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PORDENONE: volantino su Piazza Fontana

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AN ANARCHIST LIFE-Video documentario su Umberto Tommasini

Alcune righe per aggiornarvi sul work in progress relativo al film documentario dal titolo provvisorio “An Anarchist Life”. Come saprete, abbiamo trovato una giovane cooperativa, IG di Trieste, pronta a sposare il progetto e così, dopo la prima iniezione di fiducia della raccolta fondi attraverso il crowdfunding sul sito Produzioni Dal Basso, abbiamo potuto presentare una domanda per il Fondo per lo Sviluppo della Regione Friuli. La Associazione Drop Out ha poi deciso di investire un altra piccola quota, credendo particolarmente nel progetto. Ma a tutt’oggi non siamo riusciti a chiudere un piano finanziario definitivo, manca qualche migliaio di euro all’appello. Abbiamo quindi pensato di aprire sul sito ufficiale del film
una sezione dedicata alla possibilità di pre-acquistare delle copie. Tale possibilità ci permetterà anche una distribuzione internazionale, anche se relativa ad una nicchia di interessati. Per quanto riguarda altre forme distributive, pensiamo sicuramente di partecipare a più festivals possibili, ma anche a forme di distribuzione militante e capillare in giro per l’Italia e per altri paesi, oltre che a sondare tutte le possibilità di passaggi televisivi possibili (siamo in fase di trattative con Rai Storia, Rai tre regionale, Telekoper e molti altri canali..). La distribuzione in sala cinematografica resta ancora una chimera per un prodotto documentario del genere, ma non ci arrendiamo anche su quel versante. Inoltre studieremo le possibilità di vendita online, attraverso forme di download o streaming.
Per quanto riguarda invece la fase di realizzazione, naturalmente non siamo stati fermi ad aspettare di chiudere il budget. Siamo in fase di chiusura della fase di sviluppo e ricerca, abbiamo lavorato intensamente in questo senso, sia facendo interviste preliminari a testimoni, storici, amici e conoscenti di Umberto, sia a conoscitori del contesto sociale, politico e culturale in cui si è mosso. Parallelamente abbiamo attivato una forte e lunga ricerca iconografica su materiali d’archivio, riuscendo ad ottenere il permesso di utilizzare importanti archivi, quali quello della CNT – FAI spagnola, e di altre realtà. Stiamo concludendo accordi con l’Archivio Nazionale della Resistenza, e la Cineteca del Friuli, oltre che con collezioni fotografiche e fototeche di vari soggetti, pubblici e privati.
Stiamo anche finendo la scrittura del trattamento/sceneggiatura, e abbiamo identificato cast e troupe da coinvolgere. Stiamo realizzando alcuni sopralluoghi in locations dove girare, ed abbiamo realizzato alcune interviste importanti e focali per il film, nonché documentato alcuni momenti di vita attuale che richiamano la memoria di Umberto, quali lo spostamento di sede del Germinal di Trieste e l’inaugurazione della biblioteca a lui dedicata.
Siamo grati a tutti voi per il sostegno, l’appoggio, l’aiuto e la fiducia che ci date e ci avete dato. Intendiamo finire le riprese nei primi mesi autunnali del 2012, ed andare subito dopo in postproduzione, quindi contate di vedere su tutti gli schermi, in mondovisione, An ANARCHIST LIFE – DANDO DEL TU AL MONDO entro dicembre 2012!!! Naturalmente, se volete essere ancora più certi, un piccolo investimento, nel pre-acquisto di una copia del dvd a 10 euro, vi permetterà di aiutarci a rendere la cosa ancora più certa e celere.
Grazie ancora a tutti, con molti di voi ci sentiremo presto, per varie questioni.
ciao e grazie
ivan e fabio

sito ufficiale:


pagina facebook:

PORDENONE: manifesto su Piazza Fontana

Manifesto affisso in questi giorni sui muri del pordenonese.

 

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TRIESTE: foto e report della presentazione de “Il fabbro anarchico”

Nonostante l’ora pomeridiana quasi un centinaio di persone ha partecipato alla presentazione del libro “Il Fabbro Anarchico” organizzata dal Centro Studi Libertari. Non solo compagni/e che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, ma anche amici, studenti universitari, curiosi.

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E’ uscito “Il Fabbro Anarchico” autobiografia di Umberto Tommasini

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MEMORIA STORICA: rassegna stampa sul nuovo libro su Tommasini

Da Il Piccolo

L’anarchico Tommasini e quel sogno di libertà dentro l’inferno del ’900

NEL 1984

PERSONAGGIO»L’ANTICIPAZIONE

Arriva in libreria una nuova edizione delle memorie del militante morto nel 1980 pubblicata dalla casa editrice Odradek

La versione originale in dialetto triestino Quando uscì la prima volta, pubblicata dalle Edizioni Antistato, Claudio Venza e Clara Germani si posero subito il problema. Mantenere la forma originale del fluviale racconto fartto da Umberto Tommasini, rigidamente in dialetto triestino, oppure trasformare il tutto in un italiano leggibile da tutti? Decisero di rispettare la forma originale: infatti il testo dell’«Anarchico triestino», questo il titolo dell’edizione del 1984, era in vernacolo. Adesso, invece, per la nuova edizione de «Il fabbro anarchico», pubblicato da Odradek, il dialetto triestino sarebbe stato di difficile lettura per i lettori del resto d’Italia. Così si è deciso di tradurre in italiano l’autobiografia dell’anarchico Tommasini.

Da “Il fabbro anarchico” di Umberto Tommasini pubblichiamo l’inizio dell’intervista di Claudio Venza a Claudio Magris, per gentile conmcessione della casa editrice Odradek. Magris: La cosa che colpisce anzitutto in Tommasini è la sua straordinaria capacità di pensare prima agli altri che a se stesso, di dedicare la vita alla libertà propria e degli altri. Non è una cosa molto frequente. Inoltre ha una notevole lucidità politica, chiare idee sui rapporti di forza, forse anche grazie all’esperienza fatta sulla pelle delle brulatità comunista. Ha una coscienza profonda, rara, della terribilità della storia contemporanea. Contemporaneamente, vive con assoluta spontaneità e semplicità, si esprime nel suo dialetto perché è l’espressione della sua persona. Non è affatto vernacolo né dialettale, perché ha una reale cultura che guarda al di l di ogni angusto orizzonte di campanile. Venza: In che senso “cultura”? Magris: Quanto alla cultura, ricordo che una volta Vidali mi aveva detto che, negli anni della sua giovinezza, non sapeva nemmeno che esistesse Svevo, tutto preso come era, della lotta politica. Naturalmente io adoro Svevo, lo considero uno dei grandissimi della letteratura mondiale, ancora da scoprire nonostante tutto ciò che si è detto e scritto su di lui; inoltre, per la mia formazione, mi interessa più Svevo di Vidali, mi interessano le straordinarie e demoniche intuizioni di Svevo più ancora di quelle, che pure mi interessano moltissimo, che riguardano la politica. Ma non considero affatto Vidali o Tommasini meno “colti” di Svevo. Spesso noi identifichiamo erroneamente la cosiddetta cultura con alcuni campi del sapere; importantissimi, a me molto cari, ma non certo gli unici né i più importanti. Se Vidali non aveva la capacità di capire Svevo, probabilmente nemmeno se avesse avuto tempo e modo di leggerlo (incapacità del resto condivisa, in quegli anni, da quasi tutti i critici letterari…), aveva però una capacità di capire la politica molto di più di quanta ne avesse Svevo. Come dimostra il suo atteggiamento di medio borghese rispetto alla ascesa del fascismo. Svevo capiva, forse senza nemmeno rendersene bene conto, i più profondi, inquietanti, demonici sommovimenti della civiltà, ma non capiva la dialettica politica, mentre per Vidali (o anche per Tommasini) era il contrario. Ora non è che l’una cosa sia più “cultura” dell’altra; sono due modi diversi di accostarsi al mondo, due culture, entrambe con la loro grandezza e il loro limite, entrambe degne del più profondo rispetto. Se dovessi dare una definizione di cultura, direi che è, in primo luogo, non la conoscenza di determinati saperi, bensì l’organica, spontenea unità tra quello che si sa, quello in cui si crede e quello che si è. E tutto questo lo troviamo in Tommasini. Quello che affascina in quest’ultimo è anche la calda umanità ottocentesca, che coesiste col suo impegno radicalmente novecentesco; talora sembra uscito da un romanzo di Tolstoi. Venza: O di Zola? Magris: Tommasini ha questa umanità classica, grazie alla quale con la stessa naturalezza rischia la pelle e passa serate in osteria, con una generosità completamente fusa col carattere. Questo è’ un aspetto della sua classicità, di umanità classica che la civiltà del Novecento lamenta – come testimoniano tante grandi opere letterarie – di aver perduto. Inoltre c’è la sua grande libertà; non solo libertà politica, lotta contro il fascismo e ogni autoritarismo e così via, ma anche la libertà nei gesti d’ogni giorno, la capacità di dire “va in mona” all’intellettuale persuntuoso. Tutto questo dà a Tommasini una straordinaria simbiosi di vicinanza alla terra, di sanguigna, picaresca umanità plebea e insieme di grande signorilità. È questo che gli ha permesso di andare a rischiare la vita, a combattere, a vederne di tutti i colori, e ad essere sempre e fino all’ultimo se stesso. Questa generosità è scevra di ogni buonismo, perché egli si rende perfettamente conto che in certi momenti storici c’è la tragica necessità di combattere e di colpire.

 

 

MARTEDÌ, 11 OTTOBRE 2011

Pagina 37 – Cultura e spettacoli

IL LIBRO

Lotte, pensieri e disillusioni di un uomo che ha vissuto

di Alessandro Mezzena Lona

Non aveva ricchezze, Umberto Tommasini. Non poteva vantare titoli accademici, meriti in campo industriale. Però, come il poeta Pablo Neruda, gli era concesso dire ad alta voce: «Confesso che ho vissuto». Perchè nel corso della sua lunga vita, iniziata sul finire del Diciannovesimo secolo, nel 1896, e terminata nel 1980, ne aveva viste di tutti i colori. Guerre, dittature, massacri, grandi sogni politici, gigantesche disillusioni. Normale che una vita come quella di Umberto Tommasini si trasformi in un libro. E visto che la prima edizione di questa autobiografica, registrata e poi trascritta con grande attenzione da Clara Germani, è sparita dalla circolazione ormai un bel po’ di tempo fa, non si può non accogliere con grande gioia l’idea di riproporla. Questa volta a pubblicare “Il fabbro anarchico. Autobiografia tra Trieste e Barcellona” è la casa editrice Odradek di Roma (pagg. 237, euro 18). A introdurre e curare il volume, ovviamente, è Claudio Venza, docente all’Università di Trieste, oltre che mente e motore di questo progetto. Che ha consegnato alla Storia la straordinaria microstoria dell’anarchico triestino. Per Tommasini, essere anarchico significava «pensare, ragionare e lottare». E lui, figlio di povera gente, nato a Trieste ma vissuto per una parte della sua infanzia, e poi della sua vecchiaia, nella friulana Vivaro, ha lottato molto in giro per l’Europa. Soldato nell’inferno della Prima guerra mondiale, dove i superiori ti sparavano addosso se osavi alzare la voce contro quel lurido scannatoio, volontario nella guerra civile di Spagna, dove i comunisti pensavano quasi più a fare fuori gli anarchici che a combattere contro i franchisti, non ha smesso di sognare un mondo migliore nemmeno quando è rientrato a Trieste dopo la caduta del fascismo. Una Trieste piena di problemi. E in queste memorie, che Claudio Magris ha definito «uno dei libri più vivi degli ultimi anni», non risparmia nessuno. Soprattutto quelli come Vittorio Vidali che, secondo Tommasini, avrebbero potuto davvero costruire un’Italia, un’Europa più vicine ai poveri, ai lavoratori. E che, invece, si sono perduti dentro complicati giochetti politici.

ANARCHISMO: articoli sull’iniziativa su Tommasini a Vivaro

Dal Messaggero Veneto

09/01/11

Un convegno dedicato a un illustre di Vivaro Focus sull anarchico libertario Tommasini

 

VIVARO. Un convegno di studi dedicato a uno dei figli illustri di Vivaro: l’anarchico – libertario Umberto Tommasini (Trieste 1896 – Vivaro 1980). Nella sua esistenza Tommasini è sempre rimasto legato a Vivaro. Nato a Trieste il 9 marzo 1896 da Angelo e Bernardina Tommasini, emigranti di Vivaro. Il padre, lasciato il povero paese delle grave, fra Cellina e Meduna, diventa socialista nel grande porto asburgico. Combattente italiano nella prima guerra mondiale, ferito e internato a Mauthausen, Tommasini, assieme al fratello Vittorio, all’inizio degli anni Venti aderisce all’anarchismo, impegnandosi nella resistenza alle bande fasciste che infestano la Venezia Giulia. Subisce vari arresti e condanne. Viene confinato a Ustica e Ponza, infine espatria in Francia nel 1932. Inizia qualche tempo dopo a vivere con Anna Renner, e dalla loro unione nasce il figlio Renato. Attivo nell’antifascismo a Parigi, accorre nel 1936 a difendere la Repubblica spagnola, contro Franco. Combatte accanto a Carlo Rosselli di Giustizia e libertà e con l’anarchico Camillo Berneri.

Rientrato in Francia, durante la seconda guerra mondiale subisce l’internamento nel campo di concentramento di Vernet d’Ariège e, in seguito, viene consegnato alla polizia fascista italiana che lo confina a Ventotene e Renicci d’Anghiari. Nel dopoguerra Umberto Tommasini partecipa alle attività degli anarchici triestini, in forte contrasto con gli opposti nazionalismi filo–jugoslavo e filo–italiano e subisce l’arresto dalle autorità d’occupazione anglo-americane.

Successivamente fonda a Trieste il circolo Germinal, è attivo nella Federazione anarchica e dirige il settimanale Umanità nuova. Tommasini muore il 22 agosto 1980 a Vivaro dove, a trent’anni dalla sua scomparsa, domenica 16 gennaio, sarà ricordato nella sala del consiglio comunale con un convegno voluto dal circolo Zapata di Pordenone e dal Gruppo anarchico Germinal di Trieste in collaborazione con l’Ecomuseo Lis Aganis.

Alle 9.30 verrà proiettato il video con un’intervista di Tommasini; alle 10, dopo i saluti delle autorità, sono previsti, sulla figura di Umberto Tommasini, gli interventi dello storico Gian Luigi Bettoli, di Claudio Venza e Clara Germani. L’esecuzione di alcuni brani del repertorio musicale anarchico, precederanno la deposizione di una corona di fiori nel cimitero dove Tommasini riposa.

Sigfrido Cescut

 

07/01/11

In biblioteca c è il fondo Tommasini

VIVARO. In tutti i centri del Pordenonese, all’inizio degli anni Settanta, sono sorte le biblioteche, per volontà degli amministratori comunali e con l’entusiasmo dei tanti bibliotecari. Nel tempo, diverse raccolte di libri sono state arricchite da lasciti di cittadini che avevano a cuore l’affermarsi della cultura.

È il caso della biblioteca civica di Vivaro, che conserva un patrimonio originale dovuto al lascito della famiglia Tommasini “Bicjcju”, originaria di Vivaro, emigrata a Trieste alla fine dell’Ottocento. Come diffuso dal sito internet “La Storia, le storie”, curato dal dottor Gian Luigi Bettoli, il fondo Tommasini comprende un intero scaffale di libri donati dall’attivista anarchico triestino Umberto Tommasini (Trieste 1896 – Vivaro 1980). Legato a Vivaro, fabbro e meccanico antifascista, Umberto emigra a Parigi e accorre nel 1936 a difendere la repubblica spagnola contro Franco. Internato dai francesi a Vernet d’Ariège e poi dai fascisti italiani a Ventotene e Renicci d’Anghiari, nel dopoguerra dirige il Fai (Federazione anarchica italiana) e il settimanale “Umanità nuova”. A cominciare la raccolta del fondo Tommasini è stato il padre Angelo – operaio emigrante ed esponente del socialismo triestino – che volle promuovere nel 1914 una biblioteca popolare a Vivaro.

«Quello che oggi si conserva – informa Bettoli – è forse il più importante lascito di quel tipo. Le biblioteche popolari in Friuli sorsero nel primo Novecento con il sostegno della Società umanitaria di Milano, del Segretario emigrazione di Udine e, nel caso di Vivaro, del Centro studi sociali di Trieste». A Vivaro sono conservati anche i libri dei fratelli di Umberto, tutti operai ed esponenti del movimento anarchico e sindacale. Il fondo Tommasini presenta libri scolastici e di letteratura per l’infanzia, numerosi romanzi popolari, testi politici e classici della letteratura, libretti d’opera, manuali di varia natura, codici giuridici, libri d’arte e d’antiquariato. Fra i volumi più significativi, diversi saggi del movimento socialista italiano e austroungarico. «Su alcuni libri – commenta Bettoli – sono visibili i talloncini della censura. Erano stati inviati dalla casa editrice “Avanti!” a Vittorio – un altro figlio di Angelo – condannato al confino per antimilitarismo durante la guerra 1915-’18: fu in quel periodo che cominciò il passaggio all’anarchismo dei giovani Tommasini». (s.c.)

Vivaro (PN): 30 anni dalla morte di Umberto Tommasini

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PROGRAMMA

ore 9.30
proiezione video con intervista a Umberto Tommasini (1976)

ore 10.00
introduzione, saluti e intervento di Gianluigi Bettoli (Storico locale)

ore 10.30
interventi di Claudio Venza e Clara Germani (co-autori del libro su
Umberto Tommasini)

ore 11.00
interventi di amici e compagni di Umberto Tommasini e del pubblico

ore 11.30
esecuzione di alcuni pezzi del repertorio musicale anarchico

ore 12.00
deposizione di una corona presso il cimitero di Vivaro in memoria di Umberto Tommasini

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Commemorazione di Umberto Tommasini: io non parteciperò

Umberto Tommasini non solo l’ho conosciuto, ma sono anche uno dei pochi rimasti a poter dire di aver condiviso con lui la miltanza anarchica (dal 1975 al 1979 circa). Umberto sarà pure anagraficamente nato a Trieste (da famiglia proletaria emigrata dal paese friulano di Vivaro), ma era friulano e non triestino. La questione può sembrare insignificante ed artificiosa, se si rileva che Umberto era anarchico, rivoluzionario ed internazionalista, ma diventa importante nel momento in cui, in particolare, si è scelto di dare al libro su di lui una caratterizzazione geo-politica che non era certo obbligatoria. Nessuno scandalo, per carità, che il libro sia stato scritto in triestino, la scelta è stata corretta, anzi questa sì inevitabile, in quanto riflesso di una realtà oggettiva. Il libro infatti è una testimonianza di storia orale ed Umberto, con le compagne ed i compagni di lotta, a Trieste, parlava triestino.  Altrettanto ovviamente si deve rilevare che a Trieste si parla prevalentememte triestino mica italiano, questo è semplicememte un dato di fatto. Viceversa, per controesempio e per stimolo alla riflessione, si deve rilevare che ad Udine invece si parla prevalentemente italiano mica friulano; anche questo è semplicemente un dato di fatto. Tralasciate per ora le questioni linguistiche, che,  per loro natura intrinseca, sono molto complesse e richiedono un’analisi approfondita che non si può svolgere in questa sede, veniamo alle motivazioni attuali che mi rendono impossibile partecipare ad una  commemorazione sia pure prevista a Vivaro, dove, non casualmente, Umberto è stato sepolto nel 1980. Già molti anni fa (1983)  mi sono (ci siamo) trovati a contestare la commemorazione di Giovanni Casali per il quale era stata deposta una lapide nell’atrio del Municipio di Prato Carnico. Ci si era chiesti, che senso ha che un anarchico venga commemorato in forma, anche solo parzialmente, istituzionalizzata? Non si tratta solo di una contraddizione, ma di un vero e proprio snaturamento della realtà delle cose. Più in generale ci si deve chiedere: chi si fa garante della continuazione del trattamento coerente delle spoglie e della memoria degli anarchici dopo la loro morte? Sarà senz’altro capitato anche in altre parti, ma è drammaticamente capitato anche a noi, dover scontrarci violentemente con la famiglia di un giovane compagno, Maurizio Faidutti di Mortegliano,  morto in circostanze accidentali, del quale i genitori hanno inteso, violando l’identità del figlio, celebrare il funerale in chiesa. (E quando muoio io …). Così, vuoi per ragioni famigliari, vuoi per ragioni storico-culturali, vuoi perchè comunque è un riconoscimento, … in fin dei conti va spesso a finire che, ciò che non è stato possibile in vita, diventa invece possibile dopo la morte, vale a dire una qualche forma di recupero e snaturamento dell’identità e della storia di un anarchico. In realtà molti  anarchici ci pensano già da soli a snaturare in vita il patrimonio di idee che in qualche modo hanno avuto l’occasione di acquisire, ma almeno quelli che hanno sviluppato fino in fondo il patrimonio ideale, politico e culturale dell’anarchismo,  è giusto che siano trattati in maniera coerente con la loro identità professata.  Quindi, nella fattispecie,  mi chiedo, per esempio: cosa c’entra GianLuigi Bettoli, notoriamente marxista,  con Umberto Tommasini e l’anarchismo? E poi, perchè ancora una volta “regalare” il nostro patrimonio a intellettuali, associazioni ed infine istituzioni, che con noi non c’entrano nulla? La commemorazione di un anarchico deve essere trattata come un capitolo dell’anarchismo e non come un evento da proporre nel baillame della rappresentazione culturale, magari con l’obiettivo, anche legittimo, di dargli maggiore respiro. Non vedo la necessità di trovare collaborazioni esterne per situazioni di questo genere. Personalmente avevo anche sollevato l’idea che la memoria di Umberto fosse collegata alla vicenda degli OGM, (vicenda che ha reso il Paese di  Vivaro noto in ambito internazionale) e quindi ad un fronte di lotta territorialmente radicato e politicamente qualificante, ma il messaggio non è stato colto e si è proceduto ad una commemorazione rituale, non condivisa,  e, per quanto mi riguarda, non accettabile.

Paolo De Toni – Cespuglio – 14 gennaio 2011

Umberto Tommasini: l’Anarchic Furlan

Scjarie il libri (e va a le pagine 173).

Commemorazione: io non parteciperò

Il mio ricordo di Umberto alla ricorrenza effettiva dei trent’anni dalla morte avvenuta il 22 agosto 1980

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furlan