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Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
28 maggio 2011
Da il Corriere della Sera
LA DENUNCIA
Stanchezza e paura: i precari dell’atomo
Un libro racconta la vita dei giovani con contratto interinale cui è affidata gran parte della manutenzione delle centrali nucleari francesi
MILANO – Li chiamano in tanti modi: «nomadi del nucleare», «carne da neutroni». Affidano la propria vita alla tenuta stagna di tute soprannominate — con amara ironia — «Mururoa», l’atollo polinesiano devastato dagli esperimenti nucleari francesi. Vivono nell’angoscia di superare «il limite», i famigerati 20 millisievert di tolleranza annua, perdendo così il treno del prossimo contratto. Convergono su coordinate precise, come stormi di uccelli migratori, «per le tre o cinque settimane che dura un arresto periodico di reattore, con la sua manutenzione e la ricarica di combustibile», scrive Elisabeth Filhol in La centrale, fenomeno letterario del 2010 in una Francia che — ancor prima di Fukushima — si trova a fare i conti con le ombre lunghe delle 19 centrali disseminate sul suo territorio: 58 reattori, a fornire il 76,2% del fabbisogno nazionale.
RISCHIO COSTANTE – All’ombra delle torri cilindriche, con i loro pennacchi di fumo bianco, le roulotte e i motel dove si rintanano a smaltire stanchezza e paura i precari dell’atomo. Oltre ventimila interinali delle radiazioni, che — racconta a Libération José Andrade, tra i veterani della viande à radiations — si beccano «l’80 per cento delle dosi» che toccano a chi lavora nei reattori. Per loro, nessun monitoraggio nei laboratori specializzati dell’Edf (Electricité de France), gestore delle centrali: solo «normali» controlli del medico del lavoro. Precarietà sanitaria, precarietà contrattuale. «Le agenzie interinali spuntano attorno alle centrali come funghi, dopo mesi di ristrettezze ci si lascia conquistare dalla facilità: si entra e si firma». Uno stipendio tra i 1.200 e i 1.500 euro al mese, e il rischio costante di «raggiungere la dose». Come Yann, il protagonista del romanzo della Filhol, uscito in Italia (Fazi) proprio nel 25° anniversario della catastrofe di Cernobyl, e a un mese e mezzo dal disastro di Fukushima.
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Elisabeth Fillol (Web) |
CHOC – «Ma il progetto è nato nel 2007 da un articolo pubblicato su un giornale locale, sul suicidio di tre lavoratori della centrale nucleare di Chinon sur la Loire. Abito a 60 chilometri da lì. Fino a quel momento, l’immagine che ne avevo era quella di un’industria ad alta tecnologia: persone iperspecializzate, ottime condizioni di lavoro». Elisabeth Filhol, classe ’65, analista finanziaria, occhialini da intellettuale e capelli dalla scriminatura rigorosa, per la sua opera prima è partita da qui, «dallo choc che ho avuto quando ho realizzato che per Edf il guadagno era diventato una priorità a scapito della sicurezza di uomini e installazioni». La questione, dice, «in Francia è stata molto poco affrontata dai media, nonostante sociologi e medici facciano suonare un campanello d’allarme da almeno 15 anni». Finché, nell’arco di pochi mesi, ecco arrivare nei cinema d’Oltralpe il documentario «R.A.S. — Nucléaire. Rien à signaler» (Nucleare. Niente da segnalare) di Alain de Halleux, e sugli scaffali delle librerie, il suo romanzo. PRECISIONE CHIRURGICA – Il pubblico ha scoperto così quello che la Filhol definisce «un universo parallelo, la vita da nomadi di coloro che lavorano nelle centrali, i legami di solidarietà che li uniscono, i rischi ai quali si espongono». Che, nel suo libro, sono descritti con precisione chirurgica: i 310 gradi che sono «la temperatura dell’acqua nel circuito primario», i 75 metri dei piloni del gruppo turboalternatore, i 45 centimetri di diametro della botola per entrare nel generatore, i 2-3 minuti del tempo massimo d’intervento. «Dagli anni Sessanta in poi, la questione del nucleare ci è stata sottratta dagli specialisti. Ci presentano le centrali come scatole nere delle quali è impossibile comprendere il funzionamento. Perfino i politici ne sono intimiditi. E noi, cittadini comuni, accettiamo la politica energetica che ci viene imposta. Riappropriarsi della tecnologia, farne una materia letteraria, è un passo che permette di fare nostra una questione che ci riguarda tutti», sostiene la Filhol.
SUBAPPALTI E RESPONSABILITA‘ – Ma c’è un’altra questione pubblica, altrettanto invisibile, che attraversa in filigrana tutto il romanzo: il precariato. «La maggior parte dei precari non sono invisibili, nel servizio pubblico li incrociamo tutti i giorni». Nel nucleare, però, è — era — diverso. «E nel caso specifico della manutenzione delle centrali, è un dato certo che il sistema dei subappalti favorisce la precarietà». Yann e i suoi compagni portano sulle spalle «il peso dell’obbligo di fare il proprio lavoro il meglio possibile in condizioni via via più degradate. E una delle conseguenze del sistema del subappalto “a cascata”, il vero scandalo, è che perfino in un’industria come il nucleare c’è un continuo trasferimento di responsabilità dall’alto al basso della piramide». Dopo Fukushima, tutto questo fa ancora più paura. «Il rischio di un incidente nucleare provocato da una catastrofe naturale è senza dubbio meno elevato qui che in Giappone, ma esiste. Un sisma, o una tempesta seguita da un’inondazione come nel caso della centrale di Blayais, sull’estuario della Gironda, nel 1999. Quel giorno abbiamo sfiorato la catastrofe. Ma non dimentichiamo che una delle prime cause di incidente è l’errore umano. E il modo in cui si gestisce oggi la manutenzione delle centrali aumenta considerevolmente il rischio».
Gabriela Jacomella
27 maggio 2011(ultima modifica: 28 maggio 2011)
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
Il Corriere 30 maggio 2011
13:56 ESTERI Le centrali verranno fermate tutte entro il 2022: gran parte dei reattori disattivati entro il 2011
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La Repubblica 30 maggio 2011
Berlino è la prima potenza industriale a rinunciare del tutto all’atomo (
video) che attualmente copre il 22% del suo fabbisogno energetico. Dei 17 impianti chiusi dopo Fukushima, 8 non saranno più riattivati
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
Superate le 300 visite a questa pagina |
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Nucleare news
Report Happening No Nuke. Superate le 300 visite
Oltre 150 persone hanno pertecipato all’Happening No Nuke in Piazza XX settembre ad Udine nelle tre ore di svolgimento dell’iniziativa nella quale si sono intervallati gruppi musicali ed interventi politici al microfono sui temi del nucleare dlla TAV e dell’Acqua. Anche se penalizzato da una grossa iniziativa musicale con band giovanili nella vicina Piazza Matteotti organizzata dall’AFDS, l’Happening No nuke può dirsi ben riuscito. Anzi ancora una volta lo spirito autogestionario ed indipendente da ogni organizzazione precostituita, dimostra le maggiori capacità di proposta politica e sa presentarsi in piazza con contenuti e strategie concrete, senza tentennamenti e complessi di inferiorità.
L’iniziativa si è conclusa con lo slogan basilare che sancisce l’indipendenza da qualsiasi autorità: Nè Dio, Nè Stato. Nè Servi, Nè Padroni, applaudito dai presenti.
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Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
Repubblica 6 giugno
IL CASO
L’allarme dei Verdi in un dossier
“Ci proveranno con i mini-reattori”
Se il quorum fallisse, il governo attuerebbe un piano alternativo a quello basato su centrali tradizionali. Per gli ideatori, oltre a costare di meno, si adatterebbe meglio al territorio italiano. Ecco le mosse del governo in vista del dopo-referendum
di CORRADO ZUNINO
ROMA – Ne sono convinti i Verdi: il governo italiano non ha intenzione di mollare sul nucleare. Il partito ambientalista ha prodotto un dossier per dimostrare come negli ultimi 75 giorni – dall’annuncio di una moratoria sul nucleare ad oggi, vigilia della decisione della Corte costituzionale sul referendum sull’atomo – i ministri di Silvio Berlusconi abbiano continuato a lavorare con due missioni successive: riuscire a fermare la consultazione popolare e riproporre, quindi, una versione meno aggressiva di sviluppo nucleare. Un vero e proprio Piano B, quello che viene etichettato come “opzione americana”.
Il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, presentando il dossier, dice: “Gli ardori atomici dell’esecutivo non si sono placati. C’è un fatto indicativo: nelle stesse ore in cui è stata annunciata la moratoria, il 24 marzo, il Consiglio dei ministri ha approvato un secondo decreto sulla localizzazione delle centrali con le correzioni necessarie dopo la prima bocciatura della Consulta”. Ci sono diversi elementi, sostiene il dossier, che portano a credere che l’accordo nucleare del 24 febbraio 2009 tra Berlusconi e Sarkozy, benedetto a Villa Madama dall’Enel e dalla francese Edf, oggi non sia più cemento armato, che l’attività di lobbying di alcuni ministri sia tornata forte e che nel grande business del nucleare italiano (30 miliardi di euro) possa rientrare il gruppo Westinghouse-Ansaldo.
Il documento di scenario prodotto nel 2009 dal Politecnico di Milano e dall’Enea per conto del ministero
per lo Sviluppo economico prendeva in considerazione due ipotesi di “nucleare classico” (l’Epr dei francesi di Areva, poi vincitori, e l’Ap1000 degli americani di Westinghouse), più una terza possibilità di nucleare sperimentale: i reattori modulari sviluppati da Iris, consorzio a guida ancora Westinghouse. Tra gli estensori di quello scenario c’era il professor Marco Enrico Ricotti, successivamente diventato membro dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. “Iris”, nucleare minore, avrebbe diversi vantaggi: è più economico, si adatta all’orografia del nostro paese, necessita di reti di trasmissione elettrica di medie dimensioni e di una quantità limitata di acqua per il raffreddamento. Nel mondo, da qui al 2020, sono previsti venti reattori Iris su dieci siti.
Ecco, il mininucleare – fuorigioco in Italia sul piano politico-industriale fino alla scorsa primavera – torna alla ribalta otto giorni dopo la tragedia di Fukushima. Umberto Veronesi, capo dell’Agenzia per la sicurezza (la stessa del professor Ricotti), il 19 marzo afferma: “Molti si domandano se il modello delle centrali nucleari di grossa taglia, come sono oggi tutte quelle del mondo, sia da continuare a realizzare, oppure se non è opportuno considerare l’adozione di reattori più piccoli e modulari: una rete di minireattori. Alcuni di questi sono già in produzione e dovremo studiarne a fondo le caratteristiche e la fattibilità”. Serve un passo indietro per capire. L’ex ministro Claudio Scajola, che attraverso il suo potente direttore Sergio Garibba aveva garantito la corsia preferenziale al gruppo francese Areva portandolo all’accordo di Villa Madama, cercò di frenare presto la forte disapprovazione di Ansaldo, sconfitta. E nel settembre 2009 firmò una dichiarazione di collaborazione commerciale con il ministro dell’Energia americano “per favorire sui mercati internazionali Westinghouse e Ansaldo e garantire spazio all’Ap1000 nel programma italiano”. Suggellò l’accordo bis Francesco Mazzuca, commissario della Sogin (smantellamento delle vecchie centrali), già presidente di Ansaldo nucleare.
Secondo i Verdi, seguendo questo filo ci si rende conto che gli americani non sono mai usciti di scena. Da una parte, l’8 marzo scorso, tre giorni prima di Fukushima, Westinghouse annuncia un accordo con Endesa (società controllata da Enel) per uno scambio di informazioni in materia di Ap1000 (“gli interessi Usa in Italia riescono a influenzare rapporti già consolidati come quelli tra Enel e Areva”, dice il dossier). Dall’altra, il ministro degli Esteri Franco Frattini “vuole fortemente” l’appuntamento “Global Energy” (il 29 marzo a Washington) con i vertici di Ansaldo nucleare e Westinghouse. Chiudono i Verdi: “Con l’uscita di scena di Scajola e del potente Garibba l’asse politico del nucleare si è spostato verso gli Usa”. Il sottosegretario Letta e il ministro Frattini – sostengono sempre i Verdi – appoggerebbero il Piano B che consentirebbe l’introduzione in Italia di un nucleare meno invadente: i mini-reattori Iris.
(06 giugno 2011)
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Meno sette giorni al referendum. Nella capitale mondiale del nucleare, prevalgono gli antinucleari: il 77 per cento dei francesi si dichiara favorevole a una uscita progressiva dall’energia atomica. Lo testimonia un sondaggio pubblicato sul Journal du Dimanche e condotto dalla Ifop, dopo l’annuncio tedesco del piano di chiusura delle centrali nucleari. Il 62% degli intervistati vuole l’abbandono progressivo “in 25-30 anni” del programma nucleare nazionale, il 15% è favorevole a una uscita immediata, mentre il 22% si è pronunciato a favore della costruzione di nuove centrali e l’1 per cento non si pronuncia. In Francia il 74 per cento dell’elettricità viene dalle centrali nucleari.
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
Da Il Piccolo del 05/12/10
Blitz degli ambientalisti, letame sui rigassificatori
di GIUSEPPE PALLADINI La contestazione non è arrivata nella sala del seminario sull’impatto sociale e la sicurezza dei rigassificatori, ieri mattina all’Hotel Savoia. Si è comunque manifestata in maniera plateale nella hall dell’albergo, dove alcuni sacchi di terriccio misto a letame sono stati sparsi da tre persone incappucciate che poi sono fuggite. Con un comunicato anonimo, firmato ”Sardoni nostrani e canoce rabiose”, gli autori del gesto hanno precisato di aver gettato ”cinquanta chili di ottimo letame equino contro il progetto del rigassificatore e contro il convegno”. Un incontro, quello di ieri, organizzato da Nomisma Energia, che ha prodotto una messe di dati tecnici sui rigassificatori, ad opera di esperti e docenti universitari di diversi atenei, ma dal quale non sono emerse novità sullo stato di avanzamento del progetto che Gas Natural intende realizzare a Zaule. Interpellato a margine del seminario, Ciro Garcia Armesto, project manager di Gas Natural Rigasificazione Italia, si è limitato a dichiarare: «Stiamo lavorando con la Regione, che si è espressa in modo positivo sul progetto, per arrivare quanto prima alla conferenza dei servizi. Stiamo discutendo su aspetti tecnici, e restiamo in attesa che si definisca il programma della conferenza». Nella sua relazione, che ha concluso il convegno, Garcia Armesto è ritornato su aspetti già noti, a cominciare dai 30-40 milioni per la bonifica dell’area e dai 550 milioni di investimento (il 70% si riverserà sull’economia locale durante la costruzione), per proseguire con i 1.500 posti di lavoro nei tre anni di lavori e con i 130 milioni di entrate fiscali che l’investimento produrrà. A regime i posti di lavoro saranno invece 70-80, più 300 per l’indotto, e l’impatto economico e fiscale ammonterà a 30 milioni l’anno. In tema di sicurezza il project manager di Gas Natural ha precisato che l’azienda ha effettuato tutti i passi necessari con il comitato tecnico regionale. «Per noi che lavoriamo da tanti anni nel gas – ha sottolineato – la sicurezza è una priorità». Quanto ai paventati effetti negativi sulla pesca e sulla temperatura della baia di Muggia, Garcia Armesto ha spiegato che la concentrazione del cloro nell’acqua di mare sarà dieci volte inferiore al limite di legge, «con un impatto tracurabile sull’ambiente marino», e ha poi smentito un possibile raffreddamento delle acque della baia perchè «avrebbe un impatto negativo anche sul funzionamento del rigassificatore». Se a Trieste il rapporto (scarso) che Gas Natural ha con la popolazione è stato più volte criticato, non altrettanto sta accadendo a Porto Empedocle, dove l’Enel sta per avviare la costruzione di un rigassificatore di capacità analoga a quello progettato per Zaule (8 miliardi di metri cubi di gas all’anno). «Fin dall’inizio – ha rimarcato Giuseppe Luzzio, responsabile per l’Enel dei grandi progetti infrastrutturali – va costruito il rapporto con il territorio. Il problema è essere accettati, e lo si risolve con trasparenza e informazione. Il consenso – ha agg iunto – va creato dal basso. Bisogna scordarsi che, avute tutte le autorizzazioni, si possa partire calando il progetto dall’alto». Restando in tema di impatto sociale, Massimo Nardini, sindaco di Porto Venere (La Spezia), nel cui territorio sorge il rigassificatore di Panigaglia, di proprietà dell’Eni e di cui si sta progettando il raddoppio, ha parlato di «esperienza negativa». Un impianto sorto 40 anni fa (e fino a pochi mesi fa l’unico operante in Italia), partito con una logica diversa da quelle attuali, che negli anni è rimasta tale. «Una logica nazionale – ha osservato Nardini – che ha trasformato il rigassificatore in un business per la società, senza la minima ricaduta per il territorio. Anche 40 anni fa si parlava di catena del freddo e di cogenerazione, ma sono rimaste lettera morta».
«Solo uno spot pubblicitario per il progetto di Zaule»
«Pubblicità indiretta per sponsorizzare il progetto del rigassificatore di Gas Natural a Zaule». Un giudizio senza appello quello di Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, espresso in una conferenza stampa al termine del seminario svoltosi all’Hotel Savoia. «E’ quantomeno curioso – hanno rilevato le tre associazioni – che una società con un passato prestigioso come Nomisma promuova a Trieste un seminario sui rigassificatori, di valenza nazionale, senza che nello stesso sia previsto un solo intervento sul progetto presentato da Gas Natural per il sito di Zaule. Ancor più singolare – hanno aggiunto – è che il seminario sia patrocinato dal Comune, ”con il contributo (finanziario) di Gas Natural”, ma che sul progetto che interessa la città non sia stata prevista alcuna discussione». La spiegazione di ciò, sempre secondo Wwf, Legambiente e Uil-Vigili del fuoco, sta nel fatto che fatto che «Gas Natural e i suoi sponsor politici, in primis il sindaco di Trieste, non se la sentono di affrontare un contraddittorio sul rigassificatore, conoscono le obiezioni tecniche sul progetto ma non sono in grado di controbatterle, e preferiscono deviare l’attenzione sugli asseriti benefici economici e sui casi di impianti operanti in altri contesti ambientali, del tutto diversi e non paragonabili con quello triestino». Le tre associazioni criticano poi l’uso che la Provincia ha fatto del nome delle più prestigiose istituzioni scientifiche triestine (Università, Ogs, Area Science Park e Sissa) per il ”processo informativo” sul rigassificatore, «promosso oltre tutto molto tempo dopo la conclusione della procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale) sul progetto. È stato inventato un meccasismo assurdo – sottolineano – in base al quale i cittadini formulavano le domande, che dovevano poi essere ”tradotte in linguaggio scientifico” da un gruppo di lavoro ad hoc, e quindi trasmesse a Gas Natural per le risposte. Un po’ come chiedere all’oste, ma in linguaggio scientifico, se il suo vino è buono».
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
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Martedì, 15 Marzo 201108:24:00
News
E il governo cancella la trasparenza sul nucleare
Domani torna in commissione il decreto nucleare. Il tempo stringe, entro il 23 marzo deve essere approvato, pena la decadenza. La Corte Costituzionale ha imposto correzioni che aumentino il peso delle singole regioni interessate dallo sviluppo di centrali nucleari. Ma già che c’era, il governo propone di togliere alcuni vincoli di pubblicità: nella vecchia versione i criteri in base ai quali saranno scelti i siti per le centrali venivano infatti pubblicati sui siti istituzionali e sui giornali. Nella nuova versione, in discussione domani e spinta dalla fretta, questi obblighi sono stati abrogati.
Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy, firmatari dell’accordo sul nucleare (Afp)
14 marzo 2011 – 13:02
Destino cinico e baro. Proprio questa settimana, la settimana della paura nucleare planetaria, il decreto legislativo sul nucleare entra nel vivo nelle commissioni congiunte di Camera e Senato. Proprio domani è atteso il primo incontro in Parlamento e la pressione è doppia: da un lato un’opinione pubblica e i governanti regionali e comunali sempre meno disponibili a pensare al nucleare in casa propria; dall’altro i tempi sempre più stretti per arrivare alla meta. Già, per il progetto di rinuclearizzazione del nostro Paese ormai è questione di vita o di morte. Il 23 marzo, infatti, scade il termine di un anno che il decreto – entrato in vigore il 23 marzo 2010 quando ancora il ministro competente era Claudio Scajola – poneva tassativamente per le correzioni definitive. L’anno scade, appunto, il prossimo 23 marzo, e il termine per l’approvazione della normativa definitiva è ormai arrivato.
Il decreto ha per oggetto la “disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi”. E’ insomma la legge fondamentale: quella che deve dire come e dove fare le centrali, come e dove stoccare e smaltire le scorie. Parliamo del cuore della questione. Lo schema approvato un anno fa ha subito diverse critiche e richieste di correzioni. Anzitutto dai ministeri competenti per materia: quello dello sviluppo economico, passato dopo una lunga vacanza sotto la guida di Paolo Romani, e poi dal ministero dell’Ambiente guidato da Stefania Prestigiacomo. Ma altre critiche sono arrivate dalla Corte Costituzionale, che ha chiesto in particolare una maggiore trasparenza in tema di “autorizzazione agli impianti nucleari”, regolati nel testo originario all’articolo 4. Il testo prevedeva per ogni sito un’autorizzazione unica rilasciata dalla conferenza unificata tra stato e regioni, mentre la Corte ha chiesto che la Regione su cui è previsto lo stabilimento dell’impianto fosse sentita e consultata in maniera autonoma, nella forma del parere non vincolante.
Il nuovo decreto, quello in discussione con tempi serrati in questi giorni, recepisce questa istanza proveniente dalla Corte Costituzionale. A leggere con attenzione il documento, tuttavia, non è questa l‘unica modifica apportata al testo rispetto a quello originario. Tra le varie differenze, salta all’occhio quella che ha colpito l’articolo 8 sulla “definizione delle caratteristiche delle aree idonee alla localizzazione degli impianti nucleari”. La norma prevede infatti che il legislatore definisca nel dettaglio uno schema di parametri esplicativi dei criteri tecnici, con particolare riferimento a popolazione e fattori socio-economici, idrologia e risorse idriche, fattori meteorologici, biodiversità, geofisica e geologia, valore paesistico, valore architettonico-storico, accessibilità, sismo-tettonica, distanza da aree abotate e da infrastrutture di trasporto, strategicità dell’area per il sistema energetico, rischi potenziali indotti da attività umane. Questi criteri sono rimasti intatti nelle due versioni di decreto legislativo.
Quello che invece risulta modificato, nella versione che sarà discussa domani alla Camera e deve essere approvata in tempi strettissimi, sono i criteri di pubblicità delle aree idonee. Nella versione iniziale, infatti, si prevedeva che la definizione dei criteri e lo schema definitivo fossero pubblicati sui siti internet di tre ministeri, dell’Agenzia per il nucleare e su almeno cinque quotidiani a diffusione nazionale. Questa pubblicità massima serviva perché gli enti locali interessati potessero formulare le proprie obiezioni. Anche le consultazioni con gli enti locali interessati, e le motivazioni del loro eventuale rifiuto, dovevano essere pubblicate sugli stessi siti internet e gli stessi quotidiani. Nella versione in discussione da domani, quella che è stata richiesta dalla Corte Costituzionale per tutelare una maggiore trasparenza, tutto questo è sparito. Si legge che i commi 2 e 3 che sancivano questi obblighi sono stati semplicemente abrogati.
Sarà pur vero, come dicono fonti vicine al dossier, che il diritto dei cittadini a conoscere questi criteri è già tutelato dall’imposizione di Valutazione Ambientale Strategica sancita dalle norme generali. Tuttavia, non è un bel segnale di rispetto eliminare un obbligo in più, e per di più in zona Cesarini. In fondo, pubblicare un decreto legge su pochi siti istituzionali e su qualche giornale, costa pochi soldi e nessuno sforzo.
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
Tondo non ha mica detto chiaramente di no al nucleare, anzi!! Ha solo detto che il FVG è sismico, ma questo non giova! Infatti basta dire che la bassa friulana è poco sismica e il gioco è fatto. D’altro canto attenersi al sì delle Regioni sarebbe come non fare il nucleare per cui anche questa posizione puzza di imbroglio tattico per aspettare che passi la buriana. Tondo dice che bisogna investire a Krsko, ma evidentemente è una boiata che solo un ignorante come lui può continuare a veicolare senza preoccuoarsi di fare la figura del pirla. Il problema è che di fatto Tondo ha lasciato volutamente la porta aperta al nucleare in Regione, infatti non ha detto e tuttora non dice, un no chiaro e formale. Così il Governo al momento buono dirà che la Regione FVG non ha detto di NO e quindi qui si può fare la centrale. Questo è il gioco!
Messaggero Veneto 16 marzo
Il terremoto e lo tsunami in Giappone «rafforzano» l’idea della Regione Friuli Venezia Giulia di far partecipare l’Italia alla realizzazione del nuovo reattore della centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, a circa 100 chilometri da Trieste. Lo ha sottolineato ieri il presidente della giunta regionale, Renzo Tondo: «Credo che l’impegno della Regione per investire su Krsko debba essere rafforzato», ha detto.
16 marzo 2011
Il sottosegretario Saglia assicura che le centrali non saranno costruite senza l’assenso delle amministrazioni regionali. Un modo per tranquillizzare i governatori, da Zaia a Lombardo, che si erano uniti al fronte del no. Ma ripete che sarebbe un errore bloccare il piano di ritorno all’atomo / Commenta
Lo tsunami de’ noantri
ANSA.it > Regioni > Lazio > News
(ANSA) – ROMA, 15 MAR – Difficile tentennare davanti alle tragiche immagini che dal Giappone arrivano nelle tv di tutto il mondo. Gianni Alemanno e Renata Polverini rompono gli indugi e allontanano l’ipotesi nucleare dal Lazio. Il primo ragiona ”dopo il Giappone c’e’ una questione sicurezza”, la seconda e’ piu’ netta ”il Lazio ha gia’ dato, avevo gia’ espresso al Governo la mia contrarieta”’.(ANSA).
Repubblica
Alemanno: “Dopo l’apocalisse in Giappone
quale territorio vorrà centrali nucleari?”
Il sindaco: “Niente giudizi affrettati, ideologici o negativi per forza, però è necessario un esame molto serio”
Dopo l’incidente in Giappone anche nel Pdl avanza il fronte del no ai nuovi impianti. Anche chi spalleggiava le decisioni dell’esecutivo ora fa retromarcia
ROMA – Nucleare mai, tantomeno in casa nostra. Il fronte dei governatori anti centrali atomiche si è rinsaldato dopo la tragedia del Giappone. E anche chi sembrava spalleggiare la decisione del governo di riattaccare la spina al nucleare in Italia, ora fa retromarcia. Dalle Regioni è arrivato ieri un altro “no”. Un coro in cui spicca solo qualche voce isolata (Lombardia, Campania), ma con toni più bassi di qualche settimana fa. Il governo ha varato l’anno scorso un decreto che fissava i criteri di localizzazione delle centrali e dei depositi delle scorie, con l’obiettivo di far partire i lavori del primo impianto entro il 2013. Dove? C’è una lista di possibili siti, ma senza il via libera degli enti locali è difficile, forse impossibile (i primi ricorsi sono scattati subito), avviare qualsiasi progetto. Sul decreto c’è un parere negativo espresso da tutti tranne che da Lombardia, Piemonte, Campania e Veneto che però avevano legato il loro sì al nucleare a una serie di emendamenti. Ma ieri, anche nel fronte del possibilisti, sono emerse le prime crepe.
Il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia ha precisato: “Fino a quando ci sarò io è e sarà sempre no all’ipotesi di ospitare una centrale nucleare, il Veneto non ha le caratteristiche necessarie”. La Lombardia tiene il punto: “Siamo autosufficienti nella produzione di energia e di questo bisognerà tenere conto quando si penserà alle nuove localizzazioni – ha detto il governatore Roberto Formigoni – ma bisogna notare anche che le centrali del Giappone sono obsolete. Senza dimenticare che il Giappone è terra altissimamente sismica”. Secondo il governatore lombardo, in Italia, invece, “parliamo di centrali di nuovissima generazione e, inoltre siamo un Paese sismico, ma migliaia di volte meno del Giappone”. Eppure il rischio terremoti c’è anche in Italia e il governatore della Campania, Stefano Caldoro (Pdl) lo ricorda: “Proprio oggi (ieri, ndr) c’è stata una scossa del terzo grado nel beneventano – ha detto – ma c’è un gap energetico da colmare e non bisogna fare scelte ideologiche”. E se arrivasse una centrale in Campania? Secondo le indiscrezioni nella lista dei possibili siti c’è n’è anche uno sul Garigliano. “Le condizioni morfologiche della Campania non lo consentono – aggiunge Caldoro – decideranno gli esperti, ma non mi risulta che il governo pensi a una centrale da noi”. Una posizione simile era stata espressa (ma prima del Giappone) dal governatore del Piemonte, il leghista Cota: “Dire no al nucleare sarebbe ipocrita con le centrali francesi al confine, ma in Piemonte non ci sono le caratteristiche adatte per un nuovo impianto”.
Dagli altri un netto stop. “Continuiamo ad essere contrari al nucleare tanto più oggi, non è sicuro e non risolve i problemi energetici”, ha detto Vasco Errani, presidente dell’Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni. “Dobbiamo imparare dalla tragedia giapponese”, aggiunge il governatore della Puglia, Nichi Vendola. Tra i possibili siti per una centrale atomica c’è anche Montalto di Castro (forse proprio tra i primi a poter essere preso in considerazione), al confine tra Lazio e Toscana. Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, è da sempre contrario. Ma è no anche dal Lazio: “Non c’è bisogno di nuove centrali”, dice Renata Polverini. Il presidente della Basilicata Vito De Filippo spiega le ragioni del no: “Il nucleare è come un’auto senza freni. I costi, anche per la gestione delle scorie, sono alti e ci sono rischi per la sicurezza”. Il siciliano Lombardo è esplicito: “Il governo eviti di farci fare manifestazioni contro lo sbarco del nucleare in Sicilia”. (16 marzo 2011)
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
“Non si potranno realizzare le centrali nucleari nelle Regioni che si esprimeranno negativamente sulla localizzazione degli impianti nel loro territorio e il programma energetico nucleare non potrà essere realizzato in assenza di una totale condivisione delle comunità territoriali coinvolte” ha volutamente sottolineato ieri sera il sottosegretario Saglia.
Tondo non ha mica detto chiaramente di no al nucleare, anzi!! Ha solo detto che il FVG è sismico, ma questo non giova! Infatti basta dire che la bassa friulana è poco sismica e il gioco è fatto. D’altro canto attenersi al sì delle Regioni sarebbe come non fare il nucleare per cui anche questa posizione puzza di imbroglio tattico per aspettare che passi la buriana. Tondo dice di investire a Krsko, ma evidentemente è una boiata che solo un ignorante come lui può continuare a veicolare senza preoccuparsi di fare la figura del pirla. Il problema è che di fatto Tondo ha lasciato volutamente la porta aperta al nucleare in Regione, infatti non ha detto e tuttora non dice, un no chiaro e formale alla scelta nucleare. Così il Governo al momento buono dirà che la Regione FVG non ha detto di NO e quindi qui si può fare la centrale. Questo è il gioco!
Uno strano vertice a Torviscosa
Il fatto. Torviscosa, sabato 12 marzo pomeriggio a partire dalle ore 13.30 circa si è svolto un vertice politico (in un’abitazione privata in via Colombo) fra l’Assessore Regionale Riccardo Riccardi, il consigliere Regionale del PdL Paride Cargnelutti e i politici torviscosini Edi Beltramini, Roberto Duz (PD) e Carlo Brunetti (vedi foto macchine). Lo scopo era ovviamente quello di trovare l’alleanza per riportare il comune di Torviscosa in mano alle lobby affaristico-industriali che lo avevano perso a seguito della lotta contro il cementificio.
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
17 marzo
Repubblica
- 15:57
- Bossi: su centrali decide il territorio 77 –
- “Il Veneto non lo vuole e comunque è autosufficiente”. Umberto Bossi, interpellato dai cronisti sul programma nucleare del governo, frena: “È il territorio che decide”.
- 13:20
- Romani: condivisione su nucleare è la “mission” 55 –
- “Anche se non è obbligatorio il parere di tutti coloro che partecipano alla conferenza di servizi, politicamente la mission è la condivisione – ha aggiunto il ministro Paolo Romani – e penso che oggi soprattutto visti i vantaggi fiscali ed economici che ci sono per le comunità locali alla luce anche dell’esperienza francese dove i territori competono per avere le centrali, ho l’impressione che per un ritorno al nucleare sia necessario percorrere una strada condivisa”
- 13:11
- Romani: anche se legge consente non imporremo centrali 52 –
- “Non obbligheremo nessun territorio ad ospitare una centrale nucleare, anche se la legge lo consentirebbe”. E’ quanto ha affermato il ministro allo Sviluppo Economico, Paolo Romani, durante la presentazione dell’elettrodotto Sapei, presso la centrale elettrica Terna di Latina. “Il tema della riflessione sul nucleare – ha spiegato il ministro – deve contemplare anche la condivisione delle scelte. Maggioranza, opposizione e comunità locali devono condividere il processo e devono essere informate sui processi di sicurezza. Nessuno, quindi sarà obbligato ospitare eventuali centrali”.
- 13:08
- Romani: inappropriato il dibattito su stop definitivo a nucleare 51 –
- Il dibattito su Un possibile stop definitivo al programma nucleare italiano “è fuori tempo e inappropriato”. Così il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, a margine della presentazione di ‘sa.Pe.I, l’elettrodotto sottomarino di terna che collega direttamente Sardegna e Penisola. Secondo Romani, è importante spostare il dibattito tra nuclearisti e antinuclearisti “sul problema della sicurezza”
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
da Il Piccolo 18 marzo
Nucleare, no a Monfalcone
Sito fra Lignano e Latisana
Dopo la catastrofe giapponese il governo ripensa alla zona per l’insediamento. I requisiti fondamentali: spazio, acqua e bassa densità abitativa
MONFALCONE Monfalcone non compare nella lista “segreta” stilata dal governo dei 45 possibili siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari e non è nemmeno un posto tra quelli scelti per ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive. Se non fosse avvenuta la catastrofe nucleare del Giappone che sta tenendo con il fiato sospeso tutto il mondo, forse sarebbe passata inosservata la notizia, uscita in questi giorni, dell’esistenza di un dossier nucleare dei parlamentari del Partito democratico che sostiene che “l’elenco dei siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari e il deposito nazionale delle scorie radioattive è bello e pronto anche se il governo non lo rende noto”. Gli stessi parlamentari del Pd, primo fra tutti Ermete Realacci, esponente dell’ala verde del partito, hanno presentato alcune interrogazioni sbandierando l’elenco in Parlamento (la prima è partita il 12 gennaio scorso).
E lo stesso governo, attraverso il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, ha confermato l’esistenza dell’elenco definendolo una “bozza preliminare”. Da alcuni giorni l’elenco è stato reso noto su internet e si può constatare di persona che Monfalcone non c’è. Tra i 45 siti idonei in Friuli Venezia Giulia ce ne sono soltanto due, entrambi vicini al fiume Tagliamento: la zona costiera al confine con il Veneto in provincia di Udine (l’area accanto a Lignano) e un’altra tra Spilimbergo e Latisana tra le province di Udine e Pordenone. Il Veneto ha ben quattro zone idonee e una di queste è quella in comune con il Friuli Venezia Giulia. Quali le caratteristiche di questi siti? Devono essere geologicamente stabili, avere tanta acqua ed essere relativamente poco popolosi. Un nuovo studio del governo dopo gli annunci berlusconiani del ritorno al nucleare? Affatto, è una mappa che ricalca quella stessa fatta dal Cnen (Comitato nazionale per l’energia) andata in soffitta dopo il referendum (quella comprendeva in realtà 52 siti) ma che è stata rispolverata e aggiornata dal governo.
Si tratta di una mossa che ora alla luce della catastrofe giapponese appare quasi inutile considerando che, come fanno osservare molti esperi, il ritorno al nucleare dell’Italia appare quanto mai improbabile. Creare ora infatti una centrale alimentata ad energia nucleare con i criteri di sicurezza necessari significherebbe per il nostro Paese stanziare una somma di investimenti che non potremmo permetterci. Rasserenato Gianfranco Pizzolitto, sindaco di Monfalcone, città che già deve fare i conti con la presenza della centrale termoelettrica: «Come sindaco tiro un sospiro di sollievo», ma subito aggiunge «anche stavolta però commento notizie che mi vengono dalla stampa pur sapendo che Monfalcone appariva sempre tra i possibili siti». Il sindaco monfalconese Pizzolitto comunque mantiene le sue preoccupazioni: «Monfalcone non c’è, ma ci sono due altre aree in Friuli Venezia Giulia, sul Tagliamento a poca distanza. Come cittadino dopo la catastrofe del Giappone sono molto preoccupato perchè ho capito che nessun sito è sicuro. E quello che temo è che comunque venga scelto il Fvg, l’unica tra la regioni ad aver detto di sì al nucleare mentre le altre hanno detto di no. Siamo politicamente deboli e rischiamo di trovarci una centrale in casa».
Ecco la lista (segreta) del governo dei 45 siti nucleari in Italia
I parlamentari del Pd hanno pubblicano una lista dei siti in cui potranno sorgere le centrali nucleari, nonché quello dei possibili siti del deposito nazionale delle scorie radioattive: sono già pronti, anche se il governo non li rende noti e coinciderebbero con quelli individuati dal Cnen nel 1979. il sottosegretario Stefano Saglia, ha a suo tempo confermato l’esistenza dell’elenco, anche se l’ ha definita una ‘bozza preliminare’. Ecco la lista:
Piemonte
1. la zona lungo il Po, da Trino a nord di Chivasso (Vercelli).
2. la zona intorno alla Dora Baltea a sud di Ivrea (Biella)
Lombardia
3. la zona a nord di Voghera lungo il Po (Pavia)
4. la zona a sud di Mantova lungo il Po
5. la zona a sud di Cremona lungo il Po
Veneto
6. la zona a sud di Legnago fra Adige e Po (Rovigo)
7. la zona del delta del Po (Rovigo)
8. la zona della foce del Piave (Venezia)
9. la zona costiera al confine con il Friuli (Venezia)
Friuli Venezia Giulia
10. la zona costiera al confine con il Veneto (Udine)
11. la zona lungo il Tagliamento tra Spilimbergo e Latisana (Udine-Pordenone)
Emilia Romagna
12. La zona costiera a nord (Ferrara e Ravenna) e la meridionale fino a Rimini
13. La zona a nord di Fidenza fra Taro e Po (Parma)
Toscana
14. Isola di Pianosa (Livorno)
15. la zona costiera a nord di Piombino fino a Cecina (Livorno)
16. la zona a sud di Piombino fino a Follonica (Grosseto)
17. la zona costiera di Grosseto e la zona a nord e a sud del Monte Argentario (Grosseto)
Lazio
18. la zona costiera di Montalto di Castro (Viterbo)
19. l’area di confluenza tra Nera e Tevere tra Magliano Sabina e Orte (Viterbo)
20. l’area costiera di Borgo Sabotino (Latina)
Campania
21. Foce del Garigliano (Caserta)
22. Foce del Sele (Salerno)
Calabria
23. area costiera di Sibari (Cosenza)
24. la zona costiera tra il fiume Nicà e la città di Cosenza.
25. la zona costiera ionica vicino alla foce del Neto (Crotone) a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca).
26. la zona costiera ionica in corrispondenza di Sella Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Catanzaro)
Molise
27. la zona costiera meridionale alla foce del Biferno (Termoli)
Puglia
28. zona costiera al confine con la Basilicata (Taranto)
29. zona costiera a nord del promontorio del Gargano in prossimità di Lesina (Foggia)
30. zona costiera del Golfo di Manfredonia (Foggia)
31. la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo (Lecce)
32. la zona costiera ionica a sud di Gallipoli (Lecce)
33. la zona costiera adriatica a nord di Otranto (Lecce) vincoli naturalistici
34. la zona costiera a sud di Brindisi (Lecce) vincoli naturalistici
35. la zona costiera in corrispondenza di Ostuni (Brindisi)
Basilicata
36. tutta la costa ionica della regione
Sardegna
37. foce del Flumendosa (Cagliari)
38. costa orientale a sud del Golfo di Orosei (Nuoro)
39. costa orientale a nord del Golfo di Orosei (Nuoro)
40. zona costiera sud tra Pula e Santa Margherita di Pula (Cagliari)
41. costa occidentale zona costiera a nord e sud del Golfo di Oristano (Oristano)
Sicilia
42. zona costiera intorno al comune di Licata (Agrigento)
43. la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Ragusa)
44. la zona costiera intorno a Gela (Caltanissetta)
45. la zona costiera a sud di Mazara del Vallo (Trapani).