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NO TAV Tracciati/ Rassegna stampa post – assemblea di San Giorgio

Messaggero Veneto DOMENICA, 10 LUGLIO 2011 Pagina 54 – Provincia

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SAN GIORGIO

Dalla Bassa appello alla Ue: stop ai fondi per la Tav

SAN GIORGIO DI NOGARO Una petizione per chiedere all’Unione Europea di non concedere più finanziamenti per il progetto della Tav Venezia- Trieste, ma che questi vengano dirottati all’ammodernamento delle attuali linee ferroviarie che hanno traffici pari al 20 % delle loro potenzialità; l’indizione di una mega manifestazione al “Bivio San Polo”, per far capire alle istituzioni che i cittadini di Veneto e Friuli Venezia  Giulia, non vogliono un’opera “distruttiva” su questi territori. Questa è l’azione che si svilupperà nei prossimi mesi per impedire la realizzazione del Tracciato Tav Venezia- Trieste, le cui basi sono state gettate dai comitati No Tav e da diversi amministratori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, nel corso dell’incontro- confronto tenutosi giovedì a Villa Dora di San Giorgio di Nogaro, organizzato dai Comitati della Bassa Friulana e dal gruppo consigliare regionale del Fvg della Sinistra Arcobaleno. Sostegno a queste iniziative “di lotta pacifica” è stato dato dalla eurodeputata Sabine Wils e dal consigliere regionale della Sinistra Arcobaleno Igor Cociancigh, che si sono impegnati a presenziare ad ogni tipo di manifestazione. La Wils ha affermato che l’Europa finanzia solo il 20% dei progetti dell’Italia, il resto lo devono pagare gli italiani, ribadendo che l’Ue supporta gli interessi delle banche e quindi “ci sono interessi per i grandi progetti. Cociancigh ha invece lanciato l’allarme per bloccare ogni tipo di manifestazione sostenendo che si tratta di allarme sociale. Giancarlo Pastorutti, portavoce dei No Tav della Bassa, ha ricordato che l’impatto che la realizzazione di 135 km di tracciato avrà sull’ambiente e sulle tasche dei cittadini. Gli agguerriti esponenti dei comitati del Veneto e del Fvg, hanno ricordato le parole dell’ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, che ha pubblicamente sostenuto che quest’opera non si farà mai. “Allora- hanno detto- perché questo spreco di denari pubblico per la progettazione, mentre i fondi per sanità, istruzione e ricerca, vengono tagliati”? Francesca Artico

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Il Piccolo 9 luglio pagina 32

Corteo da tutto il Nordest per dire no al progetto Tav

di Elena Placitelli

SAN GIORGIO Una manifestazione contro la Tav che veda per la prima volta sfilare i comitati a fianco dei sindaci veneti e friulani. Sul fronte orientale dell’Alta velocità potrebbe intravedersi un’altra Val di Susa. L’idea è stata lanciata l’altro ieri sera a San Giorgio, al vertice organizzato a Villa Dora dai Comitati No Tav della Bassa per mettere a confronto gli amministratori delle due regioni. Luogo e data del corteo restano da definire, ma sarebbe la prima occasione per unire le forze trasversalmente, coordinando da un’unica regia i comitati nati nei rispettivi territori e i loro amministratori. A margine dell’incontro sono queste le conclusioni cui giunge il portavoce locale Giancarlo Pastorutti: «La sala gremita e le conferme degli amministratori – dice – lasciano intendere che i tempi sono maturi per lavorare sull’intera tratta, allargando la discussione fra comitati e sindaci di entrambe le regioni». Si mira a costruire un fronte comune per «dare alle autorità regionali e nazionali – continua – un segnale forte dell’opposizione che anche nel Nordest sta crescendo nei confronti di un’opera inutile e devastante. Bisogna fare massa critica insieme ai sindaci – incalza il portavoce – simulando quello che è appena successo in Val di Susa. L’unione fa la forza, il potere contrattuale è più forte». Non è chiaro se e quando i sindaci si lasceranno “prendere per la giacchetta” come hanno fatto i colleghi piemontesi. Gli amministratori della Bassa già interpellati, come Roberto Fasan di Torviscosa e Mario Romolo Pischedda di Villa (il primo presente alla riunione, il secondo sostituito dal capogruppo Igino Dreassi), avevano ribadito che in Friuli Venezia Giulia i Comuni attendono gli esiti delle osservazioni inviate in Regione dopo la presentazione del progetto preliminare. Per Fasan non sono chiare le scelte che la Regione farà in merito all’asse settentrionale dell’opera. Meno mite Gianni Foffano, consigliere di maggioranza del Comune di Quarto D’Altino: «Per quanto forse sia ancora presto per parlare di una manifestazione – afferma – serve una conferenza dei sindaci veneti e friulani, capace di far sentire il parere contrario di amministratori e cittadini». Il Comune di Quarto d’Altino ha espresso voto contrario alla Tav anche con un atto di Consiglio, e il “no” al tracciato basso è stato condiviso pure dai Comuni di San Donà e San Stino. A San Giorgio c’erano la deputata europea Sabine Wils (Sinistra Unita e Verdi Nord Europa), il funzionario del gruppo trasporti dell’Unione europea, Roberto Copriore, il consigliere regionale di Sinistra Arcobaleno, Igor Koncijancic, gli amministratori di Bagnaria, Doberdò, Muzzana, Ronchi, San Canzian e San Stino. Presenti i rappresentanti dei Comitati, da Quarto d’Altino al Carso passando per l’Isontino.

 

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SAN GIORGIO
No Tav, vertice
con amministratori
veneti e friulani

Sabato 9 Luglio 2011,
SAN GIORGIO DI NOGARO – . Folta partecipazione all’incontro sulla Tav presenti amministratori veneti e del Fvg, interessati al progetto Venezia – Trieste, e l’europarlamentare Sabine Wils.
Importanti le testimonianze del sindaco di S. Stino di Livenza, Luigino Moro, del consigliere «delegato alla tematica Tav» di Quarto d’Altino, Gianni Foffano che hanno ribadito la contrarietà all’opera per gli impatti sul territorio e i costi elevatissimi. La loro proposta è sfruttare l’enorme potenzialità della linea storica con semplici ammodernamenti.
Stessa posizione del Comune di Doberdò del Lago, espressa dall’assessore Jaz.
Per la Bassa è intervenuto l’assessore Enrico Pin del Comune di Bagnaria Arsa che ha sottolineato l’inutilità e i notevoli impatti del raccordo nord-sud di collegamento allo scalo di Cervignano, il cosiddetto “Lunotto”. Da parte sua la Wils ha sottolineato non esserci alcuna imposizione da parte della Ue per le linee ad alta velocità e che i fondi per la costruzione di tratte interne possono avere un contributo del 10% solo quando gli Stati richiedenti dimostrino la copertura finanziaria del rimanente 90%. Sempre la Wils ha reso noto che la definizione “Alta capacità” è un’invenzione tutta italiana.
Restati fuori dalla porta i recenti avvenimenti in Val di Susa, il clima si è riscaldato quando Paolo De Toni, esponente dei Comitati No Tav della Bassa Friulana, ha letteralmente dichiarato: «Se l’ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti dichiara che la Tav da Venezia a Trieste non serve a nulla, tutti gli amministratori dei Comuni interessati non hanno più scuse e devono avvalersi fino in fondo di questa verità per respingere l’intero progetto. Altrimenti dimostreranno di essere complici o succubi del potere consociativo e in particolare degli accordi fra Pd e PdL».
Il sindaco di Torviscosa, Roberto Fasan, chiamato in causa, non ha voluto assumere un posizione esplicitamente No Tav. Una punzecchiata di De Toni anche al vice sindaco, Mareno Settimo, noto ambientalista, sempre in prima linea contro la Tav, «mentre ora tace».
A.L.

 

 

Il Piccolo venerdì 8 luglio 2011

 

Sale la tensione anti-Tav

 

I comitati: patto scellerato

di Elena Placitelli

SAN GIORGIO La Tav? «Un patto scellerato che va smantellato». Cresce l’irritazione dei Comitati di fronte al sistema politico regionale «che continua a puntare sull’Alta velocità, nonostante più volte sia stato ammesso che la linea ferroviaria esistente non è sufficientemente utilizzata». Se la prende con i politici regionali il portavoce nei No Tav della Bassa friulana, Paolo De Toni, intervenuto ieri sera al vertice organizzato a Villa Dora di San Giorgio: «La contraddizione di un’opera inutile e della politica che la vuole ugualmente», come dice De Toni, scalda i Comitati, a pochi giorni dagli scontri in Val di Susa: «Se i sindaci non dimostreranno autonomia decisionale, potrebbe consumarsi uno scontro frontale non solo con i vertici politici, ma anche con gli stessi amministratori del territorio». Nel pieno della protesta in Val di Susa, i No Tav del territorio regionale hanno organizzato un incontro per riportare il tema d’attualità anche sul fronte orientale dell’opera. Un vertice che per la prima volta mette a confronto gli amministratori delle due regioni limitrofe, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Si tenta di tirare per la giacchetta i sindaci della regione, che a differenza dei colleghi piemontesi, tentennano a prendere posizione. Secondo De Toni, la colpa sta nell’atteggiamento di sottomissione che i sindaci avrebbero assunto di fronte ai poteri politici forti: «La politica regionale continua a ignorare la contraddizione plateale, data dall’inutilità dell’opera progettata anche dove la linea esistente è sottoutilizzata. Un atteggiamento – insiste De Toni – che irrita i comitati, i quali si aspettano che i sindaci acquisiscano questo dato e si comportino di conseguenza. Per ora, invece, dimostrano esclusivamente di sottostare ai diktat regionali, determinati dalle posizioni dei consiglieri Daniele Galasso, Mauro Travanut e dall’assessore Riccardo Riccardi». Veri e propri «ordini consociativi», secondo il portavoce No Tav, dettati sia dal Pd che dal Pdl. Non si discosta molto la visione del consigliere regionale di Sinistra Arcobaleno, Igor Koncijancic, per il quale «alcuni sindaci subiscono pressioni della parte politica di appartenenza, mentre altri ormai credono in buona fede nell’opera, dopo anni di indottrinamento. Ma insistere è un delirio, tanto più che l’Unione europea non chiede l’Alta velocità, ma solo collegamenti più funzionali. Ha dunque senso migliorare la linea esistente – chiosa – senza imporre un’opera costosissima e devastante per il territorio»

 

INFRA STRUTTURE/ Super porto: la farsa (per fortuna) continua

Il Piccolo 9 luglio 2011

La manovra Tremonti affonda il progetto Unicredit del superporto

di Marco Ballico

La manovra economica minaccia anche il progetto Unicredit. Il vicepresidente di Unicredit Logistic Maresca: “Le opere in project financing diventano impraticabili perchè l’ammortamento si spalma nell’arco di un secolo”

 

di Marco Ballico

TRIESTE

Non solo la A4, anche il Superporto. La manovra Tremonti minaccia pure il progetto Unicredit. Maurizio Maresca, il vicepresidente di Unicredit Logistic, conferma i rischi: «Se il dettato del decreto non cambia, il progetto è affossato». Nei giorni in cui il Friuli Venezia Giulia si vede chiamato a contrarre la spesa per centinaia di milioni oltre ai 154 previsti del 2012, sul tavolo dei tagli ci sono pure le infrastrutture chiave per il territorio. Maresca è molto chiaro: «Tutte le opere che si realizzano con finanza privata diventano impraticabili, dato che l’ammortamento si può spalmare nell’arco di cent’anni».

Il superporto come la terza corsia? «È la stessa cosa. Per le autostrade, per i porti e per i superporti. Il Friuli Venezia Giulia è coinvolto pesantemente». La questione sollevata dal vicepresidente di Unicredit Logistic rimanda alla manovra finanziaria del governo, quella che fissa il limite massimo dell’1% per la quota di ammortamento e lo diluisce su un secolo, un modo per aumentare a favore dello Stato le entrate tributarie ma anche per stoppare l’interesse degli istituti di credito al finanziamento delle opere. La premessa di Maresca è che la “gamba tesa” di Tremonti non è il primo dei problemi: «Ce ne sono mille prima di questo.

E, per precisione, il nodo non riguarda solo noi: se rimane questa formulazione, non passa il superporto ma non passa nemmeno, per restare in questa regione, nemmeno la terza corsia». Tutto fuorché una spinta in avanti. Per chi ne avrebbe bisogno: «Il decreto legge, se rimane questa formulazione, rende impossibile anche il Trieste-Monfalcone. Ma, nel caso specifico, va rilevato che il governo non aveva adottato nessun tipo di decisione. Un ritardo molto grave, tale da affossare il progetto. Un ritardo, forse, decisivo a prescindere». Unicredit non ci crede più? «Diciamo che l’atteggiamento psicologico del gruppo è tale da ritenere l’iniziativa tramontata».

Insomma, il superporto non si farà? Maresca precisa di parlare a titolo personale. E afferma: «Con questo decreto legge il superporto non si farà. Ma, ad onor del vero, anche non si fosse questo provvedimento, al momento salterebbe lo stesso». L’emendamento salva infrastrutture? «Ho parlato con tutti. So che si sta lavorando per il testo che sopprime la norma. Se non sarà accolto, si arriverà al livello europeo. Ci saranno le sedi per risolvere la questione sul piano comunitario, ma al momento la situazione non è favorevole», conclude Maresca ribadendo la strategicità del progetto: «Se si risolvessero le criticità del porto di Trieste, che non sono le infrastrutture portuali, del tutto secondarie, ma invece le infrastrutture ferroviarie di alimentazione da Ovest o da Est e meglio ancora se da tutte e due le parti, allora Trieste potrebbe svolgere un ruolo da porto internazionale».

E ancora, sui numeri del mercato: «Trieste oggi ha una criticità di base che è rappresentata da un limite fisico che non la può far giungere a 800 mila teu. Oggi non ne fa nemmeno 250. Ma è certo che se ci fossero le infrastrutture serie per supportare Trieste, il suo porto potrebbe avere un ruolo diverso». Suonano come beffa, a questo punta, gli auspici del ministro degli Esteri Franco Frattini di due mesi fa: «L’intesa Stato-Regione Friuli Venezia Giulia per avviare il progetto di superporto Trieste-Monfalcone presentato un anno fa da Unicredit sarà firmata entro fine estate».

PORDENONE: i migranti riempiono le strade e le piazze!

migrantjuly-09copyPiù di 600 migranti hanno di nuovo riempito le strade e le piazze di Pordenone. Sempre più incazzati ma allo stesso tempo festosi e rumorosi con tamburi, balli e strumenti musicali hanno fatto da contraltare ad una città moribonda sotto un solo cocente. Questa manifestazione segue quella precedente degli oltre 1500 che il 5 febbraio di quest’anno hanno divelto il muro d’omertà che li vedeva produttivi e invisibili in questa ricca porzione di territorio del nord est.

 

Le motivazioni sono le stesse e riguardano l’ormai 15% di popolazione migrante che qui vive e che in questa crisi globale sta pagando il prezzo più caro in quanto anello debole nella gerarchia del capitale e dello stato secondo la logica del profitto e dello sfruttamento: braccia da lavoro se servono, scarti da rispedire a “casa” quando non servon più ed ancora detentori di una manciata di diritti con un pezzo di carta e carname da cacciare o peggio rinchiudere nei CIE quando il pezzo di carta “scade” come la merce nel supermercato! Continue reading →

PORDENONE: volantino distribuito alla manifestazione dei migranti 9/07/2011

CONTRO I MURI DI ODIO E PAURA, PER LA COSTRUZIONE DI RAPPORTI SOLIDALI E LIBERI

Pordenone e provincia hanno alcuni primati che tutti dovrebbero conoscere: in rapporto al numero di abitanti è la città con uno dei tassi più alti di immigrati (15%) e allo stesso tempo con il numero di delinquenza tra i più bassi; è il territorio in cui la Lega e a ruota il centrodestra, ha emanato, approvato e partorito il tasso di leggi e politiche antimmigrazione più discriminanti e vergognose sia in regione sia sul piano nazionale.

Questi due aspetti ad una persona dotata di buon senso dovrebbero bastare per prendere le distanze dallo spauracchio indecente di questi razzisti “padani” e, dall’altro, chiedersi come mai l’immigrato è al centro dell’ossessione securitaria di tanta gente.

migrantjuly-13Chiunque viva e lavori in queste terre si rapporta con i migranti, le famiglie, i figli, nella scuola, nelle fabbriche, per la strada, nei supermercati e non è un caso che quando le persone vengono intervistate rispetto all’esperienza e conoscenza personale la stragrande maggioranza si riferisce a loro come “gente per bene o a posto”, “lavoratori”, “gentili”, “tranquilli” ecc. per poi cambiare radicalmente parere quando dalla realtà si passa all’astratto “fenomeno immigrazione”. Ecco allora che sbucano i pericolosissimi “clandestini”, le fantomatiche “invasioni” e l’ancora più abominevole snaturamento dell’“identità e tradizione locale” e cioè tutta la propaganda cara alla lega e ai postfascisti ma, ahinoi, metabolizzata anche da parte della cosiddetta sinistra che nella “paura” di perdere iscritti al sindacato o elettori moderati alle politiche parla di non “contrapporre” lavoratori immigrati e autoctoni (negando ciò che di fatto è già nella realtà per non prendere posizione pubblicamente contro chi patisce più di tutti lo stato della crisi) o redarguisce con “diritti e doveri” chi si ritova nella condizione di essere espulso o peggio rinchiuso dentro a dei lagher come sono i CIE (centri di Identificazione ed espulsione) dopo che ha sempre lavorato, pagato i servizi e mandato i figli a scuola.
Come avviene sovente i “deboli” diventono potenziali “destabilizzatori” se non “delinquenti” e i privilegiati assurgono ad icona di povere vittime di chissà quali scorribande e ruberie (del lavoro, delle case, delle tradizioni e simili fesserie da ventennio).
Eppure i dati alla mano e la conoscenza diretta dello stato di cose ci restituiscono una dimensione riscontrabile da tutti: dal lavoro come ricatto costante e perenne per questi cristi detentori di diritti solo in quanto “manovalanza” utile alle aziende, dimensione lavorativa che si sta estendendo anche agli autoctoni che invece di prendere coscienza e battersi assieme ai migranti, spesso, preferiscono rivendicare “meriti di sangue” reclamando la carità ai padroni e puntando l’indice verso l’anello più debole; peggio ancora a Pordenone abbiamo assistito a livelli di xenofobia che dal patetico (come le ronde padane totalmente inutili e rdicolizzate persino dalle locali redazioni dei quotidiani) passano al tragico come nel caso dell’ambulatorio per irregolari chiuso per legge regionale mettendo nel terrore chi trovandosi momentaneamente senza carta di soggiono per paura di essere espulsa o rinchiusa ha rischiato di morire atrocemente evitando i soccorsi.
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Questi sono solo alcuni esempi che dovrebbero destare preoccupazione e senso di solidarietà a chiunque antepone all’egoismo e la paura valori come dignità e libertà!

Siamo in piazza oggi a fianco dei migranti come lo siamo stati in tutti questi anni “senza se  senza ma” per ribadire con forza che c’è una Pordenone solidale, attiva e determinata nello sbarazzarsi delle culture dell’odio, della paura e dell’indifferenza. Inviatiamo tutti a partecipare in questo stesso momento con noi ed attivarsi già domani per allargare i diritti e la libera circolazione per chi, legittimamente, chiede di poter ricercare la propria felicità per se e per la propria famiglia alidilà delle frontiere, delle etnie e dei muri, a partire da quelli mentali!

Iniziativa Libertaria

INFRA STRUTTURE/ Slovenia, e la TAV dov’è?

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Il Piccolo 11/07/11

 

Infrastrutture, Lubiana ‘dribbla’ Trieste

 

Nel Piano strategico sloveno non compare alcun collegamento ferroviario. La scelta cade sulla linea con Divaccia. Tracciato che dovrebbe svilupparsi per 12 km in Italia e per 9 in Slovenia e sul quale i treni dovrebbero viaggiare a 250 chilometri orari

 

 

di Silvio Maranzana

 

TRIESTE

 

Non c’è il tratto sloveno della Trieste-Divaccia e nemmeno il collegamento tra i porti di Capodistria e di Trieste tra le opere ferroviarie previste dal Piano delle infrastrutture del Ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia. In ambito ferroviario nel documento di cui Il Piccolo è entrato in possesso, sono citati soltanto tre collegamenti e al primo posto vi figura la realizzazione della nuova linea tra Capodistria e Divaccia, quella che se realizzata molto prima o addirittura senza i tratti di collegamento con il capoluogo del Friuli Venezia Giulia rischia di mettere Trieste e la sua regione fuori dalle grandi rotte europee dei traffici. Il Piano di Lubiana sembra in contraddizione con il pronunciamento avvenuto qualche settimana fa da parte della Commissione intergovernativa italo-slovena che ha approvato lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, tracciato che dovrebbe svilupparsi per 12 km in territorio italiano e per 9 in quello sloveno e sul quale i treni dovrebbero venir lanciati a 250 km. orari.

 

Il costo della Capodistria-Divaccia, lunga 27,1 km., viene stimato in 900 milioni di euro e la partenza dei lavori viene indicata già nel 2011, la conclusione nel 2018. Nel Piano si fa riferimento al fatto che oggi la Capodistria-Divaccia si sviluppa su un solo binario il che rappresenta «un ostacolo allo sviluppo del porto di Capodistria» che è definito importante non solo per la Slovenia, ma anche per Austria, Ungheria, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ucraina. Nel documento si sottolinea come dopo il raddoppio gli attuali 82 treni al giorno potranno divenire 231 e la capacità di trasporto crescerà da 14.264 a 27.485 tonnellate di merci all’anno. Le uniche altre due linee ferroviarie previste dal Piano sono la Lubiana-Jesenice con raccordo per l’aeroporto di Brnik e il secondo tratto della Maribor-Sentilj.

 

Il secondo capitolo del Piano riguarda invece le infrastrutture marittime e focalizza l’attenzione su due progetti soltanto, proprio nei settori in cui lo scalo sloveno sta per ora non solo facendo concorrenza, ma addirittura surclassando quello triestino, e cioé i container e le crociere. Primo obiettivo è dunque la realizzazione del Molo Terzo, indicato come secondo terminal container, in grado di movimentare 750mila teu all’anno. La nuova banchina sarà lunga all’incirca un chilometro e grazie alle operazioni di dragaggio avrà fondali di 17 metri. Potrà contare su un’area di magazzini di 200mila metri quadrati, su binari ferroviari, raccordi stradali e una palazzina direzionale.

 

L’investimento complessivo previsto è di 490 milioni di euro. Si calcola che la banchina potrà essere completata nel giro di 6 anni, ma poiché sarà realizzata per moduli potrà essere parzialmente utilizzata già precedentemente. Proprio il Molo Terzo potrebbe essere l’elemento fondamentale se Unicredit decidesse di dirottare su Capodistria il progetto del Superporto concepito per Monfalcone e Trieste. Ma secondo le stesse affermazioni di Luka Koper sono molti altri i potenziali investitori privati che si sarebbero già fatti avanti. Il secondo progetto previsto dal Piano in questo ambito è la Stazione marittima che sarà in grado di ospitare tremila passeggeri.

 

Lo studio rivela come il traffico crocieristico a Capodistria sia passato dalle 18 navi con mille passeggeri nel 2005 alle 65 navi con 40mila passeggeri nel 2010, mentre proprio per quest’anno è previsto un ancor più forte balzo di presenze. L’investimento per la Stazione marittima e le aree contigue è valutato in 8,7milioni di euro ai quali vanno aggiunti ulteriori 2 milioni per modificare la linea di costa. Si evidenzia che l’intera costruzione potrà essere completata in soli due anni.

 

 

CIE DI GRADISCA: slitta ancora il cambio di gestione

Il Piccolo del 12/07/11

Gestione del Cie, nuova proroga

 

GRADISCA Non si riesce a sciogliere il nodo-gestione, Cie e Cara navigano a vista. Ennesima proroga, ormai la quinta, nella gestione della struttura per migranti isontina: il mandato della coop trapanese Connecting People è stato esteso fino a fine luglio dopo i già avvenuti prolungamenti da dicembre a febbraio, poi sino a fine aprile. Da allora di fatto la convenzione con il gestore uscente viene prolungata di mese in mese. Ma come mai non si arriva al cambio della guardia sancito nei mesi scorsi dalla gara d’appalto? Pare vi siano degli intoppi nell’affidamento al consorzio temporaneo d’impresa fra la francese Gepsa e tre soggetti italiani (Cofely Italia e le coop Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma). Uno dei soggetti che compongono la cordata, infatti, sarebbe oggetto di indagini e potrebbe dunque non avere i requisiti per la gestione. Qualora saltasse l’affidamento, subentrerebbe la seconda in graduatoria, la stessa Connecting People, mentre la goriziana Minerva, terza classificata, sarebbe pronta a presentare ricorso. Intanto il Cie ospita appena una sessantina di migranti. Ovvero praticamente il massimo consentito dall’attuale capienza. Dopo i gravi danneggiamenti di febbraio e marzo l’unica ala pienamente agibile è la cosiddetta zona verde, che ospita gli immigrati, mentre nella zona blu è agibile una sola camerata. Sono invece in corso i lavori di ripristino della zona verde. Nel frattempo nei confronti dei Cie in tutto il Paese si sta rifacendo forte l’ondata di dissenso. Il 25 luglio vi sarà una giornata di mobilitazione in tutta Italia per protestare contro il divieto imposto ai giornalisti di entrare nei Cie e nei Cara. Si tratta di un’iniziativa congiunta di parlamentari italiani, Ordine dei giornalisti e Federazione nazionale della stampa. Nei giorni scorsi invece si è concretizzata davanti alla ex Polonio una tappa di Centodonnecentobici, un cicloviaggio al femminile alla scoperta dei territori militarizzati italiani. Una quindicina di donne si sono serrate la bocca con il nastro adesivo a simboleggiare il silenzio che permea quanto avviene all’interno della struttura. Le manifestanti hanno invocato trasparenza e un trattamento più umano dei migranti trattenuti al Cie di Gradisca, che – “persone non colpevoli di alcun reato” – smettono di essere persone “per diventare solo dei numeri”. (l.m.)

PORDENONE: comunicato di Iniziativa Libertaria dopo il corteo dei migranti

COMUNICATO STAMPA – I soliti politicanti di professione, il solito razzismo

A Ciriani, solito a dividere italiani e stranieri fomentando la guerra tra poveri, rispondiamo all’accusa di fare i “rivoluzionari di professione” che mentre tutti noi, con cittadinanza o senza, tiriamo la carretta a causa della crisi lui si piglia stipendi d’oro reggendo un ente inutile come la provincia che tutti a parole vorrebbero abolire e che poi però salvano puntualmente perché ci sono troppi politicanti bipartisan a cui parare il culo, magari appaltando alle associazioni “amiche” eventi in cui viene invitata gente “autorevole” radiata dall’ordine dei giornalisti e dalla FIGC.

 

Non manca neppure Loperfido, solito sputare sentenze e chiedere sanzioni, il consigliere che da leader di Azione Giovani assieme al suo amicone presidente della provincia hanno invitato in pompa magna a Pordenone il fustigatore di immigrati Pier Gianni Prosperini presso l’Hotel Moderno, un gran convegno con battutacce folkloristiche e razziste; lo stesso personaggio (ex assessore al turismo e lo sport in Lombardia) che poco tempo dopo è stato arrestato in diretta su Antenna3 per corruzione e tangenti ed indagato per traffico illegale d’armi all’Eritrea. Da questo pulpito verrebbero gli appelli alla legalità e al merito? Invece di chiedersi perché c’erano le bandiere anarchiche in corteo, da sempre a fianco e a sostegno delle lotte degli oppressi e dei più deboli, si chieda come mai non c’erano quelle della Lega e del PDL…forse perché fautori delle peggiori leggi xenofobe degli ultimi anni?

A Pedrotti, che chiede di rivedere le concessioni ai cortei a Pordenone ponendo maggiori limiti, rispondiamo che la cosa sfiora l’assurdo. Quanti cortei ci saranno in un anno? 3, 4 forse 5? Manifestare liberamente fa parte del diritto di critica ed espressione, formula tanto cara a chi sventola la democrazia come massimo sistema, poi appena la protesta infastidisce i piani alti o qualche benpensante riemerge l’opzione di mettersi a fare lo sceriffo inseguendo la destra illiberale.

 

I lavoratori, i disoccupati, i precari, gli studenti autoctoni e non stanno pagando una crisi provocata da un economia fallimentare che si basa sullo sfruttamento e la gerarchia sociale, la soluzione sta nell’abbattere questo sistema in putrefazione, creando l’alternativa, e non nel perpetuarlo.

Iniziativa Libertaria

NUCLEARE/ Il Giappone ci ripensa?

Dobbiamo crederci?

CERMIS, i marines: tutta colpa nostra

Cermis, i marines:

tutta colpa nostra

 

Già dopo un mese, il rapporto interno non lasciava dubbi. Ma i quattro piloti dell’aereo partito da Aviano furono scagionati.

di Enri Lisetto

 

PORDENONE. I vertici militari degli Stati Uniti, già un mese dopo la tragedia del Cermis, erano a conoscenza delle responsabilità dei quattro piloti del Prowler partito da Aviano che tranciò i cavi della funivia di Cavalese provocando 20 morti, e dissero sì al risarcimento dei danni ai congiunti delle vittime. Lo rileva il rapporto investigativo finale redatto dalle forze armate Usa pubblicato ieri da La Stampa. Il 5 marzo 1998, poche settimane dopo la tragedia avvenuta il 3 febbraio alle 15.13, il generale Timothy A. Peppe, comandante del 31° Fighter Wing, si era presentato agli investigatori, come riporta il quotidiano torinese, per fare una rivelazione: «Il 4 febbraio, il giorno dopo l’incidente, il tenente colonnello Muegge (comandante dello squadrone, ndr) gli aveva confidato che tutti, a parte Ashby (uno dei piloti, ndr), sapevano del limite di duemila piedi per i voli a bassa quota». La conclusione di Peter Pace, comandante dei Marines, di origini italiane, nel firmare il rapporto conclusivo, il 10 marzo 1988 fu netta: «Tutte le richieste appropriate di risarcimento per le morti e i danni dovranno essere pagate».

 

Pace aveva ordinato un’inchiesta guidata dal generale Michael De Long, a cui per l’Italia avevano partecipato l’allora comandante dell’aeroporto di Aviano Orfeo Durigon e uno dei predecessori, all’epoca allo Stato maggiore dell’Aeronautica a Roma, Fermo Missarino. «Il governo italiano – si legge nel rapporto – aveva formalmente chiesto agli Usa di rinunciare alla giurisdizione personale sui quattro membri dell’equipaggio».

 

Arrivati ad Aviano per le operazioni in Bosnia l’agosto precedente, quando l’Italia aveva imposto nuove regole sui voli a bassa quota in montagna. Disposizioni che i militari avrebbero avuto – e che segnalavano la presenza della funivia – nell’aereo. I piloti però non sarebbero stati informati dai loro superiori circa le limitazioni (ma non avrebbero comunque potuto scendere sotto i mille piedi), tanto che questi ultimi furono puniti. «La causa dell’incidente è stata un errore dell’equipaggio – conclude il generale Pace –. Ha manovrato aggressivamente l’aereo, scendendo molto più in basso dei mille piedi autorizzati».

 

Il tribunale di Trento dichiara la non sussistenza della giurisdizione italiana, il processo si celebra in Corte marziale negli Usa. I quattro piloti del Prowler furono scagionati. Il Congresso americano respinge lo stanziamento di 40 milioni di dollari di risarcimento ai familiari delle vittime. L’Italia anticipa 4 miliardi di lire per ogni vittima, rimborsati dagli Stati Uniti per il 75 per cento, come previsto dagli accordi bilaterali. Accordi che l’ex sindaco di Cavalese Mauro Gilmozzi chiede di modificare.

CONCORSO DI IDEE per la soluzione della crisi

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Metterli su un Titanic ed annegarli tutti in un colpo solo

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