Marzo 17th, 2017 — General, Uncategorized

Abbiamo sempre pensato che la nostra battaglia per l’autodeterminazione, la rivendicazione di quello che riteniamo ci debba essere riconosciuto come libere soggettività, la libertà di scelta su cose che riguardano la nostra vita, ancor meglio i nostri corpi… insomma il nostro modo di essere femministe (ancora? Eh sì…), anzi ecofemministe, non possa essere disincarnato dal luogo che abitiamo….
In esso, che è luogo di enunciazione, nostra cartografia ed ontologia, ragioniamo contro il sessismo, contro la violenza, contro le prevaricazioni, contro ciò che colpisce noi ma anche il luogo intorno a noi.
Quando diciamo che “non vogliamo essere colonia di nessuno” lo diciamo in senso di rivendicazione individuale ma anche territoriale; per noi le due cose sono inscindibili.
Da noi, nella Bassa Friulana si incominciò a parlare concretamente di TAV nel 2006 quando fu propagandata l’idea del corridoio 5 con tutte le stronzate su ammodernamento, progresso ecc. ecc che gli avevano appiccicato addosso. Per noi si trattò dell’ultima invasione…
Come potremmo pensare di essere soggetti liberi in una terra letteralmente stuprata da quella porcheria che è il C5 (ora Corridoio 3) che la trapassa da Lisbona a Kiev (via Torino-Lione e Trieste-Divaca con ultime modifiche relative) per portare chi, cosa e perché ancora non si sa?…
In ValSusa hanno incominciato vent’anni fa a chiederselo arrivando sempre alla stessa risposta: non serve ma tutti lo vogliono perché è una gran fonte di denaro, -il nostro-, per politici (dx e sx), cricca e mafia. Punto. Perciò si deve fare. Ecco, tutto qua. Semplice, lineare, come la linea tracciata sulla carta geografica.
Quello che sta facendo lo stato in Val Susa è come quello che fa uno stupratore quando una donna gli dice “no”; volutamente sordo alle sue ragioni, semplicemente non ascolta, non si tira indietro ma usa tutte le armi a sua disposizione per prendere ciò che desidera. Violenta.
Ed in ValSusa le armi del potere si sono viste tutte ma proprio tutte: criminalizzare, terrorizzare, picchiare, gasare, arrestare, intimidire e poi, grazie a media servi più servi dei servi, censurare e falsificare. Continuamente.
Quello che succede adesso in ValSusa è quello che lo stato è; nell’espressione di tutti i suoi governi, di Prodi come di Berlusconi e di Berlusconi come di Monti; arrivati al dunque, davanti all’accesso (opportunamente creato con il project financing) alla grande mangiatoia si comportano tutti allo stesso modo: come una dittatura.
Dite voi, che significato ha che a Marta, una delle arrestate dopo la manifestazione del 3 luglio, sia negato il trasferimento richiesto per l’obbligo di dimora perché non ha mostrato resipiscenza?
Questo termine, come ha spiegato lei, che veniva usato durante il fascismo, indica “ l’atto del ravvedersi, riconoscendo espressamente il proprio errore”… ora, dal momento che Marta non aveva fatto niente se non fuggire dai lacrimogeni sparati, (ricordiamolo, ad altezza d‘uomo/di donna), il suo “errore” è essere No Tav, la sua resipiscenza perciò corrisponde all’abiura; perché questo si vuole: che non si possa più dire “NO!”, che non si deve dire “NO“, che non si può nemmeno pensare di dire “NO“!
La legge obiettivo è stata fatta per questo, i siti strategici di interesse nazionale sono stati fatti per questo, la militarizzazione è fatta per questo, l’esproprio coatto è fatto per questo.
Ciononostante, è “NO” ed ancora “NO!”. Semplicemente perché nessuna di noi può pensarsi in una terra colonizzata, ridotta ad un corridoio per passaggio di merci, ma ancor prima, devastata in un immenso cantiere, in un ladrocinio continuo mentre ci chiamano all’etica del sacrificio (tipo precarietà sempre, pensione mai!) e ci illustrano risibili misure di giustizia sociale.
Avremmo molte cose di cui parlare per questo 8 marzo, tra le quali inevitabilmente la violenza contro le donne, lo stalking, gli stupri, i femmincidi, la precarietà, lo sfruttamento, la crisi … ma abbiamo deciso di caratterizzare questa giornata come NoTav, perché questo ci pare una lotta imprescindibile, perché non possiamo essere come vogliamo in un ambiente trasformato in servitù.
Perché siamo solidali con tutt* quell* che stanno resistendo in Val Susa e perché non sopportiamo le prepotenze delle lobby economiche di nessun genere, meno che meno del Tav, perché alla fin fine l’8 marzo ricorda proprio la morte di donne, per la maggior parte europee immigrate in America, [e non dimentichiamo le/gli immigrati sfruttat* o deportati nei CIE, nostri lager del ventunensimo secolo!], morte sul lavoro nell’incendio della fabbrica nella quale lavoravano come schiave alla catena, ed il Tav, essendo che lo pagheremo noi tutt* sarà comunque la catena che imbriglierà il nostro futuro.
Ma come “No significa No“, “No Tav significa No Tav“. Sempre.
Dumbles feminis furlanis libertaris – Volantino distribuito al presidio di Udine in solidarietà con la Val Susa il 3 marzo 2012
Marzo 17th, 2017 — 8 marzo, General
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Abbiamo sempre pensato che la nostra battaglia per l’autodeterminazione, la rivendicazione di quello che riteniamo ci debba essere riconosciuto come libere soggettività, la libertà di scelta su cose che riguardano la nostra vita, ancor meglio i nostri corpi… insomma il nostro modo di essere femministe (ancora? Eh sì…), anzi ecofemministe, non possa essere disincarnato dal luogo che abitiamo….
In esso, che è luogo di enunciazione, nostra cartografia ed ontologia, ragioniamo contro il sessismo, contro la violenza, contro le prevaricazioni, contro ciò che colpisce noi ma anche il luogo intorno a noi.
Da noi, nella Bassa Friulana si incominciò a parlare concretamente di TAV nel 2006 quando fu propagandata l’idea del corridoio 5 con tutte le stronzate su ammodernamento, progresso ecc. ecc che gli avevano appiccicato addosso. Per noi si trattò dell’ultima invasione… Come potremmo pensare di essere soggetti liberi in una terra letteralmente stuprata da quella porcheria che è il C5 (ora Corridoio 3) che la trapassa da Lisbona a Kiev (via Torino-Lione e Trieste-Divaca con ultime modifiche relative) per portare chi, cosa e perché ancora non si sa?…
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Marzo 17th, 2017 — General, Notizie flash
No Tav. Blocchi di studenti a Milano e Torino, presenza valsusina a Roma
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Marzo 17th, 2017 — General, Studenti
Dal Piccolo del 10/03/12
Polizia davanti alle scuole Blitz a caccia di droga
Trieste: gli agenti hanno atteso i ragazzi nei pressi di Carducci, Dante e Oberdan. Ispezioni su alcuni alunni, nessun risultato. Perquisite due case. Uds: grottesca messinscena
di Corrado Barbacini
I poliziotti hanno aspettato di prima mattina gli studenti davanti all’ingresso della scuola. Poi – a campione – hanno controllato zaini e anche motorini. Obiettivo: cercare la droga e soprattutto individuare eventuali spacciatori.
Il blitz – da quanto riferito il primo di una lunga serie – è stato messo a segno ieri tra le 7.30 e le 8 nei pressi dei licei Carducci, Oberdan e Dante. A operare sono stati gli agenti di alcune pattuglie della volante e altri in borghese della Narcotici. Questi ultimi hanno osservato discretamente gli studenti. Poi hanno indicato quelli da controllare ai poliziotti, che li hanno avvicinati.
«L’iniziativa – spiega il questore Giuseppe Padulano – fa parte di un’intesa con le direzioni degli istituti superiori. Si tratta di controlli che vengono effettuati periodicamente e hanno sostanzialmente un significato di prevenzione. Spesso riceviamo segnalazioni di situazioni connesse allo spaccio che si verificano nei pressi delle scuole. Il controllo effettuato segue appunto questa logica». Aggiunge il questore: «Lo scopo è quello di scoraggiare il consumo di sostanze stupefacenti da parte dei giovani e impedire che lo spaccio di droga avvenga nelle vicinanze degli istituti. Nei prossimi giorni verranno effettuati altri controlli nelle scuole cittadine, in attuazione degli accordi raggiunti con le relative direzioni scolastiche interessate».
Ma l’Unione degli studenti non la pensa così e definisce in una nota «costose e grottesche messinscene» i controlli effettuati dalla polizia. «Una scuola che in teoria dovrebbe formarci e renderci capaci di scegliere, da soli, il nostro meglio, che dovrebbe renderci cittadini e individui pensanti e critici si è trasformata anche oggi (ieri, ndr) nella palestra della paura, nel luogo in cui chi fuma lo spinello è un criminale, il luogo dove la legalità è il principio che divide i buoni ragazzi dai cattivi, chi può andare a scuola da chi viene portato in Questura».
Ieri le ispezioni in totale hanno riguardato una dozzina di allievi del Carducci, dell’Oberdan e del Dante. «Mi puoi far vedere cosa c’è dentro il tuo zaino?». «Alza la sella del motorino». Sono state queste le richieste poste dai poliziotti. In un solo caso un giovane è stato trovato in possesso di alcune sigarette fatte a mano, simili agli spinelli. Ma il test effettuato dagli agenti della Narcotici è stato negativo. Quelle trovate dai poliziotti erano infatti solo sigarette contenenti tabacco e nient’altro.
Gli agenti della Squadra mobile hanno contestualmente effettuato due perquisizioni che erano state disposte nei giorni scorsi dalla Procura per i minori. Perquisizioni – è bene chiarirlo – che riguardavano due giovani studenti coinvolti da tempo in indagini della Procura sullo spaccio di hashish e ricettazione di telefonini rubati. Sono stati chiamati in disparte e perquisiti sul posto. Poi i poliziotti sono andati a controllare e a cercare la droga nelle abitazioni dei giovanissimi indagati.
Marzo 17th, 2017 — General, Varie
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“…amor dammi quel fazzolettino, vado alla fonte lo vado a lavaaar…”.
Qualcuno forse lo conoscerà; è un pezzo di strofa di un canto popolare (qui ve lo godete tutto), di quando c’era una volta che le donne facevano il bucato, e pure con amore, a mariti e fidanzati.
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Sui canti popolari, in particolare quelli contadini, su quello che sono stati come manuali di autoistruzione per donne e uomini all’esercizio dei ruoli prescritti, e soprattutto su come, anche attraverso i canti, si siano costruite la dominanza e la subordinazione, basi strutturali di quello che oggi chiamiamo specismo, anche inteso nella sua declinazione sessista, ne parla Ivan Cavicchi in un interessante articolo.
Conclude Cavicchi: “…Cosa ci insegna la comprensione dello specismo? Tante cose che per converso ad esempio ci fanno capire quanto importante sia il linguaggio per decostruire delle coercizioni ontologiche e quanto sia importante definire delle contro logiche che prima di ogni altra cosa rigenerino il genere perduto ecc. Ma a parte ciò, mi chiedo lo specismo è un fenomeno antropologico del passato? …”
Neanche detto, ecco irrompere l’implacabile presente con le sue risposte dal web: che cosa ti troviamo il giorno dopo l’8 marzo? Questo: una si appresta a fare la lavatrice mettendoci dentro i pantaloni del fidanzato, controlla le indicazioni di lavaggio sull’etichetta in coda alle quali sta scritto: “…altrimenti dalli alla tua donna, è il suo lavoro”.
Amooor dammi quel pantaloncinooo…
Gli si infeltrissero i coglioni! Ha esclamato una di noi quando ci siamo passate la notizia. E’ irritante, deprimente, ma allo stesso tempo anche patetico, e per noi che il bucato è autogestito, come del resto molte altre cose sicuramente più importanti; è quasi divertente osservare che cosa si dovranno ancora inventare gli orbati dal segno del comando costretti a scrivere sulle istruzioni quello che una volta le donne facevano di default e pure con amooore.
La tipa che ha scoperto the message for men, è una giornalista, sicchè la cosa è finita sul Telegraph e poi sul web ecc. ecc. e poi la casa produttrice, la Madhouse, ha dato la colpa ai cinesi, che sono loro che li hanno fabbricati i pantaloni della vergogna… insomma, la catena della meschinità per una cosa che, anche se pensata con intento ironico, mette in moto la catena dello sciacquone.
Sarebbe certo interessante a tutt’oggi decostruire tutte le pubblicità sui bucati; ma già così, andando a memoria, si intuisce che ancora molte richiamano con nostalgia quel clima da fazzolettino lavato alla fonte da donne sorridenti, illuminate dal sole, circondate da brezze floreali nei campi di pratoline; qualche uomo in ammollo per la prova tecnica e qualche imbranato in mezzo a matrone che sanno il fatto loro perché il bucato dovrebbe essere il loro mestiere. Difficile schiodarsi da dove si è incastrati, ma intanto provare, c’è sempre una prima volta, e poi, essere infeltriti dentro è molto peggio che esserlo fuori.
Marzo 17th, 2017 — General, Loro
Corriere 11 marzo
L’INTERVISTA
ECONOMIAIl segretario Cgil: è utile per l’occupazione, ma serve
il dialogo. E sull’articolo 18: «Non sia uno scalpo». «I fischi alla manifestazione Fiom? Non erano dei lavoratori»
L’intervista / le tensioni? Preoccupano anche noi, ci vogliono risposte
Camusso dice sì alla Tav: «In Italia
c’è un bisogno disperato di investimenti»
Il segretario della Cgil: è utile per l’occupazione ma serve il dialogo. E sull’articolo 18: «Non sia uno scalpo»
Il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso (Ansa)
ROMA – Susanna Camusso, la Fiom chiama lo sciopero generale se verrà toccato l’articolo 18. Cosa risponde il segretario della Cgil?
«Ho impressione che qualcuno abbia già messo in conto un nostro sciopero generale: una fiammata e via. Ma non può essere così: si aprirà una fase non breve di lotta».
A cosa si riferisce?
«A tante cose: scioperi articolati, proteste mirate, durature, più dolorose».
Non teme che il suo messaggio venga frainteso e alimenti tensioni incontrollabili?
«So che ci sono preoccupazioni, ce le abbiamo anche noi. Ecco perché vanno date risposte».
Cosa pensa della presenza dei No Tav nella manifestazione della Fiom?
«Nessuna forma d’iniziativa legittima può prevaricare la vita degli altri e sconfinare nella violenza. Penso che la Cgil debba avere un giudizio netto. Del resto la nostra posizione favorevole alla Tav l’abbiamo espressa al congresso: il Paese ha un disperato bisogno di investimenti. Dopodiché sarebbe meglio avere regole su come si decide. E comunque va ricostruito il dialogo: è impensabile fare i lavori per anni con la valle contro».
La trattativa sul mercato del lavoro riprende domani. C’è possibilità che si arrivi a un accordo?
«Cominciamo col dire che una riforma, anche una buona riforma, non creerà occupazione: è sbagliato illudere la gente. Serve altro».
Ad esempio?
«Investimenti, politiche industriali che ancora non vedo. La “fase due” della crescita mi sembra lontana: la delega fiscale si sta traducendo in aumento dell’Iva anziché nella riduzione della pressione fiscale sul lavoro».
Questo governo l’ha delusa?
«L’esecutivo Monti ha scelto di avere il piglio di chi vuole fare riforme strutturali, ha usato termini ambiziosi, come “cambiare la mentalità degli italiani”. Ma poi questa intenzione si è tradotta nella continuità di politiche che penalizzano il lavoro».
Nel merito della riforma, ci sono punti di contatto sul tema dei contratti?
«Non c’è ancora una sintesi ma le proposte del ministro di far costare di più la flessibilità, eliminando quella cattiva, vanno nella giusta direzione».
C’è qualche novità sulla stabilizzazione dei precari?
«Al momento non ci sono risposte. Non si è mai nemmeno parlato di pubblico impiego dove la precarietà dilaga. Nè mi è piaciuto lo spettacolo del blocco dell’assunzione di 10 mila insegnanti».
Sugli ammortizzatori sociali lei dice che servono 15 miliardi. Può spiegare meglio?
«Attualmente ci sono 8,5 miliardi, tra contributi di imprese e di lavoratori, con l’estensione della contribuzione si potrebbe arrivare a 11. Mancano ancora 4 miliardi per avviare gradualmente la riforma».
Sui due pilastri voluti da Fornero? Cassa ordinaria e indennità di disoccupazione?
«No, non si può fare a meno della cassa straordinaria per le riconversioni che saranno tante dopo la crisi. E l’indennità va estesa a tutti, compreso chi vive il lavoro con discontinuità».
Veniamo all’articolo 18.
«Espungerlo dal tavolo sarebbe un atto di saggezza, limitiamoci a velocizzare i processi sul lavoro».
Ma se invece si procedesse, che farà la Cgil?
«Quando si porrà il problema ci penseremo. Vedo in giro qualche proposta di chi cerca solo uno scalpo. E poi c’è quella della Cisl, che estende le procedure dei licenziamenti collettivi a quelli individuali. Ma i licenziamenti individuali si possono già fare se non sono discriminatori».
Prenda il caso del lavoratore che, messosi in malattia, è andato a tirare il petardo al segretario della Cisl, Bonanni, ed è stato reintegrato sul posto di lavoro.
«Se il lavoratore ha violato la norma contrattuale ha ragione l’impresa, se non l’ha violata, è giusto il reintegro. Non tutte le malattie prevedono di stare a casa 24 ore su 24. Le norme ci sono: basta farle rispettare. Ad esempio, io mi chiedo perché non si impone mai al dirigente pubblico di controllare chi timbra e chi no».
Marcegaglia ha accusato il sindacato di difendere i fannulloni.
«Marcegaglia è stata presa da tentazione perché era all’assemblea di Federmeccanica… Ma non è che per evitare i problemi vadano cancellate le tutele».
Lei ha chiesto a Fornero di rivedere la riforma delle pensioni. Pensa ce ne siano i margini?
«Devono esserci. Non dispero di convincere il ministro che, con riferimento alle pensioni, non tutti i lavori sono uguali. Sul punto c’è una sensibilità fortissima e suggerirei sommessamente di tenerne conto…».
Intanto la Cgil è stata fischiata alla manifestazione della Fiom.
«Mi dicono che i fischi non erano dei lavoratori metalmeccanici. Dopodiché so che c’è una parte di movimento che ha un’idea antagonista. Ma il sindacato non è antagonista: costruisce accordi. Anche il segretario Fiom, Landini, ha detto che è per l’accordo, purché non si tocchi l’articolo 18. Che è quello che penso anch’io».
Veltroni, attaccando l’articolo 18, vi ha chiamati indirettamente «santuari del no».
«Io sento quello che dice il segretario Bersani: non mi sembra che voglia cambiare l’articolo 18. Gli altri si pongano il problema di pensare cosa proporre loro, piuttosto che dirci quello che dobbiamo fare noi».
Antonella Baccaro11 marzo 2012 | 11:56
Marzo 17th, 2017 — General, Tracciati Veneto
Video integrale della “Lezione di Tav” tenuta a Portogruaro da Claudio Cancelli e Ivan Cicconi
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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Messaggero Veneto del 10/03/11
«Gestione trasparente, non siamo truffatori»
di Luana de Francisco GORIZIA «Siamo un gruppo di imprenditori sociali, che negli ultimi anni è riuscito a garantire un posto di lavoro a una settantina di persone. Eppure, qualcuno ci dipinge come un clan di truffatori. Non sappiamo ancora perchè, nè dove avremmo sbagliato. Ma siamo pronti a chiarire ogni cosa». Il giorno dopo la vittoria al Tar del Fvg, nel ricorso promosso contro la Prefettura di Gorizia per l’annullamento dell’aggiudicazione al Rti guidato dalla francese Gepsa dell’appalto per la gestione 2011-2014 del Cie-Cara di Gradisca d’Isonzo, il consorzio “Connecting people” di Trapani fa festa soltanto a metà. A frenare l’entusiasmo per una sentenza che, di fatto – salvo ulteriori ricorsi al Consiglio di Stato da parte di Gepsa, o al Tar da parte di Minerva, diventata ora seconda in classifica – consegna ufficialmente le chiavi dei due Centri al consorzio siciliano, restano le incognite legate alla maxi-inchiesta avviata dalla Procura di Gorizia sulle modalità di gestione tenute dalla stessa “Connecting people” già dal 2008. «Il Tar ci ha dato ragione e di questo non possiamo che essere soddisfatti – afferma Mauro Maurino, componente del Comitato esecutivo di “Connecting people” -. I primi a beneficiarne saranno i nostri dipendenti, che in questo modo potranno contare su un periodo di lavoro certo. Altrettanto dicasi per la comunità gradiscana, cui saranno risparmiate le turbolenze tipiche di un eventuale avvicendamento nella conduzione di strutture come queste». In attesa di firmare il contratto (l’offerta era stata fissata su un forfait di 42 euro al giorno a immigrato), l’attenzione si concentra ora sulle indagini, che i pm Leghissa e Bossi hanno delegato a Digos e Gdf. «Non avendo visto gli atti – premette Maurino – non possiamo che muoverci nel campo delle ipotesi. Rispetto all’accusa di frode in pubbliche forniture, potrebbe trattarsi delle sigarette, per le quali conserviamo sempre una “riserva”, attingendo non soltanto alla nostra speciale tabaccheria, ma anche a punti vendita esterni. Ovviamente, non si tratta nè di contrabbando, nè di commercio abusivo. Oppure dei materassi ignifughi, visto il clamore dell’estate scorsa, quando avevano comunque preso fuoco: anche in questo caso, siamo assolutamente tranquilli, perchè possediamo tutta la certificazione necessaria a dimostrare che non sono materassi falsi. Se per forniture si intendono le schede telefoniche – continua -, siamo in una botte di ferro: ogni consegna è stata documentata. E altrettanto dicasi per i pasti, visto che non è mai successo che un ospite sia rimasto digiuno». Quanto alla supposta mancata conformità delle fatture rispetto al numero degli immigrati presenti nelle strutture, Maurino suggerisce una duplice interpretazione. «Potrebbero esserci stati degli errori nella compilazione del mattinale, dovuti al ritardo nella lettura degli ultimi fax sugli arrivi e le partenze. Errori comunque recuperati con le cosiddette fatture di ristorno. Oppure – continua – la discrepanza potrebbe essere legata a un meccanismo contrattuale che prevede la clausola di salvaguardia nel caso in cui le presenze scendano sotto il 50%. Eventualità nella quale l’ente ha comunque diritto di fatturare il 50% della commessa». Ben poco da dire, invece, sulla turbativa d’asta. «A meno che non ci venga contestata la corruzione di un pubblico ufficiale – dice Maurino -, noi non c’entriamo di sicuro. Tanto più, alla luce della graduatoria da noi stessi impugnata»
Dal Piccolo del 09/03/12
Il Tar annulla l’appalto sul Cie
GRADISCA Al Cie di Gradisca, il Tar di Trieste annulla il cambio della guardia nella gestione. E’stata depositata ieri la sentenza con cui il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso della Connecting People contro la Prefettura di Gorizia. La coop siciliana aveva impugnato l’avvenuta aggiudicazione dell’appalto al colosso francese Gepsa per i prossimi 3 anni. L’azienda transalpina, presentatasi in associazione d’impresa con le aziende italiane Cofely, Sinergasia e Acquarinto, si era classificata prima proprio davanti all’attuale gestore Connecting People. Ma il Tar ha annullato il provvedimento di aggiudicazione per vizi formali e di merito. E’ ora lecito attendersi un ricorso di Gepsa al Consiglio di Stato. La Prefettura dal canto suo commenterà soltanto oggi la sentenza, dopo averne analizzate le motivazioni. Per Connecting People, in sella dal 2008 si tratta di un punto messo a segno dopo le recenti ombre. Il consorzio trapanese è appena finito sotto la lente della Procura per ipotesi di reato che vanno dalla frode in pubbliche forniture alla truffa ai danni dello Stato, senza contare l’indagine su tre medici – Salvatore Cutrupi, Carlo Snidero, Walter Ziani – accusati di non avere denunciato alle autorità la presenza al Cie di sospetti casi di scabbia. Ipotesi comprovata, secondo rumors, dall’ordinazione di medicinali per la cura della dermatite da parte dell’ente gestore. Smentisce comportamenti illegittimi Mauro Maurino, uno dei referenti di Connecting People, e commenta così la decisione del Tar: «Siamo felici soprattutto per i nostri lavoratori. E le indagini ci trovano assolutamente sereni seppure increduli». (l.m.)
Messaggero Veneto del 09/03/12
Cie-Cara, il Tar ribalta l’esito della gara
«Avevamo evidenziato già in novembre il problema del controllo medico al Cie e adesso gli accertamenti della Procura confermano la necessità di fare chiarezza fino in fondo per evitare che si verifichino altre falle nel “filtro sanitario” della struttura». A sottolinearlo è Angelo Obit, segretario provinciale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) che commenta così la notizia del terzo filone d’inchiesta aperto dalla Procura sul Cie: filone che vede indagati tre medici accusati di aver omesso di denunciare alle autorità competenti il manifestarsi di episodi, o sospetti episodi, di scabbia tra gli ospiti del Cie e del Cara. «Ricordiamo che era stata proprio la Questura ad avviare l’indagine sulla vicenda scabbia – aggiunge Obit – e gli approfondimenti in corso sono doverosi perchè stiamo parlando di sicurezza sanitaria degli ospiti, degli operatori di polizia, dei lavoratori della struttura e più in generale dell’intera comunità cittadina di Gradisca. Ogni ospite che entra nella struttura viene sottoposto a visita medica ma a nostro avviso in questo caso c’è stata una falla in questo sistema di “filtro sanitario”. E’ possibile che i sintomi della scabbia siano sfuggiti al controllo medico? In tal caso bisogna adottare contromisure tali da garantire tutti, dagli immigrati a noi che lavoriamo nella struttura, affinché non accada più. Cie e Cara devono essere sicuri al cento per cento dal punto di vista sanitario. Si tratta di una priorità assoluta». (pi.ta.) di Luana de Francisco wTRIESTE Il consorzio “Connecting people” di Trapani continuerà a gestire il Cie e il Cara di Gradisca d’Isonzo. E non lo farà più in condizione di “prorogatio”, come avvenuto fino a ieri e dal giorno della scadenza del suo ultimo contratto, bensì in qualità di vincitore della gara d’appalto. Quella bandita dalla Prefettura di Gorizia nel dicembre del 2010 e conclusa lo scorso giugno con l’assegnazione della gestione 2011-2014 delle due strutture al Raggruppamento temporaneo d’impresa guidato dalla francese Gepsa. Ma finita praticamente subito al centro del ricorso che il consorzio siciliano aveva promosso davanti al Tar del Friuli Vg contro la stessa Prefettura, per ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione. Ieri, il deposito della sentenza: accolto il ricorso e, quindi, annullato il provvedimento. Una decisione quanto mai attesa, quella pronunciata dai giudici del Tribunale amministrativo regionale (presidente Saverio Corasaniti, a latere Oria Settesoldi e Rita De Piero) a favore di “Connecting people”, considerata anche la bufera giudiziaria abbattutasi nelle ultime settimane sul Centro di identificazione ed espulsione e del collegato Centro di accoglienza per richiedenti asilo. Al lavoro con una speciale task-force formata da militari della Gdf e agenti della Digos, la Procura di Gorizia sta indagando proprio sulle modalità di gestione tenute da quello stesso consorzio già a partire dal 2008 e sulla conformità delle fatture che emise per ricevere dalla Prefettura goriziana (intermediaria del ministero degli Interni) i soldi necessari al pagamento delle forniture dei servizi agli ospiti dei due centri. Più di dieci i filoni della maxi-inchiesta, coordinata dai pm Luigi Leghissa e Valentina Bossi, e tre le ipotesi di reato finora note: peculato e frode in pubbliche forniture, con iscrizione del legale rappresentante di “Connecting people”, da un lato – ipotesi per le quali gli inquirenti hanno già acquisito una vasta mole di documenti in Prefettura e Questura, oltre che nella sede del consorzio -, omessa denuncia alle competenti autorità di episodi di scabbia nel Cie-Cara, con iscrizione di tre medici operanti nelle due strutture per conto dell’ente gestore, dall’altro. Nel mirino degli investigatori, anche le procedure seguite per bandire e poi aggiudicare l’ultima gara d’appalto. Gara giudicata sospetta, insomma, sia sul piano penale, sia su quello amministrativo. Ieri, dunque, il primo verdetto. Nell’impugnare il decreto di aggiudicazione dell’appalto, il consorzio trapanese aveva contestato, in particolare, il fatto che il Rti guidato da Gepsa non avesse rispettato una delle formalità prescritte dall’Avviso a pena di esclusione. Non avesse cioè prodotto l’atto d’impegno a conferire mandato collettivo alla capogruppo “in caso di associazione o consorzi non ancora costituiti” nella forma prevista. Nè sarebbe stata dimostrata la capacità tecnica delle due ditte cooptate richiesta dal bando. Ondivago l’atteggiamento della commissione: prima, decise di ammetterlo con riserva, poi lo escluse e, infine, lo riammise «in applicazione dei principi di buona fede e favor partecipationis». Era il 22 febbraio 2011. Il successivo 24 giugno, quel raggruppamento sarebbe risultato aggiudicatario e la ricorrente seconda in classifica. Da qui, l’azione legale. Lapidario il giudizio del Tar: «In corretta applicazione dell’Avviso – si legge nel dispositivo – la controinteressata andava esclusa». Fondata, a parere del collegio, anche la censura relativa alla mancata dimostrazione dei requisiti delle cooptate. A questo punto, alla Prefettura non resterà che riprendere in mano l’offerta con la quale “Connecting people” aveva partecipato alla gara: 16 milioni 870.350 euro (5,6 milioni l’anno, per un forfait di 42 euro al giorno a immigrato), contro i 14 milioni 577.786 euro proposti da Gepsa (4,8 milioni l’anno e 34 euro pro die pro capite).
Marzo 17th, 2017 — General, Mare
Da Il Piccolo
13/03/2012
L’iter autorizzativo per il rigassificatore di Gas Natural Fenosa a Trieste si potrà chiudere entro il 2012. E’ quanto indicano fonti vicine all’iter sullo stato d’avanzamento del progetto. La stima è stata fatta tenendo in considerazione i tempi tecnici delle procedure di autorizzazione – le conferenze dei servizi – previsti dalla legge e dalle sospensioni delle stesse. Domani nel frattempo si riunirà la Conferenza dei servizi relativa all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) dell’opera, mentre il 19 marzo la multinazionale presenterà alla Conferenza dei servizi generale le integrazioni sul progetto.
Originariamente, l’iter della Conferenza dei servizi, cominciata il 26 settembre 2011, si sarebbe dovuto chiudere nel maggio 2012. In virtù di alcune sospensioni e delle richieste di nuovi documenti, il termine potrà slittare a settembre o ottobre, comunque entro l’anno. Il progetto ha già ottenuto il decreto di Valutazione di impatto ambientale (Via) dal Ministero dell’Ambiente, mentre si attende il decreto relativo al gasdotto che collegherà l’impianto alla rete nazionale.
La riunione di domani era stata convocata dalla Regione Friuli Venezia Giulia inizialmente per il 14 febbraio, ma era stata annullata su richiesta della Provincia di Trieste. Secondo Gas Natural tale richiesta era immotivata, per cui il gruppo iberico ha diffidato la Provincia. Nell’incontro di domani gli enti potranno chiedere integrazioni sul progetto. La Conferenza dei servizi per l’Aia si dovrà comunque chiudere entro la conclusione della Conferenza generale. Il 19 marzo Gas Natural Fenosa presenterà le integrazioni richieste dalla Regione e anche altre precisazioni non richieste dagli enti.
Da Il Piccolo
11/03/12
di Gabriella Ziani «Il parere negativo degli enti locali conta, eccome. Le loro considerazioni riguardano il futuro da dare a quest’area così particolare, e anche i vincoli sulla sicurezza non sono ininfluenti, così come la valutazione sulle attività portuali e sui vincoli di sicurezza per la navigazione. Vedremo con estrema franchezza quali possono essere le soluzioni migliorative. Ma non possiamo forzare nessuno. Peraltro ci sono anche un contenzioso diretto con la Slovenia e uno in sede di Commissione europea perché la Slovenia chiede che il rigassificatore sia soppesato anche con valutazione transfrontaliera. L’importante, e questo è il momento, è mettere tutti i problemi in fila, senza nasconderne alcuno che possa saltar fuori più tardi, e che ci porterebbe a fare il gioco dell’oca». Corrado Clini, il ministro dell’Ambiente, torna a Trieste per annunciare a Duino Aurisina una riserva naturale, ma deve fare conti diretti e urgenti col contrario, un insediamento industriale ad alto rischio e in zona inquinata all’altro capo della provincia, dove nella Baia di Zaule preme il rigassificatore di Gas Natural. Che si porta addosso il “no” di Comune e Provincia, ma che ha l’assenso del governo. Lo ha detto il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera: «No a un secondo caso-Brindisi», dove British Gas ha detto addio dopo 11 anni di procedure inconcluse per un rigassificatore. Il riconoscimento dei problemi in campo, e del diritto di farli valere tutti in sede locale, spezza però l’unanimità della voce del governo. «Il dialogo – ha proseguito ieri Clini, per nulla perentorio, e anzi molto accogliente rispetto alle riserve – è sempre aperto, il problema è che noi vogliamo anche chiuderlo». Cioé arrivare a un punto, con decisioni chiare. Ma mentre fino a ieri si dava per meramente “consultivo” il parere di Comune e Provincia, oggi si ammette limpidamente: è una pietra non oltrepassabile in corsa. L’assessore regionale all’Ambiente, Luca Ciriani: «È difficile che la Regione possa obbligare il Comune di Trieste a ospitare il rigassificatore». Motivo: «È il Comune che ha piena titolarità sulle politiche urbanistiche e pianificatorie del territorio». «La cosa più responsabile – afferma Ciriani rammentando le necessità nazionali di approvvigionamento di gas, e comunque tendenzialmente favorevole, come Tondo – è riaprire il dialogo senza pregiudiziali, il parere del Comune determina il luogo fisico dell’impianto, e rende difficile la strada, la localizzazione è difficile da cambiare». Forse è questa l’ipotesi (difficile) di estrema ratio. Anche l’eventuale concessione regionale dell’Autorizzazione ambientale (procedimento al via il 14 marzo) non potrebbe sorpassare il “no” degli enti locali. Il sindaco Cosolini peraltro ha innalzato barriera: ricorso al Tar se passa il rigassificatore. Ciriani ricorda che Cosolini «con Illy aveva un’opinione diversa, non dubito – aggiunge – che l’abbia cambiata per motivi nobili…». Ma si prepara il campo alle controfferte. L’assessore ricorda i dialoghi Dipiazza-Gas Natural per le “royalties”: «Oggi quel discorso è surgelato, ma va riaperto il tavolo delle compensazioni». Tentar di acquistare il Comune? Il ministro Clini mette sul tavolo tutto quello che c’è, non dimentica né il porto, né la Slovenia, che il ricorso al Tar (e alla Ue) lo ha già fatto. «Aspettiamo l’approvazione del piano regolatore portuale per sapere se esso considera l’insediamento industriale – annuncia -, quanto alla Slovenia, ieri ne ho parlato a Bruxelles alla Commissione europea: abbiamo bisogno di reciprocità, dobbiamo esportare i vincoli anche sul porto di Capodistria e sui progetti della Croazia, dunque dobbiamo aprire un tavolo Italia-Slovenia-Cro
«Resta da chiarire chi ha il pallino in mano»
TRIESTE «Gas Natural fa pressioni, manda diffide e minaccia sul rispetto dei tempi, ma noi dobbiamo ancora chiarire in mano di chi sia il pallino». Parole di Luca Ciriani, vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente. Sul rigassificatore preme anche il governo Monti. La Regione sa che non può obbligare il Comune di Trieste, contrario all’impianto, ma non sa se potrà eventualmente farlo proprio il governo. È in parte da chiarire appena il quadro istituzionale, quello degli enti sovraordinati. Insomma, tutti i voti contano uno, oppure no? Il principale dubbio della Regione su questa così importante questione è addirittura dove debba svolgersi la conferenza di servizi, quella abilitata alla decisione finale. In Regione, poiché si tratta di un insediamento locale, oppure al ministero, visto che il rigassificatore riveste importanza nazionale nell’ambito dei piani energetici? Ultimo dubbio: basta che firmino gli enti locali, o deve firmare anche il ministro allo Sviluppo economico? La Giunta regionale, questo è chiaro, deve essa stessa esprimere (prima della conferenza collettiva) un proprio parere. Il presidente Renzo Tondo ha già detto che arriverà «nel giro di poche settimane». Intanto di settimana se ne apre una cruciale. Domani si mette un punto fermo, con la firma sotto i documenti, alla procedura definita nei giorni scorsi in sede prefettizia, con la regia del ministro Clini, per il Sito inquinato nazionale. Vengono presi impegni ufficiali su procedure e tempi (si prevede che il processo di analisi, riperimetrazione, riapertura all’uso dei terreni Ezit non pericolosi avvenga entro il 31 gennaio 2013). «Questa settimana – annuncia poi Ciriani – avremo in Regione un incontro con Gas Natural». Mercoledì 14 marzo infine si tiene la prima riunione degli enti in sede tecnica (Regione, Comune, Provincia, Azienda sanitaria, Arpa, ecc.) per il procedimento di esame dell’Aia, Autorizzazione integrata ambientale. Documento senza il quale un’industria “inquinante” non può essere attiva ma che, come la Valutazione d’impatto ambientale (Via), non costituisce autorizzazione vera e propria. E su questo avvio di procedimento Gas Natural ha diffidato la Regione. La Provincia, titolare del parere ambientale, aveva chiesto un rinvio per esaminare l’ultima documentazione recepita. Non lo ha ottenuto. (g. z.)
Sit-in di protesta dei sindaci di Muggia e San Dorligo
Un presidio organizzato dai Comuni di Muggia e San Dorligo per esprimere la propria contrarietà al rigassificatore di Zaule. Escluse dalla Conferenza dei servizi, le amministrazioni Nesladek e Premolin hanno deciso di far sentire la propria voce dando vita ad un sit-in “pacifico ma fermissimo” in programma mercoledì alle 10, sotto il palazzo della Regione in via Giulia. Il presidio avverrà in concomitanza con la riunione indetta negli uffici della Direzione regionale all’Ambiente nell’ambito del sottoprocedimento per la concessione dell’Aia al progetto di Gas Natural. «Il Comune di Muggia, estromesso dalla Conferenza dei servizi ma deciso a non rinunciare al proprio dovere di portavoce di una volontà popolare assolutamente contraria al rigassificatore, insieme al Comune di San Dorligo ha deciso di alzare comunque la voce – spiega Nerio Nesladek, la cui amministrazione ha anche presentato ricorso al Tar contro l’estromissione dalla Conferenza dei servizi. L’invito a partecipare al presidio è stato esteso a tutti i gruppi consiliari che siedono nelle assemblee dei due Comuni. «Ma il gruppo del Pdl muggesano non parteciperà – ha già preannunciato il capogruppo Paolo Prodan -. Non cambiamo la nostra posizione contraria al rigassificatore, ma ci dissociamo dal sistema del presidio in quanto non pensiamo sia questo il modo di centrare l’obiettivo comune». Il presidio verrà disertato anche dal gruppo consiliare del Pdl di San Dorligo: «Siamo sempre stati fermamente contrari al rigassificatore – puntualizza il capogruppo Roberto Drozina -, ma riteniamo che una simile protesta abbia carattere più folcloristico che di contenuto vero e proprio. Il traguardo va raggiunto e trattando con tutte le autorità preposte e facendo capire i tanti effetti negativi che il rigassificatore produrrebbe sul nostro territorio». (r.t.)
10/03/12
Passera: «Rigassificatore, non si perda altro tempo»
Sei domande. Una risposta. Si esaurisce così il dialogo via e-mail di ieri tra il Piccolo e Gas Natural. «L’azienda – si legge nella risposta – impegnata sin dal 2004 nello sviluppo di un progetto per la costruzione a Zaule di un rigassificatore segue l’ultima fase del procedimento previsto per il rilascio dell’Autorizzazione unica da parte della Regione, auspicando di ottenerne un esito positivo. Gas Natural collabora con tutte le amministrazioni, nazionali e locali, e con gli enti che, con diverse competenze, sono chiamati ad esprimersi alla Conferenza dei servizi. Oltre a fornire tutte le integrazioni che rispondono alle normali dinamiche che un procedimento di questo tipo richiede, l’azienda, su base volontaria, si è resa disponibile a fornirne di ulteriori. L’azienda è fiduciosa che venga data attenzione e sia valutato l’apporto positivo che il progetto potrà generare in termini di valore per il territorio locale». (pi.ra.) di Piero Rauber Passera scalpita («giusto discutere ma Trieste non sia un’altra Brindisi, dove il rigassificatore non si fa più», è il suo pensiero), Tondo invece temporeggia, Cosolini infine barrica. Il ministro, il governatore, il sindaco. Chi sia il buono, chi il brutto, e chi il cattivo, dipende dai punti di vista. La storia del rigassificatore dà però l’idea del kolossal. Primo perché non finisce mai. E secondo perché è difficilissimo intuire quale sarà il finale. Per intanto, nella settimana in cui la Provincia boccia per mano della giunta Bassa Poropat il progetto on-shore di Zaule con un parere negativo analogo a quello lapidato dal Consiglio comunale (Gas Natural Fenosa non fa una piega e si professa ancora fiduciosa e collaborativa, si legga sotto, ndr) nel dibattito irrompe Corrado Passera, il superministro a Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti. È una sferzata rispetto all’atteggiamento del collega del dicastero dell’Ambiente, il “triestino” Corrado Clini, che a fine febbraio ha parlato di «una questione non ancora chiusa», benché dal 2009 esistano i nulla osta preliminari rilasciati sotto forma di procedura di Via chiusa dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali. «Non dobbiamo ripetere storie ingiuste e un po’ vergognose di altri casi», detta Passera da Roma, dove ieri è intervenuto alla presentazione del report “Italiadecide” sull’energia. Chiaro il riferimento a quanto è successo sempre in settimana a Brindisi, dove British Gas si è chiamata fuori dal proposito di fare in loco un rigassificatore, dopo aver aspettato per 11 anni un’autorizzazione mai arrivata. Ma altrettanto chiaro è il riferimento a Trieste, dove di anni, dalla presentazione della prima domanda di Gas Natural, ne sono passati sette. Per Passera l’Italia ha il fisico per diventare «l’hub europeo» del gas. E ciò passa per i futuri impianti di rigassificazione. Tra questi c’è Trieste, per l’appunto, anch’esso a rischio per la lentezza dell’iter burocratico. Una volta presa una decisione quindi, secondo Passera, tutta la filiera istituzionale «deve farsi garante di facilitare, e non ostacolare, le soluzioni più adeguate dal punto di vista tecnologico, ambientale e di impatto occupazionale». Ora la chiusura della pratica spetta alla Regione. E il presidente Renzo Tondo, nell’annunciare che ormai è questione di poche settimane, si dice “laico”, «senza pregiudiziali», nonostante i pareri negativi di partenza del Comune di Trieste, e adesso anche della Provincia, più il ricorso al Tar del Comune di Muggia che si oppone al fatto di essere stato lasciato fuori dall’apposita Conferenza dei servizi. Ma un altro ricorso, pesantissimo, la Regione potrebbe vederselo sbattuto in faccia dal Comune capoluogo. Si azzardi solo a concedere a Gas Natural l’ultimo nulla osta. È quanto lascia intuire Roberto Cosolini: «Nella baia di Zaule, in base al progetto esistente e in base alle risposte fornite finora alle nostre osservazioni, le controindicazioni alla realizzazione impianto continuano a essere nettamente prevalenti». No al rigassificatore di Zaule, insomma. «Noi – precisa Cosolini – abbiamo espresso un parere nell’ambito di un iter istruttorio che si concluderà con un atto amministrativo. È logico che, qualora in tale atto non si dovesse tener conto del nostro parere, valuteremo la possibilità di un ricorso al Tar». E il Passera-pensiero allora? «Sul fatto che i progetti abbiano diritto ad essere esaminati in tempi accettabili siamo tutti d’accordo – chiude il sindaco – a patto che questo non renda automatici dei “sì” anche in presenza di impatti sul territorio interessato non sostenibili
08/03/12
Gas Natural, diffida alla Regione «Processo avviato, no ai rinvii»
di Gabriella Ziani Gas Natural ha diffidato la Regione. Non dilati i tempi della macchina autorizzativa per il rigassificatore di Zaule già in piena corsa. Per il 14 marzo era stata fissata alla Direzione ambiente della Regione una riunione di Comune, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria e altri enti, nell’ambito del sottoprocedimento per la concessione, o meno, dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale. Avendo notizia che la Regione stessa aveva domandato alla multinazionale, a gennaio, ma forse un’altra volta anche successivamente, ancora nuovi documenti integrativi, la Provincia ha chiesto che la data del 14 fosse posticipata. Anche per prendere visione delle carte in arrivo. Come decidere su documentazione incompleta o sorpassata? Proposta accolta. Riunione rinviata. Ma ecco che Gas natural ha reagito duramente. Ha spedito una diffida alla Regione non concedendo margini di manovra. E così la Regione è tornata sui propri passi, e il 14 tutti si troveranno attorno al tavolo, a discutere di aria, scarichi a mare, rifiuti, temperature dell’acqua, rischi per la salute, di quanto l’impatto del rigassificatore si presenta compatibile o meno, e in che modo, con l’ambiente. Se la conferenza dei servizi, dopo questa o successive riunioni, non trovasse un accordo, la parola (come fu per l’Aia della Ferriera) uscirà dall’ambito tecnico, e passerà alla decisione politica della Regione. Lo stesso schema, entro il termine di aprile, si ripresenterà per l’autorizzazione definitiva, ultimo atto del procedimento gestito dal servizio Energia della Direzione regionale ambiente. Il ministero ha già oltre due anni fa approvato la Valutazione d’impatto ambientale (Via), con molte prescrizioni, Gas natural ha risposto con molte modifiche al progetto: tecniche, di sicurezza e di impatto sul paesaggio. Tutte depositate in Regione. I passi ministeriali sono finiti. Ora tocca al territorio. Se gli enti riuniti dicessero per esempio “sì al rigassificatore”, l’autorizzazione avrebbe valore definitivo, dal giorno dopo potrebbero cominciare i lavori. Alla conferenza dei servizi decisiva parteciperanno numerosissimi enti (il Comune di Muggia, escluso, ha fatto ricorso al Tar per essere riammesso). Secondo la legge regionale 7 del 2000, il processo decisorio della conferenza dei servizi ha questi termini: tranne che per le materie di ordine sanitario, esiste il “silenzio-assenso” (chi non partecipa è come se votasse “sì”); il dissenso subisce una classificazione, se è “qualificato” vale di per sè, in caso contrario si passa a ulteriori consultazioni per studiare una migliorìa convincente. Se da quella sede non esce invece un valido voto definitivo, è di nuovo la Regione a deliberare in sede politica. Tenendo conto o meno dei pareri tecnici. Partita all’ultimo respiro. Enti locali per il “no” (e pesa anche il “no” sloveno, appoggiato da un ricorso al Tar), Confindustria per il “sì”. Regione favorevole. Pdl però spaccato a metà. Dopo il compatto voto negativo “bipartisan” del consiglio comunale di Trieste, dopo le prudenti virgole del ministro dell’Ambiente Corrado Clini durante la sua audizione a Trieste, ora tocca alla Provincia. La Giunta Poropat decide oggi il proprio orientamento. Porterà la delibera in consiglio il giorno 12. Riflessioni fino all’ultimo: «È un passo difficile – secondo l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -, non si tratta solo un’opinione di natura politica». A tutt’oggi la Provincia non sa se nuovi documenti siano arrivati o meno. Ma c’è di più: la Regione stessa ha dubbi procedurali. Si sta accertando se l’imminente conferenza dei servizi decisoria debba tenersi a Trieste o a Roma. Mentre British Gas Italia scappa da Brindisi perché in 11 anni non ha chiuso la sua partita col rigassificatore, mentre Gas natural diffida per fretta, i dubbi in campo sono più d’uno, e l’esito dunque sarà tutto da vedere.
Marzo 17th, 2017 — General, Tracciati FVG
Da Il Piccolo
11/03/12
Trieste-Divaccia, 5 anni per i progetti
Ma se la Trieste-Divaccia avanza a ritmi lenti già nella fase preliminare e presumibilmente non potrà essere percorribile prima di una decina di anni, non brucia i tempi, nonostante il maggior dinamismo messo in mostra perlomeno fino a pochi mesi fa dalla Repubblica di Slovenia, nemmeno la Capodistria-Divaccia, tratta ferroviaria che se realizzata rapidamente rischia di mettere fuori da molti giochi il porto di Trieste. Il secondo binario avrebbe dovuto essere completato entro il 2018 e invece il termine sembra destinato a slittare di un paio d’anni. É la conseguenza del fatto che l’Agenzia della Repubblica di Slovenia per l’ambiente (Arso) ha finora negato il permesso ambientale per l’opera al Ministero dei Trasporti sloveno. Le manchevolezze del progetto sono rappresentate dal fatto che non è chiaramente esplicitato dove finiranno tutti i materiali di riporto (l’unica discarica indicata potrebbe contenere solamente la metà di quello che dovrà essere scavato) ed è stato giudicato incompleto lo studio dell’impatto ambientale sul bacino idrico del fiume Risano. E il rischio più grave è che il ritardo faccia perdere i 400 milioni di fondi europei detsinati al progetto. di Silvio Maranzana wTRIESTE Dal confine occidentale d’Italia a quello orientale, ma nella migliore delle ipotesi passeranno cinque anni prima che i cantieri della Tav con tutte le battaglie ambientalistiche, ideologiche e politiche che si portano dietro si trasferiscano dal Piemonte alla Venezia Giulia. Il collegamento transfrontaliero Trieste-Divaccia, senza il quale l’intero tracciato italiano del Corridoio tre (Mediterraneo) Algeciras-Kiev non sta in piedi, porterà via infatti quattro anni solo per la fase progettuale. Ancora il 30 giugno scorso a Trieste la Commissione intergovernativa italo-slovena ha approvato lo studio di fattibilità del tratto in questione pianificando il completamento delle attività di progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) per la fine del 2015. «Subito dopo – era stato affermato – potranno essere avviati i primi cantieri». Chiaro che ulteriori fasi burocratiche e gare d’appalto fanno prevedere la perimetrazione delle aree interessate appena per il 2017. «In questi giorni – riferisce l’assessore regionale a Infrastrutture e trasporti Riccardo Riccardi – c’è stato a Trieste un nuovo incontro bilaterale riservato ai tecnici. Mi è stata ora inviata la relazione che devo ancora esaminare, ma non mi risultano proposte di variazioni del tracciato, né tantomeno slittamenti dei programmi. Le scadenze sono sempre quelle, ma trattandosi di Tav non posso certo giurare che verranno puntualmente rispettate, anche perché essendo questo un tratto transfrontaliero il progetto fa direttamente capo ai due Stati.» Il prossimo passaggio sarà la costituzione da parte dei due Stati del Geie, il Gruppo europeo d’interesse economico, un veicolo giuridico di cooperazione che è direttamente radicato nell’ordinamento comunitario che avrà potere di contrattazione e di rappresentanza e sarà quindi reponsabile delle attività di progettazione. Il termine per la costituzione del Geie è fissato per il 30 giugno 2012. Il tracciato approvato è meno impattante, in particolare sul Carso e la Val Rosandra rispetto a quello originariamenmte previsto. Si sviluppa per 12 chilometri in territorio italiano e per 9 in quello sloveno. Sulla tratta ferroviaria i treni potranno raggiungere i 250 km/h consentendo di ridurre notevolmente i tempi di percorrenza: per aggiungere Divaccia dalla Stazione centrale di Trieste occorreranno appena 21 minuti. Il tracciato ha origine dal Nodo di Trieste a partire dal termine orientale del previsto collegamento per il traffico passeggeri, prosegue in direzione Sud-Est e si interconnette con l’allacciamento nalla zona portuale-industriale della città. Superato il confine, in territorio sloveno si interconnette con il branch verso Capodistria e prosegue, volgendo a Nord-Est, fino a Divaccia. La pendenza massima sarà contenuta nella misura del 17 per mille. «La prima soluzione, ipotizzata nel 2008 – ha spiegato l’assessore Riccardi – prevedeva 36 chilometri di tracciato (che lambiva la Val Rosandra) con una pendenza molto alta e una velocità media di 160 chilometri all’ora. L’attuale studio di fattibilità riduce invece il tracciato a 21 chilometri, di cui 12 nella provincia di Trieste, con una velocità minore nelle interconnessioni e maggiore nei tratti liberi, e una pendenza del 12,5 per mille». È stata scelta è la cosiddetta “variante alta”, più corta ed economica però con ben 11 dei 12,3 chilometri in galleria. Originariamente il costo per la realizzazione dell’opera era stato stimato in 2,4 miliardi di euro di cui 1,3 per la porzione di tracciato in territorio italiano e 1,1 per la parte slovena. Secondo l’accordo firmato tra i Governi italiano e sloveno, il costo totale della progettazione invece, dallo studio di fattibilità fino ai disegni esecutivi, è di 101,4 milioni di euro di cui il 50% (50,7 milioni) sarà coperto dall’Unione europea. Dell’altra metà, 22 milioni saranno stanziato dal Governo italiano mentre 28,7 dovrebbero venire da quello sloveno. La Commissione europea per elargire i propri contributi, appunto il 50% del costo della progettazione, chiede che si arrivi a un tracciato condiviso, che su di esso venga formulato un progetto preliminare e come detto, entro giugno 2012, venga costituito il Geie (Gruppo europeo di interesse economico). Non rispettare questa scadenza significherebbe perdere i fondi comunitari e sostanzialmente rimandare la Tav sul fronte orientale in alto mare.