Entries from Marzo 2017 ↓

NO MAFIA / La camorra punta su Trieste e Monfalcone

da Il Piccolo del 12 gennaio 2012

 

La camorra punta su Trieste e Monfalcone

Secondo uno studio della Confesercenti la penetrazione malavitosa riguarderebbe soprattutto le aree portuali

 

di Silvio Maranzana

TRIESTE

La camorra preme su Trieste e Monfalcone. Il clan cosiddetto degli scissionisti, i gruppi camorristici Alleanza di Secondigliano e Licciardi: con queste sue frange la criminalità organizzata del Sud sta tentando a più riprese di porre basi anche in quest’area geografica del Nordest. Il tredicesimo rapporto di Sos impresa, l’associazione di Confesercenti nata per difendere gli imprenditori da estorsioni e usura, rilevando come “Mafia spa” si confermi la prima industria italiana con un fatturato di 140 miliardi di euro, accende un faro di luce sinistra anche sul Friuli Venezia Giulia «dove – rileva la relazione – si registra la presenza di malavitosi di origine campana perché la camorra anche in questa regione mostra notevoli interessi soprattutto nelle attività imprenditoriali che orbitano intorno ai cantieri navali di Monfalcone e al porto di Trieste». Ma non è finita perché lo scalo triestino «attira le attenzioni anche di organizzazioni criminali straniere perché considerato un crocevia strategico per svariati traffici illeciti, primo fra tutti quello degli stupefacenti». E i numerosi sequestri di quantitativi enormi di eroina oltre che di hashish che si sono susseguiti negli ultimi quindici anni in particolare sui camion sbarcati dai traghetti turchi al terminal di riva Traiana rivelando il coinvolgimento dei principali boss della mafia turca recano l’avvallo a questa affermazione.

Ma negli ultimi tempi la minaccia della criminalità interna si è fatta più forte e pressante. Il clan degli scissionisti, legato al boss Raffaele Amato, ha almeno apparentemente fallito un tentativo di sbarco a Trieste con l’arresto a Napoli su mandato di cattura dei magistrati triestini di Michele Maraucci, uomo della “cupola” di quell’organizzazione. Aveva guidato un canale di rifornimento della droga dalla Campania al Friuli Venezia Giulia. Poco prima di lui a finire in trappola era stato un altro pezzo da novanta dell’organizzazione, Giuseppe Iavarone “beccato” a Fiumicino di ritorno dalla Spagna dove aveva trascorso un periodo di tempo per sfuggire alla cattura. Erano il vertice della piramide conficcata nel Nordest di una gang che aveva alla base come “cavalli”, cioé pusher che avevano il compito di spacciare in Friuli Venezia Giulia l’hashish targato camorra, tre napoletani abitanti a Trieste e un triestino. Il centro locale di spaccio era la bottega, in via Nordio, di un calzolaio triestino, Luigi Zinno, dal quale ha preso nome l’operazione che i carabinieri hanno chiamato, usando il termine dialettale, “Operazione calighér”. E al “caligher” gli investigatori erano giunti dopo aver intercettato nei pressi dell’università due Peugeot 308 incolonnate. La prima fungeva da staffetta, la seconda aveva un doppiofondo dove erano stati nascosti 41 chili di hashish, già suddivisi in pacchetti da 50 e 100 grammi. Era invece in Borgo Teresiano e in particolare a un commerciante, Renato Affinito, e a un barista, Franco Fontanella che giungeva un canale di rifornimento della cocaina che faceva capo al clan dei Gallo – Limelli – Vangone che controlla gran parte dei traffici illeciti nell’area di Torre Annunziata, Trecase e Boscotrecase. Regista dell’operazione Ciro Limelli, napoletano, uno dei boss del clan.

Walter Nobile era invece un basista dei clan Alleanza di Secondigliano e Licciardi che aveva preso domicilio a Ronchi dei Legionari e come attività di copertura faceva il consulente di una delle tante ditte inpegnate nei subappalti della Fincantieri. In realtà curava lo spaccio di cocaina e hashish provenienti dal Sudamerica non solo nell’Isontino, ma in buona parte del Nordest. Nella stessa operazione di polizia, oltre a lui sono finite in carcere 29 persone ed è stato arrestato a Santo Domingo il boss camorrista Ciro Mazzarella. Dal momento che il padre Gennaro e il fratello Francesco erano già dietro le sbarre, era Ciro a reggere le redini del clan ed era inserito nella lista dei cento latitanti più pericolosi d’Italia. Era sbarcato da fuggitivo in Sudamerica, si era trasferito in Costarica per approdare infine a Santo Domingo da dove coordinava per vie telematica le attività criminose del clan. I finanzieri del Gico lo hanno smascherato in una lussuosa residenza in avenida Josè Cotreras. Un altro esponente di spicco del clan, Paolo Romagnoli, è stato bloccato a Bucarest.

Centri commerciali, dipendenti costretti a restituire la paga

E a chi sostiene la necessità di nuovi centri commerciali nell’isontino giustificandoli anche con i posti di lavoro ecco la risposta!

 

da Il Piccolo, 13 gennaio 2012

Centri commerciali, dipendenti costretti a restituire la paga

Gorizia, un caso limite nella selva inestricabile dei contratti. Il sindacato isontino: «Ci sono commesse che resistono con gli psicofarmaci»

 

di Tiziana Carpinelli

GORIZIA Solo l’occhio attento lo nota. Tra le corsie a impilare rigatoni e bottiglie tra gli scaffali. Oppure in cassa, a battere scontrini. Perché lui, il precario della grande distribuzione mica lavora a turni regolari. Non ha l’opportunità di diventare, per il cliente, un volto familiare. Perché una volta macina 8 ore di domenica, per dar fiato al commesso part-time che è stato assunto a tempo indeterminato (il turno pieno è merce rara in questa selva di contratti), la settimana seguente ne fa 4 di sabato. E si busca pure due ore infrasettimanali di apertura e due di chiusura nella stessa giornata, così non riesce a seguire neppure uno dei tanti corsi formativi promossi dagli enti pubblici.

È l’altra faccia del luccicante mondo della Grande distribuzione organizzata (Gdo), in provincia di Gorizia. Dove fra supermercati, ipermercati e discount, la superficie commerciale è cresciuta così intensamente negli ultimi anni (145mila metri quadrati nell’Isontino, dove risiedono 142mila 400 abitanti) che l’offerta ha quasi finito per superare la domanda. Una faccia deprimente, sia capisce, dove si arriva perfino ad assumere un lavoratore col voucher, camuffando come occasionale una prestazione quale quella di scaricare la merce dai camion che, in realtà, viene svolta con regolarità, almeno per un certo periodo e fino alla soglia massima di 5mila euro annui. L’anomalo impiego di questo strumento, che non assicura al lavoratore né maternità o malattia, né disoccupazione o assegni familiari, è di recente finito nel mirino degli ispettori dell’Inps che, a quanto pare, hanno avviato accertamenti in un ipermercato della provincia. Ma si tratta solo dell’esempio più macroscopico di una situazione che, la segreteria di Gorizia della Filcams-Cgil, non esita a definire allarmante. Il contratto più diffuso è quello, pure a tempo indeterminato, del part-time ma col correttivo di una flessibilità spinta (pagata sotto forma di indennità mensile di 10 euro lordi al mese), che di fatto rende il dipendente alla mercé dell’azienda. Azienda che comunica i diversi turni settimanali solo il venerdì precedente e distribuisce i lavoratori 7 giorni su 7, rafforzando l’organico in particolare nel week-end, quando l’afflusso di clienti è maggiore. Se la formula può andar bene a chi ha vent’anni, diversamente avviene per madri o padri di famiglia, che invece hanno bisogno di stipendi più consistenti rispetto ai medi 600 euro netti al mese (per 20-24 ore alla settimana) previsti per la categoria ed elemosinano la possibilità di fare ore in più, assecondando ogni richiesta del datore. Chi si trova in questa situazione è comunque fortunato, perché almeno ha il lavoro garantito, pur sacrificando la vita familiare. Poi ci sono tutti gli altri, e tutte le altre forme di contratto. Con meno diritti e tutele. «Ho visto lavoratori andare avanti a psicofarmaci per la situazione stressante cui erano sottoposti a causa della stipula di documenti – spiega Ilaria Costantini della segreteria provinciale Filcams-Cgil – di cui non avevano compreso del tutto le clausole». Il caso è quello di una giovane che era stata assunta con contratto di associazione in partecipazione, una «modalità diffusa soprattutto nei piccoli negozi monomarca delle gallerie dei centri commerciali, con alle spalle un marchio noto». In pratica funziona così – chiarisce -: la paga dell’associata in partecipazione, cioè la commessa, dovrebbe avvenire per contratto a consuntivo di bilancio: a fine anno la catena ripartisce gli utili tra gli associati e se è andata bene la lavoratrice percepisce quanto le è dovuto, altrimenti il rischio, come ci è capitato di osservare, è che il lavoratore debba coprire la sua parte della perdita, chiaramente in termini di retribuzione. Non solo: può essere minacciata, come è accaduto, di dover restituire gli stipendi percepiti. Questo perché i pagamenti in realtà non avvengono a consuntivo di bilancio, ma attraverso degli anticipi mensili sugli utili, ovvero quote fisse di compenso del valore di una paga base da commessa.

Se il brand ha avuto un’annata difficile, basta ventilare la possibilità di richiedere indietro una parte della retribuzione e, nel 99% dei casi, il dipendente terrorizzato molla il lavoro, così la catena si è facilmente sbarazzata di una persona».

Nuovo progetto di un rigassificatore di Fincantieri e Ansaldo nel golfo di Trieste….e siamo a tre

Durante l’incontro con l’amministrazione di Monfalcone e l’ad di fincantieri Bono, avvenuta un paio di settimane fa, un politico della destra aveva parlato di un inceneritore per sollevare le sorti della fincantieri in crisi… pensavamo fosse una boutade e, invece, qualcosa covava e il furbo della cucciolata ha spiattellato … ora spunta poi anche l’ipotesi rigassificatore: cosa sa la sindaca? E la sinistra di lotta e di governo che amministra Monfalcone?

 

da Il Piccolo del 13 gennaio 2012

Patto Fincantieri-Ansaldo per un rigassificatore

di Giulio Garau
TRIESTE Un’alleanza strategica tra Ansaldo sistemi industriali (Asi) e Fincantieri per realizzare piattaforme offshore: primo obiettivo un rigassificatore al largo di Monfalcone (da affidare all’Eni) ma anche un impianto per la termovalorizzazione dei rifiuti utile a risolvere l’emergenza a Napoli. Fincantieri ci sta lavorando da tempo con un gruppo di specialisti che sta progettando piattaforme speciali e navi ad alto contenuto tecnologico, Asi è impegnata con le tecnologie legate agli impianti eolici off-shore. Ma ora quello che era solo uno scambio di idee tra i vertici delle aziende, l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono e quello dell’Asi, Claudio Andrea Gemme (che è anche presidente di Anie la Federazione delle aziende elettriche ed elettroniche in seno a Confindustria) sta diventando un progetto concreto. Non c’è solo la necessità delle aziende di diversificare e crescere puntando a prodotti a più alto valore aggiunto, ma anche a creare nuove opportunità di lavoro e di business nei territori di insediamento. Una mossa anti-crisi che coinvolgerebbe anche le altre aziende dell’indotto. «Ne ho parlato con Bono, è assolutamente d’accordo e del resto Fincantieri ci sta lavorando con il suo gruppo – conferma lo stesso Gemme -. Quella di realizzare un rigassificatore al largo è un progetto che abbiamo studiato per trovare nuovi sbocchi di attività. La mia idea è di mettere assieme le competenze delle due aziende che a Monfalcone lavorano fianco a fianco, trovando un’alleanza strategica». Nessuna richiesta di fondi al governo: «Non vogliamo soldi – mette le mani avanti Gemme – ma un percorso meno burocratico per realizzare questi impianti e meno vincoli. Roma deve levarci gli impedimenti, creare una corsia preferenziale». Una scommessa soprattutto per Monfalcone che ora si trova davanti il progetto di un nuovo impianto di rigassificazione dopo la clamorosa bocciatura di quello dell’Endesa che avrebbe sostituito la tanto contestata centrale A2A. Contestazioni che ora, in un momento di “crisi epocale” (come la definisce lo stesso Bono) dove c’è lo spettro della disoccupazione che avanza, sarebbero assolutamente fuori luogo. Si parla infatti di centinaia e centinaia di nuovi posti di lavoro per la costruzione e poi la gestione di impianti, piattaforme e anche navi da trasporto (gasiere) del valore di centinaia di milioni di euro. L’ad dell’Asi pensa per ora alla costruzione «Fincantieri realizzerà le piattaforme e le strutture navali, noi come Asi siamo pronti a costruire tutti gli impianti ausiliari elettrici» e non si preoccupa del committente “energetico” o su chi si occuperà della gestione, ma punta a una società italiana: «penso all’Eni» dice. In barba anche ai progetti a Zaule e a quello off-shore prospettato sempre in Golfo. L’ad Asi infatti pensa anche «a utilizzare come terminali energetici aziende multiutility e la stessa centrale A2A (da riconvertire ndr)». Il progetto dell’alleanza strategica verrà portato da Gemme anche in direttivo di Confindustria. Fincantieri, lo conferma la stessa azienda, punta moltissimo nella sua strategia di diversificazione allo sviluppo di questi nuovi business. Ne ha parlato lo stesso Bono recentemente a Monfalcone in un’audizione in consiglio comunale. E c’è anche scritto, nero su bianco, nel piano di riorganizzazione aziendale. Si parla di progetti di costruzione per “primari operatori offshore” (come la piattaforma sommergibile Scarabeo 8 allestita per Saipem), di mezzi speciali, ma anche dei cosiddetti “nuovi concept”. E tra questi il progetto “plasmare” ovvero piattaforme galleggianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (un impianto al plasma a ciclo chiuso che recupera il 35% di energia e ricava dall’immondizia una sorta di vetro che può essere riutilizzato). Ma anche impianti per il trattamento dei fanghi dei dragaggi in mare (progetto Permare), lo sviluppo di impianti eolici e di «rigassificatori destinati alla trasformazione del metano dallo stato liquido a quello gassoso e la sua distribuzione in rete».

DUMBLES/ Il paese della perdonanza

L’altra sera, parlando fra di noi di violenza contro le donne e femminicidi, cercavamo ancora di capire che cosa impedisca a questi continui reiterati delitti di essere trattati dai media come allarme sociale, di suscitare dibattiti, di sviscerare le questioni, di sentire le parti ecc. ecc.  Non che questo garantisca nulla, ovviamente, le oscene strumentalizzazioni alla Alemmano, per intenderci o la vacua spettacolarizzazione televisiva, sarebbero anche peggio;  ma volendo essere speranzose, se trattato in modo corretto, potrebbe  essere almeno l’indicatore di un primo step di consapevolezza rispetto al “fenomeno”. Nulla di tutto questo. Le donne continuano ad essere massacrate e nessuno si scompone.

Continue reading →

NO OGM: arrivano le condanne per le azioni no-ogm del 2010

dal Messaggero Veneto del 14/01/12

Ogm e tafferugli arriva il conto per i “disobbedienti”

di Enri Lisetto Per le invasioni dei campi di proprietà dell’imprenditore Giorgio Fidenato e della sede di Agricoltori federati, a Pordenone, all’epoca delle manifestazioni anti Ogm nell’estate del 2010, è in arrivo una raffica di decreti penali di condanna, le cui notifiche sono in corso di esecuzione attraverso le varie questure d’Italia e polizie estere nelle cui circoscrizioni risiedono i destinatari. Sono tre i fascicoli dove sono ricompresi altrettanti eventi a seguito dei quali sono scaturiti tre filoni di inchiesta del pubblico ministero Piera De Stefani: riguardano l’invasione del terreno di Fidenato a Vivaro il 30 luglio 2010, l’invasione dello stesso appezzamento il 9 agosto 2010 e la manifestazione nella sede di Agricoltori federati il 30 aprile 2010. Fascicolo chiuso per quest’ultimo episodio: il giudice per le indagini preliminari di Pordenone ha emesso 34 decreti penali di condanna a carico di altrettanti manifestanti “disobbedienti” residenti tra le province di Pordenone, Udine, Belluno, Padova, Trento, Treviso, Venezia e Vicenza. Gli indagati sono stati identificati dal personale della Digos di Pordenone attraverso l’analisi di filmati e foto. In concorso e a vario titolo sono contestate le ipotesi di reato di violazione di domicilio, violenza privata, ingiuria, danneggiamento, imbrattamento e deturpamento di cose altrui. Le condanne ammontano a due mesi e 15 giorni di reclusione, convertiti in 18 mila 750 euro di multa ciascuna, con la sospensione condizionale della pena. Per i rimanenti 13 indagati, tutti con recidiva specifica infraquinquennale, è stato chiesto il giudizio. L’ipotesi di reato di lesioni personali viene contestata solo a un manifestante in quanto una segretaria di Agricoltori federati, nel tentativo di chiudere la porta della sede di via Lino Zanussi per evitare l’occupazione, rimase ferita. In fase poi di emissione i decreti penali di condanna per 40 manifestanti (tra cui alcuni attivisti di Greenpeace) a Vivaro: a vario titolo vengono contestati perlopiù le ipotesi di reato di violazione di domicilio e invasione di terreni, il 30 luglio 2010 quando il mais venne tagliato. Un’altra trentina di decreti penali sono in corso di emissione nei confronti dei dimostranti “disobbedienti” che manifestarono nello stesso appezzamento il 9 agosto 2010. In questi casi alcune notifiche saranno effettuate all’estero in quanto alcuni dimostranti provenivano da Germania, Ungheria e Austria. «Io sono stato subito condannato, per loro è passato più di un anno – ha rilevato il presidente di Agricoltori federati Giorgio Fidenato – ma finalmente comincio ad avere un po’ di giustizia: i violenti cominciano a pagare». L’imprenditore – del quale sono ancora sotto sequestro sia l’azienda sia il conto corrente – ha infine reso noto di avere intrapreso una causa civile nei confronti dell’ex consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz e di Gianni Cavallini, nelle sue funzioni di presidente dell’Arci Cral di San Vito al Tagliamento.

Sul movimento dei forconi in Sicilia

In questi giorni si sta parlando molto del movimento dei forconi siciliano che sta bloccando l’isola.

Riportiamo i link a due contributi da parte di compagni anarchici siciliani.

Il primo è un’intervista di Radio Blackout di Torino ad un anarchico di Ragusa:

http://radioblackout.org/2012/01/protesta-dei-forconi-luci-ed-ombre-di-un-movimento-popolare/

 

il secondo è un contributo della Redazione del giornale anarchico Sicilia Libertaria:

http://www.sicilialibertaria.it/2012/01/18/sul-movimento-dei-forconi-e-la-rivolta-popolare-in-sicilia/

Sul movimento dei forconi e la rivolta popolare in Sicilia

 

Mentre scriviamo è in atto in tutta la Sicilia la protesta organizzata da Movimento dei forconi, Aias ed altre associazioni minori che si sono man mano aggregate. Si tratta di una realtà eterogenea, le cui potenzialità erano note, ma la cui portata sociale si potrà cominciare a verificare a partire da questa settimana. Di fatto, dopo la protesta degli anni ottanta degli “abusivi per necessità”, non si erano più verificati movimenti così diffusi e radicali, in grado di intercettare il crescente malcontento e di dare delle risposte alla crescente voglia di protagonismo, da anni repressa nei meccanismi del clientelismo e della delega.

Un movimento di tal fatta non poteva non destare l’attenzione di chiunque abbia interesse a creare un clima di “rivolta” per pescare nel torbido, o da parte di chi sente sia giunto il momento di portare allo scoperto le proprie rivendicazioni corporative. E’ così che la destra, da tempo attenta agli sviluppi di questo movimento, ne canta le lodi, e dove può, partecipa in maniera anonima con i suoi militanti ai blocchi stradali; è il caso di Forza Nuova e di altre sigle della galassia neofascista; è il caso dell’arcipelago indipendentista. E’ anche il caso di Zamparini, l’industriale presidente del Palermo calcio, e del suo Movimento per la gente, costituito per lottare contro Equitalia. Quest’ultimo pare abbia anche fornito risorse economiche al Movimento, ovvero a “Forza d’Urto”, la sigla unificante sotto cui si svolgono le manifestazioni di questi giorni.

La sinistra, anche quella rivoluzionaria, aristocraticamente, ha osservato da lontano e con fastidio quanto andava nascendo in mezzo a categorie – contadine in particolare – sprofondate in una profondissima crisi, andando a cercare i peli nell’uovo. Eppure di occasioni in questi mesi ve ne sono state per incontrare i “forconi”, ad esempio nel movimento contro il Muos di Niscemi.

Gran parte dei fondatori e degli aderenti al Movimento dei forconi (come pure all’Aias, il sindacato degli autotrasportatori), provengono dal bacino elettorale del centro-destra o dell’MPA, questo è notorio. Può bastare questo a definire i “forconi” un movimento di destra, o addirittura fascista?

Una delle cause scatenanti del loro scendere in piazza è infatti la delusione verso i governi regionale e nazionale nei confronti delle rispettive categorie degli agricoltori, dei camionisti dei pescatori, ecc.; oggi gridano, assieme a tanta gente, contro Lombardo e contro i deputati tutti, chiedendo che se ne vadano; oggi si organizzano per consegnare le tessere elettorali, avendo perso la fiducia nella democrazia parlamentare.

Noi dobbiamo analizzare il movimento a partire da una dichiarazione retroattiva di voto? (una exit pol molto post-datata), o a partire da quanto ne scrivono Forza Nuova e camerati?, o a partire dalle simpatie del singolo personaggio?, oppure dobbiamo dare un giusto peso a una rivolta sociale che comincia a definirsi, dopo anni che scriviamo e critichiamo la calma piatta regnante e che ci interroghiamo sul perchè la gente non si ribelli? Adesso la gente si sta ribellando; porta nei blocchi stradali tutto il suo disgusto, la sua disperazione, la sua rabbia, e le sue certezze: non ostenta un obiettivo specifico; non è la rivolta contro la discarica o la tav o i licenziamenti; non è più solo la protesta dei contadini contro la concorrenza sleale e le leggi del mercato, o quella dei camionisti contro il caro-carburanti, o dei piccoli commercianti snervati dalle tasse e dalla Serit, ma comincia a delinearsi come la protesta diffusa di tutti; una rivolta contro lo sfruttamento; contro un infame trattamento per il Sud e la Sicilia, contro lo Stato esattore della povera gente, costretta, assieme alle piccole imprese – quindi ciò che regge l’economia di intere regioni – al fallimento. Questa è la novità che non si riesce a cogliere, e che invece noi poniamo alla base del nostro ragionamento.

Certamente siamo su un terreno scivoloso. Ma quando mai le rivolte sociali sono state linde e chiare, politicamente corrette, esenti da contraddizioni, orientate a sinistra, eccetera eccetera?

Noi che viviamo nel profondo Sud sappiamo bene come i fascisti abbiano progressivamente occupato spazi sociali e fisici lasciati vuoti dai movimenti di sinistra, radicali e anche rivoluzionari. Sappiamo bene come le strategie del neofascismo siano improntate ad approcci formalmente non ideologici, volti a creare consensi nei quartieri e laddove regna la rabbia e l’emarginazione. Del resto non è una novità dal punto di vista storico, e non è più neanche una caratteristica del solo meridione.

Ma sappiamo anche che il terreno perduto si riconquista metro per metro standovi sopra, non lontani; sappiamo anche che le contraddizioni della gente possono essere portate alla luce del sole se si sta in mezzo alla gente. Abbiamo fatto delle scelte che ci impongono di stare laddove il popolo soffre e soprattutto laddove si ribella e mette in discussione assetti sociali e politici, privilegi e ruberie, corruzione e meccanismi truffaldini del consenso. Avremmo dovuto farlo prima; avremmo dovuto essere stati noi a tessere le fila di questo movimento di protesta e di lotta. Non è stato così, ma questo non vuol dire che la cosa non ci riguardi.

 

La redazione di Sicilia libertaria

18-1-2012

SICILIA/ Già meglio: brucia il tricolore

SICILIA: non male questa
bandierabrucia2
Continue reading →

DUMBLES / Ogni cosa al suo posto…

… ed un posto per ogni cosa.

Già questo motto è fastidioso per chi non riesce a stare nel banale ordine domestico delle mutande nel giusto cassetto, figuriamoci quando lo stesso riquadro schematico viene utilizzato per rimettere a posto la realtà momentaneamente perturbata, messa in disordine, da un evento drammatico.

Parliamo ovviamente della Costa Concordia, una tragedia all’italiana, verrebbe da dire, se volessimo anche noi farci prendere dalla smania della catalogazione degli eventi.

In realtà i cassetti dell’arredamento socioculturale non attendono eventi, attendono persone cui affidare il ruolo di nuclei di rappresentanza della morale nazionale: il buono, il cattivo, la donna.
Ritratti costruiti subito in un concatenarsi di identità che se non c’erano, bisognava inventarle.
Intanto il buono, il coraggioso, l’eroe, ma soprattutto l’uomo con le carte in regola: padre e marito esemplare; Repubblica ci tiene a sottolinearlo, ancor prima di descriverne l’operato: moglie e figlie sono il suo mondo.
“Da grande voglio essere De Falco” dice un tale (sempre Repubblica), quello che ordina, quello che dice “adesso comando io”… la voce del comando che tanto è piaciuta al punto da essere riverberata da una massa di automi belanti nelle inquietanti, più che divertenti, t scirt.
Da  prendersi veramente male quando dalla maglietta alla corteccia, l’ammirazione si trasfigura nella richiesta di autorità  (incarnata guardaunpò in una divisa), di uomo forte, di uno che mette le cose a posto, leader, guida, dux… All’italiana, insomma.
Come italianissima è la figura del cattivo meglio definito dagli eventi come il codardo.
Qui si è visto un distillato di ipocrisia purissima. L’affondamento mediatico di un modello, quello del maschio farfallone, sbruffone, piacione, che fino ad un momento prima piace; piace  al popolo delle crociere come a quello televisivo; quel maschio che popola una realtà quotidiana deprimente e kitsch, dalle nostre parti lo chiamiamo coiar; quello che nessuno in tempi ordinari si sognerebbe di demolire, anzi, il disgraziato è l’incarnazione di uno stile  permesso, ricercato, stimolato, perfino applaudito e se, nella fattispecie dell’azione incriminata origine del dramma,  l’inchino era usanza a conoscenza e con compiacenza delle compagnie e delle capitanerie, è già detto tutto.
E poi c’è la donna. Poteva forse mancare la chiave di volta, quella che rende il cattivo un po’ meno cattivo perché offre all’interpretazione un’alibi alla sua distrazione? E’ ancora Eva che induce l’uomo al peccato. Perciò eccoli pronti i ricami a punto in croce per «La ragazza senza cabina»,  “La donna biondo platino sulla plancia”. “La ballerina moldava che ha fatto girar la testa a Capitan Codardo”. L’ultimo titolo è di Libero il quale ovviamente non poteva rinuniare alla sua mission: la colpa etnica. La costruzione ed il rinforzo dello stereotipo, la relazione biunivoca fra provenienza e colpa. Lo osservava bene l’altro giorno Dino Amenduni sul Fatto quotidiano:  “se ricordiamo al lettore che quando c’è un furto è stato commesso da un rumeno, che quando c’è un atto di violenza è stata colpa di un maghrebino, che quando c’è una “donna misteriosa” (e non una dipendente della compagnia) a bordo è moldava, mentre non abbiamo lo stesso tipo di zelo nello specificare l’origine (italiana o occidentale) di altri esseri umani che commettono lo stesso tipo di azioni, alla lunga autorizziamo gli italiani a pensare che solo uno straniero, un determinato tipo di straniero, compie un determinato tipo di azione“.
Così nel lavoro di sistemazione delle figurine giornali e telegiornali ci hanno marciato una settimana, vendendo qualcosa in più e risistemando anche il nostro ordine sociale e morale.
Perché nel costume italico è così; nemmeno le tragedie sono trattate con correttezza, bisogna rimescolare carte e colpe e talvolta o spesso, nascondere le mancanze e gli errori.
Per esempio quasi nessuno ha ricordato che il 14 gennaio c’era stata a Venezia la manifestazione contro il passaggio in laguna delle navi da crociera:  “Big ship …. you kill me” stava scritto su uno striscione; ma lo spirito dell’ “oscena movida galleggiante” come la chiama Sergio Bologna è quello di far avvicinare questi mostri pericolosamente alle coste più belle, alle acque protette dei pochi e non presidiati parchi marini.
Qualcosa si farà, forse sì, forse no, ma questo è già un altro ordine di problemi e riguarderà la politica e gli interessi delle compagnie di navigazione.
La nave affonderà, forse sì, forse no, ma di sicuro poco o tanto, inquinerà; ma anche questo è un altro ordine di problemi. E alla lunga, a chi interessa?
Gli spettatori del dramma, quelli che non ne sono stati toccati direttamente, sono stati serviti; anche se con un po’ di dispiacere per il De Falco eroe che ha rifiutato le numerose richieste di comparsate televisive; appagati comunque da quella di Domnica, la moldava, che dallo schermo di un’altra TV profferiva la sua verità. Credibile o meno, in ogni caso lei è già stata utile a far ordine e a dar senso agli eventi. Anche lei è stata messa nel posto che le spettava nella costruzione della casa morale degli italiani. 
Unico particolare in questo mare di certezze stereotipate, lo studio della TV moldava che ha inervistato Domnica, aveva arredato lo sfondo con una  riproduzione di un disegno di   Maurits Cornelius Escher; il titolo: relativity.

CRISI/ Italia: divario ricchi-poveri è ormai di dieci a uno

Studio Ocse

L’indagine conferma che il divario reddituale tra ricchi e poveri è in aumento esponenziale.

Continue reading →

PORDENONE: articolo del messaggero sul NOMONTIDAY

Dal Messaggero Veneto del 24/01/12

Sabato “No Monti day” targato anarchici

Anche Iniziativa libertaria ha organizzato un “no Monti day” in programma sabato, dalle 17, in piazzetta Cavour a Pordenone. Il sit in prevede interventi a microfono aperto, sound system e banchetti con materiale informativo che sarà distribuito ai cittadini. «Costruiamo mutuo appoggio – sostiene l’organizzazione – in ogni quartiere, fermiamo la speculazione, creiamo gruppi di acquisto a chilometri zero, apriamo spazi di autogestione, asili, mense, ambulatori fuori dalla mercificazione, dalle mafie, dai partiti, per una econologia sociale». Lo slogan dell’incontro è “non più lacrime non più sangue, facciamola finita con padroni, banche e parlamenti”. Iniziativa libertaria accusa il Governo retto da Mario Monti di aver assunto misure che sono andate a colpire le fasce più deboli della popolazione, non toccando, invece, i poteri forti, a partire dalle istituzioni finanziarie. Non è la prima volta che l’organizzazione promuove sit in dedicati in piazzetta Cavour a Pordenone, dedicati in passato ai tempi dell’immigrazione, contro l’uso delle armi e le azioni di guerra e a favore della promozione di un diverso modello politico-economico.