NO OGM: il caso Fidenato all’unione europea

Dal Messaggero Veneto del 13/11/12

«Perso un anno per la semina» La Provincia voleva i danni

«E’ un buon risultato. Grazie all’avvocato Francesco Longo. Abbiamo smosso il monolite». Prima adirato per essere stato espulso dall’aula, dopo la lettura dell’ordinanza del giudice esce dal tribunale e “brinda” con bicchieri di plastica e prosecco assieme ai supporters. Giorgio Fidenato incassa la richiesta di assoluzione chiesta dalla pubblica accusa e il rinvio della materia alla Corte di giustizia europea: «Lo chiedevamo da due anni». L’imprenditore agricolo diventa un fiume in piena: «Perdiamo un altro anno. Se oggi ci fosse stata la sentenza entro gennaio, a febbraio avremmo già potuto seminare. Invece perderemo un’altra raccolta. Era lo scopo di Slow food. A noi servono i tempi della natura, non i loro». Non è escluso, però, che se i chiarimenti chiesti dal giudice alla corte di giustizia europea arrivassero prima (ma quelli formulati dalla Pioneer sono stati esauriti in un anno e mezzo) le parti chiederanno l’anticipazione dell’udienza. Fidenato non considera l’esito dell’udienza di ieri una vittoria: «Non sono stato assolto, anche se l’accusa l’ha chiesto. E, soprattutto, si perde tempo». Spiega quanto accade l’avvocato Francesco Longo: «La sentenza della corte di giustizia europea del 6 settembre scorso risolve il problema: non si può subordinare la semina di mais ogm ad ulteriori autorizzazioni, oltre a quella, che c’è dell’Ue. Sarebbe come esercitare un doppio controllo sulla stessa cosa». Aveva puntualizzato durante l’arringa: «La Regione non ha fatto i piani di coesistenza. E’ come se il Comune non avesse approvato un piano regolatore». La Provincia di Pordenone, infine, aveva chiesto un risarcimento dei danni per avere vista lesa la sua immagine in materia di politiche agricole.

 

Ogm, il giudice espelle Fidenato

di Enri Lisetto La contestata semina di mais ogm in provincia di Pordenone approda davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Così ha deciso ieri il giudice monocratico del tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, che ha sospeso il processo (e i termini di prescrizione) a Giorgio Fidenato, 51 anni, imprenditore agricolo accusato di avere seminato mais transgenico Mon 810 in due appezzamenti, il 30 aprile 2010 a Fanna e nella primavera dello stesso anno a Vivaro. La decisione è giunta dopo due ore di camera di consiglio al termine di un’udienza molto tesa, durante la quale Fidenato è stato espulso dall’aula. Per più volte l’imprenditore – con al seguito una trentina di supporters – era stato richiamato, nel corso delle sue dichiarazioni spontanee non concordate col difensore, ad attenersi all’argomento. Lui, però, aveva attaccato a testa bassa la giustizia italiana e chi la esercita. Davanti alle sollecitazioni del giudice non ha desistito ed è scattato il cartellino rosso. Alla lettura dell’ordinanza Fidenato è tornato in aula. Il giudice si è richiamato al pronunciamento della Cassazione secondo la quale per seminare mais ogm è necessaria l’autorizzazione nazionale per tutelare la convivenza delle coltivazioni transgeniche, biologiche e tradizionali. A monte di questo vi è una motivazione economica: sapere prima chi fa che cosa nel territorio nazionale e chi paga in caso di contaminazioni. La Corte di giustizia europea, però, il 6 settembre scorso, pronunciandosi su un ricorso della Pioneer, aveva sancito che se il seme ogm è inserito nel catalogo dei prodotti che a livello comunitario si possono commercializzare – e quindi non dannosi per la salute –, non serve l’autorizzazione a tutela della coesistenza. La domanda che il giudice rivolge all’Ue, in sostanza, è la seguente: il mais ogm può essere seminato senza autorizzazione anche vicino ad un campo a coltivazione biologica o tradizionale? La palla passa al massimo organo di giustizia comunitario. Il giudice ha quindi sospeso il processo, posticipando l’udienza all’8 luglio 2013 quando avrà tutti gli elementi per poter pronunciare la sentenza. Nel corso della discussione il pubblico ministero aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non costituisce reato proprio sulla base della sentenza della Corte europea del 6 settembre scorso. Le parti civili avevano invece invocato la condanna dell’imputato con tanto di richiesta di risarcimento danno: 25 mila euro la Regione, 20 mila la Provincia, 15 mila Slow food, 10 mila la Coldiretti, 5 mila il Codancons regionale e nazionale. EnriLisetto