Da l’Espresso
Fukushima, un anno dopo – lo speciale
“Nucleare pericoloso e imprevedibile”
Onda Resistente
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
Marzo 17th, 2017 — Gas, General
da Il Piccolo del 1 marzo 2012
Il tavolo tecnico che analizza gli studi di Gas natural ha presentato le sue controdeduzioni in un’assemblea
MUGGIA
“Carenze e artifici progettuali su sicurezza e inquinamento del Terminale di ricezione e rigassificazione Gnl Zaule-Trieste sono presenti anche nella documentazione del nuovo progetto di Gas Natural”. Questo il nuovo monito del Tavolo tecnico rigassificatore che ieri nel corso dell’incontro-dibattito promosso dal Comune di Muggia al teatro comunale Giuseppe Verdi ha divulgato le ultime news sul progetto che andrebbe a riflettersi anche sulla baia muggesana.
Effetto domino
Uno dei punti chiave è la sicurezza che l’impianto di rigassificazione metterebbe a repentaglio tramite gli ipotetici incidenti industriali a catena, incendi ed esplosioni con conseguenze sulla sicurezza pubblica che potrebbero venir innescati – è il cosiddetto “effetto domino” – sia dal rigassificatore e dalle navi gasiere. L’attuale progetto definitivo presentato da Gas Natural è “privo di un rapporto di sicurezza credibile”.
Esso “esamina il progetto preliminare del Terminale, ossia quello precedente, caratterizzato dalla confusione determinata dal posizionamento dei serbatoi, disegnati ora a destra ora a sinistra delle apparecchiature di processo”, spiega il Tavolo.
Anche lo studio geotecnico appare errato. E gli anonimi estensori del nuovo Rapporto di Sicurezza mettono le mani avanti scrivendo che “progettare impianti di Gnl in modo da assicurare livelli di rischio generalmente accettati per la vita e la proprietà all’interno e all’esterno del perimetro degli stessi è obiettivo oneroso”, e che la loro analisi “contiene un elenco non esaustivo degli scenari di rischio”.
Incompatibilità porto
I tecnici del Tavolo hanno verificato le prescrizioni emanate dalla Capitaneria di Chioggia per il rigassificatore a mare di Porto Viro e quelle emanate a livello internazionale in anni recenti. “In nessun caso sono state prescritte distanze di interdizione alla navigazione, da navi gasiere in manovra o in scarico, inferiori ai 450 metri”. In più, viene prescritta una “fascia di mare larga il doppio sempre sgombra per consentire alla gasiera – in caso di incidente – di allontanarsi senza rimorchiatori”. A Trieste, tali distanze di interdizione includerebbero “tutto il canale navigabile fra la diga e Muggia, accesso al molo VII compreso, bloccando i pontili della Siot, procurando non meno di 220 giorni all’anno di fermo del porto industriale (2 giorni per ognuna delle 110 navi gasiere all’anno)”. E anche “il nuovo terminal traghetti Aquilinia-Noghere nascerebbe morto, per non parlare della pesca e del turismo”.
Clorazione acqua
Gli impianti di rigassificazione moderni minimizzano i danni all’ambiente non utilizzando il mare per riscaldare il gas liquido e portarlo allo stato aeriforme. L’impianto di Trieste invece prevede “un impiego massiccio dell’acqua marina”.
Siccome i numerosi organismi presenti colonizzerebbero rapidamente le superfici interne delle tubature dell’impianto, ostruendole, le acque in entrata devono venire preventivamente sterilizzate. “Gas Natural sceglie di farlo con composti del cloro, estremamente tossici per batteri e plancton, uova, larve, avannotti, eliminando interi anelli della catena alimentare e restituendo al mare sostanze chimiche tossiche per gli animali e per l’uomo, sostanze che permangono a lungo nell’ecosistema marino, accumulandosi progressivamente nell’acqua e nel pesce”.
Temperature baia
“I rapporti DHI del 2008 e 2011 continuano a considerare il comportamento della baia solo nelle prime ore di funzionamento dello scarico, mentre occorrerebbe simulare la situazione dopo 1 o più anni”. I consulenti di Gas Natural scrivono che “a mille metri dallo scarico la differenza di temperatura non supera i 3 °C”, affermazione “equivoca” perché lascia intendere che i 3 °C non verranno superati con l’impianto funzionante a regime (dopo anni, non dopo ore). Per il Tavolo “si sarebbe dovuto calcolare, invece, l’andamento delle temperature (e della clorazione con formazione di cloroderivati) nel corso dei mesi e degli anni”.
Ennesima riprova – è stato detto ieri a Muggia – “di un progetto carente che continua a non convincere”.
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
da La Repubblica del 24 marzo 2012
GINEVRA – Uno dei due reattori della centrale nucleare svizzera di Beznau, il più vecchio impianto atomico del mondo, è stato temporaneamente chiuso a causa di un problema tecnico. Il fermo del reattore numero due di Beznau è stato deciso per evitare problemi a una pompa di raffreddamento dei circuiti. La sua riaccensione è prevista tra alcuni giorni.
Il problema riguardava la sigillatura della pompa che non era più a tenuta stagna. Di conseguenza il personale ha deciso per precauzione di spegnere manualmente il reattore, ha affermato la società proprietaria della centrale, l’Axpo, in un comunicato. Prima di ripararla si deve aspettare che il sistema si raffreddi e ci vorranno alcuni giorni. Il reattore numero 1 continua a funzionare normalmente, ha precisato Axpo.
Il Blocco 1 di Beznau, vicino al confine con la Germania, entrò in funzione nel 1969. La centrale è diventata quella operativa più antica del mondo dopo la chiusura, il 29 febbraio scorso, dell’impianto di Oldbury, in Gran Bretagna.
Il 29 maggio del 2011 il governo elvetico ha deciso di rinunciare gradualmente all’energia nucleare, e le centrali esistenti dovranno essere disattivate via via alla fine del loro ciclo, che si conclude nel 2034.
Marzo 17th, 2017 — Energia, General
Nuove tenologie “verdi” ispirate a processi naturali potrebbero spianare la strada a un futuro di maggiore efficienza energetica e sostenibilità
I segreti delle alghe
Fotografia di Mauricio Handler, National Geographic
Alghe kelp della famiglia delle Lessoniaceae si agitano sotto la superficie delle acque costiere, attingendo energia dal sole e – forse – indicandoci una strada migliore per immagazzinare e utilizzare l’energia.
Le alghe offrono una delle tante “tecnologie” naturali alle quali si ispirano i ricercatori nella progettazione di sistemi energetici più puliti ed efficienti. È proprio nelle piante – motori della fotosintesi – e in animali di ogni dimensione (dagli insetti alle balene) che i sostenitori della biomimetica cercano sistemi per aiutare l’umanità ad affrontare la grande sfida della produzione di energia sostenibile.
La biomimetica consiste nel trarre ispirazione dai processi biologici e biomeccanici della natura per risolvere problemi umani. Il concetto è che – nel corso di oltre 3,8 miliardi di anni di evoluzione – la natura sia stata in grado di risolvere da sola molti dei problemi che l’umanità si trova ad affrontare oggi. E poiché quello dell’energia è tra i maggiori problemi che l’umanità si trova ad affrontare oggi, non è sorprendente che la scienza si rivolga alla natura per risolvere il dilemma dell’energia sostenibile.
Le alghe kelp della famiglia delle Lessoniaceae sono tra le piante marine più resistenti e flessibili al mondo, e possono crescere fino a 30 metri di altezza dal fondo marino. Il movimento delle foglie dell’alga mentre trasformano la luce del sole in energia attraverso la fotosintesi ha ispirato almeno un’azienda australiana, che vorrebbe commercializzare un sistema che genera energia attraverso il movimento di galleggianti che si muovono con le onde.
– Rachel Kaufman
Marzo 17th, 2017 — Bio-carburanti, General
da Il Piccolo del 8 novembre 2011
Otto persone in manette. Sono accusate di truffa e traffico illecito di rifiuti nell’ambito della gestione dell’impianto termoelettrico di Monfalcone
Otto persone, tra cui gli imprenditori titolari di due società che operano nel settore dei rifiuti (la Friul pellet di Capriva del Friuli e la Comagri di Treviglio-Bergamo), sono state arrestate oggi dai carabinieri del nucleo operativo ecologico di Udine in quanto accusati di far parte di un duplice gruppo criminale dedito alla truffa e al traffico illecito di rifiuti nell’ambito della gestione dell’impianto termoelettrico di Monfalcone, in provincia di Gorizia. Sono state 50.000 le tonnellate di rifiuti di biomasse (sansa di olive esausta e segatura), in alcuni casi anche pericolose, prive delle caratteristiche chimico-fisiche necessarie alla combustione, smaltite nell’ impianto termoelettrico.
Oltre ai due imprenditori, in manette sono finiti il titolare del laboratorio di analisi Tiss di Trieste, un collaboratore esterno dello stesso laboratorio, un dipendente quadro della A2a (la società milanese che gestisce l’impianto di Monfalcone), altri due dipendenti della società Tecnim srl che lavoravano nell’impianto di Monfalcone.
Le otto ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del tribunale di Trieste Guido Patriarchi, su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Trieste.
L’indagine, che ha preso avvio nel marzo 2011 e si è conclusa nell’ottobre 2011, ha coinvolto in totale 14 persone. Nel corso dell’operazione sono state anche sequestrati ingenti quantitativi di rifiuti presso le società coinvolte nell’attività illecita.
da bora.la 8 novembre 2011
Cinquantamila tonnellate di rifiuti di biomasse, in alcuni casi pericolose e comunque prive di peculiarità indispensabili alla combustione, sono state smaltite nella centrale termoelettrica di Monfalcone. Il dato emerge dall’indagine dei carabinieri per la Tutela dell’Ambiente che hanno arrestato otto persone per truffa ai danni della A2A di Milano.
Secondo i carabinieri l’affare era gestito dai dipendenti della società milanese che hanno incassato illecitamente milioni di euro e che avrebbero omesso dei controlli per permettere lo smaltimento illecito dei rifiuti.
da Carta est-nord 9 novembre 2011
Quello che sta emergendo [vedi qui] dall’indagine sulla truffa relativa alla centrale termoelettrica di Monfalcone è molto preoccupante, sia dal punto di vista del possibile danno all’ambiente e alla salute della popolazione, sia in relazione al meccanismo del traffico di rifiuti.
Da sempre questo reato compare tra i primi posti nei periodici dossier sulle ecomafie di Legambiente fra i reati ambientali. Pur non conoscendone nel dettaglio i contorni, questa vicenda va portata a termine con la massima trasparenza, individuando non solo le responsabilità, ma anche mettendo in discussione il futuro assetto produttivo dell’impianto.
A2A infatti, oltre alla dismissione delle due sezioni ad olio combustibile, ha ipotizzato di continuare ad investire sul carbone, sostituendo i due gruppi attuali con uno ad alta efficienza.
Può essere maturo invece rivedere questa ipotesi, con la dismissione totale del carbone e la contemporanea realizzazione di un impianto alimentato con gas naturale ed una rete di teleriscaldamento che potrebbe sfruttare il canale De Dottori che attraversa l’intera città, quale sede naturale per collocare le tubazioni e raggiungere utenze significative come ad esempio l’ospedale di S. Polo.
da Il Piccolo del 10 novembre 2011
da Il Piccolo del 11 novembre 2011
da Il Piccolo del 12 novembre 2011
da Il Piccolo del 30 novembre 2011
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
12 settembre 2011
Una fornace è esplosa all’interno dell’impianto gestito dall’Areva a Marcoule, non lontano da Avignone e dal confine italiano. Lo stabilimento usato per trattare le scorie, ma non sono presenti reattori. In Italia subito attiva una rete di rilevamento della Protezione civile. Dopo la notizia, a Parigi si aggravano le perdite in borsa: precipitano i titoli energetici/ Commenta
IL PRECEDENTE Nel 2008 le polemiche per l’incidente a Tricastin
Quelle centrali che fanno paura all’Europa – La mappa dei siti
Marzo 17th, 2017 — General, Nucleare
Repubblica 19 settembre
BLOG. In tutto sono 18. Quasi la metà ammonite dall’Authority per la sicurezza: “Non in grado di specificare un piano in caso di terremoto”. Invocate oltre 200 azioni correttive
Quasi la metà delle centrali atomiche francesi non ha passato l’esame dell’Authority per la sicurezza nucleare nazionale. Sottoposti a nuovi controlli sulla base delle esigenze di sicurezza aggiornate dopo la catastrofe di Fukushima e quindi alla resistenza a terremoti e inondazioni, ben 8 impianti su 19 sono stati bocciati dalla Asn.
Fra gli aspetti insoddisfacenti dei siti di Golfech, Civaux, Cattenom, Flamanville, Penly, Gravelines, Saint-Alban e Le Blayais, secondo quanto riferito dal settimanale Le Journal du Dimanche, ci sono soprattutto quelli riguardanti la reazione ad ipotetiche catastrofi naturali, all’interruzione dell’alimentazione elettrica con conseguente blocco delle fonti di raffreddamento e la gestione di alcune situazioni di emergenza.
Il periodico francese pubblica anche il contenuto di una lettera datata 23 agosto e indirizzata dall’Asn al direttore della centrale di Cattenom, nell’est del paese. “Non siete stati in grado – si legge nella missiva – di specificare agli ispettori quale sarebbe il vostro piano d’azione post-sismico in seguito a scosse gravi”. Le ispezioni e i rapporti sono stati un complemento agli stress-test sulle centrali francesi stabiliti a livello di Unione Europea dopo la tragedia giapponese, che avevano dato risultati tranquillizzanti.
In tutto sarebbero oltre 200 le “azioni correttive” invocate dagli ispettori nelle 8 centrali inadeguate. Per il direttore della sicurezza dei reattori (in Francia sono 58 quelli in attività), Martial Jorel, “i rischi sismici non sono stati percepiti nel loro giusto valore in Francia, un paese in cui i movimenti tellurici sono poco frequenti”.
La rivelazione sulle carenze degli impianti francesi arriva nello stesso giorno in cui il colosso industriale tedesco Siemens annuncia la sua uscita definitiva dal settore dell’energia atomica. “Noi non saremo più coinvolti nella gestione totale della costruzione di centrali nucleari o nel loro finanziamento, questo capitolo è chiuso per noi”, ha dichiarato il presidente, Peter Loescher, in un’intervista al settimanale Der Spiegel. “In futuro – ha precisato – continueremo a consegnare parti convenzionali, come turbine a vapore. Ciò significa che ci limitiamo a tecnologie che non servono solo al nucleare, ma che si trovano anche nelle centrali a gas o a carbone”.
Loescher ha spiegato questo passo, in parte atteso dopo la pessima esperienza fatta dal gruppo con il nuovo impianto finlandese di Olkiluoto (strascichi giudiziari inclusi) e le difficolta a concludere un’intesa con i russi di Rosatom, con l’incidente di Fukushima e con “la posizione chiara presa dalla società e dal mondo politico in Germania”.
L’addio di un’impresa dell’importanza della Siemens al nucleare è infatti l’ultimo colpo alla credibilità di un effettivo rilancio dell’energia atomica su scala mondiale dopo l’annuncio dell’uscita dell’atomo di Giappone, Svizzera, Germania e dopo il referendum italiano.
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
MV 26 marzo
UDINE La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, è stata fermata l’altra sera verso le 22.30 a causa di un problema all’elettrodotto a cui è collegata. E’ stato il secondo blocco dell’impianto in 48 ore. Infatti, un analogo problema si era verificato anche mercoledì. Responsabili dell’impianto hanno riferito che la centrale si è fermata automaticamente dopo che dal sistema energetico è saltato un elettrodotto che trasporta l’energia in direzione della Croazia. Nessun rischio per la popolazione e per l’ambiente, livello zero di pericolosità, hanno garantito fonti slovene.
Il presidente dell’amministrazione dell’impianto atomico, Stane Rozman, al microfono del Tgr Rai del Friuli Venezia Giulia, ieri ha spiegato: «Per noi è fondamentale informare regolarmente sull’attività della centrale e segnalare ogni singolo cambiamento o blocco. La trasparenza ci garantisce l’alto livello di fiducia dell’opinione pubblica». Ma c’è chi vuole vederci chiaro. Il senatore del Partito democratico Carlo Pegorer ha presentato infatti un’interrogazione a risposta scritta al ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo sull’incidente che si è verificato l’altra sera nella centrale nucleare. «Posto che non è la prima volta che la centrale nucleare di Krsko, situata a un centinaio di chilometri dalla frontiera italiana, registra incidenti conseguenti al suo malfunzionamento – ha spiegato Pegorer – chiedo se il Governo italiano sia in possesso o meno di più dettagliate informazioni su tali recenti incidenti». Secondo Pegorer, poi, nel caso di incidente grave nella centrale di Krsko con la possibile fuoriuscita di vapori contaminanti, «il territorio del Friuli Venezia Giulia ne sarebbe investito in poche ore».
Per la serietà di «un simile grave possibile evento», ha detto ancora il senatore democratico, «la stessa Repubblica di Slovenia si sarebbe dotata di dosi di iodio sufficienti a garantire la cura della propria popolazione». Pegorer, nell’interrogazione, chiede anche al governo italiano se «sia stato definito un piano di distribuzione di pillole di iodio nei territori posti nelle vicinanze di paesi nei quali sono ubicate e funzionanti centrali nucleari da utilizzare in caso di insorgenza di nube tossica da tali impianti».
La centrale di Krsko, l’unico impianto nucleare nei Paesi della ex Jugoslavia, è stata costruita congiuntamente nel 1981 dalla Croazia e dalla Slovenia e dovrebbe restare operativa fino al 2023. Quest’anno il governo di Lubiana dovrebbe varare un piano di sviluppo energetico che prevede anche la costruzione di un secondo reattore. E il presidente della Regione Renzo Tondo ha sempre affermato di voler partecipare allo sviluppo della centrale.
(26 marzo 2011)
da Il Piccolo
Nucleare, la centrale di Krsko fa le bizze
Secondo guasto in due giorni nella “sicurissima” centrale nucleare di Krsko. Come già successo mercoledì, l’impianto è andato in blocco. Le autorità: tutto ok
BELGRADO Ancora un intoppo per la centrale nucleare di Krsko, il secondo in 48 ore. Dopo il blocco automatico di mercoledì, l’impianto non è riuscito, come da programma, a rientrare in servizio giovedì sera per un nuovo problema all’elettrodotto che convoglia l’elettricità verso la Croazia. «Nessun allarme», hanno affermato i responsabili di Krsko. Il guasto non ha comportato pericoli né per la centrale, né per la popolazione. Sul sito internet della «Nuklearna Elektrarna Krsko» si trovano maggiori dettagli sull’accaduto. «Dopo un accurato esame delle attrezzature a seguito del blocco automatico di mercoledì, sono state riscontrate alcune anomalie nel sistema. Per eliminare le irregolarità c’è bisogno di altro tempo – continua il comunicato – la centrale tornerà operativa la settimana prossima». Krsko è comunque «in uno stato di arresto sicuro e non ci sono effetti sulle persone o sull’ambiente».
Mercoledì la centrale era stata fermata sempre a causa di un problema alla rete di distribuzione elettrica verso Zagabria. L’incidente era stato classificato a «rischio zero» dalla dirigenza di Krsko. Dirigenza che ieri ha messo la faccia per tranquillizzare l’opinione pubblica, compresa quella italiana. Secondo Stane Rozman, presidente del consiglio d’amministrazione della centrale, «è fondamentale informare regolarmente sull’attività della centrale e segnalare ogni singolo cambiamento o blocco. La trasparenza ci garantisce l’alto livello di fiducia raggiunto presso l’opinione pubblica», ha detto Rozman ai microfoni del Tg regionale della Rai. La centrale vanta due cicli di raffreddamento e sarebbe in grado di resistere a terremoti ben più intensi di quelli che possono verificarsi nell’area.
Dovrebbe rimanere operativa fino al 2023, ma la Slovenia sta pensando alla costruzione di un secondo reattore entro il 2013. Ma sono in molti oggi a non fidarsi cecamente né del nucleare in se e per sé, né tantomeno di Krsko. Allarmato dai guasti alla centrale, il senatore Pd Carlo Pegorer ha presentato ieri un’interrogazione a risposta scritta al Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo per sapere se il governo italiano «sia in possesso o meno di più dettagliate informazioni su tali recenti incidenti».
La Slovenia, aggiunge con preoccupazione il senatore democratico, «si sarebbe dotata di dosi di iodio sufficienti a garantire la cura della propria popolazione» in caso di incidente grave. E Pegorer si domanda se anche l’Italia ha un piano simile. Piano utile in caso di un malaugurato – anche se a detta degli esperti improbabile – serio incidente a Krsko.
Marzo 17th, 2017 — Nucleare
da TMN
Tokyo, 27 marzo. Cortei a Tokyo e Nagoya per dire no al nucleare. La popolazione è scesa in piazza per manifestare pacificamente e chiedere la chiusura definitiva delle centrali nucleari del paese. Nuovo allarme radiazioni a Fukushima.
ROMA – Circa 300 persone, in prevalenza mamme con bimbi, hanno protestato oggi a Tokyo contro la centrale nucleare di Hamaoka, nella prefettura di Shizuoka. La manifestazione, a poco più di due settimane dal grave incidente ancora irrisolto della centrale di Fukushima causato dal sisma/tsunami dell’11 marzo, ha puntato dritto verso un altro impianto ritenuto «ad altissimo rischio», distante solo 200 km a sud di Tokyo e a 120 dalla popolosissima Nagoya, costruito sul punto di congiunzione delle placche tettoniche.
La stampa nipponica ha oggi recuperato, tra l’altro, la testimonianza di Katsuhiko Ishibashi, professore della Kobe University e uno dei massimi esperti sulle Scienze della Terra, tenuta dinanzi a una commissione parlamentare a febbraio 2005. Nell’occasione, Ishibashi aveva parlato di «terremoto e della sua potenza in grado di colpire un impianto nucleare in più parti e produrre diverse rotture» con danni a parti vitali come il sistema di raffreddamento. Una descrizione che rispecchia quanto accaduto a Fukushima, ma che se ripetuto a Hamaoka porterebbe a un «colpo fatale al Giappone» con pesanti effetti «per tutte le generazioni future».
Domenica 27 Marzo 2011 – 16:09
da Swisscom
Centinaia di persone hanno manifestato oggi a Nagoya (centro) e Tokyo per chiedere l’abbandono delle centrali nucleari dopo l’incidente all’impianto di Fukushima provocato dal sisma e dallo tsunami di due settimane fa. Lo hanno constatato giornalisti della France Presse sul posto.
In un Paese dove tradizionalmente i cortei anti-nucleari sono rari e hanno poca partecipazione, almeno 300 manifestanti si sono riuniti a Nagoya rispondendo all’invito di studenti preoccupati dalla situazione alla centrale di Fukushima 1, situata nel nord-est dell’arcipelago.
“Non vogliamo un’altra Fukushima”, hanno scandito i manifestanti chiedendo la chiusura della centrale di Hamaoka situata a 120 chilometri da Nagoya, sulla costa sud dell’isola di Honshu, e pure a rischio sisma. A Tokyo, infine, circa 300 persone hanno sfilato nel quartiere chic di Ginza scandendo slogan come “Non abbiamo bisogno del nucleare”.
Marzo 17th, 2017 — Eolico
Commento.
Comunque, Gianni Silvestrini è forse anche troppo ottimista sull’abbandono delle voglie del ritorno del nucleare in italia.
Repubblica 4 aprile 2011 Il sole splende e il vento soffia mentre l’atomo riflette. Dagli ultimi dati sulla produzione elettrica in Spagna e Germania arrivano indicazioni molto confortanti sulla capacità delle rinnovabili di porsi come alternativa al nucleare. L’eolico spagnolo, ormai da tempo una solida realtà, il mese scorso ha battuto un nuovo record dal valore fortemente simbolico
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QualEnergia 31 marzo 2011
Nel 2010 la Germania ha prodotto il 17% della sua elettricità con le rinnovabili. Oltre 100 TWh, più delle centrali a gas, quasi quanto il carbone e sempre più vicini al nucleare. Eolico e fotovoltaico sono riusciti a fornire alla rete anche il 30% della potenza. Record per il solare con 7.400 MW nel solo 2010. Circa 370mila gli addetti del settore.
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QualEnergia
Il voto nel Lander tedesco di Baden-Wuerttemberg, con la dura sconfitta della Merkel, toglie ogni prospettiva al nucleare in Germania. Dopo l’emergenza giapponese, questo è un altro, forse definitivo, colpo al tentativo di rinascita nucleare italiano. Ora è tempo di pensare ad una vera e incisiva transizione energetica. Un commento di Gianni Silvestrini.
28 marzo 2011
«È stato un voto sul futuro del nucleare. Abbiamo capito» è stato il commento a caldo del vicepremier tedesco Westerwelle dopo il risultato delle elezioni di domenica nel Baden-Wuerttemberg, la più ricca regione del Paese e roccaforte del partito della cancelliera Merkel, nelle quali un elettore su quattro ha votato per i verdi. Cosa succederà in Italia? Moratoria, ha annunciato nei giorni scorsi il governo. In realtà, l’avventura nucleare si è ormai definitivamente chiusa, e il referendum non farà che rafforzare questo esito. Il tentativo di rilancio, peraltro, era stato gestito in maniera dilettantesca, con ritardi clamorosi: si pensi all’Autorità per la sicurezza nucleare, che fino alla settimana scorsa si riuniva al bar e che non ha ancora un direttore. Ma era evidente la mancanza di consenso da parte delle istituzioni locali, oltre che nell’opinione pubblica. I costi poi erano molto più alti di quelli dichiarati e il mondo finanziario era assolutamente scettico rispetto alla reintroduzione della tecnologia. Dicevamo, prima di Fukushima, che si trattava di un percorso inesorabilmente destinato ad affondare nelle sabbie mobili. Fortunatamente questo cammino si è ora interrotto e possiamo pensare con intelligenza alla transizione energetica che ci aspetta. L’incidente giapponese comporterà infatti una decisa accelerazione delle politiche sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica a livello internazionale. Sarà molto interessante nelle prossime settimane valutare i cambiamenti che si verificheranno in Germania, già capofila mondiale della riscossa delle energie rinnovabili. Ricordiamo che lo scenario del governo prevedeva che fra vent’anni la metà dell’energia elettrica sarebbe stata verde e che entro il 2050 almeno l’80% della domanda elettrica sarebbe stata coperta dalle rinnovabili. Cosa dobbiamo aspettarci adesso con la fuoriuscita anticipata dal nucleare? Un’ulteriore corsa del fotovoltaico che gode di incentivi molto più bassi rispetto all’Italia e che punta a raggiungere una potenza di 70 GWp nel 2020, una forte crescita dei parchi eolici off-shore, il potenziamento della rete con una particolare accento sulle smart grids, e infine un’attenzione alle soluzioni per l’accumulo dell’energia. In pratica è probabile che verranno rivisti al rialzo sia gli obbiettivi al 2020 che quelli al 2050. In Italia l’eliminazione della “distrazione” nucleare consentirà di gestire la crescita delle rinnovabili sia sul fronte della produzione elettrica che nel settore termico, modulando con intelligenza gli incentivi in modo da innalzare gli obbiettivi del 2020. Dovranno inoltre essere rilanciate le politiche dell’efficienza energetica definendo obbiettivi ambiziosi per i certificati bianchi che traguardino la fine del decennio. Per finire occorre rilanciare la proposta di innalzare dal 20 al 30% l’obbiettivo europeo di riduzione al 2020 delle emissioni climalteranti. 28 marzo 2011
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