Un film già visto: l’effetto Vanna Marchi e la cattiveria al potere
Quello che stiamo assistendo rispetto all'”emergenza profughi”, dopo l’insediamento di Ciriani, non è altro che bieca e patetica propaganda. Esattamente come con Pedrotti, la situazione si continua a trascinare nelle medesime condizioni per cui, in barba alle convenzioni europee recepite anche dall’Italia e in capo alle prefetture, tutti coloro che una volta giunti in città fanno richiesta d’asilo debbono avere garantita la primissima accoglienza e cioè un posto dove dormire e un pasto con cui sopravvivere, tutto questo ad oggi è rimasto disatteso.
Da più di un anno, dopo che l’esodo della profuganza dai luoghi di guerre e violenze generalizzate s’è intensificato, questa primissima accoglienza non viene garantita né dalla prefettura, né dal Comune, ma da una rete solidale di comuni cittadini che si sono organizzati in modo spontaneo, dapprima attorno all’associazione immigrati e poi assumendo un dinamismo più allargato e autonomo.
Tradotto, questo significa che una parte di semplici cittadini di Pordenone e provincia cucinano e raccolgono beni di prima necessità come vestiario, calzatura, medicinali, coperte ecc., affinché questi profughi non patiscano freddo e gelo (nei mesi invernali) e possano mangiare quotidianamente, tamponando le settimane (a volte un mese) che servono a questura e prefettura per svolgere i passaggi burocratici che portano i richiedenti asilo in progetti di prima accoglienza, questi ultimi gestiti da Caritas e cooperative assegnatarie delle convenzioni istituzionali.
Ancora una volta, ai soliti mistificatori va ricordato che sono questi ultimi a essere pagati dallo stato e dall’Europa, al contrario la rete solidale ci mette tutto di tasca propria: soldi e soprattutto tempo ed energie.
Ciriani succede al menefreghismo di Pedrotti, fregandosene allo stesso modo di queste mancanze istituzionali (ancora colmate dal volontarismo cittadino), dando lo zuccherino alla pancia del suo elettorato, per lo più xenofobo, e mostrando mediaticamente (che è quello che conta) i “muscoli” securitari aumentando cioè il personale della municipale in strada, sguinzagliando i carabinieri con i cani antidroga nei parchi cittadini, limitando il wi-fi in parti della città per scoraggiare l’assembramento di queste persone, ecc.
Si tratta di un operazione mediatica e priva di qualsiasi utilità reale che solo i più sprovveduti o quelli in malafede possono apprezzare. Operazione che semmai è un ulteriore aggravio per la collettività, visto che in città non abbiamo mai avuto alcun problema rilevante legato alla presenza dei profughi, se non marginali episodi dovuti a situazioni di disagio psichico, come per altro affermato dalle stesse autorità che li hanno presi in carico: nessun aumento di reati, nessuna situazione emergenziale, nessun danno alla città. Certo, il disagio di chi non ha neppure un posto per poter espletare i propri bisogni fisiologici, un tetto dove poter dormire, delle attività per poter canalizzare le proprie attitudini come tutti, vivendo quotidianamente ore di frustrazione e annichilamento è un disagio vissuto da questi profughi e a cui la città assiste indirettamente con l’occupazione del parco o la “visione” di questi ragazzi per le strade. La mancanza di “decoro”, di cui cui diversi cittadini lamentano, è conseguenza di scelte e lacune istituzionali non certo colpa dei profughi né tanto meno dei cittadini che li aiutano: che si mettano il cuore in pace, questi non spariscono, non hanno la facoltà di diventare invisibili e tutto il maquillage del neo-sindaco non servirà a nulla. Mettere la polvere sotto il tappeto per mostrare il salotto pulito non è mai stata una soluzione.
La paura, il fastidio, fino ad arrivare a linciaggi verbali sui social e in alcuni casi in vere e proprie persecuzioni e vessazioni, sono il prodromo di una barbarie morale e sociale in cui non si riesce più a riconoscere l’umanità negli altri tanto da considerarli come “oggetti” o “paesaggio” associati al “decoro” urbanistico, chiamati “clandestini” quando si tratta di richiedenti asilo o protezione umanitaria o disprezzati perché in possesso di un telefonino che, al contrario di noi che abbiamo il triste primato al mondo per possederne in numero spropositato, per loro è uno strumento “salvavita”, lontani migliaia di km da casa, dal proprio paese e dai propri affetti.
C’è una Pordenone che resiste all’odio e alla restrizione delle libertà di tutti, non sta dentro i palazzi e palazzetti dei poterini locali, votati da un quarto dei pordenonesi e delegittimati da quasi il 50% di astensione e che rispondono agli interessi di categorie e clientele, questa Pordenone è in strada, nei quartieri e nelle relazioni sociali che sono le fondamenta di una comunità.
Iniziativa Libertaria