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Trieste 18 Marzo. Sciopero generale e presidio

Trieste 18 Marzo. Sciopero generale e presidio

 

 

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Anche a Trieste, come in molte altre città, si è svolta una manifestazione in occasione dello sciopero generale proclamato da USI-AIT, CUB e SICOBAS. I compagni e le compagne dell’USI-AIT per tutta la mattinata del 18 marzo hanno allestito un presidio in Largo Barriera, per spiegare le ragioni dello sciopero e manifestare contro le politiche del governo sul lavoro e soprattutto contro le politiche di guerra e le spese militari.

In Italia la spesa destinata alle forze armate (escludendo i carabinieri) si attesta oggi circa sull’1,5% del prodotto interno e lordo, ma – secondo gli accordi presi all’interno della NATO – è destinata ad aumentare fino al 2%. La spesa per il 2015 è stata di 17 miliardi di euro, di cui ben 4,7 miliardi per l’acquisto di aerei e navi da guerra. Una cifra spropositata, a fronte delle molte lamentele sorte negli ambienti militari per fantomatici annunci di tagli e riduzioni. Tutto questo senza contare la spesa per le missioni all’estero (leggi guerre) che equivale a circa 900 milioni.

Mentre i fondi per la sanità e per le scuole vengono sempre più ridotti, le spese militari restano stabili, anche perché il governo si sta preparando, nonostante gli annunci ufficiali, ad una nuova guerra (che in realtà c’è già) in Libia. Gli interessi economici in ballo sono considerevoli, a cominciare dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi da parte dell’ENI.

Ma in questo paese c’è un’altra guerra in atto non dichiarata: quella contro i lavoratori e contro gli sfruttati: è una guerra combattuta a colpi di leggi (Jobs Act, Buona Scuola, ecc.) e di accordi con i sindacati di Stato (l’ultimo in ordine di tempo è l’accordo sul Testo Unico di Rappresentanza, firmato con la Confindustria non solo da Cgil, Cisl, Uil e Ugl, ma anche da Cobas e USB), che da una parte legittimano lo sfruttamento e il precariato e dall’altra blindano i contratti nazionali e aziendali, in modo che non si possa levare alcuna voce contraria.

 

A livello locale i maggiori temi affrontati sono stati quelli della sanità e dei servizi educativi. Sul diritto alla salute, la Regione Friuli Venezia Giulia (a guida PD) sta passando come uno schiacciasassi, tagliando posti letto, personale sanitario e interi reparti come la Prima Chirurgica a Cattinara. Sul fronte dei servizi educativi c’è una buona notizia che riguarda la stabilizzazione di alcune decine di colleghi, ottenuta dopo molte pressioni, ma anche, dall’altra parte, la sempre maggior carenza di materiali e di fondi destinati alle attività educative. Da sempre noi chiediamo che i servizi educativi siano equamente finanziati, liberi e gratuiti.

 

A livello di adesioni lo sciopero, secondo i primi dati, ha raggiunto le aspettative, nonostante una copertura mediatica scarsa e distorta e grosse falle nella copertura informativa ufficiale. A livello mediatico quello del 18 marzo è passato quasi esclusivamente come uno sciopero dei trasporti, ed ovviamente sono stati esaltati i disagi e oscurate le motivazioni. Inoltre la comunicazione ufficiale – obbligatoria in caso di attivazione dei contingenti minimi – non è arrivata in diversi settori del pubblico impiego, tanto che è stato necessario sollecitare sia l’ufficio scolastico regionale sia il Comune. Malgrado ciò, a Trieste diverse scuole sono rimaste chiuse e vi sono state adesioni di una certa rilevanza anche nel comparto sanitario e nel trasporto ferroviario.

 

Una giornata di lotta, quella di oggi, che per essere davvero efficace deve essere inserita in un percorso conflittuale, che dimostri in modo chiaro che c’è chi alza la testa e non è più disposto ad accettare in silenzio.

Contro le guerre di oggi e di domani, per l’autogestione!

 

Un compagno dell’USI-AIT

 

 

PORDENONE: striscione per lo sciopero transnazionale

scioperotransnazionalepnPerché una giornata transnazionale contro i confini e la precarizzazione in Europa?

Perché le politiche nazionali sul lavoro e il welfare sono inserite in una cornice europea, la precarietà è organizzata lungo catene transnazionali di produzione e sfruttamento e il lavoro migrante e la mobilità dei migranti stanno sfidando l’ordine europeo e il regime dell’austerity come mai prima d’ora. Mentre l’UE e i suoi Stati membri combattono per controllare e governare la mobilità in vista del profitto, noi dobbiamo sperimentare nuove forme di organizzazione e iniziativa transnazionale. Non vogliamo salvare quest’Europa, ma rifiutiamo l’idea che la sovranità nazionale sia la soluzione per conquistare la libertà contro lo sfruttamento. Non vogliamo salvare Schengen assicurando i confini esterni, vogliamo libertà di movimento per tutti. Per queste ragioni stiamo dalla parte dei migranti e rivendichiamo un permesso di soggiorno europeo senza condizioni.

Perché il primo marzo?

Perché il primo marzo 2010, dopo un appello partito dalla Francia per organizzare una giornata dei migranti con lo slogan «24 ore senza di noi», in Italia è stato organizzato da un’ampia coalizione di forze uno sciopero politico nazionale contro la legge sull’immigrazione. Da quel giorno, abbiamo assunto la forza del lavoro migrante e la sua capacità di essere il punto di connessione tra diversi luoghi e condizioni. Il primo marzo vogliamo riprendere l’idea di uno sciopero del lavoro migrante ed estenderlo a tutte le figure che oggi stanno subendo il regime dei confini e le misure di austerity, perché solo creando un vasto fronte sociale possiamo avere la forza di lottare per i nostri diritti.

Perché adesso?

Il ricatto contro la Grecia e la cosiddetta «crisi dei rifugiati» hanno scosso l’Europa: è questo il tempo di portare la voce dei migranti e il rifiuto di ogni tentativo di organizzare l’Europa attraverso un più rigido governo della mobilità, il regime dell’austerity e la precarizzazione di tutto il lavoro. Per farlo, è il momento di prendere posizione e superare i confini imposti dalle tradizionali forme di conflitto sul lavoro e di iniziativa politica, tra movimenti sociali e sindacati.

È solo un’altra giornata Europea di lotta come ne abbiamo viste in passato?

Non sarà una giornata di lotta come altre: sarà il primo esperimento di un più lungo processo verso uno sciopero sociale transnazionale in Europa unito da rivendicazioni comuni. Queste rivendicazioni riguardano un salario minimo europeo, un reddito di base e un sistema di welfare europei basati sulla residenza, un permesso di soggiorno europeo senza condizioni, indipendente dal contratto di lavoro e dai livelli di reddito.

Dove è organizzato il primo marzo?

Oggi più di 20 città in nove diversi paesi (Austria, Francia, Germania, Italia, Svezia, Inghilterra, Polonia, Scozia, Slovenia), hanno annunciato azioni e manifestazioni. La lista completa è riportata nel nostro sito. Useremo gli hashtag ‪#‎1M‬ e ‪#‎TSS‬ per connettere le diverse iniziative.

Che cos’è uno sciopero sociale transnazionale?

Lo sciopero è transnazionale e sociale quando è capace di attraversare i confini esistenti tra attivismo e sindacalismo, paesi e categorie, muovendosi tra la società e i posti di lavoro al di fuori delle forme tradizionali di organizzazione e aggredendo le condizioni politiche dello sfruttamento e le questioni sociali. Ciò che vogliamo è riprenderci lo sciopero come strumento di insubordinazione.

Che cos’è la Transnational Social Strike Platform?

La Transnational Social Strike Platform non è un collettivo né un coordinamento tra diversi gruppi, ma una piattaforma politica con lo scopo di coinvolgere sempre più organizzazioni e persone in Europa e non solo, verso l’obiettivo di uno sciopero sociale transnazionale. Non abbiamo né un’identità né un passato da difendere, ma solo un processo aperto per travolgere il presente.

Come si possono avere più informazioni o unirsi al processo?

La TSS platform ha un sito web e una pagina Facebook.

Per info: riffraff@autistici.org

TRIESTE: solidarietà dell’Usi-ait ai lavoratori Alcatel

La Federazione Provinciale di Trieste dell’Unione Sindacale Italiana esprime la propria totale solidarietà ai lavoratori dell’Alcatel in lotta per la difesa del proprio posto di lavoro. Quella dell’Alcatel è l’ennesima storia di Aziende smantellate, svendute a pescecani esteri o dislocate in altri Paesi, pur in presenza di una costante domanda di mercato che non giustifica nessuna riduzione di produzione.

 

E’ in realtà l’attuale economia del liberismo trionfante che, in nome della massimizzazione dei profitti, e senza tenere in nessun conto le storie, i bisogni, la stessa dignità dei lavoratori dipendenti, segue le sole logiche dei “minimi costi, massimi ricavi”.

Non è purtroppo una cosa nuova: da troppi anni questa logica sta portando alla desertificazione industriale del nostro Paese, con stabilimenti che vengono venduti a investitori esteri, pronti a chiuderli per tutelare la propria produzione o a trasferire gli impianti all’estero, oppure che vengono trasferiti all’estero in proprio, per poter supersfruttare la manodopera locale, sottopagata e con scarsi –se non nulli- diritti sindacali e sociali.

 

Invertire questa deriva SI DEVE E SI PUO’; non sarà facile, ma sarà solo con la mobilitazione generale e coordinata che si potrà opporsi a questo sfacelo.

 

I lavoratori e le lavoratrici dell’Unione Sindacale Italiana sono e saranno al vostro fianco.

Unione Sindacale Italiana
Segreteria Provinciale di Trieste

Trieste, 15/05/2015

UNIONE SINDACALE ITALIANA – USI/AIT
Sezione Italiana dell’Association Internationale des Travailleurs (A.I.T.)
FEDERAZIONE PROVINCIALE DI TRIESTE
Via dei Cunicoli, 11 – 34126 Trieste (ogni lunedì h.18-20)
Per contatti: tel/fax 040567220
usiait_ts@yahoo.it
www.usi-ait.org

 

http://usi-ait.org/index.php/notizie/923-solidarieta-ai-lavoratori-alcatel

PORDENONE: solidarietà ai lavoratori della Nuova Infa

pordenoneninfa

Nuove Compagnie, vecchi copioni

Non è una novità legger la notizia che una fabbrica, vedi Nuova Infa di Aviano del Gruppo Sassoli, ceda un ramo di azienda per formare una nuova compagnia, la Sigma Re. Come non è nuovo che in queste fusioni una parte dei lavoratori siano dichiarati in esubero. Probabilmente suona anche familiare che si costringano i 40 lavoratori in esubero a firmare la rinuncia all’impugnazione del licenziamento, pena il
non mantenimento del resto degli occupati, ovvero 52 tra operai e impiegati. Tutto nella normalità, del resto dal 2006 i posti di lavoro persi sono 150. Per rilanciare l’azienda l’unica soluzione trovata in mesi di trattativa è quella di buttarne fuori altri 40, perché di

piano industriale e di reali progetti non se ne parla, almeno non ora. Per il momento l’unico obbiettivo è quello di mettere i lavoratori stessi, e le loro famiglie, in lotta gli uni contro gli altri. Noi questo non lo accettiamo, l’unica lotta che noi riconosciamo è quella dei lavoratori contro i padroni, che costringono ad elemosinare un lavoro a scapito di diritti, tutele e,
ormai troppe volte, di dignità. Solidarietà ai lavoratori ed alle lavoratrici della Nuova Infa.

Iniziativa libertaria – Pordenone

PORDENONE: azione verso lo sciopero del 14 novembre

Il 7 novembre si è tenuta la giornata di lotta contro il programma
Youth Guarantee, che dovrebbe essere la risposta europea alla crisi
dell’occupazione giovanile. In Italia il tasso di disoccupazione
giovanile censito dall’ISTAT ha raggiunto il 44,2%. La politica del
fare del governo Renzi, mentre parla di crisi, lotta alla
disoccupazione e tutele del reddito agisce in modo ambiguo
liberalizzando, di fatto, lo sfruttamento intensivo, il lavoro
precario e servile e il free job, il cui esempio emblematico sono gli
oltre 18.500 mila volontari per l’Expo di Milano. Oltre alle 46 forme
di contratto atipico, al lavoro volontario gratuito sono stati
stanziati 1.5 miliardi in tre anni, per il programma Garanzia Giovani
che dovrebbe essere gestito dai Centri per l’impiego. In realtà
in molte regioni non è partita alcuna misura e la gestione di questa
“opportunità” è gestita da agenzie interinali, senza nessun
controllo da parte del Ministero del Lavoro su qualità e congruità
delle offerte di lavoro. Garanzia Giovani è l’ennesima scatola
vuota che mistifica un vero e proprio “business della disoccupazione
giovanile”. Attraverso il servizio civile e i bonus occupazionali si
permetterà alle imprese di approfittare di “volontari”, stagisti ed
apprendisti e di utilizzare manodopera precaria, gratuita (con i
rimborsi dell’INPS) o a basso costo, estremamente ricattabile. In
realtà i reali beneficiari sono le imprese, le agenzie interinali, gli
enti privati di formazione e di orientamento, le agenzie tecniche
della pubblica amministrazione. Per tale motivo il giorno 7 sono stati
affissi dei manifesti sulle facciate del Centro per l’impiego, di
Obbiettivo Lavoro, del Leopardi Majorana e dell’ Opera Sacra
Famiglia che denunciano questa mega truffa dello stato che, come al
solito, promettendo una vita dignitosa alle persone arricchisce i
soliti noti. Ora basta! Non siamo più disposti a farci sfruttare, a
far finta che tutto vada bene, bisogna reagire e agire per un futuro
diverso. Chi parla di stabilità e garanzie ci rende sempre più precari
e ricattabili fino a farci credere che lavorare gratis sia una
meravigliosa opportunità! Se questo è il futuro che ci prospetta il
governo, assieme al contratto a tutele “futuribili”, è
meglio che Renzi e la sua cricca non faccia nulla. Anche per questo i
precari saranno in tante piazze italiane, anche a Pordenone, il 14
novembre prossimo in occasione dello Sciopero Sociale.

rete precari/e riffraff

Volantino dell’USI-AIT per lo sciopero del 14 novembre

Volantino Unione Sindacale Italiana aderente all’Associazione Internazionale dei Lavoratori

volantino usi-ait

PORDENONE: volantino diffuso allo sciopero+foto

pordenonescioperonov2013

pordenonesciopero2013striscione

Monfalcone/ Sciopero al porto

da Il Piccolo del 4 luglio 2013

Scalo di Monfalcone paralizzato per 48 ore

Indetto uno sciopero di due giorni dai portuali. Presidi ai cancelli contro il precariato e i silenzi delle istituzioni

 

MONFALCONE. Due giornate di sciopero in porto a Monfalcone, il 9 e 10 luglio (dalla mezzanotte in poi), probabilmente il blocco completo dello scalo con il presidio dei cancelli, contro il precariato che dilaga tra i lavoratori portuali e il disastro sul fronte delle infrastrutture (banchine, escavo, concessioni incerte, traffici che languono per la mancanza di misure di rilancio, governance nel caos), un panorama che non trova alcuna risposta da parte delle istituzioni in primis dalla Regione che ha la responsabilità per legge e che finora non sembra aver dato alcun segno politico concreto.

A memoria di sindacato almeno non si ricorda finora uno sciopero di due giornate in porto, ma la situazione, lo dicono sia i sindacati che gli stessi operatori, ha raggiunto il limite e lo scalo, a causa anche dei lavori in corso interni, è ormai alla paralisi. Principale causa della tensione la rottura delle trattative tra i sindacati e la Compagnia portuale di Monfalcone sull’accordo di secondo livello, sul lavoro precario nello scalo «che ha raggiunto un livello di flessibilità che è il più alto d’Italia« e sui rischi occupazionali. Lo stop al confronto risale a qualche settimana fa, dopo uno sciopero di una giornata non c’è stata alcuna intesa nelle trattative tra sindacati e azienda, ricordano i segretari della Filt-Cgil Valentino Lorelli e quello della Uiltrasporti Mauro Zentilin, le rispettive controproposte sono state respinte dalle parti. «Non siamo riusciti a trovare una mediazione sulle posizioni – commenta sconsolato Lorelli – non ci restavano altre alternative per continuare la lotta che lo sciopero, non abbiamo altre armi». Una protesta diretta ai vertici della Compagnia portuale, ma in realtà che vede sotto accusa tutti gli operatori del porto, oltre 300 che lavorano tra Cetal, Midolini fino a Marter. A testimonianza di ciò c’è il blocco totale dello scalo durante l’ultimo sciopero che ha visto l’adesione di praticamente il 100% dei lavoratori.

I sindacati accusano le aziende di utilizzare in maniera “estrema” la legge 84/94 sul fronte dei lavoratori precari che avrebbero dovuto essere utilizzati (persone a termine con contratti interinali) per i picchi straordinari di lavoro e che invece vengono utilizzati normalmente rendendo precari i posti di lavoro in porto. Come se non bastasse c’è anche la crisi, i lavoratori della Compagnia lavorano con il contratto di solidarietà e il futuro non è affatto roseo. «Mi sento impotente e profondamente dispiaciuto – commenta l’ad della Compagnia portuale Riccardo Scaramelli -, sono preoccupato e mi sento vicino ai lavoratori sui problemi dell’occupazione. Noi stessi vorremmo fare di più ma la situazione in porto non ce lo permette, non abbiamo garanzie da nessuna istituzione su concessioni e infrastrutture, l’escavo è un miraggio, i traffici stanno calando mentre parte della cellulosa si è già trasferita a Livorno. La situazione è grave e i noi da soli non ce la facciamo».

 

da Il Piccolo del 9 luglio 2013

Monfalcone: porto bloccato per due giorni dallo sciopero

Presidio davanti ai cancelli e mercoledì protesta a Trieste sotto la sede della Regione. I sindacati: «silenzio delle istituzioni su lavoro e infrastrutture»

MONFALCONE Presidio stamani dalle 7 alle 16 davanti all’ingresso dello scalo con il blocco del porto di Monfalcone. Domani invece manifestazione in piazza Oberdan, a Trieste, dalle 10 alle 12, con picchetto sotto il palazzo del Consiglio regionale. A memoria di sindacato, non si era mai assistito a Monfalcone a una doppia giornata di sciopero dei lavoratori portuali, oggi e domani Portorosega blocca tutte le attività e la protesta, che culmina dopo mesi e mesi di allarmi e denunce, dà il segnale di una situazione che ha raggiunto, secondo sindacati e lavoratori, «limiti inaccettabili» e si è ormai alla paralisi.

Sotto accusa il precariato che dilaga tra i portuali, l’uso massiccio delle figure professionali flessibili che la legge 84/94 aveva pensato per i picchi di lavoro in porto e che invece viene fatto in una situazione di normalità, il mancato accordo sul secondo livello di contrattazione che ha visto la rottura delle relazioni sindacali con la Compagnia portuale. Una situazione che vede dall’altro fronte le aziende-operatori portuali, messe all’angolo dalla crisi (sono in vigore i contratti di solidarietà) con il calo dei traffici, ma in particolare da mancate risposte sul lato delle concessioni, delle prospettive, e da un panorama, delle infrastrutture e logistico, disastroso. Banchine fuori uso per lavori che si trascinano da anni, aree off-limits per le opere di relizzazione della rete di raccolta delle acque di scolo, mancato escavo del canale di accesso, assenza di piano regolatore, governance nel caos. Un quadro drammatico noto a tutte le istituzioni e le forze politiche, ma che finora non ha trovato alcuna risposta, nemmeno dalla Regione che ha la responsabilità per legge, e che non ha dato alcun segno concreto.

Gli stessi sindacati, in particolare i segretari della Filt-Cgil, Valentino Lorelli e quello della Uiltrasporti Mauro Zentilin, forti anche del fatto che la stessa presidente del Fvg Debora Serracchiani aveva fatto degli incontri in Porto durante la campagna elettorale ed era seguito pure un vertice (in Azienda speciale e poi con gli operatori) con l’assessore alle infrastrutture Mariagrazia Santoro hanno chiesto in una lettera diversi giorni or sono un vertice in Regione sul problema. Ma fino a ieri non è arrivata alcuna risposta, i sindacati sono ancora «increduli» e i lavoratori sono stati abbandonati, lasciati completamente soli. La protesta non riguarda solo la situazione di “rottura” tra i sindacati e la Compagnia portuale, scendono in sciopero tutti i 300 lavoratori del porto che operano per le varie compagnie, dalla Cetal a Midolini fino a Marter. E come l’ultimo sciopero, che c’è stato alcune settimane fa, è attesa l’adesione del 100% dei portuali. Uno sciopero che, come detto, non è stato proclamato solo per le gravi condizioni di lavoro, ma anche quelle logistiche e delle infrastrutture dello scalo. Sono a rischio oltre 300 posti di lavoro e la presenza degli stessi operatorti in porto. A causa del mancato escavo e delle condizioni di quasi paralisi la Marter ha già trasferito parte delle sue attività (traffico di cellulosa) a Livorno. Ma si è saputo che anche altri operatori, se le cose non cambieranno a brevissimo, sono pronti ad andar via con la conseguente perdita di ulteriori posti di lavoro.

«Sono preoccupato e sono vicino ai lavoratori sul fronte dell’occupazione – aveva spiegato la scorsa settimana l’ad della Compagnia portuale Riccardo Scaramelli – vorremmo fare di più come azienda, ma la situazione in porto non ce lo permette, non abbiamo garanzie da nessuna istituzione su concessioni e infrastrutture. L’escavo è un miraggio, i traffici stanno calando, parte della cellulosa si è trasferita a Livorno. La situazione è grave e non ci sono risposte da chi governa. Di fronte a questi problemi noi da soli non ce la facciamo e non siamo in ngrado di dare alcuna garanzia».

SCIOPERO 18 OTTOBRE: foto e report del presidio a Trieste

Trieste. Buona la partecipazione al presidio indetto dalla Federazione provinciale dell’USI-AIT.

 

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Per tutta la mattinata una quarantina di lavoratori e lavoratrici, precari e disoccupati, sono stati presenti all’iniziativa nella centrale piazza di Largo Barriera, addobbata per l’occasione con striscioni del sindacato, banchetto informativo e numerose bandiere. 

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continua

 

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TRIESTE: lavoratore delle pulizie nelle ferrovie tenta il suicidio

Vedi anche l’articolo precedente.

 

Da Il Piccolo 24/08/11

Giù dalla finestra, i colleghi: «Era in ansia per il lavoro»

 

La protesta dei lavoratori addetti alle pulizie dei treni regionali, senza paga da tre mesi, ha avuto un prologo mercoledì scorso, quando in serata un gruppo di dipendenti ha bloccato, in via Flavio Gioia, l’accesso all’area ferroviaria di addetti della Cooperativa facchini di Bologna, incaricata da Trenitalia di subentrare alla ditta Carma, con la quale le Ferrovie avevano rescisso il contratto proprio in seguito ai mancati pagamenti degli stipendi. Quello che di fatto è stato un picchettaggio, legato a procedure sindacali non effettuate dalla nuova cooperativa, è stato il primo atto di una protesta che il giorno dopo ha bloccato per quattro ore il traffico ferroviario. Nella tarda mattinata di giovedì tre lavoratori si sono arrampicati sulla torre-faro della Stazione mentre una quarantina di essi occupava i binari. Le trattative proseguivano per alcune ore. Una ventina di treni in arrivo e in partenza venivano cancellati. La situazione si sbloccava verso le 16, a seguito dell’impegno di Trenitalia a garantire gli stipendi di di giugno.

 

di Corrado Barbacini

Le sue condizioni restano gravissime, è in rianimazione a Cattinara. L’altra sera si è gettato dal sesto piano di uno stabile tra via Pirano e via Baiamonti. Il protagonista di questa vicenda di sofferenza è uno degli operai addetti alle pulizie dei treni, per tre mesi rimasto senza paga. In casa ha lasciato soltanto una lettera d’addio indirizzata alla figlia, senza esplicitare i motivi per i quali aveva deciso di farla finita. Certo è però che la sua situazione lavorativa è drammatica, così come quella di una quarantina di suoi colleghi. Difficile al punto che giovedì scorso tre di essi erano saliti sulla torre faro della Stazione centrale e altri hanno occupato i binari. L’uomo lavorava per la Carma, alla quale è subentrata la Cooperativa facchini di Bologna, dopo che alla prima Trenitalia aveva rescisso il contratto. Il protagonista di questa terribile storia pochi giorni fa ha avuto un nuovo posto di lavoro, da 750 euro al mese, dal momento che è stato reintegrato. Ma quei mesi di paga non percepita e il Tfr mai versato gli hanno reso la vita ancora più difficile. «Le sue condizioni sanitarie stanno migliorando», ha dichiarato ieri sera un medico di Cattinara pur nella cautela della situazione causata da un volo dall’altezza di oltre 15 metri, frenato miracolosamente dai fili dello stenditoio e da una tettoia che ha attutito l’impatto. L’uomo è stato soccorso dai sanitari del 118 e l’ambulanza lo ha trasportato all’ospedale. Come si diceva, nessun biglietto di spiegazioni. E però, dice sconvolto Francesco Saponaro, un collega che lo aveva incontrato l’altro giorno, «non aveva nascosto la sua preoccupazione per un futuro difficile, reso praticamente impossibile da una situazione economica precaria». «Aveva ricevuto la mensilità di luglio da parte della cooperativa, ma doveva ancora ricevere quelle di maggio e giugno e poi il corrispettivo delle ferie e la liquidazione. Certo, non si può stabilire se la sua decisione sia stata causata dalle difficoltà economiche, ma forse hanno contribuito», commenta turbato Paolo Peretti, sindacalista della Filt-Cgil che ha seguito da vicino la vicenda del gruppo di addetti alle pulizie che di colpo si sono trovati senza lavoro. «L’altro giorno era con noi, ma nessuno si era accorto del suo stato d’animo», racconta Antonio Chiapparini, rappresentante dei lavoratori che hanno attuato la protesta. «Alcuni di noi – precisa – sono ormai allo stremo. C’è chi non riesce a pagare le bollette o il mutuo, e chi mangia alla Caritas. Siamo sconcertati e ci auguriamo tutti che possa farcela; se così non dovesse essere occuperemo i binari a oltranza»