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CIE DI GRADISCA: si indaga su gestione e forniture

Cose losche intorno al lager di Gradisca chi l’avrebbe mai detto!!!

 

Dal Messaggero Veneto del 22 febbraio 2012

Cie, si indaga su gestione e forniture

Inchiesta della Procura: blitz di Digos e Gdf nella Prefettura di Gorizia per acquisire fatture e documenti sull’appalto

 

GORIZIA. Lunedì, l’accesso degli agenti della Digos e degli uomini della Guardia di finanza di Gorizia negli uffici della Prefettura del capoluogo isontino, per l’acquisizione di una consistente mole di documenti, relativi all’ultima gara d’appalto per la gestione del Cie e del Cara di Gradisca d’Isonzo.

Oggi, al Tribunale amministrativo regionale di Trieste, la prima udienza per la trattazione di merito del ricorso proposto, lo scorso agosto, dal consorzio “Connecting people” di Trapani, gestore “uscente” dei due Centri, contro la Prefettura goriziana, per l’annullamento del decreto che, il 24 giugno, aveva aggiudicato l’appalto al raggruppamento temporaneo d’impresa guidato dalla francese Gepsa.

Impugnazione cui era seguita la sospensione del passaggio di consegne al gruppo vincitore e che aveva permesso alla cooperativa siciliana di mantenere la guida delle due strutture. Due fronti giudiziari, quello penale e quello amministrativo, per un unico oggetto d’indagine: il Centro di identificazione ed espulsione e il collegato Centro di accoglienza per richiedenti asilo di via Udine.

Era stata la Procura della Repubblica di Gorizia, qualche mese fa, ad aprire un fascicolo, per far luce, in particolare, sulla regolarità delle fatturazioni delle varie forniture. L’attenzione degli investigatori, coordinati dai sostituti procuratori Luigi Leghissa e Valentina Bossi, si era subito indirizzata verso la “Connecting people”. L’ipotesi di reato alla quale i magistrati stanno lavorando è la frode in pubbliche forniture.

Ma i filoni d’indagine, a quanto appreso, sarebbero molti di più. Compresa l’ipotesi di truffa ai danni dello Stato, a sua volta riconducibile a una presunta incongruenza tra il numero degli ospiti di volta in volta presenti nei due Centri e le fatture presentate al ministero. Al momento, l’unica persona iscritta sul registro degli indagati risulta essere il legale rappresentante della cooperativa, peraltro già sottoposta a perquisizione. Il sospetto, a quanto è dato sapere, è che non sia stata rispettata la convenzione, che prevede l’assegnazione da parte del Viminale di una quota forfettaria per ciascun ospite. L’ipotesi, insomma, è che le forniture – a cominciare dalla mensa – non siano state conformi, rispetto alle liste degli immigrati realmente accolti al Cie e al Cara.

Da qui, la necessità di acquisire quanta più documentazione possibile non soltanto sull’ultima gara d’appalto, ma anche sulle fatture presentate al ministero. Per farlo, la Procura ha istituito un apposito pool di investigatori, formato da agenti della Digos e militari delle Fiamme gialle. Sono stati loro, lunedì mattina, a fare visita alla Prefettura di Gorizia. Ossia, all’organo di governo locale che ha gestito la gara d’appalto e che, in quanto emanazione del Viminale, ha curato i vari pagamenti. Di più, al momento, gli inquirenti non dicono. L’impressione, però, è che si sia soltanto all’inizio di un’inchiesta molto più ampia.

 

Da Il Piccolo del 22 febbraio 2012 —   pagina 39

Indagine sulla fornitura di materiali al Cie e al Cara

GRADISCA Le forniture del Cie e del Cara di Gradisca finiscono sotto indagine. E oggi il Tar dovrebbe pronunciarsi in maniera definitiva sull’esito dell’appalto da 15 milioni di euro per la nuova gestione dei due centri nei prossimi tre anni. Le indagini riguardanti Cie e Cara andrebbero avanti già da alcuni mesi, disposte dal sostituto procuratore Luigi Leghissa ed eseguite dal comando provinciale della Guardia di Finanza. In particolare, le Fiamme Gialle vorrebbero vederci chiaro sulle forniture di materiali per l’assistenza alla persona (indumenti, vettovaglie, pasti, medicinali e quant’altro) che l’ente gestore delle due strutture per immigrati – il consorzio siciliano Connecting People – fattura poi alla Prefettura di Gorizia come previsto dal contratto d’appalto. Parliamo dei 42 euro al giorno che la coop trapanese deve giustificare allo Stato come pagamento per l’assistenza alla persona. Una cifra “pro die e pro capite”: vale a dire al giorno e per immigrato. Gli uomini del capitano Zorzut in queste settimane avrebbero svolto diversi accertamenti all’ex caserma Polonio e acquisito numerosi documenti contabili per verificare la regolarità di queste forniture e delle relative fatturazioni emesse. Il responsabile della Connecting People sarebbe stato raggiunto da un avviso di garanzia: fra le contestazioni anche il numero di ospiti dichiarati dalla cooperativa. «A livello informale avevamo sentito che c’erano stati dei controlli al Cie e al Cara – spiega il viceprefetto vicario Gloria Allegretto – ma questo è tutto. In Prefettura infatti sinora non è pervenuta alcuna richiesta di accertamenti o di acquisizione documenti». Oggi, intanto – sciopero degli avvocati permettendo – il Tar è chiamato a dipanare l’intricata matassa della gestione dei due centri, ormai prorogata di quasi un anno a Connecting People. L’appalto era stato provvisoriamente aggiudicato al colosso francese Gepsa in associazione temporanea d’impresa con tre soggetti italiani (le romane Cofely e Sinergasia, la siciliana Acuarinto) con un’offerta da 34 euro pro die e pro capite. Ma alcuni elementi di perplessità emerse nella cordata avevano congelato l’aggiudicazione definitiva. Era stato il soggetto secondo classificato, l’uscente Connecting People a presentare ricorso contro la Prefettura per l’assegnazione al colosso francese, ottenendo il congelamento e – di fatto – la proroga della propria gestione. Il contro-ricorso transalpino venne bocciato (ma non nel merito) dal Consiglio di Stato in attesa dell’odierno pronunciamento del Tar. Alla finestra la “Minerva” ma soprattutto i dipendenti delle due strutture. Luigi Murciano
dal TG3 regionale edizione delle 19.30 del 22 febbraio 2012 (servizio di apertura).

Infrastrutture/ “Cartello” di imprese per pilotare gli appalti

da il Messaggero Veneto del 22 febbraio 2012

 

“Cartello” di imprese per pilotare gli appalti

E’ l’ipotesi della magistratura per un’ottantina di gare pubbliche. Gdf anche nella sede di Fvg Strade

 

di Piero Tallandini

UDINE. Un ristretto gruppo di imprese all’interno delle quali operavano soggetti capaci di accordarsi tra loro per fare “cartello” e turbare le gare pubbliche “pilotando” appalti e subappalti per lavori stradali nel Friuli Venezia Giulia e, in parte, nel Veneto. Così sarebbe stato alterato l’esito di un consistente numero di gare: fino a un’ottantina, soprattutto in provincia di Gorizia, Udine e Pordenone.

E’ lo scenario che sta emergendo da un’inchiesta avviata dalla Procura di Gorizia per turbativa d’asta continuata e non è escluso che nel prosieguo del lavoro investigativo possa configurarsi anche l’associazione a delinquere. Risultano indagate non meno di 6 persone che fanno parte a vario titolo di ditte con sedi in Friuli Venezia Giulia e in Veneto, operanti nel settore dei lavori stradali.

All’attenzione degli investigatori, come detto, non meno di un’ottantina di gare per lavori sulla rete stradale in particolare nel Goriziano, nel territorio udinese, nell’area tolmezzina e nel Pordenonese oltre che, parzialmente, nel Veneto. Viene preso in considerazione il periodo compreso tra il 2009 ed il 2011. La Guardia di finanza ha acquisito nei giorni scorsi materiale documentale nella sede triestina di Fvg Strade ma le Fiamme gialle hanno raccolto nei mesi scorsi documenti sulle gare d’appalto anche negli uffici di varie amministrazioni pubbliche, soprattutto comunali ma anche provinciali.

L’inchiesta è stata avviata dalla magistratura di Gorizia perché proprio nell’Isontino è emerso il primo caso di appalto “sospetto”. Il lavoro investigativo coordinato dal sostituto procuratore Luigi Leghissa è partito nella seconda metà del 2011. Anche nella sede municipale del capoluogo isontino la Guardia di finanza ha proceduto, già la scorsa estate, ad acquisire materiale documentale su tutte le gare d’appalto proprio tra il 2009 e il 2011.

Da precisare che non sono emersi elementi accusatori a carico di dipendenti delle amministrazioni pubbliche: la posizione di queste ultime è semmai quella della parte lesa. Insomma, nessun pubblico ufficiale “compiacente”. Lo stesso vale per Fvg Strade. Sono state effettuate perquisizioni anche in alcune delle imprese nelle quali operano i soggetti indagati. La magistratura, comunque, non ha ritenuto necessario far scattare provvedimenti cautelari e nessuno degli indagati, fino ad ora, è stato interrogato. Tutta la ponderosa documentazione fin qui raccolta viene ora attentamente esaminata. Massimo riserbo, da parte degli inquirenti, sul nome delle ditte coinvolte e su quali siano i lavori stradali la cui aggiudicazione risulta sospetta visto che la fase delle indagini preliminari è ancora aperta.

Da sottolineare che i controlli tra le carte degli appalti, a FvgStrade, erano già in corso da mesi: ben prima dell’avvio dell’inchiesta, la società presieduta da Giorgio Santuz si era adeguata alla normativa in materia di controlli interni. Ora, a maggior ragione, gli organi di controllo stanno spulciando tutte le carte, per capire se l’ipotesi della turbativa d’asta, del “cartello” tra le aziende in gara, sia corretta.

Le indagini – secondo quanto si è saputo da fonti della società – riguardano almeno sette opere. Appalti che sfiorano o superano di poco il milione di euro. Fvg Strade è organizzata sul territorio con un ufficio di competenza a Trieste, uno a Udine e uno a Pordenone. Gli appalti sospetti sarebbero 5 o 6 di competenza dell’ufficio di Pordenone e uno di competenza dell’ufficio di Udine. Le gare riguardano il periodo dal 2009 al 2011. L’inchiesta dovrà verificare l’ipotesi del “cartello” e spiegarne la tecnica. Come potevano le imprese conoscere le altre ditte invitate a gare da 10 o 15 soggetti? Come poteva, il “cartello”, sapere chi avrebbe partecipato e l’entità delle offerte?

CIE DI GRADISCA: nuovo blitz in Prefettura per gli appalti

da il Messaggero Veneto del 23 febbraio 2012

 

Appalti al Cie, nuovo blitz in Prefettura

Digos e Gdf hanno acquisito documenti su un secondo filone d’indagine: nel mirino, le procedure di gara del giugno 2011

 

GORIZIA. Seconda mattinata di lavoro nella Prefettura di Gorizia per la task-force formata da agenti della Digos e da militari della Guardia di finanza, costituita ad hoc dalla Procura della Repubblica di Gorizia, per indagare sul caso di presunta frode in pubblica fornitura al Cie e al Cara di Gradisca d’Isonzo, finito al centro di un’inchiesta coordinata dai pm Luigi Leghissa e Valentina Bossi. Questa volta, però, l’accesso degli inquirenti agli uffici del palazzo di Governo di piazza Vittoria è servito a raccogliere documentazione utile a far luce su un secondo filone d’indagine: le procedure seguite per bandire e poi aggiudicare l’ultima gara d’appalto per la gestione 2011-2014 dei due Centri a un raggruppamento temporaneo d’impresa guidato dalla francese Gepsa.

Appalto aggiudicato con decreto del 24 giugno scorso, ma rimasto in “stand-by”, a seguito del ricorso al Tar proposto dalla “Connecting people” di Trapani – la cooperativa che aveva gestito le strutture isontine fino al 2011 e che continua a mantenerne la conduzione in “prorogatio” – contro la Prefettura goriziana, per ottenere l’annullamento di quello stesso decreto, con il quale avrebbe dovuto avvenire il passaggio di consegne alla ditta vincitrice.

Fatti collegati all’altro filone, dunque, e inseriti nello stesso fascicolo, ma per i quali, al momento, non figura alcuna persona indagata. Anche perchè – fanno sapere i magistrati – molto dipenderà dall’esito che avrà il procedimento in corso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Fvg. Ieri, a Trieste, è stata celebrata la prima udienza per la trattazione del merito del ricorso. La sentenza è attesa entro sette giorni. Ma sono gli stessi pm a invitare alla prudenza e a escludere un’immediata corrispondenza tra l’eventuale illegittimità amministrativa e un altrettanto eventuale profilo di illecito penale rispetto alla validità della gara. La situazione, insomma, si presenta ancora molto fluida.

Qualora le carte acquisite in Prefettura ieri mattina dovessero confermare le ipotesi al vaglio degli inquirenti, tuttavia, l’inchiesta si allargherebbe a un nuovo fronte investigativo, riconducibile all’ipotesi di reato della turbativa d’asta. Ipotesi ascrivibile, in astratto, sia ai soggetti che hanno partecipato alla gara, sia a coloro che l’hanno gestita.

Tutta da chiarire anche la vicenda legata alle forniture di beni, che aveva portato il pool di poliziotti e finanzieri in Prefettura la mattina di lunedì e che vede già iscritto nel registro degli indagati il legale rappresentante della “Connecting people”. L’avviso gli è stato notificato in occasione della perquisizione cui la cooperativa era stata sottoposta alcuni mesi fa. Nel mirino, le fatturazioni delle forniture: dalla mensa, all’acqua, alle schede telefoniche. Tutti beni finanziati dal ministero degli Interni, in base a una precisa convenzione, che fissa una quota forfettaria per ciascun ospite.

Gli investigatori intendono dunque verificare la regolarità delle fatture emesse dall’ente gestore: capire, cioè, se siano state conformi rispetto al numero degli immigrati di volta in volta presenti all’interno del Centro di identificazione ed espulsione e del collegato Centro di accoglienza per richiedenti asilo e rispetto a quanto poi erogato dal ministero degli Interni attraverso la Prefettura. Non basta. L’indagine punta anche a verificare se il denaro erogato sia stato poi effettivamente utilizzato, per realizzare i servizi indicati. Da qui, l’ipotesi della frode, anche se – a detta degli stessi magistrati – il confine è talmente labile, da non escludere, in futuro, di formulare anche o riformulare il capo nell’ipotesi di truffa ai danni dello Stato.

Entrata nel vivo l’estate scorsa, l’inchiesta era partita poco più di sei mesi fa sulle ceneri di vecchi procedimenti relativi a vicende non ancora chiarite e collegate a diverse segnalazioni e proteste di ospiti dei due Centri di via Udine.

 

Dal Piccolo del 23/02/12

Cie, ipotesi di truffa per i trapanesi

di Luigi Murciano wGRADISCA Frode. O persino truffa ai danni dello Stato. Queste le ipotesi di reato avanzate dalla Procura di Gorizia nei confronti della Connecting People di Trapani, attuale gestore di Cie e Cara di Gradisca, per presunte anomalie nelle forniture e nelle fatturazioni. L’esistenza dell’indagine, coordinata dai sostituti procuratori Leghissa e Bossi, era emersa a sorpresa martedì, appena 24 ore prima dell’udienza con cui ieri il Tar di Trieste ha discusso il ricorso del medesimo consorzio siciliano contro la Prefettura di Gorizia. Oggetto del contendere, l’aggiudicazione della gestione del centro immigrati ad una cordata capeggiata dalla francese Gepsa, cui Connecting contesta alcune carenze documentali. La sentenza sarà depositata entro una settimana. Ma intanto a fare rumore è ben altro, e cioè l’indagine della Procura volta a chiarire se la mole di forniture dichiarate da Connecting People alla Prefettura di Gorizia sia regolare. E soprattutto rispondente al reale numero di ospiti presenti nella doppia struttura gradiscana. Sotto la lente l’acquisto dei materiali per l’assistenza alla persona (indumenti, vettovaglie, pasti, medicinali, schede telefoniche, sigarette): materiali che Connecting People deve rendicontare alla Prefettura per ottenere dal Viminale il forfait da 42 euro al giorno per immigrato alla base del contratto. L’inchiesta potrebbe sfociare in un rivolo civile e uno penale: dalla frode in forniture alla truffa allo Stato. L’inchiesta sarebbe scattata già prima dell’estate, dopo alcuni controlli periodici. Sono stati presi in esame pure fascicoli già aperti in passato sulle forniture dell’ultimo biennio. Digos e Guardia di Finanza hanno acquisito documenti nei locali del Cie e altrettanto avrebbero fatto nella sede goriziana della Prefettura. Un avviso di garanzia ha già raggiunto il legale rappresentante di Connecting People. Per la coop trapanese come detto sono ore calde anche su un altro fronte. Ieri al Tar di Trieste si è svolto il dibattimento sul ricorso che Connecting People ha presentato contro l’aggiudicazione della gestione (per il prossimo triennio) alla francese Gepsa in associazione temporanea con le italiane Cofely, Sinergasia e Acquarinto. Una “torta” da 15 milioni di euro. Giunta seconda nell’appalto dell’anno scorso, Connecting (in carica dal 2008) aveva ricorso contro la Prefettura ottenendo il congelamento dell’aggiudicazione e la proroga della propria gestione per un altro anno.

CSA UDINE/ Già arrivata la condanna

Messaggero Veneto 23 febbraio 2012

Chi gli ha dato la notizia non si sa, comunque la cosa è finita perfino in on-line

 

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Occupò l’ex macello il pm: «Va multato»

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di Luana de Francisco

Occupò l’ex macello

il pm «Va multato»

E De Toni si oppone

Chiesta la condanna a 500 euro per l’invasione di agosto.

Il difensore: accusa infondata, fu un’azione dimostrativa

 

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UDINE. Era stata un’“occupazione lampo”, iniziata e finita nel giro di 24 ore, ma – a detta del suo stesso promotore – perfettamente riuscita sia sul piano pratico, sia su quello dimostrativo. Era il 10 agosto del 2011 e Paolo De Toni, portavoce del Centro sociale autogestito, con un blitz assolutamente “solitario” e dopo avere affisso due cartelli a un portone arrugginito su via della Roggia, era entrato in due edifici dell’ex macello di via Sabbadini.

Entrambi di proprietà del Comune e ricadenti in un’area dichiarata dismessa e inagibile. A farlo sloggiare, quella stessa sera, erano stati gli agenti della Digos. La mattina successiva, la Polizia municipale aveva completato l’opera, “blindando” l’area e sbarrando così la strada all’irriducibile anarchico.

Soddisfazione personale a parte, tuttavia, da quella sortita De Toni aveva ricavato anche una nuova denuncia per occupazione abusiva. Denuncia che era finita sul tavolo del sostituto procuratore Andrea Gondolo e che era in breve confluita in un fascicolo che lo vedeva indagato per l’ipotesi di reato di invasione di terreni o edifici. Per l’esattezza, nella fattispecie che esclude la perseguibilità a querela, trattandosi di terreni ed edifici pubblici. L’indagine si è chiusa in questi giorni con la richiesta da parte del magistrato di un decreto penale di condanna: 500 euro di multa la pena proposta. Assistito dall’avvocato Andrea Sandra, De Toni ha comunque deciso di resistere. E, quindi, di presentare opposizione, chiedendo di andare a dibattimento.

«Riteniamo l’accusa non fondata – ha spiegato l’avvocato Sandra – . Per poter parlare di invasione di edifici, occorre che vi sia una presa di possesso o che vi si realizzino delle opere. De Toni, invece, si era limitato a entrare in una delle tante aree del Comune in stato di totale abbandono, come avvenne anche per quella di via Scalo nuovo, per dare corso a una classica azione dimostrativa. Soltanto proclami, dunque, finalizzati a ribadire la richiesta al Comune di mettere a disposizione del Csa spazi altrimenti inutilizzati».

A questo proposito, il legale ha ricordato la sentenza di assoluzione pronunciata lo scorso aprile dal giudice monocratico, Angelica Di Silvestre, al termine del processo che vedeva lo stesso De Toni e altre 35 persone accusate di invasione arbitraria di proprietà altrui, in relazione all’occupazione della palazzina di via Scalo nuovo, di proprietà di Trenitalia e Ferrovie dello Stato. Occupazione cominciata il 2 giugno 2006, poco dopo lo sgombero dalla storica “sede” nell’ex mercato ortofrutticolo di via Volturno, e terminata il 10 dicembre 2009, con un’operazione a sorpresa dei carabinieri. Il blitz dello scorso agosto nasceva proprio da lì: dalla promessa con la quale De Toni si era impegnato a individuare una nuova sede, entro la scadenza del secondo “esilio”.

Una volta dentro, il leader degli anarchici friulani aveva definito i locali “occupati” – la sala bovini e quella posta di fronte – «per nulla pericolanti, nè soggetti a infiltrazioni d’acqua, come la maggior parte degli altri edifici dell’area, ma pieni di rifiuti e bisognosi di una massiccia bonifica. Qui – aveva affermato – è facile entrare e questo ne ha fatto spesso i dormitori per i “senza tetto”. Io stesso mi sono limitato a passare attraverso una rete, dal parcheggio dell’ex frigorifero, senza bisogno di scavalcare».

NO TAV/ Luca Mercalli su il fatto quotidiano

 

 

Ambiente & Veleni Il Fatto Quotidiano | 22 febbraio 2012

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L’appello degli esperti: “Monti ripensi alla Tav, la peggiore infrastruttura possibile

Sono 360 i docenti, ricercatori e professionisti che chiedono al presidente del Consiglio di tener conto dei risultati scientifici sull’Alta velocità ferroviaria in Val Susa. I cui benefici economici sono incerti, a fronte di costi elevatissimi e di un pesante impatto ambientale

Saggia decisione quella del governo Monti di non avallare la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Proseguendo con lo stesso rigore si dovrebbe ora affrontare la questione della linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione. Il 9 febbraio scorso 360 docenti universitari, ricercatori e professionisti hanno inviato al professor Monti un appello che sollecita ancora una volta, dopo quello inascoltato inviato al presidente Napolitano nel luglio 2011, l’applicazione del metodo scientifico all’oggettiva valutazione degli scenari che – secondo i proponenti – motiverebbero l’opera. Attualmente si viaggia già in Tgv da Milano a Parigi sulla linea esistente via tunnel del Frejus, incluse le fermate Torino e Lyon, separate da poco più di tre ore e mezza di viaggio.

La nuova linea con tunnel di 57 chilometri appare sempre più anacronistica e priva di priorità: un’opera con tempi di realizzazione ultradecennali, del tutto rigida sul piano degli adattamenti alla rapidissima evoluzione sociale – generata dalla onnipresente penetrazione delle tecnologie informatiche – ed economica in tempo di crisi e contrazione strutturale dei consumi.

Detto in altro modo, mentre cablare l’Italia con la banda larga è un progetto che presenta innumerevoli vantaggi in tutti i settori della vita quotidiana e professionale, quel tunnel serve a una e una sola cosa: farci passare delle merci e forse dei passeggeri che un domani potrebbero non esserci e che già oggi dispongono di valide alternative. Se si sbaglia, è un lavoro buttato, oltre ai danni ambientali locali.

Recenti studi suggeriscono al professor Monti di considerare attentamente la scelta di lanciarsi in un cantiere così ambiguo: una ricerca di Paolo Beria e Raffaele Grimaldi, del Politecnico di Milano, di cui è comparsa notizia su il Sole 24 Ore del 31 gennaio scorso, svela la grave sofferenza economica delle linee Av italiane; un’analisi di Bent Flyvbjerg della Said Business School dell’Università di Oxford, pubblicata nel 2009 sulla Oxford Review of Economic Policy, ha esaminato il caso di 258 grandi infrastrutture trasportistiche in 20 nazioni, dimostrando che le previsioni dei costi sono regolarmente sottovalutate e le stime dei benefici regolarmente sopravvalutate, al punto che il titolo del paper è “la sopravvivenza del meno adatto, perché la peggior infrastruttura è quella che viene costruita”.

Dal punto di vista energetico e delle emissioni, lo sbandierato minor consumo e inquinamento del treno rispetto alla gomma viene messo in dubbio nel caso del gigantismo ferroviario in tunnel dal lavoro di Westin e Kageson del Royal Institute of Technology di Stoccolma, comparso a inizio 2012 sulla rivista Transportation Research. Insomma, quando un’opera serve, come un acquedotto o una fognatura, non ci sono dubbi sulla sua utilità e si cerca di realizzarla nel modo migliore e senza sprechi. Nel caso del Tav Torino-Lione, per non tacere poi la Napoli-Bari e il terzo valico di Genova, il carico di incertezze, dubbi, contraddizioni e scarsa trasparenza è così elevato, a fronte di costi spaventosi, che non vi dovrebbero essere indugi da parte della pubblica amministrazione a mettere tutto in un cassetto e chiudere la pratica.

Se poi in futuro le condizioni economiche e sociali richiederanno queste opere, si potrà sempre realizzarle, invece quelli che nel presente risulterebbero solo inutili buchi nella roccia e nella pubblica finanza, una volta fatti, sarebbero irreversibili e nessun tribunale potrà dopo risanare i danni. Facciamo tesoro della vicenda Eternit, ora che è ancora possibile!

di Luca Mercalli

FERROVIE: pendolari friulani sul piede di guerra

I pendolari: pronti

a chiudere i binari

Ultimatum a Rfi sui lavori per adeguare le pensiline 7 e 8. Via al sondaggio sui bonus agli abbonati: in ballo un milione

treni ferrovie pendolari

di Alessandra Ceschia

UDINE. La mobilitazione partirà lunedì, quando i questionari saranno distribuiti a centinaia sui treni e in stazione ai pendolari chiamati a esprimersi su come spendere il milione di euro di multa inflitta a Trenitalia dalla Regione. L’iniziativa è promossa dal Comitato pendolari Alto Friuli il quale mostra i muscoli sulla situazione dei binari 7-8 e lancia un ultimatum: «Siamo stufi di farci prendere in giro – sentenziano –. Se i lavori non saranno realizzati come promesso, non solo il ricorso all’Azienda per i servizi sanitari sarà un atto dovuto per accertare l’indecente situazione igienico sanitaria, ma richiederemo anche all’autorità giudiziaria competente di procedere alle verifiche del caso e di assumere le necessarie determinazioni, compresa quella di chiudere al pubblico i binari 7 e 8 atteso che la pensilina e il sottostante marciapiede non presentano, a nostro parere, le benchè minime condizioni legali per offrire un servizio pubblico decoroso».

Tutto è partito da un esposto denuncia presentato dal Comitato sulla situazione delle pensiline. Rfi, dopo un sopralluogo nel gennaio scorso che ha visto impegnato l’assessore Riccardo Riccardi, si è assunta l’impegno di avviare i lavori di riqualificazione dei binari 7 e 8 della stazione di Udine, come già fatto con i binari 3 e 4. «I lavori, dal costo di un milione di euro – spiegano i rappresentanti del Comitato – nel progetto dovrebbero permettere di riqualificare l’area con l’installazione di nuove pensiline, dotate di reti antipiccione il rinnovo del sistema di illuminazione a led e dell’impianto elettrico, la sostituzione dei monitor partenze/arrivi e, soprattutto, l’eliminazione di tutto l’eternit nelle pensiline. I lavori, che dovevano iniziare ad aprile, avrebbero dovuto protrarsi sino alla prossima estate interessando prima il binario 7/8, poi il binario 1».

Ma si tratta di interventi che ora sembrano essere sempre meno certi, punta l’indice il Comitato. «Dopo le promesse e gli impegni assunti, Rfi sembra voler fare marcia indietro visto che sul marciapiede sono già state predisposte le attrezzature e si conta di partire in anticipo sul binario 7-8 con un intervento che non sarà risolutivo, ma che servirà solo a installare una rete provvisoria per risolvere l’annoso problema dei piccioni tralasciando il resto. Il marciapiede dei binari 7/8 – continuano – versa in condizioni igienico-sanitarie ancora peggiori rispetto a quelle del gennaio scorso, atteso che la promessa di Rfi in ordine alla pulizia straordinaria non è stata mantenuta».

Da qui la minaccia di andare in Procura per far chiudere i binari da parte del comitato se gli impegni non saranno mantenuti.

Intanto, fra un ritardo e una cancellazione, da lunedì i pendolari saranno chiamati a dire se preferiscono che il milione di euro che Trenitalia ha pagato a titolo di sanzione alla Regione sia restituito agli utenti sotto forma di buoni sconto in favore degli abbonati a titolo di risarcimento da riconoscere all’atto dell’acquisto del nuovo abbonamento o se desiderano che vengano utilizzati per la realizzazione di interventi mirati e aggiuntivi del servizio.

NO TAV/ Volantino a sostegno della manifestazione del 25 febbraio in Valsusa

Report: mille volantini distribuiti in un lampo!


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Volantino che verrà distribuito al concerto di Caparezza a Pordenone a sostegno della manifestazione del 25 febbraio in Valsusa

Ed infine sono arrivate anche le bastonate, nella stazione di Porta Nuova a Torino.

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NO TAV/ 25 febbraio rassegna stampa/ Cariche in stazione/ Sangue

Berlusconi prescritto i No Tav manganellati. E adesso Caselli cosa dice? Cosa fa?

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NO TAV/ Gorizia: Bersani beffato

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Debby e Pierluigi

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Hops! Debby cosa succede??!!

Carnia vs Us Army

da il Messaggero Veneto del 27 febbraio 2012

 

Poligono militare dell’Us Army a Sauris
La Carnia si mobilita

C’è preoccupazione per il progetto nella zona del Bivera. L’associazione Pas lancia l’allarme, anche un volantinaggio

 

di Gino Grillo

FORNI DI SOPRA. Torna la preoccupazione in Carnia e nel vicino Veneto, per la zona del Monte Bivera. Mentre attualmente la Regione sta vagliando l’ipotesi di regolamentare l’area, inserita per la ricchezza unica di specie di flora e di fauna che si trovano nella zona a confine fra i comuni di Forni di Sopra, Forni di Sotto, Sauris e Cadore, nel Sito di interesse comunitario, l’associazione ambientalista “Per altre strade” (Pas) di Forni di Sotto lancia l’allarme sul fatto che i militari starebbero ritornando alla carica per utilizzare stabilmente la zona con un poligono a disposizione dei battaglioni Nato.

Nei giorni scorsi a Sauris (località più vicina alla zona d’accesso all’area) sono comparsi diversi manifesti di protesta per mobilitare gli abitanti della Carnia.

La zona del Bivera, che interessa pure i comuni di Prato Carnico, Ovaro, Socchieve, era già stata individuata dall’esercito italiano, negli anni Settanta, per la creazione di un poligono permanente. La protesta però era esplosa. Migliaia di persone, provenienti dalla Carnia e dal Cadore, nel 1979 con azioni di disturbo attivo delle attività di sparo militare (venivano accesi dei fuochi all’interno dell’area soggetta alle esercitazioni, impedendole di fatto), fecero desistere il ministero dall’operazione.

Attualmente la zona viene però utilizzata dal nostro esercito quale poligono di tiro, con obici e cannoni, anche se non a carattere permanente, ma grazie a una convenzione con la Regione.

Ora la Nato, secondo le indicazioni fornite, starebbe concentrando in una sede unica, alla caserma Ederle e all’aeroporto Dal Molin di Vicenza, la 173esima Brigata di Fanteria Aviotrasportata dell’Us Army che si compone di sei battaglioni, di cui due sono di stanza in Veneto, mentre gli altri quattro si trovano attualmente in Germania.

Nel Triveneto dunque dovrebbero arrivare 4 mila militari entro la fine del 2013. Qui dovrebbe venire installata una rete di poligoni che andrebbero a disposizione delle unità militari: Cao Malnisio (Valcellina, l’unico che risponde agli standard Usa), Monte Ciaurlec (zona di Spilimbergo), il greto del Tagliamento (area di Maniago), il Dandolo (Maniago), Rivoli Bianchi di Venzone e Artegna.

Nella nostra montagna, per dotare i soldati di nuove aree di addestramento, sarebbero in corso progetti per l’acquisizione di immagini aeree di altre aree di interesse. In particolare, in Carnia si farà la mappatura del Monte Bivera (area di Sauris), nel Pordenonese interessa il poligono del Cellina Meduna, mentre in Cadore gli occhi elettronici saranno puntati sulla Val d’Oten (sopra Calalzo di Cadore).

L’avvento dei soldati statunitesnsi in zona sarebbe più consistente, in quanto la 173esima Brigata è costituita da battaglioni di paracadutisti che utilizzano armi leggere, ma anche di obici Howitzer, armi di due tonnellate di peso e con bocca di fuoco da 105 millimetri che richiedono vaste aree per gli addestramenti.

Le prime avvisaglie sono già note in loco e la popolazione carnica, come si diceva, comincia a preoccuparsi per questi “Giochi di guerra in tempo di pace” come viene definito il progetto, che parte dal fatto che nel Triveneto, oltre ai poligoni già attivi, saranno presto a disposizione dei soldati a strisce e stelle anche altre aree.