CIE DI GRADISCA: rassegna stampa 10 e 11 novembre

Dal Piccolo del 11/11/12

Cie, operatori da 3 mesi senza paga

GRADISCA Da tre mesi senza stipendi. E’ questa la situazione dei circa 70 dipendenti del Cie e del Cara. Gli operatori del consorzio cooperativistico trapanese Connecting People, gestore dal 2008 dei due centri da agosto non ricevono le mensilità loro dovute. Una situazione, quella dei ritardi, non nuova – i sindacati l’avevano a più riprese denunciata negli ultimi due anni – ma che mai era approdata a ben tre mesi di lavoro non retribuito. Sono all’incirca 45 i lavoratori assunti al Cie, 25 quelli che operano al Cara. «Così non possiamo più tirare avanti – si sfogano ai nostri taccuini alcuni dipendenti -. Qui si sta giocando con la vita delle persone. Non sappiamo come arrivare alla fine del mese. Ci sono colleghi che non hanno potuto vedersi concedere dei prestiti dalla banca perchè sono state loro richieste le ultime due buste paga. Siamo stanchi di tutta questa incertezza e del palleggio di responsabilità fra Connecting People e la Prefettura. Il nostro – spiegano – è fra l’altro un lavoro particolarmente logorante e spesso pericoloso». Il consorzio siciliano ha sempre motivato i ritardi con l’assenza di liquidità derivante dal mancato introito dei fondi che da contratto d’appalto la Prefettura “gira” all’ente gestore per l’assistenza agli ospiti delle due strutture. A quanto trapela, l’ultimo “versamento” della Prefettura all’ente gestore – attualmente in regime di prorogatio visto che il contratto era scaduto nel 2011 – avrebbe sistemato le pendenze sino al 31 dicembre dello scorso anno. Dal 1°gennaio Connecting People si sarebbe esposta in proprio nei costi di gestione senza essere a oggi “rimborsata”. Ma da agosto il consorzio non riuscirebbe più a elargire gli stipendi. (l.m.)

Il Piccolo del 10/11/12

«Il Cie di Gradisca è peggio di un carcere»

di Franco Femia wGRADISCA «Ho visitato tante carceri brutte, ma vi dico che sono migliori del Cie di Gradisca»: è la prima dichiarazione Valerio Spingarelli, presidente nazionale delle Camere penali, appena uscito dal centro immigrati. Quello di Gradisca è il primo Cie che Spingarelli ha visitato e il quadro che è emerso è del tutto negativo. «C’è un assoluto degrado – sottolinea -, ci sono molte persone in terapia, come ci ha confermato il medico, ciò è significativo dello stato di malessere di chi vi è rinchiuso». Attualmente al Cie sono ospiti un centinaio di extracomunitari in attesa di essere rispediti al proprio Paese, la metà di quanto la struttura sia in grado di ospitare. La situazione all’interno, come l’ha potuto verificare la delegazione degli avvocati – oltre a Spingarelli vi facevano parte anche Anna Maria Alborghetti e Antonella Calcaterra dell’osservatorio carceri e Riccardo Cattarini presidente della Camera penale di Gorizia – non sono fruibili gli spazi comuni per i momenti ricreativi e la mensa; gli ospiti consumano i pasti nelle camere, praticamente delle celle, dove la temperatura non è certo adeguata al periodo. Le attese per il rimpatrio sono di 5, 6 mesi e in alcuni caso anche di un anno. I tentativi di fuga non si contano più come i casi di autolesionismo, un modo per farsi ricoverare in ospedale per poi fuggire. Il Cie, aperto nel febbraio 2006, formalmente non è un carcere e gli ospiti non sono dei detenuti. Per buona parte sono extracomunitari usciti dal carcere oppure rintracciati in varie parti d’Italia privi del permesso di soggiorno e parcheggiati al centro gradiscano in attesa di espulsione. Ma anche la delegazione della Camera penale, come si sono espressi quanti hanno già nei mesi scorsi l’ex caserma “Polonio”, ritiene che il Cie sia peggiore di un carcere. «In una casa di pena – afferma Spingarelli – i detenuti, pur scontando la loro condanna, hanno i loro diritti, i loro spazi, possono godere di alcuni benefici. Tutto questo al Cie manca». «Siamo sensibili alle problematiche del territorio, alle esigenze dei controlli – aggiunge l’avv. Cattarini – ma dobbiamo essere sensibili anche ai problemi che vivono gli immigrati». Comprensione, comunque, viene espressa agli operatori che lavorano all’interno del Cie che vivono anche loro le difficoltà e disagi della struttura.

 

Messaggero Veneto del 10/11/12

Visita al Cie dei penalisti «È peggio di un carcere»

GRADISCA «Abbiamo visto carceri brutte che sono meglio di questo Cie, e sia chiaro che la colpa non è di chi ci lavora dentro». Non usano giri di parole per descrivere la loro prima visita a un centro identificazione ed espulsione (Cie) i rappresentanti della Camera penale, guidati ieri mattina nel loro viaggio all’interno della struttura di via Udine da Riccardo Cattarini, presidente della Camera penale di Gorizia che in collaborazione con l’Unione delle Camere penali italiane ha chiesto e ottenuto dal Ministero dell’Interno di poter ispezionare il centro. Presente nella delegazione in visita al Cie anche Annamaria Alborghetti, presidente della Camera penale di Padova. Al termine della visita, durata un’ora e mezza circa, il presidente dell’Unione delle Camere penali italiane Valerio Spigarelli ha bocciato su tutta la linea il Cie, giudicato «intollerabile in una società democratica». «Non ho mai visto così tante persone recluse e sotto terapie – ha aggiunto Spigarelli – è un segnale di malessere profondo e tensione, del resto se sei rinchiuso lì dentro e non sai quando esci o ti danno qualcosa per tenere duro o rischi di perdere il controllo. Bisogna porsi l’obiettivo di andare a fondo al problema: non possiamo tenere in detenzione persone che non stanno scontando assolutamente nulla». La voce dei sei penalisti descrive una situazione ai limiti dell’invivibilità, con spazi per socializzare praticamente assenti: gli ambienti comuni, infatti, non sono fruibili. La mensa è fuori uso ormai dal 2008, e gli immigrati devono consumare i pasti all’interno delle proprie stanze, anche la biblioteca non è accessibile, stesso discorso per gli spazi sportivi. Il tempo viene trascorso insomma nelle rispettive stanze, con un piccolo cortile comune. “Siamo ben al di sotto del livello di diritti fondamentali – ha affermato Riccardo Cattarini – e gli operatori non c’entrano nulla, svolgono il loro lavoro correttamente. C’è da considerare anche il fatto che una struttura come questa, in una cittadina tranquilla come Gradisca, baricentro di una provincia altrettanto tranquilla, crea un problema non indifferente». «Il problema è strutturale – rimarca Valerio Spigarelli – perché almeno in carcere ci sono dei benefici, qui invece no. Chi sta dentro, che si comporti bene o si comporti male, è esattamente la stessa cosa. Se pensiamo che questa è gente che non sta scontando nessuna pena, si può dire che è una situazione di degrado assoluto, assolutamente incivile». A lasciare sbigottiti i penalisti non è solo la condizione di vita all’interno del Cie, ma anche la questione temporale: «Molti di quelli con cui abbiamo parlato ci hanno detto che sono qui o nei Cie da molti mesi. Il limite massimo è diciotto mesi: una pena che di solito viene inflitta per reati piuttosto gravi». Segnalato il caso limito di un immigrato rinchiuso al Cie dopo che il datore di lavoro, in crisi con l’azienda, si è visto costretto a licenziarlo. Dopo una permanenza ormai stabile in Italia, l’uomo non ha potuto rinnovare il permesso di soggiorno, e ora trascorre i suoi giorni nel Cie gradiscano. Giuseppe Pisano