Nuova fuga dal Cie di Gradisca Scappati 12 nordafricani
GRADISCA Si fa chiamare Mustafa. Ha 26 anni. Dice di venire dalla Tunisia. Sarebbe lui il regista delle due azioni che mercoledì hanno portato alla fuga di 11 immigrati trattenuti al Cie di via Udine. Mustafa era già riuscito a scappare dal Centro di identificazione ed espulsione di Milano prima di venire ripreso e riportato a Gradisca. Sì, perché nella struttura ricavata all’interno dell’ex caserma “Ugo Polonio” c’era già stato e in occasione dell’altro suo “soggiorno” non era riuscito a dileguarsi per questioni di centimetri. Nell’occasione gli agenti di guardia lo avevano preso per un piede quando si trovava praticamente oltre la recinzione, quando la libertà era ormai a portata di mano. Questa volta ce l’ha fatta. Lui e altri dieci nordafricani si sono dati alla macchia. Il dodicesimo fuggitivo è stato intercettato nel corso della giornata dalle forze dell’ordine che poi lo hanno riaccompagnato al Cie. I disordini sono iniziati nel pomeriggio di mercoledì. Gli stranieri sono riusciti a scardinare delle grate e in massa hanno superato la prima recinzione, quella interna. In numero inferiore agli immigrati, i poliziotti e i militari di guardia hanno potuto fermare e respingere la fuga solo di una parte del gruppo. Una manciata di extracomunitari è stata così in grado di superare anche la recinzione esterna. A un pomeriggio di tensione con gli ospiti della zona blu raccoltisi sui tetti, è seguita una seconda evasione alle 21. La modalità di questa seconda azione ha ricalcato quella del pomeriggio e ha permesso la fuga di altri cinque immigrati. Alla fine, a far perdere le proprie tracce sono stati tre marocchini, un egiziano, tre algerini e quattro tunisini. A parte Mustafa, nessuno di loro parlerebbe italiano. La quiete all’interno del Cie di Gradisca è tornata solo intorno alle 2 di notte, dopo che gli agenti di guardia hanno controllato le camerate e sequestrato oggetti di metallo potenzialmente pericolosi. Nel corso dei due tentativi di fuga di mercoledì nessuno sarebbe rimasto ferito. Voci non confermate raccontano però di immigrati che avrebbero tentato atti di autolesionismo per essere poi trasferiti in ospedale. Stefano Bizzi
Dal Messaggero Veneto del 30/07/10
Altri 12 immigrati fuggiti dal Cie
GRADISCA. È di 12 immigrati clandestini fuggiti il bilancio di una nuova giornata ad alta tensione nel Centro di identificazione ed espulsione di via Udine dove, mercoledì, sono stati due i tentativi di evasione di massa, che hanno coinvolto complessivamente una cinquantina di ospiti della struttura. Una sequenza anomala rispetto al passato e cominciata già nel primo pomeriggio, quando poco dopo le 15 una trentina di immigrati erano riusciti a salire sul tetto, forzando una delle grate in ferro posizionate sul soffitto di una camerata della cosiddetta “zona blu” del Cie, una delle due sezioni in cui è suddivisa la struttura. Nell’occasione 9 i clandestini riusciti a dileguarsi nella campagna retrostante mentre una decina erano stati ripresi dalle forze dell’ordine proprio mentre si accingevano a scavalcare la recinzione perimetrale. Poche ore di calma apparente e nuova iniziativa, stavolta con protagonisti una ventina di ospiti del Cie. Un piano di fuga pressoché identico al precedente quello scattato verso le 22, con gli immigrati riusciti a forzare un’altra grata di contenimento posizionata in una camerata. Sfruttando, stavolta, la copertura offerta dal buio, gli immigrati si sono appostati sul tetto della struttura attendendo il passaggio delle ronde delle forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza. Pochi secondi sono stati sufficienti a quattro immigrati per scavalcare il reticolato perimetrale del centro per immigrati di via Udine e dileguarsi nei campi mentre per una decina di altri ospiti il sogno di libertà si è infranto subito dopo la discesa dal tetto, bloccati dall’intervento della Polizia. Sono immediatamente partite le ricerche e i pattugliamenti nelle aree limitrofe al Cie che, nella notte, hanno consentito alle forze dell’ordine di individuare e identificare uno dei fuggiaschi nelle vicinanze della stazione ferroviaria di Sagrado. Un doppio tentativo di fuga che, stando a quanto si è potuto apprendere, non ha provocato feriti. All’origine delle due azioni messe in atto dagli immigrati ci sarebbe l’imminente avvio delle procedure di espatrio per diversi clandestini del Cie isontino. (ma.ce.)
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Mentre il Direttore del CIE di Gradisca rilascia questa INTERVISTA al periodico di “Connecting people” (il Consorzio che gestisce CIE e CARA) ecco cosa si mangia all’interno del Cent
GRADISCA E l’ evasione dal Cie finisce in diretta radio sul web. Con una nuova denuncia: «Ci hanno rinchiusi nelle celle nonostante sia proibito dalla Prefettura» L’ultima fuga dalla struttura immigrati di Gradisca, che ha visto 12 clandestini nordafricani riuscire ad eludere la sorveglianza e far disperdere le proprie tracce, è stata raccontata praticamente in diretta telefonica da un immigrato a radio Blackout, un network vicino alla galassia no-global. E successivamente il suo intervento è stato pubblicato in streaming su un sito internet. L’ospite del Cie di Gradisca, a cui mancavano pochi giorni per il rimpatrio, ha fatto esplodere la sua gioia per la fuga riuscita dei compagni di detenzione, raccontando alcuni particolari in più sulla sommossa. Dopo la rivolta interna culminata nel tentativo di fuga di una trentina di nordafricani e culminata nel ferimento di un algerino, la struttura per immigrati di via Udine si è dunque nuovamente confermata un autentico colabrodo da 17 milioni di euro. Approfittando del fatto che, per punizione, erano stati chiusi a chiave nelle celle – pare che questa misura fosse stata apertamente sconsigliata dalla Prefettura all’ente gestore della struttura – e che la porta non venisse aperta neanche per portare il cibo. Attorno alle 15 alcuni clandestini di etnia maghrebina si sono messi al lavoro per praticare un buco nel soffitto o comunque forzare, come ormai abitudine, una grata per poi raggiungere il tetto. Da lì hanno provato a scappare in 20: inizialmente ce l’hanno fatta in nove, ma successivamente altri tre nordafricani sono riusciti a scavalcare il muro e darsi alla macchia. «Sono contento per loro, questo è un posto di m…Ci passano il cibo sotto le porte, come i cani. Sto da dio a sapere che sono scappati da questo carcere di massima sicurezza». Che poi tanto inespugnabile non è: all’ex caserma Polonio si attende da oltre un anno l’intervento chiamato a rendere il centro di identificazione ed espulsione una struttura finalmente a prova di fughe e rivolte interne. (l.m.)
Dal Messaggero Veneto del 05/08/10
«Al Cie lavoriamo nel terrore»
GRADISCA. Il Cie di Gradisca «è un carcere a basso costo che utilizza una struttura totalmente inadeguata». Arriva dall’interno il nuovo allarme sul Centro di identificazione ed espulsione di via Udine e a lanciarlo è il personale dell’ente gestore della struttura (il consorzio cooperativistico trapanese “Connecting people”). Una vera e propria denuncia quella degli operatori, costretti a convivere quotidianamente con minacce e aggressioni. «Da luglio 2009 – ricordano i portavoce del personale adibito ai servizi interni del Cie – abbiamo subìto 15 aggressioni, in due casi estremamente gravi e la situazione non è migliorata. Siamo costretti a lavorare nel terrore, in una situazione di totale insicurezza, con telecamere spente e sensori a infrarossi fuori uso a seguito dei ripetuti tentativi di fuga. Molte delle paratie in vetro antisfondamento posizionate nelle camerate, poi, sono ormai sbriciolate, ma da settimane non vengono sostituite. Lavoriamo e viviamo con il fondato timore che possa succedere qualcosa di veramente grave». Personale che denuncia anche un sottodimensionamento delle presenze nei tre turni giornalieri. «Il giorno siamo in 5-6, la notte, il turno potenzialmente più pericoloso, capita spesso di operare in 3 persone. È vero, poi, che il regolamento interno prevede 6-7 persone per turno, ma quel documento risale ancora a quando la struttura era adibita a centro di accoglienza: il Cie è una cosa completamente diversa». Lamentale, sostengono gli operatori del Cie, più volte avanzate a Prefettura e Questura di Gorizia. «In concreto, purtroppo, è cambiato poco o nulla, la situazione resta insostenibile, anche perché gli immigrati ospiti del Cie, molti dei quali provenienti dal circuito carcerario, hanno capito che possono sfruttare a loro favore tale situazione». Cie di Gradisca dove, ieri, sono ripresi i trasferimenti. In mattinata, infatti, 5 clandestini sono stati dimessi con il foglio di via (l’invito ad abbandonare il paese entro 5 giorni) per decorrenza dei 6 mesi previsti come limite massimo per il trattenimento amministrativo mentre nel primo pomeriggio, scortati dalle forze dell’ordine, sono stati introdotti nella struttura altri 11, trasferiti da Cagliari a bordo di un volo charter. (ma.ce.)
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Clandestini in fuga dal Cie: diciannove sono ripresi
Gradisca GRADISCA. In 36 tentano la fuga, in 17 riescono a far perdere le proprie tracce. Dopo i nove nordafricani riusciti a scappare dalla struttura a inizio maggio nuova evasione di massa al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di via Udine, per giunta con la stessa dinamica. Stando alle prime ricostruzioni, il piano di fuga sarebbe scattato poco prima delle 3 di ieri mattina, quando gli immigrati clandestini hanno forzato una delle grate in ferro posizionate nell’atrio di una delle camere. Una volta aperto il varco, il rapido e agevole accesso al tetto della struttura, lo scavalcamento della prima recinzione e, dopo pochi metri, quello della recinzione esterna. Per 17 clandestini, come detto, tentativo riuscito mentre per altri 19 il sogno di libertà è stato vanificato dal repentino intervento delle forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza, riuscita a bloccarli proprio mentre questi si apprestavano a scavalcare la recinzione perimetrale della struttura. Tra i 17 fuggiaschi riusciti a dileguarsi nella campagna retrostante al Cie risulterebbe anche il tunisino che, dopo essersi reso protagonista di diversi atti di autolesionismo, lo scorso 8 maggio si era cucito la bocca con ago e filo reperiti in un magazzino della struttura, rendendo necessario il suo trasporto al pronto soccorso di Gorizia. Non ancora confermata, invece, la notizia che la fuga sarebbe partita da una camera che, in quel momento, ospitava ben 39 immigrati, di varie etnie, a fronte di una capienza predisposta di otto persone. (ma.ce.)
Dal Piccolo
21/05/10
In 40 salgono sui tetti del Cie, 17 fuggono
GRADISCA Rinchiusi in 40 in una stanza da otto, sono riusciti a fuggire dal Cie. È iniziata così la seconda evasione di massa dalla struttura per immigrati in appena due settimane. L’episodio si è verificato nella notte fra mercoledì e giovedì, attorno alle 3. Ancora una volta gli immigrati rinchiusi nel Cie – in larga parte tunisini – sono riusciti ad arrampicarsi sul tetto del complesso e a tentare la fuga lanciandosi oltre il muro di cinta, nel vuoto, da oltre 4 metri d’altezza: questa volta è andata bene a 17 di loro, riusciti a far perdere rapidamente le proprie tracce nella campagna circostante avvolta dall’oscurità. Le ricerche che ne sono seguite non hanno prodotto risultati. Più o meno altrettanti, 19, sono stati invece immediatamente ripresi dalle forze dell’ordine. Nella notte fra il 5 e 6 maggio erano riusciti a darsi alla macchia in nove. Ma questa volta, oltre che per i numeri, l’evasione è clamorosa anche per la ricostruzione che ne è stata fatta nel primo pomeriggio di ieri. Un folto gruppo di clandestini, sembra in tutto 39, di etnia maghrebina e apparsi particolarmente “caldi” nelle ore precedenti, sarebbe infatti stato rinchiuso in una stanza da appena 8 posti allo scopo di limitarne le velleità di rivolta e – chissà – le possibilità di fuga. E invece la scelta si è rivelata un’arma a doppio taglio. I nordafricani – altro fatto incredibile – sono riusciti a raggiungere il tetto forzando la stessa, medesima grata utilizzata nella fuga di due settimane prima. Si tratta di un pertugio collocato in una sorta di atrio d’ingresso della cella vera e propria. Quella grata l’hanno forzata facendo leva tutti assieme, a turno, probabilmente anche grazie a qualche spranga nascosta con cura nella stanza. A quel punto, hanno agevolmente avuto accesso al tetto della struttura e hanno potuto portarsi in un attimo davanti all’ultima barriera, lasciandosi andare nel vuoto prima di correre a perdifiato nella notte. Fra loro anche l’immigrato che nei giorni scorsi si era cucito per protesta la bocca con ago e filo, venendo ricoverato d’urgenza al nosocomio goriziano. A differenza di altre occasioni, nessuno ha rimediato conseguenza nel volo oltre il muro di cinta. Solo l’immediato intervento della vigilanza, invece, ha scongiurato un’evasione più massiccia. «Essere riusciti a riprenderne la metà è già un ottimo risultato per come si era messa la situazione», riflette il segretario provinciale del Sap, Angelo Obit. Che pone l’accento sulle responsabilità dell’ente gestore, il consorzio Connecting People: «Non solo la scelta di rinchiudere 40 immigrati in una stanza da otto persone si è rivelata un autogol, anche perchè il tutto è avvenuto nello stesso atrio di due settimane prima – afferma – ma la decisione non era neppure stata comunicata al personale deputato alla sorveglianza esterna. Solo la prontezza delle forze dell’ordine ha limitato i danni: bloccare tutti i fuggitivi sarebbe stato fisicamente impossibile». (l.m.)
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di LUIGI MURCIANO GRADISCA Cie-groviera, terza fuga in pochi giorni al centro immigrati di Gradisca. E i lavori che dovrebbero scongiurarle latitano da un anno. A soli tre giorni dalla maxi-evasione di 17 clandestini, l’altra notte il copione dietro il muro della ex Polonio si è ripetuto. Questa volta sono riusciti a darsi alla macchia in sette, tutti nordafricani, mentrte 14 sono stati ripresi dalla forze dell’ordine subito allertate. Le modalità più o meno sono sempre le stesse: viene forzata una grata nell’atrio della stanza, si accede al tetto, e da quel punto scavalcare le barriere e fare un volo di quattro metri prima di dileguarsi nella campagna circostante borgo Trevisan è un gioco da ragazzi. Possibile che una struttura costata ai contribuenti 17 milioni di euro sia così vulnerabile? Secondo Angelo Obit, segretario del Sap – il sindacato autonomo di Polizia – la situazione è gravissima. Non bastavano le mille tensioni interne, le continue sommosse, gli operatori della Connecting People tenuti praticamente in ostaggio dai clandestini, la totale anarchia di alcuni padiglioni della struttura. Ora si prospetta un’estate di fughe continue. «Tutti da piccoli abbiamo giocato a guardie e ladri – sorride amaro Obit – ma nessuno di noi pensava, in età adulta, di dover anche rincorrere il clandestino arrampicatore in fuga. È lo sport che sta prendendo piede al Cie. La realtà – prosegue – invece vede una struttura che opera con una riduzione del 36% rispetto alla capienza ufficiale e con i sistemi di sicurezza accecati, con “leggerezze” nella gestione da parte di qualcuno che invece dovrebbe coadiuvare le Forze dell’ordine e con barriere che non si è ancora fatto nulla per rendere invalicabili». «Siamo al paradosso – denuncia Obit – quelle barriere si scavalcano al massimo in sette secondi. Nel frattempo gli operatori delle forze di polizia in servizio nella parte più esterna della struttura cercano di bloccare quanti più fuggitivi possono, ma è fisicamente impossibile quando i numeri sono elevati». Eppure è da mesi che il Sindacato autonomo di polizia suggerisce di alzare le barriere rivestendole internamente di plexiglass così da non consentire il loro scavalcamento. «In alternativa, internamente, prima delle barriere potrebbe essere scavato un fossato da rivestirsi in gomma così da evitare che qualcuno si faccia male». Ma c’è anche di peggio. I lavori di ripristino dei sistemi anti fuga sono congelati da oltre un anno. L’iter mancherebbe dell’approvazione del Capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno, a causa del trasferimento del prefetto Mario Morcone a direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità. Insomma, a Roma non c’è più chi decide. Obit prosegue: «Forse si sta aspettando che qualcuno si faccia veramente male per prendere atto delle condizioni del Cie?» e rilancia: «Perché non si pensa ad utilizzare la struttura interamente come Cara, specializzandolo nell’accoglienza dei richiedenti asilo?».
Dal Messaggero Veneto del 24/05/10
Cie colabrodo , altri sette clandestini in fuga
GRADISCA. Sette fuggiti, 14 ripresi, di cui 5 mentre cercavano di dileguarsi nella campagna limitrofa. È il bilancio dell’ultima fuga di massa dal Cie di Gradisca, la terza negli ultimi 10 giorni, che ha fatto salire a 33 il numero degli immigrati clandestini riusciti a far perdere le proprie tracce. Coinvolti, stavolta, quasi una quarantina di extracomunitari irregolari che, intorno alle 18.45 di sabato, sono riusciti a guadagnare il tetto della struttura di via Udine adottando la stessa strategia dei precedenti tentativi, ovvero arrampicandosi nell’atrio di una stanza e forzando una grata posizionata a protezione del soffitto. Dalla copertura della struttura in 21 sono riusciti a saltare la prima inferriata e raggiungere la recinzione perimetrale del Cie, ultimo ostacolo prima della libertà superato da 12 immigrati. Immediato, però, l’intervento delle forze dell’ordine che sono riuscite a bloccarne 14 proprio mentre si accingevano a scavalcare la recinzione. Reazione tempestiva che ha fatto desistere una ventina di clandestini, che hanno preferito rinunciare e rientrare dal tetto nelle loro stanze. Immediate anche le perlustrazioni da parte delle forze dell’ordine nella campagna limitrofa che, nel giro di pochi minuti, ha consentito la cattura di altri 5 extracomunitari. Una fuga, al di là dei numeri, arrivata a confermare la fragilità del sistema anti-evasione della struttura di via Udine, come ha ricordato in una nota la segreteria provinciale del Sap (Sindacato autonomo di Polizia). «Tutti, da piccoli, abbiamo giocato a guardie e ladri, ma nessuno di noi pensava, in età adulta, di dover anche rincorrere il clandestino arrampicatore in fuga. È lo sport che sta prendendo piede al Cie di Gradisca, che qualcuno ancora definisce struttura per il trattenimento. La realtà, invece, vede una struttura che opera con una riduzione del 36% rispetto alla capienza ufficiale e con i sistemi di sicurezza accecati, con “leggerezze” nella gestione e con barriere che non si è ancora fatto nulla per renderle invalicabili. Il risultato è chiaro agli immigrati temporaneamente ospitati nella struttura i quali, senza nemmeno troppo ardire, tentano la fuga. Come? Traendo beneficio dall’assenza di correttivi efficaci o da inspiegabili “errori umani”: salgono sui tetti per poi lanciarsi direttamente su uno dei lati e raggiungere così le barriere per scavalcarle, e siamo al paradosso, in massimo sette secondi. Nel frattempo gli operatori delle forze di Polizia in servizio nella parte più esterna della struttura ne trattengono quanti possono, guardando altri andarsene. È da mesi che il Sap suggerisce di alzare le barriere, rivestendole internamente di plexiglass, così da non consentire il loro scavalcamento ma nulla è stato fatto anche per ripristinare il sistema anti-intrusione, le telecamere non funzionanti e la revisione delle altre». (ma.ce.)
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☆ Venerdì 11 Giugno ore 20.30, assemblea pubblica a Genova e presentazione del corteo con alcuni promotori, presso il Circolo Autorità Portuale (CAP) di Genova, via Albertazzi – Di Negro, di fronte alla caserma dei vigili del fuoco.
☆ Sabato 19 Giugno ore 15.30, corteo nazionale a Modena contro i Centri di Identificazione ed Espulsione, concentramento al parcheggio sul retro della Stazione Ferroviaria di Modena. Per prenotare un posto sull’eventuale pullman che da Genova porterà a Modena scrivere a coord_anarchico [AT] libero [DOT] it
«Stasera a Ponte Galeria due ragazzi algerini hanno tentato di impiccarsi perché domani verranno deportati.» Roma, Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria, 7 giugno 2010. Ceuta e Melilla, Lampedusa, c.so Brunelleschi, Ponte Galeria, Vincennes, Gradisca d’Isonzo, Rosarno, via Corelli [1, 2], Triboniano [1, 2]. Nomi che richiamano tragedie. O nomi che richiamano rivolte, evasioni. Momenti drammatici, ma anche momenti di lotta, di dignità, di libertà. Momenti eclatanti, momenti in cui la banalità e la normalità dell’orrore fanno scandalo, rompono il velo del silenzio quotidiano.
Corteo contro il Cie, tensione sei ore di assedio. Una denuncia
Corteo anti-Cie: 400 manifestanti paralizzano il centro storico. Rabbia e proteste dei commercianti, esplode la polemica. Atti di teppismo degli anarchici: Giovanardi e la Misericordia nel mirino. Negozi chiusi, fumogeni, muri imbrattati LEGGIUno studene organizzatore denunciato dalla polizia
di Daniele Murino
MODENA. Due pullman perquisiti, muri imbrattati, e traffico paralizzato. Ma anche caschi, bastoni e fumogeni. E poi telecamere divelte, insulti e vetrine assaltate. E’ questo il primo bilancio della protesta anarchica che ha sfilato ieri lungo le strade del centro storico di Modena.
Oltre 400 persone hanno preso parte al corteo che per più di sei ore ha sfilato fin sotto la Ghirlandina per chiedere la chiusura dei Cie, i centri di identificazione ed espilsione degli immigrati. Come previsto la protesta ha registrato diversi momenti di tensione ed è stata scortata lungo tutto il percorso da un cordone di agenti della polizia e dei carabinieri.
Il corteo, composto da gruppi dei centri sociali, gruppi antagonisti e anarchici provenienti da Bologna, Milano, Genova e Torino, è partito nel tardo poreggio da via Fanti, dietro la stazione ferroviaria, e alle 17 ha raggiunto via Attiraglio. Qui è stat fatta una breve sosta per permettere a una partecipante di rivolgersi ai residenti stranieri affacciati alle finestre di un condominio. La ragazza li ha incitati ripetutamente, attraverso gli autoparlanti, a ribellarsi contro una «politica della casa scellerata che la giunta modenese e la politica italiana gli riserva da anni». Il discorso, durato qualche minuto, è stato anche tradotto in arabo per una migliore comprensione. Lasciata via Attiraglio, la protesta ha superato il cavalcavia Mazzoni e si è diretta verso piazzale Natale Bruni dove sono iniziati i disordini.
Un dimostrante si è arrampicato sopra un cartelli stradale e con una scopa imbrattata di vernice ha oscurato l’obbiettivo delle telecamere di sorveglianza. Per coprire quest’azione sono stati accesi dei fumogeni. A risentire maggiormente del disagio è stato il traffico che è rimasto paralizzato per più di mezz’ora.
Dalla rotonda il corteo si è diretto verso viale Caduti di Guerra. Lungo la via che costeggia i giardini Ducali i dimostranti hanno urlato cori e slogan contro la lega, ma soprattutto contro Daniele Giovanardi. Secondo gli anarchici il presidente della misericordia sarebbe colpevole di una mala gestione del Cie di Modena. “Giovanardi assassino”, “Basta con i lager”, “Libertà per i reclusi”, sono alcuni degli slogan che i dimostranti hanno scritto sui muri del viale con delle bonbolette spray.
Alle 19 la manifestazione è giunta alle porte del centro storico per attraversare via Emilia Centro. Sullo sfondo di saracinesche abbassate e negozianti impauriti, i dimostranti hanno divelto alcune telecamere di sorveglianza.
Come sempre succede in questo tipo di manifestazioni, gli anarchici non hanno saputo resistere alla tentazione di assaltare alcune vetrine, segno del capitalismo, con vernice e uova marcie. A farne le spese: Benetton, Unicredit, Maxmara, Foot locker, Woolrich e Wind.
Alle 22 il corteo è arrivato al Cie in via La Marmora.
Corteo contro i Centri di Identificazione ed Espulsione Modena 19 giugno 2010
All’interno di un percorso di lotta che parte da lontano e che si è andato intensificando negli ultimi mesi qui a Modena e a Bologna, in Italia e in generale in Europa, con scioperi della fame, rivolte, fughe dei reclusi, e presidi, presenze nelle città, azioni di sostegno dei solidali, promuoviamo un corteo a Modena per il 19 giugno 2010
Contro i Cie, perché sono i lager odierni in cui vengono rinchiusi gli immigrati senza le carte in regola per vivere nei paesi dei ricchi. Contro le deportazioni, chiamate spudoratamente rimpatri. Contro la funzione di questi centri, che è quella di tenere sotto minaccia della privazione della libertà individui da annientare e rendere quindi disponibili per lavori da schiavi. Contro chi li gestisce, perché lucra sulla miseria, come la Croce Rossa e la Misericordia che si presentano dissimulati sotto un’aurea caritatevole o le Cooperative della Lega Coop che si spacciano come promotrici della mutualità e della solidarietà. Contro tutte le aziende che si arricchiscono con appalti per fornire servizi all’interno come la Concerta spa e la Sodexo. Contro tutti gli uomini in divisa che, nell’adempimento del loro “dovere” di carcerieri, nei Cie massacrano e stuprano. Contro il Cie di Modena, gestito dalla Misericordia di Daniele Giovanardi che, attraverso i suoi metodi da piccolo dittatore fatti di propaganda da un lato e asservimenti, soprusi, divieti, restrizioni e isolamento praticati sui reclusi dall’altro, sperimenta un modello esemplare per altri Cie in Italia. Contro Frontex, l’agenzia che gestisce e organizza le deportazioni per i paesi europei e controlla le frontiere. Contro la propaganda razzista. Contro il silenzio complice dei “bravi cittadini”.
Insieme a chi brucia i Centri di detenzione. Insieme ai rivoltosi di Rosarno. Insieme a chi non si arrende e lotta con i mezzi che ha a disposizione: rivolte, scioperi e fughe. Insieme a chi non gira la testa dall’altra parte.
EFFETTO DELL’INCHIESTA ”GRANDI EVENTI” SUGLI APPALTI CON PROCEDURA D’URGENZA Il Piccolo 11 giugno 2010
Bloccati i lavori al Cie di Gradisca
Fermi gli interventi da un milione di euro per ripristinare le misure anti-evasione
di LUIGI MURCIANO
GRADISCA L’inchiesta sui “grandi eventi” blocca i lavori di ripristino della sicurezza al Cie. Vi sarebbero anche le indagini avviate su scala nazionale per i famigerati appalti assegnati con procedura d’urgenza fra le cause dell’ennesimo rinvio all’intervento chiamato a rendere il centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo una struttura finalmente a prova di fughe e rivolte interne. E riparare danni che dal 2006 a oggi ammontano a oltre 1 milione di euro. Un restyling, insomma, che dell’urgenza aveva tutte le caratteristiche: ma che all’ex Polonio è atteso ormai da un anno, ovvero da quando – a seguito di una sommossa particolarmente pesante – venne messo totalmente fuori uso il sistema antifuga ad infrarossi. Quello che, per intenderci, aiuta le forze dell’ordine ad intervenire in pochi secondi in caso di tentativi di evasione. Ma l’intervento di ripristino dei sistemi di sicurezza avrebbe previsto anche altre migliorìe al Cie: su tutte la ricollocazione dei cosiddetti offendicula, la sezione ricurva in ferro inizialmente posizionata in cima alle recinzioni e rimossa nel corso del 2007 sulla base delle indicazioni fornite dall’allora commissione ministeriale De Mistura, che ne chiese l’eliminazione per ragioni «umanitarie». Terzo e ultimo intervento previsto, il potenziamento del sistema di telecamere a circuito chiuso, essenziali per la sorveglianza. Ebbene, niente di tutto questo è ancora avvenuto. E l’impressione è che i lavori, che sembravano imminenti – il loro avvio era addirittura stato annunciato per maggio – siano frenati da cause ben diverse che non la semplice mancanza di risorse o, peggio, di volontà di ripristinare la sicurezza. Stando a fondate indiscrezioni, infatti, l’indagine sugli appalti d’urgenza avviata dalle Procure di Perugia e Firenze avrebbe consigliato un «congelamento» delle operazioni. Nulla di torbido, per carità. Di fatto il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale, l’ente che supervisiona il funzionamento dei centri immigrati italiani, ha recentemente vissuto un passaggio di consegne fra i prefetti Mario Morcone e Angela Pria e quest’ultima avrebbe prudentemente deciso di non dare il suo placet alla procedura d’urgenza prevista dal suo predecessore per evitare equivoci. Si procederà dunque con un bando europeo che potrebbe essere definito entro l’estate. Al termine del maquillage la capienza potrebbe anche essere riportata da 198 alla sua effettiva capacità di 240 posti. Va anche detto che in realtà qualche intervento al Cie in queste settimane c’è comunque stato. Per la prima volta è stato installato un dispositivo a raggi x per la scannerizzazione della posta che ogni giorno viene inviata al Cie. Ancora fresco è il ricordo dell’esplosione del 22 dicembre scorso, quando un pacco preso in consegna dal direttore del centro, Luigi Dal Ciello, deflagrò senza causare fortunatamente feriti. Altri lavori di semplice manutenzione stanno interessando le stanze dalle quali gli immigrati hanno tentato le fughe più recenti, forzandone le grate. A maggio erano state tre le evasioni in neanche dieci giorni per un totale di 33 clandestini datisi con successo alla macchia. Intanto al Cie l’atmosfera rimane sempre piuttosto tesa: secondo alcuni tam tam i clandestini avrebbero nuovamente protestato per il cibo minacciando un nuovo sciopero della fame. Un immigrato avrebbe anche tentato un’evasione solitaria, affidando al web le immagini di un presunto pestaggio. L’episodio è stato categoricamente smentito dalle forze dell’ordine, così come è stata smentita la notizia secondo cui gli immigrati sarebbero stati divisi fra coloro che parlano l’italiano e coloro che non lo parlano, in maniera da isolare i primi ed evitare pericolosi contatti con l’esterno: vedi l’elaborazione di piani di fuga e la sospetta introduzione di droga al Cie. L’ente gestore, il consorzio siciliano Conncecting People, sarebbe infine stato richiamato a non rinchiudere più immigrati del consentito in una sola stanza, come era avvenuto in occasione della più recente e clamorosa evasione di maggio.
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di LUIGI MURCIANO GRADISCA Nuovo tentativo di evasione di massa dal Cie di Gradisca. Dopo alcuni mesi di relativa tranquillità, nel centro immigrati di via Udine la tensione è nuovamente al limite. Una trentina di clandestini, in massima parte di etnia maghrebina, ha tentato di eludere la sorveglianza per darsi alla macchia. Per tre di loro il tentativo di evasione stava peraltro andando a buon fine, salvo venire ripresi in un batter d’occhio dai militari e forze dell’ordine che presidiano la struttura. L’episodio si è verificato attorno alle 15.30, quando un gruppo di immigrati è riuscito a praticare dei tagli nelle reti di contenimento che delimitano il campetto da calcio del Cie. Apertisi quel varco, i fuggitivi sono riusciti a scavalcare sia la prima che la seconda inferriata finendo in una zona solitamente abbandonata e quindi poco presidiata che dà sulla regionale 305 (via Udine). Ad ogni modo l’allarme fra operatori e personale di sorveglianza è scattato immediatamente e solo per tre dei nordafricani l’illusione della libertà è durata appena qualche minuto in più. A quel poco che si è potuto apprendere, la maggioranza dei fuggitivi è ospitata nella cosiddetta «zona blu» del Cie, la più interna delle tre ali che compongono la struttura, e dove solitamente vengono sistemati gli arrivi più recenti o gli ospiti eventualmente ritenuti più a rischio. Nel centro attualmente sono ospitate 178 persone. La quasi totalità delle quali proviene ormai da carceri con alle spalle anche precedenti di una certa gravità. Di fatto il Cie gradiscano si sta specializzando nella detenzione amministrativa di questa tipologia di immigrati e ciò sta comportando un notevole incremento della tensione interna. Lo confermano anche molti operatori, che denunciano le durissime condizioni di lavoro. Minacce, insulti e sputi – e talvolta anche il lancio di oggetti contundenti – sono ormai una routine per i dipendenti della Connecting People, il consorzio siciliano che gestisce la struttura. Qualsiasi pretesto è buono per tenere in scacco gli operatori, dalla qualità del cibo, alle visite mediche richieste in continuazione per strappare un ricovero ospedaliero e tentare più facilmente la fuga, alla somministrazione di psicofarmaci. Provocazioni su provocazioni alle quali gli operatori rispondono con grande sangue freddo, scongiurando guai ben peggiori. Ma all’interno se non è anarchia poco ci manca. Non si contano poi gli atti di autolesionismo. Tanti gli ospiti tossicodipendenti. Ed è un grave problema che, più o meno sporadicamente, anche la droga riesca ad entrare al Cie. Lo stupefacente in qualche modo è arrivato a qualche ospite e si sta cercando di capire di chi siano le responsabilità.
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Interrogazione in Provincia sulla sorte di Said Stati
Gradisca GRADISCA. E’ approdata ieri in consiglio provinciale la vicenda di Said Stati, il cittadino marocchino che rischia l’espulsione dopo vent’anni di permanenza in Italia. Il consigliere indipendente del gruppo Prc/Se, Alessandro Perrone, ha interrogato infatti il presidente della Provincia, Enrico Gherghetta, sulle condizioni di salute di Stati, attualmente trattenuto al Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca in base alle norme contenute nel pacchetto sicurezza recentemente varato dal governo. Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre scorso, a seguito di una rivolta scoppiata all’interno della struttura gradiscana, Stati era stato messo in isolamento in una stanza «senza riscaldamento né letto – denuncia Perrone -. Avendo protestato con veemenza per il trattamento subito, è stato violentemente percosso da sei poliziotti, svenendo e risvegliandosi nell’infermeria del Cie stesso». Il cittadino marocchino – residente a Gavardo (in provincia di Brescia) con la moglie, due figli, i genitori e i suoi sei fratelli – aveva prontamente denunciato l’accaduto, senza però poter identificare i militari in quanto «resisi irriconoscibili dalle visiere calate – ha spiegato nella sua interrogazione il consigliere -. Ciò nonostante, Stati era stato a sua volta denunciato per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale, fatto per il quale l’unico testimone oculare è stato rilasciato pochi giorni or sono avendo terminato i sei mesi nella struttura di Gradisca». Lo studio legale che cura gli interessi di Stati ha più volte avanzato alla Questura richiesta di nullaosta per un permesso di soggiorno per motivi di giustizia «senza ricevere risposta e rilevando però che la posizione processuale diviene sempre più grave a fronte di indagini che lo colpevolizzano», ha accusato Perrone. (c.s.)
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GRADISCA Prima si provoca dei tagli per attirare l’attenzione su di sé e farsi dare dei calmanti, poi scappa dal Cie. Protagonista dell’episodio di autolesionismo e della fuga è un cittadino tunisino trattenuto da circa un mese al Centro di identificazione ed espulsione di via Udine. Il nordafricano è scappato sabato sera poco dopo le 23. Trasferito nella struttura di Gradisca direttamente dal carcere di Verona, in più di un’occasione l’uomo aveva dato in escandescenza. Tossicodipendente, chiedeva in continuazione farmaci per alleviare le crisi d’astinenza e, per averli, più di una volta non aveva esitato a ferirsi con lamette da barba o con frammenti di vetro. Per fermare l’emorragia, sabato il medico del centro di via Udine ha dovuto applicargli alcuni punti di sutura al polso. Il maghrebino è riuscito anche a farsi dare delle pillole calmanti, ma questo non gli ha impedito di tentare la fuga. Il nordafricano è scappato approfittando di una porta già sfondata la scorsa settimana da altri ospiti del Cie. Nell’occasione il gruppo aveva forzato la porta dello spogliatoio del personale per raggiungere attraverso le finestre il piazzale del centro. L’evasione si era però interrotta nel posteggio rivelandosi più un atto dimostrativo che una vera e propria fuga. Una volta nel parcheggio il tunisino è invece riuscito a raggiungere la recinzione esterna e a scavalcare le sbarre del retro facendo perdere le proprie tracce. (s.b.)
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