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Rivolta al CIE di Caltanisetta

http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/08/02/news/caltanissetta_rivolta_al_cie_scontri_tra_poliziotti_e_immigrati-92969202/?ref=HREC1-10

 

 

CIE DI GRADISCA: ricordata la morte di Majid di un anno fa

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Nella sera del 20 agosto, su proposta della Tenda per la pace e i diritti, un gruppo di antirazzisti si è ritrovato davanti al muro del CIE per ricordare la morte di Majid avvenuta poco più di un anno fa durante le rivolte di agosto, e anche tutte le altre vittime dei lager di stato.

  

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CIE DI GRADISCA: il comune ribadisce il suo “no” alla riapertura

Dal Piccolo

2014-08-31, 

CONSIGLIO COMUNALE PER CHIEDERE LA CHIUSURA DEL CIE

STARANZANO Non si ferma l’impegno del Comune di Staranzano per sostenere la chiusura definitiva del Cie (Centro di identificazione e di Espulsione) e il “no” all’ampliamento del Cara (Centro di accoglienza richiedenti asilo) e del Cpa (Centro di prima accoglienza) di Gradisca d’Isonzo. L’argomento verrà portato nel consiglio comunale convocato dal sindaco Riccardo Marchesan mercoledì prossimo 3 settembre alle 18 con un ordine del giorno della giunta. All’assemblea consiliare interverrà anche il sindaco di Gradisca d’isonzo Linda Tomasinsig. «La struttura – spiega una nota del Comune – non corrisponde sotto il profilo del rispetto alle norme nazionali ed europee e dei diritti umani fondamentali. Gradisca, infatti, ha sempre espresso la sua contrarietà all’insediamento di un Cpt (ora Cie) ribadendo tale volontà tramite un documento congiunto con la Regione indirizzato sia al presidente del Consiglio che al Ministro degli Interni». Staranzano si impegnerà, inoltre, a chiedere alla Prefettura di Gorizia che vengano garantite le erogazioni degli stipendi, sanate le pendenze ai lavoratori e confermato al personale precedentemente impiegato che venga assicurato il reimpiego in altra mansione. La giunta staranzanese respinge, inoltre, anche l’ipotesi che la struttura del Cie venga riconvertita a Cara, Cpa aumentando così il numero de richiedenti asili accolti sul territorio di Gradisca e dell’Isontino, per non compromettere la buona relazione tra i migranti accolti al Cara e la cittadinanza. Ciro Vitiello

Cie e Cara, sale la tensione: Sindaci isontini in rivolta

da Il Piccolo del 6 settembre 2014

Cie e Cara, sale la tensione
Sindaci isontini in rivolta

Nell’incontro con la Sesta commissione il primo cittadino di Gradisca ha rilevato
che «affiancare le due strutture significa rischiare attriti fra gli immigrati »

I Comuni dell’Isontino fanno quadrato e si appellano alla Regione. È ancora il delicato tema degli immigrati a spingere l’intero territorio locale a bussare alle porte di piazza Oberdan, tanto più davanti all’emergenza delle tendopoli sulle rive dell’Isonzo. A preoccupare è soprattutto il futuro dei centri di Gradisca. Vari sindaci, che nelle scorse settimane avevano sottoscritto un ordine del giorno in opposizione alla riapertura del Cie e all’ipotesi di riconversione in Cara, oltre che per domandare sostegno nella gestione di quello che viene definito un “problema umanitario”, sono stati sentiti ieri in Sesta commissione presieduta da Franco Codega (Pd). Proprio l’esponente dei democratici, in apertura di dibattito, ha fatto notare che la ristrutturazione del Cie è quasi conclusa e, sebbene da più parti siano giunte rassicurazioni in merito alla chiusura, i recenti lavori di ristrutturazione farebbero intendere altro: «Stiamo rivedendo tutto come prima, con le stesse gabbie. Vogliamo chiarezza»”, ha affermato. «L’edificio non è fatto per l’accoglienza e non ha i requisiti minimi per esserlo», ha rilevato il sindaco di Gradisca, Linda Tomasinsig. «Inoltre, affiancare Cie e Cara significa rischiare attriti tra gli ospiti. Il Comune, a fine luglio, ha accolto un ordine del giorno con cui adoperarsi in particolare presso la Prefettura affinché la chiusura del Cie sia definitiva e al contempo il Cara non sia ampliato», ha ribadito. «A questo problema – ha detto ancora Tomasinsig – si affianca la presenza, da mesi, di alcuni stranieri che, in attesa di vedere accolta la richiesta di asilo già presentata, bivaccano lungo il greto dell’Isonzo in una baraccopoli. Sono persone che vivono da noi, vanno tutelate. Lunedì ci sarà un tavolo in prefettura a Gorizia e sarà sollecitata una soluzione, ma c’è bisogno del sostegno di tutti. Sono persone note alla questura e vanno prese in carico da subito». L’assessore provinciale alle Politiche socio-assistenziali di Gorizia, Ilaria Cecot, è d’accordo con il Comune di Gradisca e ne ha firmato l’odg. «Da noi – ha spiegato – non sono rispettate le leggi sugli immigrati. Per gli stranieri sull’Isonzo abbiamo chiesto la collaborazione della Protezione civile, perché abbiano almeno una tenda dove dormire, ma tale richiesta – non essendo di competenza della Provincia – dev’essere avanzata dai soggetti competenti. Speriamo che la Regione non intervenga solo nella progettualità, ma anche nell’emergenza dell’immigrazione. Abbiamo caserme e ospedali chiusi che potrebbero accogliere queste persone». Il sindaco di Sagrado, Elisabetta Pian, ha chiesto una legge regionale specifica: «Vanno pensate altre soluzioni di accoglienza». Per il sindaco di Monfalcone, Silvia Altran, è necessario gestire i flussi d’immigrazione verso diversi territori: «Da noi – ha sottolineato – gli stranieri sono aumentati dal 15% al 18%».

 

Gradisca: il CIE non riapre più

da Il Piccolo del 13 settembre 2014

 

È ufficiale: il Cie non riaprirà più

Il sottosegretario Manzione a Brandolin: «Al limite verrà utilizzato come centro d’accoglienza»

 

GRADISCA Il Cie di Gradisca non riaprirà. Non si contano le volte in cui negli ultimi anni il territorio isontino, la sua gente, i suoi amministratori hanno sognato di sentire questa affermazione. Ebbene, il Cie non riaprirà. A confermarlo è il governo stesso. Ma la politica, si sa, è fatta di sfumature. E questa affermazione in realtà ne potrebbe celare un’altra, come in una matrioska. Va tradotta, esplicitata, interpretata. Il Cie di Gradisca non riaprirà come Cie, ovvero non sarà piu’ una struttura di detenzione amministrativa per immigrati irregolari. Ma all’occorrenza – leggasi in caso di emergenze – l’ex caserma Polonio potrebbe essere utilizzata come Cda, ovvero centro di accoglienza. Ecco perche’ la notizia, anziché farla gioire, fa tremare Gradisca. E con la Fortezza, un po’ tutto l’Isontino. La conferma che il Cie di Gradisca non riaprirà i battenti come Centro di identificazione ed espulsione è arrivata dal sottosegretario all’Interno Domenico Manzione che, rispondendo ad un’interrogazione del deputato Giorgio Brandolin (Pd), ha fornito non pochi elementi di riflessione sulle ipotesi di riapertura del Cie. Il funzionamento del Cie è temporaneamente sospeso a partire dal mese di novembre scorso, per lavori di ripristino dopo le rivolte che lo devastarono nell’estate dello scorso anno. «Attualmente – ha spiegato il sottosegretario in risposta alle richieste di Brandolin – sono in fase di completamento i lavori necessari per ripristinare l’agibilità della struttura, al fine di un suo eventuale riutilizzo, in via eccezionale, come Centro di accoglienza (Cda) per far fronte agli sbarchi di profughi sul territorio nazionale». «Come era stato più volte annunciato – commenta Brandolin – arriva la conferma che il Cie non riaprirà e il vicino Cara non sarà ampliato: i lavori attualmente in corso sono solo di riparazione in vista di una eventuale apertura (solo in casi eccezionali) come Cda a supporto dell’attuale Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che già ora ha anche funzioni di Cda”.Lo scorso luglio il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen e di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, di cui Brandolin è vicepresidente, aveva ascoltato la relazione del sindaco di Gradisca Linda Tomasinsig, che aveva esposto un’elaborata relazione sulla situazione del centro, spiegando quali sono le pressioni a cui il territorio deve rispondere. Nel corso dell’audizione si era ribadito quanto il Ministro dell’Interno aveva messo per iscritto, ovvero che il Cie non riaprirà e sul Cara “non si prenderanno decisioni non condivise da Comune e Regione”. La stessa Tomasinsig commenta con prudenza le parole del sottosegretario. “Prendiamo atto della possibile non riapertura del Cie. Ma ora bisogna capire quali siano le condizioni per un suo riutilizzo come presunto Centro di accoglienza in caso di emergenze. A noi sembra peraltro – afferma decisa Tomasinsig – che in piena emergenza-immigrazione ci siamo da tempo. Il vicino Cara ha gia’ funzioni anche di Cda ed attualmente ospita piu’ di 200 persone richiedenti asilo».

 

Dipendenti del Cara, dalla Prefettura nuovi versamenti per gli arretrati

 

Ancora una piccola schiarita nella complessa situazione dei dipendenti del Cie e del Cara. Dopo l’anticipo dell’80% degli stipendi da luglio a dicembre 2013, per il quale poi nelle scorse settimane era stato reperito il denaro per erogare il restante 20%, è arrivato negli scorsi mesi sempre dalla Prefettura la corresponsione di un’ingente somma da utilizzare per il pagamento del personale e dei prestatori d’opera che permettono il funzionamento della struttura per migranti di Gradisca. È questa la buona notizia riferita dal sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, all’interrogazione del deputato Giorgio Brandolin in merito alla grave situazione economica di lavoratori dell’ex Cie, gestito come il Cara dal consorzio Connecting People di Trapani. La risposta è stata che la Prefettura «ha provveduto a corrispondere, in due tempi, l’80% delle retribuzioni previste da luglio a dicembre 2013, comprese le tredicesime» e che «inoltre, nei mesi giugno e luglio scorsi, ha corrisposto un’ingente somma all’ente gestore, quale corrispettivo dei servizi resi». Il Sottosegretario ha inoltre voluto assicurare che «la vicenda è seguita con la massima attenzione dalla Prefettura, al fine di tutelare i diritti dei lavoratori che prestano servizio al centro, e allo stesso tempo, garantire adeguati standard di accoglienza».

CIE: gestione sempre a Connecting people… ma non pagano i dipendenti…

da Il Piccolo del 09 marzo 2013 —   sezione: TRIESTE

GRADISCA

Gestione Cie, il Tar rigetta il ricorso della Minerva

GRADISCA. Gestione del Cie e Cara di Gradisca, il Tar mantiene in sella” Connecting People. Dopo avere ritenuto illegittima l’aggiudicazione dei servizi interni ai due centri immigrati alla cordata..

 

GRADISCA. Gestione del Cie e Cara di Gradisca, il Tar mantiene in sella” Connecting People. Dopo avere ritenuto illegittima l’aggiudicazione dei servizi interni ai due centri immigrati alla cordata capeggiata dal colosso francese Gepsa nell’appalto 2011-2014 (sentenza poi confermata dal Consiglio di Stato), il tribunale amministrativo ha respinto – ritenendolo inammissibile – anche il ricorso di Minerva Scpa contro l’affidamento all’impresa che in quella gara era giunta seconda: per l’appunto la Connecting People di Trapani.

La cooperativa goriziana, che già aveva gestito l’allora Cpt dalla sua apertura del marzo 2006 sino al 2008, prima di passare il testimone proprio al consorzio siciliano, si era classificata al terzo posto della gara d’appalto: dietro a Gepsa e all’uscente Connecting People. Minerva, rappresentata dai legali Fabrizio e Roberto Paviotti, ha presentato ricorso contro la Prefettura e il Viminale contestando – dopo l’esclusione di Gepsa – che l’aggiudicazione definitiva avvenisse in favore del soggetto secondo classificato. Per il collegio giudicante del Tar – presidente Zuballi, a latere Di Sciascio e Settesoldi – il ricorso di Minerva è però da ritenersi inammissibile in quanto l’aggiudicazione disposta in favore di Connecting People, effettuata in esecuzione di una pronuncia giurisdizionale, “non riapre i termini di impugnazione” e di un’aggiudicazione che cristallizzava la graduatoria. In sostanza i giudici contestano a Minerva di avere effettuato le proprie opposizioni a oltre due anni di distanza dall’esito della gara.

«Il nuovo provvedimento di aggiudicazione – scrivono i giudici – non opera in alcun modo una rivalutazione della posizione del Consorzio Connecting People, ma si limita a effettuare una nuova aggiudicazione con scorrimento della graduatoria in favore del secondo classificato».

Questa nuova tappa della telenovela-gestione non sembra dissipare l’alone di incertezza. Nonostante i tribunali abbiano a più livelli stabilito la legittimità della gestione Connecting, il consorzio trapanese continua a gestire le due strutture in prorogatio: prima addirittura di 10 giorni in 10 giorni, oggi “a tempo indeterminato”. La gestione 2011-2014 non è mai diventata operativa e fra meno di 10 mesi sarà scaduta senza essere mai iniziata. Grandi le incertezze per i lavoratori, che stanno vivendo nuovi ritardi nell’erogazione degli stipendi. (l.m.)

 

 

da Il Piccolo del 15 marzo 2013 —  pagina 38

Operatori del Cie di nuovo sul piede di guerra

GRADISCA Si ripresenta l’incubo dei ritardi nel pagamento degli stipendi per la settantina di dipendenti del Cie e del Cara. Già rimasti senza salario per 4 mesi nella seconda metà del 2012, operatori, amministrativi, magazzinieri e personale sanitario delle due strutture isontine per immigrati sono nuovamente a un passo dal toccare le due mensilità arretrate. Denunciano come il loro datore di lavoro, la coop siciliana Connecting People, non abbia loro corrisposto lo stipendio di gennaio mentre si sta avvicinando anche il termine per l’erogazione di quello di febbraio, previsto per martedi. Per questo motivo alcuni dipendenti hanno deciso di inviare una breve, laconica comunicazione alla Prefettura. «Altri tre anni di gestione Connecting People (il riferimento è ai tribunali che in varie sede hanno legittimato – seppure non sia ad oggi mai divenuta esecutiva – l’assegnazione dell’appalto 2011-2014 al consorzio di Trapani ndr) ma come facciamo a campare noi lavoratori da mille euro al mese se dobbiamo sempre umiliarci per pretendere uno stipendio che sistematicamente non ci viene dato con regolarità da questo consorzio che avete scelto?» . A oggi, e ormai da due anni, Connecting People gestisce la struttura in regime di prorgatio. Una proroga rinnovata dapprima di dieci giorni in dieci giorni, poi a tempo indeterminato, e adesso – ma siamo ai semplici rumors – sino al 30 marzo. «Nessuna comunicazione viene data ai lavoratori, siamo sempre gli ultimi a sapere le cose che alla fin fine ci riguardano eccome». Dopo quella data potrebbe subentrare la gestione di una “nuova” Connecting People, con una compagine societaria sostanzialmente diversa. Una delle coop che costituivano la cordata attuale, Sirio, non sarebbe infatti presente nel nuovo assetto e non figura nell’appalto dei veleni che aveva visto Tar e Consiglio di Stato dichiarare illegittimo il primo posto della francese Gepsa a discapito di Connecting, giunta seconda. I lavoratori attualmente in forza a Sirio temono di perderee il proprio posto di lavoro, di non essere riassunti o riassorbiti da un’altra coop. Ma temono anche che – in caso i ritardi negli stipendi – la “nuova” Connecting sarebbe esentata dal rispondere di eventuali pendenze della “vecchia” (o attuale che dir si voglia) gestione.(l.m.)

CIE di Gradisca/ Associazione a delinquere per truffa

MV 23 marzo

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Cie di Gradisca, l’accusa è associazione a delinquere per truffa

di Luana de Francisco

È quanto ipotizza la Procura di Gorizia nel capo d’imputazione trasmesso, ieri, alle 13 persone finite sul registro degli indagati, nell’inchiesta sugli appalti della struttura

 

di Luana de Francisco

GORIZIA. Un’associazione a delinquere finalizzata alla frode nelle pubbliche forniture e alla truffa. E cioè a ottenere somme ben più alte rispetto a quelle contrattualmente pattuite, lucrando sulla gestione degli immigrati clandestini e a tutto danno della Prefettura e, ancora più a monte, delle casse ministeriali. È quanto ipotizza la Procura di Gorizia, nelle 17 pagine del capo d’imputazione trasmesso, ieri, alle 13 persone finite sul registro degli indagati, nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti al Cie e al Cara di Gradisca d’Isonzo.

Chiuso il cerchio dopo oltre un anno di attività investigativa, il procuratore capo, Caterina Ajello, e i sostituti Enrico Pavone e Michele Martorelli hanno notificato l’avviso di conclusione indagini preliminari, ribadendo buona parte delle contestazioni inizialmente formulate, con la sola eccezione delle responsabilità ipotizzate a carico del vice prefetto vicario di Gorizia, Gloria Sandra Allegretto, di Udine.

Cadute le ipotesi di peculato, corruzione e frode in pubbliche forniture, il numero due della Prefettura dovrà rispondere della sola accusa di falsità materiale e ideologica in atti pubblici. Identica contestazione per Telesio Colafati, di Gorizia, che della Prefettura è invece il capo Ragioneria.

Secondo l’accusa, avrebbero peccato entrambi nel controllo sulla regolarità delle fatture emesse dal consorzio “Connecting people” di Trapani, gestore delle due strutture e a sua volta indagato, insieme al direttore Vittorio Isoldi, residente a Gorizia, al presidente Giuseppe Scozzari, di Castelvetrano, e al resto del Cda.

Colafati, attestando, con il proprio timbro, di avere verificato la congruità di quanto dichiarato in fattura sul numero degli ospiti presenti e sulla regolare prestazione di lavoro, la Allegretto autorizzando il pagamento degli importi fatturati che le erano stati trasmessi, non avendo chiesto nè acquisito la documentazione necessaria all’espletamento delle verifiche, come espressamente disposto dal prefetto, a partire dal novembre 2009, con ordine al questore.

Una questione di valenza prettamente giuridica, secondo l’avvocato Giuseppe Campeis, che la difende. «Tutto sta a chiarire il significato del visto – ha detto -. Il compito di verificare le fatture non spettava al vice prefetto, ma ai suoi uffici».

Garante detenuti Lazio; in Cie di Gorizia gravi violazioni principi di umanità

da Tm News, 6 aprile 2013

Immigrazione: Garante detenuti Lazio; in Cie di Gorizia gravi violazioni principi di umanità

Ospiti costretti a dormire per mesi sulle reti o in terra, senza materassi e lenzuola; visite dall’esterno limitate ai parenti degli immigrati ed ingresso precluso alle associazioni di volontariato e agli avvocati, tranne a quelli di fiducia degli ospiti.

Queste sono solo alcune delle condizioni-limite che si sarebbero verificate nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Gradisca e che hanno indotto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni a scrivere al Ministero dell’Interno ed al Prefetto di Gorizia sollecitando l’urgente verifica di tali situazioni.

Ad originare la lettera una segnalazione telefonica giunta, all’Ufficio del Garante, da uno degli ospiti ristretti da 5 mesi al Cie di Gradisca-Gorizia, dove sono presenti circa 80 persone tutte trattenute per effetto di provvedimenti amministrativo, senza aver commesso reati. Il Cie di Gradisca è stato, in passato, più volte teatro di rivolte, episodi di tensione e tentativi di fuga.

In base alla denuncia ricevuta risulterebbe che nel Cie di Gradisca-Gorizia siano presenti diverse criticità. Nella struttura non esisterebbero spazi ricreativi; gli ospiti hanno a disposizione solo un campo di calcio, del quale possono usufruire solo in caso di “buona condotta”. Mancherebbe un protocollo di idoneità alla permanenza, attraverso cui valutare le persone in ingresso. Tutto è a discrezione degli operatori sanitari e risponde ai loro criteri di arbitrarietà. Sarebbe assente anche il regolamento interno, o almeno gli ospiti non possono visionarlo.

Non sarebbe presente neanche il servizio di assistenza legale: i soli avvocati autorizzati all’ingresso sono quelli di fiducia dei presenti. Gli ospiti non possono avere cellulari (a differenza di quanto accade negli altri Cie) e, a seguito della rivolta del febbraio 2011, per molti mesi sarebbero stati eliminati materassi e lenzuola dai dormitori, con le persone presenti che hanno dormito sulle strutture nude dei letti o a terra.

Le visite dall’esterno sono autorizzate solo per chi ha la possibilità di certificare il legame di parentela con l’ospite. Anche le associazioni di volontariato ed i soggetti esterni, prima autorizzati all’ingresso, da mesi non avrebbero possibilità di effettuare colloqui. Grazie ad un accordo istituzionale, da anni nella Regione Lazio il Garante dei Detenuti ha infatti estero la propria attività di verifica e tutela dei diritti delle persone sottoposte a limitazioni delle libertà personali anche al Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria.

“Frequentando da anni il Cie di Ponte Galeria – ha detto il Garante Angiolo Marroni – è possibile constatare l’evidente differenza di trattamento praticato in questa struttura gestita dalla cooperativa sociale Auxilium in collaborazione con le autorità di polizia e quella così negativamente rappresentata nel CIE di Gradisca”.

Per questi motivi, nella sua lettera – inviata al Capo Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell’Interno Angela Pria, e al Prefetto di Gorizia Maria Augusta Marrosu – il Garante ha invitato le istituzioni ad “accertare la veridicità delle informazioni riferite che, se reali, sono inaccettabili e violano ogni principio di umanità e rispetto per la persona”.

“La drammatica crisi economica ed istituzionale del Paese – ha detto il Garante Angiolo Marroni – ha relegato in secondo piano le problematiche dell’immigrazione. In tutta Italia migliaia di persone provenienti da altri Paesi vivono quotidianamente una situazione da tortura psicologica, all’interno di strutture come i Cie trasformati in vere e proprie carceri con, paradossalmente, addirittura meno diritti di quelli che sono garantiti a chi si trova negli Istituti di reclusione”.

Trieste: performance del Living Theatre contro i CIE

living CIE 7A Trieste si ricomincia a parlare di CIE e l’occasione è stata una performance del Living Theatre svoltasi ieri in piazza della Borsa a conclusione di un laboratorio durato vari giorni. I teatranti hanno svolto una coinvolgente rappresentazione davanti a numerosi sostenitori e curiosi. La performance era volta a denunciare l’esistenza di questi non-luoghi di tortura anche attraverso spezzoni audio presi dai media locali sul CIE di Gradisca. Durante l’iniziativa è stato diffuso ai passanti un volantino informativo sui CIE del Gruppo Anarchico Germinal.

 

 

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Intervista sul CIE di Gradisca

L’intervista-articolo che segue è tratta dal numero 118 di Germinal.

 

 

Veri e propri lager, i CIE. Non ci si deve stancare di ripeterlo e di ricordarlo a chiunque, soprattutto a quelli che volutamente ignorano una situazione inaccettabile e che, con  loro indifferenza, si rendono complici di un crimine di Stato perpetrato da anni contro i più deboli: immigrati, donne e uomini senza permesso di soggiorno. Persone che, lasciando il proprio paese d’origine, rischiano persino la vita per migliorare le proprie condizioni, per sfuggire alle guerre e alla repressione, per trovare un lavoro dignitoso. Persone cui è impedito di decidere dove e come stare/spostarsi  sul pianeta terra.

Ne parliamo con un giovane avvocato che per la prima volta entra in un Centro di Identificazione ed espulsione, quello di Gradisca d’Isonzo.

Entrare nei CIE è molto difficile: tu, in qualità, di avvocato hai potuto farlo. Vuoi raccontarci la tua esperienza?

Quando entri,  trovi gli alpini con la jeep e gli zaini come se si fosse in Afghanistan. Ho incontrato i miei assistiti in una stanzetta adibita ai colloqui che, a quanto si dice, vengono registrati. Nessuno entra nei luoghi dove vivono gli immigrati. Ogni tanto viene dato uno “spettacolo” per giornalisti e parlamentari in visita.

Come sei stato contattato e perché?

Il centralino del CIE prende contatto con i legali all’esterno su richiesta degli internati che, in teoria dovrebbero poter comunicare con avvocati e famigliari. Quanto avvenga effettivamente, a quante telefonate abbiano diritto, questo non lo so. Penso che tutto sia lasciato all’arbitrio o alla “disponibilità” degli assistenti sociali o di chi si occupa della cosa. Ai detenuti di Gradisca è vietato tenere il cellulare perciò sono costretti ad affidarsi all’amministrazione.

Dovevo parlare con alcuni reclusi che avevano impugnato il decreto di espulsione.

All’interno del centro si svolgono le udienze che riguardano la convalida di trattenimento o l’espulsione. È il giudice di pace di Gradisca d’Isonzo a tenerle, il quale si occupa quasi solo di questi casi e decide sui cosiddetti ospiti che sono all’interno. Quindi, periodicamente, la posizione di queste persone passa sotto il vaglio di un giudice.  Il giudice di pace è un giudice non togato, una figura fortemente potenziata con le nuove normative che ha un ruolo sempre più ampio nei procedimenti amministrativi. Per quanto riguarda l’immigrazione è la prima autorità cui si trova di fronte il ricorrente.

Quando si può impugnare il decreto di espulsione?

I ricorsi si basano sull’invalidità del decreto: se non  è motivato o non presenta la forma prevista per legge oppure sussistono altre motivazioni come ad esempio la presenza di una famiglia in Italia, il realizzarsi di una condizione lavorativa, di un rapporto di lavoro e dunque la possibilità dell’ottenimento di un permesso di soggiorno. Uno degli immigrati per cui si doveva scrivere un ricorso è risultato scomparso, probabilmente è stato espulso prima della decorrenza dei termini.

Esiste un arbitrio a livello di espulsioni: in regione, le norme antimmigrazione vengono applicate in modo più restrittivo che in altre parti d’Italia.

Chi perde il lavoro perde anche il diritto al permesso di soggiorno. Hai incontrato persone in queste condizioni nel CIE di Gradisca?

Uno dei miei assistiti si trova in Italia qui dall’inizio degli anni ’90, faceva una vita regolare. Arrivato irregolarmente, aveva ottenuto il permesso di soggiorno perché faceva il panettiere e l’ha fatto per anni, ora con la chiusura di tanti esercizi, si è trovato senza lavoro. E’ stato internato e colpito dal decreto di espulsione verso il paese d’origine dove ormai non ha più legami: a livello culturale è diventato un italiano. Sono situazioni gravi che si inaspriscono e derivano dalla crisi economica che colpisce i lavoratori e specialmente i lavoratori immigrati. Con le norme della legge Maroni, l’immigrato ha sei mesi di tempo per presentare un’istanza sulla base di un altro rapporto lavorativo, altrimenti scatta la perdita del permesso di soggiorno che apre le porte all’espulsione. Comunque i tempi di trattenimento nei CIE sono enormi: una persona può rimanere rinchiusa un anno e sei mesi, un tempo lunghissimo. Nella presente fase economica sono carceri per lavoratori immigrati eccedenti che non si riescono attualmente a sfruttare.

Lavoratori che oggi non possono essere assunti regolarmente ma che vanno benissimo per il lavoro nero ovunque .

Non tutti gli immigrati irregolari finiscono là dentro perché le norme hanno la funzione di mantenere i lavoratori in una condizione di servilismo e ricatto assoluti, una parte deve essere colpita per la deterrenza, il resto rimane a lavorare “invisibilmente”. Abbiamo a che fare con loro quotidianamente senza rendercene conto: sono le badanti o i lavoratori nel settore agricolo e in diversi altri settori. Per quel che ne so all’interno del CIE ci sono anche dei cinesi e questo è il segno che anche comunità d’immigrazione relativamente più ricche stanno risentendo della crisi e  alcuni suoi membri finiscono in queste strutture perché negozi ed attività chiudono.

Le condizioni di vita nel CIE di Gradisca?

Questa è gente che sta molto male, loro stessi te lo riferiscono. Più di qualcuno paragona il CIE di Gradisca a Guantanamo, è un lager, soprattutto quello di Gradisca deve essere uno dei più pesanti in Italia. Vuoi per il ciclo di rivolte che ci sono state, vuoi perché è periferico, non è un CIE dove si procede all’espulsione come è quello di Roma o dove vi sono strutture di massa come quello di Lampedusa. Penso che sia una struttura periferica, che ha assunto più volte funzione punitiva, ovvero atta alla reclusione di persone provenienti da altri CIE in cui ci sono state rivolte. Li portano qua, in una zona isolata, fuori da un contesto di immigrazione forte come avviene per esempio a Torino dove il CIE è situato dentro una cintura urbana circondata da quartieri di immigrati. Qui la struttura si trova in mezzo ai campi, al confine nord-orientale dove da un lato viene reclusa la gente che passa le frontiere in queste zone e dall’altro viene portata gente da tutta Italia in attesa dell’identificazione e dell’espulsione. All’interno evidentemente le forze dell’ordine hanno un arbitrio ancora più forte che in altri posti e quindi la situazione è peggiore che da altre parti. Le poche decine di persone recluse vengono tenute sotto un controllo totale, mentre questo è più difficile quando i numeri sono più alti, anche le proibizioni all’interno sono più severe. Ciò non toglie che vi siano ripetuti tentativi di fuga e rivolte periodiche che  hanno comportato seri danneggiamenti della struttura. Per un periodo è stato completamente inagibile e le persone sono state smistate nei CIE di tutta Italia.

Per quanto riguarda le condizioni all’interno, il poco che si sa è agghiacciante: l’inattività è totale, vige il divieto di tenere libri, sono vietati giornali; si tratta di impedire a queste persone di accedere a qualunque messaggio dall’esterno, di annullare la loro socialità, di reprimere la loro identità religiosa. I reclusi con cui sono venuto in contatto dicevano”qui è vietato leggere.” E, come ti dicevo, non possono avere i telefoni cellulari. Anche i legali all’interno del CIE non possono utilizzare i cellulari, il telefono. Vige probabilmente l’arbitrio più assoluto.

Che cosa puoi dirci dei trattamenti psichiatrici cui sono sottoposti i reclusi?

E’ noto che nei CIE vengono somministrati psicofarmaci. La psichiatria ha un ruolo importante nell’esercizio del controllo sugli internati.

Tutte le persone con cui ho parlato erano segnate dall’assunzione di farmaci; erano tremanti, usavano un linguaggio ripetitivo, alcuni si muovevano male, lo sguardo perso. Credo che all’interno operino degli psichiatri che fanno capo all’Azienda sanitaria di Gorizia. Ci sono continui casi di autolesionismo – persone che inghiottono vetri, lamette, monete – per protesta contro le condizioni in cui sono costretti, allo scopo di attirare l’attenzione dei legali, per farsi ricoverare in ospedale – da dove possono tentare la fuga -, per disperazione o semplicemente per affermare di esistere.

Da quanto riporta la stampa c’è un episodio di rivolta alla settimana che i reclusi attuano con il fine  di ribellarsi alle condizioni in cui sono costretti e ripetuti sono i tentativi di fuga che talvolta hanno successo.

Non mi è stato riferito di episodi di violenza diretta, quello che si percepiva chiaramente era il clima di paura e sembra che a Gradisca le condizioni siano più estreme che in altri CIE.

 

 

 

In ricordo di Alina Diachuk, morta suicidata nel commissariato di Villa Opicina a Trieste il 16 aprile 2012 dove era detenuta illegalmente in attesa del decreto di espulsione.