Entries from Marzo 2017 ↓
Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Dal Piccolo del 17/05/12
Altri due poliziotti indagati per la morte di Alina
di Corrado Barbacini Altri due avvisi. Due poliziotti in servizio al commissariato di Opicina sono da ieri mattina sotto indagine da parte del pm Massimo De Bortoli per la vicenda del suicidio di Alina Bonar Diachuk, la donna ucraina detenuta arbitrariamente in una stanza chiusa a chiave all’interno della caserma. Nella stessa inchiesta è indagato il funzionario responsabile dell’ufficio immigrazione Carlo Baffi. Ai due agenti vengono contestate dal pm De Bortoli le accuse di omicidio colposo e violata consegna. Secondo gli accertamenti effettuati dagli investigatori della polizia e della finanza, i due uomini in divisa che avrebbero dovuto vigilare la donna “reclusa” in realtà non lo hanno fatto. Praticamente l’hanno chiusa nella cella senza mai minimamente controllarla. A trovarla priva di vita erano stati infatti due altri agenti dell’immigrazione che erano andati a prenderla per accompagnarla dal Giudice di pace. Ed era stato in quel momento che era scattato l’allarme. Troppo tardi, perché Alina era già morta. Le immagini della telecamera a circuito chiuso hanno drammaticamente filmato l’estremo gesto di Alina Bonar Diachuk. La sua è stata un’agonia durata oltre 40 minuti. Si vede mentre disperata si scaglia contro il muro e poi mentre batte la testa. E poi mentre estrae dalla felpa un cordino e lo annoda attorno al collo e poi a un termosifone. La si vede poi seduta mentre chiude con la vita. Queste immagini che paradosalmente non sono nemmeno state viste attraverso il monitor dall’agente in servizio di piantone fanno parte integrante dell’inchiesta. L’agente in servizio, secondo il regolamento, avrebbe dovuto verificare costantemente quello che accadeva all’interno della stanza dove era stata detenuta l’ucraina. Invece non ha mai dato uno sguardo al monitor e non è mai entrato nella camera della morte. L’altro poliziotto destinatario di un’informazione di garanzia quel giorno invece era uscito dalla caserma lasciando il collega. Ad annunciare che oltre a Carlo Baffi «ci sono altre persone sulle quali si è appuntata l’attenzione della Procura», era stato già l’altra sera il procuratore capo Michele Dalla Costa. E ieri gli investigatori di quello che è sato definito il “pool Alina” sono andati al commissariato di Opicina dove hanno notificato gli avvisi effettuando contestualmente le relative perquisizioni disposte dal pm Massimo De Bortoli. Intanto Paolo Pacileo, l’avvocato di Carlo Baffi ha presentato un’istanza al Tribunale del Riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale prelevato mercoledì scorso a casa di Carlo Baffi. Si tratta di una decina di volumi dichiaratamente antisemiti: gli autori sono tra gli altri Julius Streicher, Adolf Hitler e Julius Evola. Facevano parte della biblioteca privata del funzionario di polizia. Gli agenti quel giorno avevano anche sequestrato, poco prima della perquisizione a casa, anche sei proiettili di pistola non denunciati e una copia della targhetta dell’Ufficio immigrazione delle dimensioni di un foglio protocollo. Sulla parte destra della targa posticcia, è inserita una foto di Mussolini. A sinistra si legge in caratteri simili a quelli usati nel Ventennio: “il dirigente dell’ufficio epurazione”. Proprio il ritrovamento di questa targa ha innescato la perquisizione dell’abitazione di Carlo Baffi.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Piccolo del 18/05/12
Al Cie in arrivo una settantina di immigrati
GRADISCA Cie di Gradisca verso il graduale ritorno a pieno regime. Anche se intanto rimane apertissima la partita riguardante la gestione della struttura: di conferme ufficiali non ve ne sono, ma ambienti vicini alla Prefettura confermano infatti che l’ente starebbe preparando il ricorso contro la sentenza del Tar di Trieste che, nel marzo scorso, aveva dichiarato non legittimo l’affidamento dei servizi interni al consorzio temporaneo d’impresa capeggiato dal colosso francese Gepsa. La decisione del tribunale di fatto ha rimesso in pista il gestore uscente, il consorzio siciliano Connecting People: la cooperativa trapanese ormai da un anno opera in regime di prorogatio e anzi, dopo la sentenza del Tar, si vede prolungare l’appalto di 10 giorni in 10 giorni. Una situazione di estrema incertezza, dunque, proprio mentre il Viminale ha dato il via libera al progressivo ritorno del Cie alla – se così si può chiamare – normalità. Dopo la conclusione dei lavori di ristrutturazione della “zona blu”, la più capiente delle tre che compongono la struttura, il provvedimento ufficiale del ministero dell’Interno ha infatti aumentato la capienza potenziale a 118 posti rispetto ai 68 peraltro virtuali avuti negli ultimi mesi grazie all’unica sezione effettivamente agibile, la “zona rossa”. E già entro domani è previsto l’arrivo di 70 immigrati in attesa di espulsione, il che porterà a 96 l’effettivo numero di ospiti. In pratica il centro ha recuperato metà della sua ricezione potenziale di 248 posti e potrà tornare definiticamente a regime una volta ultimati anche gli ultimi collaudi su parte della “zona blu” e della “zona verde” ancora interessate dalla ristrutturazione. A ogni modo la struttura isontina non sembra destinata a rientrare, come anticipato dal Piccolo, nel piano d’emergenza per i nuovi sbarchi di immigrati. I 70 clandestini in arrivo a Gradisca provengono infatti da altre strutture italiane ormai sature e le forze di polizia si attendono che il Cie gradiscano continui ad ospitare stranieri irregolari intercettati nel Nord Italia, o provenienti da altri centri, oppure infine in attesa di espulsione dopo avere scontato una pena in carcere. (l.m.)
Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Dal Piccolo del 18/05/12
Caso Alina, “rimosso” il dirigente
di Corrado Barbacini Da ieri mattina Carlo Baffi non è più responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura di Trieste. È questa la prima conseguenza interna alla polizia del caso di Alina Bonar Diachuk, la donna ucraina detenuta arbitrariamente in una stanza chiusa a chiave all’interno del commissariato di Opicina che si è suicidata davanti all’obiettivo delle telecamere a circuito interno. Baffi è ufficialmente in «congedo ordinario», vale a dire in ferie. Fino a quando? Non si sa. Perché come spiega, con un paradosso, il questore Giuseppe Padulano «tornerà quando deciderà di rientrare». Ma è evidente che si tratta del «congelamento» delle funzioni del dirigente finito nella bufera in attesa di inevitabili decisioni amministrative collegate alla vicenda per la quale è accusato di sequestro di persona e di omicidio colposo della giovane ucraina. Certo è che si tratta di congelamento delle funzioni che è stato anche interpretato come una sorta di rimozione dall’incarico. E sempre da ieri al vertice dell’ufficio immigrazione della Questura è stato nominato temporaneamente Stefano Simonelli, responsabile del Gabinetto. È un fuzionario con una lunga esperienza passata negli anni scorsi nello stesso ufficio alla Questura di Gorizia. «Il dottor Baffi si trova a casa a Trieste per cercare di definire al meglio la sua linea difensiva. Non lavora. Deve studiare gli atti che lo riguardano in vista delle inevitabili contestazioni da parte della procura», ha dichiarato il difensore Paolo Pacileo. Che nei giorni scorsi – come primo atto formale di questa inchesta difficile e spinosa – ha proposto un’istanza al Tribunale del riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale prelevato mercoledì dell’altra settimana a casa di Carlo Baffi. Si tratta di una decina di volumi dichiaratamente antisemiti: gli autori sono, tra gli altri Julius Streicher, Adolf Hitler e Julius Evola. Erano una minima parte di una biblioteca contenente non meno di 500 volumi in gran parte riconucibili all’ideologia nazifascista ma c’erano anche libri di autori di sinistra. Addirittura nel bagno della casa gli agenti e i finanzieri che hanno effettuato la perquisizione assieme al pm De Bortoli, hanno trovato un manifesto fascista e in una nicchia una copia del libro Mein Kamf. Tutto questo è stato fotografato e fa parte del fascicolo del magistrato inquirente. Nella scrivania di Baffi al terzo piano della Questura gli agenti durante la perquisizione avevano trovato una targa posticcia con una foto di Mussolini e la dicitura “Ufficio epurazione”. Lo stesso pm Massimo De Bortoli ha indagato anche due poliziotti coinvolti nella vicenda. Si tratta dei due agenti in servizio al commissariato di Opicina che si trovavano impegnati nella vigilanza nelle ore in cui è stata illegittimamente detenuta Alina Bonar Diachuk. A loro vengono contestate le accuse di violata consegna e di omicidio colposo. L’avviso di garanzia è stato notificato l’altra mattina. Poche ore prima c’era stata una manifestazione di protesta.
Marzo 17th, 2017 — General, Noi
Inchiesta de La Repubblica
Corridoio 5, binario morto
C’era una volta l’Alta velocità europea. Un sogno nato negli anni ’90: unire i due estremi del continente con una grande rete di treni veloci. Quasi vent’anni dopo, il progetto stenta a decollare e deve fare i conti con la crisi e alcune defezioni. Viaggio sulla linea che (ancora) non c’è tra Lisbona e Kiev
IL REPORTAGE 1
Doveva, in teoria, unire l’oceano Atlantico con l’ultimo avamposto prima della Federazione Russa. Ma il grande progetto concepito negli anni ’90, una linea ferroviaria che collegasse il Portogallo con l’Ucraina, oggi esce ridimensionato da crisi economica e contestazioni. Abbandonato il “Corridoio 5”, il nuovo tracciato porta ora il nome di “Corridoio mediterraneo”, con un nuovo via da Algeciras, in Andalusia, al posto della capitale lusitana, che ha dato forfait pochi mesi fa. Intanto anche l’Ucraina sembra sfilarsi, e l’ultima tappa certa potrebbe diventare la più piccola e semisconosciuta Miskolc di LUCA RASTELLO
LA SCHEDA 2
Nel 2005, l’allora ministro dei trasporti italiano Pietro Lunardi la definiva un’opera destinata “a portare sviluppo dove c’è degrado, comunicazione dove c’è desolazione”. Ma a sei anni di distanza la linea resta ancora un miraggio, e la nuova strategia europea prevede ora una ragnatela di autostrade e ferrovie di media lunghezza, con un preventivo di spesa 500 di miliardi di Euro e la messa in esercizio entro il 2050
INTERATTIVO 3

Con le defezioni di Portogallo e Ucraina, il nuovo “Corridoio Mediterraneo” vedrebbe un nuovo punto di partenza, la spagnola Algerciras, e due differenti direttrici iniziali. Una per i passeggeri attraverso Ronda, Cordoba e Madrid, l’altra per le merci, via Alicante e Valencia
LE IMMAGINI 4
Come ne “Il Favoloso mondo di Amelie”, abbiamo seguito il viaggio di una confezione da Lisbona a Kiev, lungo la rotta – ormai abbandonata – dell’ex corrodoio 5. Un viaggio tra Spagna, Francia, Italia, Slovenia e Ungheria
Il fotoreportage/ Le tappe del viaggio
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
MV 21 maggio 2012
Gradisca, il Sap denuncia gli sprechi di denaro pubblico per il “giro dell’oca” degli immigrati: Sicilia-Friuli-Sicilia in aereo
di Ilaria Purassanta
GRADISCA. Clandestini “globetrotter”, anzi, “Italytrotter”, dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia: tanto paga Pantalone. E nuovi disordini al Cie di Gradisca d’Isonzo. Inizia sotto i migliori auspici il ripopolamento dell’ex caserma Polonio, dopo mesi di calma piatta. Dalle analoghe strutture di Trapani e Caltanissetta sono arrivati venerdì mattina con un charter altri 47 immigrati, in prevalenza provenienti dal Maghreb, che hanno rimpolpato lo sparuto manipolo di trattenuti (26 in tutto nella zona rossa fino a giovedì).
I sindacati di polizia lanciano l’allarme: urgono rinforzi per la vigilanza, per scongiurare altre sommosse e danneggiamenti della struttura, come già successe nel febbraio del 2011. «Serve – puntualizza il segretario provinciale del Sap Angelo Obit – una squadra aggiuntiva della mobile di dieci uomini per turno. Gli operatori della Connecting people a contatto con gli immigrati sono, oltretutto, solo due».
Giornata di fuoco al Cie, quella di giovedì scorso. Il clima si è infiammato già di primo mattino. Un trattenuto ha tentato la fuga arrampicandosi sul tetto, inseguito da un poliziotto. L’evasione è stata sventata, ma l’agente, mentre cercava di acchiappare il fuggitivo, è scivolato, facendosi male a un ginocchio e finendo, così al pronto soccorso: cinque giorni di prognosi.
Nel pomeriggio, sit in di protesta nella zona rossa. Dopo l’ora d’aria gli immigrati si sono rifiutati di ritornare nelle celle, pardon, nelle camerate. Si sono denudati, hanno cominciato ad orinare nel cortile e a staccare con le mani i cavi dell’allarme, disattivandolo temporaneamente. Nel parapiglia, un altro poliziotto ha avuto la peggio, finendo all’ospedale con una caviglia slogata e 15 giorni di prognosi. I nuovi arrivi non sono destinati, secondo il Sap, a mitigare il clima.
«Ovviamente – scuote la testa il segretario provinciale del Sap Angelo Obit – vengono scelti fra i più facinorosi. Non accade mai che arrivino persone tranquille, cercano di liberarsi dei soggetti indesiderati». Senonché, fra le new entry di venerdì, sono stati catapultati al Cie di Gradisca d’Isonzo anche tre tossicodipendenti. «Forse – ironizza Obit – si sono dimenticati che la struttura gradiscana non è attrezzata per ospitarli».
Così, in serata, i tre hanno già dovuto fare le valigie. Tre poliziotti e tre finanzieri sono stati distolti da altri servizi e li hanno scortati fino a Bari. Nove voli di linea dell’Alitalia, sei dei quali andata e ritorno, partenza dall’aeroporto di Ronchi, scalo a Fiumicino e coincidenza per il capoluogo pugliese. Il tutto, a spese dei contribuenti. Per la modica cifra di 1.240,95 euro. Speriamo che ulteriori dimenticanze non facciano lievitare i conti dello Stato.
Ci pensano già, infatti, a incrementare lo spreco di denaro pubblico i viaggi notturni fino a Milano e i successivi trasferimenti a Palermo, all’inseguimento del decreto d’espulsione. Tre immigrati tunisini, transitati già a suo tempo nella ex caserma Polonio, vi hanno fatto ritorno. Il rimpatrio via celere non è evidentemente andato a buon fine. Ecco la loro peripezia. Sono sbarcati in Sicilia e finiti al Cie di Trapani. Quindi sono stati trasferiti al Cie gradiscano. Poi, a bordo di un pullman della polizia sono stati scortati da quattro operatori fino a Milano, dove sono stati imbarcati su un charter diretto al Cie Trapani.
Soltanto a Palermo c’è, infatti, il consolato tunisino deputato ad accertare la loro volontà di rimpatrio e a emettere il necessario lasciapassare provvisorio. In questo caso, nulla di fatto. Così, sempre con la scorta di due agenti ciascuno, i tre tunisini hanno rimesso piede a Gradisca. Una triangolazione Sicilia-Friuli-Sicilia che, afferma il Sap «è ragionevole sospettare che interessi anche altri immigrati ospitati al Cie. E poi si parla di tagliare le spese»!
Dal Piccolo del 20/05/12
Il Cie di Gradisca ritorna zona a rischio
di Luigi Murciano wGRADISCA E’ di nuovo alta tensione al Cie di Gradisca fra nuove rivolte, poliziotti mandati all’ospedale e il progressivo ritorno a regime della struttura. Nel centro di trattenimento ed espulsione isontino la situazione è tornata improvvisamente ad essere caldissima con l’arrivo, nella giornata di venerdì, di 50 immigrati maghrebini, provenienti dalle analoghe strutture di Trapani e Caltanissetta. Come previsto non si tratta dunque di migranti sbarcati sulle coste siciliane – nè a Gradisca sono previsti arrivi di questo tipo in futuro – ma di clandestini in attesa di rimpatrio, trasferiti all’ex Polonio da altri centri ormai al collasso. Ma anche a Gradisca è subito il caos. Già ventiquattro ore prima del maxi-trasferimento, infatti, si sono verificati due diversi momenti di rivolta da parte degli ospiti, uno sul tetto del Cie e uno al suo interno. Nel tentativo di sedare i focolai di rivolta, due poliziotti hanno rimediato contusioni guaribili rispettivamente in 15 e 5 giorni. Il programmato ritorno alla piena operatività del Cie di Gradisca era ormai nell’aria da qualche settimana. Non a caso la Prefettura ha aumentato la capienza ufficiale a 118 posti rispetto ai 68 (peraltro raramente riempiti) degli ultimi mesi. In pratica il centro ha recuperato metà della sua ricezione potenziale di 248 posti e andrà del tutto a regime una volta ultimati gli ultimi collaudi su parte della “zona blu” e della “zona verde” ancora interessate da lavori di ristrutturazione e potenziamento dei sistemi di sicurezza. Ma secondo il Sap, il sindacato autonomo di polizia, ci vorranno poche settimane per vedere nuovamente distrutto quanto è stato ripristinato in oltre un anno di cantieri. «Ormai è una costante, a Gradisca vengono mandati i soggetti più facinorosi» denuncia il segretario provinciale Angelo Obit. Ed emergono anche particolari grotteschi sul recente trasferimento dei 50 immigrati provenienti dalla Sicilia. Nel gruppo infatti vi sarebbero stati anche tre soggetti con acclarati problemi di tossicodipendenza. Ospiti che la struttura non è idonea ad ospitare. Il risultato? Kafkiano: già in serata, accompagnati da sei fra poliziotti e finanzieri distolti da altri servizi, i tre stranieri sono stati scortati in fretta e furia a Bari per un totale di 15 biglietti aerei acquistati. «Uno sbaglio, pagato però dai cittadini» accusa Obit. Finita qui? Niente affatto. Molti viaggi notturni che vengono fatti a Milano per l’espulsione degli immigrati tunisini sono, secondo i sindacati di polizia, un altro spreco. Apparentemente del tutto inutili. Infatti è in Sicilia che il console tunisino accerta la disponibilità al rimpatrio degli stranieri, e solo in quel caso rilascia il necessario lasciapassare provvisorio. Gli immigrati che non completano questo iter celere non vengono affatto rimpatriati, ma ricondotti nei Cie. La prova, altrettanto grottesca, la si è avuta proprio col maxi-trasferimento a Gradisca di venerdì: con somma sorpresa, gli operatori si sono trovati davanti tre tunisini che dalla struttura isontina erano clamorosamente già transitati. In sostanza i contribuenti hanno pagato a loro spese un percorso Gradisca – Milano (in pullman con due operatori di scorta per immigrato) e un trasferimento aereo a Trapani – con altri due agenti – per ottenere il risultato che i tre sono stati semplicemente ricondotti a Gradisca. «Ed è ragionevole pensare non siano gli unici – allarga le braccia Obit – altro che la spending review proposta dal governo. Piuttosto – conclude – sarebbe stato necessario che l’aumento della capienza di Gradisca avesse fatto il paio con un rafforzamento del contingente di vigilanza, per l’incolumità stessa degli operatori che lavorano all’interno del Cie. Se queste sono le premesse il futuro si prefigura nerissimo».
Marzo 17th, 2017 — General, Gruppo Anarchico Germinal
E’ stata una giornata straordinaria che rimarrà nei nostri cuori per sempre. Finalmente dopo oltre tre anni di lavori abbiamo inaugurato la nuova sede del Gruppo Anarchico Germinal in via del Bosco 52/a, sede di proprietà collettiva e che nessuno potrà toglierci. Già a fine aprile c’era stata una prima inaugurazione con quasi un centinaio di persone dedicata a chi in vari modi ci aveva dato una mano in questa avventura. Sabato 19 maggio abbiamo aperto…
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Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Dal Piccolo
22/05/12
Suicidio ucraina, era terrorizzata di tornare in patria
Ora è chiaro perché Alina Bonar Diachuk, arrestata nel giugno scorso a Gorizia, ha messo fine ai propri giorni all’interno del commissariato di Opicina, dov’era rinchiusa anche se la Magistratura ne aveva ordinato la liberazione. Lei temeva di dover ritornare in carcere una volta rimpatriata forzatamente in Ucraina. Lì aveva già scontato un lungo periodo di detenzione quando era ancora minorenne. Era accusata di omicidio ed era stata riconosciuta colpevole. Nemmeno con gli avvocati che le sono stati sporadicamente accanto in Italia Alina aveva voluto parlare di quella condanna a 11 anni di carcere. Poche parole e poi il silenzio. «È vero, ma non voglio dire nulla». Faceva capire ai difensori di aver scontato un lungo periodo in cella, dov’era entrata poco più che ragazzina. Diceva anche che aveva pagato il suo debito con la legge. Viene da chiedersi allora perché avesse tanta paura, tanta disperazione se tutto era ormai depositato nell’archivio della sua vita e del casellario giudiziario del suo Paese. Alina Bonar, detenuta per 6 mesi al Coroneo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e poi liberata dal giudice Laura Barresi, temeva di essere rimpatriata forzatamente: quando ha ritenuto che non esistessero più vie alternative alla sua fuga senza fine, ha cercato di uccidersi. Il tentativo attuato nel carcere del Coroneo, non ha avuto esito. È stata soccorsa e salvata. All’interno del Commissariato di Opicina dov’era stata rinchiusa dopo la liberazione decisa dalla magistratura, la sua disperazione ha avuto la meglio sui sistemi di controllo e sugli occhi degli agenti di polizia che avrebbero dovuto sorvegliarla per impedire altri gesti disperati. Invece per 40 minuti nessuno ha osservato lo schermo del video. Alina si è impiccata e nessuno ha visto il suo gesto. Solo l’occhio di vetro di un obiettivo di una inutile telecamera. Secondo il pm Massimo De Bortoli, il magistrato titolare dell’inchiesta sulla morte di Alina Bonar, anche altre decine di stranieri a rischio di espulsione potrebbero essere stati trattenuti dalla Polizia nello stesso Commissariato in attesa dell’espulsione. Sono in corso numerosi interrogatori.c.e.
20/05/12
Una ex compagna di cella pagherà i funerali di Alina
Il Sap esprime tutta l’amarezza e lo stupore per la quantità e la pesantezza di accuse mosse pubblicamente da più parti contro la Polizia in genere, la Questura di Trieste nel suo complesso e a tutta l’attività di gestione delle pratiche relative all’immigrazione. «Le teorie contenute in alcuni interventi scritti e gli slogan lanciati da qualche manifestante vanno ben oltre i fatti realmente accaduti e riscontrati. La verità è che le doverose valutazioni che la giustizia sta facendo riguardano un episodio purtroppo drammatico e una specifica procedura attinente ad una piccola parte dell’attività della struttura», sta scritto in una nota. «Peraltro questa procedura non era affatto segreta, tutti i soggetti interessati ne erano a conoscenza senza che mai fosse stata messa in discussione. Va anche rilevato che tra le varie tematiche emerse nella vicenda in parola, vi è quella ideologica, aspetto che purtroppo lascia spazi a molteplici interpretazioni. Proprio per questo vogliamo ribadire che l’azione quotidiana di tutela della sicurezza di tutti i cittadini garantita dalla Polizia triestina non manifesta e non ha mai manifestato fenomeni di carattere discriminatorio». di Corrado Barbacini «Ho conosciuto Alina in carcere e sono sgomenta per la sua tragica fine in una cella del commissariato di Opicina. Era una brava ragazza. Ho saputo che i familiari non hanno la disponibilità economica per pagare i funerali. Sono pronta a farlo io». Queste parole piene di umanità arrivano da una ex detenuta del Coroneo che per un lungo periodo ha vissuto nella stessa cella di Alina Bonar Diachuk, la giovane ucraina che si è impiccata il 16 aprile in una stanza del commissariato di Opicina dove era detenuta illegalmente essendo stata liberata due giorni prima dal Coroneo grazie a una sentenza di patteggiamento del giudice Barresi. Da quel giorno il suo corpo si trova all’obitorio di via Costalunga a disposizione dei familiari che vivono a Milano. Sono andati a trovarla accompagnati dall’avvocato Sergio Mameli. Ma non hanno la possibilità economica di pagare i suoi funerali e la sua sepoltura. Racconta Maria Dina P., 65 anni, friulana ed ex detenuta: «Siamo diventate amiche. Alina e la sorella Antonina (che poi è stata scarcerata per motivi di salute e vive con la madre a Milano) erano due brave ragazze, coinvolte in una storia più grande di loro. Io ero come la loro mamma. Stavamo sempre assieme. Passeggiavamo sempre noi tre. Mi tenevano sottobraccio…» «Alina – prosegue Maria Dina – mi raccontava spesso delle sue paure. Dell’Ucraina, un paese tremendo dove non avrebbe mai voluto tornare. Sì, ne aveva proprio il terrore. Perché lì, diceva, in prigione succede di tutto. Ti torturano e ti violentano, anche…» Racconta ancora la donna: «L’unica sua gioia era quella di lanciare dei biglietti dalla finestra della cella, messaggi destinati al suo fidanzato anche lui detenuto che ogni giorno durante l’ora d’aria la aspettava nel cortile. Parlavano così. Lui a gesti, lei con quei biglietti in cui c’erano solo frasi d’amore. Ma le guardie un giorno se ne sono accorte e inevitabilmente lei e la sorella sono state trasferite nella cella 309, davanti a quella dov’erano fino a quel giorno, la cui finestra dà sul cortile interno. Alina non poteva più gettare biglietti. E lei e la sorella si sentivano sempre più abbandonate». Maria Dina P. ricorda il giorno del tentato suicidio. «Ero nella mia cella quando sia Alina che la sorella si sono tagliate le vene. Non vedevano più un futuro, una possibilità. Non sapevano quando sarebbero uscite dalla galera. Era estate, ricordo, faceva molto caldo». Le due donne erano state salvate dagli agenti della Penitenziaria. Ma nelle relazioni su quanto accaduto non è mai stato riportato nulla riguardo la debolezza sia di Alina che della sorella. Uno stato di disperazione che si è nuovamente manifestato quando, all’interno del commissariato di Opicina, Alina si è tolta la vita impiccandosi a un termosifone. Dice ancora Maria Dina P.: «Mi sono già messa in contatto con le pompe funebri. Sono pronta a pagare. Ho saputo che il Comune di Milano ha rifiutato la sepoltura, ma forse qui in Friuli, in qualche paese, c’è una possibilità. Altrimenti il corpo potrebbe essere cremato e le ceneri consegnate alla madre e alla sorella che vivono in Italia. E questo forse potrebbe essere l’unico modo perché Alina rimanga nel nostro Paese. Le ceneri non saranno mai espulse e nemmeno imprigionate in un commissariato»
19/05/12
«Ucraina suicida, infamante il teorema dell’ideologia»
Il caso di Alina Bonar, suicida al commissariato di Opicina, «doveva essere un momento di riflessione e correzione delle prassi di trattamento degli stranieri in attesa di espulsione». Lo scrive il segretario provinciale Uil Polizia Paolo Di Gregorio: «Al contrario, abbiamo visto spettacolarizzazione e superficialità, che distruggono vite e storie di alcuni poliziotti. Emblematica la vicenda di Carlo Baffi», funzionario della Questura indagato, «dove una storia di impegno professionale viene demolita pubblicamente nonostante non consegni alcun eccesso repressivo o sbavatura ispirata ideologicamente, ma un’impostazione fondata su direttive precise». «Non in discussione» la fiducia nella Procura, prosegue Di Gregorio, il sindacato ritiene «inaccettabili le modalità dell’attività investigativa» su Baffi, cui sono stati sequestrati libri antisemiti. Il dubbio è che «l’ipotesi accusatoria sia venata da un teorema legato alla supposta appartenenza politico ideologica». Teorema «offensivo e infamante per tutta la polizia triestina». Infine, l’invito a Polizia e Magistratura a «restaurare un clima di reciproca fiducia».
Marzo 17th, 2017 — General, Noi
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Monfalcone a Porte Aperte
Giovedì 31 maggio dalle ore 17.00
PRESIDIO NO TAV
PARCHEGGIO VIA C. COSULICH
PRESSO ROTONDA SCUOLA MEDIA
DAL 30 MAGGIO AL 1 GIUGNO PRESSO L’HOTEL EUROPALACE A MONFALCONE, SI SVOLGERA’ UN MEGA CONVEGNO A PORTE CHIUSE PER PARLARE DI LOGISTICA E TRASPORTI AL QUALE È PREVISTO PARTECIPERANNO I MINISTRI DI VARI PAESI EUROPEI. CREDIAMO SIA L’OCCASIONE PER FAR SENTIRE LA VOCE DEI CITTADINI DELLA NOSTRA REGIONE CONTRARI ALLA TAV PERCHÉ INUTILE E DANNOSA. GIOVEDI’ 31 MAGGIO IL COMUNE DI MONFALCONE OFFRIRA’ UNA CENA PER I PARTECIPANTI AL CONVEGNO, CONSIDERATO CHE I SOLDI SONO DELLA COMUNITA’ FACCIAMOLI SENTIRE IN “COMPAGNIA”…..
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Marzo 17th, 2017 — General, Ultime
Dal Piccolo del 25/05/12
Baffi, al Riesame il sequestro dei documenti
di Claudio Ernè Due ore di udienza nell’aula del Tribunale del riesame. Due ore in cui c’è stata battaglia aperta tra il difensore del vice questore Carlo Baffi, indagato per omicidio colposo e sequestro di persona, e il sostituto procuratore della Repubblica Massimo De Bortoli, il magistrato che ha avviato l’inchiesta per fare chiarezza sulla oscura vicenda di Alina Bonar, la giovane ucraina che si è impiccata all’interno del Commissariato di Opicina. La battaglia si è snodata attorno al sequestro dei documenti trovati dagli investigatori nella stanza del dirigente dell’Ufficio immigrazione della Questura. Secondo il difensore di Carlo Baffi, l’avvocato Paolo Pacileo, tutti i documenti vanno restituiti al suo cliente in quanto la perquisizione non avrebbe alcun nesso con i reati contestati. In sintesi ieri è entrata nel mirino la legittimità del decreto di perquisizione e di sequestro firmato dal pm Massimo De Bortoli. Il magistrato ha ribattuto colpo su colpo alle tesi sostenute dal difensore e ha sottolineato l’assoluta legittimità della scelta della Procura. Quei documenti – circolari, note di servizio, rapporti – sono assolutamente necessari allo svolgimento dell’inchiesta sulla morte di Alina Bonar. Il Tribunale, presieduto dal giudice Filippo Gulotta, si è riservato di decidere nelle prossime ore, forse già oggi. Certo è che l’udienza ha portato in superficie altre preziose informazioni. Ad esempio la stanza del Commissariato in cui la giovane ucraina si è impiccata non era mai stata “censita” dalla Questura come cella di sicurezza anche se la porta non aveva una maniglia nella parte interna alla stanza. Chi vi era rinchiuso non poteva aprirla, come accade in carcere. Va detto che Alina Bonar era stata liberata dal giudice Laura Barresi e nessun provvedimento restrittivo era stato emesso contro di lei. Dunque secondo la Procura la detenzione è stata illegale. Ma non basta. Gli investigatori della Guardia di finanza e i poliziotti che indagano per la Procura hanno acquisito al fascicolo dell’inchiesta almeno altri 40 fascicoli collegati ad altrettanti casi di detenzione nel Commissariato di Opicina. Detenzioni “anomale” per la Procura ma che non hanno avevano suscitato alcuna presa di posizione da parte dei difensori di fiducia o d’ufficio degli stranieri in fase di espulsione. Certo, la normativa è complessa, ma solo il tragico suicidio di questa giovane ucraina, ha fatto alzare il sipario su procedure di trattenimento che la magistratura ritiene illegali. Sarebbe interessante verificare come agiscono i dirigenti della Polizia di Stato in altre regioni italiane, prossime alle frontiere “terrestri o marittime”. Questo consentirebbe di capire se il vice Questore Carlo Baffi ha agito di propria iniziativa, interpretando in modo anomalo gli ordini superiori e la legge; o se al contrario la prassi adottata a Trieste e in regione, è identica e sovrapponibile a quella delle altre Questure italiane. Nella discussione svoltasi ieri di fronte al Tribunale del riesame, le parti hanno parlato anche del foglio A4 trovato nel cassetto della scrivania di Carlo Baffi. “Dirigente dell’ufficio epurazione” era stato scritto accanto a un ritratto di Mussolini. Secondo l’avvocato Pacileo quel foglio era stato conservato a ricordo di uno scherzo di cui il dirigente dalla polizia era stato vittima. Null’altro.
Marzo 17th, 2017 — General, Notizie flash
Dibattito con Luca Rastello 24 maggio
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