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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
I Cie non possono che produrre frustrazione e rabbia di chi vi è rinchiuso e perciò violenza verso chi la gestisce…i CIE vanno chiusi!!!!
Dal Piccolo del 05/10/10
Al Cie di Gradisca 15 aggressioni in un anno operatori terrorizzati
GRADISCA Quindici aggressioni in un anno. In alcuni casi molto gravi, culminate con un ricovero in ospedale. E un lavoro portato avanti in condizioni psicologiche difficilissime, continuamente in preda a minacce e ritorsioni da parte degli ospiti della struttura. «Abbiamo il terrore di andare al lavoro»: la denuncia viene dagli operatori della Connecting People, il consorzio siciliano che dal 2008 gestisce il Cie (e successivamente il Cara), al termine dell’ennesima estate di passione. Le rivolte di agosto sono solo i casi più eclatanti, ma è la quotidianità l’incubo dei dipendenti. E così dopo quella delle forze di polizia arriva anche la denuncia degli operatori: «Così non possiamo più andare avanti. Senza dispositivi di sicurezza, sensori a infrarossi e telecamere è impossibile gestire la benchè minima tensione. Ogni pretesto per gli ospiti è quello giusto per alzare la voce o le mani: il pasto, la richiesta di medicinali senza controllo medico, cosa che peraltro è assolutamente vietata ed evitata, le sigarette. Tanti cercano il ricovero in ospedale per tentare la fuga e si feriscono da sè». Fortunatamente, dopo le fughe di immigrati fatte registrare nelle ultime settimane, saranno rafforzate le misure di prevenzione e vigilanza al Cie. Lo ha deciso il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza presieduto dal Prefetto di Gorizia, Maria Augusta Marrosu, e lo aveva ufficializzato in un summit a Gradisca lo stesso assessore regionale alla Sicurezza, Federica Seganti. Dopo aver ottenuto il via libera dal Viminale, la Prefettura sta completando le procedure per l’affidamento dei lavori di potenziamento delle difese passive della struttura gradiscana. In passato gli operatori avevano posto l’accento anche sulla carenza di personale. «Di giorno siamo al massimo in 6 ma la notte, il turno potenzialmente più pericoloso, capita spesso di operare anche soltanto in 3». Un organico che risale ancora alla fase in cui la struttura era stata adibita a Centro di prima accoglienza per fare fronte all’emergenza-Lampedusa. «Ma ora la situazione è completamente mutata. Senza forze dell’ordine saremmo perduti. Più volte Prefettura e Questura sono state sensibilizzate, ma non è cambiato nulla». Negli ultimi 12 mesi è netto in tutta la Penisola l’aumento delle proteste e dei tentativi di evasione dai Cie. Decisiva l’entrata in vigore della Legge 94 del 15 luglio 2009 che portato da 60 a 180 giorni il termine massimo di permanenza per chi vi è trattenuto. Ospiti e reti di associazioni antirazziste lamentano nei Cie scarsa assistenza e informazione, sovraffollamento, degrado o inadeguatezza delle strutture, stato di “costrizione”, la convivenza forzata tra pregiudicati e incensurati, la spesso impossibile coabitazione tra persone provenienti da Paesi diversi: tutte condizioni aggravate dal caldo di questi mesi estivi.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
speriamo che scoppi!
Dal Piccolo del 07/10/10
«Un Cie pieno è una bomba a orologeria»
di LUIGI MURCIANO «Un’eventuale entrata a pieno regime del Cie di Gradisca significherebbe fare presto i conti con una bomba ad orologeria pronta ad esplodere». Non si nasconde dietro a un dito il segretario generale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) Nicola Tanzi, che ieri ha effettuato un sopralluogo nella struttura per immigrati di via Udine reduce dall’ennesima estate “bollente” fatta di rivolte ed evasioni di massa. Allo stato attuale il Cie ospita 136 immigrati (132 il vicino Cara), vale a dire poco più della metà della capienza reale di 250 posti. Una capienza “controllata” – l’altroieri 40 immigrati maghrebini sono stati trasferiti a Gradisca dal Cpa di Cagliari – proprio per evitare guai peggiori a una struttura in grave sofferenza. «Già le condizioni attuali sono precarie: portare il centro a pieno regime significherebbe fare i conti con una polveriera ingestibile». Accompagnato dal segretario nazionale Michele Dressadore, da quello regionale Olivo Comelli e da quello provinciale Angelo Obit, il segretario generale del Sap ha posto l’accento sulle criticità del Cie isontino. Criticità kafkiane al punto «che con le forze attuali gli agenti riescono a scongiurare la fuga di dieci immigrati mentre ne evadono altri venti». Carenza di dispositivi di sicurezza e di personale dunque non potranno più essere tollerati, anche se «con il senso di responsabilità che ci ha sempre distinti, non vogliamo nemmeno ipotizzare uno stato di agitazione o di sciopero». Tanzi ha confermato come i lavori di messa in sicurezza del Cie – dal ripristino delle camere di parcellizzazione alla collocazione di sbarre antifuga rivestite in plexiglass, dagli offendicula ai dispositivi a infrarossi e di videosorveglianza – siano ormai in fase di aggiudicazione. Potrebbero partire entro un mese. «Una notizia che il Sap attendeva da tempo – così Tanzi – perchè un potenziamento strutturale era ormai improprogabile. Rimane però il problema degli organici. Attualmente al Cie operano appena quattro agenti su cinque turni: venti persone nell’arco della giornata sono tecnicamente troppo poche per fare fronte alle mansioni di vigilanza, di compilazione dei registri di entrata e uscita, al controllo dei monitor. Servirebbero almeno 30 agenti sulle ventiquattr’ore. E meno male che c’è l’esercito a dare una grossa mano (22 i militari impiegati ndr). Così come non è accettabile – ha proseguito Tanzi – l’organico di agenti impiegati all’Ufficio immigrazione. Sono appena in 9 (secondo il Sap ne servirebbero poco meno del doppio ndr) e devono fare fronte alle complesse mansioni di identificazione sia al Cie che al Cara, oltre che provvedere agli accompagnamenti sobbarcandosi centinaia di chilometri al giorno. In questo caso è la normativa che andrebbe rivista. Infine, sono insufficienti i mezzi e gli equipaggiamenti a disposizione». Le istanze del Sap saranno notificate già quest’oggi al Dipartimento centrale della Polizia di Stato. E sebbene non sia stato detto apertamente, è facile immaginare che gli operatori di Ps temano che i lavori divengano un pretesto per porta re a pieno regime il Cie, anzichè colmare le lacune attuali. «La sicurezza del Cie è la sicurezza non solo degli agenti, ma degli stessi ospiti» ha spiegato Tanzi. Ben venga allora il ripristino delle camere di parcellizzazione (rimosse nel 2007 per una scelta che Tanzi evitando polemiche definisce «assai poco funzionale”) e della videosorveglianza. Ci è stato assicurato che i tempi saranno celeri». Durante i lavori – i cui costi e la cui aggiudicazione sono apparentemente secretati dal Viminale ma godono del sostegno economico della Regione Fvg- il Sap chiederà che non vi siano altri trasferimenti di immigrati a Gradisca, e che eventualmente gli ospiti presenti siano temporaneamente allocati altrove.
Dal Messaggero Veneto del 07/10/10
Il Sap: al Cie personale insufficiente «E una bomba pronta a esplodere»
GRADISCA D’ISONZO. Portato a piena capienza (250 posti) senza potenziamenti strutturali e ai sistemi di sicurezza, e senza il necessario incremento degli organici di polizia e del parco mezzi, il Cie (Centro d’identificazione ed espulsione) di Gradisca sarebbe «una bomba pronta a esplodere». Non ha usato giri di parole il segretario generale del Sap (Sindacato autonomo di polizia), Nicola Tanzi, per descrivere la situazione di assoluta criticità in cui versa la struttura per immigrati isontina. Un allarme lanciato ieri pomeriggio, subito dopo la sua prima visita ufficiale al complesso di via Udine (accompagnato dal segretario nazionale Michele Dressadore e dai responsabili sindacali di regione, Olivo Comelli, e provincia di Gorizia, Angelo Obit), dove sono state diverse le criticità riscontrate dal massimo esponente del Sap. «L’integrazione nel servizio di vigilanza dei militari si è rivelato semplicemente provvidenziale, ma il personale delle forze di polizia attualmente impiegato resta sottodimensionato, in maniera preoccupante direi. Quattro poliziotti per ognuno dei cinque turni giornalieri, come da disposizioni attuali, sono assolutamente insufficienti per espletare un servizio che comprende il controllo delle telecamere e la sorveglianza fisica della struttura. Sei agenti sarebbero il numero minimo. Lo stesso problema interessa l’ufficio immigrazione, dove sono attualmente impiegati nove poliziotti: ne servirebbero almeno 15 per compensare non soltanto le procedure amministrative, ma anche per colmare l’emorragia di personale determinata dagli accompagnamenti degli immigrati, sia alle frontiere sia in altri siti italiani, a cui l’ufficio è sistematicamente chiamato». Tanzi che, nell’annunciare che già questa mattina invierà al Dipartimento una dettagliata relazione sul Cie di Gradisca, accompagnata dalle richieste del Sap, ha aggiunto: «Nel Cie sono attualmente ospitati 136 immigrati, una capienza regimentata proprio in attesa dei lavori di adeguamento e potenziamento strutturale e dei sistemi di sicurezza che, ci è stato garantito, dovrebbero partire entro un mese. Interventi, di cui non ci è stato comunicato l’importo economico, che porteranno al ripristino delle cosiddette celle di parcellizzazione del cortile esterno, evitando così pericolosi ammassamenti, all’innalzamento delle recinzioni e, come già successo alla struttura di Cagliari, al loro rivestimento con appositi pannelli di plexiglas. A Gradisca, lo si è visto, fuggire è diventato troppo facile e tale situazione comporta rischi inaccettabili, tanto per le forze di polizia quanto per gli immigrati. La politica di umanizzazione dei centri voluta nel 2007 dalla Commissione interministeriali De Mistura? Rimuovere sbarre e parte delle recinzioni, lo si è visto, non è stata una decisione funzionale alla realtà dei Cie». Fra le altre richieste che il Sap presenterà, indicandole come «assolutamente necessarie», al Dipartimento anche l’innalzamento delle garitte, un vestiario di servizio adeguato alle specifiche del servizio quotidianamente svolto dal personale di polizia al Cie e mezzi adeguati. Marco Ceci
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Messaggero Veneto del 20/10/10
Cie, interventi da 1,6 milioni
GRADISCA. È fissata per il 28 ottobre l’apertura delle buste contenenti le offerte relative al bando di gara per l’appalto dei lavori di adeguamento e potenziamento della sicurezza nel Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di via Udine. Interventi di natura edile, in primis il ripristino degli “offendicula” (le sezioni con spuntoni ricurvi) in cima alle recinzioni, ed elettronica, con il previsto aggiornamento dei vari sistemi di telecamere a circuito chiuso e di rilevamento a infrarossi: per un importo complessivo che sarebbe di circa 1 milione 600 mila euro. Un preventivo rigorosamente non confermato dalla Prefettura di Gorizia, ente appaltante dei lavori, anche se le specifiche dell’intervento sono già state rese note nelle scorse settimane dall’assessore regionale alla sicurezza, Federica Seganti, nel corso della tavola rotonda svoltasi a Gradisca proprio sui temi inerenti al Cie e al Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo): innalzamento delle recinzioni e rivestimento delle stesse, almeno nei tratti di maggior criticità, con appositi pannelli in plexiglas per privare di punti d’appoggio i fuggitivi, ripristino delle cosiddette gabbie di parcellizzazione (le paratie divisorie che consentono di parzializzare l’uscita degli immigrati nel cortile esterno), implemento del numero delle telecamere interne e utilizzo di apparecchiature in grado di offrire una risoluzione d’immagine superiore, adozione di sensori e sistemi di rilevamento a infrarossi di ultima generazione. Di fatto una bocciatura integrale della cosiddetta politica di umanizzazione dei centri per immigrati italiani voluta nel 2007 dalla commissione interministeriale guidata al tempo dall’ambasciatore Onu Staffan de Mistura, che portò alla rimozione di diverse specifiche tecniche contenitive della strutture. Un procedura “ristretta” quella decisa dalla Prefettura di Gorizia per appaltare i lavori al Cie di Gradisca e al cui bando, fino a ora, si sarebbero presentate già quatro ditte. La scadenza del 28 ottobre, tuttavia, lascia intendere come già a novembre potrebbe partire l’intervento alla struttura isontina. Lavori che, salvo nuove disposizioni, consentiranno di “sbloccare” la capacità del Cie di via Udine che, una volta messo in sicurezza, dovrebbe andare a pieno regime, con la capienza complessiva che salirebbe dagli attuali 195 a 248 posti. A ieri, invece, erano ospitati nella struttura poco meno di 120 ospiti dopo l’uscita, nella mattina di lunedì, di una quindicina di immigrati: tra questi cinque i rimpatriati mentre gli altri dieci sono stati trasferiti in altre strutture. È tornato al lavoro già nello scorso fine settimana, infine, l’operatore che a fine luglio era stato denunciato per favoreggiamento (e di conseguenza sospeso) in occasione della fuga di un immigrato del Cie dall’ambulanza, che lo stava trasportando al pronto soccorso di Gorizia. Dopo la denuncia da parte delle forze dell’ordine, per l’uomo è stata disposta l’archiviazione del procedimento e il suo reintegro in organico, anche se con dirottamento al Cara. Stessa sorte potrebbe toccare all’operatore algerino, anche lui denunciato per favoreggiamento, ma, in questo caso, per aver ritardato la chiusura dei cancelli di uno dei due campetti di calcio presenti all’interno della struttura in occasione della fuga di massa del 15 agosto scorso. Marco Cec
Messaggero Veneto del 16/10/10
Siulp: dimezzare gli ospiti del Cie
GRADISCA. Si è parlato della carenza numerica dell’organico di polizia in provincia di Gorizia, problema legato anche e soprattutto all’“ingombrante” presenza del Cie, nel corso dell’assemblea che ha visto protagonista l’altra mattina alla caserma Massarelli di Gorizia il segretario generale del Siulp, il Sindacato unitario dei lavoratori di polizia, Felice Romano, impegnato proprio in questi giorni in un giro di assemblee in tutta Italia per illustrare i contenuti del contratto di lavoro e della previdenza complementare. Proprio la questione del Centro immigrati di Gradisca è stata in primo piano nell’ambito della riunione con Romano. Preoccupa l’insufficienza numerica dell’organico: Romano ha convenuto sul fatto che la provincia di Gorizia sia in estrema difficoltà a gestire quello che è il secondo Cie in Italia per dimensioni e che paradossalmente è ubicato in una cittadina di 6 mila abitanti mentre gli altri Centri per immigrati, che pure sono più piccoli, sono collocati in grandi città che così ne possono assorbire meglio la presenza “ingombrante”. «In questo modo – è il concetto evidenziato nell’incontro con il segretario generale del Siulp – è impossibile gestire la situazione con il numero attuale di agenti. Si rischia infatti di impoverire in maniera evidente il presidio sul territorio. La Questura di Gorizia fa fatica a reggere questa situazione». Nell’ambito dell’assemblea con il segretario generale è stata ribadita dal Siulp la necessità di ridurre significativamente il numero di ospiti del Cie gradiscano, «il numero di immigrati nella struttura – è stato auspicato – andrebbe almeno dimezzato». In questo modo secondo il Siulp sarebbe possibile poi gestire meglio il controllo del territorio. Al momento, peraltro, non sono attesi potenziamenti dell’organico.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal piccolo del 26/08/10
Disordini al Cie Aggrediti gli operatori
GRADISCA Ancora tensione alta al Cie. Dopo la recente evasione di massa – poi in parte rientrata con il fermo di gran parte dei fuggitivi – ogni pretesto è sufficiente a scatenare episodi di ribellione o di autolesionismo fra gli ospiti della struttura. Secondo indiscrezioni gli animi si sarebbero scaldati qualche giorno fa ad ora di cena, per colpa del cibo che secondo gli immigrati sarebbe di qualità infima. Sono volati insulti, sputi, bottigliette di plastica e anche qualche ceffone nei confronti dei dipendenti della Connecting People, l’ente siciliano che gestisce il Cie all’ex Polonio. Operatori ed infermieri continuano a lavorare in una situazione di grande rischio per la propria incolumità. Dal web emerge anche la notizia che nelle scorse settimane si sarebbe verificato un episodio di autolesionismo particolarmente grave da parte di un non meglio identificato immigrato di etnia maghrebina, procuratosi diverse ferite all’addome per protestare contro le condizioni di vita nella struttura. Per lo stesso motivo molti suoi compagni avrebbero dato vita a uno sciopero della fame. Nei Cie italiani l’allerta rimane dunque massima. L’altra notte 30 migranti sono fuggiti dal Centro di identificazione ed espulsione di Trapani. E’ solo l’ultima di una serie di evasioni da diversi centri in Italia. Pochi giorni fa le fughe da Milano, Brindisi e – come noto – Gradisca. Il sottosegretario agli Interni, Mantovano ha affermato che «la colpa è delle strutture» annunciando l’apertura di nuovi Cie. (l.m.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
da Il Piccolo
Gli immigrati del centro hanno scatenato la rivolta dando alle fiamme dei materassi. Uno solo dei clandestini è stato ripreso, gli altri hanno seminato gli inseguitori nelle campagne circostanti
Ennesima fuga al Cie di Gradisca d’Isonzo. Ieri notte gli immigrati del centro hanno scatenato la rivolta dando alle fiamme dei materassi. Nove clandestini sono riusciti a fuggire e soltanto uno è stato ripreso, gli altri hanno seminato gli inseguitori nelle campagne circostanti.
Dal 2006 si sono verificate più di 150 evasioni dal centro, circa 70 sono avvenute dal maggio di quest’anno a oggi.
Per il sindacato autonomo di Polizia (Sap) di Gorizia “la fuga dei nove extracomunitari dal Cie di Gradisca è l’ennesima conferma che la struttura è inadeguata”. “Ancora – ha spiegato il sindacato – non si sono addottati semplici accorgimenti quali l’innalzamento dell’ultima barriera ricoprendola di plexiglas. Non ci vuole il genio della lampada per comprendere che le modalità di fuga sono sempre le stesse: azione diversiva (incendio), azione di massa (collettiva salita sui tetti) e scatto verso le barriere che comporta per molti, come ieri sera, la fuga”.
(28 agosto 2010)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Rassegna del 30/08/10
Da Il Piccolo
Nuova rivolta al Cie di Gradisca, sei militari feriti
di LUIGI MURCIANO GRADISCA Sei militari feriti, di cui tre in maniera piuttosto seria, due immigrati (un tunisino e un algerino) arrestati per violenza e resistenza, la centrale termica distrutta a sprangate. È il bilancio della seconda notte consecutiva di rivolta al Cie di Gradisca. Ma rispetto a venerdì, quando 9 immigrati erano riusciti a fuggire (uno poi era stato ripreso), la sommossa scoppiata sabato sera non è sfociata in un’evasione. Sventato dalla prontezza delle forze di vigilanza, il tentativo di fuga si è trasformato così in una ritorsione nei confronti delle forze dell’ordine che presidiano il centro immigrati. A farne le spese sei militari della brigata ”Ariete” di Pordenone che, assieme a carabinieri e agenti di polizia, svolgono servizio di controllo e vigilanza all’ex caserma Polonio. Uno di questi militari ha rimediato la frattura del metacarpo, un secondo è stato ferito dietro a un orecchio. Ferite medicate in ospedale anche per un terzo militare, altri tre hanno riportato solo leggere contusioni e escoriazioni. Una trentina di immigrati, armati di spranghe e altri corpi contundenti, era salita sul tetto del Cie poco dopo le 21.30. Nella loro protesta hanno distrutto la centrale termica della struttura, posta proprio sul tetto dell’edificio, causando importanti perdite d’acqua. L’ordine è stato ripristinato, a fatica, solo a tarda notte. Ieri parte gli ospiti, quelli della zona blu, i più esposti ai disordini, sono rimasti chiusi nelle loro stanze e lo saranno fino a nuovo ordine. Per due di loro invece la ”consegna” si è trasformata in arresto perché ritenuti tra i più attivi nella rivolta e per la violenza usata contro le forze dell’ordine. E le polemiche non si placano. Per il deputato Ivano Strizzolo (Pd), vicepresidente della commissione bicamerale Schengen e immigrazione «il Governo, alle prese con le beghe interne, sta trascurando i problemi della gestione della sicurezza nei Cie. Ancora una volta si sono verificati fatti gravissimi a causa della mancanza di uomini e di risorse per garantire la sicurezza e la dignità delle persone, sia per gli operatori che gestiscono il Centro sia per gli immigrati stessi». Strizzolo ha ricordato di «attendere da ottobre 2009» una risposta del ministro Maroni a un’interrogazione parlamentare sul tema del Cie di Gradisca. Nell’esprimere vicinanza e solidarietà ai militari, l’assessore regionale alla Sicurezza, Federica Seganti ribadisce: «A Roma conoscono il problema del Cie di Gradisca e la Regione è pronta a dare una mano. Bisogna entrare nell’ordine di idee che questa struttura non è più quella che fronteggiava, assieme agli altri Cie della penisola, l’emergenza dei clandestini sulle coste italiane. Oggi ospita immigrati con gravi precedenti in attesa di rimpatrio e pertanto anche dal punto di vista strutturale e regolamentare questo e altri centri hanno bisogno di decisioni che ne ripristino una funzione maggiormente detentiva». In stato di agitazione i sindacati di polizia. «Quanto avvenuto è il grave risultato dello stato della struttura – denuncia il Sap -. È cambiato solo il finale, con l’aggressione al personale dell’esercito in servizio. Il tutto con spranghe e oggetti co ntundenti facilmente reperiti all’interno. Il bilancio di sei feriti è allucinante. Ora – afferma Obit – è giunto il momento dell’azione con regole certe, una diminuzione degli spazi di libertà e la rimozione di tutti i pericoli e i punti deboli. La capienza va ulteriormente ridotta, fino a quando non sia possibile come in passato dividere all’interno i trattenuti, evitando che grosse concentrazioni foriere di azioni violente. Protesta anche il Siulp: «Non ci sono le risorse umane ed economiche che erano state assicurate, neppure per assicurarne la manutenzione e i sistemi di videosorveglianza». Il Siulp ha rivolto un appello al presidente della Regione, all’assessore regionale Seganti e ai sindaci perchè si facciano carico di sensibilizzare le istituzioni a livello centrale «prima che accada qualcosa di ben più grave»
Dal Messaggero Veneto
Gradisca, nuova rivolta al Cie: feriti 6 militari
GRADISCA. Sei militari della “Brigata Ariete” di Pordenone feriti, due immigrati magrebini arrestati per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. È il bilancio della seconda rivolta nel giro di appena 24 ore scoppiata, poco dopo le 21.30 di sabato, nel Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo. Un’azione, quella di cui si è resa protagonista un’ottantina di immigrati, che però presenta sostanziali differenze rispetto alle precedenti. Compresa quella che venerdì sera aveva portato alla fuga di 15 clandestini (sette dei quali ripresi nel giro di poche ore): stando alle prime ricostruzioni, infatti, si sarebbe trattato di una vera e propria aggressione, premeditata, alle forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza della struttura e non di disordini inscenati come diversivo per scavalcare le recinzioni. A confermarlo sarebbero sia i filmati del servizio di telecamere a circuito chiuso posizionate all’interno della struttura, che il “modus operandi” degli ospiti (circa un’ottantina, tutti confinati nella zona blu della struttura, una delle tre in cui è suddiviso il Cie) che, dopo aver trascinato alcuni materassi nel cortile interno, hanno appiccato un incendio per richiamare l’attenzione della vigilanza, composta da poliziotti, carabinieri e, appunto, militari della Brigata Ariete di Pordenone. A quel punto, una trentina di immigrati clandestini è riuscita a salire sui tetti del complesso dove, invece di tentare la fuga, ha preso di mira, devastandola, la struttura superiore della centrale termica, entrando in possesso di tubi di acciaio e altri oggetti contundenti. Un armamento di fortuna utilizzato, una volta scesi dai tetti, per affrontare le forze dell’ordine, nel frattempo entrate in assetto anti-sommossa nel perimetro interessato dalla rivolta. Pesante il bilancio degli scontri: tre militari feriti e tre contusi in modo più lieve. Ad avere la peggio un soldato che ha riportato la frattura del metacarpo della mano sinistra e dimesso dal pronto soccorso di Gorizia con una progonosi di 30 giorni. Per un collega, invece, ematoma e ferita dietro l’orecchio, con la Tac eseguita nel nosocomio isontino che ha però escluso ulteriori complicazioni. Per sedare la rivolta si è reso necessario l’intervento di rinforzi dalla Questura di Gorizia. La situazione è rientrata nella normalità solo verso le due di notte, quando tutti gli immigrati sono stati fatti tornare nelle camerate. Una volta visionati i video delle telecamere interne, la polizia ha provveduto all’arresto, con le accuse di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale, di un immigrato marocchino e di uno tunisino, ritenuti i capi della rivolta e già tra le menti dei disordini scoppiati 24 ore prima. I due, dopo avere resistito all’arresto, grazie anche all’intervento di altri ospiti della struttura, sono stati immediatamente trasferiti nella casa circondariale di via Barzellini a Gorizia, dove già oggi il magistrato valuterà la loro posizione. Per evitare nuovi disordini, la Prefettura ha disposto dalla prima mattinata di ieri il confinamento degli immigrati del Cie (al momento circa 180) nelle proprie stanze. Marco Ceci
Seganti: situazione non più sostenibile ora va rivista l organizzazione interna
GRADISCA. L’aggressione alle forze dell’ordine e il ferimento di 6 militari della “Brigata Ariete” «sono episodi che preoccupano e testimoniano la gravità di una situazione che non è più sostenibile». A prendere la parola dopo i nuovi disordini al Cie di Gradisca d’Isonzo è l’assessore regionale alla sicurezza, Federica Seganti, pronta a riconoscere come per la struttura isontina sia necessario «studiare nuove modalità operative e rivedere l’organizzazione interna stessa della struttura. La frequenza con cui il Cie di Gradisca è oggetto di disordini, inoltre, conferma l’esistenza di problematiche fisiologiche. Serve evidentemente un maggior isolamento all’interno della struttura e mixare maggiormente le provenienze, al fine di evitare che all’interno della struttura si creino gruppi organizzati della stessa etnia. Su questo aspetto in particolare stiamo lavorando con il Viminale, come del resto sull’alta percentuale di immigrati provenienti dal circuito carcerario che si registra a Gradisca d’Isonzo. Gente che, sapendo di poter essere rimpatriata, raggiunge livelli di aggressività difficilmente controllabili. L’ipotesi di aprire di nuovi Cie in Italia, anche in Veneto, può indubbiamente aiutare, portando a una maggior disponibilità di posti destinati ai clandestini da espellere e alla conseguente riduzione, evidentemente necessaria, di presenze nella struttura isontina ma il problema è oggi e bisogna affrontarlo concretamente nell’immediato». Tra le proposte da accogliere, secondo l’assessore regionale alla sicurezza, anche quelle a più riprese avanzate dai sindacati di polizia. «Alzare le recinzioni e ricoprirle con pannelli in plexiglas in modo da renderne più complicato lo scavalcamento sono proposte sensate, ma c’è un problema di burocrazia visto che tali interventi li stiamo attendendo da quasi due anni. Non una mancanza strutturale, tuttavia, ma una scelta sbagliata fatta in passato, quando il governo di centro-sinistra, nell’ambito della politica di umanizzazione dei centri, decise di togliere i cosiddetti offendicula, ovvero le sezioni ricurve posizionate in cima alle recinzioni. Umanizzazione che non ha portato benefici: la struttura di Gradisca era stata concepita e progettata diversamente». Sul ferimento dei 6 militari, invece, la Seganti è categorica: «Assistere all’aggressione e al ferimento di chi svolge il proprio dovere a servizio del Paese non è semplicemente tollerabile». Una rassicurazione, infine, al sindaco e alla cittadinanza gradiscana: «Capisco l’allarme lanciato dal sindaco Tommasini e la sua richiesta di aiuto a Stato e Regione. Molto è stato fatto, ma evidentemente non basta. Ci stiamo muovendo in accordo con il ministero dell’Interno e spero che già nei prossimi mesi vengano realizzati, o quantomeno appaltati, lavori destinati a incrementare la sicurezza, sia internamente al Cie sia esternamente». (ma.ce.
«Questo per mancanza di regole»
La denuncia del Sap GRADISCA. «Quanto avvenuto ieri al Cie di Gradisca è il grave risultato dello stato della struttura». A puntare il dito contro carenze strutturali e organizzative ormai insostenibili è la segreteria provinciale di Gorizia del Sindacato autonomo di polizia (Sap), che in una nota precisa anche come la tipologia della rivolta di sabato abbia evidenziato un nuovo obiettivo tra gli immigrati: «Si sono ripetuti i fatti della serata precedente con l’organizzazione di un diverso finale, l’aggressione al personale dell’Esercito italiano in servizio sul perimetro e la distruzione della centrale termica. Il tutto con spranghe e oggetti contundenti facilmente reperibili all’interno della struttura. Il bilancio, allucinante, è di sei militari feriti». Denuncia, quella del sindacato, accompagnata anche da una richiesta di regole certe. «La violenza, da qualsiasi parte provenga, non è mai giustificabile ma è chiaro che sia stata facilitata dall’assenza di regole e dalla permeabilità della struttura. È giunto il momento dell’azione con regole certe all’interno del Cie, una diminuzione e regolamentazione degli spazi di libertà e rimozione di tutti i pericoli e i punti deboli. La capienza va ulteriormente ridotta, fino a quando non sia possibile come in passato dividere all’interno i trattenuti, evitando che grosse concentrazioni di persone possano diventare foriere di azioni violente. Il Sap esprime tutta la propria solidarietà e vicinanza al personale dell’Esercito per l’aggressione subita da chi, non rispettando le regole, non accetta nemmeno che altri le facciano». Immagini degli incidenti verificatisi al Cie nella serata di venerdì, fotografate dagli stessi protagonisti della rivolta con telefoni cellulari (il regolamento ministeriale vieta ai clandestini il possesso di apparecchi dotati di video-fotocamera all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione), intanto, sono apparse ieri su Internet, in alcuni siti considerati “vicini” agli immigrati. (ma.ce.)
Rassegna del 29/08/10
Dal Messaggero Veneto
Otto clandestini in fuga dal Cie
GRADISCA. Solito copione: un gruppo d’immigrati inscena una rivolta appiccando il fuoco a tre materassi portati nel cortile esterno della zona notte e, mentre le forze dell’ordine si concentrano sull’incendio, altri clandestini riescono a scavalcare le recinzioni e fuggire. Un piano collaudato, quello messo in atto verso le 22 di venerdì da un’ottantina di clandestini ospiti del Cie di Gradisca e andato in porto per quindici di loro, che sono riusciti a dileguarsi nella campagna retrostante. Per sei di loro, tuttavia, la fuga è durata una manciata di minuti, quelli sufficienti alle volanti di carabinieri e polizia per intercettarli e riportarli all’interno della struttura di via Udine. Un settimo clandestino, invece, ha visto infrangersi i suoi sogni di libertà nella mattinata di ieri, quando, in prossimità della stazione ferroviaria di Sagrado, è stato identificato dalle forze dell’ordine e reintrodotto nel Cie. Nuovi disordini, come detto, scoppiati verso le 22 e, a quanto si è potuto apprendere, ancora una volta originati dall’imminente avvio di nuove procedure per il rimpatrio di alcuni clandestini. La prima scintilla della rivolta, in questo caso, è arrivata nella cosiddetta zona blu (la più ampia e affollata delle tre in cui è suddiviso il centro d’identificazione ed espulsione isontino), con una quarantina d’immigrati che hanno trascinato nel cortile esterno tre materassi, per poi accatastarli e incendiarli. Nel frattempo altrettanti immigrati sono riusciti a salire sui tetti del complesso e di lì a raggiungere le recinzioni esterne, anticipando l’azione di contenimento delle forze dell’ordine, per gran parte occupate a spegnere l’incendio e sedare la rivolta. Incendio prima contenuto e poi spento senza l’intervento dei pompieri, ma semplicemente utilizzando gli estintori d’emergenza in dotazione al servizio di vigilanza e agli operatori del centro. Disordini sedati definitivamente poco dopo l’1 di notte, quando i rivoltosi sono stati riaccompagnati nelle camerate e, con loro, anche i sei immigrati ripresi pochi minuti dopo la fuga. Stando a quanto riferito da fonti interne al Cie di via Udine, la struttura avrebbe riportato solamente danni irrisori, mentre non si hanno notizie di scontri o feriti nel corso dei disordini di venerdì notte. Nel tardo pomeriggio di ieri, tuttavia, all’interno della struttura la tensione è tornata a salire. (ma.ce.)
Il sindaco: è una struttura inadeguata
GRADISCA. «L’ennesima fuga non fa che confermare tutti i limiti della struttura. Auspichiamo un intervento in tempi rapidi, che permetta di adeguare gli spazi secondo le esigenze degli ospiti, degli operatori e delle forze di polizia, chiamati a operare in condizioni difficili». Sui disordini di venerdì notte è intervenuto il sindaco di Gradisca, Franco Tommasini, che nel ribadire come da parte di Prefettura e Questura di Gorizia ci sia sempre stata massima attenzione alla problematica gradiscana, ha ricordato come l’amministrazione comunale «ha più volte ribadito che le strutture del centro versano in condizioni precarie e necessitano di interventi ormai improcrastinabili». Per la segreteria provinciale del sindacato autonomo di polizia (Sap), invece, quanto successo venerdì «è l’ennesima conferma di quanto sia ormai inadeguata la struttura di Gradisca. Non si sono addottati semplici accorgimenti quali l’innalzamento dell’ultima recinzione, ricoprendola di plexiglas. Non ci vuole il genio della lampada per comprendere che le modalità di fuga sono sempre le stesse: azione diversiva (incendio), azione di massa (collettiva salita sui tetti) e scatto verso le barriere e fuga. Le soluzioni sono due: o si attuano i lavori che il Sap suggerisce da un biennio o si triplica il servizio di vigilanza. Terza opzione, che pare non si voglia considerare, quella di tramutare la struttura interamente in Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo, ndr) e non, come avvenuto in questi ultimi giorni, trasferirvi immigrati per alleggerire il Centro di Milano». Per l’onorevole Ivano Strizzolo (Pd), vicepresidente della commissione bicamerale Schengen e immigrazione «il Governo alle prese con le beghe interne al Centrodestra sta trascurando i problemi della gestione della sicurezza nei Cie». (ma.ce.)
Da Il Piccolo
Otto evasi nella notte dal Cie di Gradisca La Lega: detenzione, non più accoglienza
di LUIGI MURCIANO GRADISCA Ennesima nottata ad alta tensione al Cie di Gradisca: altri 8 immigrati – e fanno quasi una settantina da maggio a oggi, almeno 150 dal 2006 – sono riusciti a evadere nella tarda serata di venerdì dal centro immigrati al termine di una sommossa. E l’assessore regionale Federica Seganti (Lega) chiede che il Cie si trasformi in un carcere. Ad appena quattro anni dalla sua apertura, la credibilità del Cie vacilla in maniera evidente. Evasioni, incendi, episodi di autolesionismo, operatori costantemente minacciati, sgarri tra diverse etnie costrette a convivere. E danni stimati per almeno un milione di euro, tanto che la capienza è stata ridotta ben al di sotto di quella ufficiale (240 posti) perchè molti locali sono inagibili dopo le continue sommosse. I sistemi antifuga a infrarossi e per la videosorveglianza sono andati praticamente distrutti nell’estate 2009 e mai ripristinati totalmente. LA DINAMICA L’allarme è scattato poco dopo le 22, quando un gruppo di clandestini, in massima parte di etnia maghrebina, si è impossessato della “zona blu” appiccando il fuoco ai materassi delle stanze. Approfittando del marasma molti immigrati – secondo una prima ricostruzione un’ottantina – hanno raggiunto la “zona rossa” e quindi raggiunto il tetto della struttura. In 15 sono scattati verso le le barriere lanciandosi nel vuoto. Solamente 7 sono stati ripresi. A polizia, carabinieri e militari che presidiano il perimetro esterno sono servite quasi due ore per tentare di intercettare alcuni dei fuggitivi e ripristinare l’ordine all’interno, in un clima tesissimo. Non si registrano feriti fra gli addetti alla sorveglianza. Solo qualche graffio e contusione per i clandestini che erano riusciti a varcare le barriere. IL VERTICE Da carcere di massima sicurezza per clandestini a prigione-low cost da cui evadere è diventato uno scherzo. L’incredibile metamorfosi del Cie di Gradisca, struttura costata 17 milioni di euro, sarà analizzata con la massima attenzione anche dal neo questore di Gorizia Riccardo Piovesana, che domani mattina si incontrerà con la giunta comunale e successivamente visiterà il Cie. «Abbiamo più volte ribadito che le strutture del centro versano in condizioni precarie e necessitano di interventi improcrastinabili – afferma il sindaco Tommasini – L’ennesima fuga non fa che confermarne tutti i limiti. Prefettura e Questura ci hanno rassicurato sulla predisposizione di interventi efficaci per ripristinare la sicurezza.». ”NON ACCOGLIENZA, MA DETENZIONE” Chiama la Regione alle sue responsabilità il vicepresidente del gruppo Lega Nord in consiglio regionale, Federico Razzini, che in un’interrogazione alla giunta Tondo di “attingere alle risorse destinate alla sicurezza ora che grazie al governo è stato finalmente impresso un giro di vite alle politiche di immigrazione e contrasto all’illegalità. Sollecito la Regione a intensificare il suo impegno. Il Cie è strumento indispensabile, ma occorrono risorse per tappare le falle”. Risponde l’assessore regionale Federica Seganti, anch’essa in quota Carroccio: «Faremo la nostra parte, ma bisogna ricordare come quello delle evasioni non sia affatto un problema tutto gradiscano. Rivolte e fughe si stanno susseguendo in tutti i centri su scala nazionale, spesso con una appurata regia esterna. È evidente che i Cie in questo momento devono essere ri-adeguati a livello strutturale e regolamentare al loro nuovo ruolo. Gradisca non è più un centro di accoglienza che ospita i disperati sbarcati a Lampedusa, ma contiene immigrati irregolari spesso con gravi precedenti. Deve quindi rispondere maggiormente a caratteristiche detentive e su questo siamo pronti a confrontarci con Roma». E con il ministro Maroni, suo compagno di partito. LA CONDANNA «Come pretendere di contenere un’onda con uno scolapasta – denuncia il Sap, sindacato autonomo di polizia. Secondo il segretario Angelo Obit – se le barriere fossero state appena qualche metro più alte e ricoperte con plexiglas nessuno sarebbe scappato. O si attuano i lavori che suggeriamo da anni, o si triplica la vigilanza. Impossibile pensare che gli uomini in pochi secondi riescano a presidiare il perimetro e a risolv ere al contempo le tensioni che scoppiano all’interno. Sono sufficienti 7 secondi per scavalcare le barriere. Una terza soluzione è tramutare il Cie interamente in Cara (l’altra struttura gradiscana destinata ai richiedenti asilo ndr) e non, come avvenuto in questi ultimi giorni, trasferirvi immigrati per alleggerire il centro di Milano».
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Piccolo del 31/08/10
«Al Cie di Gradisca la polizia è responsabile della vigilanza esterna»
di GIOVANNI TOMASIN GRADISCA «La gestione degli ospiti del Centro di identificazione e espulsione non è competenza della polizia, noi ci occupiamo soltanto della vigilanza nella fascia esterna del centro». In occasione della sua prima visita al Cie, il nuovo questore di Gorizia Pier Riccardo Piovesana coglie l’occasione per specificare che le possibilità d’intervento della polizia all’interno del Cie sono limitate. Ma dopo le rivolte e le evasioni degli ultimi giorni, che hanno portato anche al ferimento di 6 militari, la situazione nel centro è più che mai bollente . I DANNI. «Durante il sopralluogo ho potuto constatare che i danni provocati dalla rivolta non sono gravi come si era pensato in un primo momento – ha dichiarato il questore all’uscita dal Cie -. Ma la recinzione e i sistemi di videosorveglianza della struttura devono essere potenziati con urgenza». Il rinnovo del sistema di sicurezza, specifica il questore, va portato avanti tenendo conto dello statuto peculiare del Cie: «Il centro non è un carcere, e le persone al suo interno non sono detenuti – spiega -: sono trattenuti per motivi amministrativi. Quindi ogni potenziamento degli apparati di sicurezza va condotto rispettando la loro dignità e incolumità». LA PROPOSTA. Piovesana commenta con diplomazia la proposta dell’assessore regionale Federica Seganti (Lega Nord) di trasformare i Cie in vere e proprie prigioni: «È una valutazione di carattere squisitamente politico – afferma il questore -. Se la politica deciderà di cambiare la legge e di trasformare le persone trattenute in detenuti la polizia agirà di conseguenza. Al momento, però, abbiamo a che fare con individui trattenuti amministrativamente, e non con carcerati». IL MINISTERO. Sui gravi fatti accaduti in questi giorni al Cie e sulla proposta delle Seganti abbiamo interpellato per telefono e con e-mail il ministro dell’Interno Maroni, ma fino a ieri sera nessuna risposta è giunta dal Viminale. L’OPPOSIZIONE. Nel frattempo la proposta di Seganti scatena le reazioni dell’opposizione. «I Cie sono già carceri da tempo – dice il consigliere regionale del partito democratico Paolo Menis -. Questi centri non sono più luoghi di accoglienza ma di detenzione, privi però delle garanzie giuridiche e di rispetto dei diritti umani che uno Stato civile dovrebbe sempre garantire». «Sarebbe interessante piuttosto che l’assessore spiegasse ai cittadini perché sono diventati tali – prosegue Menis -, ovvero che cosa ha fatto la sua giunta per queste strutture in questi anni e perché il capogruppo regionale chiede altri soldi. Forse alla Lega non sono bastati i 32 milioni di euro spesi negli ultimi tre anni a trovare quelle poche risorse che sarebbero state sufficienti agli adeguamenti che oggi vengono evocati come la panacea di tutti i mali?». I SINDACATI. Sul tema interviene anche il Siulp (Sindacato italiano unitario lavoratori polizia), che propone due alternative per ridurre la sequela di rivolte all’interno del centro: «O il Cie, fermo restando la necessità di ripristinare con estrema urgenza tutti i sistemi di sicurezza previsti, viene ridimensionato di almeno due terzi e quindi ricondotto a dimensioni più consone e tollerabili al territorio che lo ospita – afferma il Siulp in un comunicato -. Oppure, qualora si volesse continuare a sacrificare Gorizia sull’altare di ”città-Cie d’Italia”, si provveda a raddoppiare gli organizi assegnando al contempo un funzionario a tempo pieno, nonché a incrementare le risorse economiche necessarie al mantenimento della mega struttura»
Dal Messaggero Veneto del 31/08/10
Il Siulp: al Cie situazione insostenibile
GORIZIA. Il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Gradisca d’isonzo «rappresenta una grave problematica per tutta la regione. Prima o poi può scapparci il dramma». A lanciare l’allarme al di fuori dei confini goriziani, dopo le rivolte scoppiate nella struttura isontina nelle giornate di venerdì e sabato e conclusesi con un bilancio di otto immigrati fuggiti, sei militari della “Brigata Ariete” di Pordenone feriti e due immigrati arrestati, è stata la segreteria provinciale del Siulp (Sindacato italiano lavoratori di Polizia), che in una nota «dice basta alla città/Cie d’Italia». Basta anche alle dichiarazioni dell’assessore regionale alla sicurezza, Federica Seganti «se ai proclami non seguono fatti concreti. Non se ne può più di attendere con il patema d’animo che da un momento all’altro al Cie di Gradisca ci scappi il dramma». Tra i destinatari della presa di posizione del Siulp anche la Regione e il governatore. «Potrebbe decisamente contribuire di più, se davvero volesse risolvere la grave problematica che il Cie rappresenta per Gorizia ma più in generale per l’intero Friuli Venezia Giulia. In tal senso sarebbe un segnale importante l’interessamento diretto del presidente Tondo». Pesanti responsabilità, tuttavia, il sindacato di Polizia (minacciando al contempo azioni di protesta), le imputa anche al Comitato provinciale di Gorizia per l’ordine e la sicurezza pubblica. «Il problema è chiaro e le soluzioni praticabili pure: o il Cie di Gradisca d’Isonzo, fermo restando la necessità di ripristinare con estrema urgenza tutti i sistemi di sicurezza previsti, viene ridimensionato di almeno due terzi e, quindi, ricondotto a dimensioni più consone e tollerabili al territorio che lo ospita oppure, qualora si volesse continuare a sacrificare Gorizia sull’altare della città/Cie d’Italia, si provveda quantomeno a raddoppiare gli organici assegnando nel contempo un funzionario a tempo pieno, nonchè a incrementare le risorse economiche necessarie al mantenimento della mega struttura. Non è possibile che la seconda struttura di trattenimento più grande del Paese, per costruire la quale non si è badato a spese oggi venga gestita in economia. Poichè non è più tollerabile assistere a questo stato di inerzia da parte di tutte le istituzioni che a diverso titolo dovrebbero occuparsene, il Siulp ha in animo di organizzare forme di protesta più eclatanti qualora in tempi rapidi non siano adottate le misure necessarie». Ieri mattina, intanto, il nuovo questore di Gorizia, Pier Riccardo Piovesana, ha visitato il Cie isontino, riconoscendo come la struttura sia «molto complessa da gestire, in quanto destinata a trattenere persone in regime amministrativo e non in stato di carcerazione. I lavori per il ripristino e l’incremento della sicurezza interna sono assolutamente necessari anche se i danni riportati nel corso delle ultime due rivolte sono tutt’altro che ingenti». In contemporanea al tribunale di Gorizia sono comparsi davanti al Giudice i due immigrati clandestini (un marocchino e un tunisino) ritenuti tra i principali responsabili dei disordini di venerdì e sabato: per entrambi è stato convalidato l’arresto e, quanto al processo, l’udienza è stata aggiornata il 7 settembre per il procedimento con rito abbreviato. Marco Ceci
Bisogna alzare il livello di sicurezza del Cie»
GRADISCA. «I danni riportati dalla struttura sono fortunatamente limitati, ma è evidente che bisogna provvedere immediatamente alle riparazioni, come del resto ai lavori, già previsti, che potranno elevare il livello di sicurezza del complesso». Una diagnosi precisa, quella stilata dal questore di Gorizia Pier Riccardo Piovesana, al termine della sua prima visita ufficiale, durata circa un’ora, al Centro d’identificazione ed espulsione (Cie) di via Udine, effettuata a poco più di 24 ore dai disordini che, sabato notte, aveva provocato il ferimento di sei militari della “Brigata Ariete” di Pordenone e portato all’arresto di due immigrati, ritenuti i capi della rivolta. «La mia è stata una visita squisitamente tecnica, nel corso della quale ho potuto constatare la complessità della struttura che, non dobbiamo dimenticarlo, ospita persone trattenute con provvedimento amministrativo e non trattenuti in stato di reclusione. Questa particolarità comporta un’azione specifica, calibrata su misura e proprio per questo complessa. In questo senso ho rivolto a tutto il personale che opera all’interno della struttura il più sincero apprezzamento per l’opera svolta, con abnegazione e professionalità». Sul ferimento dei sei militari nel corso della rivolta di sabato, invece, il nuovo questore, che in precedenza aveva rivolto (assieme al sindaco di Gradisca) gli auguri di pronta guarigione ai feriti, ha precisato: «Ho ottenuto rassicurazioni sulle condizioni dei sei militari rimasti feriti mentre prestavano servizio». La situazione al Cie, intanto, è tornata alla tranquillità secondo Piovesana: «Ospiti confinati nelle loro stanze? Alla Questura compete il sistema operativo esterno alla struttura, non quello interno». (ma.ce.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Dal Messaggero Veneto del 08/09/10
Cie, capi-rivolta condannati
Il processo Sono stati condannati a otto mesi di reclusione, senza condizionale, i due maghrebini accusati di aver capeggiato la rivolta scoppiata, nella notte fra il 28 e il 29 agosto al Cie di Gradisca, che ha causato sei feriti tra i militari chiamati a svolgere il servizio di vigilanza nella struttura di via Friuli. La sentenza è stata pronunciata ieri, attorno a mezzogiorno, dal gup Massimo Vicinanza, che ha riconosciuto gli imputati colpevoli del reato di violenza a pubblico ufficiale: caduti invece i capi di imputazione relativi a lesioni e danneggiamento, dei quali erano stati accusati in un primo momento gli immigrati. Il processo è stato celebrato con la formula del rito abbreviato. Il pm Luigi Leghissa, pur riconoscendo agli imputati le attenuanti generiche per le difficili condizioni che la permanenza al Cie comporta, aveva chiesto per i due un anno e tre mesi di reclusione. Rimangono, dunque, rinchiusi nella casa circondariale di via Barzellini L.A., 24enne marocchino, e il 25enne tunisino G.N., che nei giorni scorsi si era inferto profonde ferite agli avambracci con un’arma da taglio. L’avvocato difensore dei due immigrati, Flavio Samar, attenderà ora che la sentenza venga depositata per presentare eventualmente l’istanza per l’ottenimento dei domiciliari, che i maghrebini dovrebbero in ogni caso scontare nelle strutture del Cie. I due, ospitati dal centro gradiscano rispettivamente da luglio e marzo, erano già stati condannati lo scorso anno a otto mesi di reclusione per violazione della Bossi-Fini.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Da Il Piccolo del 10/09/10
L’INCHIESTA
Nell’inferno del Cie poliziotti contro operatori
Grave conflitto di competenze tra i controllori mentre gli ospiti seminano il terrore
Drammatico paradosso
di GIOVANNI TOMASIN
GRADISCA D’ISONZO I dipendenti di una cooperativa costretti a fare i ”poliziotti” ma perseguiti dai poliziotti veri ogni volta che all’interno scoppia una rivolta. La Polizia che non può fare il proprio mestiere, gli ”ospiti” che ne combinano di tutti i colori. Beffa e paradossi nell’inferno del Cie.
Le evasioni in massa e le rivolte hanno guadagnato più volte un posto nelle cronache nazionali al Centro di intentificazione ed espulsione di Gradisca. Negli ultimi mesi, poi, questi eventi si sono ripetuti a scadenza quasi settimanale. Eppure sono soltanto gli effetti più eclatanti delle dinamiche e delle tensioni che si accumulano all’interno del centro: conficcato come un corpo estraneo nel bel mezzo alla campagna gradiscana, il Cie è un mondo a parte, privo di contatti con l’esterno. Dietro alle mura i rapporti tra i cosiddetti ”ospiti”, gli operatori socio-sanitari e le forze dell’ordine sono regolati da meccaniche proprie. Le porte del Cie sono ermeticamente chiuse per la stampa, così il Piccolo ha ricostruito la vita nel Cie facendola raccontare ad alcuni dei suoi protagonisti.
LO SCONTRO. «All’interno del Cie è in corso un vero e proprio conflitto tra operatori socio-sanitari e le forze dell’ordine, perché le funzioni degli uni e degli altri non sono chiare».
A dirlo è un sindacalista della Cisl che lavora all’interno del Cara, il centro per i richiedenti asilo che si trova all’interno del complesso. La controversia tra polizia e operatori è una conseguenza delle normative ambigue che regolano il centro: ufficialmente gli immigrati del centro non sono carcerati, ma persone trattenute per motivi amministrativi.
Per questo motivo le forze dell’ordine non sono autorizzate a trattare gli ospiti del Cie: si limitano a sorvegliare il perimetro esterno per evitare che si verifichino evasioni. I rapporti con gli immigrati sono gestiti invece dagli operatori socio-sanitari di Connecting People, il consorzio che ha in appalto la gestione del centro. Come dimostrano le rivolte delle ultime settimane questa organizzazione non è efficace nel gestire rivolte e fughe.
«Ora le forze dell’ordine pretendono che gli operatori facciano anche da guardie – dice il sindacalista -. E quando gli ospiti riescono a scappare la colpa viene data agli operatori».
LE SOSPENSIONI. Tra agosto e settembre la prefettura ha sospeso l’accesso al Cie a due operatori di Connecting people impedendogli, di fatto, di lavorare: in entrambi i casi le sospensioni sono legate a evasioni di ospiti. «Ma dovrebbe essere la polizia a impedire le fughe – dice il sindacalista -. Sta passando il concetto per cui se il poliziotto sbaglia, è il dipendente a dover pagare». La Cisl ha richiesto un incontro con il prefetto Maria Augusta Marrosu per dirimere la questione: «Il problema è politico – prosegue -, e la prefettura deve stabillire con le responsabilità degli uni e degli altri».
LA STRUTTURA. Il Cie è un mondo a sè, celato dietro il muro di cinta, alto diversi metri, che si affaccia sulla strada regionale 305. Se ci si addentra nella campagna retrostante il centro, però, si scopre il suo volto autentico. Sul retro della struttura non c’è traccia del muro in cemento: forse la sua presenza risponde a esigenze più estetiche che di sicurezza. Si vedono invece le sbarre altissime che servono a impedire le fughe degli ospiti, e gli edifici in cui vengono alloggiati. Lungo il perimetro passeggiano i militari del servizio di guardia.
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VENERDÌ, 10 SETTEMBRE 2010
Otto ospiti su 10 sono ex detenuti
GRADISCA Secondo un rapporto di Medici senza frontiere l’80% degli ospiti del Cie era composto da ex detenuti. Il rapporto risale al 2008 ma quella percentuale è valida ancora oggi, assicura la Cisl. La presenza di criminali all’interno di un centro pensato per trattenimenti a carattere amministrativo crea inevitabilmente pesanti scompensi: «Sconcerta la rilevante presenza di ex detenuti tra la popolazione detenuta nei Cie – spiega il rapporto di Msf – nei cui confronti sarebbe stato possibile procedere all’identificazione nel corso della detenzione. In tale modo, per l’incapacità delle strutture amministrative preposte, nei fatti si determina un indebito allungamento del periodo di detenzione». Gli ex detenuti intervistati intervistati da Msf denunciano il periodo di reclusione nel Cie con rabbia e frustrazione come un’estensione ingiustificata della pena già scontata. «La presenza di ex detenuti nei Cie – prosegue il rapporto -, oltre ad essere irragionevole rispetto alle finalità per cui è stato istituito il sistema di detenzione amministrativa, rischia di generare ripercussioni negative in termini di condizioni di vita e di modalità di erogazione dei servizi a danno di tutti gli altri trattenuti, soprattutto di quelli appartenenti a categorie vulnerabili».
Questi ultimi sono coloro che non hanno compiuto alcun reato e, non avendo permesso di soggiorno, vengono trattenuti in vista dell’espulsione: i clandestini. Il percorso con cui finiscono nel Cie è rocambolesco: dopo essere stato fermato dalle forze dell’ordine, l’immigrato riceve l’ordine di allontanamento dal territorio nazionale dalla questura. A quel punto viene portato davanti a un giudice di pace e gli viene affidato un difensore d’ufficio. Il giudice ne decreta infine il trattenimento nel Cie (fino a 180 giorni) ai fini dell’espulsione.
Il procedimento è macchinoso perché mima le dinamiche di un vero processo, come spiega Francesco Cecotti di Asgi – Ics (associazione studi giuridici sull’immigrazione): «Tutto questo iter procedimentale è necessario perché il provvedimento questorile è un mero atto amministrativo il quale, da solo, non può consentire il trattenimento fino a 180 giorni di un soggetto che non ha compiuto alcun reato. Perciò si tiene udienza presso il giudice di pace. La presenza di un difensore è necessaria perché deve essere rispettato il diritto di difesa dello straniero la cui libertà personale verrà limitata. A quel punto il giudice di pace, verificati tutta una serie di presupposti, emette un decreto motivato nelle successive quarantotto ore». È così che per l’immigrato si aprono le porte del Cie. «In quei centri si trovano anche persone con esperienze traumatiche di detenzione carceraria all’estero, persone con problemi psichiatrici – conclude Cecotti -, insomma, c’è di tutto». (g.tom.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Da Il piccolo del 11/09/10
I vicini: «Sentiamo le loro urla»
di GIOVANNI TOMASIN GRADISCA Vivere a poche centinaia di metri da un Cie significa dover fare i conti situazioni fuori dalla norma: le grida di protesta che provengono dal centro durante le rivolte, il dispiegamento delle forze dell’ordine in caso di evasioni e molto altro. I VICINI. «Non è certo un bel vivere», spiega un’anziana signora. La sua casa dista poche centinaia di metri dal Cie, e a separarla dal muro di cinta c’è soltanto qualche campo e dei cespugli. «Una volta qui era una zona tranquilla – ricorda -, ora quando scappa qualcuno abbiamo le volanti della polizia e dei carabinieri che corrono a tutto gas sotto casa». La signora non ha mai avuto problemi con gli immigrati che sempre più spesso riescono a tagliare la corda: «Assolutamente no – dice -, però comunque non viviamo tranquilli». Qualche fastidio ce l’ha invece Matteo Trevisan: la sua famiglia coltiva un pescheto che sta esattamente alle spalle del Cie. «L’anno scorso è arrivato un gruppo di immigrati, quelli che hanno il permesso di uscire – ovvero gli ospiti del Cara, il centro per richiedenti asilo interno alla struttura – e con i sacchi si sono portati via chili e chili di pesche». Un avvenimento soltanto apparentemente insignificante: «Se è per una pesca va bene – dice Trevisan – ma quando si iniza a portar via dei sacchi pieni diventa un problema. Quello è il nostro lavoro». L’episodio si è ripetuto anche in seguito, anche se in proporzioni minori: «Vengono, magari in tre o quattro, e quando mi avvicino scappano – spiega -. Siamo andati a parlare al centro ma non abbiamo mai ottenuto niente, ci promettono volanti che non arrivano mai». Nel vicinato del Cie sono nate poi le classiche dicerie su quello che avviene all’interno del centro: «Sembra che per fuggire si facciano scala l’uno con l’altro fino a saltare la recinzione – dice un signore – e poi scappano verso Sagrado per prendere il treno. Ma nel mio giardino non sono mai passati. Quando ci sono le rivolte, però, li sentiamo eccome». IL CARA. Oltre ai vicini, c’è anche un altro gruppo di persone che può testimoniare in parte di quello che succede nel Cie. Sono proprio gli ospiti del Cara: al contrario degli immigrati trattenuti nel Cie, i richiedenti asilo sono liberi di uscire dalle mura del centro. Chi vive a Gradisca li conosce bene: ragazzi dai tratti medio orientali o africani, vestiti in modo povero ma decoroso. Qualcuno porta al collo una kefiah . È facile, se si passa da quelle parti, scambiare quattro chiacchere con loro sullo ”scomodo vicino”, il Cie. Incontriamo un giovane iraqeno, un po’ provato dal recente ramadan . Come lui in tanti scappano da guerre più o meno conosciute in Iraq o nel Kurdistan turco. Alcuni fanno domanda d’asilo e entrano nei Cara, tanti finiscono nei Cie: «Nel Cie c’è confusione – ci racconta nel suo italiano stentato – e vediamo sempre tanta polizia»
“I Cie sono Lager”
di LUIGI MURCIANO GRADISCA «I Cie sono lager». È la condanna che il vescovo di Rovigo Lucio Soravito de Franceschi ha pronunciato dopo la sua visita al centro di Gradisca. Parole che hanno suscitato la contrarietà del presidente del Veneto Luca Zaia. Il vescovo ha voluto vedere in prima persona un Cie dopo che il governo ha manifestato l’intenzione di aprire una struttura analoga nel Polesine. Il presule non ha dubbi: «L’esistenza dei Cie è inaccettabile – ha detto -, soprattutto per un popolo di emigranti come il nostro. Dobbiamo aiutare gli stranieri a inserirsi, integrandoli, non rinchiudendoli». Immediata la reazione del successore di Giancarlo Galan, il governatore Luca Zaia: «In linea di principio posso capire le preoccupazioni della Chiesa, però c’è una legge italiana che prevede queste strutture e va applicata – ha detto Zaia -. Riguarda persone per diversi motivi raggiunte da decreto di espulsione, che nulla hanno a che fare con le politiche di integrazione, per le quali il Veneto è al primo posto a livello internazionale. Il 5% del pil regionale è frutto del lavoro degli immigrati per bene, da non confondere con quelli che pensano di poter venire qui senza documenti e vivere di espedienti. Quando si parla di accoglienza e solidarietà bisogna stare attenti a non confondere chi realmente approda in Italia perchè in fuga da guerra e fame con chi invece non scappa affatto da morte sicura. Mi riferisco soprattutto ad albanesi, marocchini e tunisini: stando ai dati diffusi dalle forze dell’ordine, sono le etnìe che delinquono di più e che riempiono i Cie. Non dimentichiamo poi — ha aggiunto Zaia — che il 70% della popolazione carceraria è costituita da extracomunitari. Sono gli stessi migranti onesti a chiederci rigore e sicurezza. Come vanno puniti gli italiani che non rispettano la legge, allo stesso modo si devono identificare, attraverso i Cie, e rimandare a casa loro gli stranieri che la violano. Devono capire che per stare in Italia bisogna avere le carte in regola, come nei loro Paesi, noi non siamo certo i più tonti». La struttura veneta, ormai è molto probabile, dovrebbe sorgere a Zelo, nel Polesine dopo che inizialmente era stata prospettata una collocazione nel Trevigiano. La decisione del governo ha reso nuovamente attuale la situazione del 2005, quando – con una mossa disperata – l’allora governatore del Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy tentò di convincere il collega Galan ad accettare sul proprio territorio la struttura per immigrati prevista (e poi realizzata) a Gradisca. Sfruttando magari il piglio autoritario di sindaci alla Gentilini. Non se ne fece nulla. Ora, cinque anni dopo, anche il Veneto scopre i Cie. E ieri proprio a Treviso un cittadino dell’Honduras fuggito il 15 agosto scorso dal Cie di Gradisca è stato bloccato dalla polizia al Pronto soccorso dell’ospedale «Cà Foncello», dove si era recato per una medicazione. L’uomo, che durante l’evasione si era ferito ad un braccio, aveva fatto ricorso quello stesso giorno alle cure dei medici dell’ospedale di Gorizia, i quali avevano avvertito la Questura. All’arrivo degli agenti, però, lo straniero era già scappato. Per l’immigrato è scattato il decreto di espulsione ed è stato quindi accompagnato alla frontiera. La settimana scorsa la Prefettura di Gorizia ha autorizzato lavori straordinari di ristrutturazione all’interno del centro, dopo le rivolte e le fughe degli ultimi mesi: gli interventi riguarderanno la recinzione esterna e la dotazione di nuovi sistemi tecnologici e di videosorveglianza che dovranno garantire a forze dell’ordine e operatori un maggiore controllo del centro.
Dal Messaggero Veneto del 12/09/10
Cie, migliorie alle misure di sicurezza
GRADISCA. La Prefettura di Gorizia ha autorizzato lavori straordinari di ristrutturazione all’interno del Cie (Centro identificazione ed espulsione) di via Udine. Il provvedimento è stato deciso in seguito ai disordini e alle fughe d’immigrati dello scorso mese di agosto. La notizia è trapelata ieri da fonti della stessa Prefettura. Un intervento distinto da quello autorizzato subito dopo la doppia rivolta di ferragosto e destinato al ripristino d’inferriate, porte e finestre antisfondamento, risultate pesantemente danneggiate nel corso dei disordini. Il nuovo provvedimento della Prefettura goriziana, infatti, riguarda l’adeguamento dei sistemi di sicurezza passivi: in particolare, il ripristino del sistema di telecamere a circuito chiuso, del sistema anti-intrusione a infrarossi e il riposizionamento di alcune sezioni delle recinzioni rimosse nel 2007. Saranno ripristinati, in sostanza, le inferriate in origine sistemate a protezione delle camerate e, soprattutto, i cosiddetti offendicula, le sezioni ricurve normalmente poste in cima alle recinzioni. Interventi a più riprese invocati dai sindacati di Polizia e indicati come un passaggio necessario per ristabilire un grado di sicurezza accettabile nella struttura, tanto che l’iter dei lavori era stato avviato già nel 2008. Sindacati che sono tornati a prendere la parola ieri, quando è stata la segreteria provinciale di Gorizia del Sap a replicare come sia «un errore affermare che c’è conflitto tra operatori delle forze di Polizia e dipendenti dell’ente gestore del Cie di Gradisca. Se ci sono state responsabilità, che la Prefettura ha individuato su segnalazione del questore, non gestendo il rapporto di lavoro ma la sicurezza della struttura ha legittimamente ritenuto di vietare l’accesso a determinati operatori di Connecting people (il consorzio cooperativistico trapanese che gestisce il Cie di via Udine, ndr)». Sui lavori annunciati dalla Prefettura, invece, il Sap precisa: «Restano i pregiudizi per la sicurezza di tutti, causati dal mancato ripristino delle celle di parcellizzazione annunciato dalla Prefettura dal dicembre 2008. Va poi reso irraggiungibile il tetto». Ieri, intanto, uno degli immigrati clandestini fuggiti a ferragosto è stato bloccato dalla Polizia a Treviso, nel pronto soccorso dell’ospedale Ca’ Foncello in cui s’era recato per una medicazione. L’uomo, che durante l’evasione si era ferito a un braccio, aveva fatto ricorso quello stesso giorno alle cure dei medici dell’ospedale di Gorizia, i quali avevano avvertito la Questura. Ma all’arrivo degli agenti lo straniero era già scappato. Sempre ieri è stato scarcerato, con ordinanza del Tribunale di Trieste, il marocchino arrestato per aggressione, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Marco Ceci