio a fonti rinnovabili a Monfalcone. Iacono chiede infine una conferenza aperta alla popolazione sul tema.
13 maggio 2013 — pagina 16
Carbone, centrale e disagi. Così s’intitola un’iterrogazione al sindaco Altran della consigliere comunale Anna Maria Cisint che chiede certezze sull’impatto sanitario dell’impianto. «A discapito di una serenità di vita ormai ridotta sotto il peso di quelle polveri che “omaggiano” la collettività di 800 kg di particelle, il nuovo progetto ridurrebbe lo scaricamento di polveri a 140 tonnellate annue: circa 380 kg quotidiani. Troppi. È evidente come soprattutto i residenti siano ostaggio di rumori, vibrazioni che determinano crepe sui muri,onde elettromagnetiche e stress psicologico inquietante quasi quanto le polveri». Senza contare il deprezzamento delle case del rione. «Vanno quindi affrontati – afferma Cisint – i temi più importanti anche alla luce di quanto le istituzioni e l’azienda a confronto del tavolo tecnico hanno deciso. Emerge dai verbali la possibilità di effettuare, a fianco di quello prospettico della Vis, uno studio retrospettivo per verificare se negli ultimi 10/15 anni sul territorio ci sia stato un aumento delle patologie correlabili all’esposizione agli inquinanti prodotti dalla combustione del carbone. La delega all’Ass non può esonerare il comune dalla gestione diretta della problematica: vanno individuate e condivise le caratteristiche e i tempi della ricerca cui può comunque essere abbinata la Vis su quello che sarà il progetto che A2a presenterà al ministero. In secondo luogo – continua Cisint – serve un’implementazione delle centraline per il rilevamento di Pm10 e Pm2,5. L’Arpa stessa evidenzia la possibilità di affiancare la strumentazione già in suo possesso a questo fine. Mi chiedo come mai non sia ancora stato fatto e come mai si decida invece di attendere lo sviluppo della futura convenzione con A2A per completare la rete. C’è infine la la necessità di installare centraline di controllo delle componenti acustiche anche in risposta alle numerose segnalazioni di episodi». di Laura Blasich Chiusa la campagna elettorale, la Regione, ma anche Provincia e Comune, devono dire “da che parte stanno” rispetto al futuro della centrale termoelettrica A2A di Monfalcone. Ad affermarlo, con forza, è Legambiente, dal nazionale al locale, che laltra sera è ritornata a parlare in città della sua proposta alternativa, fatta di un mix di gas, fotovoltaico e produzione innovativa legata alle fonti energetiche alternative alle fossili. Senza però ottenere una parola in proposito dal presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, e dall’assessore comunale all’Ambiente, Walter Pin, entrambi presenti nella sala conferenze del Palazzetto veneto di via Sant’Ambrogio.«Abbiamo fatto una prima iniziativa a Monfalcone tre mesi – ha afferma Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente, tra i relatori dell’appuntamento – per illustrare la nostra proposta. Siamo ritornati adesso per dimostrare che non è campata in aria, portando i rappresentanti dell’Angelantoni Industrie Spa, azienda che produce tubi ai sali fusi per il solare a concentrazione in provincia di Perugia. Una realtà nata con una joint venture con Siemens e che da lavoro a circa 200 persone. Un esempio concreto che il futuro può essere altrove dal carbone, una fonte obsoleta, anche sotto il profilo economico, di mercato». L’obiettivo era quello di sollecitare, quindi, con un esempio concreto la politica locale «a dire qualcosa, se la strada da imboccare è quella indicata da A2A o se, invece, si può lavorare su un percorso alternativo, ma non campato in aria». Per ora, però, Legambiente non ha ottenuto alcun feedback. «Non è un dato positivo – aggiunge Ciafani -. La campagna elettorale però adesso è finita e Regione, Provincia, Comune, devono dire dove vogliono andare a parare: il sindaco di Brindisi a un progetto analogo a quello di Monfalcone ha risposto picche ad A2A. Si deve chiarire, quindi, se si pensa di poter lavorare per far cambiare il piano industriale ad A2A o se invece va bene appiattirsi sulla posizione dell’azienda». All’incontro era stato invitato anche ilneoassessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, che però non ha potuto partecipare per impegni in Consiglio regionale. «Ci ha però detto di auspicare che ci saranno altre occasioni di confronto», afferma il presidente del circolo monfalconese di Legambiente, Michele Tonzar. Valerio Rossi Albertini del Cnr di Roma ha spiegato e ribadisce come «il carbone è una fonte energetica ormai superata, soprattutto in Italia, dove il consistente aumento della produzione da fotovoltaico sta spegnendo le centrali nelle ore diurne. Centrali pulite a carbone inoltre non esistono – sottolinea -, mentre ormai esistono nuove tecnologie da sfruttare». Per il sito energetico di A2A Legambiente ha ipotizzato una riconversione di una minima percentuale di produzione con il gas, la bonifica di un’area occupata dalla centrale con messa a disposizione delle zone libere per le attività portuali e la realizzazione di un impianto fotovoltaico in una parte delle aree dismesse con una capacità attorno ai 2 Mw. Il tutto pensando alla creazione di sinergie tra le istituzioni del territorio e coinvolgendo A2A, per favorire l’insediamento di realtà produttive innovative.
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
da Il Piccolo del 9 luglio 2013
Trieste, Serracchiani scrive a Roma: no al rigassificatore
Lettera inviata ai ministri Orlando, Lupi e Zanonato e per conoscenza al premier Letta: progetto non compatibile con le prospettive del porto
La presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha comunicato con una lettera al Governo la contrarietà dell’amministrazione regionale al progetto di terminal rigassificatore a terra, presentato da Gas Natural, nella zona industriale di Zaule, a Trieste. Lo ha reso noto oggi l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione nel corso del Question Time al Consiglio regionale. La lettera, inviata ai ministri Orlando, Lupi e Zanonato, e per conoscenza al premier Letta, sottolinea che il progetto è da considerarsi «non compatibile con i progetti e le prospettive dei traffici marittimi nel Porto di Trieste». La stessa missiva sarà inviata alla Commissione europea.
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
da Il Piccolo del 13 luglio 2013 Pagina 23 – Gorizia-Monfalcone
Maxi-imbarco in porto per una centrale nucleare
Si tratta di due pre-riscaldatori del peso di 140 tonnellate ciascuno costruiti dalla Mangiarotti e destinati al colosso francese Edf
Ancora una volta, nonostante i problemi di fondali e di attracchi (al centro dello sciopero dei giorni scorsi) il porto di Monfalcone è al centro dell’attenzione per l’imbarco di carichi eccezionali. Dopo quello di un enorme elemento da 1.200 tonnellate per un impianto negli Emirati arabi, lo scorso anno, ieri è stata la volta di due elementi progettati e realizzati nello stabilimento che il gruppo friulano Mangiarotti ha acquisito due anni fa a poca distanza dal porto. In questo caso si tratta di pre-riscaldatori per l’acqua di raffreddamento, destinati a una centrale nucleare francese del colosso Edf, che sorge lungo il Rodano e attualmente è sottoposta a manutenzione straordinaria. La commessa ottenuta dalla Mangiarotti comprende quattro pre-riscaldatori, per un valore complessivo di alcuni milioni di euro. La costruzione degli altri due è quasi ultimata, e fra circa un mese partiranno anch’essi via mare alla volta della Francia. Ieri mattina, intanto, il primo dei due elementi, lunghi 15 metri e pesanti 140 tonnellate, che nei giorni scorsi era già stato trasferito in banchina, è stato caricato sulla nave speciale “Storm”, utilizzando il potente bigo di bordo e robuste imbragature in cavi d’acciaio, agganciate a una trave longitudinale, a sua volta collegata al bigo. Un’operazione molto delicata, curata dall’agenzia di trasporti Friultrans e seguita dai tecnici della Mangiarotti, che si è ripetuta nel pomeriggio con il secondo pre-riscaldatore. Il carico è stato poi completato con una serie di casse e altri pezzi a corredo dei due grandi elementi. Sono iniziate quindi le operazioni di rizzaggio, necessarie a far sì che durante la navigazione il carico della “Storm” non subisca pericolosi spostamenti. Ieri pomeriggio non era ancora possibile stabilire l’ora di partenza della “Storm” a causa della complessità di queste operazioni. Partenza che comunque potrebbe essere avvenuta nella notte o, al più tardi, nelle prime ore di oggi. Sarà poi necessaria una decina di giorni perchè il delicato carico arrivi a destinazione. Con una settimana di navigazione la “Storm” approderà al porto di Fos sur Mer (Marsiglia), dove i due pre-riscaldatori saranno scaricati e posti su speciali carrelli, abilitati all’utilizzo stradale. A loro volta questi carrelli (con il loro pesante carico) verranno trasferiti, per mezzo di una rampa, su un’apposita chiatta che risalirà il Rodano e in due, tre giorni di navigazione raggiungerà il porto fluviale di Saint Maurice, a pochissima distanza dalla centrale nucleare. L’ultimo, breve tratto del lungo viaggio verrà coperto con un trasporto eccezionale su strada, senza alcun ulteriore trasbordo dei due grandi elementi.
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da Il Piccolo del 9 luglio 2013
Monfalcone, mega imbarco per una centrale nucleare francese
Due enormi pre-riscaldatori dell’acqua di alimentazione per una centrale nucleare sul Rodano, costruiti a Monfalcone dalla Mangiarotti, verranno imbarcati giovedì su una nave spciale che li porterà a Marsiglia
di Giuseppe Palladini
Quindici metri di lunghezza, tre di diametro e un peso di 140 tonnellate. È uno dei quattro pre-riscaldatori dell’acqua di alimentazione, progettati e realizzati dalla Mangiarotti per una centrale nucleare francese del colosso energetico Edf, una commessa del valore di alcuni milioni di euro.
Due di questi enormi elementi (progettati in parte a Milano e in parte a Monfalcone) saranno imbarcati giovedì sulla nave “Storm”, che lunedì pomeriggio ha gettato le ancore in rada. Si tratta di unità lunga un centinaio di metri, progettata per il trasporto di carichi pesanti, che trasferirà appunto i due grandi elementi a Fos sur Mer (Marsiglia) da dove, caricati su una chiatta, risaliranno per qualche giorno il Rodano fino a Saint Maurice, località nei pressi della centrale nucleare di cui è in atto la manutenzione straordinaria. Gli altri due pre-riscaldatori sono quasi pronti e partiranno da Monfalcone fra circa un mese.
Dopo la spedizione dell’enorme elemento (1200 tonnellate) per la purificazione del gas in un impianto petrolifero degli Emirati arabi, realizzato a Monfalcone e partito poco più di un anno fa, l’imbarco di queste nuove realizzazioni conferma la validità della scelta logistica dell’azienda friulana che due anni or sono si è insediata nei pressi del porto di Monfalcone.
Il primo dei due pre-riscaldatori è stato trasferito in banchina nei giorni scorsi. L’altro, sempre per mezzo di un carrello speciale, è uscito dallo stabilimento nel primo pomeriggio di lunedì, e dopo un percorso di alcune centinaia di metri ha raggiunto anch’esso la banchina, dove è stato trasferito su appositi blocchi di sostegno, in attesa della operazioni di carico programmate per giovedì.
Fra qualche mese, sempre dal porto di Monfalcone, partiranno altri componenti, costruiti anche questi dalla Mangiarotti, destinati agli Stati Uniti. Si tratta di otto elementi, del peso variante fra le 70 e le 200 tonnellate, per i circuiti di due nuove centrali nucleari in fase di realizzazione negli Stati Uniti. Sono componenti di nuova generazione, sottolinea la stessa Mangiarotti, che saranno inseriti in impianti progettati dalla Westinghouse per garantire la massima sicurezza di esercizio.
Marzo 17th, 2017 — Carbone, General
da Il Piccolo del 23 agosto 2013 Pagina 37 – Gorizia-Monfalcone
«A2A costretta a rinviare il Piano»
«Il rinvio della presentazione al ministero del progetto di riconversione della centrale termoelettrica è un evidente segnale di riflessione da parte di A2A a fronte delle richieste del Comune e del territorio». Lo afferma il sindaco di Monfalcone Silvia Altran che, quindi, non si strappa le vesti dopola conferma, da parte della società, dello slittamento dei tempi per la presentazione al ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente del nuovo progetto a carbone per l’impianto monfalconese. Tutt’altro, anche per il sindaco, come pure per il Comitato del rione Enel e i sostenitori del “No al carbone” questa è una mezza vittoria. «L’amministrazione comunale – ha dichiarato ieri il sindaco Silvia Altran – ha più volte ribadito la propria avversione all’ipotesi del ricorso al carbone, e ha già annunciato di volersi dotare di un gruppo di lavoro atto ad esaminare tutta la documentazione che A2A intendesse presentare. E lo faremo, come abbiamo peraltro comunicato nel recente incontro con il Comitato “No carbone”, col Wwf e con Legambiente, dotandoci di un pool di esperti che ci possa supportare nell’analisi dei dati, in modo da poter giudicare, nel più corretto dei modi, quali saranno le soluzioni che meglio tutelano la cittadinanza. «Disporre delle migliori professionalità – continua il sindaco Altran – ci darà la garanzia di essere un interlocutore di cui A2A dovrà tenere assolutamente conto. Il nostro metodo di lavoro è sempre stato improntato alla massima serietà, alla volontà di dialogare con tutti gli interessati, ma senza cedere all’emotività del momento, poiché il percorso potrebbe essere lungo ed articolato. Al momento rileviamo l’aspetto positivo della richiesta presentata da A2A per la costruzione del denitrificatore che sicuramente assicurerà una riduzione degli inquinanti prodotti dalla centrale nel suo assetto attuale. I primi risultati si sono già visti ma, come ho già detto di recente, ciò non farà venire meno l’attenzione che abbiamo sempre avuto per il benessere del nostro territorio». C’è da vedere se davvero la decisione di A2A di rinviare la presentazione del piano a fine anno, con tre mesi di ritardo quindi rispetto alla data annunciata, sia tale da lasciar intravvedere un’ulteriore riflessione da parte dell’azienda che, da parte sua, ha già compiuto alcuni passi, come il deposito al ministero dell’Ambiente dell’istanza per ottenere l’autorizzazione a procedere con l’ambientalizzazione dei gruppi 1 e 2 a carbone, previsto nell’Aia. La stessa A2A, nel confermare lo slittamento dei tempi per il suo Piano carbone, ha spiegato che ciò è dovuto al fatto che, dallo stesso ministero, sono state chieste ulteriori integrazioni, «tali da prevedere tempi aggiuntivi. Il nostro progetto – ha ribadito A2A – non cambia, le procedure andranno avanti come reso noto in più occasioni».
da Il Piccolo del 20 agosto 2013
A2A rinvia il piano-carbone Il fronte del no: una vittoria
Gherghetta: «Rispetto del territorio». Moretti (Pd): «Non intendiamo mollare» Bernardel (Rione Enel): «Voglio augurarmi che sia un modo per riflettere»
Slittano i tempi per la presentazione al ministero dello Sviluppo economico e dell’Ambiente del nuovo progetto a carbone per la centrale termoelettrica. Rispetto al mese di settembre, secondo l’ultima indicazione fornita da A2A, il piano sarà depositato entro la fine dell’anno. È questo il dato riferito dall’azienda, che ha invece già presentato al ministero dell’Ambiente l’istanza per ottenere l’autorizzazione a procedere con l’intervento di ambientalizzazione riguardante i gruppi 1 e 2 a carbone, previsto nell’Aia dell’impianto.
Si tratta in questo caso del completamento della procedura attraverso l’avvio dell’iter legato alla realizzazione del “denox”, un impianto di denitrificazione che, mediante un processo chimico, abbatte sensibilmente le emissioni di ossido di azoto nell’aria. Per questo passaggio autorizzatorio, si apre la fase di assoggettabilità del nuovo impianto alla Valutazione di impatto ambientale.
Per quanto riguarda, invece, il nuovo piano a carbone, si parla dunque di un allungamento dei tempi. Una dilatazione di fatto tecnica, hanno spiegato dall’azienda, alla quale dallo stesso ministero hanno richiesto ulteriori integrazioni al piano, comportando pertanto tempi aggiuntivi. Il progetto sostanzialmente, è stato ribadito, non cambia, le procedure andranno avanti come reso noto in più occasioni. Ma è necessario che il piano abbia tutti i crismi per poter essere autorizzato. L’azienda ha ribadito comunque una valutazione e un approccio globale a questo importante intervento, assicurando la contestuale attenzione nel ridurre al massimo gli impatti sul territorio.
La notizia dello slittamento, intanto, è stata raccolta con favore dal “fronte del no” al “tutto carbone” per la centrale. Interpretata anche come una sorta di “riflessione”, a fronte delle prese di posizione sollevate dal territorio.
Il presidente dell’associazione Rione Enel, Adriano Bernardel, ha commentato: «Se effettivamente la presentazione del progetto a carbone slitterà nel tempo, avremo modo di poter ragionarci sopra e confrontarci. Voglio augurarmi che le resistenze provenienti dal territorio, non solo cittadino ma mandamentale, inducano l’azienda a riflettere sul futuro della centrale. I motivi possono essere diversi, tuttavia, potrebbe essere un’occasione per giungere a qualche ripensamento. Del resto – ha aggiunto Bernardel -, ci siamo sempre battuti affinchè non si persegua la via del carbone, optando piuttosto per il gas oppure per le fonti alternative. Non possiamo ora che attendere lo sviluppo degli eventi».
Il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, da parte sua, ha osservato: «Credo che A2A abbia assunto un atteggiamento di rispetto nei confronti del territorio. Del resto, hanno già avviato il processo per la realizzazione del “denox”. Mi sembra una scelta giusta procedere un passo alla volta, prima di concentrarsi sul futuro della centrale, anche se ritengo che un ripensamento da parte dell’azienda sarebbe opportuno».
Il consigliere regionale Diego Moretti ha argomentato: «Non ho elementi ufficiali circa questo slittamento dei tempi. La sensazione, come mi auguro, è quella che l’azienda possa riflettere sulle proprie intenzioni. Certo è che non intendiamo demordere, rimaniamo comunque contrari al progetto “tutto carbone” per la centrale».
Marzo 17th, 2017 — Carbone, General
da Il Piccolo 26 SETTEMBRE 2013, Pagina 27 – Gorizia-Monfalcone
A2A, per altri vent’anni il rischio del tutto carbone
Il futuro dell’impianto al centro del dibattito in Consiglio. Sul tappeto la possibilità di un prolungamento della vita dei due gruppi esistenti
In consiglio, ieri sera, s’è giocata una partita importante sulla centrale. Sul tappeto non c’è solo il completamento dell’ambientalizzazione attraverso l’installazione del “denox” per l’abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali l’aula è stata chiamata ad esprimere un parere sulla procedura della Via statale. C’è il futuro degli stessi Gruppi 1 e 2 a carbone che potrebbero rimanere in vita per altri 20 anni. E se l’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, s’è espresso a favore in merito alla procedura della Via, in virtù della difesa della tutela della salute e dell’ambiente, posizione sulla quale si trova allineato il Pd, sono altrettanto chiare le posizioni critiche proprio in merito alla “durata” dei gruppi esistenti. Critiche manifestate dall’opposizione, ma anche da una delle componenti di maggioranza, la lista “Responsabilmente con Silvia”. Grazie all’installazione del “denox” in ottemperanza agli obblighi di legge europei, sarà possibile un rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale oltre il termine ora previsto del 24 marzo 2017. Anna Maria Cisint (“Obiettivo”) propone all’amministrazione di «esprimere un parere chiaro di contrarietà al carbone oltre la scadenza dell’Aia del 2017. Bisogna evitare che i gruppi esistenti rimangano attivi per altri 20 anni». Sollecita «un’esplicita posizione da parte dell’assessore regionale all’Ambiente, Vito, e della stessa presidente Serracchiani, considerato che il loro programma elettorale indicava contrarietà al carbone». E chiede uno studio sulla dispersione degli inquinanti in atmosfera e al suolo. Polveri, metalli pesanti, ma anche l’ammoniaca che sarà utilizzata nell’ambito del sistema di trattamento dei fumi attraverso il denox: «Non c’è dubbio che l’adeguamento alle norme europee in merito all’ossido di azoto sia migliorativo, ma non è sufficiente a garantire le condizioni di sicurezza complessive dei gruppi esistenti». Cisint evidenzia poi il caso di Vado ligure, dove la Procura ha avviato un’inchiesta in ordine alla causalità tra emissione di polveri di carbone e decessi: «Mi chiedo se anche la Procura di Gorizia non possa avviare un’indagine in questo senso». E conclude: «A2A ha rivelato le proprie intenzioni. Lo si evince anche dal fatto che nel progetto preliminare non viene indicato il costo del “denox”, che si aggirerebbe sui 25 milioni. Un investimento di questa portata la dice lunga sul mantenimento dei gruppi esistenti a lungo termine». Ne conviene il capogruppo di “CambiAmo Monfalcone”, Luigi Blasig, che esprime un parere favorevole condizionato: «L’impianto che A2A vuole installare, rende palesi le intenzioni di medio e lungo termine dell’azienda. Questo trattamento non può nulla contro le polveri e i metalli pesanti emessi dall’impianto, ma le nuove condizioni permetterebbero di richiedere una deroga ai limiti che la norma prevederà e quindi di continuare con i gruppi esistenti ben oltre il 2017. Lo studio preliminare ambientale considera come ambito d’influenza potenziale dell’impianto un’area compresa entro una distanza di circa 5 km dal sito in cui è ubicata la centrale. Alla luce della norma europea, A2A sarà tenuta a dimostrare che l’altezza della ciminiera sia idonea a garantire la tutela della salute e dell’ambiente in tutto il territorio limitrofo e non limitatamente ai 5 km indicati dallo studio. Ricordando che la ciminiera sia stata realizzata tenendo conto di parametri infinitamente meno restrittivi e di una ventosità nell’area senz’altro superiore a quella attuale, va vincolato il parere alla presentazione da parte di A2A di un nuovo studio sulla dispersione quantitativa e qualitativa degli inquinanti al suolo che consideri anche la presenza dell’ammoniaca derivante dall’installazione dei DeNox». Giovanni Iacono osserva: «Come gruppo di Sel ci dichiariamo contrari alla produzione a carbone della centrale, in assenza di un piano energetico e di una prospettiva chiara sul futuro. Regione e Stato devono istituire una Conferenza dei servizi, affinchè il “caso Monfalcone” diventi una questione nazionale. Non è accettabile, infatti, subire i progetti di un’azienda, mentre la città dice altro».
Marzo 17th, 2017 — General, Scenari
dal Messaggero Veneto del 2 ottobre 2013
L’elettrodotto Udine-Repudiglia si farà
Lo ha detto l’assessore regionale all’energia Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione del M5s: la Giunta vuole aprire un dialogo con Terna per garantire tempi più certi nella demolizione delle linee obsolete e per migliorare le compensazioni agli Enti locali coinvolti nel progetto
TRIESTE. «Non è in discussione la realizzazione dell’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia, tanto più che questa infrastruttura energetica ha già concluso il suo iter ottenendo l’autorizzazione unica ministeriale il 12 marzo scorso».
Ad affermarlo è l’assessore regionale all’Energia, Sara Vito, rispondendo a un’interrogazione della presidente del Gruppo consiliare del M5S, Elena Bianchi.
In particolare, ricorda l’assessore, con una delibera del 25 ottobre 2012 la precedente Giunta regionale aveva espresso l’intesa con lo Stato ai fini del rilascio, a favore della società Terna, dell’autorizzazione unica ministeriale alla costruzione e all’esercizio dell’elettrodotto.
Con successiva delibera, il 18 aprile del 2012, la Giunta Tondo aveva inoltre approvato lo schema di convenzione tra la Regione e la Terna con lo scopo di definire le misure di compensazione e riequilibrio ambientale a favore delle amministrazioni comunali interessate.
Con la sospensione della convenzione per 90 giorni, decisa il 13 settembre scorso, l’attuale Giunta vuole aprire un dialogo con Terna per garantire tempi più certi nella demolizione delle linee obsolete e per migliorare le compensazioni agli Enti locali coinvolti nel progetto.
«Tutto ciò – osserva ancora Vito – nell’interesse dell’intera comunità regionale. Pertanto verrà definito con la società Terna un nuovo accordo per ottenere una soddisfazione reciproca solo e unicamente su queste due questioni
Marzo 17th, 2017 — Carbone, General
da Il Piccolo dell’11 ottobre 2013
Pagina 1 – Gorizia-Monfalcone
Rapporto-choc sulla centrale nascosto dal 2001
Spunta uno studio-choc sulla centrale, del 2001, che evidenza i rischi per la salute dall’utilizzo del carbone. Ma nessuno finora lo aveva divulgato GARAU a pagina 24.
Pagina 24 – Gorizia-Monfalcone
Centrale dei veleni: studio “dimenticato”
“Ignorato” dal Comune un documento di Enel del 2001 che rilevava sul territorio metalli pesanti con possibili rischi per la salute
Arsenico e cadmio al limite delle concentrazioni naturali, berillio, anche se basso, che contribuisce ad aumentare l’incidenza del tumore ai polmoni, cromo con “alterazione media” in molte aree e “alterazione massima” nella zona urbana di Monfalcone, anche questo agente tumorale, piombo con “alterazione alta” concentrato maggiormente a Monfalcone Nord e Nord-Ovest, Jamiano e Doberdò. Ci sono anche vanadio, alterazione “media diffusa”, metallo tossico, mercurio con “alterazione medio-alta” e “molto alta” nel settore nord occidentale, Jamiano e Doberdò. Una lista di metalli pesanti che fa impressione quelli elencati nello studio di “bioaccumulo lichenico” commissionato dall’Enel che aveva incaricato un’azienda specializzata, la Strategie ambientali di Roma, di realizzare e gestire una rete di biomonitoraggio del territorio circostante la centrale elettrica di Monfalcone. Lo studio risale al 1999, l’Enel che gestiva l’impianto a carbone lo aveva realizzato come prevedevano le prescrizioni di allora, le attività di biomonitoraggio sono iniziate nel 1999 e ci sono state ben tre campagne (1999, 2000 e 2001). Nel febbraio 2001 l’Enel ha depositato gli elaborati al Comune di Monfalcone. Torniamo al 2013, era il luglio scorso, e i ricercatori dell’Università di Trieste incaricati (un mese prima) dall’imprenditore della Sbe Alessandro Vescovini di fare una ricerca identica per verificare la contaminazione dei metalli pesanti sul territorio, quando hanno “tirato fuori” questo studio, tra le 12mila pagine di materiale presente in Comune (analisi, dati tecnici, procedure autorizzative utili per una storiografia) sono sobbalzati. Era stato già fatto uno studio, i risultati erano stati depositati in Comune, ma a quanto sembra erano solo in pochi a saperlo. Ed ecco sorgere il problema. E a sollevarlo è lo stesso Vescovini: «Stranamente di questo studio non si fa alcuna menzione nell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) del 2001 per la stessa centrale, ma nemmeno in quella del 2009 al contrario assai prolissa di informazioni inerenti gli innoqui NoX e SoX». Vescovini ha chiesto che comunque vada avanti lo studio dell’Università (i risultati sono annunciati fra un mese), ma ieri la scoperta ha scatenato un polverone sui social network, in particolare Facebook e ha sollevato domande pesanti. «Ma perchè questi documenti sono rimasti a dormire in Comune fino a oggi?». Ma soprattutto perchè nessuno ne ha mai parlato? Analisi, fatte nel 2001 (tra i protagonisti il professor Nimis del Dipartimento di Biologia vegetale della stessa Università di Trieste) che spiegano come tutte queste sostanze, ovvero questi metalli, lo ribadisce Vescovini: «Sono contenuti nel carbone» e sono stati sparsi nell’aria dopo essere usciti con il fumo dal camino della centrale e sono “ricaduti” sul territorio, concentrandosi in alcune zone piuttosto che altre, finendo nell’acqua, sulle piante, ma anche sulle verdure e la frutta degli orti, dal mare fino al Carso. Qualcuno probabilmente lo sapeva, per questo ricorda Vescovini «nel 2003, e forse non è stato un caso, furono prelevati campioni di sangue alla popolazione alla ricerca di una fantomatica contaminazione da selenio e nel 2004, grazie alla giunta Illy, venne firmato il famoso protocollo con Endesa. Ma poi le carte sono state dimenticate in un cassetto…». Una quadro, considerati gli anni di esercizio della centrale a carbone e che ora A2A si propone di ristrutturare, che getta ombre inquietanti sui possibili rischi per la salute della cittadinanza sui quali continua a non esserci chiarezza. Un fatto gravissimo soprattutto a Monfalcone città colpita dalla tragedia dell’amianto e dalle patologie legate all’asbestosi, che sembra circondata da una maledizione. Non bastava l’amianto, anche i possibili rischi della centrale a carbone. E ciò che preoccupa è che i rischi di malattia, secondo gli studiosi, si moltiplicano. Sono gli stessi ricercatori dell’Università di Trieste ad averlo evidenziato: nel caso di una persona ammalata di asbestosi il rischio che sorga il tumore, in un ambiente normale, è circa del 9%. Ma nel caso viva in una zona inquinata il rischio sale al 50%.
Persi: non ricordo. Pizzolitto: mai visto
I due sindaci allora in carica a scavalco nel 2001 non sanno spiegare che fine aveva fatto il dossier
Adriano Persi ricorda appena che a quei tempi era in ballo uno studio realizzato sfruttando la capacità bioaccumulatrice di sostanze inquinanti dei licheni. Ma la memoria poi non lo soccorre, a distanza di oltre dieci anni. «Certamente – ha spiegato Persi – l’allora assessore Corrado Altran potrebbe saperne di più». E Gianfranco Pizzolitto, da parte sua, andando a scavare nella memoria, ha argomentato: «Di quello studio non ne ero a conoscenza. Se così fosse stato, avrei quantomeno avvisato chi di dovere, non sarei certo stato a guardare». Insomma, quell’indagine in merito ai metalli pesanti presenti nel territorio monfalconese, commissionata da Enel allora gestore dell’impianto a carbone, e depositata in Comune nel febbraio 2001, non sembra aver lasciato traccia tra i sindaci di allora. Eppure il “dossier” in questione proviene proprio dagli archivi dell’ente locale. Ieri negli uffici erano in corso le verifiche di ricerca di quello studio. Tra il 1999 e il 2001, durante il quale fu eseguito il monitoraggio, la città visse la fase di “passaggio delle consegne” del centrosinistra che nel maggio del 2001 vide l’insediamento di Pizzolitto, ad ereditare l’amministrazione guidata da Persi. E Persi, che nel febbraio di quell’anno era ancora in carica, è rimasto sul vago: «Al momento, purtroppo, non sono in grado di ricostruire quel periodo e quindi il percorso e l’esito dello studio. Ricordo solo che si trattava di un’indagine basata sull’utilizzo dei licheni, in grado di rilevare i metalli pesanti». Persi ha aggiunto: «Il problema della centrale, comunque, era ben presente, tanto che seguì la fase relativa all’installazione in città del gas metano, e sappiamo tutti come finì quel progetto, bocciato da un referendum popolare». Pizzolitto, da parte sua, subentrando nel maggio di quell’anno ribadisce di non saperne nulla: «Quello studio – ha spiegato – sul mio tavolo quand’ero sindaco non è mai arrivato. Diversamente, qualora vi fossero stati elementi gravi ed evidenti, avrei non solo resi pubblici i dati emersi, ma avrei anche provveduto a convocare una conferenza dei servizi. Del resto – ha aggiunto – come sarebbe stato possibile un errore del genere, un gesto di irresponsabilità e di insensibilità? No, non è proprio possibile. Purtroppo, quella questione non appartiene al periodo della mia amministrazione. È peraltro plausibile, visto che ero subentrato a ricerca eseguita. Ero, infatti, diventato sindaco nel maggio del 2001 e il documento non mi è mai stato presentato, nè l’ho mai visto». Pizzolitto ha poi osservato: «Per quanto mi riguarda, avevamo comunque fatto eseguire interventi di rilevamento da parte dell’Arpa. Con l’allora Endesa avevamo anche cercato di mettere in piedi un monitoraggio capillare, ma allora la Provincia non ritenne sensato avviare un progetto assieme alla proprietà della centrale».
Azione legale contro la Via di 12 anni fa
È stata una riunione decisamente lunga e articolata. Finchè, ad un certo punto, s’è anche fatto riferimento ad una sorta di «riserva di adire alle vie legali per invalidare la Via dell’epoca». C’erano un po’ tutti, ieri in Commissione provinciale ambiente, era presente anche l’Associazione del Rione Enel, con il suo presidente, il vice e altri due componenti del direttivo. E quando Alessandro Vescovini ha snocciolato tutti i dati contenuti nello studio sui metalli pesanti assegnato da Enel a un’azienda specializzata tra il 1999 e il 2001, studio scoperto dai ricercatori ai quali l’imprenditore monfalconese ha commissionato un’indagine sulla centrale termoelettrica, la sorpresa è stata generale. Chi era a conoscenza di quello studio presentato nel febbraio del 2001 in Comune? Era mai stato reso pubblico? E cosa poteva significare allora, anche ai fini delle normative vigenti all’epoca? Certo è che gli interrogativi si sono susseguiti, di fronte all’incalzare delle informazioni fornite da Vescovini. Sono risuonate parole come piombo, mercurio, vanadio, cromo, berillio, con tanto di “quantificazioni” tracciate sull’intero territorio, da Monfalcone fino a Doberdò e Iamiano. Metalli tossici, agenti tumorali. Il consigliere provinciale Fabio Del Bello ha presentato uno specifico ordine del giorno, per approfondire tutta la questione. Fino a prospettare l’ipotesi di questa sorta di azione legale “retroattiva”.
Cisint: «L’Aia va sospesa o revocata»
Ha sortito un effetto-bomba lo studio “dimenticato” del 2001 commissionato da Enel che indicava un gravissimo inquinamento ambientale provocato dalla centrale sul territorio. La capogruppo di “Cambiamo” Anna Cisint ha inviato un’immediata interrogazione al sindaco, cui confida di ottenere risposta nel Consiglio del 17 ottobre, cui chiede tra l’altro «di provvedere subito a far sospendere o revocare l’Aia nel caso in cui fosse stata ottenuta senza una valutazione dei risultati dell’indagine». Inoltre chiede di verificare i possibili riflessi penali che una tale “dimenticanza” può determinare. Cisint domanda inoltre «come mai tali argomenti non siano mai stati affrontati in Consiglio nei numerosi dibattiti sul tema della centrale» e se sia stato verificato «se il ministero competente nel concedere l’Aia abbia valutato gli impatti sulla salute di cui parla che lo studio dell’Enel».
La Giunta di San Canzian intanto non si oppone al tutto carbone.
Non passa il no al progetto tutto carbone di A2A
Da Il Piccolo del 3 ottobre 2013
SAN CANZIAN D’ISONZO Mentre anche a Monfalcone il Pd si è espresso in modo chiaro contro l’utilizzo del carbone nel futuro della centrale termoelettrica, a San Canzian una presa di posizione analoga è mancata. A sottolinearlo è il gruppo di minoranza Centrosinistra per San Canzian futura che sul tema aveva presentato un ordine del giorno, bocciato dalla maggioranza nell’ultima seduta del Consiglio comunale. «Ci è stato detto che il documento era pretestuoso – afferma la capogruppo Viviana Businelli -, anche se quello che chiedevamo era soprattutto di portare in Città mandamento la questione, che non riguarda solo Monfalcone, visto il raggio di dispersione degli inquinanti che è di almeno 12 chilometri». Vero è che il documento puntava anche a impegnare il sindaco Silvia Caruso a «esprimersi nelle sedi competenti contro ogni ipotesi di utilizzo del carbone, anche di quello cosiddetto pulito, che non esiste, all’interno della centrale». Un’affermazione in linea, rileva il gruppo di minoranza, con quanto contenuto nel programma della presidente della Regione Debora Serracchiani. A fronte di «un inquinamento che non ha confini», il gruppo di minoranza riteneva quindi che Città mandamento avrebbe potuto affrontare il tema in modo più incisivo e che «un maggior coinvolgimento e una visione unitaria di tutti gli enti locali della Bisiacaria potrebbe dare maggior forza alle posizioni comunemente individuate». Nell’ultima seduta del Consiglio la maggioranza ha bocciato anche la mozione di Centrosinistra per San Canzian futura che chiedeva la rinuncia dell’aspettativa da parte del sindaco, con conseguente, secondo il gruppo, recupero di fondi e la riduzione del 10% sui gettoni di presenza e sulle indennità degli assessori. «Indubbiamente non si risolvono così le difficoltà finanziarie dell’ente – afferma la capogruppo -, però volevamo dare un segnale a quei cittadini che si trovano senza lavoro e magari creare un fondo per le emergenze economiche delle persone in difficoltà. Da parte della maggioranza c’è stata una chiusura totale non solo sull’aspettativa, ma anche sulla riduzione». Con il resto della minoranza in questo caso ha votato anche Rossella Buttaro del Centrodestra.