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Marzo 17th, 2017 — Mare

Ieri a Trieste si sarebbe dovuta tenere una conferenza, organizzata dalla Diocesi di Trieste, da titolo “Sviluppo e Ambiente: disinquinare Trieste”. Invitati di lusso il ministro dell’ambiente Clini e il presidente della Regione Tondo. Cioè due fra i maggiori responsabili e promotori del progetto di costruzione di un rigassificatore (o anche due… non dimentichiamolo!) nel golfo di Trieste. Altro che disinquinare…
Due cortei contro il rigassificatore – e contro la devastazione ambientale – sono partiti da Piazza Unità e da Barcola per ricongiungersi in Porto vecchio. Lì circa 1000 persone si sono ritrovate davanti al Magazzino 26, sede della conferenza (il luogo era indicativo di per sè: fuori dal centro e nascosto fra la stazione ferroviaria e Barcola… dove la maggior parte dei magazzini sono abbandonati e quei pochi che sono stati ristrutturati vengono lasciati vuoti…) per far sapere al ministro e al presidente che prima di costruire un rigassificatore a Trieste devono pensarci due volte!
VIDEO
COMUNICATO DEL GERMINAL
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Marzo 17th, 2017 — Ultime
FOTO ZAKUNIN




LINK A FOTO:
http://ilpiccolo.gelocal.it/foto-e-video/2012/12/10/fotogalleria/tafferugli-spintoni-e-insulti-nella-centrale-idrodinamica-1.6175766
http://bora.la/2012/12/11/no-al-rigassificatore-la-protesta-continua/
http://bora.la/2012/12/11/corteo-e-protesta-contro-il-rigassificatore-le-foto-di-bruno-carini/
Dal Piccolo
MARTEDÌ, 11 DICEMBRE 2012
No al rigassificatore, protesta e tensioni
I circa 600 manifestanti hanno fatto saltare l’incontro previsto dalla Diocesi in Porto Vecchio. Clini: possibile riaprire la Via
di Fabio Dorigo L’assalto alla Cattedra di San Giusto è partito dall’albero di Natale di piazza Unità alle 18. Ed è finito tre ore dopo in Porto Vecchio con il vescovo Giampaolo Crepadi in fuga – dopo aver tentato invano di placare gli animi – assieme al governatore Renzo Tondo. Venti persone, non una di più, hanno risposto al primo raduno del coordinamento contro il rigassificatore di Zaule. In attesa della partenza del corteo (avvenuta alle 19) hanno raccolto un po’ di firme. In marcia verso Porto Vecchio circa 150 persone a cui, strada facendo, se ne sono aggiunte altre cento, tra cui le 50 che attendevano davanti alla Sala Tripcovich. Non una marea. Tanto da far dire a una partecipante: «Hanno ragione a farcelo in testa il rigassificatore. Siamo quattro gatti». Invece è finita con la cattedra ribaltata. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, annunciato come relatore con Tondo, avvertito di quanto accadeva non si è fatto vedere alla centrale idrodinamica, sede dell’incontro pubblico. Arrivato nei pressi ha deciso con la sua scorta di fare retromarcia. Ma ha aperto a sorpresa un’altra “via” per il rigassificatore. Una «nuova valutazione di impatto ambientale». Tema di cui avrebbe voluto parlare ieri sera, ha detto. «Il tema vero – ha spiegato Clini – è quello del ruolo di questo impianto nelle attività portuali. Non ho trovato queste considerazioni nella Via rilasciata nel 2009 dal precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Non solo: un anno fa abbiamo avviato con il Porto la Valutazione ambientale strategica (Vas)». Una buona notizia, che però i manifestanti non hanno potuto sentire dalla viva voce del ministro. «Poiché la Vas non è conclusa – così Clini – potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base dell’autorizzazione rilasciata». Il terzo appuntamento su “Sviluppo e ambiente: disinquinare Trieste” è così saltato. Cancellato. «Non c’è nessun dibattito da fare sul rigassificatore», urlavano i manifestanti al vescovo che tentava di calmare gli animi. Eppure fino a 15 minuti prima dell’inizio sembrava tutto sotto controllo. Nel piazzale davanti alla centrale erano radunate alla fine 600 persone (300 per la Questura) e davanti all’ingresso uno schieramento di forze di polizia, in tenuta antisommossa, appariva invalicabile. «Non potete bloccare l’accesso a un incontro pubblico. Siamo in democrazia». «Caro vescovo nel Vangelo sta scritto bussa e ti sarà aperto» gridavano i no global. Ma, a parte qualche altro slogan e due tre fumogeni da stadio, sembrava un dissenso gestibile. Alle 20.25 il vescovo ha preso posto alla cattedra con il moderatore, il giornalista Luigi Bacialli. È arrivato Tondo. La sala da 250 posti era praticamente esaurita. Mancava solo il ministro quando una fiumana di gente è entrata da tutte le porte saturando in un attimo la sala e mandando in tilt il labile servizio d’ordine. Un’invasione in piena regola. I manifestanti (No Tav, Trieste libera, associazioni ambientaliste, Trieste Gasata) hanno srotolato striscioni e urlato slogan per tutte le stagioni: “A casa”, “Vergogna” “Venduti”. E il classico “Vaffa”. «Credo che qualcuno dovrebbe dare le dimissioni per quanto è successo», ha commentato in diretta il consigliere regionale Pdl Bruno Marini: «Dentro la sala c’erano solo due poveri poliziotti, è stata messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore». Eppure tutto era iniziato con una marcia tranquilla in Porto Vecchio. Quella che non era riuscita neppure al sindaco Roberto Cosolini a settembre. «Un fatto storico» ha gridato uno degli organizzatori ringraziando persino la “signora Monassi” (presidente dell’Authority) che stavolta non ha fatto trovare i lucchetti.
MARTEDÌ, 11 DICEMBRE 2012
CREPALDI: «PROFONDAMENTE ADDOLORATO PER L’ACCADUTO»
Tondo: nessuna decisione presa Pronto anche a un passo indietro
«Se queste persone pensano che suonando un paio di trombette io possa cambiare opinione sono fuori strada. Sono pronto a discutere e a confrontarmi con tutti, ma questo è il modo peggiore per farlo. Stasera non ho potuto parlare e ritengo di avere subito una violenza». Così il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha commentato quanto accaduto, poco prima di lasciare il Porto Vecchio. A caldo, prima di precisare la possibilità di una riapertura della Via sul rigassificatore, Clini ha detto che l’impianto «non deve diventare un simbolo: con i simboli non si lavora. Conta solo il rispetto delle leggi e in particolare la valutazione della compatibilità sulla gestione del Porto e dei movimenti delle sue navi. Il rigassificatore è un’opportunità per Trieste ma anche un vincolo: bisogna capire cosa si vuole scegliere». A lasciare Porto Vecchio amareggiato e attonito anche il governatore Renzo Tondo, che doveva intervenire al convegno. «La protesta è legittima fino a che rimane verbale ma non quando sorpassa i limiti – ha chiosato -. La Regione non ha alcuna intenzione di andare per la propria strada né intende prendere decisioni non volute dalla comunità. Prendo atto dell’atteggiamento delle autorità locali e sono pronto a confrontarmi con categorie economiche e cittadinanza. Non è troppo tardi per cambiare idea, sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un passo indietro. C’è tutto il tempo per un percorso di condivisione. La Giunta non ha mai deliberato a favore del rigassificatore: a farlo era stata semmai la precedente amministrazione regionale guidata da Riccardo Illy e in cui c’era anche l’attuale sindaco Cosolini». Chi ha provato in tutti i modi, invano, di riportare la calma nella sala conferenze è stato il vescovo Giampaolo Crepaldi, che poi ha dovuto arrendersi, con parole pregne di profonda amarezza. «Sono profondamente addolorato perché oggi è stato sfigurato il profilo di laicità di questa città ed è stato inferto un colpo pesante alla vita democratica di Trieste – ha dichiarato Crepaldi -. Questa è stata una giornata nera per una città civile e i responsabili dovrebbero interrogarsi su quanto hanno fatto. Ci sarebbe da capire chi c’è dietro a queste manifestazioni. E pensare – ha concluso il vescovo – che siamo di fronte a un falso problema, in quanto tutti alla fine sono contrari al rigassificatore. Io sono pronto a dialogare con chiunque, ma non si può farlo con chi occupa una sala in maniera violenta e non permette un dialogo sereno e corretto». Pierpaolo Pitich
Da triesteallnews.it
Rigassificatore, in Porto vecchio contestati Tondo e Clini
CRONACA Il ministro, che non è riuscito ad accedere alla sala: «Possibile la riapertura della Valutazione di impatto ambientale». Tondo: «Pronto a fare eventualmente un passo indietro»
10.12.2012 | 23.59 – Almeno un migliaio di persone questa sera ha protestato contro il progetto di realizzazione del rigassificatore a Trieste in Porto vecchio dove era stato organizzato dalla diocesi un incontro con il ministro Clini e il presidente della Regione Renzo Tondo. Centinaia di persone sono entrate nella sala contestando in particolare Tondo, mentre Clini è rimasto bloccato all’esterno dell’edificio “assediato” da migliaia di manifestanti.
Secondo la Rai il ministro voleva portare al dibattito una notizia: «Sul progetto del rigassificatore a Trieste è possibile la riapertura della Valutazione di impatto ambientale (Via), legata alle variazioni del traffico portuale che l’Authority giuliana potrebbe fornire al Ministero dell’Ambiente». Questa la dichiarazione rilasciata da Clini ai giornalisti.
Il tema vero sarebbe quindi quello dell’impatto che questo impianto finirebbe per avere sulle attività portuali e sulle eventuali limitazioni al traffico delle navi a Trieste. «Non ho trovato queste considerazioni all’interno della Via rilasciata nel 2009 dal precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Un anno fa abbiamo inoltre avviato con il Porto la Valutazione ambientale strategica (Vas), procedura che consente di inquadrare gli effetti ambientali delle strategie di sviluppo del porto. Poiché la Vas non è conclusa – aggiunge – potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base dell’autorizzazione rilasciata».
Anche Tondo, dopo aver lasciato la sala, ha detto che «è pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un passo indietro».
MERCOLEDÌ, 12 DICEMBRE 2012
Il questore Giuseppe Padulano replica alle critiche del consigliere regionale Pdl Bruno Marini. L’altra sera, subito dopo la manifestazione che ha fatto saltare l’incontro pubblico della Cattedra di S. Giusto promossa dalla Diocesi alla Centrale idrodinamica, Marini è stato netto: «Qualcuno dovrebbe dare le dimissioni, si è messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore», ha aggiunto riferendosi ai tanti entrati in sala per esprimere dissenso sul rigassificatore al governatore Tondo e al ministro dell’Ambiente Clini, attesi come relatori. Marini ha sottolineato come in sala vi fossero solo «due poveri poliziotti». «In ordine pubblico – ribatte Padulano – ci vuole molto, molto equilibrio specie quando c’è un movimento di persone che protestano in modo trasversale. L’altra sera c’era di tutto: associazioni, gruppi, mamme con carrozzina. Qualsiasi azione basata sulla forza sarebbe stata totalmente fuori luogo. C’erano persone andate lì per evitare che gli oratori potessero parlare. E come sempre in queste situazioni la polizia si trova nel mezzo e non può lasciarsi andare ad atteggiamenti basati sull’emotività. Dobbiamo dimostrare calma, saggezza ed equilibrio». Secondo Padulano «non è vero che nella sala c’erano solo due poliziotti. Erano presenti 10 agenti della Digos in borghese. Non si può militarizzare la sede di un convegno pubblico, dove è impossibile fare controlli e distinguo. Se fosse stato a invito la polizia avrebbe potuto verificare gli ingressi. Tutti potenzialmente avevano il diritto di entrare. E fuori c’erano 800 persone che tentavano di entrare». Ma intanto Sandra Savino e Pietro Tononi, rispettivamente coordinatore e vice del Pdl incalzano: «Non è tollerabile che un gruppo di contestatori abbia avuto la meglio. Chi non permette all’altro di esprimersi è sempre nel torto, così come chi doveva tutelare questo diritto e non l’ha fatto. Ci chiediamo perché non sono state prese misure di prevenzione». Roberto Sasco segretario dell’Udc chiosa: «Purtroppo ciò che temevo si è verificato. Un manipolo di facinorosi ha impedito che l’incontro avesse luogo contro ogni regola della democrazia». (c.b.)
MERCOLEDÌ, 12 DICEMBRE 2012
Ma spunta l’ipotesi di un sito alternativo
Il ministro: la proposta spetta a Gas Natural. L’Authority: è l’Ue a dover dare un’indicazione
Se sul rigassificatore on shore di Zaule potrebbe presto essere posta una pietra tombale, non altrettanto si può dire per un rigassificatore a Trieste. Ad aprire inaspettatamente è addirittura il sindaco Roberto Cosolini: «Non abbiamo mai detto di essere contrari a una struttura di rigassificazione, abbiamo sempre detto di essere contrari al tipo di impianto proposto da Gas Natural e soprattutto alla localizzazione proposta.» E il discorso di un possibile sito alternativo sta in effetti emergendo, anche se nessuno ha voglia di parlarne chiaramente. «Certo che si può valutare – afferma il ministro Clini – ma non spetta sicuramente a noi proporlo, logicamente spetta a Gas Natural.» «Potrebbe in effetti essere proposta un’ubicazione diversa – sostiene ancora più enigmaticamente la presidente dell’Authority Marina Monassi – ma in base alle più recenti normative spetta all’Unione europea indicare la nuova collocazione.» Una normativa di cui l’assessore regionale all’Ambiente Sandra Savino sostiene di non essere a conoscenza. Nella lettera indirizzata al Governo, Monassi rileva che nell’ultimo anno nel porto industriale si è registrato un aumento del 76,72% dei traffici, che stanno aumentando le navi da crociera e i traghetti e che già nel 2013 si prevede che alla Siot arriveranno ben 500 peroliere per scaricare quaranta milioni di greggio, il che farà del porto di Trieste il primo scalo italiano per quantità di merci. «In questa fase di sviluppo – si sottolinea – da parte degli operatori viene lanciato un grido d’allarme che potrebbe portare seri problemi economici, occupazionali e di sicurezza.» E intanto il Tavolo tecnico rigassificatori della Uil Vigili del fuoco, attraverso il coordinatore regionale Adriano Bevilacqua, rileva come per il rigassificatore di Porto Viro in provincia di Rovigo (l’unico oggi in attività in Italia assieme a quello già vecchio di La Spezia) un’ordinanza della Capitaneria di porto preclude il traffico navale per un diametro di 4 km e proibisce l’ancoraggio di navi in un diametro di 5,5 km. «Ciò in base alla normativa Imo la cui applicazione è stata richiesta dallo stesso governo italiano. Risulta inequivocabilmente – sostiene Bevilacqua – che se il rigassificatore dovesse essere costruito a Zaule, causa il transito delle metaniere, il traffico portuale verrebbe interdetto e le normative costringerebbero al collasso le strutture portuali.» (s.m.)
«Rigassificatore in contrasto con lo sviluppo del Porto»
Pronta la lettera di Monassi per il governo. Tondo: dirigente rimosso, ha sbagliato a non tener conto degli enti locali. No del Consiglio comunale, voto all’unanimità
Per la prima volta il presidente della Regione Renzo Tondo lo dice chiaramente: «Sul rigassificatore di Trieste ha sbagliato il nostro dirigente Piero Giust. Per questo l’ho rimosso da quell’incarico: non si possono dichiarare inconferenti due pareri contrari, espressi dal Comune e dalla Provincia di Trieste e trasformarli in un parere complessivamente positivo. Giust doveva constatare che non c’era l’unanimità e passare la decisione alla giunta regionale.» Al rigassificatore di Zaule dunque dopo la clamorosa protesta di lunedì sera quando 600 manifestanti hanno impedito l’effettuazione del convegno in Porto Vecchio con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini viene posto un doppio freno. Da un lato lo stesso Tondo sostanzialmente “annulla” l’Autorizzazione integrata ambientale che i dirigenti avevano già dato, dall’altro il ministro Clini, all’uscita del vertice di ieri mattina in Prefettura su rigassificatore e Ferriera, ribadisce quanto già accennato l’altra sera, e cioè che molto probabilmente la Valutazione d’impatto ambientale dovrà essere rifatta o comunque integrata dal momento che risale al 2008-2009. E la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi esce dalla Prefettura mostrando la lettera che sta per inviare al Governo in cui mette in luce che l’impianto di Zaule contrasta con lo sviluppo delle infrastrutture portuali e con l’incremento del traffico di navi e soprattutto di petroliere che si sta registrando in questi ultimi mesi e che si prevede si protrarrà o crescerà ancora in futuro, come si evince anche da uno studio sull’argomento che è stato fatto dalla società Technital. «Saranno ora il mio ministero e quello dello Sviluppo economico – ha ribadito ieri Clini – a valutare se e come riaprire la Via». Secondo voci, Clini avrebbe parlato di questo già ieri pomeriggio a Roma, dove ha fatto ritorno all’ora di pranzo, con il ministro Corrado Passera. E una mozione per «ricondurre la procedura di Aia rilasciata dalla Regione nei dettami della vigente normativa nazionale ed europea, rianalizzando gli effetti e i rischi di varia natura derivanti dalla contemporanea realizzazione di impianti finora considerati disgiuntamente (rigassificatore, gasdotto, centrale termoelettrica) è stata approvata all’uanimità dal Consiglio comunale. A presentarla Roberto Decarli della lista civica Trieste cambia che replica a Tondo: «Può fare il colpo di scena e silurare il dirigente, ma non può smentire ciò che dichiarò in primavera a Udine nel corso dell’assemblea di Confindustria dove annunciò in tono perentorio di voler prendersi la responsabilità e di voler realizzare il rigassificatore a terra nella zona industriale di Trieste, ponendosi contro la reiterata volontà del Comune di Trieste e della Provincia. Silvio Maranzana
Marzo 17th, 2017 — Gruppo Anarchico Germinal
Comunicato stampa sulla manifestazione di lunedì in porto vecchio
La manifestazione di lunedì contro il rigassificatore e di contestazione al ministro Clini e al presidente della regione Tondo è stata bella, partecipata, determinata.
C’era tanta gente non abituata a scendere in piazza a pretendere di avere voce in capitolo sulle scelte che coinvolgono la propria vita. Gran parte dei partecipanti voleva far sentire forte la propria voce e questo obiettivo è stato raggiunto in modo collettivo: il convegno è saltato. Il segnale è arrivato: sul rigassificatore non ci sono mediazioni possibili, non si deve fare punto e basta. Se per fare ciò si è dovuto spingere tutti e tutte assieme sulle porte e perchè queste erano chiuse alla cttadinanza. Le disquisizioni su manifestazione violenta/nonviolenta/civile/incivile le lasciamo ad altri, sono discussioni che non ci appassionano. Vari di noi erano presenti all’interno dello spezzone NOTAV perché crediamo che l’unione delle lotte contro le grandi opere sia essenziale per fermare le devastazioni ambientali che i governi e il capitale vogliono imporre qui come in Valsusa come ovunque.
Crediamo sia necessario che la protesta contro questa singola opera si inserisca in una messa in discussione generale dell’assetto sociale ed economico dominante. Ci auguriamo che sempre più persone smettano di delegare alle istituzioni la gestione dei territori facendo propri i metodi dell’azione diretta, della partecipazione in prima persona, dell’autogestione delle lotte. In ogni caso vedere i potenti di turno zittiti e mandati via dall’indignazione popolare è stata una bella immagine. Speriamo di vederla sempre più spesso.
Gruppo Anarchico Germinal
gruppoanarchicogerminal@hotmail.com
Germinalts.noblogs.org
Marzo 17th, 2017 — Internazionale
La Slovenia è scossa dalla prima rivolta di massa in due decenni e la prima che è orientata prevalentemente contro la classe politica, le misure di austerità e in alcune città sta guadagnando un carattere anticapitalista.
REPORT AL 10 GENNAIO
REPORT AL 22 DICEMBRE
CORTEO 21 DICEMBRE LUBIANA
REPORT AL 15 DICEMBRE
REPORT AL 5 DICEMBRE
A questo link foto e la traduzione di un lungo documento dall’ inglese dei compagni anarchici sloveni:
(grazie ai compagn* di Affinità Libertarie):
https://affinitalibertarie.noblogs.org/2012/12/13/rivolte-in-slovenia-dicembre-2012-comunicato-fao/#more-2307
Originale in inglese:
http://www.a-federacija.org/2012/12/11/mass-revolts-in-slovenia-december-2012/
Ascolta l’intervista a Matej e Thomas due compagni di Maribor
Marzo 17th, 2017 — Studenti Trieste
Dal Piccolo del 13/12/12
Studenti “ingabbiati” in piazza Oberdan Solo in 300 a protestare
Transennato e ben presidiato dalle forze dell’ordine il Palazzo della Regione. Cori e striscioni, niente scontri
IL MALCONTENTO
«Ma noi continuiamo a manifestare»
La protesta non si arresta. Dopo il sit-in di ieri, oggi alle 16 il popolo degli studenti tornerà a presidiare l’ingresso della Regione in piazza Oberdan. L’annuncio è stato dato ieri dall’Unione degli Studenti del Friuli Venezia Giulia. «L’assessore regionale al bilancio ha comunicato di essere aperto al dialogo: per noi essere aperti al dialogo vuol dire partecipare alla discussione della finanziaria, e per questo motivo la prendiamo in parola e ci ritroveremo nuovamente davanti all’ingresso della Regione in Piazza Oberdan».
Tante forze dell’ordine, tante transenne, ma pochi, pochi studenti. La prevista e da alcuni temuta “invasione” dei manifestanti in piazza Oberdan non c’è dunque stata. In circa 300 hanno aderito ieri mattina a “Circondiamo la Regione”, la manifestazione promossa dall’Autogestito Scoordinamento Studentesco e dall’Unione degli Studenti Fvg, per protestare con un sit-in durante la discussione della Finanziaria regionale contro i tagli al mondo scolastico. La vigilia della manifestazione, evidentemente temuta da parte delle forze dell’ordine, era stata caratterizzata dalla posa di oltre 90 transenne ai bordi dell’edificio sede del Consiglio regionale. Transenne che puntualmente sono state installate, su disposizione della Questura, per tutelare i consiglieri regionali. Ma non solo. Rispetto all’ultima manifestazione degli studenti, questa volta lo spiegamento di poliziotti, carabinieri, vigili urbani e mezzi blindati è stato davvero imponente. A Trieste sono giunti rinforzi anche dalla vicina Gorizia e addirittura da Padova. Per loro poco lavoro e soltanto tanto freddo. E molto probabilmente il clima invernale e anche l’impossibilità per motivi di studio a perdere un giorno di scuola, ha indotto molti studenti a non presentarsi in piazza Oberdan. I presenti comunque si sono fatti sentire. Una decina di studenti universitari hanno esibito alcuni cartelli sottolineando i problemi legati ai tagli dei finanziamenti dell’Ateneo triestino. Tre gli striscioni esposti: “Basta tagli alla cultura”, “Non ci avrete mai come volete voi” e l’ironico “La scuola funziona, noi non siamo arrabbiati… e questo non è uno striscione”. Dotati di megafono alcuni degli studenti hanno denunciato a gran voce la decurtazione dei finanziamenti al mondo scolastico pubblico a vantaggio delle scuole private. I motivi della protesta sono ben chiari da tempo: contrarietà ai tagli del 40% all’istruzione pubblica, “che confermano un processo mirato allo smantellamento della scuola pubblica a favore di quella privata”, no a una Regione “che non si preoccupa dello stato delle scuole, che ogni giorno rischiano di caderci addosso, e del diritto allo studio”, no a una Regione “che si è dimostrata dittatrice nei confronti dei suoi studenti che questo inverno sono scesi in piazza numerosi e con la volontà di far sentire la loro voce, e sono stati ignorati”. Presentando l’evento, l’Autogestito Scoordinamento Studentesco e l’Unione degli Studenti Fvg avevano evidenziato come “gli studenti, che ancora una volta si sono ritrovati rinchiusi in un sistema che li vuole ignoranti incapaci di reagire, scenderanno in piazza con la volontà di reclamare quello che ci spetta una scuola che prima di tutto regga il nostro peso e che sia partecipata e accessibile a tutti”. Il clou dell’iniziativa di protesta è durato un paio d’ore, con striscioni, slogan urlati e una simbolica marcia attorno al palazzo. Il traffico veicolare ha iniziato a subire delle ripercussioni attorno alle 9.30 quando è stato deciso di vietare il transito delle autovetture (bus compresi) verso la piazza da via Carducci, via Giustiniano e via Beccaria. Riccardo Tosques
Marzo 17th, 2017 — Mare
Dal Piccolo del 13/12/12
«Mettiamo una pietra sopra al rigassificatore»
Il governatore Tondo all’affollato convegno sul porto: «L’altro obiettivo è di spostare il punto franco dal vecchio scalo alla banchina di Servola»
di Silvio Maranzana «Una pietra sopra il rigassificatore». Non poteva non focalizzarsi su questo tema il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal Piccolo, moderato dal suo direttore Paolo Possamai e svoltosi dinanzi a una folla strabocchevole dato evidentemente anche l’argomento caldo del momento. E su questo tema il governatore Renzo Tondo, seppure in scadenza di mandato, è stato chiaro come non mai: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una situazione non gradita – le sue parole – mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo al futuro di questa città». Non solo, il presidente della Regione ha anche rimarcato il fatto che questa giunta non ha mai fatto un passo a favore dell’impianto di Zaule. «La sua strategicità – ha affermato – è stata dichiarata dalla giunta precedente. Il via libera all’Aia è stato un grossolano errore di un nostro dirigente che infatti è stato ora destinato ad altri incarichi. Io invece prendo atto di una forte contrarietà». Va ricordato che l’Autorizzazione unica a Gas Natural deve essere data dal governo, in accordo con la Regione. Ma in una serata evidentemente favorevole alle rivelazioni, Tondo è stato esplicito anche su Porto vecchio: «È indispensabile creare un’intersezione tra il Porto Vecchio e l’area della Ferriera di Servola. Chiaro che sono per la sdemanializzazione dello scalo antico e non mi interessa se i proventi vanno a Regione, Provincia o Comune, è importante invece che quesi proventi siano utilizzati per riconvertire a fini portuali l’attuale area della Ferriera dove dovrebbe essere spostato il Punto franco». Ma se su questi due snodi fondamentali s’intravede una via d’uscita, è nebbia fitta su alcune infrastrutture anch’esse vitali per il futuro dello scalo. «Che ne è del prospettato terminal ro-ro all’ex Aquila?», la domanda di Possamai. «È previsto da un accordo di programma nel 2005, poi nel maggio scorso è intervenuto un altro accordo di programma sulle bonifiche, ma quell’area ne è esclusa», la risposta di Paolo De Alti direttore dell’Ezit. «Ma a che punto siamo?» «L’accordo del 2005 è scaduto nel 2010. Bisogna riportare il soggetto privato agli obblighi che si era assunto» «Ma chi deve farlo?» «Non vorrei essere impertinente, ma la regia era in capo alla Regione». La domanda finisce a Tondo che risponde: «Sinceramente non posso sapere tutto, prendo atto di questa segnalazione». Un altro mistero, e nemmeno buffo, è il raddoppio del Molo Settimo. Pierluigi Maneschi, proprietario della società terminalista vuole ancora farlo? «Se cresce il traffico, deve essere fatto. Ma tutto passa attraverso la rampa ferroviaria automatizzata, struttura che fa sì che non siano più necessarie le lunghe e costose manovre ferroviarie. Tre anni fa l’abbiamo chiesta all’Autorità portuale che ha cercato di convincere le Ferrovie dello Stato. Rfi ha risposto: va bene, ma vogliamo gestirla noi. Impossibile perché Rfi non ha né gli uomini, né le macchine. Ora l’Autorità portuale e la Regione dovrebbero portare avanti questo progetto che ci permetterebbe di rendere molto meno onerosa l’operazione di prolungamento della banchina». «Avete parlato di questo in Comitato portuale?», la domanda di Possamai al sindaco Roberto Cosolini. «Mai parlato», la risposta. Le ferrovie sono tradizionalmente un punto di forza per il porto di Trieste e potrebbero essere la chiave di volta per un rilancio futuro come è apparso anche dalle relazioni iniziali del presidente dell’Ordine degli ingegneri Salvatore Noè e dell’ex direttore compartimentale delle infrastrutture delle Fs Mario Goliani. Eppure dopo l’incontro del 29 febbraio con l’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti è calato l’oblio anche sul progetto di rafforzamento delle strutture ferroviarie portuali. «Una prima bozza non ha superato l’estate – ha tentato di spiegare Cosolini – una seconda è stata giudicate negativamente dagli operatori portuali. Spero che entro la fine dell’anno sia pronta una controproposta per chiedere un nuovo incontro a gennaio». «A Trieste abbiamo impiegato sei anni per liberarci del monopolio di Trenitalia che faceva pagare tariffe altissime – ha spiegato Maneschi – recentemente la situazione è migliorata perché abbiamo più società in competizione. Ma dobbiamo fare i conti con Capodistria dove le tariffe sono del 40% inferiori e dove si sono trasferiti anche molti nostri spedizionieri. Ora sono più rapidi anche i controlli doganali, ma nel frattempo i clienti sono scappati e dobbiamo riconquistarli». «É uno dei tanti mali dell’Italia – ha concluso Stefano Patriarca segretario della Camera di commercio – dove ci sono ben 17 enti con competenze doganali»
Sala blindata, i contestatori restano fuori
Massiccio lo spiegamento di forze dell’ordine, un centinaio i dimostranti di “Trieste Libera”
Che quello sul futuro di Trieste e del suo Porto sarebbe stato un convegno “blindato”, lo si è capito già un paio d’ore prima che iniziasse il dibattito, quando i mezzi delle forze dell’ordine si erano piazzati ai lati dell’ingresso principale dell’Hotel Savoia, mentre i reparti della Polizia e dei Carabinieri in tenuta antisommossa presidiavano la zona d’accesso completamente transennata. A sorvegliare le entrate laterali di via Cadorna e via Boccardi pattuglie della Guardia di Finanza. Un servizio d’ordine previsto ed inevitabile dopo l’irruzione dei manifestanti di lunedì scorso in Porto Vecchio, che ha mandato all’aria l’incontro cui doveva intervenire anche il Ministro dell’Ambiente Clini. Questa volta il filtro all’ingresso è severo: chi non è autorizzato non può entrare. Non manca la protesta di qualche cittadino che si sente “escluso” da un dibattito popolare. A restare fuori dalla porta anche qualche volto noto della politica locale e non solo. Sorvegliato speciale è il gruppo dei manifestanti che si profila all’orizzonte intorno alle 17. Sono circa un centinaio ma si fanno sentire con tamburi, fischietti e slogan che si rifanno al Territorio Libero di Trieste. Stavolta però si mantengono a distanza di sicurezza, sul lato opposto delle Rive. Poco più di una decina di metri in linea d’aria. Non c’è nessun contatto ravvicinato e nessuna irruzione in sala. Non mancano però gli attacchi verbali ai rappresentanti della classe politica locale. Sono da poco passate le 17 quando il Presidente della Regione Renzo Tondo fa il suo ingresso al Savoia scortato dagli agenti della Digos. Viso teso e passo veloce, ma non sufficiente per evitare i fischi dei manifestanti che lo beccano con “sei un falso”. Qualche minuto più tardi arriva l’altro atteso protagonista del dibattito, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che sfoggia un sorriso di circostanza. Anche per lui si alza una dose di fischi e un “tornatene a casa”. Il convegno può iniziare regolarmente, ma fuori la protesta continua. Rumorosa ma pacata. «Quello che vogliamo sottolineare è l’assoluta incapacità di gestire un Porto internazionale come quello di Trieste da parte della classe politica – precisa Sandro Gombac, vice presidente di Trieste Libera -. Sdemanializzare il Porto significa farlo morire. Serve invece aprirlo ai grandi investitori mondiali che arrivano soprattutto dalla Russia e dal Brasile». Pierpaolo Pitich
Marzo 17th, 2017 — Treni
Dal Piccolo
VENERDÌ, 14 DICEMBRE 2012
Treni, soppresse in un anno 1200 corse
Collegamenti cancellati a causa di guasti, lavori e ritardi. Alla Casarsa-Portogruaro il titolo di tratta più “disastrata” del Fvg
Passeggeri dell’Euronight per Tarvisio bloccati a Mestre per oltre cinque ore
Cinque ore di ritardo per l’Euronotte che sarebbe dovuto arrivare a Tarvisio alle 3.39 di ieri mattina. Il viaggio in partenza da Roma e diretto alla stazione di Tarvisio Boscoverde si è trasformato in una nottata infernale per decine di passeggeri a causa di un guasto alla linea che si è verificato a Milano, ma ha provocato ritardi a catena fino all’estremo Nord del Friuli Venezia Giulia. I viaggiatori che mercoledì sera erano partiti dalla capitale alle 19.12 sono stati bloccati per ore in piena notte nella stazione di Mestre, fino a quando, con l’arrivo del convoglio da Milano, sono riusciti a ripartire per Tarvisio Boscoverde. Una pagina nera, l’ennesima, per i collegamenti ferroviari in Friuli Venezia Giulia. Fortunatamente però la notte di disagio non ha compromesso il traffico mattutino dei treni per i pendolari, che ieri, dalle 6 in poi, sono partiti da Tarvisio diretti a Udine, Gorizia e Trieste in perfetto orario. Come ha spiegato Trenitalia, il Milano – Mestre che mercoledì sera doveva partire alle 21.35 per arrivare a destinazione alle 00.30 è giunto nella stazione veneta con più di 300 minuti di ritardo, perché una rotaia si era rotta nei pressi di Parco Martesana, in Lombardia. Quando giunge a Mestre, alcuni vagoni del treno da Milano vengono abitualmente usati per far proseguire verso Tarvisio l’Euronotte proveniente da Roma. (el.pl.)
di Roberto Urizio wTRIESTE Circumvesuviana, Roma-Viterbo, Pinerolo-Torre Pellice, Padova-Venezia Mestre, Genova Voltri – Genova Nervi, Palermo-Messina, Viareggio-Firenze, Stradella- Milano, Bologna-Ravenna, Potenza- Salerno. Sono le dieci linee ferroviarie peggiori d’Italia secondo il rapporto “Pendolaria”, stilato annualmente da Legambiente. E il Friuli Venezia Giulia? A sorpresa non compare nella poco lusinghiera graduatoria. Il merito, però, non va attribuito alle performance delle nostre ferrovie, quanto piuttosto alla carenza di informazioni a disposizione del’associazione ambientalista. Già, perchè fin dai primi dati inseriti nel rapporto, proveniente dalle Regioni e da Trenitalia, appare evidente come il Friuli Venezia Giulia venga trattato in maniera piuttosto marginale, a “beneficio” di altri territori della penisola. La realtà dice invece che le condizioni delle linee ferroviaria, dei treni e delle stazioni nella nostra regione sono tutt’altro che esemplari, come periodicamente segnalato dagli appositi comitati nati per far fronte ai disservizi sulle linee ferroviarie. Dall’inizio dell’anno, infatti, sono stati soppresse, completamente o parzialmente, più di 1.200 corse (su un totale di circa 40 mila), escludendo da questo dato gli scioperi e le soppressioni dovute a lavori, incidenti o altre cause accidentali e i ritardi che riguardano oltre l’8% nella tratta Udine-Venezia e attorno al 5% nella Trieste – Portogruaro – Venezia. Rimanendo alle percentuali, più dell’1% delle ore di percorrenza dei treni sulle linee ferroviarie del Friuli Venezia Giulia sono state cancellate con conseguenti disagi per l’utenza, in particolare per i pendolari che usano il treno per spostarsi da casa al luogo di lavoro. La situazione si era fatta quasi drammatica nei primi mesi dell’anno con oltre 500 treni complessivamente soppressi, tanto che a marzo intervenne l’assessore Riccardo Riccardi con una lettera all’ammministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti, in cui l’esponente della giunta lamentava ritardi, soppressioni, sporcizia e degrado nelle carrozze e nelle stazioni e carenze nell’informazione ai passeggeri. Nel corso del 2012 i numeri si sono ridimensionati con un nuovo incremento, come avviene abitualmente ogni anno, nel periodo estivo e una flessione negli ultimi mesi; ma la situazione rimane comunque critica per chi utilizza il treno con una certa frequenza, in particolare sulla Casarsa-Portogruaro, la tratta più critica, e sulla Udine- Tarvisio. Secondo i dati dei Comitati regionali dei pendolari negli ultimi tre mesi i treni soppressi sono stati oltre 130, esclusi gli scioperi del 13-14 ottobre, del 14 novembre e del 29-30 novembre e le cancellazioni previste per consentire di effettuare i lavori sulla Trieste- Venezia (sul ponte del Piave) a settembre e ottobre.
Marzo 17th, 2017 — Mare
Dal Piccolo
VENERDÌ, 14 DICEMBRE 2012
“Rigassificatore ora le carte”
Comune e Provincia: dopo il dietrofront Tondo riconvochi la Conferenza dei servizi
di Matteo Unterweger Verba volant, scripta manent. E siccome fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, le parole non bastano. Serve un passo formale: Comune e Provincia di Trieste, così come l’amministrazione comunale di Muggia, chiedono ora un atto, un documento che certifichi nero su bianco una posizione. Quella espressa a voce l’altro giorno, durante il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal Piccolo all’hotel Savoia, sul progetto del rigassificatore di Zaule dal presidente della Regione Renzo Tondo: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una situazione non gradita, mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo al futuro di questa città». La frenata del governatore arriva col fuoco della campagna elettorale verso le regionali di primavera (nelle quali Tondo si candida per la conferma) già aperto. Contenuti molto diversi da quelli da lui stesso espressi nel maggio scorso all’assemblea di Confindustria Udine: «Sono opere da realizzare anche a costo di giocarsi una parte del consenso». In agosto i primi tentennamenti alla luce della ribadita e confermata contrarietà del territorio al progetto. Mercoledì, la svolta. «Ieri (l’altro ieri, ndr) Tondo ha spiegato che la posizione della giunta regionale è negativa rispetto al progetto del rigassificatore di Zaule – le parole del sindaco Roberto Cosolini all’indomani del convegno -. Ora gli chiediamo un pezzo di carta, un atto politico-amministrativo visto che, continua a dirlo, la sua giunta non ne ha prodotti in merito. Ora ce n’è uno unico che può togliere ogni dubbio sul fatto che non voglia prendere posizione perché in campagna elettorale – prosegue Cosolini -: dichiari nulla la Conferenza dei servizi che ha dato il via libera all’Aia (nonostante i “no” di Comune e Provincia a fronte del solo “sì” della Regione, ndr) e la riconvochi affinché si attenga ai pareri espressi, che porterebbero alla non concessione dell’autorizzazione». Adesso, infatti, la carta ufficiale nelle mani del governo è quella che certifica il passaggio dell’Autorizzazione integrata ambientale. E al ministero dello Sviluppo economico spetta la pronuncia finale sul progetto di concerto con la Regione. «Non basta rimuovere un dirigente – continua il sindaco -. Si proceda con un atto amministrativo coerente con le parole del presidente Tondo. Altrimenti magari fra cinque mesi, se rieletto, potrebbe cambiare idea di nuovo. Questa è la preoccupazione…». Sintesi finale: «Se la giunta regionale ritiene una forzatura quell’atto, se presenta un vizio formale, allora non può dare l’assenso al fatto che l’iter vada avanti. Emetta un nuovo provvedimento, di autotutela, considerato che è stato spostato il dirigente. Non vorremmo trovarci al Tar…». Ricordate le diffide inviate da amministrazione comunale e provinciale, Cosolini ha infine auspicato tempi rapidi: «Quando il nuovo atto? La giunta regionale mi risulta si riunisca ogni giovedì…». Allineata la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat: «Al di là delle dichiarazioni dal sapore di campagna elettorale, evidentemente dobbiamo ritenere non proprio quel documento positivo esibito da Gas Natural a Roma e che debba essere riconvocata la Conferenza dei servizi. Chiediamo che la Regione comunichi la sua nuova posizione al governo». E la «revoca» dell’ok all’Aia è invocata con annesso «invio al governo di un nuovo atto negativo» anche dal primo cittadino di Muggia, Nerio Nesladek, che giudica le parole di Tondo «il risultato della pressione che i vari soggetti in questi anni e anche di recente hanno esercitato sostenendo il “no” al progetto». C’è una «seconda cartuzza» che Cosolini invita Tondo a produrre e inoltrare al premier “in uscita” Mario Monti: «Poiché il presidente della Regione si è espresso per lo spostamento del Punto franco dal Porto vecchio in altra sede, lo scriva al governo nazionale, al quale aveva rimesso tutto già l’ex prefetto Giacchetti»
«La giunta regionale si esprima per il no»
TAVOLO UIL VIGILI DEL FUOCO
La Uil Vvff Fvg, promotrice del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, dopo le ultime dichiarazioni del presidente Tondo ha deciso di scrivere e inviare una lettera aperta, a firma di Adriano Bevilacqua del Coordinamento regionale Uil Vigili del fuoco, al presidente della Regione per ottenere una conferma diretta della volontà di «mettere una pietra sopra» al progetto dell’impianto di rigassificazione di Zaule. Nella lettera si chiede di sapere se la posizione della giunta è in direzione opposta al rigassificatore e si fa notare, nel caso, la necessità di deliberare il proprio no.
Il governo non cambia idea Passera: Trieste luogo ideale
Il ministro per lo Sviluppo economico sostiene che si può discutere solo su dove esattamente collocarlo. Razeto: resto favorevole ma priorità al porto
«Trieste è un luogo adatto a un rigassificatore. Si può discutere di dove esattamente» collocarlo. «Saranno le autorità locali ad aiutarci a prendere la decisione migliore», ma credo che «vada realizzato nei tempi più brevi possibili». Lo ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ieri sera ai microfoni di Zapping 2.0 su Rai Radio1. «È importante – ha aggiunto Passera – uscire dalla tendenza a voler sempre spostare nel cortile altrui le infrastrutture che servono al Paese. Se vogliamo che il gas costi meno dobbiamo metterci in condizione di riceverlo da diverse parti». L’esponente del governo dimissionario guidato dal premier Mario Monti, insomma, tira dritto proprio ventiquattro ore dopo il cambio di rotta del presidente della Regione Renzo Tondo sul progetto di Gas Natural. A proposito, il ministro sarà stato al corrente dell’uscita del governatore? Intanto, dal versante di Confindustria, Sergio Razeto si astiene dall’esprimere giudizi sulle parole pronunciate l’altro giorno da Tondo. E lo fa perché, spiega, al convegno lui non era presente. Razeto si limita allora a ricordare una volta di più la posizione dell’associazione di cui a Trieste è presidente relativamente al progetto di Gas Natural: «In merito alla possibilità di insediamento di un impianto di rigassificazione a Zaule, Confindustria Trieste ha da tempo espresso un orientamento favorevole, in quanto ritiene tale opera strategica per il tessuto economico del territorio». Favore di base sì, ma evidentemente non da assicurare a scatola chiusa, bensì solo in presenza di una serie di garanzie: «Al contempo – approfondisce Razeto -, l’associazione ha sempre ribadito che, insieme all’attenzione all’impatto ambientale e paesaggistico e all’utilizzo di tecnologie avanzate per la sicurezza, ulteriore prerequisito fondamentale del progetto fosse la sua compatibilità con le attività logistiche e portuali presenti e future in quell’area del golfo di Trieste». Un aspetto, questo, sul quale il numero uno di Confindustria Trieste sceglie di soffermarsi qualche istante di più: «Ci riferiamo in particolare – entra nel dettaglio – alle opportunità di incremento dei traffici collegate anche alle nuove opere previste, quali la Piattaforma logistica e il terminal ro.ro., e all’annunciata crescita dei traffici del petrolio». Alla luce di tutto questo, qualora per ipotesi Confindustria dovesse trovarsi di fronte a un bivio, la scelta finale sarebbe comunque una: il Porto prima di tutto. E Razeto non ne fa mistero: «In questo contesto, per Confindustria la priorità va data allo sviluppo portuale, a condizione che gli esperti certifichino in maniera chiara e incontrovertibile l’incompatibilità con il rigassificatore». Intanto, sul messaggio «mettiamoci una pietra sopra» espresso dal presidente della Regione (e che aveva fatto seguito all’affermazione sempre di Tondo, datata lunedì scorso: «Sul rigassificatore di Trieste sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un passo indietro»), un’immediata presa di posizione da parte del proponente il progetto di Zaule non è arrivata. A ieri sera, Gas Natural non aveva risposto ai quesiti posti dal Piccolo alla luce del nuovo quadro delineatosi. Non è escluso, tuttavia, che dalla multinazionale spagnola non giunga nella giornata odierna qualche comunicazione ufficiale. Forse in terra iberica stanno prendendo tempo nell’attesa di capire se alle ultime dichiarazioni di Renzo Tondo ora seguiranno dei passi formali in Regione, proprio come richiesto (ne riferiamo qui a sinistra) dagli enti locali del territorio triestino. (m.u.)
Marzo 17th, 2017 — Carceri
Dal Piccolo
SABATO, 15 DICEMBRE 2012
Pagina 26 – Cronaca Trieste
Caso Alina, altri 4 agenti indagati
Sono i poliziotti dell’Ufficio immigrazione che prelevavano gli
stranieri e li rinchiudevano illegalmente
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di Corrado Barbacini Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta del pm
Massimo De Bortoli sull’attività dell’Ufficio stranieri della questura,
indagine scattata dal caso Alina (la donna che si era uccisa nel
commissariato di Opicina) all’interno della quale sono indagati l’ex
responsabile dell’ufficio Carlo Baffi e il suo vice Vincenzo Panasiti.
Nel mirino della Procura questa volta sono finiti quattro poliziotti
addetti alle pattuglie dello stesso ufficio immigrazione della Questura.
Sono indagati di sequestro di persona, arresto illegale e falso
ideologico. Secondo il pm De Bortoli i quattro, un sovrintendente, un
ispettore e due assistenti, avrebbero gestito i cosiddetti trasporti e
la detenzione nel commissariato di Opicina secondo modalità ritenute
fuorilegge dalla Procura. Arresti ritenuti illegali di cittadini
extracomunitari che, in attesa dell’espulsione, erano stati, così
risulta dagli accertamenti, trattenuti anche per giorni all’interno del
commissariato. Si tratta della stessa struttura all’interno della quale
si era suicidata Alina Bonar Diachuk, la giovane ucraina che in quella
tragica circostanza si era scoperto fosse stata detenuta illegalmente
dopo la scarcerazione: nello scorso mese di maggio, aveva messo fine ai
propri giorni impiccandosi in una stanza del commissariato. La
perquisizione – tenuta assolutamente riservata – è scattata l’altra
mattina in Questura. Era presente anche il pm Massimo De Bortoli. Con
lui una decina tra finanzieri e poliziotti della Procura. Negli uffici
dell’immigrazione al terzo piano della Questura sono stati sequestrati,
su ordine del magistrato, i fascicoli relativi a 21 episodi
riconducibili all’attività dei quattro poliziotti finiti nel mirino. I
quali, secondo la Procura, agivano su esplicita disposizione dell’ex
capo dell’ufficio, Carlo Baffi e del suo vice Vincenzo Panasiti. No
comment da parte della Questura. Ma un episodio, avvenuto ieri
pomeriggio, la dice lunga sullo scompiglio che la perquisizione ha
provocato. Il questore Giuseppe Padulano durante la presentazione della
mostra sui presepi, visibilmente commosso, ha interrotto il suo discorso
e dopo aver dato notizia al pubblico dell’accaduto ha detto: «Mi sento
umiliato». Ma torniamo all’inchiesta. Il ruolo del gruppo di agenti che
erano alle dirette dipendenze dei funzionari indagati, sarebbe stato
quello di pattugliare soprattutto di notte le strade cittadine alla
ricerca di stranieri extracomunitari. Che – così è emerso in 21 casi –
venivano presi e accompagnati a Opicina seppur in assenza di qualsiasi
provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tra questi che il Codice indica
come parti offese c’è chi è stato recluso per ore e anche chi per
giorni. Nello scorso mese di ottobre lo stesso pm Massimo De Bortoli e i
suoi investigatori avevano perquisito altri uffici dell’immigrazione tra
cui quello del vice responsabile Vincenzo Panasiti. In quella
circostanza erano stati sequestrati altri 128 fascicoli. Dossier che
avevano integrato i 49 fascicoli che erano stati acquisiti nel corso
della perquisizione effettuata il 9 maggio sempre da De Bortoli e dalla
sua squadra di finanzieri e poliziotti quando era stato notificato
l’avviso di garanzia al capo dell’ufficio Carlo Baffi.
Dal Piccolo del 16/12/12
Scontro Questura-Procura Padulano: «Noi trasparenti»
«Non intendo commentare le parole del questore Padulano», ha detto, riferendosi in particolare alla frase «Mi sento umiliato» detta pubblicamente l’altro pomeriggio durante l’inaugurazione della mostra sui presepi. È secco e perentorio il procuratore capo Michele Dalla Costa. Poi aggiunge: «Ciascuno svolga i propri compiti. Non posso dire altro». E intanto interviene il sindacato di polizia Coisp. In un volantino si legge: «Quello che vogliamo esprimere con il cuore e l’anima è la vicinanza agli amici e colleghi dell’ufficio immigrazione». Il sindacato Sap manifesta la preoccupazione nei confronti della magistratura «dovendo constatare che almeno una parte di essa sta scegliendo una linea incomprensibilmente dura nel vaglio di un’attività che la Questura e le altre Forze di Polizia svolgono da anni alla luce del sole». di Corrado Barbacini Tre perquisizioni all’ufficio immigrazione della Questura in pochi mesi sono troppe secondo Giuseppe Padulano. L’ultima quella di giovedì in cui sono stati contestualmente indagati quattro poliziotti. Prima era toccato al vicecapo Vincenzo Panasiti e prima ancora al funzionario responsabile Carlo Baffi. Insomma, tutto l’ufficio immigrazione sotto accusa. La rabbia, ma soprattutto l’amarezza del questore Giuseppe Padulano era esplosa pubblicamente venerdì sera in occasione dell’inaugurazione della mostra sui presepi: aveva interrotto bruscamente il filo logico del suo intervento e aveva sommessamente confessato: «Mi sento umiliato». Ma la sua amarezza e il suo disagio per ciò che viene già da tempo definito come uno scontro istituzionale con la magistratura non è più un segreto. Nè in Questura nè in Procura. «Come rappresentante di un’istituzione – afferma il questore Padulano – ho il massimo rispetto per l’autorità giudiziaria. Però mi sento veramente amareggiato. Ho la consapevolezza e la certezza che si riuscirà a far capire come si sia agito sempre per adempiere un dovere nel rispetto della dignità delle persone e che si sia agito senza dolo alcuno per applicare una legislazione complicata, spesso confusa e contraddittoria, attraverso l’applicazione di una procedura che è stata condivisa da tutte le forze dell’ordine da circa 10 anni». E poi attacca: «Voglio ribadirlo con forza, siamo una Questura sana, ed in questo momento sono più che mai vicino a tutti coloro che stanno vivendo questo momento, tutti padri di famiglia, persone perbene, dipendenti fantastici sulla cui onestà intellettuale e comportamentale non dubiterò mai. Sono certo che noi non abbiamo mai “prelevato” alcun clandestino ma, in presenza di un cittadino straniero clandestino, abbiamo sempre e semplicemente applicato quanto previsto dalla legge, con l’avvio della complessa procedura di espulsione, che può durare per più giorni, prevedendo il rintraccio e il trattenimento dello straniero. Voglio ribadirlo affinché non venga disperso quel patrimonio di credibilità che tutti, agenti e funzionari hanno contribuito ad accrescere sempre più in questa città che ha molta fiducia nella Polizia perché ha compreso che essa contribuisce in maniera determinante a rendere serena la vita dei triestini, attraverso professionalità, impegno e umanità». Incalza: «Giorno dopo giorno ci assumiamo le responsabilità a favore della collettività. Siamo sempre disponibili al dialogo. Abbiamo compiuto scelte trasparenti, specie in caso di criticità e sempre nell’ottica di sinergia istituzionale. E qui punta il dito: «Quella sinergia istituzionale che avevo richiesto due anni orsono, allorquando la problematica dei rintracci, dei lunghi tempi di trattenimento degli stranieri presso gli uffici di tutte le forze dell’ordine o della sala fermati del commissariato di Opicina, era già stata rappresentata da me. Ma non vi furono significativi risultati che ci si aspetta da coloro che hanno il dovere di una buona amministrazione . In quella emblematica circostanza tutti, giudice di pace, ordinario, direttore del carcere esposero le proprie problematiche, carenze strutturali, organizzative, tutte effettive e reali, senza però giungere alla definizione di un protocollo operativo che potesse risolvere la delicata problematica. Non voglio sconti, ci mancherebbe, ma che non si paghi per carenze del sistema»
Marzo 17th, 2017 — Studenti Trieste
Dal piccolo del 20/12/12
Oberdan, i ragazzi rischiano di pagare i danni
Occupazione: chiusi i “processi” ma ancora niente comunicazioni ufficiali. Attese ammonizioni scritte
Un’ammonizione scritta, l’abbassamento del voto in condotta e il pagamento dei danni provocati dall’irruzione della Digos e dalla successiva pulizia degli ambienti scolastici affidata ad una ditta esterna. Non c’è ancora nulla di ufficiale, ma pare siano queste le sanzioni decise per “punire” i 32 studenti del liceo scientifico Oberdan che lo scorso 4 dicembre hanno occupato per poche ore la sede centrale di via Veronese con l’intento di effettuare alcuni piccoli lavori di tinteggiatura. L’altra sera si è conclusa la seconda tornata del “processo” che ha visto i 32 occupanti (solo quattro dei quali maggiorenni) rispondere ai Consigli di classe straordinari cui hanno preso parte preside, professori, rappresentanti degli studenti e dei genitori, e gli alunni “incriminati” (se minorenni accompagnati da genitori). «È pacifico che nella nozione di “fatti che turbino il regolare andamento della scuola” rientra l’entrare nottetempo nell’edificio, barricarsi all’interno ostruendo gli accessi con banchi, armadi, sedie e quant’altro, sigillare con catene e lucchetti le porte così impedendo l’ingresso, all’ora di inizio delle lezioni, di personale docente e non docente oltre che della maggioranza degli studenti», spiega in una nota Lorenzo Cosoli, presidente del Consiglio d’istituto dell’Oberdan. Questo dunque il motivo per cui si è deciso di sanzionare gli studenti occupanti: l’aver turbato il regolare andamento della scuola. Ma «la scuola non è un Tribunale. La scuola deve insegnare anche ad affrontare e vivere il conflitto», scrive Marco Barone, rappresentante dei Cobas scuola Trieste, che ha espresso la sua solidarietà agli occupanti. «Ma in questo processo ogni difesa è inutile: tutto era già deciso. La sanzione era già stata decisa. Si tratterà di una cosa minimale, ininfluente sul piano della valutazione, ma determinante per il precedente che si è realizzato». Tra i genitori le valutazioni variano. «È stata messa in scena una macchina assurda per giudicare i nostri figli, anche se poi ho visto più collaborazione da parte dei professori rispetto a quanto mi aspettassi». Così racconta la madre di una studentessa. «Io condivido le idee di mia figlia e sono contenta che le porti avanti. Di fronte alla negazione della scuola di poter avere tre giorni per discutere del presente e del futuro di ciò che li circonda, hanno deciso di occupare. Personalmente hanno la mia solidarietà». Molti genitori però sono ancora arrabbiati per la convocazione dei Consigli di classe straordinari. «Sì, è vero. Credo che poi dipenda da classe a classe. Non tutti i professori sono uguali… comunque attendiamo di capire quale sarà la sanzione ufficiale e soprattutto se dovremo pagare i “danni” per l’occupazione». La cifra non è stata ancora divulgata. Si parla di circa 800 euro. Riccardo Tosques
MARTEDI’ 18 ALLE 15 PRESIDIO DI SOLIDARIETA’ FUORI DALL’OBERDAN
Dal Piccolo del 19/12/12
Studenti “sotto giudizio” Presidio al liceo Oberdan |
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Una sessantina tra ragazzi e professori assiepati sulla scalinata dell’entrata principale del liceo scientifico Oberdan. Lo striscione «Non ci avrete mai come volete voi» srotolato sulla ringhiera. La Digos a monitorare la situazione. Si è svolto così il presidio pacifico organizzato dagli studenti delle scuole triestine per esprimere solidarietà ai 32 “oberdanini” identificati dalle forze dell’ordine durante l’occupazione della sede centrale dell’istituto avvenuta il 4 dicembre e finiti sotto giudizio da parte dei Consigli di classe straordinari. Già prima delle 15 in via Paolo Veronese è stato una via vai di genitori al seguito dei ragazzi minorenni. Complessivamente, sui 32 identificati, solo in quattro hanno già la maggiore età. La prima tornata di quella che in molti hanno ribattezzato come «l’inquisizione scolastica» si era svolta la scorsa settimana. Ieri pomeriggio l’ultimo giro di “consultazioni” per decidere il futuro degli studenti. A fornire supporto ai ragazzi anche un manipolo di professori che hanno evidenziato all’unisono come «la repressione non sia la via ideale per raggiungere un dialogo costruttivo con i ragazzi».
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Dal Piccolo del 15/12/12
Oberdan, via al “processo” agli occupanti
Volevano ridipingere la loro scuola, rischiano di essere sospesi. È partito il “mega processo” ai 32 studenti del liceo scientifico Oberdan identificati dalla Digos lo scorso 5 dicembre durante l’occupazione della sede centrale dell’istituto di via Veronese. Un’occupazione pacifica, contraddistinta da un unico danno alla struttura: il vetro rotto dalla Polizia per sgomberare l’edificio. Ben 28 di questi alunni – che dovranno essere giudicati dai rispettivi Consigli di classe straordinari – sono minorenni. Tra i quattro che hanno raggiunto la maggiore età il 18enne Niccolò Fragasso. Iscritto alla 5C Niccolò non passa certo inosservato. Capello lungo riccio, pizzetto incolto, parlantina sciolta. Fragasso, che coltiva tra le sue passioni il giornalino scolastico, sarà “processato” martedì. Essendo maggiorenne si difenderà da solo. «Tenterò di evidenziare come questa scelta (voluta dal Collegio docenti, ndr) di giudicare gli studenti per un’occupazione non violenta sia soltanto una pagliacciata, peraltro priva di alcun valore “educativo”: personalmente rifarei quello che ho fatto e so di non essere il solo a pensarla così», racconta Niccolò. Lo studente dell’Oberdan ci svela come venerdì siano stati organizzati i primi Consigli di classe straordinari, composti dalla preside del liceo scientifico Maria Cristina Rocco, dai professori e dal singolo studente (se minorenne accompagnato da un genitore), in cui dunque spiccano l’assenza dei rappresentanti sia degli studenti che dei genitori. «La cosa paradossale è che ci processano senza muoverci un’accusa precisa, scritta, formale: difendersi dunque è più difficile, anche perché hanno ben pensato di fare 32 sedute separate», prosegue Niccolò. Interessante capire poi il comportamento assunto dai professori. «La maggior parte di loro, al momento di pronunciarsi, ha preferito astenersi oppure votare contro gli studenti perché non condividono i nostri metodi». E i genitori? «Per ora in molti hanno difeso i propri figli e quindi l’occupazione, altri invece si sono sentiti quasi imbarazzati dalla vicenda». Ma cosa ne pensano i genitori di Niccolò? «Non sono contenti, vorrebbero che io rinunciassi agli ideali in cui credo. Mi spiace per loro, ma io vado avanti». In merito alle sanzioni comminate per ora di ufficiale pare ci sia soltanto l’ammonizione. Voci parlano poi di nota sul registro, abbassamento del voto di condotta e lettera di diffida da parte del Consiglio di classe a ripetere l’occupazione. Lo spettro della sospensione sembra definitivamente allontanato. Intanto l’Unione degli studenti lancia l’appello di un presidio in vista della seconda e ultima tornata di processi prevista per martedì: «Chiediamo che si presentino a dare man forte ai ragazzi gli studenti di tutte le scuole triestine, ma anche i genitori e chiunque voglia esprimere il proprio dissenso rispetto alle decisioni della preside e dei docenti». Riccardo Tosques