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GRANDI OPERE/ Solidarietà a Trieste contro l’aereoporto a NotreDam des Landes

Piccolo presidio a Trieste sotto il Consolato Francese sabato 27 febbraio

presidio 

 

bandiera

 

 

 volantino nddl

 

60 mila persone a  Notre-Dame-des-Landes

Succès incontestable de la mobilisation pour l’abandon du projet d’aéroport

Communiqué de presse – Notre-Dame-des-Landes, le 27 février 2016
Les diverses composantes de la lutte de Notre-Dame-des-Landes (Coordination des opposants, COPAIn, ZAD …) organisatrices de la mobilisation du samedi 27 février 2016 “pour l’abandon du projet d’aéroport et pour l’avenir de la ZAD“, se réjouissent de l’énorme réussite de cette journée, pourtant organisée une nouvelle fois dans un délai très court.
Nous avons vécu ce jour certainement la plus grosse manifestation pour la sauvegarde du bocage de Notre-Dame-des-Landes et pour le soutien à celles et ceux qui font vivre cette ZAD.

Les organisateurs saluent les plus de 60 000 personnes qui se sont déplacées, parfois de très loin (68 cars venus de toute la France), pour apporter leur soutien infaillible à cette lutte emblématique contre un projet inutile – basé sur des mensonges, des secrets et des manipulations – écologiquement et économiquement intenable.
Le convoi venu de l’est était composé d’une cinquantaine de tracteurs – présence voulue symbolique pour rappeler l’enjeu de préservation de la terre agricole – et d’un millier de personnes à vélo dès le point de départ de l’Erette.
Il a rejoint, sous les acclamations, l’impressionnante marche venue de l’ouest, festive, musicale et colorée.

Les nombreux messages de soutien venant de partout (Allemagne, Italie, Turquie, Belgique, Grande-Bretagne, Québec…) prouvent, s’il en était encore besoin, que la lutte au départ locale de Notre-Dame-des-Landes rejoint désormais des préoccupations globales de choix de société. Le constat de l’incohérence entre, organiser la COP21 et, quelques mois après, vouloir construire un aéroport près d’une ville qui en possède déjà un, a été lui aussi renouvelé.

L’ambiance festive qui a régné toute la journée ne doit pas faire oublier la détermination farouche des opposant-e-s pour obtenir rapidement l’arrêt des procédures d’expulsion et l’abandon du projet. Les prochaines semaines seront déterminantes.

L’annonce d’un référendum sur le projet d’aéroport – dont l’organisation reste pour le moins floue et sujette à caution – n’a pas affaibli le mouvement d’opposition, bien au contraire.

On ne lâchera rien ! L’aéroport de Notre-Dame-des-Landes ne se fera jamais !

 

VENEZIA: manifestazione contro le grandi opere

Domani 8 marzo a Venezia in occasione del vertice Renzi Hollande a Palazzo Ducale appuntamento alle 10 alla stazione Santa Lucia per una giornata di lotta contro il TAV, le grandi opere, la guerra e per l’apertura delle frontiere. I manifestanti provenienti da tutta Italia cercheranno di violare la zona rossa sia via terra che via mare.

http://radioblackout.org/2016/03/domani-a-venezia-contro-tav-grandi-opere-guerra-e-frontiere/

GRANDI OPERE/ Il ritorno di Sonego

Succede a Trieste lunedì 9 novembre

 

E’ TORNATO NERONE !

Annunciato con il clamore delle grandi occasioni, è tornato alla ribalta e senza il minimo pudore ha usato il palazzo della Regione per rilanciare la TAV e per rifarsi una verginità.                   

Lo avevamo lasciato al disonore della cronaca il giorno in cui Illy e il suo centro sinistra si erano dissolti come neve al sole, o per meglio dire per colpa della spocchia del capo, ma anche per l’insopportabile arroganza e presunzione del suo assessore alle infrastrutture. Noi non gli abbiamo dato tregua e ovunque andasse eravamo lì, pronti a contraddire le sue fanfaronate: sicché per non perdere la faccia aveva preso l’abitudine di evitare il confronto e si era fatto anguilla, pronto a tagliare la corda con la solita scusa dell’impegno istituzionale.  In verità, l’uscita di scena di Lodovico Sonego non era stata indolore, né di poco peso; tant’è che a distanza di un decennio ne paghiamo ancora le conseguenze: fiumi di denaro spesi per lanciare una TAV mai decollata, un elettrodotto inutile che si è fatto strada fra spintoni e falsi clamorosi, un cementificio mai nato…

Uscito di scena, ne avevamo perso le tracce: non senza un sospiro di sollievo.  Poi, improvvisamente eccolo riapparire nelle liste elettorali del PD e, a dimostrazione che per certi miracoli il Padre Eterno non c’entra affatto, eccolo   a pigiare bottoni nel Senato della Repubblica con il piglio di chi mette il cuore oltre l’ostacolo pur di non rinunciare ad un centesimo del suo vitalizio. Uomini di sinistra d’altri tempi, coerenti e tutti d’un pezzo come lui, non se ne vedono più! Rossi come i rapanelli, sebbene in superficie. Ma ecco arrivare la riforma del Senato, la disoccupazione e forse un futuro di stenti. Ma lui no si arrende

 

Dopo lungo dibattere, i suoi biografi oggi sono concordi nel dire che l’ispirazione gli sia piovuta addosso, non tanto dalla serie televisiva dei Puffi, quanto dall’indimenticato “Torna a casa Lassie”. In effetti, con l’esperienza accumulata  negli anni trascorsi all’assessorato regionale e i guai combinati in quella veste, egli si è convinto di organizzare il suo rilancio in quello stesso palazzo che lo aveva visto insalutato ospite. Altrove, non se lo sarebbe filato nessuno!

Infilata la casacca di capo della delegazione italiana al Central European Initiative (un carrozzone di nessuna importanza!)  ha quindi preso possesso del salone d’onore, incurante di mettere a dura prova quel povero Francesco Giuseppe che nel suo ritratto vi campeggia da duecento anni, costretto com’è a sorbirsi le malefatte dei padroni di turno. Le sede è prestigiosa, sufficiente a impressionare le delegazioni dei Balcani, affluite con i denari di Pantalone e costrette a meritarsi vitto e alloggio: senza scampo e alternative di sorta, dato che di lunedì i negozi triestini restano inesorabilmente chiusi.

La sceneggiata inizia davanti ai delegati stranieri e al solito gruppo di rappresentanti locali sempre pronti alla bisogna, come se vivessero riposti in uno degli armadi del palazzo. Sul tavolo della presidenza, il Pantheon di casa nostra, pronto a fare il discorsino di circostanza, che nemmeno c’entra con l’avvenimento. Non senza dare evidenti segni di impazienza la governante si lascia sfilare il discorso di benvenuto e di apertura della sessione. E’ Sonego a tenere banco e lo fa con la grazia e l’arguzia di un norcino inglese quando con energiche, sapienti mosse, si avvia a squartare la suina carcassa fumante.

E’ una farsa recitata in lingua inglese, ma nessuno sembra accorgersene, tanto meno il pacioso Iacop che mentre farfuglia cose senza un filo logico, ti aspetti sempre che dalla tasca gli esca una trottola, una biglia o una figurina dei Pokemon. L’unica ad aver capito il gioco è la governante e per questo non vede l’ora di andarsene. Il gioco è chiaro: tutto quell’ambaradan è stato messo in piedi per  impressionare i delegati stranieri e convincerli a conferire a Sonego la presidenza del CEI alla prossima seduta plenaria che si svolgerà a Skopje in dicembre. Insomma, il lupo si è fatto agnello e, per carpire lo scettro del gregge, è disposto a tutto, a perorare la causa dei Balcani, a farli entrare nella Nato… Per impressionarli li porta a mangiare al Savoia, li blandisce e per dimostrare le sue doti ha fatto accorrere ben due commissari europei.  

 

Nessuno gli deve toccare il giocattolo, sicché quando il buon commissario del porto di Trieste termina l’unica relazione in programma e, aperto il dibattito,   gli fai pacatamente ammettere che non esiste una politica regionale, né un coordinamento che metta in rete i tre porti della Regione, Sonego ti fa subito togliere la parola da una bionda paraninfa che, alloggiata al tavolo della presidenza, gli regge il gioco. Nel paese dove il presidente di RFI è stato appena arrestato per corruzione e la TAV costa quattro volte il costo europeo, nessuno può prendere la parola, ad eccezione dei delegati stranieri che non lo danno a sapere. Cosicché, quando dal pubblico si eleva una voce di dissenso nei confronti dell’alta velocità regionale, chiamano la Digos ed è un parapiglia.

Quando poi, con ben quattro ore di ritardo sta per arrivare l’unico Commissario Europeo di quelli previsti, il timore della contestazione -o per meglio dire la coda di paglia- comincia a trapanare il cervello di Sonego. Forte di una tradizionale attitudine alla intolleranza, ci ordina di abbandonare d’immediato la sala e, di fronte al nostro diniego, affida l’incombenza all’ispettore della Digos, il quale è troppo competente per dare corso alle brame di un senatore in crisi di astinenza di potere. Intanto, costretto ad assistere alla scena dall’alto della sua effige, il buon Cecco Beppe ha un moto di rabbia e, allora, ti rendi conto che tua nonna aveva ragione: l’Austria era davvero un paese ordinato.

Ma ecco Jan Brinkhorst, commissario del cosiddetto corridoio mediterraneo, prendere finalmente la parola: sette minuti di imperdonabili ovvietà, condite con il ricatto del finanziamento europeo che salta qualora non ci si mette d’accordo sulla tratta Trieste Divacia. Siamo alla frutta: giusto il tempo per la bionda paraninfa di raccomandare la designazione di Sonego a presidente dei Balcani nella sessione di Skopje. In quel mentre vedi l’ex senatore Rosseti bighellonare per le vie del centro, oppresso da una incipiente obesità e dalla responsabilità di aver retto per troppi anni il moccolo alla TAV con i soldini pubblici. La RAI e i giornalisti hanno visto e udito tutto: ma sempre inutilmente!                                                                       


Tibaldi Aldevis              Comitato per la Vita del Friuli Rurale  www.facebook.com/comitato.friulirurale


BAGNARIA ARSA/ Forum GOII

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UDINE/ Continua il presidio contro il Parcheggio interrato

Superate le 500 visite a questa pagina

Giovedì 15 dalle 19.00 alle 24.00 “Party NO Park”

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Un centinaio di persone al party

 

Domenica 18 agosto ore 20.30 ASSEMBLEA

 

 

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Un centinaio in assemblea

 

Lunedì 19 agosto ore 07.00 MANI-FEST/AZIONE

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Su facebook

19 agosto foto infoaction

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Importante: è stata posta la discriminante antifascista al Presidio No Park

Il parere dell’ARPA che il Comune ha ignorato!

parere ARPA

News

 

Manifestazione-Corteo

sabato 7 settembre

ore 10.30

con concentrazione

in

Piazza Primo Maggio

 

manifestazione no park

 

 

Sito del Comitato ZardinGrant

 

 

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UDINE NO PARK/ Rassegna stampa corteo

Udine sabato 7 settembre 2013: corteo contro il parcheggio

Video intervento Honsell | Sito del Comitato zardingrant

 ud-sabato 7 no park 

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CARNIA/ Da Amaro in Cadore: primo ok all’autostrada

da il Messagero Veneto del 28 febbraio 2012

 

Da Amaro in Cadore: primo ok all’autostrada

QUELLI DEL NO

«Una strada inutile e dai costi esorbitanti»

«Il progetto approvato prevede un nastro d’asfalto largo 25 metri da Pian di Vedoia, in comune di Ponte nelle Alpi, che prosegue lungo il corso del Piave fino a Longarone e poi sino a Macchietto, alle porte di Pieve di Cadore, una ventina di chilometri più a nord». Il comitato Per altre strade (Pas) di Cadore e Carnia critica l’opera aggiungendo che, con la scusa di bypassare Longarone, renderebbe a pagamento gli ultimi tre chilometri dell’attuale autostrada A27. Un’opera che diverrebbe soprattutto un testa di ponte verso l’Europa richiesto dall’imprenditoria della pianura veneta che però potrebbe trovare difficoltà a sfondare verso nord per la reticenza e l’opposizione all’opera che viene dal Trentino e da Dobbiaco. I lavori inoltre, considerata l’estensione ridotta della valle del Piave, renderebbero impercorribile la vallata per tutta la durata, diversi lustri, dei lavori. L’alternativa sarebbe quella già paventata di un tunnel sulla Mauria per raccordarsi con la A23 ad Amaro dopo aver percorso l’alta Valle del Tagliamento. Impresa improponibile, per Altre strade, sia per i costi esorbitanti dell’opera rispetto ai flussi di traffico previsti. In una nota emessa il comitato Pas puntualizza «l’atteggiamento sprezzante di queste decisioni che gli abitanti delle terre alte non dimenticheranno quando, archiviato il governo tecnico verranno chiamati ad esprimere nelle urne le loro scelte». «Non abbiamo notizie ufficiali – affermano gli industriali carnici con Federico Golino – se confermato il progetto, non diciamo “No” per preconcetto. In una situazione critica, di recessione italiana, questa potrebbe essere una grande opportunità da valutare con lungimiranza». (g.g.)

 

 

Il governo dà il via libera alla Valutazione d’Impatto ambientale per l’opera
Il Veneto ottiene da Monti il primo passo per collegare l’A23 con l’A27

TOLMEZZO Ok del governo al Via (Valutazione di impatto ambientale) per il prolungamento dell’autostrada A27 dell’Alemagna che si collegherà infine con la friulana A23 lungo la val Tagliamento, che da Tolmezzo porta al passo della Mauria. La notizia viene data da esponenti della Lega Nord della vicina regione Veneto che avevano sollecitato, nei giorni scorsi, il governo Monti con una interrogazione a risposta immediata per ottenere una celere approvazione del progetto preliminare del primo tronco del prolungamento della A27. La zona interessata in questa fase è quella che da Longarone collegherà la autostrada A27 con il Cadore. Si tratta di un’opera importantissima sollecitata da anni da politici ed industriali del Veneto e del Cadore con l’intento di trovare una via più spedita delle attuali arterie di comunicazione per raggiungere l’Europa e i Paesi dell’Est europeo in particolare. Gli esponenti leghisti – Gianpaolo Dozzo, Guido Dussin e Franco Gidoni – hanno rilasciato una dichiarazione nella quale considerano la realizzazione del prolungamento dell’autostrada sino al Cadore un fatto di grandissima rilevanza per tutto il Veneto e del bellunese in particolare, verso l’Europa. L’opera permetterà un collegamento diretto verso l’Austria attraverso le strade convenzionali e normali, già in essere, come pure un collegamento autostradale verso il Norico grazie a un collegamento con la A23 che da Udine collega con Tarvisio e l’Austria, transitando per Amaro dove le due infrastrutture dovrebbero collegarsi. Una bretella, questa, ancora da definire sul piano progettuale, non così su quello della possibilità e dell’opportunità, che diventa funzionale anche per le industrie del Cadore che assieme a quelle venete si sono dichiarate già da tempo interessate a intervenire anche direttamente con finanziamenti attraverso il cosiddetto project financing. Dopo l’approvazione data dalla commissione valutazione impatto ambientale del ministero dell’Ambiente che si è detta favorevole all’infrastruttura, i rappresentanti della Lega Nord veneta si augurano che il ministero delle infrastrutture proceda nel più breve tempo possibile alla conclusione dell’istruttoria in modo che il Cipe possa approvare il progetto, dando così la possibilità alla Regione Veneto di indire la gara europea per la concessione dell’infrastruttura, i cui oneri, grazie al project financing, saranno a totale carico dei privati e non dei cittadini. Il prolungamento dell’autostrada A27 viene visto come un supporto indispensabile per «l’industria bellunese e veneta; una soluzione improcrastinabile per porre fine alle lunghe code che si formano sulla strada statale 51 sita nel Veneto, in certi periodi dell’anno, a causa dell’attuale troncatura dell’autostrada».

Gino Grillo

GRANDI OPERE/ La mafia del Ponte

Repubblica/ Espresso 15 settembre 2011

Il ponte di carta: clientele e milioni
sullo Stretto un pozzo senza fondo

Video Messina, una macchina da soldi

Il ponte di carta: clientele e milioni  sullo Stretto un pozzo senza fondo

Della grande opera si parla dal 1969. Ma finora non è stata messa neanche una pietra. Secondo la Corte dei Conti tra il 1986 e il 2008 è costata poco più di 200 milioni di euro. E si continua a spendere senza risultati

 

Intervista

GRANDI OPERE/ La TAV Tratta Milano-Venezia-Trieste: non si fa?

Messaggero Veneto GIOVEDÌ, 23 GIUGNO 2011 Pagina 11 – Economia

Tav, il ministro frena «Costi troppo elevati»

mv-23-06-11

Matteoli sulla Milano-Venezia-Trieste: non c’è certezza economica per l’opera. Serracchiani: trattati come colonia. L’Ance Veneto: chiarisca una volta per tutte

ROMA «Il governo si è impegnato sulla realizzazione del Terzo Valico Milano-Genova e della Torino-Lione». È quanto ha ribadito il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli alla presentazione del piano d’impresa del gruppo Fs rilevando come per l’alta velocità Milano-Venezia-Trieste «i costi sono notevolissimi e non si può dire di avere la certezza economica che l’opera verrà realizzata». Un fulmine a ciel sereno che ha scatenato la protesta e le preoccupazioni dell’Ance Veneto e dell’Eurodeputata Debora Serracchiani. «Occorre chiarire una volta per tutte che ruolo ha la linea ad Alta Velocità Milano-Venezia-Trieste nel quadro delle priorità di sviluppo infrastrutturale di questo Paese», dice l’Ance del Veneto. «Giovedì scorso – spiega Luigi Schiavo, presidente dell’Ance – l’Alta capacità ferroviaria era stata inserita nell’accordo quadro Governo-Regione, sottoscritto dallo stesso ministro, come opera di preminente interesse nazionale. Lo stesso ministro, una settimana dopo, parla di difficile realizzazione dell’opera. Occorre chiarire una volta per tutte». «Una chiarezza doverosa – aggiunge – per l’impegno che le imprese del territorio intenderanno attuare in termini di programmazione e di investimento. Come costruttori non ci tiriamo indietro rispetto alla disponibilità data e andiamo avanti con il nostro progetto». «È intollerabile che il Nordest sia trattato da un ministro della Repubblica con la sufficienza che si riserva a una colonia», aggiunge l’europarlamentare del Partito democratico Debora Serracchiani, componente della commissione Trasporti. «Matteoli – prosegue – non soltanto ha avanzato dubbi pesantissimi sulla tratta Milano-Venezia ma ha taciuto del tutto sul ramo Venezia-Trieste, mettendo in dubbio nè più nè meno che la realizzazione di un progetto prioritario europeo, per il quale peraltro l’Italia ha già ricevuto e impegnato fondi comunitari». Secondo Debora Serracchiani «la superficialità con cui sono state fornite valutazioni di questo peso, le cui conseguenze sono state già denunciate dalle categorie produttive e che avrebbero conseguenze catastrofiche per la credibilità del nostro Paese, richiedono  un’immediata spiegazione e una formale smentita – conclude l’eurodeputato – dal Governo italiano». Nessun commento, per adesso, dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia.

 

GRANDI OPERE/ Il Ponte sullo stretto: non si fa?

Il ponte di Messina? 250 milioni (e non si farà)

Ponte di Messina?

Spesi 250 milioni (e non si farà)

08:21 CRONACHE Corriere della Sera 24 giugno 2011

Infrastrutture La società va avanti: via all’esame del progetto definitivo

Quei 250 milioni spesi per il ponte
di Messina (che non si farà più)

La crisi, il no della Lega. E l’opera non parte

ROMA – «Costruiremo il ponte di Messina, così se uno ha un grande amore dall’altra parte dello Stretto, potrà andarci anche alle quattro di notte, senza aspettare i traghetti…» Da quando Silvio Berlusconi ha pronunciato queste parole, era l’8 maggio 2005, sono trascorsi sei anni, e gli amanti siciliani e calabresi sono ancora costretti a fare la fila al traghetto fra Scilla e Cariddi. Sul ponte passeranno forse i loro pronipoti. Se saranno, o meno, fortunati (questo però dipende dai punti di vista).

La storia infinita di questa «meraviglia del mondo», meraviglia finora soltanto a parole, è nota, ma vale la pena di riassumerla. Del fantomatico ponte sullo Stretto di Messina si parla da secoli. Per limitarci al dopoguerra, la prima mossa concreta è un concorso per idee del 1969. Due anni dopo il parlamento approva una legge per l’attraversamento stabile dello Stretto. Quindi, dieci anni più tardi, viene costituita una società, la Stretto di Messina, controllata dall’Iri e affidata al visionario Gianfranco Gilardini. Che ce la mette tutta. Coinvolge i migliori progettisti, e per convincere gli oppositori arriva a far dimostrare che il ponte potrebbe resistere anche alla bomba atomica. Passerà a miglior vita senza veder nascere la sua creatura. La quale, nel frattempo, è diventata un formidabile strumento di propaganda. Ma anche un oggetto di scontro politico: mai un ponte, che per definizione dovrebbe unire, ha diviso così tanto. Da una parte chi sostiene che sarebbe un formidabile volano per la ripresa del Mezzogiorno, se non addirittura una sensazionale attrazione turistica, dall’altra chi lo giudica una nuova cattedrale nel deserto che deturperà irrimediabilmente uno dei luoghi più belli del pianeta. Fra gli strali degli ambientalisti, Bettino Craxi ci fa la campagna elettorale del 1992. E i figli del leader socialista, Bobo e Stefania, proporranno in seguito di intestarlo a lui. Mentre l’ex presidente della Regione Calabria Giuseppe Nisticò avrebbe voluto chiamarlo Ponte «Carlo Magno» attribuendo il progetto di unire Scilla e Cariddi al fondatore del Sacro Romano Impero. Nientemeno.

Finché, per farla breve, arriva nel 2001 il governo Berlusconi con la sua legge obiettivo. Ma nemmeno quella serve a far decollare il ponte. Dopo cinque anni si arriva faticosamente a un passo dall’apertura dei cantieri, con l’affidamento dell’opera (fra polemiche e ricorsi) a un general contractor, l’Eurolink, di cui è azionista di riferimento Impregilo. Quando però cambia la maggioranza. Siamo nell’estate del 2006 e il ponte finisce su un binario morto. Il governo di centrosinistra vorrebbe addirittura liquidare la società Stretto di Messina, concessionaria dell’opera, ma il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, sventa la mossa in extremis. Nessuno lo ringrazierà: ma se l’operazione non si blocca il «merito» è suo. Nel 2008 torna dunque Berlusconi e il progetto, a quarant’anni dal suo debutto, riprende vita.

Certo, nella maggioranza c’è qualcuno che continua a storcere il naso. Il ponte sullo Stretto di Messina, la Lega Nord di Umberto Bossi proprio non riesce a digerirlo. Ma tant’è. Nonostante le opposizioni interne ed esterne, la cosa va avanti sia pure lentamente. E si arriva finalmente, qualche mese fa, al progetto definitivo. Nel frattempo, sono stati già spesi almeno 250 milioni di euro.

Sarebbe niente, per un’opera tanto colossale, se però gli intoppi fossero finiti. Sulla carta, per aprire i cantieri, ora non mancherebbero che poche formalità, come la Conferenza dei servizi con gli enti locali e il bollino del Cipe, il Comitato interministeriale che deve sbloccare tutti i grandi investimenti pubblici. Sempre sulla carta, non sarebbe nemmeno più possibile tornare indietro e dire a Eurolink, come avrebbero voluto fare gli ambientalisti al tempo del precedente governo: «Scusate, abbiamo scherzato». Il contratto infatti è blindato. Revocarlo significherebbe essere costretti a pagare penali stratosferiche. Parliamo di svariate centinaia di milioni. Ma nonostante questo il percorso si è fatto ancora una volta più che mai impervio. Non per colpa dei soliti ambientalisti. Nemmeno a causa della crisi economica, il che potrebbe essere perfino comprensibile. Piuttosto, per questioni politiche. Sia pure mascherate da difficoltà finanziarie.

Per dirne una, il «decreto sviluppo» ha materializzato un ostacolo imprevisto e insormontabile. Si è stabilito infatti che le cosiddette «opere compensative», quelle che i Comuni e gli enti locali pretendono per non mettere i bastoni fra le ruote al ponte, non potranno superare il 2% del costo complessivo dell’opera. E considerando che parliamo di 6 e mezzo, forse 7 miliardi di euro, non si potrebbe andare oltre i 130-140 milioni. Una cifra che, rispetto agli 800-900 milioni necessari per le opere già concordate con le amministrazioni locali, fa semplicemente ridere. Bretelle, stazioni ferroviarie, sistemazioni viarie…. Dovranno aspettare: non c’è trippa per gatti. Basta dire che il solo Comune di Messina aveva concordato con la società Stretto lavori per 231 milioni. Fra questi, una strada (la via del Mare) del costo di 65 milioni. Ma soprattutto il depuratore e la rete fognaria a servizio della parte nord della città, che ne è completamente priva: 80,7 milioni di investimento. Adesso, naturalmente, a rischio. Insieme a tutto il resto. Anche perché le opere compensative sono l’unica arma che resta in mano agli enti locali. Portarle a casa, per loro, è questione di vita o di morte.

A remare contro c’è poi il clima politico. Dopo la batosta elettorale alle amministrative la Lega Nord, che già di quest’opera faraonica non ne voleva sentire parlare, ha alzato la posta e questa è una difficoltà in più. Fa fede l’avvertimento lanciato dal leghista Giancarlo Gentilini, vicesindaco di Treviso: «La gente non vuole voli pindarici, non è interessata a opere come il ponte sullo Stretto di Messina perché è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Quindi anche tu, Bossi, quando appoggi questi programmi da fantascienza, ricordati piuttosto di restare con i piedi per terra, perché gli alpini mettono un piede dopo l’altro».

Con l’aria che tira nella maggioranza basterebbe forse questa specie di «de profundis» che viene dalla pancia del Carroccio per far finire nuovamente il ponte su un binario morto. Senza poi contare quello che è successo in Sicilia. Dove ora c’è un governo regionale aperto al centrosinistra, schieramento politico che al ponte fra Scilla e Cariddi è sempre stato fermamente contrario. Una circostanza che rende estremamente complicato al governatore Raffaele Lombardo spingere sull’acceleratore. E questo nonostante i posti di lavoro che, secondo gli esperti, quell’opera potrebbe garantire. Sono in tutto 4.457: un numero enorme, per un’area nella quale la disoccupazione raggiunge livelli record.

 

Ma il fatto ancora più preoccupante, per i sostenitori dell’infrastruttura, è il disinteresse che sembra ormai circondarlo anche negli ambienti governativi. Evidentemente concentrati su ben altre faccende. La società Stretto di Messina ha diramato ieri un comunicato ufficiale per dare notizia che «il consiglio di amministrazione ha avviato l’esame del progetto definitivo del ponte». Un segnale che la cosa è ancora viva, magari nella speranza che Berlusconi si decida a rilanciare il ponte, annunciando l’ennesimo piano per il Sud? Forse. Vedremo quando e come l’esame si concluderà, e che cosa accadrà in seguito. Sempre che il governo vada avanti, sempre che si trovino i soldi per accontentare gli enti locali… Intanto nella sede messinese di Eurolink, dove lavoravano decine di persone, sembrano già cominciate le vacanze. Come avessero fiutato l’aria.

Sergio Rizzo
24 giugno 2011