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TRIESTE: FOTO in corteo contro il governo

Mentre erano in corso gli scontri a Roma un corteo di oltre 200 persone (soprattutto studenti) ha attraversato il centro città.

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Da Il Piccolo del 15/12/10

 

MANIFESTAZIONE

Grido di aiuto degli studenti ritmato dai Beatles

Lungo il corteo le note di ”Help” per contestare tagli ed edifici fatiscenti

Sfilano alcune centinaia Traffico paralizzato

Da Roma la protesta degli studenti passa anche per Trieste. Ma se nella capitale hanno superato le 100mila persone, qui in corteo sono scesi in pochi a dire il vero, 300 per gli organizzatori, 180 secondo la Questura. In molti, spiegano gli studenti, sono andati a protestare a Roma, mentre al fianco dei ragazzi, a sfidare il freddo, c’erano anche i ricercatori dell’Università, qualche rappresentante della Fiom, della Federazione della sinistra e il Comitato primo marzo.

Gli slogan, i soliti, contro il governo e la riforma della scuola e dell’università fatta di tagli ai fondi per la ricerca, per l’edilizia scolastica, con la scusa della crisi, si legge sui volantini. E se la sfiducia il governo non l’ha ottenuta in Parlamento, «la sfiducia ve la diamo noi, dalla strada, con la nostra protesta» urlano i ragazzi sfilando tra le vie della città paralizzata dalla manifestazione. Un corteo da piazza Goldoni, con lo striscione ”I migliori studenti: quelli coscienti” e un grido di aiuto ritmato dai Beatles e la famosa “Help”.

La protesta, dopo aver attraversato tutto il centro, si è fermata sotto le porte del Consiglio regionale preso d’assalto “simbolicamente” da un gruppo di studenti. «In questo momento si sta discutendo la finanziaria regionale – dice Riccardo Laterza, uno dei rappresentanti dell’Unione degli studenti accolto in Consiglio per un confronto con un gruppo di rappresentanti regionali – Chiediamo una presa di responsabilità da parte di ogni singolo consigliere, ma anche una maggiore partecipazione della cittadinanza nella formazione del bilancio regionale. Per questo chiediamo che i 10 milioni del fondo globale di finanziamento vengano investiti nel sistema scolastico pubblico».

Gli studenti delle scuole superiori hanno tracciato poi una tabella ben precisa su come destinare i finanziamenti del fondo globale: «2,5 milioni dovrebbero essere utilizzati per l’ampliamento del comodato d’uso dei libri di testo – spiega Riccardo Laterza – 5 invece andrebbero a sostegno dell’edilizia scolastica, gli altri suddivisi tra contributi per il trasporto pubblico (1,75 milioni di euro) e per le borse di studio a favore degli studenti a rischio di abbandono scolastico che frequentano le scuole superiori statali». Infine una richiesta di chiarimenti viene rivolta anche all’assessore regionale all’Istruzione Roberto Molinaro : «Deve rendere conto in aula – sottolinea Laterza – del quasi dimezzamento delle risorse destinate alle borse di studio universitarie». (i.gh.)

LA BANDA DEL TUBO, il ruolo della stampa + stralci della sentenza

Incredibile il ruolo della stampa a difesa della Banda del Tubo.

Anche Il testo del comunicato del Comitato, per quanto totalmente istituzionale, è stato ridotto al minimo e senza indicare la parte essenziale cioè la sfida politica lanciata ai Comuni.

Come si vede il Sindaco di Cervignano Piero Paviotti si conferma come uno dei responsabili principali a copertura del traffico di rifiuti e del grave danneggiamento ambientale effettuato dal Tubone

 

Comunicato stampa

E’ chiaro che la squadra degli avvocati al servizio degli imputati sapeva che ci sarebbe stata la condanna ed ha preparato una cortina fumogena per far passare come una quasi assoluzione quella che invece è una condanna chiara e precisa anche se non sufficientemente pesante ed estesa.


Vediamo in sintesi la sentenza che vede condannati Turchetti Gianfranco e Feruglio Claudio, colpevoli dei reati di cui ai capi 8) 10) d’imputazione e cioè


Traffico di rifiuti

8) Al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni, a mezzo l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, ricevevano, trasportavano, smaltivano e facevano smaltire abusivamente ingenti quantità di rifiuti negli impianti del Consorzio depurazione Laguna SpA … e secondo modalità incompatibili con un corretto smaltimento dei rifiuti..


Inquinamento ambientale

10) del delitto di danneggiamento aggravato per avere, … danneggiato il mare territoriale , il fondo e il sottofondo marino circostante lo scarico a mare degli impianti del Consorzio Depurazione Laguna SpA inquinandone i sedimenti con sostanze tossiche e pericolose e bioaccumulabili e compromettendo l’ecosistema marino …


Ora la questione continuerà sul piano civilistico perché il Ministero dovrà pretendere la bonifica del sito inquinato in quanto una volta che è stato conclamato il danno ambientale l’ambiente deve essere ripristinato.


Sfidiamo le amministrazioni Comunali, ed il sindaco di Cervignano Piero Paviotti in particolare, a pubblicare la sentenza sull’albo pretorio dei Comune con evidenziati i capi di imputazione sui quali è stata pronunciata la condanna contro il tubone e che della stessa sentenza si discuta nei consigli Comunali dei Comuni aderenti all’ex Tubone ora assorbito dal Cafc.


Dal canto loro i Comitati porteranno in pubblico tutte le verità che sono emerse dal processo.

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Messaggero Veneto MERCOLEDÌ, 15 DICEMBRE 2010 Pagina 11 – Udine

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Sentenza “Tubone”, reazioni contrapposte

Il sindaco di Cervignano: nessun disastro ambientale. I comitati: porteremo in pubblico le verità

San Giorgio di Nogaro

SAN GIORGIO DI NOGARO. Prime reazioni all’indomani della sentenza al processo sul “Tubone”. Soddisfazione per l’esito della vicenda giudiziaria viene espressa dal sindaco di Cervignano Pietro Paviotti. «La vicenda giudiziaria – commenta il sindaco – si è conclusa con l’assoluzione di tutti o quasi i capi d’imputazione, esclusi alcuni aspetti marginali. Il reato di disastro ambientale come è stato dimostrato non si è verificato. Nel caso della direzione tecnica il tribunale ha voluto assolvere anche reati già prescritti».
Aggiunge Paviotti: «In questi anni mi sono trovato spesso a dover difendere il Tubone di fronte ad un’opinione pubblica ostile, che è stata strumentalizzata con l’obiettivo di cavalcare la protesta».
Paviotti evidenzia ancora che «per sette anni l’impianto è stato sequestrato e non ha potuto generare quel reddito che avrebbe coperto una parte rilevante dei costi per la manutenzione delle fognature. Dopo il sequestro sono stati licenziati sette dipendenti i quali, solo grazie alla disponibilità del Cafc, hanno trovato una nuova occupazione. Ci sono state ingenti spese legali e sono stati sospesi tutti gli investimenti per la realizzazione di nuove condotte da allacciare al depuratore».
Di tutt’altro avviso i comitati ambientali, i quali preannunciano che porteranno in pubblico «tutte le verità emerse dal processo», come sostiene il portavoce Paolo De Toni, che evidenzia la sentenza che condanna condanna Gianfranco Turchetti e Claudio Feruglio, «colpevoli dei capi d’imputazione 8 e 10. L’8 dice: “al fine di conseguire un ingiusto profitto, con operazioni a mezzo l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, ricevevano, trasportavano, smaltivano e facevano smaltire abusivamente ingenti quantità di rifiuti negli impianti del Consorzio Depurazione Laguna spa… e secondo modalità incompatibili con un corretto smaltimento dei rifiuti..” Il capo d’imputazione 10 afferma che “del delitto di danneggiamento aggravato per avere… danneggiato il mare territoriale, il fondo e il sottofondo marino circostante lo scarico a mare degli impianti Cdl spa inquinandone i sedimenti con sostenze tossiche e pericolose e bioaccumulabili e compromettendo l’ecosistema marino…”. Ora – sottolinea De Toni – la battaglia continuerà sul piano civilistico perché il Ministero dovrà pretendere la bonifica del sito inquinato»
Elisa Michellut

 

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MV 14 dicembre 2010

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San Giorgio di Nogaro. Si è concluso con una raffica di assoluzioni e di prescrizioni il procedimento nei confronti degli ex vertici

Tubone, «Nessun disastro ambientale» Al processo soltanto condanne minori

di ANNA ROSSO

UDINE. Tubone, «non c’è stato alcun disastro ambientale». Si è concluso con due condanne, una raffica di assoluzioni e di dichiarazioni di prescrizione, il procedimento penale di primo grado riguardante il Consorzio di depurazione Bassa Friulana (ora Consorzio depurazione laguna) e il cosiddetto “Tubone”, la condotta sottomarina di oltre 12 km che scarica in mare le acque trattate dall’impianto. Un processo che vedeva imputate, a vario titolo, otto persone – tra responsabili dell’impianto consortile, imprenditori privati e amministratori pubblici – per reati che vanno dal disastro ambientale (per l’ipotesi di inquinamento marino) al traffico illecito di rifiuti, dalla truffa all’abuso d’ufficio.
Ieri, trascorsi dieci anni dalla “notizia di reato” e quattro dall’inizio del dibattimento, il tribunale di Udine, riunito in composizione collegiale (presidente Reinotti, a latere Qualizza e Persico), si è pronunciato. Gianfranco Turchetti, di San Giorgio di Nogaro, ex presidente del Consorzio e Claudio Feruglio, di Cervignano, nella sua veste di responsabile di gestione sono stati condannati a un anno di reclusione per traffico illecito di rifiuti e per il danneggiamento del tratto di mare circostante lo scarico dell’impianto. Il pm Luigi Leghissa aveva chiesto 18 mesi per entrambi. Tutti gli altri imputati sono stati assolti: l’allora direttore tecnico Alessandro Florit; Giorgio Pocecco, all’epoca sostituto del direttore del servizio infrastrutture civili e tutela delle acque dall’inquinamento della Direzione regionale ambiente; Roberto Andreani, amministratore della Fingel di Firenze; Antonio Giovanni Di Taranto, amministratore dal marzo 2000 della Friul Water Wasching di Pasian di Prato; Claudia Silvestro, funzionario della Provincia di Udine che si occupava delle autorizzazioni relative agli impianti di smaltimento; Vittorio Baldo, consigliere del Cda del Centro risorse di Motta di Livenza.
Turchetti, Feruglio e Florit erano stati chiamati a rispondere anche del reato di disastro ambientale. Da questo capo d’imputazione, come detto, sono stati tutti assolti con la formula «perchè il fatto non sussiste». Il tribunale, dunque, come hanno sottolineato le difese rappresentate, tra gli altri, dagli avvocati Mete, Tapparo e Mascherin, non ha ravvisato il disastro ambientale. È dunque caduto il presupposto in base al quale il Ministero dell’ambiente avrebbe potuto chiedere il risarcimento e la conseguente bonifica dei luoghi. Nel documento di valutazione del danno ambientale stilato dall’Ispra (istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) tale danno era stato stimato in circa 38 milioni di euro. Tale infatti sarebbe stata, secondo gli esperti del ministero, la cifra necessaria per il ripristino dei sedimenti e per gli altri interventi utili al recupero dei beni naturali compromessi.
«Speravamo in un’assoluzione su tutto – ha commentato l’avvocato Mete subito dopo la sentenza –, ma siamo comunque soddisfatti perchè c’è stata assoluzione per il reato più grave, che presupponeva un danno rilevante per la collettività. Noi, infatti, eravamo convinti di non aver causato alcun disastro ambientale». «Durante il dibattimento – ha sottolineato poi l’avvocato Tapparo –, dopo lunghe analisi tecniche sul funzionamento dell’impianto, era emerso che lo stesso è all’avanguardia, ha sempre funzionato bene ed è stato gestito in modo corretto. Ciò, naturalmente, ha indebolito buona parte dell’impianto accusatorio».
Il tribunale ha ordinato la restituzione degli impianti sotto sequestro dal febbraio 2003.

 

STRALCI DELLA SENTENZA

 

sentenza

 

CAPO 8 (fai visualizza immagine per ingrandire)

 

 

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CAPO 10 (fai visualizza immagine per ingrandire)

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Tre voti per salvare il Governo

Tre voti possono salvare un Governo

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Un’altra beffa per la TAV

15 dicembre 2010

 

UNICREDIT
Il Superporto a Monfalcone e Trieste è tagliata fuori

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Il progetto Unicredit presentato alla Farnesina pare riscontrare grande favore nell’ambito del governo. Una banchina di 1.750 metri con fondali di 16 metri e mezzo in grado di ospitare contemporaneamente 4 navi da 8mila teu. Il primo settore del terminal entrerà in funzione già nel 2016

 

Il progetto Unicredit punta solo su Monfalcone, sarà illustrato alla Farnesina. La rete Fs insufficiente a garantire uno sviluppo adeguato dello scalo giuliano. Il primo lotto in funzione nel 2016. Oltre un miliardo d’investimento Capacità di 2 milioni di teu nel 2025 e di 3,2 a regime entro il 2033. Anche se ampliato non potrebbe movimentare più di 1,2 milioni di teu nell’arco dell’anno. La struttura condizionata dalla concorrenza tra Maersk e gruppo Maneschi

TRIESTE. Una banchina di 1.750 metri con fondali di 16 metri e mezzo in grado di ospitare contemporaneamente 4 navi da 8mila teu lunghe fino a 340 metri oppure 3 navi da 13mila teu lunghe quasi 400 metri, e un’area per lo stoccaggio dei container di oltre 166 ettari. Il primo settore del terminal entrerà in funzione già nel 2016 e sarà subito in grado di movimentare 350mila teu che diverranno un milione nel 2020, pressoché alla fine della seconda fase di lavori, 2 milioni nel 2025 fino a raggiungere i 3,2 milioni di teu entro il 2033.

L’INVESTIMENTO. Sono i numeri astronomici del nuovo gateway europeo dell’Alto Adriatico che il colosso finanziario Unicredit in partnership con Maersk, primo vettore al mondo nell’ambito dei container, ha progettato di collocare a Monfalcone in una formulazione definitiva che prevede la pressoché totale esclusione di Trieste. L’investimento complessivo è previsto in un miliardo e 29 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 119 milioni per miglioramenti alle infrastrutture al di fuori dell’a rea portuale. L’impegno diretto di Unicredit è di 775 milioni (435 per la prima fase e 340 per la seconda).

Il piano Unicredit ha riscontrato grande favore nell’ambito del governo. Il Consiglio dei ministri forse già nella prossima seduta approverà l’intesa Stato-Regione che permetterà in tempi immediatamente successivi di nominare un Commissario straordinario che sovrintentenderà a tutte le fasi del progetto garantendo il rispetto dei tempi, condizione primaria per centrare la scommessa alla base di tutta l’operazione: il dirottamento in Mediterraneo con risparmio di tempi, costi e emissioni inquinanti, di una quota dei traffici che oggi intercorrono tra il Far East e gli scali del Nord Europa.

IL MOLO SETTIMO
. Per realizzare questo rovesciamento delle rotte, rilevando che esiste un’ampia porzione di mercato contendibile rappresentata dall’area che si estende dalla Francia Sud-orientale, alla Svizzera, alla Baviera, all’Austria e all’E uropa dell’Est, Unicredit e il gruppo Ap Moller Maersk hanno promosso un gate duale polarizzato a Ovest a Vado ligure e a Est nella piastra logistica del Friuli Venezia Giulia che inizialmente doveva comprendere anche Trieste.

«Teoricamente Trieste potrebbe essere ancora inclusa nel progetto – ha affermato ieri Massimo Pecorari responsabile project & commodity finance di Unicredit – ma il Molo Settimo ha un altro concessionario e cioé la To Delta di Pierluigi Maneschi (che recentemente ha affermato al Piccolo di non voler cedere la concessione, ndr.)». Vi sono anche problemi strutturali connessi alla ferrovia e il terminal triestino, anche se ampliato, non potrebbe mai essere in grado di movimentare più di 1,2 milioni di teu all’anno. Trieste ha probabilmente perso l’occasione di esercitare perlomeno il ruolo di sede direzionale dell’operazione nel momento in cui per opposizione della classe politica cittadina, vera o presunta, è stata abbandonata l’idea di creare un’Autorità portuale regionale unica.

LE ROTTE
. Avanti tutta su Monfalcone dunque con una rotta alternativa già tracciata e che prevede partenze dalla Corea, da Shanghai, da Hong-Kong con toccate a Tanjung, Port Jelang e Jeddah e Port Said e nessun’altra tappa in Europa. Sulla tratta Far East – Monaco si risparmieranno 9 giorni di viaggio e 340 euro a teu rispetto ai porti del Northern range.

La strategia Unicredit si basa su tre elementi chiave: la necessità di realizzare le infrastrutture di Corridoio in tempi certi; il rispetto dei principi europei di concorrenza, di libero accesso e di tutela dell’affidamento (mercato regolato); l’alleanza industriale con gli operatori di traffico ferroviario e marittimo nella realizzazione delle infrastrutture. Da qui l’alleanza con il Gruppo Maersk.

Il terminal sarà innovativo e completamente automatizzato. La gru scaricherà il container dalla nave su un veicolo automatizzato che porterà il container nell’area di stoccaggio. Una gru automatizzata (Asc) collocherà il container su una pila. L’Asc scaricherà il container dalla pila e lo caricherà su un trattore che lo porterà nella zona del tracciato ferroviario. Una gru su rotaia collocherà i container sui treni lunghi 750 metri che li porteranno nelle principali destinazioni del Centro e dell’Est Europa.

Per realizzare il terminal sono previsti lavori di dragaggio per complessivi 9,3 milioni di metri cubi nel bacino di approdo, nel bacino di manovra e nel canale che avrà poi una profondità di 16,5 metri. Negli spazi a terra vi saranno aree apposite anche per i container refrigerati, per i container vuoti, otto binari ferroviari di 750 metri, silos per le auto e anche un terminal multipurpose.

L’OCCUPAZIONE
. Sarà Apm terminals, il braccio terminalistico di Maersk a gestire direttamente la banchina di Monfalcone. «È essenziale per noi il rispetto dei tempi prospettati, ma in questo senso la garanzia è rappresentata proprio dalla nomina del commissario – ha affermato ieri Carlo Merli, amministratore delegato di Apm terminals Italia – anche perché nel frattempo la concorrenza non starà ferma». Ma ha anche confermato che oltre a Maersk line accordi potranno riguardare altri tra i principali carriers del mondo. E in questo senso è già rimbalzato il nome di Msc, secondo vettore mondiale del settore.
Nei prossimi tempi UniCredit confronterà il modello con la business community del comparto (Assoporti, Confindustria, Confitarma, Agenti Marittimi, Associazione spedizionieri, sindacati ecc.) e con la comunità scientifica.

A regime il terminal occuperà 600 dipendenti che però potranno essere 350 già nel 2016. Ma a cascata oltre alle attività portuali tradizionali si svilupperanno nuove filiere ad alto valore aggiunto quali centri di assemblaggio, centri di ricerca, strutture commerciali e showroom.


(15 dicembre 2010)

CIE DI GRADISCA: «Nel Cie regole poco chiare»

Le cose “scoperte” da Pustetto sono già da tempo stranote e, nonostante siano passati ben 20 giorni da quando ha fatto la richiesta di entrare alla visita vera e propria, la situazione che ha trovato è pesantissima.

Chissà quante cose hanno “coperto” o nascosto in questi giorni.

 

 

Dal Piccolo del 15/12/10

Pustetto: «Nel Cie regole poco chiare»

 

GRADISCA Una richiesta formale al governatore del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo «affinchè ogni singolo consigliere regionale si rechi in visita al Cie». È l’iniziativa che sarà intrapresa nelle prossime settimane dal consigliere regionale di Sinistra Ecologia e Libertà, Stefano Pustetto. L’esponente vendoliano ha visitato il centro immigrati di Gradisca, a oltre 20 giorni dalla sua prima domanda di ingresso seguita ai gravi episodi di autolesionismo riportati dal Piccolo. Nel suo sopralluogo, durato quasi cinque ore, Pustetto è stato accompagnato da funzionari di Questura e Prefettura e dalla direzione del Cie. Al termine della visita, il giudizio del consigliere regionale sulla struttura è durissimo. «Un luogo non degno di un Paese democratico – le sue prime parole – dove un reato amministrativo è punito con un trattamento che non si vuole definire carcerario, ma che nella pratica è persino peggio della detenzione. Se non altro i penitenziari sono tranquillamente visitabili, mentre dei Cie pare non si possa sapere nulla. Nonostante le mie richieste non ho potuto visionare un regolamento interno o i capitolati dell’appalto». «Già il palleggio di responsabilità fra Viminale e Prefettura di Gorizia sulla mia visita o quella dei giornalisti – prosegue Pustetto – non faceva presagire niente di buono, ma l’impressione è che nei Cie le regole non esistano o siano volutamente poco chiare». Il consigliere nelle sue verifiche dichiara di avere avuto conferma «dell’effettivo verificarsi di almeno due gravi episodi di autolesionismo, i cui protagonisti (i tunisini che si erano cuciti le labbra ndr) sono però stati per tempo trasferiti altrove. Quello che è grave – così ancora Pustetto – è che la funzione stessa del Cie è una contraddizione. Qual è il senso di una struttura definita “di identificazione ed espulsione” se l’80% dei trattenuti proviene dal circuito carcerario e quindi già noto alle autorità? E se hanno scontato già la propria condanna, come si giustifica il supplemento di pena (il trattenimento sino a 6 mesi del decreto Maroni ndr) cui queste persone sono sottoposte? Sorvolando poi – continua Pustetto – sulla assurdità della forzata convivenza fra persone che hanno commesso reati e altre la cui unica colpa è non avere più un posto di lavoro e quindi un documento di soggiorno valido. La verità è che i Cie sono un sistema ipocrita, uno spot elettorale da milioni di euro per chi sui temi della sicurezza ci marcia anzichè risolverli». Pustetto ha posto l’accento sulla qualità dei servizi interni: «Nessuna attività è svolta all’interno, neppure un corso base di italiano. Gli operatori non sono formati, ma imparano il mestiere direttamente sul campo»; le condizioni di assoluta promiscuità «sia al Cie che al Cara, ove vi sono anche famiglie, si dorme in 8 in una stanza», la qualità del cibo, il servizio sanitario: «Ci sono persone che dichiarano di essere stati assistiti da Centri di salute mentale. Posto che possa anche trattarsi di una messa in scena, trovo gravissimo che possano essere imbottite di psicofarmaci anzichè venire verificata la loro condizione in strutture adeguate. È necessario un osservatorio permanente sul Cie di Gradisca e un pressing dei colleghi consiglieri. Li inviterò a visitare uno per uno la struttura – conclude Pustetto – cercando di mettere sabbia negli ingranaggi di un sistema che sfugge a ogni regola democratica propria di un Paese civile» (l.m.)

Roma 23 scarcerati

Roma 23 scarcerati, dopo essere stati picchiati, maltrattati ed insultati; e Maroni non è ancora contento.

Si che c’erano gli infiltrati

Scarcerati i 23 giovani fermati Alemanno attacca, scontro con l'Anm

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Repressione/ Assolti i due studenti del Marinellli

MV 17 dicembre 2010

A Udine assolti due studenti
per l’occupazione del liceo Marinelli

studenti, protesta, occupazione

di Guido Surza

Un applauso educato, ma fragoroso, è seguito alla lettura del dispositivo della sentenza che ha assolto ieri i due ex studenti del liceo scientifico Marinelli inquisiti per l’occupazione del 28 ottobre 2008. Assolti «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di interruzione di pubblico servizio, «perché il fatto non costituisce reato» dall’ipotesi di violenza privata.

UDINE/ Rassegna stampa manifestazione studenti

MV VENERDÌ, 17 DICEMBRE 2010 Pagina 1 – Udine

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Anche il Pm Danelon chiede l’assoluzione

Assolti per l’occupazione del liceo Marinelli

Fragoroso applauso degli studenti in tribunale per i due finiti sotto inchiesta

L’ACCUSA

LA SENTENZAx

La protesta del 28 ottobre 2008 culminò con l’intervento della polizia perché la porta principale era chiusa Il giudice Persico: per l’interruzione di pubblico servizio il fatto non sussiste, per la violenza privata non costituisce reato

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di GUIDO SURZA

Un applauso educato, ma fragoroso, è seguito alla lettura del dispositivo della sentenza che ha assolto ieri i due ex studenti del liceo scientifico Marinelli (oggi ventenni) inquisiti per l’occupazione del 28 ottobre 2008. Assolti «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di interruzione di pubblico servizio, «perché il fatto non costituisce reato» dall’ipotesi di violenza privata.
L’udinese Alberto Casonato e Ambra Demarchi (già residente a Venzone e oggi abitante in provincia di Belluno) non erano seduti al fianco del loro difensore, l’avvocato Andrea Sandra, al banco degli imputati. C’erano però i loro amici, che l’avvocato ha invitato a entrare nell’aula del tribunale in maniera ordinata, non soltanto per mostrare solidarietà. Dalle loro mani si è alzato l’applauso – caso più unico che raro in una udienza dibattimentale – quando il giudice monocratico Mariarosa Persico ha letto il dispositivo di assoluzione. Anche il pubblico ministero Claudia Danelon, dopo aver ascoltato le deposizioni dei sette testimoni, si è convinto che non si potesse configurare l’ipotesi dell’interruizone di pubblico servizio e che non potesse sussistere l’accusa di violenza privata.
Quattro studenti, due poliziotti della Digos e il dirigente del liceo, Tomaso Di Girolamo hanno deposto rispondendo alle domande. Ne è emerso un quadro probatorio incerto, anzi inesistente, da convincere il Pm Danelon che quella mattina non soltanto il personale della scuola (docente e amministrativo), ma anche gli stessi studenti, ebbero libero accesso attraverso altre porte dell’edificio, nonostante quelle principali su viale Leonardo da Vinci fossero chiuse con catena e lucchetti. Quanto alla sospensione delle lezioni, anche l’accusa si è convinta che la protesta era stata regolare, ma soprattutto concordata con lo stesso dirigente scolatico.
Dopo la requisitoria del pubblico ministero, l’avvocato Sandra aveva dunque una “autostrada” davanti per poter aggiungere soltanto alcuni concetti. Per esempio, che la chiusura portone fu soltanto un’azione dimostrativa; che questo gli risultava essere l’unico caso in Italia di studenti inquisiti. Secondo il difensore, le deposizioni testimoniali hanno dimostrato che i ragazzi erano liberi di entrare e uscire dalla scuola; lo stesso avvocato ha ricordato come in questi casi gli studenti “impegnati” restano a scuola in assemblea, mentre gli altri “occupano” i bar della città.
Alberto Casonato e Ambra Demarchi erano stati condannati con un decreto penale del Gip su richiesta della procura (15 giorni di reclusione convertiti in 570 euro di multa) e si erano opposti ritenendo che soltanto con le deposizioni al processo si sarebbero spiegati i fatti diversamente da come erano stati qualificati.
Ieri erano presenti in aula anche alcuni dirigenti della questura, che aveva identificato e segnalato alla procura di Trieste anche altri studenti minorenni, per i quali non era stata aperta un’inchiesta parallela di concorso nei reati.

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VENERDÌ, 17 DICEMBRE 2010

Pagina 1 – Udine

«Sollievo dopo 2 anni d’ansia»

Il racconto dei protagonisti

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«Questa esperienza mi ha cambiato la vita». Così si esprime Ambra nel commentare la sentenza di assoluzione arrivata ieri dopo la denuncia per l’occupazione del Marinelli che, dal 2008 a oggi, l’ha vista imputata in tribunale assieme a un ex compagno, Alberto. Nel 2008 il liceo di viale da Vinci, in un clima generale di rivolta contro la riforma Gelmini, era stato occupato da una ventina di persone, ma gli unici maggiorenni erano Alba e Alberto. I due, nonostante la lettera del preside Di Girolamo invitasse a non procedere, furono denunciati per interruzione di pubblico servizio. Appena diciottenni si ritrovarono catapultati in un tribunale. «La vicenda mi ha fatto passare la voglia di continuare gli studi – racconta Ambra – perché eravamo arrabbiati con il ministro Gelmini per le decisioni assunte nel decreto, e non solo non siamo stati ascoltati, ma addirittura denunciati. Ho perso la fiducia. Studiavo in un liceo, perciò avrei dovuto intraprendere anche la strada dell’università, ma dopo la denuncia ho deciso di ritirarmi da scuola e dare un taglio netto».
Oggi Ambra vive in Veneto perché – dice – «quando incontravo qualche compagno mi chiedeva a che punto fosse il processo e la situazione era diventata troppo pesante». Ieri finalmente la bella notizia, comunicatale dai genitori perché lei era al lavoro: «Sono stati due anni impegnativi, con parecchie occasioni di angoscia, ma sono felice che alla fine sia andato tutto bene». Comprensibile anche la soddisfazione di Alberto che ha atteso d’essere a casa per comunicare la bella notizia ai genitori: «Mentre leggevano la sentenza il cuore ha accelerato i battiti, ma sono soddisfatto anche perché è stato il pubblico ministero a chiedere l’assoluzione. Fortunatamente non ho avuto ripercussioni a scuola, ma sono stati due anni carichi d’ansia». Fra il pubblico, oltre a molti studenti (alcuni dei quali compagni nell’occupazione del 2008), c’era anche il preside Di Girolamo, felice dell’epilogo: «È stata la soluzione più giusta perché i ragazzi hanno sbagliato, ma avevano già subito la punizione in ambito scolastico. Nessuno si era fatto male e non c’era stato alcun danno». (m.z.)

 

 

VENERDÌ, 17 DICEMBRE 2010

Pagina 1 – Udine

«Noi lottiamo per i professori ma loro cosa fanno?»

Gli studenti in corteo: «No alla violenza confronto duro, ma senza degenerare»

L’APPELLO

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Gli studenti friulani condannano gli scontri avvenuti martedì a Roma dopo il voto che ha salvato il governo Berlusconi. «Il confronto – dicono – deve essere duro, ma non può degenerare in violenza». Rimane però l’amarezza per la completa incuranza da parte del governo verso le loro istanze, «rimaste inascoltate». Lo hanno ribadito i circa 150 studenti che hanno preso parte alla manifestazione pacifica che ha caratterizzato la gelida mattinata udinese di ieri. Ma, negli sguardi dei passanti, si poteva leggere anche diffidenza verso i giovani, probabilmente perché nella memoria di molti sono rimaste le immagini dei tafferugli visti in televisione.
La posizione di condanna contro la guerriglia verificatasi a Roma in concomitanza con il voto di fiducia al governo è emersa più volte durante il dibattito fra i ragazzi al termine del corteo udinese. In piazza Venerio sono state numerose le posizioni che si sono succedute, ma nessuno crede che gli studenti siano stati la miccia all’origine degli scontri. Piuttosto si è parlato di fantomatici gruppi di facinorosi e di Black block.
Il Movimento studentesco non ha espresso una posizione definita perché «non sono ancora pienamente chiari gli elementi per poter pronunciare un giudizio definitivo – ha commentato Giovanni Lupieri, esponente del Movimento -, ma dal mio punto di vista la manifestazione di Roma palesa un disagio presente non solo fra gli studenti ma nell’intera società contro la classe politica che non è più al servizio del cittadino».
E i ragazzi, ieri, sono andati a manifestare direttamente davanti agli uffici del rappresentante del governo in città. Il lungo serpentone, partito da piazza Primo maggio e sfilato nel centro storico, ha fatto tappa in via della Prefettura per gridare tutto il proprio sconforto. «Non possiamo più scendere in piazza solo per la scuola – hanno detto i  ragazzi dal microfono – perché tutto ci riguarda. È impensabile che un uomo come Silvio Berlusconi sia al governo. Vogliamo dire no al suo governo, no al ministro Gelmini e no ai processi contro la libertà d’espressione».
Arrivati in piazza Venerio, prima che una piccola delegazione di studenti entrasse in tribunale per seguire l’udienza dei due giovani imputati per l’occupazione del Marinelli del 2008 (terminata, come riferiamo in altro articolo, con una doppia assoluzione), i ragazzi hanno urlato a gran voce tutti i “no” contro i tagli al loro futuro: «No al taglio di 12 miliardi di euro alla scuola, no ai 150 mila posti in meno per gli insegnanti e ai 40 mila in meno per il personale assistente, tecnico e amministrativo. No alla riduzione dell’offerta formativa, alle ore da 60 minuti e al tetto di 30 alunni per classe».
I giovani però accusano la pesantezza e l’amarezza di rimanere inascoltati. E cercano strategie nuove per ottenere ciò che chiedono, ovvero «consentire la sopravvivenza della scuola pubblica». E così si propone un’alleanza strategica con i “prof”: «Noi lottiamo anche per loro – ha premesso un giovane -, ma loro non scendono mai in piazza al nostro fianco». E c’è chi pensa di alzare l’asticella dello scontro: «Blocchiamo le vie principali della città, sediamoci sui binari della stazione, almeno così non potranno più non ascoltarci».
Michela Zanutto

UDINE/ Manifestazione Universitari e Medi mercoledì 22

E’ l’ora dell’autogestione dell’informazione, della cultura e della scienza

Il ddl Gelmini è legge: adesso le università saranno zone rosse per il governo, noi non ci fermiamo riprendiamoci il futuro!

The best is yet to come! per un futuro oltre la crisi – Editoriale Uniriot

 

Report infoaction Udine 22 dicembre 2010

Probabilmente è la fine del movimento ed invece dovrebbe essere solo l’inizio. L’inizio dello sviluppo dei contenuti, ma si tratta di una strada in salita. Il Potere vuole distruggere la “scuola pubblica”? Allora sarebbe arrivato il momento di capire che tutto questo lascia un vuoto che può/deve essere colmato con l’autogestione della cultura. Una nuova cultura che superi la dicotomia umanistico/scientifico e che deve partire dal quella che è la realtà della crisi irreversibile del sistema di dominio che è appena iniziata. Una crisi economica e sociale che non farà che crescere nei prossimi anni quando cominceranno ad arrivare le conseguenze della crisi ecologica indotta dall’economia di rapina dei capitalismi, energivori e dissipativi. Vale a dire quando si incominceranno a quantificare realmente anche i costi economici e sociali dei mutamenti climatici e  del depauperamento dell’ecositema.  Occuparsi del futuro significa soprattutto occuparsi di questo problema che va messo al centro del dibattito politico e di eventuali programmi autogestiti di studio nelle scuole di ogni genere, per lo sviluppo di un’economia sostenibile e di una società libera, aperta, ecologica ed autogestita.

 

pc220001

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PignaruLibertario 2011

PignarûLibertari doi mil e undis

pignarul11

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