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ANTIFASCISMO/ Volantinaggio a San Giorgio di Nogaro

Volantino in distribuzione sabato 24 gennaio

ora-e-sempre-resistenza

 

 

 

 

Ora e Sempre

 

Resistenza!

 

Poveretti, i Sindaci di “sinistra” Francesco Martines (Palmanova), Cristiano Tiussi (Bagnaria Arsa) e Pietro Del Frate (San Giorgio di Nogaro) smentiti prima dall’Anpi e poi anche dal Sindaco di Udine, Furio Honsell, che ha dichiarato di “non ricordare” (poveretto anche lui) di aver marciato assieme ai rievocatori fascisti, ma, in ogni caso, essendo Honsell una persona con un minimo di logica, almeno si è salvato in corner dicendo che il Coordinamento Antifascista Friulano (per primo) e l’Anpi (successivamente) hanno fatto bene a porre con determinazione il problema del revisionismo e dell’infiltrazione fascista attraverso il cavallo di troia della “rievocazione storica”.

Eppure, va da sé, che non può trattarsi di manifestazioni rievocative (cioè neutrali e al di sopra delle parti) quando si toccano periodi storici ancora troppo vicini, com’è sicuramente il caso della seconda guerra mondiale, ma, soprattutto, di fronte ad un problema del tutto aperto ed attuale come quello della diffusione del neo-fascismo.

Così, se non intervenivamo, avremmo dovuto subire schifezze come quelle nella foto qui a lato, riportata oggi dalla stampa locale e avremmo visto la caserma Piave di Palmanova, dove furono imprigionati, torturati ed uccisi molti Partigiani, profanata con mezzi e simboli del regime fascista dai simpatizzanti (Italica Virtus, Associazione Nazionale Volontari di Guerra) del criminale “principe nero” Junio Valerio Borghese comandante della “X Mas” che continuò a collaborare con i nazisti e si arrese solo il 26 aprile 1945.

Nell’occasione della “Marcia del Don”, del 24 gennaio 2015, da San Giorgio di Nogaro a Palmanova, il fascismo dei nostalgici si stava saldando con il neo-fascismo di organizzazioni del tipo casapound, i cui squadristi proprio pochi giorni fa hanno aggredito e gravemente ferito, un attivista, Emilio V., del Centro Sociale Autogestito, Dordoni di Cremona. Infatti, oggi 24 gennaio, a Cremona ci sarà una manifestazione nazionale antifascista alla quale idealmente aderiamo e inoltre informiamo che questo pomeriggio ci saranno manifestazioni antifasciste anche a Trieste e a Pordenone.

Siamo nel 70° anniversario della Resistenza e ben altre devono essere le commemorazioni, cioè quelle che ricordano tutte e tutti coloro che hanno combattuto per abbattere il  criminale regime fascista. Infatti, per quanto ci riguarda, abbiamo in programma la commemorazione di quello che è stato l’evento più significativo della Resistenza in Friuli cioè l’assalto alle carceri di Via Spalato ad Udine avvenuto il 7 febbraio 1945 da parte dei “Diavoli Rossi” guidati dal Partigiano Sangiorgino Gelindo Citossi, con il nome di battaglia “Romano il Manzin”.

 

Così per sabato 7 febbraio 2015 viene indetta

 

una manifestazione antifascista

 

di fronte alle carceri di Udine

 

a partire dalle ore 17.00

 

Coordinamento Antifascista Friulano

Fip udine 23 gennaio 2015 via scalo nuovo

 

 

ANTIFASCISMO/ Qualcuno era comunista + rassegna stampa marcia del Don

La deriva a destra

di chel badascul 

di Pieri Del Frate,

Sindic di

San Zorz di Nojar

 

del frate digos

L’evoluzione della specie

Da giovane Pieri era comunista, ma poi è stato sempre prontissimo a fare il salto della quaglia; PCI-PdS-DS-PD.

Con il primo mandato come Sindaco di San Giorgio di Nogaro (2003-2008) ha avuto una successiva ed autonoma evoluzione, verso lo stile democristiano.

Con il secondo mandato (2008-2013), assistiamo ad un ulteriore step evolutivo: infatti nel 2008 è stato ri-eletto  anche con i voti della Lega Nord.

Poi si è fatto fare, in Regione, con l’apporto essenziale dei voti della destra, una legge ad hoc per godere del terzo mandato (2013-2018) (se no al veve di tornà a lavorà, puaret) e, per garantirsi la rielezione, ha perfino dedicato una targa, in un edificio pubblico ad un medico dichiaratamete fascista.

Oramai Pietro Del Frate è perfettamente simile ai suoi colleghi destroidi, come quello di Porpetto che ha il suo stesso nome (Pietro Dri) e quello di Gonars che ha il suo stesso cognome (Marino Del Frate).

Si tratta di una singolare coincidenza, ma molto realistica dal punto di vista politico; come dire, oggi come oggi, Pietro Del Frate è proprio una sintesi politico-ideologica fra Pietro Dri (NCD – Comunione e Liberazione) e Marino Del Frate (Alleanza Nazionale o qualcosa di simile) che hanno ideato ed organizzato assieme a lui, la marcia del Don.

Qui lo vediamo

appunto, mentre marcia,

da San Giorgio a Palmanova,

intento a confabulare

con il dirigente della Digos

Dott. Ladislao

Chissà cosa avranno di tanto interessante da dirsi… Mah

 

 

ecco Pieri badascul mentre fa il saluto militare

e mentre canta Fratelli d’Italia

pierimone-02 pierimone-03

 

 

Gli va a pennello la satira di Giorgio Gaber “Qualcuno era comunista”

Clicca Qui

http://www.youtube.com/watch?v=emoFu3iejiQ

 

Sberleffi a cura di Paolo De Toni

 

PS. Visto che siamo coetanei posso testimoniare che da giovane Pieri portava perfino l’eskimo.

 

Rassegna stampa marcia del Don

MV 25 gennaio 2015

mv 25 gennaio 2015

La “marcia del Don” commuove

la Bassa

Dopole polemiche i paesi

si sonostretti attorno agli alpini

 

Nessuna polemica ha turbato

l’avvio della “marcia del Don”,

iniziata quasi con mestizia, e

rinfrancatasi via via nell’incontro

con la gente delle contrade

che ha toccato da San Giorgio

di Nogaro a Palmanova. Soltanto

una brevissima schermaglia

verbale, prima dell’inizio della

cerimonia, tra il sindaco di San

Giorgio, Pietro Del Frate, e il

portavoce del Coordinamento

antifascista friulano, Paolo De

Toni, che assieme aunadecina

di aderenti al gruppo, ha distribuito

oltre 400 volantini inneggianti

alla resistenza dove si annuncia

anche, una manifestazione

antifascista di fronte alle

carceri di Udine per il 7 febbraio.

La cerimonia ha vissuto il

momento più significativo

all’alzabandiera, sulle note

dell’inno di Mameli, con schierati

oltre duecento rappresentanti

delle associazioni di combattenti,

i sindaci di diversi Comuni,

Paride Cargnelutti, in

rappresentanza della Regione,

Fabrizio Pitton, per la Provincia,

i comandanti delle caserme

dei carabinieri, guardia di

finanza e capitaneria di porto,

gli alunni delle scuole e gente

comune.

La giornata era iniziata con

l’assembramento delle

“truppe” delle associazioni dei

militari in congedo davanti al

municipio di San Giorgio. A loro

si sono unite una classe di

ragazzi delle medie e una classe

dibambini delle elementari,

accolti al loro arrivo da un

grande applauso ricambiato

agitando le bandierine tricolori

realizzate a scuola. A coordinare

il tutto Mattia Uboldi che

ha ricordato come questa rievocazione

voglia «commemorare

tutti i caduti in Russia, che

hanno fatto il loro dovere».Dopo

l’alzabandiera e la deposizione

della corona al monumento

ai caduti, la marcia è

partita alla volta di Porpetto. Il

paese, tutto imbandierato, ha

accolto il corteo tra lo sventolio

delle bandierine dei bambini

delle scuole.Sono stati proprio

loro ad eseguire l’inno di Mameli,

mentre il locale gruppo

Ana consegnava due riconoscimenti

ai reduci di guerra Miol

e Lesa. Anche qui e a Castello,

deposizione della corona ai

monumentiai caduti.

Le polemiche sulla “marcia del Don”, come noto, sono iniziate con l’attacco del Comitato antifascista friulano alla manifestazione. Si sosteneva, in particolare, che “Italica Virtus” e Associazione nazionale volontari

di guerra, co–ideatori dell’evento organizzato dall’Ana di Palmanova, utilizzassero simbologie fasciste. Ai sindaci, che hanno patrocinato

la marcia, l’Anpi ha chiesto la revoca dell’appoggio. A quel punto le due associazioni sono uscite dalla manifestazione e soltanto l’Ana è rimasta presente.

Nel mentre i sindaci tiravano in ballo la marcia di due anni prima – alla presenza di Furio Honsell – su cui nessuno aveva trovato nulla da dire.

Francesca Artico

 

 

 

 

Dri: «Reso omaggio

all’eroismo italiano

esempio di dignità»

«Il sostegno

dell’amministrazione di Porpetto alla manifestazione promossa dalla sezione Ana di Palmanova, l’associazione Amici della

Fortezza di Osoppo e “Italica Virtus” ha voluto da una parte giudicare le gravi responsabilità storiche del 

fascismo che ha inutilmente 

mandato tanti uomini al massacro, dall’altra rendere onore ai nostri soldati che pur in

condizioni proibitive,

accerchiati e assiderati,

seppero comportarsi da

valorosi combattenti

conservando nel contempo

una dignità umana di esempio

sia per i russi che per i

tedeschi».A dirlo è il sindaco

di Porpetto, Pietro Dri,

evidenziando che «a seguito

delle polemiche l’Ana ha preso la dolorosa decisione di

modificare il programma della marcia: decisione che varispettata perché rappresenta un’ulteriore dimostrazione della volontà di essere super partes e non venir coinvolta in diatribe strumentali e

anacronistiche». (f.a.)

 

 

Passaggi nei Comuni

di Gonars e Bagnaria

E’ proceduta passo dopo passo,

 paese dopo paese,

come da programma,

la “marcia del Don”

pensata per commemorare la

tragedia della ritirata di Russia

dell’allora regio esercito italiano.

Le penne nere hanno compiuto

l’intero tragitto, incontrando nei

vari Comuni altri alpini e

autorità, per onorare la memoria

dei caduti davanti ai monumenti

delle singole comunità. E così,

dopo San Giorgio, Porpetto e

Castello, sono stati toccati anche

Gonars, Fauglis, Bagnaria,

Sevegliano. Presenti anche i

ragazzi delle medie di Gonars. E

proprio a questi ultimo ha voluto

rivolgersi il sindaco di Gonars,

Marino Del Frate. «Questa è

l’occasione – ha spiegato – per

chiarire che l’ignoranza, la

semplificazione, il fanatismo,

l’intolleranza e la miseria sono il

terreno su cui si sviluppa l’odio

che ha portato alle ideologie

totalitarie nazifasciste. Soltanto

la conoscenza approfondita e

laica di questi fatti impedirà il

ripetersi di queste tragedie» E sul

senso più profondo della

manifestazione è intervenuto

anche il sindaco di Bagnaria

Cristiano Tiussi. «Qui, oggi,

ricordiamo tutti i caduti della

campagna di Russia – ha detto –, le cui cause ci sono ben chiare: fu un’aggressione ad uno Stato

sovrano da parte dei nazisti

tedeschi e dei fascisti italiani.

Questa non è una manifestazione nostalgica,maun evento organizzato dall’Ana per

ricordare le vittime di quella

campagna, i soldati italiani, i

morti di tutti gli eserciti

schierati, i civili che perirono

durante il conflitto». (m.d.m.)

 

A Porpetto tripudio di bandieretricolori

 

Una presenza scarna, ma

significativa, degli studenti, ha

presenziato ieri all’alzabandiera

di avvio alla “marcia del Don” di

 

San Giorgio di Nogaro.

I bambini di una classe delle

elementari sono arrivati con le

loro maestre, assistendo seri, per tutta la durata della

manifestazione, alla cerimonia.

Più riservati i ragazzi dell’unica

classe delle medie presente: forse

la defezione va imputata alle

polemiche sorte attorno

all’evento.A Porpetto, invece, la

situazione è stata decisamente

diversa: presenti tutte le classi di

studenti, che hanno sventolato le

loro bandierine con grande

impegno e serietà. (f.a.)

 

 

Cargnelutti si schiera a difesa degli alpini

Solidarietà del consigliere regionale

all’Ana: «Regalate un libro di storia a chi ha voluto contestarvi»

PALMANOVA

Una folla di penne nere è affluita

in piazza Grande a Palmanova

per il momento conclusivo

della “marcia del Don”. Accanto

a loro tanti sindaci del territorio

con la fascia tricolore, i rappresentanti di Provincia e Regione, le autorità militari, quelle

civili, le associazioni combattentistiche

e d’arma e i gruppi

Ana. Dopo l’omaggio ai caduti

reso al cimitero austroungarico

di Palmanova, il corteo si è diretto

verso il centro della città

stellata. Centinaia di penne nere

si sono riunite davanti al sacello

ai caduti per i discorsi ufficiali.

In rappresentanza del comune

di Palmanova, il vicesindaco

Adriana Danielis ha ringraziato

gli alpini per lo spirito con cui hanno organizzato la

manifestazione. «La memoria –

ha detto – è fondamentale in una società democratica. E la

memoria è conoscenza dei fatti e delle scelte che li hanno determinati.

Da questi nasce la convinzioneche

la guerra è sempre fonte di morte, disgrazie, povertà e generatrice di derive di vario tipo».

Sull’importanza della memoria

si è soffermato anche il vicepresidente

del consiglio provinciale

Luca Marzucchi, mentre parole di vicinanza all’Ana sono state espresse dal vicepresidente

del consiglio regionale

Paride Cargnelutti. «E’ una pagina dolorosa

della nostra storia – ha spiegato –, ma da ricordare.

L’Ana ci ha dato una doppia lezione:

ci ha invitato a ricordare

perché senza la memoria non

c’è futuro e ha saputo ingoiare

un’ingiustizia per conservare il

senso di questa manifestazione.

A chi vi ha contestato (Anpi

e Coordinamento antifascista

friulano ndR), regalate un libro

di storia». A ribadire il senso della

marcia, il presidente della sezione

Ana di Palmanova, Luigi

Ronutti. «La Sezione ha agito

sempre in buona fede – ha sostenuto

– nell’intento di ricordare

la tragedia della campagna

di Russia e onorare tutti coloro

che in essa ebbero a patire

e morire». Ronutti ha precisato

che la presenza di rievocatori in

divisa d’epoca era stata prevista

con l’intento di «attirare l’interesse

della cittadinanza sui fatti

ricordati». Un aspetto da precisare,

questo, voluto «non per

scusarci o cercare giustificazioni, maper ribadire lo spirito e le ragioni dell’iniziativa». La cerimonia si è conclusa con la consegna, da parte del locale gruppo Ana del proprio gagliardetto

al reduce Sereno  Lesa.

Monica DelMondo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANTIFASCISMO/ Discussione su Gelindo Citossi (Romano il Manzin) su facebook

  • A S. Giorgio di N. si fa la battaglia su?Il nome di una via. Io sostengo invece le battaglie dei lavoratori di Evraz, Artenius ecc #lavoro
    • Manuel Tomasin e altri 14 piace questo elemento.

    • Eric Buiatti che via? 

       

    • Lodovico Nevio Puntin Bravo … senz’altro importante occuparsi del lavoro. Ma nessuno ti impedisce contemporaneamente di occuparti anche di memoria, in questo caso finalizzata a ricordare il partigiano nato nella frazione Zelina di San Giorgio di Nogaro (Gelindo Citossi detto “il mancino”, dal fatto che poteva disporre di un solo braccio e anche per questo significative e coraggiose risultano le sue azioni, come quella nella caserma di Latisana).

    • Davide Bonetto Ovviamente. Il fatto è che (come sempre) i giornali danno risalto a queste polemiche senza senso (dal punto di vista storico importanti, non ci piove) quando ci sono delle priorità attuali molto più importanti. E lo dico da fiero iscritto all’Anpi.

    • Paolo De Toni E allora caro Bonetto perché avete dedicato una targa a Duilio Levi che sarà stato pure un bravo medico (era anche il medico della mia famiglia ed amico di mio padre) solo che aveva il piccolo difetto di essere stato segretario e consigliere comunale del MSI? Vuoi che te lo dico io? Perché il tuo Sindaco (eletto con il famigerato terzo mandato) ex PCI ex Comunista, aveva bisogno di uno sdoganamento definitivo verso destra. Ora tu cerchi di far passare per superflua la questione del Manzin ma in realtà per voi è una vera e propria mina vagante, perché siete dei revisionisti; l’ho ribadito il 1° novembre a Gris alla presenza del segretario provinciale dell’ANPI Spanghero. 
      http://www.info-action.net/index.php…

      www.info-action.net

      Info-action, portale d’informazione libertaria del nordest, Friuli Venezia Giulia, sito degli anarchici friulani, giuliani, sloveni e veneti

    • Davide Bonetto Caro De Toni, forse mi sono spiegato male, ma la “polemica” mia era riferita a questo fantomatico comitato che direbbe no ad un’ipotetica via dedicata al Manzin. Dopodiche non sono avvocato di nessuno, tantomeno del Sindic. Non concordo con te invece sul fatto che dedicargli o meno una via sia una “mina vagante” per noi..per piacere dai. La gente in generale mi pare abbia ben altri pensieri in questo periodo drammatico e ti rispedisco indietro il termine “revisionista” che non mi appartiene, in quanto mi ritengo antifascista magari di serie B in confronto a te se ti fa vivere meglio. Mandi

    • Paolo De Toni Sono d’accordo che il comitato contro il Manzin sia fantomatico ed infatti lo staneremo (chiedendo che vengano in pubblico a provare le loro denigrazioni), così come staneremo voi. Ed allora dedicategliela la via al Manzin cosa aspettate, se per voi non è un problema. Questo non vi impedisce mica di occuparvi delle altre cose, (te lo sei fatto dire anche da Nevio Puntin!) ammesso e non concesso che ve ne occupiate e soprattutto che ve ne occupiate bene del futuro dei sangiorgini e del territorio in generale. Lassin piardi se tu fas o no l’avocat dal Sindic: tu zuis ta stesse squadre e alore tu as li stessis reponsabilitaaz.

    • Raicard Trinki Frenki e io sulle rotonde e i rallentatori di merda…!!!!!! ti lovvo!!

    • Paolo De Toni Geniali quei rallentatori, per andare da San Giorgio a Torviscosa per lavoro, me ne devo subire sei all’andata e sei al ritorno, vari giorni alla settimana.

    • Bruno Ventura fati le stataal……..

    • Paolo De Toni (par Bruno Ventura) Le stataal a jè plui lungje… al uul disi cunsumà plui binzine e incuinà di plui.
      NO ai dissuasori ( e alle rotonde) di Bonetto, Fasan e Del Frate.
      SI alla coscienza individuale di là planck … la cal covente …

    • Paolo De Toni (par Giovanni Maran) W il Manzin! “ma quegli occhi li ricordo ancora e come allora mi corrono i brividi” Ven a stai cal veve le tempre juste par fa fuur i fasisc’.
      Io non ho certo bisogno del Manzin per “esistere”, ma già che ci sono …

    • Paolo De Toni A parte i predicozzi pseudo-morali, hai qualcosa di concreto da dire contro il fratello di tua nonna?

    • Claudio Canciani Hai detto bene ognuno dorme con la sua coscienza, soprattutto se ce l’ha ben pulita in quanto non l’ha mai usata.

    • Paolo De Toni Va bè se non hai niente contro allora … , sai com’è c’è gente che si diverte ad inventarsi fantasiose liste di crimini.
      PS. Fruz cuant co tabajais ziriti di spiegasi mioor e di no sedi ambiguos; ancje il discors da cussienze ze cazz urial disi …

    • Claudio Canciani Era destinato a Maran e lui sa il perchè.

    • Claudio Canciani Per te ho la massima stima, ce ne vorrebbero a migliaia di persone che si occupano del territorio come fai tu.

    • Federico Foghini bella la frase sulla coscienza!!La condivido appieno.

    • Claudio Canciani Mi basterebbe che pagassi quello che ha deciso il giudice.

    • Federico Foghini su Claudio,la diatriba era imperniata sullla strada da dedicare al “Manzin”.Non usciamo dai “seminati”!! Io sono propenso per il no.E spiego il perchè:pur essendo Gelindo Citossi una brava persona,pur avendo compiuto dei gesti eroici volti alla liberazione del popolo italiano dalla tirannia nazifascista,pur avendo avuto tutte le buone motivazioni per uccidere,non ritengo opportuno dedicare una strada a colui che si è macchiato di uno o più omicidi,anche se “giustificati” dal momento storico in cui sono stati perpretati.

    • Paolo De Toni Romano il Manzin non si è macchiato di nessun omicidio, ha combattuto per la libertà. E Garibaldi allora? Solo per fare un esempio fa molti altri.

    • Claudio Canciani Federico la tua motivazione fa acqua da tutte le parti. Io personalmente non ho sentito alcuna storia ne a favore ne contro il Manzin per cui mi astengo dal dare giudizi su cose di cui sono totalmente all’oscuro. In guerra comunque se serve è lecito anche uccidere, l’importante è non macchiarsi di delitti contro persone inermi, anche se nemici.

    • Federico Foghini perchè la mia motivazione “farebbe acqua” da tutte le parti?

    • Federico Foghini cosa ho detto di inesatto?

    • Claudio Canciani Se dici che a una persona non può essere intitolata una via in quanto ha ammazzato altre persone in guerra, allora dovrebbero togliere la metà delle vie nel mondo. Bisogna distinguere fra assassini e combattenti. Come ho già detto, talvolta serve anche la forza, l’importante è non macchiarsi di crimini ammazzando gente inerme solo per vendetta o sadismo. Io non so la storia del Manzin. Se ha uccciso in combattimento per salvare altre persone o per combattere i nemici merita un riconoscimento, se è ha ucciso per vendetta è un assassino e non merita nulla.

    • Federico Foghini leggi bene quello che ho scritto,io ho definito Gelindo Citossi “eroico”,.ho detto che il suo operato era pienamente giustificato.Ho aggiunto che non ritengo opportuno dedicargli una via.E’ un mio pensiero,rispettalo come io rispetto i tuoi

    • Claudio Canciani Io rispetto il pensiero di tutti, sto solo dicendo che non sono d’accordo con quello che hai detto e l’ho argomentato. Secondo la tua logica, Garibaldi, il Che e tanti altri che hanno lottato per la libertà dovrebbero essere dimenticati e non sono d’accordo.

    • Federico Foghini ancora una volta:leggi quello che ho scritto!!Non posso passare la serata a discutere sul fatto che io non sia d’accordo su quasta benedetta strada da dedicare a Gelindo.

    • Claudio Canciani Il problema è se per te è un assassino o un combattente, che sia lui o un altro è uguale.

    • Federico Foghini cazzo cClaudio,ma leggi quello che scrivo??L’ho ribadito tre volte che reputo Citossi un eroe della resistenza!!Ma nn per questo gli dedicherei una via di San Giorgio di Nogaro.Non puoi mettermi in bocca cose che non ho detto;mai definito Citossi “assassino”

    • Federico Foghini e adesso chiudo il dialogo su questo argomento perchè sta diventando una sterile polemica senza nessun costrutto!

    • Claudio Canciani Se credi che sia un eroe per quale motivo non lo reputi degno di avere una via a lui dedicata, non capisco. E meglio avere vie come busuz e ciampaz?

    • Federico Foghini per il semplice fatto che si è creata una netta spaccatura di opinione su questo rgomento.Pertanto ritengo che una via deve venir dedicata a qualcuno se ciò è condiviso dalla maggioranza della popolazione;altresì diventa uno squallido braccio di ferro politico che giova ad alcuno.Ma è un mio pensiero,non condivisibile da tutti sicuramente,ma questo è!!

    • Claudio Canciani Questa è una motivazione valida.

    • Paolo De Toni Con il “mi piace” di cui sopra Davide Bonetto si è stanato da solo

    • Davide Bonetto Ma cosa vuoi stanare De Toni. Vuoi fare la guerra dei bambini? Mi pare che hai una certa eta’. Che figuracce che fai….

    • Davide Bonetto E da iscritto all’anpi so che stanno discutendo della questione serenamente. Per me l’anpi e’ “l’istituzione” principale alla quale faccio riferimento. Poi sei libero di andare in giro a dire che Bonetto ha messo mi piace qua e la! Triste molto triste caro De Toni. Poi fai le gare con quelli delle scuole elementari.

    • Paolo De Toni Ma triste cosa? Ti contraddici continuamente. Se l’Anpi ne discute e molti ne discutono non è certo per merito tuo, ma di chi ha sollevato senza opportunismi il problema.

    • Federico Foghini Rileggendo tutta questa lunga ed animata discussione mi sono posto una domanda:come mai in quasi settant’anni nessuno dei compagni di Citossi,nessun aderente all’ANPI e tantomeno le giunte di sinistra che si sono nei decenni avvicendate nella bassa friulana,nessuno di tutti questi si è prodigato per dedicare una via,una sede,una targa al su citato Gelindo Citosii?Se la figura fosse stata così limpida e così eroica,come da molti ora ci viene descritta,sicuramente ciò sarebbe avvenuto.Probabilmente la figura di questo partigiano si è sempre trascinata un mucchio di dubbi e polemiche,in questi settant’anni cosa che ha portato la maggior parte di chi lo sosteneva ad un atteggiamento disinteressato se non addirittura omertoso.

    • Paolo De Toni Federico, come si usa dire, nessuno è profeta in patria, per cui un semplice astio è in grado di far sedimentare un’opinione negativa. Figuriamoci poi per uno che doveva fare quotidianamente azioni militari di eliminazione di fascisti, nazisti, spie e delatori e doveva procacciare cibo, medicine, e logistica varia per l’intendenza Montes, avrà di certo scontentato qualcuno. Mettiamoci pure in conto, come ha scritto Giovanni Maran (suo pronipote) che avesse gli “occhi gelidi” ed un carattere forte e deciso ( e non poteva essere diversamente visto le azioni incredibili che ha condotto), poi consideriamo che nessuno è perfetto e qualche sbaglio lo avrà pure fatto ed infine, siccome non era un opportunista, diventava scomodo per gli ultimi arrivati, saltati sul carro del vincitore ma che andavano alla ricerca di privilegi, magari anche piccoli. Poi c’è stata la storia del “cane dell’inglese” per la quale è stato arrestato e ha fatto 18 mesi di carcere, ed infine anche le accuse su Porzus, poi ovviamente assolto. Di fronte a tutto questo si spiega come mai sia stato letteralmente messo da parte; troppo sanguigno, troppo rivoluzionario, utilissimo in battaglie e scomodo nel compromesso politico. Credo che le cose stiano così. A MAGGIOR RAGIONE, credo che le persone in buona fede debbano ricordarlo degnamente.
      20 ore fa · Mi piace · https://fbstatic-a.akamaihd.net/rsrc.php/v2/yJ/r/UD1zEcVB7Tu.png); background-size: auto; display: inline-block; height: 9px; margin-right: 3px; width: 10px; background-position: -303px -102px; background-repeat: no-repeat no-repeat;”>1

    • Davide Bonetto Non mi contraddico per nulla!!! Io invece credo (e chiudo qua) che strumentalizzare le gesta eroiche come hai fatto tu sia irrispettoso nei confronti non solo del Manzin ma di tutti i partigiani eroi che hanno liberato l’italia dal nazifascismo. Quante volte sei andato a commemorarlo sulla sua tomba? Quanti libri hai scritto? Niente di questo…lo so sai!! Ci sono persone, sangiorgini e non che lo fanno da sempre e non solo per il Manzin. Persone sincere che tengono sempre alta l’attenzione sul tema dei partigiani costantemente e non a spot appositamente con l’intento di fare polemiche inutili e svilire le azioni dei partigiani usando una targhetta di latta come arma d’attacco..per cosa poi?! Non ti ho mai visto a depositare i fiori sul monumento ai partigiani fuori dal cimitero. Mi rattrista perche’ ti ritenevo una persona che non banalizza e invece.. Io chiudo qua Mandi.
      19 ore fa tramite cellulare · Mi piace · 

    • Federico Foghini Per Paolo De Toni. Ho preso spunto dalla tua ultima frase per darti una ulteriore spiegazione sulla mia contrarietà alla volontà di dedicare una via a Citossi Gelindo.Hai appena definito il Manzin uno che “doveva quotidianamente fare azioni militari di eliminazione di fascisti,nazisti,spie e delatori”.Ebbene,queste eliminazioni hanno lasciato alle spalle orfani e vedove,colpevoli solamente di essere stati figli o mogli di fascisti o collaboratori. Pertanto mi sembra ingiusto o perlomeno indelicato,dopo quasi settant’anni,che questi incopevoli orfani o vedove debbano vedere una via del paese in cui vivono,o nelle immediate vicinanze,dedicata all’uccisore dei propri cari.E ad onor di cronaca conosco due persone del comprensorio sangiorgino il cui padre o consorte,siano stati uccisi dai Diavoli Rossi comandati da Gelindo.

    • Lorenzino Boem quanti giudizi prima= pregiudizi

    • Federico Foghini Il pregiudizio,generalmente ,si basa su preconcetti non sempre motivati,su prese di posizione ideologiche.Qua si sta discutendo su fatti accaduti settan’anni fa,si esprime la propria opinione,si cerca di capire l’utilità odella proposta in oggetto.Non trovo niente di “pregiudiziale” in tutto ciò.

    • Paolo De Toni Per Bonetto. Non ci azzecchi proprio. Guarda che io faccio l’antifascista militante e non retorico da quasi 40 anni e ho due ferite di 4 punti ciascuna in testa per i colpi inferti dalle chiavi inglesi dei fascisti a Trieste nel 1979. La nostra commemorazione del Manzin, il 7 ottobre 2013, aveva questo spirito di antifascismo militante. L’antifascismo in Italia è un problema attuale e non di depositare fiori nelle tombe, che comunque è sempre un bel gesto per quanto facile, cioè costa ben poco sforzo. Il problema è che in Italia il fascismo non è mai stato sradicato ed il revisionismo è iniziato subito dopo la Liberazione e proprio il caso del Manzin è un esempio di revisionismo. Infatti nella biografia di Gelindo Citossi, sul sito dell’ANPI, si legge
      “Nel dopoguerra per “Romano il Mancino”, nessun riconoscimento ufficiale. Per lui soltanto il ricordo della gente del Friuli che, nel 61° della Liberazione, si è recata in pellegrinaggio a Pisino, dove Citossi era stato ospitato da una sorella.” 
      Ripeto andare a Pisino è più che giusto, ma è a San Giorgio che bisogna agire per i riconoscimenti.
      Nessuno a San Giorgio ha avuto il coraggio di fare la commemorazione e di pretendere i riconoscimenti dovuti, anche per le ragioni più o meno esposte da Federico Foghini, cioè che molti in paese e nella zona ne parlavano male. La stessa Ester Zaina, di provenienza comunista, come è ben noto segue la linea ideologica di suo zio Massimino Zaina (di Porpetto) cioè fondata sulla squalificazione della persona di Gelindo Citossi. Perché non l’ha fatta l’ANPI la commemorazione a San Giorgio? Tu dici che ora L’ANPI sta “serenamente discutendo” dei riconoscimenti? Ti chiedo se l’ANPI di San Giorgio ha anche serenamente discusso della targa dedicata dal Comune (cioè in realtà per volontà personale dell’ex comunista Pietro Del Frate) all’ex segretario del MSI Duilio Levi? Anche questo fa parte del revisionismo. Ho detto esplicitamente a Fiorella Levi che, visto quello che è accaduto, per la targa dedicata a suo padre, dovrebbe essere lei a presiedere un Comitato per i riconoscimenti ufficiali al Manzin. Per il resto caro Bonetto in politica sei ancora un apprendista. Fai parlare Pietro Del Frate e vediamo cosa ha da dire in merito. Non sarà mica una strumentalizzazione chiedergli che si esprima.

    • Irene Bolzon Non ho seguito tutto il dibattito, però mi permetto di aggiungere alcune considerazioni. Io credo che la discussione in generale nasca dal fatto che il Manzin, seppur considerato da tutti in questa conversazione un eroe, non abbia tuttavia le caratteristiche “tipiche” e quasi “rassicuranti” che la narrazione pubblica ha di solito in questi 70 anni attribuito in generale agli “eroi della Resistenza”. Tento di spiegarmi: lui era un antifascista convinto ma non sviluppò mai, nè durante la guerra nè dopo, un pensiero politico strutturato e complesso (come fecero per esempio altri che, pur di bassa estrazione, tentarono di formarsi una propria cultura politica…mi vengono in mente Romano Fumis, Modotti, Fantini…) e chiamato a spiegare le ragioni delle sue scelte a distanza di decenni non seppe fornire motivazioni che l’intellettualità formatasi attorno all’antifascismo nel dopoguerra potesse considerare accettabili. Lui non fu mai iscritto ad un partito, per lo meno non qui in Italia…contrariamente a quanto si pensa lui non prese la tessera del PCI nell’immediato dopoguerra perchè egli non si sentì mai rappresentato da nessuno, motivo per il quale venne meno nei suoi confronti anche un meccanismo minimo di solidarietà di fronte alle ingiustizie del dopoguerra. Lui era un gappista, non un comandante di brigata in montagna, e nel dopoguerra i gappisti furono quelli che subirono le maggiori vessazioni…le motivazioni risiedono principalmente nel tipo di guerra da loro condotta (contrariamente a quelli in montagna, essi avevano come “campo di battaglia” i contesti urbani e le aperte campagne, estremamente più insidiosi perchè rendevano la clandestinità difficile soprattutto a causa delle spie, fattore che rese spesso necessarie delle esecuzioni considerate da tutti brutali, ma che erano indispensabili per proteggere i partigiani e i civili che li aiutavano…essi poi erano a contatto più diretto con i contadini, spesso furono chiamati a fare requisizioni per la “Montes” e figuriamoci se i contadni erano contenti di vedersi arrivare dieci uomini armati di tutto punto in casa con l’ordine di portargli via i salami…inoltre proprio la loro clandestinità favorì l’azione di infiltrati fascisti e delinquenti comuni che, spacciandosi per gappisti ed intendenti, si diedero alle ruberie più becere, alimentando il pregiudizio nei confronti dei partigiani “ladri”. Aggiungo inoltre che i GAP sono stati spesso considerati precursori del brigatismo rosso, dato che aggiunge ulteriori elementi di sospetto nei confronti dei gappisti). Lui non ebbe di certo una storia “gloriosa”…le persecuzioni da parte della giustizia, la fuga in Jugoslavia e una vita spenta nel grigiore delle delusioni. Insomma, se lo paragoniamo a quello che viene considerato in regione l'”eroe per eccellenza”, ossia Montes, sembra che il Manzin non possieda i requisiti necessari per essere considerato una figura “edificante”, così come tutti gli eroi dovrebbero essere. Quanto all’aspetto relativo alla violenza del Manzin, va detto che realtà, mito e anti-mito si fondono in un mix estremamente complesso da interpetare. Ciprovo senza garanzia di successo partendo dalla testimonianza di mia nonna, la cui casa a Campolonghetto era una delle basi abituali del Manzin: quando per caso vide la sua foto su un libro che avevo a casa lei è saltata sulla sedia urlando “Lazaron! Delinquent!”…rimasi perplessa e le chiesi il motivo…dopo ore di conversazione capii che lei e la sua famiglia, pur essendo convinti sostenitori del movimento partigiano, avevano paura di lui. La paura nasceva dal fatto che egli, pur essendo corretto e rispettoso nei confronti di tutti, aveva una vena di imprevedibilità che angosciava chi lo ospitava. Avevano tutti paura che da un momento all’altro mettesse in piedi un’operazione, temendo che, in caso di fallimento, la ritorsione si sarebbe abbattuta sulle case e sulle famiglie che lo avevano accolto (se lui sbagliava si andava dall’incendio della casa, alle torture e alla deportazione..la paura era dunque legittima). Quello che la gente non poteva capire è che il Manzin non era affatto un incosciente…coraggioso sì, ma incosciente no. Chi lo ha conosciuto durante la guerra mi ha detto che possedeva un istinto naturale che lo portava a capire quando poteva portare a casa la pelle e quando no…non avrebbe mai messo a repentaglio la vita dei suoi uomini senza essere convinto di riuscire nell’impresa…certo è che però i suoi processi mentali erano di difficile lettura, soprattutto se sei un civile spaventato davanti ad un uomo in armi la cui fisicità e il cui carattere brusco facevano morire sul nascere ogni obiezione. Tale aspetto quindi alimentò in qualche modo un mito affascinante ma al contempo negativo tra le persone comuni…Detto questo, egli fu senza ombra di dubbio responsabile di molte operazioni e diversi attentatii…va anche detto, però, che l’espressione “eh sì hanno trovato un cadavere sulla statale..chi è stato? non so, ma sicuro il Macino” l’ho incontrata in ogni intervista che ho fatto…quindi le uccisioni che gli sono state attribuite sono più di quelle a lui effettivamente riconducibili…Sulla questione quindi delle persone da lui uccise mi sento di dire questo: in guerra non esiste uomo che non abbia ucciso e/o fatto uccidere…le differenze tra un partigiano, un fascista ed un soldato sono già state spiegate sopra e quindi non mi ci soffermo. Concludendo…è vero che le memorie e il dolore vanno rispettati. Un orfano di guerra è un orfano e basta, a prescindere da chi fosse suo padre. Ma nell’epoca in cui si progettano monumenti a Graziani e dopo 100 anni di piazze e caserme intitolate a Cadorna e Diaz, dobbiamo andare a fare le pulci proprio al Manzin? Credo sia opportuno riflettere su questo aspetto, anche nel tentativo di mediare con i sentimenti contrastanti di chi quella storia la sente ancora bruciare dentro di sè e con le nostre stesse categorie mentali, spesso inadatte ad interpretare il passato…qui non è in ballo solo il nome di una via, questa discussione, interessante e del tutto legittima, scaturisce dal fatto che non abbiamo ancora imparato a fare i conti con il nostro “ieri”…

    • Irene Bolzon Scusami Davide per il papiro. Mi sono lasciata prendere la mano!
       
      7 ore fa · Mi piace · 

    • Davide Bonetto è il miglior intervento nel post (senza togliere nulla ai pareri e opinioni degli altri). Condivido le tue considerazioni soprattutto la frase conclusiva.. :
      7 ore fa · Mi piace · 

    • Paolo De Toni Alla commemorazione di Gris del 1° novembre scorso Alessandra Kersevan mi/ci ha presentato la nonna e il padre di Irene Bolzon intervenuti alla commemorazione e alla posa della targa in ricordo del campo di concentramento A, rimosso dalla memoria e perfino dalla natura visto che ora c’è una cava. Non so come siamo andati sul discorso del Manzin, ma il padre appunto disse che il Manzin era di casa a Campolonghetto, la nonna non fece commenti.

      www.info-action.net

       

      L’analisi fatta da Irene Bolzon è sostanzialmente corretta, anzi conferma le nostre (degli anarchici) intuizioni e che in estrema sintesi ho espresso anche qui sopra e le ho dette anche alla commemorazione del 7 ottobre (peccato che Davide Bonetto non ci fosse).
      Irene Bolzon scrive: 

      “Lui non fu mai iscritto ad un partito, per lo meno non qui in Italia…contrariamente a quanto si pensa lui non prese la tessera del PCI nell’immediato dopoguerra perchè egli non si sentì mai rappresentato da nessuno, motivo per il quale venne meno nei suoi confronti anche un meccanismo minimo di solidarietà di fronte alle ingiustizie del dopoguerra.”

      Come viene accennato anche nel libro di Pierluigi Visintin, “Romano il Mancino e i diavoli rossi” l’indole del Manzin era anarchica, e guarda caso siamo stati proprio noi (anarchici/che) a prendere la decisione della commemorazione a San Zorz, nessuno avrebbe avuto lo stato d’animo per farla. La commemorazione del Manzin all’interno della sinistra istituzionale era possibile a Cervignano e ad Udine ma non a San Giorgio di Nogaro, questo è il problema! Bisognava qualcuno che non subisse il deterrente di una certa sedimentata opinione negativa in loco.

      Irene Bolzon però secondo me fa un’analisi eccessivamente formale del Manzin sotto il profilo del pensiero politico, infatti dice:

      “lui era un antifascista convinto ma non sviluppò mai, nè durante la guerra nè dopo, un pensiero politico strutturato e complesso (come fecero per esempio altri che, pur di bassa estrazione, tentarono di formarsi una propria cultura politica…mi vengono in mente Romano Fumis, Modotti, Fantini…) e chiamato a spiegare le ragioni delle sue scelte a distanza di decenni non seppe fornire motivazioni che l’intellettualità formatasi attorno all’antifascismo nel dopoguerra potesse considerare accettabili.”

      Qui il problema è tutto da discutere.

      Nella resistenza c’è stato anche l’antifascismo anarchico. Proprio in questi giorni si è commemorato il centenario della costruzione della casa del popolo a Prato Carnico costruita da anarchici e socialisti.
      http://www.info-action.net/index.php?option=com_content&view=article&id=2231:cento-anni-della-casa-del-popolo-di-prato-carnico&catid=66:storia

      Nel 1933 a Prato Carnico c’è stato il funerale di Giovanni Casali

       
      Certo, probabilmente il Manzin non aveva potuto elaborare un pensiero politico maturo perché non aveva le conoscenze ed i contatti per sviluppare il suo anarchismo spontaneo, ma quello che è riuscito a fare in forma assolutamente autogestita, è semplicemente eccezionale e va ben oltre i canoni della storiografia ufficiale ed accademica e tanto più della politica istituzionale che semplicemente ha paura di questo incredibile personaggio.
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PORDENONE 30 novembre: Piazza delle Culture Antifasciste

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RASSEGNA STAMPA
VIDEO

“L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo”
(Pier Paolo Pasolini, 1962)

Così profetizzava Pier Paolo Pasolini, intellettuale comunista spesso dimenticato o citato in modo improprio, durante il famoso “boom economico” che ha attraversato l’Italia durante gli anni ’60; lo scenario odierno è decisamente peggiore e decadente di quello descritto dal poeta friulano. Ora che, il benessere è finito, resta solo la stupidità, l’incultura, il perbenismo, l’arroganza, la violenza ed i soprusi quotidiani.

In questo quadro di crisi economica e culturale, il neofascismo si manifesta con nuove forme, subdole e nascoste, tutte aggressive e violente. Cerca di ricostruirsi una legittimità sociale, utilizzando immaginari e slogan dell’ideologia politico-istituzionale della “sicurezza” che semplifica, nasconde, mistifica, propaganda miti razzisti e istiga all’odio sociale.

L’incredibile aumento degli episodi di violenza in Italia nei confronti di attivisti politici, gay, lesbiche, trans, migranti, rom e sinti, senzatetto, mendicanti e di quanti appaiano “non allineati” sono solo la punta dell’iceberg di una diffusa cultura dell’intolleranza. Questi episodi trovano terreno fertile nel cortocircuito tra politica e società che fa dell’egoismo, dell’arroganza e della sopraffazione i nuovi valori culturali della “modernità”.

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PORDENONE: rassegna stampa sul presidio antifa

Dal Messaggero veneto dell’01/12/13

Piazza Risorgimento «sia la piazza delle culture antifasciste»

Un anno dopo la manifestazione contro la sfilata di estrema destra, il “Coordinamento antifascista – antirazzista pordenonese” è tornato in piazza, manifestando a favore di immigrati e lavoratori,…

 

Un anno dopo la manifestazione contro la sfilata di estrema destra, il “Coordinamento antifascista – antirazzista pordenonese” è tornato in piazza, manifestando a favore di immigrati e lavoratori, precari e disoccupati, denunciando le «derive razziste, xenofobe e sessiste» presenti nella politica e nella società, chiedendo la chiusura dei centri di identificazione ed espulsione (Cie), la salvaguardia del lavoro alla Zanussi di Porcia, all’Ideal Standard e in tutte le realtà produttive.

Freddo e tramontana non hanno scoraggiato oltre cento manifestanti italiani e stranieri che, riscaldati dalla passione politica, oltre che da tè caldo, vin brulè e musica, hanno ascoltato gli interventi dei militanti del coordinamento antifascista – antirazzista, del collettivo Vittorio Arrigoni per gli studenti delle scuole superiori della città, dell’associazione immigrati, di libertari, anarchici, di Rifondazione comunista, di antifascisti dell’Anpi e della Fiom.

Gianluca Giannetto e Stefano Raspa hanno sottolineato l’attualità dei valori della lotta partigiana di liberazione che oggi vivono nella militanza per una società democratica, multi culturale e interetnica. Da ciò la decisione di ribattezzare Piazza Risorgimento in Piazza delle Culture antifasciste. «Non basta rifare l’arredo urbano, dove si sono svolte diverse retate contro gli extracomunitari – ha sostenuto Stefano Raspa – bisogna anche rendere il luogo accogliente, farlo vivere in modo armonioso, con l’incontro fra culture diverse nel segno della fratellanza umana». Particolarmente applauditi gli interventi di Gabriel Tshimanga dell’associazione immigrati e Walter Zoncolan della Fiom – Cgil. Elena Beltrame ha ricordato infine, a un anno dalla morte, Mario Bettoli, comandante partigiano, presidente di Anpi e Casa del popolo.

Sigfrido Cescut

OSSERVATORIO ANTIFASCISTA/ Pisapia l’antifascismo spazza via…

… i fascisti ringraziano e fanno il saluto romano

http://milano.corriere.it/notizie/politica/14_aprile_29/pisapia-giardini-ramelli-inizi-pacificazione-84def588-cfa0-11e3-bf7e-201ea72c5359.shtml

 

http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_maggio_06/capotosti-ha-fatto-saluto-romano-corteo-ramelli-226c3156-d520-11e3-b55e-35440997414c.shtml

 

capotosti

 

 

 

 

 

RONCHI DEI PARTIGIANI: un grande successo! Foto e report

riportiamo il report di Marco Barone.

 

Ronchi dei Partigiani e l’Armata dei Sonnambuli,una vincente giornata di cultura resistente

 

Il 14 giugno 2014, presso la nota area feste di Selz, a pochi passi dal luogo ove nacque la brigata proletaria il primo gruppo, di resistenza armata, nato contro il nazifascismo, a cui ha fatto anche parte la prima staffetta partigiana d’Italia, Ondina Peteani, si è svolto il convegno storico, sociale e culturale DI COS’È IL NOME UN NOME? Che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone ed in serata, invece, vi è stata la partecipata prima presentazione in Friuli Venezia Giulia del nuovo libro del collettivo Wu Ming l’Armata dei sonnambuli, con la presenza di Wu Ming 1.
 
Questa giornata, vincente, segue la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini nel comune di Ronchi, organizzata dal gruppo Ronchi dei Partigiani che ha più di cinquecento adesioni su facebook, ma anche da parte di diverse personalità come Boris Pahor, Pino Cacucci, Massimo Carlotto, Wu Ming 1, Piero Purini, Carlo Ghirardato, Alberto Prunetti, Marta Cuscunà, Alessio Lega, Beatrice Baruffini, Zoran (Matteo Oleotto) Alessandra Kersevan, Maurizio Puntin, Radio Onde Furlane Radio Zastava e tanti e tante ancora… Il 17 maggio del 1924 il Consiglio Comunale a maggioranza fascista di Ronchi si riunisce in seduta straordinaria e delibera di nominare Benito Mussolini «cittadino onorario di Ronchi di Legionari». Il 2 novembre del 1925, con il Regio Decreto firmato da Rocco e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n° 283 del 5 dicembre, il governo ufficializzò il nome «Ronchi dei Legionari». Il 20 settembre 1938 Mussolini, dopo aver presentato a Trieste le Leggi Razziali, si fermò a Ronchi dei Legionari per consacrare la fascistizzazione del toponimo in armonia con la fascistizzazione dell’Italia razzista. Va precisato che la decisione di consacrare il nome di Ronchi ai legionari di D’annunzio, all’impresa di Occupazione ed italianizzazione di Fiume, avviene nel periodo delle leggi fascistissime. Ottenuta, dunque, la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini, nel Comune di Ronchi, è arrivato il momento di mettere seriamente in discussione la denominazione dei Legionari e di tutto ciò che vi è connesso, dall’Impresa di occupazione di Fiume al personaggio D’annunzio. Ben tenendo conto che ora ricorre il centenario della prima guerra mondiale, ed è un controsenso assurdo continuare, tra le altre cose, quando tanto si invoca e si parla di pace, ad intitolare una città ad un personaggio che urlava Viva la guerra, amante della guerra e guerrafondaio.Senza dimenticare che nessun cittadino di Ronchi ha partecipato all’impresa di occupazione di Fiume. Comunque, per saperne di più su questa proposta, sulle critiche sollevate ai legionari, a D’Annunzio, ed a tutto ciò che vi è connesso, rinvio a questo link: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=15535  il mio intervento su GIAP di Wu Ming, che poi è stato anche quello della mia relazione al convegno citato, da cui è partito tutto, che spiega la sostanza dell’iniziativa. 
 

 
Il convegno, al quale hanno aderito, ANPI provincia di Gorizia, ANPI Giovani di Monfalcone,ANPI di Ronchi, ANED Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, ARCI Eugenio Curiel di San Canzian, Circolo culturale e sportivo dell’Olmo di Selz, Libreria la Linea d’Ombra di Andrea Cianel, Casa editrice Kappavu, Associazione Culturale e Ricreativa Slovena Jadro , Istituto di studi storici e sociali Leopoldo Gasparini,  e collaborato il Centro Studi Libertari Germinal di Trieste,Cittadini Liberi e Pensanti di Trieste, Forum per Gorizia Gorica Gurissa, è stato introdotto da Luca Meneghesso, che ha curato l’organizzazione del convegno, il quale ha dedicato una particolare attenzione alla vicenda di Pietro Dominutti, nativo di Cervignano ma residente a Villaraspa (Staranzano), “era un’attivista oltre che dei Sindacati Giuliani del Partito d’Azione – che localmente e stato lontano dalle istanze libertarie di Giustizia e Liberta e per certi versi fu il catalizzatore di istanze nazionaliste dopo la caduta del regime fascista. Dominutti (come documentato da Silvano Benvenuti e Renzo Pincherle nel loro intervento contenuto nel libro “Nazionalismo e neofascismo nella lotta politica al confine orientale 1945- 1975)” si rese protagonista di trasporto e occultamento di armi assieme al ≪noto fascista≫ Minozzi e partecipo alle squadre d’azione protagoniste di atti di violenza e gesti di intimidazione anche con bombe e pugnali nei confronti di militanti di sinistra e sedi di partito od organizzazioni operaie nel corso del settembre 1947” ribadendo la contrarietà a dedicare od intitolare a Dominutti una piazza a Monfalcone. 
 
Piero Purini ha riportato una carrellata significativa di nomi di Comuni come modificati per omaggiare i regimi e gli autoritarismi delle diverse epoche. Interessante è stato il caso di Salvia di Lucania che diventò Savoia di Lucania per “farsi perdonare”, dai reali, l’oltraggio di aver conferito i natali a Passanante che attentò la vita ad Umberto I, città dove da alcuni anni è nato un comitato che si batte per cambiare la denominazione del Comune. In merito alla vicenda d’annunziana e di Ronchi, Purini, ha già avuto modo di ricordare che “Considerando che l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale fu una specie di colpo di stato antiparlamentare organizzato da Vittorio Emanuele, Salandra e Sonnino con l’aiuto della piazza sobillata in primis da d’annunzio e mussolini, mi pare che la figura di D’annunzio possa essere tranquillamente associata a quella di Junio Valerio Borghese o a De Lorenzo”.
 
Maurizio Puntin si è soffermato sulla storia della Bisiacaria e sul plurilinguismo di Ronchi, ricordando in materia che “ un coronimo minore, formatosi forse nel secolo XVII, ma diffusosi fra Ottocento e Novecento, è il nome del territorio di Monfalcone (fra Timavo ed Isonzo, escludendo i paesi carsici sloveni, detto popolarmente Bisiacarìa La voce bezjak / bizjak e antica e nota fin dal basso medioevo come nome di casato o cognome in Slovenia e soprattutto in Croazia, dove un etnico simile di uso dialettale indicò gli abitanti di alcune zone interne: per esempio l’area fra Varaždin e la Drava nel nordest, la zona fra Samobor e Karlovac (escludendo lo Žumberak) e Gimino nel centro-sud dell’Istria. Già nel secolo XVI il viaggiatore veneziano Marin Sanudo scrisse di una regione interna croata chiamata Beziathia. Purtroppo due fatti restano molto incerti.Uno è il significato originario di una supposta base *bez– /*biz–; esclusa del tutto dagli slavisti l’etimologia basata su beg ‘fuga’, sono state proposte altre che sono attualmente allo studio. L’altro fatto che rimane oscuro è la datazione di una eventuale immigrazione di elementi croati nel Monfalconese, un territorio che veniva chiamato in epoca patriarcale “Oltre-Isonzo” (Ultra Isoncium, Ultra Lisoncium, Oltra Lusinc) ed in epoca veneziana (1420-1797) Territorio di Monfalcone. Durante il medioevo si possono attestare in questo territorio un’infinità di voci, di toponimi e di soprannomi solamente nelle lingue friulana e slovena (Puntin 2010). Dopo le scorrerie turche (seconda metà del secolo XV) si ha un periodo di crisi in cui è ben testimoniata una fortissima immigrazione di elementi veneti, lombardi, istriani e balcanici; in questo nuovo ambiente prese piede una “lingua franca” basata sul veneto coloniale, ma con resti del dialetto precedente che era vicino al friulano parlato a Trieste (il “tergestino”). Fino a tutto il Settecento, però, questa differenza linguistica, rispetto al resto del Friuli, non produsse alcun senso di identità particolare”. Sottolineano che “ l’idea, priva di basi storiche, di una separatezza dal Friuli si è affermata, ma ancora confusamente, appena dopo la prima guerra mondiale, con la diffusione del concetto di “Venezia Giulia”. Ed è continuata nel secondo dopoguerra (dai primi anni Ottanta), ad opera di un gruppo di cultori della varietà dialettale bisiaca”. 
 
Alessandra Kersevan , ricollegandosi al Libro pubblicato dalla sua casa editrice e curato da Roberta Michieli e Giuliano Zelco: “Venezia Giulia: la regione inventata” ha ben evidenziato tutta la mistificazione che vi è stata intorno al significato di Venezia Giulia imponendo in sostanza una denominazione che ha compromesso la reale e variegata identità multietnica e culturale di questa piccola ma importate fetta di territorio, con l’azione determinante dell’irredentismo prima, fascismo poi.
 
Boris Pahor, invece, non essendo potuto venire personalmente, è stato video-intervistato, e condividendo le ragioni della proposta volta ad eliminare la denominazione dei legionari di Ronchi, dopo aver ribadito con lo scrittore alcuni connotati di chiara matrice razzista da parte di D’Annunzio( come scritto si rinvia all’intervento su GIAP), ha avuto modo di sottolineare in sostanza che dei legionari non ha più, oggi ragione e diritto di esistere, tolta la cittadinanza onoraria a Mussolini è altrettanto naturale togliere la denominazione dei Legionari di Ronchi, ben tenendo conto anche del fatto che oggi popoli e paesi come l’Italia, Slovenia e Croazia vivono in amicizia, e che Ronchi è un territorio multietnico, multiculturale e vista anche la presenza dell’aeroporto, sarebbe il caso di accogliere, chi giunge in questi luoghi, in modo diverso e non con la denominazione dei Legionari.
 
Wu Ming 1 ha relazionato sull’atrocità della guerra mondiale, sul carattere disumano e sul ruolo che ha avuto il linguaggio del sistema santificando l’eroismo e la patria, quando in realtà sono stati mandati al macello milioni di persone. D’altronde basta osservare il Sacrario di Redipuglia, il Sacrario della Morte per notare come la retorica nazionalistica ha trasformato cento mila persone in numeri, senza data di nascita e morte, spersonificando l’esistenza e plasmando la servitù al regime. Retorica, eroismo, patriottismo, non concilianti con la vera essenza della guerra, la morte. Sul caso Ronchi dei Partigiani, era già intervenuto più volte, ricordando che “ Il problema di tutte le rivisitazioni / rivalutazioni “da sinistra” degli ultimi anni è che, pur interessanti, si basano su una grandissima RIMOZIONE. In queste ricostruzioni è come se non esistessero – o sono pochissimo importanti – le popolazioni di lingua slava del Quarnero, dell’Istria e della Dalmazia. Popolazioni che pure erano la maggioranza in quelle zone. E che dalla fine della Grande guerra in avanti subirono la violenza dello spostamento a est del confine italiano, della dittatura fascista e dell’occupazione nazifascista. Di Fiume si capisce il senso solo se si “rovescia lo sguardo”, re-introducendo nel quadro gli slavi che l’italocentrismo (e/o la coda di paglia) costantemente rimuovono. Grande merito dell’intervento pubblicato suGIAP è di sottolineare, a colpi di citazioni e dati di fatto innegabili, lo schifoso razzismo di D’Annunzio e di tutta la retorica su cui si basava l’impresa. Razzismo antislavo che, come giustamente dice Tuco, è il principale anello di congiunzione col fascismo e – come dice Barone – con la seconda guerra mondiale, cioè con l’occupazione dei Balcani”. 
 
 
Poi dopo alcuni canti sulla resistenza, apprezzatissimi, del nascente nuovo coro triestino, si arriverà alla presentazione dell’Armata dei Sonnambuli. Un libro che ha avuto un successo, credibile, visto che è accaduto. 
 
Un libro dove libertà, uguaglianza e fratellanza, ben potrebbero essere rappresentante, pur nella loro connessa complessità, da Scaramouche, Marie e D’Amblanc, tre personaggi chiave nel e del libro. Impressionerà, molto, la figura di Marie, una donna che nel corso della vita, la sua vita, ha scoperto e compreso la necessità della rivoluzione, l’ha conosciuta, l’ha amata e non evitata, una donna che ha sciolto, con tutte le sofferenze del caso ma con elevata ed oggi quasi sconosciuta dignità, la sua individualità nella collettività, per una causa comune che era la causa del popolo, farina,pane e diritti. Donne rivoluzionarie e donne controrivoluzionarie, la solitudine della libertà in quel piccolo e grande umile uomo che sarà Scaramouche il quale combatterà l’inconsapevolezza di essere un manipolo di burattini per colpire il burattinaio che vuole la reazione alla rivoluzione. Magnetizzazione dello stato di consapevolezza, trance e luoghi e misteri duri e crudi come quella ghigliottina che ha mozzato teste borghesi e rivoluzionarie di cui oggi a Parigi non vi è traccia alcuna.  Insomma una giornata per la cultura resistente vincente, seguiranno nel tempo altre iniziative, senza dimenticare lo scopo primario del progetto, eliminare la denominazione dei Legionari di Ronchi perché Ronchi non è dei Legionari, non appartiene ai Legionari e se proprio si deve identificare con qualcuno questo qualcuno sono certamente i Partigiani, visto anche il prezzo altissimo conferito per la resistenza e la nostra libertà. Prossimamente verranno pubblicate sulla pagina di Ronchi dei Partigiani le foto dell’evento, i file audio delle relazioni nonché la video intervista a Boris Pahor ed altro ancora.
 

nota: si ringrazia Bruno Carini per alcune foto

Meeting partigiano di Selz: Canti anarchici con Alessio Lega

da Il Piccolo del 4 settembre 2014

 

‘O Gorizia’ interpretata da Alessio Lega e Guido Baldoni al Meeting partigiano di Selz il 5 settembre 2014

Altri particolari sul blog del Coordinamento libertario isontino

 

RONCHI DEI PARTIGIANI/ 12 settembre Presidio Antifascista

 

Circa 40 persone hanno partecipato all’iniziativa

 

https://www.facebook.com/RonchiDeiPartigiani

comunicato stampa per il 12

 

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Ronchi dei Partigiani scende in piazza

venerdì 12 settembre 2014

dalle ore 17.00 alle ore 19.00

Presidio Antifascista

NEWS La Questura di Gorizia ha vietato il presidio in contrapposizione a quello della Lega Nazionale di fronte al Monumento a D’Annunzio.

Il luogo del Presidio Antifascista è in Piazza Unità, in centro a  Ronchi 

(vedi piantine)

  

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San Giorgio di Nogaro/ Resistenze di ieri ed oggi

San Giorgio di Nogaro venerdì 26 settembre ore 21.00

26 settembre

 

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