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Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Ieri pomeriggio siamo stati vittime dell´ennesimo episodio di
repressione violenta e ingiustificata durante
un presidio dichiaratamente pacifico davanti al CIE di Corso
Brunelleschi a Torino. I manganello ed i
lacrimogeni della Polizia di Stato sembrano essere ormai diventati in
Italia i mezzi indiscussi per ricordare
costantemente a tutti cosa sono la democrazia, chi comanda e cos´è la
libertà d´espressione.
Ovviamente nessuno si aspettava alcun tipo di attenzione mediatica
considerato il tema caldissimo della
lotta contro i CIE e le politiche razziste del governo italiano. Si
correrebbe il rischio che nell´opinione
pubblica si insinui il dubbio che l´assioma “CIE = carcere per il
marocchino che spaccia e violenta le tue figlie
quando vanno ai Murazzi” non sia del tutto valido.
Due i dispacci di stampa (dettati verosimilmente dalla Questura di
Torino) e pubblicati da Adnkronos ed
AGI: «Torino, 1 ottobre. Tensioni a Torino davanti al Centro di
permanenza temporanea di corso
Brunelleschi, dove una cinquantina di anarchici si è ritrovata per una
delle periodiche proteste davanti alla
struttura, con battitura di ferri sui pali. La polizia ha effettuato
una carica di alleggerimento quando il
gruppo di contestatori si è gettato contro i muri di cinta. Quindi la
situazione è tornata tranquilla.»
Ecco i fatti.
Ieri pomeriggio una cinquantina di persone di varie “sensibilità” si
sono riunite dalle 17 davanti al CIE di
Corso Brunelleschi a Torino per un presidio di solidarietà ad Ismael,
ragazzo peruviano in attesa di
espulsione, ed a tutti i gli altri prigionieri. Le intenzioni erano
davvero delle migliori: tutti a volto scoperto,
qualcuno ha portato i bambini per farli giocare insieme nel giardino,
anche una donna incinta fra di noi.
Un presidio davvero tranquillo, a tratti festante, che alternava a
momenti musicali interventi al microfono
da parte della comunità peruviana, messaggi di solidarietà in francese
ed arabo e “battiture” con materiale
di fortuna sui pali della luce (variante nostrana dei “cazerolados”
argentini). Che avessero proprio voglia di
menare le mani i celerini e i funzionari di polizia si vedeva già
dall´inizio del presidio. Tirava un´aria strana.
Carreggiata sbarrata, tante camionette, una cinquantina di poliziotti
sovraeccitati in bella fila con casco
sulla testa, il tamburellare sulla mitraglietta d´ordinanza, gli
sguardi di sfida, il manganello ed il lancia-
lacrimogeni pronti per l´uso. Anche un funzionario con fascia
tricolore a tracolla – fascia che, come sapranno
alcuni, sarebbe d´obbligo indossare perché gli ordini di “carica”
siano ben fatti da un punto di vista legale.
Negli occhi dei celerini un odio ed una rabbia sconcertanti: la voglia
di spaccare teste ed uccidere è
chiaramente palpabile. Ed infatti intorno alle 19 arriva il pretesto:
un cagnolino malauguratamente fugge
verso di loro. Alcuni ragazzi si staccano dal presidio per
recuperarlo. Viene interpretato come
inequivocabile gesto di minaccia nei loro confronti e di tentativo di
penetrare all´interno di un carcere
circondato da due fila di mura alte più di 6 metri (!). Parte una
carica violentissima senza alcuna
preoccupazione per la presenza fra noi di bambini e donne (una anche
visibilmente incinta). Si tenta di fare
un cordone per permetterne la fuga ma dura pochi attimi. La polizia
carica ripetutamente e violentemente
inseguendo addirittura le persone per interi isolati e picchiando
selvaggiamente chi durante questa corsa è
caduto a terra. Una vera e propria caccia all´uomo con insulti rivolti
alle donne (“togliti di mezzo troia se
non ne vuoi altre”) e con diversi feriti causati dall´accanimento
delle forze dell´ordine. Il bilancio è di
qualche testa aperta, molte contusioni ed alcune fratture agli arti
superiori. Le biciclette rimaste in terra ed
il furgone con l´impianto audio vengono vandalizzati da poliziotti
probabilmente troppo lenti per
raggiungere qualcuno ma sicuramente abbastanza frustrati per accanirsi
e danneggiare i nostri oggetti. “
Simonetta
Ed ecco una cronaca tratta da senzafrontiere
Sabato 1 ottobre. Nel prato di fronte al CIE di corso Brunelleschi l’atmosfera è serena. Se non fosse per quel muro, mille volte segnato da graffiti di libertà, mille volte cancellati e mille volte rifatti, sarebbe un pomeriggio come tanti in quest’estate tardiva.
C’è una settantina di persone: antirazzisti di un po’ tutte le aree, giovani immigrati che le gabbie le hanno assaggiate, famiglie, specie peruviane venute a sostenere la lotta di Ysmael, un attivista molto noto anche al di fuori della sua comunità. Ysmael è rinchiuso in una delle gabbie e da settimane si sta battendo perché la sua vita è a Torino e non la vuole lasciare. Il 27 settembre hanno provato a caricarlo su un aereo diretto a Lima. Pareva l’epilogo scontato della vicenda ma Ysmael ha cominciato a gridare, a divincolarsi, finché la sua protesta ha attirato l’attenzione del pilota, che gli ha fatto la domanda più ovvia, gli ha chiesto se voleva partire per il Perù. Di fronte al suo diniego ha ordinato di farlo sbarcare: i poliziotti non hanno potuto fare altro che ricondurlo al CIE, nella cella di isolamento nella quale ha trascorso buona parte della sua prigionia.
Il presidio di sabato è un segnale di solidarietà che mette insieme tanta gente diversa, accomunata dalla volontà di chiudere i CIE, di dare sostegno alla lotta di tutti i reclusi, in questi mesi sempre più forte in ogni angolo d’Italia.
Che gli uomini in divisa siano maldisposti lo si capisce sin dal primo momento: controviale bloccato dalle camionette, antisommossa schierati con casco e manganello, funzionari in fascia tricolore, quella che, almeno a Torino, mettono solo per poter dichiarare legittima una carica.
Musica, interventi, slogan. Niente altro.
Il pretesto lo fornisce un cucciolo di cane, un quattro zampe impertinente che non ha ancora capito che ci sono limiti che non è salutare valicare. Il cucciolo attraversa la strada, si dirige verso gli uomini in divisa, una ragazza lo rincorre gridando “vado a prendere il cane!”. I gentiluomini in divisa fanno partire qualche insulto, qualcuno risponde. Poi calano i caschi e partono.
Sembravano “una mandria di bufali impazziti” scriverà il giorno dopo una donna. Ha una mano gonfia: sin è guadagnata una manganellata quando ha sporto il braccio nel vano tentativo di fermare un poliziotto che si stava accanendo contro il figlio di 15 anni, che, come lei, era seduto nel prato. Al pronto soccorso al ragazzo metteranno il collare e daranno 7 giorni di prognosi.
I feriti sono numerosi. Una compagna viene colpita ripetutamente alla testa, si ripara con la mano e si aggiudica una frattura scomposta al mignolo. Gli altri hanno sul viso e sul corpo i segni dei colpi ricevuti.
Un folto gruppo di antirazzisti viene caricato per centinaia di metri lungo via Monginevro, affollata di auto e bus, come in ogni sabato pomeriggio. Solo all’angolo con corso Montecucco i funzionari richiamano la forza.
In questura devono aver deciso. Basta presidi solidali davanti ai CIE: i prigionieri devono restare isolati, come i tunisini rinchiusi nelle navi-prigione dopo aver incendiato il centro di contrada Imbriacola.
Diciamolo chiaro. A questi picchiatori in divisa, dopo quattro mesi rinchiusi nella gabbia di cemento e filo spinato alla Maddalena di Chiomonte, qualche soddisfazione bisognava pur darla. In Valsusa i manganelli, i calci in faccia, lo scricchiolar d’ossa sinora glielo hanno potuto concedere solo a piccole dosi. Gas sparati ad altezza d’uomo, qualche sasso dall’autostrada ma nulla più. In via Grattoni sanno che la Valsusa è una polveriera e non hanno il coraggio di scatenare i bufali.
Le rivolte e le fughe degli immigrati si stanno moltiplicando in tutta Italia, spezzando reti e rompendo le gabbie. A Torino il 22 settembre si sono ripresi la vita in 22.
La voglia di libertà brucia le frontiere, simboliche e reali messe a guardia di un ordine feroce. Spezzarlo è una scelta morale ben prima che politica.
Ormai lo stanno imparando anche i cuccioli di cane: c’è un lato sbagliato della strada, quello che corre lungo i muri cinti di filo spinato, difesi da uomini armati e cattivi.
Domenica 2 ottobre. In serata c’è agitazione tra le gabbie del CIE. L’Ansa parla di un tentativo di fuga, bloccato dalla polizia. Un immigrato colpito al viso da un candellotto lacrimogeno sparato come un proiettile è stato ricoverato all’ospedale Martini.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
da La Repubblica
L’EMERGENZA
Mineo, la rivolta dei sindaci /FOTO
E a Lampedusa manca l’acqua
Gli amministratori locali hanno cercato di impedire l’ingresso degli immigrati al Villaggio della solidarietà. “Maroni ci ha preso in giro”. Allarme acqua potabile sull’isola: sta finendo. Sbarcati altri 110 migranti. La Regione avvia una serie di interventi igienico-sanitari
Altri 110 immigrati sono sbarcati a Lampedusa nel pomeriggio a bordo di due barconi. Sempre più critiche la situazione sull’isola dove sono stipati più di quattromila migranti. Nelle prossime ore, fa sapere la Regione, saranno avviati una serie di interventi gienico-sanitari: una bonifica e la pulizia straordinaria sull’isola, effettuata da ditte specializzate, per il ripristino delle condizioni igieniche.
Tensione questa mattina a Mineo (Catania) al momento dell’arrivo dei 498 immigrati provenienti da Lampedusa. Sindaci e amministratori della zona hanno cercato di impedire l’ingresso dei pullman con i clandestini al Villaggio della solidarietà, inaugurato la settimana scorsa. Dopo qualche minuto di tensione, poco dopo le 13, le forze dell’ordine hanno fatto entrare gli autobus.
La struttura, costituita da 404 alloggi, fino a poco tempo fa ospitava i militari della base Nato in servizio a Sigonella. Il governo nazionale l’ha trasformata in un centro di accoglienza per immigrati, assicurando che sarebbero stati ospitati solo richiedenti asilo politico.
“E invece era una presa in giro – attacca il sindaco di Caltagirone, Francesco Pignataro – È una grande farsa che noi respingiamo al mittente. Questa non è una riserva indiana, presto diventerà un lager. Nella riserva indiana c’era un equilibrio ecosistemico ma qui queste persone non sanno come trascorrere la giornata”.
I 498 tunisini sono arrivati questa mattina da Lampedusa con la nave militare San Marco (FOTO) che ha attraccato al porto di Augusta. Anche lì gli amministratori locali hanno fatto sentire la loro protesta. “Non firmeremo nessun protocollo sulla sicurezza perché non ci sono le condizioni per garantirla”, ha detto ancora Pignataro. “Il primo protocollo sulla sicurezza – ha aggiunto il sindaco di Caltagirone – sarebbe quello di mantenere la parola data. E Maroni sta invece palesemente venendo meno a ogni impegno, trattando il nostro territorio con i piedi”.
Parla di “una colossale presa in giro” e di “un perfido inganno”, il sindaco di Mineo Giuseppe Castania riferendosi all’utilizzo del Villaggio della solidarietà anche per chi non ha richiesto asilo: “Questo progetto è nato male e sta procedendo peggio – sottolinea Castania – Sette immigrati sono già scappati. Come si fa a gestire questa emergenza con tanto pressappochismo?”.
Dopo le partenze di ieri, tra cui quelle di 83 minori, sono ancora 4.376 i clandestini presenti a Lampedusa. Altri due barconi stanno arrivando con altri 150 migranti. Lo dice l’assessore regionale al Territorio Gianmaria Sparma giunto sull’isola, che ha fatto una riunione col sindaco delle Pelagie, Bernardino De Rubeis. “Siamo delusi dall’attuazione del piano di evacuazione, predisposto dal ministero dell’Interno, per i clandestini – ha detto Sparma – E’ insufficiente il ponte aereo di oggi, perché quattro o cinque voli non sono adeguati nemmeno a coprire gli arrivi della giornata, mentre occorre portare, al più presto, la situazione di Lampedusa dai 4.500 attuali agli 800 ospiti previsti nel centro di accoglienza. E’ allora indispensabile, per bloccare alla radice il fenomeno, consentire che i profughi individuati oltre le 50 miglia marine dalle coste di Lampedusa vengano trasferiti direttamente sulla terraferma invece che sull’isola”.
Un gommone con a bordo cinque extracomunitari è stato intercettato a terra dai carabinieri, dopo avere raggiunto l’isola di Pantelleria. I nordafricani sono stati accompagnati in caserma in attesa di essere trasferiti a Trapani con il traghetto di linea.
Ma è a Lampedusa che, numeri alla mano, l’emergenza sbarchi ha assunto dimensioni drammatiche. Questa mattina l’amministrazione comunale ha annunciato che sull’isola l’acqua potabile non è più sufficiente. E la richiesta di una fornitura straordinaria di ventimila metri cubi, fatta già da un mese, non ha avuto ad oggi copertura economica da parte del ministero della Difesa. Tra isolani, clandestini e forze dell’ordine, sull’isola attualmente sono presenti 11 mila persone.
La vita dei migranti La protesta degli abitanti dell’isola
La Difesa ha messo a disposizione 13 siti “in ogni parte del territorio nazionale, al Nord, Centro e Sud, per un totale di circa 4.600 ettari”, per “l’accoglienza, soprattutto di profughi, in caso di esodi consistenti dalla sponda sud del Mediterraneo”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel suo intervento in aula a Montecitorio sulla crisi libica.
I siti, ha precisato, sono a disposizione “per ogni opportuno utilizzo demandato ad altri ministeri, in particolare a quello dell’Interno”. La Difesa, ha spiegato ancora La Russa, ha messo a disposizione delle prefetture locali “altri 200 uomini fino al 30 giugno 2011”. In particolare, 100 militari sono stati assegnati al prefetto di Agrigento per il centro di accoglienza di Lampedusa e 50 al prefetto Catania per il centro di Mineo, per svolgere funzioni di vigilanza e sicurezza.
Lombardo scrive a Napolitano VIDEO
Nel business degli sbarchi è entrata in gioco anche la mafia. Sono stati arrestati a Catania diciannove extracomunitari ritenuti gli scafisti del barcone di migranti arrivato tre giorni fa sulle coste della provincia etnea. Fra gli arrestati, anche due minorenni. Tutti hanno affermato di essere egiziani. I migranti finora rintracciati dopo quello sbarco sono 136. La maggior parte è stata trasferita in centri di accoglienza. Nell’ambito della stessa inchiesta la Dda della Procura di Catania ha indagato, in stato di libertà, quattro presunti appartenenti a un clan mafioso della zona di Riposto e Mascali, la cosca Brunetta, per associazione per delinquere finalizzata al traffico di clandestini. Sarebbero stati loro a fornire una barca di pescatori, la ‘Felice’, che avrebbe dovuto portare a terra i migranti che erano sul peschereccio egiziano.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Messaggero Veneto del 29/03/11
Clauzetto e Sgonico: le due tendopoli in Fvg
UDINE In Friuli Venezia Giulia saranno inviati circa mille degli extracomunitari – probabilmente tutti tunisini – che in questi giorni hanno “invaso” Lampedusa: 500 a Clauzetto di Pordenone e altrettanti a Sgonico. I numeri non sono stati ancora ufficializzati, ma è già polemica: la Lega Nord di Pordenone è pronta ad alzare le barricate per evitare «l’ingresso in regione dei clandestini» anche perchè, secondo indiscrezioni, a questi due siti se ne potrebbe aggiungere un altro: la caserma Monti di Pordenone. L’ufficializzazione dei siti era attesa per oggi, ma ieri sera il ministro Maroni ha anticipato il piano di evacuazione dell’isola siciliana, allo stremo e invasa da oltre cinquemila tunisini. Un’accelerazione dovuta alla situazione ormai fuori controllo. Il piano, su cui stanno lavorando i tecnici dell’unità di crisi del Viminale, sarà domani sul tavolo del Consiglio dei ministri. Per svuotare Lampedusa, dunque, il ministero ha deciso che domani arriveranno nell’isola cinque navi passeggeri e la San Marco della Marina Militare, per un totale di diecimila posti. L’obiettivo è quello di portare via tutti i migranti, sperando che non ne arrivino altri. Per ospitare gli oltre cinquemila tunisini, il Viminale ha deciso di individuare una serie di aree dove allestire le tendopoli e utilizzare alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa che, nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto accogliere soltanto i profughi provenienti dalla Libia: tra caserme e aree dismesse ci sono, in Friuli Venezia Giulia, Clauzetto e Sgonico, quindi Trapani, Marsala e Torretta (Palermo) in Sicilia; Manduria (Taranto), Carapelle (Foggia) e San Pancrazio Salentino (Brindisi) in Puglia, Boceda (Massa Carrara) in Toscana, Monghidoro (Bologna) in Emilia Romagna, Cirè e Front (Torino) in Piemonte, Castano Primo (Milano) in Lombardia. Due campi sono di fatto già in funzione: la tendopoli di Manduria, dove ci sono circa 600 migranti e, oggi, arriveranno con nave Grimaldi altri 827, e quella nell’ex aeroporto di Chinisia a Trapani, dove si sta predisponendo l’accoglienza per 500 persone. Il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano ha assicurato che a Manduria andranno al massimo 1.500 migranti» e che è «intenzione del governo – ha confermato Mantovano – far sì che il carico di questa situazione sia distribuito su tutto il territorio nazionale». Domani, subito dopo il Consiglio dei ministri è in programma l’incontro al Viminale con Regioni, Province e Comuni: sarà quella l’occasione per ribadire che per superare l’emergenza serve il contributo di tutti, nessuno escluso. Ma il Carroccio pordenonese è già sul piede di guerra: ieri sera si è tenuto il direttivo provinciale con al centro, appunto, l’emergenza profughi. Dalle informazioni giunte ai dirigenti del Carroccio, al sito di Clauzetto (il poligono militare dove sarebbe allestita una tendopoli) si aggiungerebbe quello della caserma Monti, nella zona della Comina a Pordenone. Una struttura militare non utilizzata, nell’elenco dei beni dismissibili, che sarebbe della partita. Il Carroccio è pronto ad alzare le barricate. La Prefettura, invece, ieri sera era completamente al buio, visto che non aveva ricevuto comunicazioni ufficiali dal ministero, né circa la tendopoli di Clauzetto, né sul possibile coinvolgimento della Monti.
Maroni: profughi africani nella caserma di Sgonico
Fino a 20 anni fa era la sede dei Lancieri di Novara. Ora è nella lista dei tredici centri di accoglienza indicati dal Ministero. Il sindaco Sardoc: Ma è di nostra proprietà ed è in uno stato di degrado
di Corrado Barbacini
La caserma di Borgo Grotta, nel Comune di Sgonico, è stata indicata dal ministro Roberto Maroni come uno dei tredici centri dove l’Italia potrebbe ospitare «immediatamente» i profughi della Libia. La struttura rientra nel cosiddetto piano dell’emergenza immigrati. Lì, dove fino a vent’anni fa, operavano i reparti dei Lancieri di Novara in un’area praticamente parallela al paese di Borgo Grotta, potrebbe insomma sorgere un Cie provvisorio. Cie è l’acronimo di Centro di identificazione ed espulsione. Insomma potrebbe trattarsi di una struttura simile a quella di Gradisca, in questo caso, ovviamente destinata in via esclusiva ai profughi della Libia. La notizia della caserma di Borgo Grotta è uscita ieri da ambienti romani vicini al ministro degli Interni. Ma fin da subito il sindaco di Sgonico, Mirco Sardoc, mette le mani avanti. Con malcelata ironia osserva: «Credo che si un po’ prematuro. Bisognerebbe creare le condizioni».
E poi lancia l’affondo: «Si dimenticano che la caserma è una proprietà del Comune di Sgonico. «In questi casi – puntualizza – bisognerebbe coinvolgere almeno il proprietario. Qualcuno mi dovrà spiegare perché non si coinvolgano per esempio le proprietà di altri comuni». E poi annuncia: «E’ un sito inquinato. Bisognerebbe bonificarlo dall’amianto. E le condizioni sono di degrado assoluto. Non c’è un sanitario nell’intera struttura e per vent’anni, prima che diventasse di proprietà del Comune, è stata meta di vandali». Alla fine propone: «Se si vorrà procedere con un esproprio…».
Come dire: se vogliono la caserma la paghino. Della eventuale riconversione se n’era parlato, seppur in via indiretta, due settimane fa quando il prefetto Alessandro Giacchetti aveva presieduto un incontro con la presidente della provincia Maria Teresa Bassa Poropat e il sindaco di Monfalcone Gianfranco Pizzolitto. Erano andato da lui come rappresentante dell’Upi e presidente dell’Anci. Racconta Poropat: «Avevamo rilevato che quello dei siti era un problema di rilevanza regionale che deve essere condiviso. Avevamo anche manifestato la preoccupazione dell’impatto provocato da una struttura del genere in un paese di 800 abitanti». Però il piano presentato dal ministro Maroni «non esenta alcuna regione dal prendersi in carico i profughi libici». Il criterio tutto quantitativo di distribuzione prevede mille stranieri ogni milione di abitanti. A dividersi l’onere in regione saranno, secondo la lista, l’ex poligono Ciarlec a Clauzetto e la caserma di Borgo Grotta.
E riguardo al reperimento dei siti, il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, non le manda a dire. «Che vadano in Friuli. Hanno tante caserme abbandonate da utilizzare. I profughi dovrebbero essere tenuti in mezzo alla campagna, non vicino a un centro abitato. Per fortuna – chiosa – che la questione non riguarda una struttura in Comune di Trieste. Anche perché la caserma di Banne è inagibile da tutti i punti di vista». Ieri la notizia dell’indicazione della struttura di Borgo Grotta si è diffusa a macchia d’olio. Diversi abitanti si sono fermati vicino alla caserma che ha i cancelli sbarrati. «Donne e bambini che vengano pure. Noi aiutiamo chi ha bisogno. Ma gli uomini che hanno fatto la guerra, è meglio di no», dice una che ieri pomeriggio stava facendo una passeggiata con un’amica proprio lungo il sentiero che costeggia il muro di quello che potrebbe diventare il nuovo Cie. E aggiunge: «Chi vivrà vedrà».
da Il Piccolo
“Profughi africani a Sgonico? Assurdo”
Il centrodestra del Comune carsico si allinea al sindaco Sardoc. La Lega: “Dipiazza intervenga per bloccare il progetto”
di Claudio Ernè
Chiederemo la convocazione urgente del Consiglio comunale di Sgonico per discutere di ciò che sta accadendo. Voglio sperare che la scelta dell’ex caserma Dardi come sede di un Centro di identificazione per immigrati non sia vera. Può darsi che il nome sia finito casualmente nella lista approntata a Roma assieme a quello di tante altre caserme dismesse. Ma questa scelta è assolutamente improponibile, sia perché l’area è di proprietà del nostro Comune, sia perché per renderla agibile sono necessari più di un milione di euro».
Lo hanno affermato ieri due consiglieri comunali d’opposizione nella località carsica in cui risiedono complessivamente 2190 persone. Denis Zigante del Partito delle Libertà e Piero Geremia dell’Unione di Centro sembrano oggi più vicini alla posizione espressa su questo tema dal sindaco Mirko Sardoc che a quella del ministro degli Interni, il leghista Roberto Maroni e degli altri esponenti – specie udinesi – del Carroccio. «È assurdo che a Borgo Grotta venga insediato un Cie. Il nostro no è assoluto. Il futuro della caserma Dardi deve essere necessariamente diretto a favorire la comunità che vive in questo Comune».
Piero Geremia rincara la dose. «Mi sembra strano che si sia scelta proprio una località in provincia di Trieste che territorialmente è la più piccola della regione. Ma riesco anche a capirne il motivo: il presidente della Provincia di Udine, il leghista antitriestino Piero Fontanini che appartiene allo stesso partito del ministro che ha compiuto queste scellerate e pericolose scelte, pensa forse che in questo modo la sua popolarità possa crescere e per l’ennesima volta si scaglia contro Trieste a cui ha già imposto il candidato sindaco e il marchio “tipicamente friulano” per la Barcolana. La provincia di Udine ha più spazi disponibili e molti più siti adatti a risolvere il problema. C’è un sito a Gorizia; si sta scegliendo un sito a Pordenone e si sta tentando di farne uno in provincia di Trieste. E Udine?»
Maurizio Ferrara, consigliere comunale della Lega Nord a Trieste, cerca di parare il corpo. Ha chiesto ieri, attraverso una mozione, che il sindaco Roberto Dipiazza si impegni a intervenire con la Regione, «per esprimere il parere assolutamente contrario del Consiglio comunale di Trieste all’accoglimento dei profughi libici nel territorio provinciale». In sintesi Maurizio Ferrara ripropone il contenuto dello slogan del Carroccio: “Padroni a casa nostra”. È però necessario capire quali sono i limiti territoriali di quella che viene indicata come “casa nostra”. La cosiddetta Padania, l’intera regione Friuli Venezia Giulia, la Provincia di Trieste, o il Comune di Sgonico o meglio la zona di Borgo Grotta Gigante e delle Girandole? Non si sa, anche se l’eventuale scelta rischia di togliere valore ai terreni e alle ville e villette che sono state o sono in costruzione in quel Comune.
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
da il Corriere del mezzogiorno
domenica prevista la protesta dei sindaci del calatino
Fuga dal Villaggio della Solidarietà
Gruppo di migranti nelle campagne
Si sarebbero allontanati in venti e non si tratterebbe del primo episodio verificatosi nel Centro Accoglienza
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CATANIA – Almeno venti migranti avrebbero lasciato il Villaggio della Solidarietà di Mineo facendo perdere le proprie tracce con una fuga precipitosa nelle campagne della zona. Secondo alcune indiscrezioni quello di stamane non sarebbe il primo episodio verificatosi presso il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo dove sono stati alloggiati alcuni extracomunitari trasferiti negli ultimi giorni dall’isola di Lampedusa. Molti dei nuovi arrivati temono di non riuscire a superare l’iter burocratico che conduce all’ottenimento dell’ asilo politico e, spaventati dall’ ipotesi di un rimpatrio, tentano di far perdere le proprie tracce. Saltare la recinzione alta circa 2 metri non è una impresa impossibile: l’unico ostacolo è il filo spinato che lascia comunque un margine non coperto di almeno 30 centimetri. Le forze dell’ordine stanno monitorando l’intera pianura e la Questura di Catania fa sapere che sono tuttora in corso controlli approfonditi.
DOMENICA PROTESTA DEI SINDACI – Il primo cittadino di Mineo Giuseppe Castania, che nei giorni scorsi ha definito «cartaccia» il Patto per la Sicurezza proposto dal ministero degli Interni, domenica mattina parteciperà ad un sit-in di protesta all’ingresso dell’ex Residence degli Aranci. «Era facile», ha affermato Castania, «prevedere un avvenimento del genere. Lo stesso ministro Maroni aveva detto che solo il 30 per cento degli immigrati sarebbe stato in grado di raggiungere lo status di rifugiato. Chi non ce la fa scappa per le campagne. Incontriamo quotidianamente i migranti che camminano lungo la statale». Il senatore dell’ Udc Achille Serra, oggi in visita nel comune calatino, ha dichiarato: «Mineo si appresta diventare una seconda Lampedusa, e questo non è accettabile. La situazione rischia di divenire drammatica se il Governo non interverrà con una risposta seria all’appello della cittadinanza».
LOMBARDO A LAMPEDUSA – L’emergenza immigrazione preoccupa non poco anche il governatore Raffaele Lombardo, che, sempre domenica, raggiungerà Lampedusa per verificare la situazione in prima persona. Grazie ad uno stanziamento di 250mila euro da parte della Regione Sicilia sono iniziate le prime operazioni di bonifica dei rifiuti lasciati sulle strade della cittadina, che ha ormai raddoppiato la sua popolazione grazie al flusso ininterrotto di nuovi arrivi. Agli spazzini ufficiali si è aggiunto anche un gruppo di tunisini, armati di palette e sacchetti, per ripulire la collina alle spalle del molo.
Andrea Di Grazia
Mineo, protesta contro il villaggio
“Da qui ogni giorno fughe di massa”
Manifestazione organizzata dai sindaci della zona. “Il governo non ha gestito al meglio la situazione: è impensabile volere tenere 1.500 persone dentro un recinto”
MINEO (CATANIA) – “C’è stata una previsione troppo ottimistica da parte del governo” che “non ha gestito al meglio la situazione: è impensabile volere tenere 1.500 persone dentro un recinto”. Lo ha affermato il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania, partecipando alla manifestazione indetta da primi cittadini del Calatino contro la realizzazione del Villaggio della solidarietà nel Residence degli aranci, nella Piana di Catania.
“Non sappiamo se questa struttura è un Cara o altro – ha aggiunto Castania – non sappiamo se arriveranno altri extracomunitari. Ma sappiamo che ci sono fughe di gruppi, di massa. Li vediamo andarsene verso Catania, ma anche girare nei nostri paesi, dove ci sono state già delle prime tensioni, anche se, per fortuna, per il momento, non è accaduto alcunché di grave”.
Alla manifestazione hanno preso parte il segretario del Pd della Sicilia, Giuseppe Lupo, il responsabile Sicurezza del Partito democratico, Emanuele Fiano, e il deputato democratico Giuseppe Berretta.
“Noi crediamo – ha osservato il sindaco di Mineo – che ci sarebbe voluta, e ci vuole ancora, una grande prudenza nella gestione dell’emergenza, per garantire solidarietà ma anche sicurezza. Fin’ora hanno sbagliato strategia e previsioni”.
Domani è previsto un incontro dei sindaci del Calatino a Palermo con il prefetto Giuseppe Caruso, che è commissario per l’emergenza immigrazione.
(27 marzo 2011)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Immigrati, Tondo punta i piedi contro le due tendopoli in Fvg
Il presidente: «A Roma ripeterò a Maroni che il Fvg già ospita clandestini a Gradisca». Moretton (Pd): «L’accoglienza è un dovere»
di Anna Buttazzoni
TRIESTE. «Non esiste alcuna comunicazione ufficiale e non cambio idea: il Friuli Venezia Giulia ha già dato, segnali di impegno arrivino ora da altre regioni, perché noi abbiamo già centinaia di immigrati sul nostro territorio». Il presidente Fvg Renzo Tondo non ci sta. Oggi ci sarà lui a palazzo Chigi, a Roma, per l’incontro tra gli esponenti delle Regioni e il ministro dell’Interno Roberto Maroni (Lega).
È stato il ministro a indicare la strada per uscire dall’emergenza-profughi per svuotare Lampedusa, chiedendo la disponibilità delle Regioni, spiegando che l’accoglienza dovrebbe essere tradotta in mille immigrati ogni milione di abitanti e prevedendo anche dei correttivi per le regioni che ospitano già strutture come Cie – centro di identificazione ed espulsione – e Cara – centri di accoglienza per richiedenti asilo. Dal Viminale è poi arrivata l’indicazione di 13 siti adatti all’ospitalità, tra i quali due in Friuli Vg: Clauzetto e Sgonico.
Ma Tondo, l’assessore alla Sicurezza, la leghista Federica Seganti, e i capigruppo del centro-destra insistono: l’accoglienza arrivi da ogni regione d’Italia. Oggi, poi, in Consiglio regionale sarà discussa la mozione presentata dalla Lega per “blindare” il no agli immigrati in regione.
Tondo, dunque, oggi volerà a Roma, discuterà con Maroni e con gli altri governatori, convinto che per il Fvg debbano essere applicati i correttivi già illustrati dal ministro. «Abbiamo sostenuto la linea di Maroni – ripete Tondo – sugli aggiustamenti per le regioni dove sono operativi Cie e Cara, che noi abbiamo. Ci aspettiamo quindi l’applicazione dei correttivi».
Secca anche Seganti. «Clauzetto e Sgonico sono solo due caserme dismesse e ubicate in zone isolate, non siti di accoglienza. Sui profughi – spiega Seganti – ognuno deve fare la propria parte, in primis l’Europa e Francia compresa. E sugli immigrati, invece, ci auguriamo che Maroni attui i respingimenti».
Stessa linea per il capogruppo della Lega in Consiglio regionale Danilo Narduzzi. «I tunisini non sono un’emergenza umanitaria, ma immigrati da respingere. Siamo contrari all’accoglienza in Fvg perché – argomenta Narduzzi – abbiamo già il 15% di presenze, il Cie di Gradisca, la base di Aviano dove sono raddoppiati i militari e problemi sociali e di sicurezza. Si trovino soluzioni altrove».
Chiede equità il capogruppo del Pdl in Consiglio Daniele Galasso. «La questione dev’essere trattata allo stesso modo in tutta Italia. Gli immigrati vanno respinti, i profughi accolti, ma il Fvg – aggiunge Galasso – è già sotto pressione. Solo se le condizioni saranno uguali in ogni regione allora faremo la nostra parte». Simile il pensiero dell’Udc con il capogruppo Edoardo Sasco. «Il problema dev’essere all’attenzione della Ue. E se verrà stabilito un principio generale deve valere per tutti e – conclude Sasco – delle caratteristiche del Fvg bisogna tener conto».
Alessandro Colautti, consigliere regionale del Pdl, spiega invece che se accoglienza dovrà essere, sia transitoria e dopo la verifica che si tratti davvero di rifugiati politici. «L’emergenza non deve trasformarsi in stanzialità, come è accaduto ai tempi dell’immigrazione dall’ex Jugoslavia, a meno che non si voglia accendere la miccia di un conflitto sociale che farebbe saltare il banco creando tensioni dalle ricadute pericolosissime. Il nostro compito sarà proprio quello – conclude Colautti – di aiutare i libici a tornare in Libia».
Parla invece di accoglienza e solidarietà il capogruppo del Pd in Consiglio regionale Gianfranco Moretton. Che bacchetta governo e Lega. «Il Friuli Venezia Giulia ha il dovere di attivare tutte le azioni necessarie per l’accoglienza. Quella della Lega, che mi auguro sia una posizione minoritaria – continua Moretton – che vuole lavarsene le mani cavalcando l’onda del più gretto e becero populismo, non può ricevere la comprensione di nessuno, perché l’azione della Lega inconcludente e rischia di creare situazioni di pericolo sanitario e di disordini sociali».
Per Moretton, però, l’accoglienza non dev’essere calata dall’alto, ma concordata con regioni e sindaci. «Perché sono gli amministratori locali – spiega il capogruppo del Pd – a conoscere i luoghi adatti per attrezzature, sicurezza e dignità di queste persone. E non mi risulta che Clauzetto, ad esempio, lo sia”
Il Piccolo
Il giallo dei profughi si infittisce, Tondo a Roma dal premier
Voci, smentite, mezze conferme. Ma nessuna ufficialità. È sempre più fitto il mistero sul possibile arrivo in Friuli Venezia Giulia degli immigrati di Lampedusa. Si parla di riaprire le caserme dismesse o di allestire tendopoli all’interno delle stesse strutture. Due le località indicate, al momento, in regione: Sgonico in provincia di Trieste e Clauzetto a Pordenone.
Oggi è attesa una schiarita, forse definitiva: Renzo Tondo è volato a Roma per un faccia a faccia con Berlusconi e Maroni. Appuntamento a Palazzo Chigi alle cinque del pomeriggio con tutti i presidenti di Regione
Sul tavolo il peso di una decisione umanitaria e politica insieme. Il Viminale dovrà disegnare una mappa precisa dei siti e decidere luoghi, tempi e numeri. «Io sono stato convocato – mette le mani avanti Tondo – vedremo cosa avranno da dirmi, ora non so cosa vogliono».
Tutto fa pensare all’allestimento di tendopoli nelle vecchie strutture militari, come nella caserma di Borgo Grotta, nel comune di Sgonico. Un’ipotesi, ma insistente, anche da fonti vicine al Viminale. Il governatore dice di non saperne nulla: «A me non hanno fatto sapere ancora niente, vedremo». Nessuno esclude che la Regione, in questa fase, sia tenuta fuori e che Maroni stia trattando direttamente con il suo braccio operativo sul territorio, la Prefettura, appunto. In fondo è Luca Ciriani stesso ad ammettere che «finora è mancata la comunicazione con il ministero, è già una settimana che stiamo aspettando di capire qualcosa di questo piano». Nulla anche sulle tendopoli triestina e pordenonese: «La Protezione civile non è mai stata allertata per un’operazione del genere, noi non siamo a conoscenza di soluzioni simili, vero è che le ex caserme che abbiamo sono un disastro» precisa il vicepresidente. Ciriani ribadisce ancora una volta che «i sacrifici devono essere fatti prima delle altre regioni e poi eventualmente da noi».
Una linea stabilita fin dall’inizio e che Tondo dovrà tenere alta al vertice di oggi a Roma. «Mi auguro che ci sia margine di trattativa e che il Friuli Venezia Giulia, almeno in un primo momento, sia escluso dal dover accogliere i profughi, perché qui siamo già pieni, basta vedere cosa succede al Cie di Gradisca» osserva Ciriani. La strada imboccata dal ministero pare andare invece in un’altra direzione. «Già – riflette il vicepresidente – e può accadere che Maroni ci mandi qui chi vuole lui. Così, d’imperio. Lui può farlo». Intanto si rinfocolano le proteste. Stavolta non di stampo politico, bensì dei Vigili del Fuoco. La Uil denuncia che «il corpo regionale adesso è privo della Colonna mobile: da Udine è stata inviata al campo profughi di Manduria. E dunque i Vigili, in caso di allarme, non potrebbero fornire alloggio al personale impiegato nelle operazioni di soccorso».
L’emergenza umanitaria di Lampedusa e il ruolo del Friuli Venezia Giulia saranno esaminati anche in Consiglio regionale. «I siti individuati sono inadeguati – sostiene il Cittadino Stefano Alunni Barbarossa – Sgonico e Clauzetto non sono assolutamente idonei». Il consigliere chiede alla giunta «come intende muoversi a fronte del no ricevuto dalle amministrazioni interessate». E le tensioni potrebbero spostarsi anche in aula.
Cie e Cara, confermato lo stop a trasferimenti e ingressi
GRADISCA A giorni, probabilmente già domani, sarà affidato dell’appalto triennale da circa 15 milioni di euro per la gestione di Cie (Centro di identificazione ed espulsione) e Cara (centro di accoglienza per richiedenti asilo), mentre la prossima settimana ci sarà la riapertura della cosiddetta “zona verde”, che consentirà alla struttura di disporre di ulteriori 5 stanze, con una capienza di 44 posti. Due scadenze che restano ufficiose; è ufficiale, invece, almeno per il momento, il blocco di trasferimenti e ingressi per le due strutture isontine, che restano tagliate fuori dal piano d’emergenza disposto dal Viminale per risolvere l’emergenza di Lampedusa. Blocco che, complici anche gli 8 arresti effettuati la scorsa settimana a seguito dell’ultima rivolta (conclusasi con un bilancio di 6 fuggiti e due militari contusi), ha consentito di mantenere l’emergenza entro i livelli di guardia all’interno del Cie, dove sono attualmente ospitati circa 80 immigrati, una trentina dei quali ospitati nelle uniche due camere attualmente agibili, mentre gli altri restano sistemati nei corridoi e in locali originariamente predisposti per altre funzioni. Restano in vigore, intanto, le restrizioni per gli ospiti disposte dalla Prefettura di Gorizia,ovvero il divieto di fumare e di possedere telefonini cellulari, mentre relativamente all’area verde che sarà a breve riaperta esisterebbe già una direttiva della Questura che non prevede la dotazioni dei materassi nelle 5 camere, al chiaro fine di evitare nuovi incendi. Dopo le tre partenze dei giorni scorso per il villaggio catanese di Mineo, inoltre, sospesi anche gli spostamenti in altri centri italiani per i richiedenti asilo del Cara. (m.c.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Rassegna stampa del 01/04/11
Piccolo
Emergenza profughi, bufera in Regione
La Lega accusa Caritas e Don Vatta: “Profitti sugli immigrati”. Intanto la Prefettura indica dieci siti. Tondo aspetta Maroni
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE Succede tutto in quarto d’ora. Il capogruppo della Lega Nord si schiarisce la voce, aspetta di avere l’attenzione dei colleghi e parte con la sua arringa. «C’è chi vuole realizzare profitti sulle emergenze, ci sono associazioni che hanno interessi. Quello dei clandestini è un business enorme: chi affitta case in nero, chi dà pasti, per non parlare della Marina militare». Il brusio si attenua.
Si parla di immigrati e del piano che la Regione dovrebbe predisporre per accogliere i profughi di Lampedusa. L’aria è tesa perché il Carroccio vuole stanare la giunta e sapere cosa intende fare di preciso il presidente Tondo dopo aver partecipato al vertice di Roma.
La Lega ha preparato una mozione e con un blitz ha fatto stravolgere l’ordine del giorno dei lavori del Consiglio per discuterla. Narduzzi riprende il filo del discorso e lancia un attacco a «quelle associazioni che hanno interessi». Il capogruppo tira in ballo Don Mario Vatta e Schiavone: «Dicono che le strutture sono pronte, si tratta di una solidarietà pelosa». Il leghista fa riferimento a un articolo uscito ieri sul Piccolo che riportava le riflessioni dei due. Non è finita
Nel calderone di Narduzzi finisce anche la Caritas: «È in prima fila nel mercimonio della solidarietà». In aula scende il gelo. Le accuse al fondatore della Comunità di San Martino al Campo e al presidente del Consorzio italiani di solidarietà sono pesanti. Franco Codega chiede la parola. Il consigliere del Pd ed ex presidente regionale delle Acli non riesce a trattenere la rabbia: «Cosa stai dicendo, come ti permetti – urla – stai insultando don Vatta, stai dicendo che lui guadagna sulla pelle degli immigrati. Lui che da quarant’anni aiuta i barboni di Trieste. Codega alza gli occhi sulla croce che domina la parete dell’aula. «È lui che stai insultando».
In Consiglio è subito bufera. «Narduzzi ha detto cose pazzesche, allucinanti – dichiarano in coro Pd e Rifondazione. Anche il Pdl prende le distanze. Maurizio Bucci afferma: «L’attacco che abbiamo sentito è un’occasione ghiotta per creare una nuova frattura con la Lega, ma noi non approfittiamo di questioni così importanti, come l’immigrazione, per farne uso politico». In serata don Mario Vatta scuote il capo e si limita a bollare come «ignobile» l’intervento del leghista. E aggiunge, a voce bassa: «Ci dica quel politico chi si sarebbe fatto che so, una casa, sulle spalle degli immigrati. Forse io? No, io dormo con i barboni da quarant’anni. Narduzzi deve chiarire chi avrebbe fatto le cose che sta dicendo».
Il fronte della polemica si fa sempre più velenoso, insomma. E oggi, peraltro, il Viminale potrebbe emanare il piano-immigrati. Fonti della Prefettura fanno sapere che potrebbero essere una decina i siti individuati in Friuli Venezia Giulia. Insomma, una mappa delle caserme dismesse ci sarebbe, ma resta rigorosamente top secret. «Non possiamo dire niente prima di aver sentito il ministero – affermano dal Palazzo del governo di Piazza Unità. Una prospettiva che il presidente Renzo Tondo, indirettamente, smentirà. Il governatore, infatti, esclude l’ipotesi di caserme e tendopoli». E assicura che «la cabina di regia di Regioni, Province e Comuni è un passo avanti per prendere decisioni coerenti con le disponibilità del territorio, perché in un primo momento si pensava che Roma volesse agire d’autorità».
Tondo annuncia inoltre che un’ottantina di immigrati potrebbe essere ospitata «nelle case famiglia» della regione. «Non è un problema perché ci sono disponibilità anche nei centri di accoglienza privati e si tratterebbe di inserire dieci persone per posto». Il Fli però teme che la Regione arrivi impreparata e, attraverso il segretario regionale Paolo Ciani, chiede di creare subito «un tavolo con enti locali, associazioni e forze politiche. Il rischio è subire comunque le scelte del ministro Maroni».
Messaggero Veneto
Il piano-accoglienza in Fvg: i profughi in case famiglia
Tondo conferma che potrebbero arrivare alcune decine di richiedenti asilo. Chiesta la disponibilità di tre sedi Ial. In Aula è bagarre sulla mozione della Lega
di Anna Buttazzoni
UDINE. Nessun clandestino, ma un centinaio di profughi sì. Il Friuli Venezia Giulia, come da accordo siglato mercoledì sera tra Regioni e governo anche dal presidente Renzo Tondo, farà la sua parte in aiuto agli immigrati in arrivo dal Nord Africa. È Tondo a confermarlo, escludendo la possibilità che vengano creare tendopoli o utilizzate caserme dismesse. Con ogni probabilità, invece, i richiedenti asilo saranno ospitati in case di accoglienza e strutture private, come tre sedi dello Ial, a Magnano in Riviera, Gemona e Piancavallo, come conferma la Cisl.
Ma sul tema degli immigrati ieri in Consiglio regionale è stata ancora bagarre, con Tondo presente e con Pdl, Udc e Lega a rimpallarsi la responsabilità per la mancanza del numero legale – e quindi della possibilità di proseguire la discussione e di andare al voto – durante l’esame della mozione presentata dal Carroccio per non consentire l’arrivo in Friuli Vg di clandestini.
«Tra Regioni e governo – ha spiegato ieri il governatore – si è deciso di istituire fare una “cabina di regia” nella quale il governo si confronterà con Regioni, Province e Comuni per decidere il da farsi, cioè per prendere decisioni che siano coerenti con le disponibilità e le aspettative del territorio. È un passo avanti, anche perché in un primo momento sembrava che il governo volesse procedere d’autorità».
Il governatore ha confermato che i clandestini non troveranno posto in regione. «Al momento il governo sta spostando sul territorio nazionale, ma non in Friuli Venezia Giulia, qualche migliaio di clandestini che sono presenti a Lampedusa. Berlusconi – ha aggiunto Tondo – ci ha informato di avere raggiunto un accordo con le autorità tunisine affiché non ne arrivino più. Quindi trovata sistemazione per questi dovremmo essere abbastanza a posto. Rimangono alcune migliaia di profughi, questione diversa dai clandestini, che potrebbero essere portati nelle regioni. Ma in questo caso di parla di 80/100 persone al massimo che potrebbero essere ospitati nelle “case famiglia” anche della nostra regione. Però parliamo di profughi non di clandestini».
Strutture però non sono ancora state individuate. «Ma non è un problema – ha spiegato il governatore – nel senso che ci sono disponibilità anche nei centri di accoglienza privati. Nel caso ci trovassimo nella necessità di accogliere 70/80 persone si tratterebbe di inserire dieci persone per posto».
Giovanni Fania, segretario regionale della Cisl, conferma che dalla Regione è arrivata la richiesta di disponibilità nelle sedi dello Ial. «Possiamo utilizzare – conferma il cislino – le strutture di Magnano, Gemona e Piancavallo, ma solo per l’accoglienza di minori non accompagnati, per i quali organizzare anche corsi di italiano».
Ieri il Consiglio regionale, invece, non ha preso posizione sulla questione clandestini sollevata dalla Lega. «Dispiace – ha commentato Narduzzi – che non si sia potuto completare il dibattito. Ma abbiamo fiducia in Tondo e sappiamo che troverà una soluzione, perché non vogliamo clandestini. Sui profughi, invece, se saranno cento e a tempo determinato, possiamo ragionare».
Puntualizza il capogruppo del Pdl Daniele Galasso. «Io ero in Aula, gli altri no. E non accetto responsabilità di nessun tipo, anche perché della Lega non c’era nessuno presente. Alle 18.15, con ancora 15 minuti a disposizione, otto persone iscritte e senza numero legale, non si sarebbe potuto fare altro che chiudere la seduta», chiude Galasso.
Rassegna stampa del 31/03/11
Il Piccolo
Profughi anche in Fvg ma non a Sgonico
La decisione al vertice fra il governo e le Regioni. Scartata pure l’ipotesi della caserma di Clauzetto (Pordenone)
di Gianpaolo Sarti
TRIESTE Un punto fermo. Gli immigrati di Lampedusa arriveranno anche in Friuli Venezia Giulia. Ormai è certo. E, come si legge nel patto sottoscritto ieri sera tra Palazzo Chigi ed Enti locali, le Regioni dovranno farsi carico dei profughi, così come dei clandestini. A spese del governo, però.
Il Presidente Renzo Tondo, che fin da subito aveva dettato una linea chiara – “prima gli altri, perché noi siamo pieni” – non vuole commentare l’esito del summit. «Inutile parlare visto che al momento non sappiamo niente su quali saranno i siti scelti», dice. Infatti nel documento non ci sono numeri e nemmeno tempistiche, perché il testo uscito dal vertice di Roma è solo un primo passo. Non si fa riferimento a caserme, siti o tendopoli. Ma si sa che sarà la Protezione Civile a gestire l’emergenza. Come, dove e quando è tutto da vedere. Ma è questione di giorni, forse di ore.
C’è un altro punto fermo. Che non arriva da Roma, ma dalla Prefettura di Trieste: la caserma di Sgonico è esclusa dal piano-immigrati. «Confermo – dice il deputato Massimiliano Fedriga – ho parlato con Maroni». Scartata pure la struttura di Clauzetto, a Pordenone. «Non l’avevamo mai presa in considerazione», sostengono fonti governative: «Esamineremo altre caserme dismesse».
E mentre la Prefettura di Gorizia afferma di non aver fornito alcun luogo all’elenco trasmesso dal Friuli Venezia Giulia alla capitale, spunta una nuova ipotesi. La rende nota il segretario regionale del Fli, Paolo Ciani: «Siamo venuti a conoscenza di richieste esplorative e di preventivi economici fatte in questi giorni per sistemare velocemente la caserma di Gemona,del Friuli Goi Pantanali. Siamo preoccupati».
Il partito di Fini già in giornata aveva mandato un chiaro messaggio a Tondo che “non deve subire passivamente le imposizioni dei ministri Maroni e La Russa e che deve dare direttive per i profughi, non per i clandestini”. Secondo Ciani “la Regione, con la crisi economica in atto, non può farsi carico di una crisi umanitaria che non le compete, nemmeno utilizzando la Protezione civile”. In serata altri dettagli. «In Friuli Venezia Giulia le caserme a disposizione del Viminale saranno selezionate tra quelle gestite dallo Stato e non tra quelle che sono state trasferite ai Comuni» – spiega l’assessore Federica Seganti, che aggiunge: «Ora stiamo lavorando sulle modalità e i criteri» .
A breve, dunque la fase operativa del piano-Maroni. Il ministro deve però incassare il dissenso del Sindacato Autonomo di Polizia, già in polemica per i tagli subiti dal corpo negli scorsi mesi. «Per affrontare questa ondata di persone ci vogliono uomini e mezzi, e occorre fare presto”. Dal Friuli Venezia Giulia si fa sentire Debora Serracchiani che, attraverso il proprio blog, bolla come “fallimentare” la gestione dell’emergenza. Per il segretario regionale del Pd “quel che nausea davvero è l’utilizzo immorale del dramma umanitario per acchiappare un pugno di voti, come fa la Lega, o per sfuggire alla giustizia, come fa Berlusconi”.
Messaggero Veneto
Profughi, Tondo firma a Roma. La leghista Seganti dice no
Il presidente sigla il piano per l’accoglienza, ma nella maggioranza è scontro. Serracchiani: da Lega e premier utilizzo immorale di un’emergenza
di Anna Buttazzoni
UDINE. Anche il governatore Renzo Tondo ha firmato l’intesa tra Regioni e governo per l’accoglienza ai profughi. «Ma non ho nulla da dire – spiega in tarda sera il presidente Fvg -, perché non vanno alimentate polemiche e perché al momento non si pone alcun problema»
Nel pomeriggio il “suo” assessore alla Sicurezza, la leghista Federica Seganti, è invece stata risoluta. «Non ritengo che questa Regione debba assumersi responsabilità. Attualmente non è stato individuato alcun sito – ha detto Seganti – e penso che non sarà individuato in regione nemmeno nelle prossime settimane».
Incalzata in Consiglio dalle domande di Pd, Cittadini e Misto, l’assessore ha poi ricordato che in Fvg pesano già le attività della base Usaf di Aviano, del Cie e del Cara di Gradisca d’Isonzo. E, dopo un incontro in Prefettura a Trieste, Seganti ha escluso le ipotesi di Clauzetto e Sgonico come luoghi per l’accoglienza, ipotesi emerse nei giorni scorsi. «Stiamo lavorando sulle modalità e i criteri per la scelta dei siti. Siamo riusciti a far passare il criterio secondo cui – ha esplicitato Seganti -, se ci sarà un elenco delle località, le caserme messe a disposizione saranno quelle di proprietà dello Stato e non quelle già trasferite ai Comuni».
Un criterio che escluderebbe Sgonico, sul Carso triestino, gestita dal Comune di Trieste. E per improbabile è data anche la scelta di Clauzetto, perché non distante dalla base di Aviano. Seganti ha quindi concluso: «Forse in Fvg eventuali centri di accoglienza temporanei non ce ne saranno proprio».
Eppure Paolo Ciani, coordinatore regionale del Fli e consigliere regionale, ha riferito di «richieste esplorative di preventivi economici per sistemare velocemente la caserma di Gemona “Goi Pantanali”. Auspichiamo – ha concluso Ciani – che Tondo sappia non subire passivamente imposizione dei ministri Maroni e La Russa, dando indicazioni per la gestione dei profughi e non dei clandestini.
Il dibattito ha animato ieri i lavori del Consiglio regionale, dove oggi verrà discussa una mozione della Lega per opporsi agli arrivi in regione. A presentare interrogazioni a Seganti sono stati Edouard Ballaman (Misto), Annamaria Menosso (Pd) e di Stefano Alunni Barbarossa (Cittadini). E se quest’ultimo si è detto stupito «dall’atteggiamento troppo attendista della giunta», Ballaman ha lanciato una provocazione: «Va bene accogliere le tendopoli degli immigrati in Friuli Vg solo quando il presidente della Repubblica metterà a disposizione in egual maniera la tenuta presidenziale di Castelporziano»
Critico il Pd. «Evidentemente l’appello del Capo dello Stato a una disponibilità diffusa tra le Regioni per risolvere il problema di Lampedusa – ha sottolineato Franco Codega (Pd) – non ha fatto breccia sul governo regionale. La soluzione è la tendopoli, a casa d’altri. Una soluzione sbagliata dai punti di vista sanitario, logistico e abitativo».
Idv, per voce del consigliere Enio Agnola, ha invece proposto l’utilizzo delle caserme dismesse, per ospitalità provvisoria. «Il Fvg – ha spiegato Agnola – non è in grado di gestire presenze a lungo termine, perché si creerebbero squilibri ingestibili».
«Quel che nausea davvero è l’utilizzo immorale di un’emergenza umanitaria per acchiappare un pugno di voti, come fa la Lega, o per sfuggire alla giustizia, come fa Berlusconi». Così Debora Serracchiani, eurodeputata e segretaria regionale del Pd, che affida queste considerazioni al suo blog commentando la visita di ieri a Lampedusa del premier.
«Dopo la ricostruzione invisibile dell’Aquila e la sparizione fittizia delle immondizie di Napoli, ora il governo-show di Berlusconi si trasferisce a Lampedusa. Diventa sempre più comprensibile a tutti – spiega Serracchiani – il motivo per cui l’Italia è trattata come un partner folkloristico, una specie di parente povero che viene messo alla porta quando si parla di cose serie. È infatti del tutto inutile fare fumo rinfacciando all’Europa di essere assente quando poi dall’estero assistono a queste pagliacciate, e il primo a latitare è proprio il governo, che dovrebbe ammettere di aver fallito la gestione di un’emergenza annunciata da tempo».
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Messaggero Veneto del 01/04/11
Cie: riapre un’area con cinque stanze
Il ripristino parziale del centro non toglierà il blocco degli arrivi di altri clandestini scattato dopo i danneggiamenti delle scorse settimane
GRADISCA Fine dell’emergenza. Forse. Dopo due mesi di lavori, coincisi con uno dei periodi più turbolenti per la struttura (devastata dagli incendi e dalle rivolte), dovrebbe essere riaperta oggi la cosiddetta “zona verde” del centro di identificazione ed espulsione (Cie) di via Udine, una delle tre aree in cui è suddiviso il complesso. Nuovamente a disposizione, quindi, cinque stanze, che garantiscono una capacità di 44 posti, consentendo così un alloggio meno precario ai circa 60 ospiti (sugli 85 attualmente presenti) che fino ad ora era stati alloggiati nei corridoi e nei locali mensa e centralino, visto che le stanze rimaste agibili dopo i disordini di febbraio erano rimaste due, delle quali solo una continuerà ad essere fruibile dalla prossima settimana, quando partiranno gli interventi di adeguamento e messa in sicurezza (presumibilmente) nella zona rossa. “Zona verde” che, tuttavia, quasi sicuramente non sarà provvista di materassi: nonostante restino ancora in vigore i divieti di fumare e di possedere accendini e telefonini cellulari, infatti, le autorità giudicano sempre alto il rischio che gli immigrati appicchino per protesta nuovi incendi. Riapertura, parziale, del centro di via Udine che, tuttavia, non toglierà il blocco agli arrivi scattato nelle scorse settimane a seguito delle oggettive difficoltà nel gestire la struttura a fronte dei danni subiti dalla stessa. Non sono previsti, al momento, anche i trasferimenti, anche perché l’alta percentuale di tunisini tra gli ospiti lascia intendere che si procederà direttamente alle espulsioni dalla struttura gradiscana, dove da ormai un paio di settimane la situazione sembra essere tornata alla normalità. I lavori di adeguamento delle tre aree del Cie sono stati appaltati per una cifra di circa un milione e mezzo di euro e prevedono, oltre al ripristino di telecamere e sistemi di rilevamento a infrarossi, anche l’innalzamento di oltre un metro delle recinzioni esterne. (m.c.)
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager
Superate le 200 visite
Il comportamento dei media. Il Piccolo (che per l’isontino è di gran lunga più importante del Messaggero) in questa occasione è stato più generoso (articolo su 5 colonne) che per la manifestazione del 12 marzo (un articolo striminzito su 3 colonne ed una mutilazione dei contenuti). Da notare inoltre che la RAI regionale ha annunciato alla radio che si sarebbe svolto il presidio del 2 aprile e poi ha fatto un servizio alla TV, mentre per il 12 marzo c’era stata la censura totale dell’iniziativa; e si che i numeri erano completamente diversi: 200 presenze certe al 12 marzo in confronto a meno di 100 presenze al 2 aprile.
Il Piccolo 3 aprile 2011. Fai “visualizza immagine” per ingrandire
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Messaggero Veneto DOMENICA, 03 APRILE 2011 Pagina 60 – Provincia
PRESIDIO
«Cie, struttura antidemocratica»
Chiesto il rientro a Gradisca dei tre richiedenti asilo del Cara
GRADISCA Riportare a Gradisca i tre richiedenti asilo del Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che nelle scorse settimane erano stati trasferiti al villaggio catanese di Mineo. E’ la richiesta di associazioni, movimenti antirazzisti, partiti (Rifondazione comunista e Sinistra Critica) e rappresentanze sindacali che si sono date appuntamento ieri, davanti al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di via Udine, per un presidio «contro i bombardamenti in Libia e la guerra ai migranti». Un centinaio gli attivisti accorsi a Gradisca e pronti a denunciare la situazione di un richiedente asilo curdo «che dopo 4 mesi al Cara di Gradisca aveva ottenuto la convocazione, fissata per il 7 aprile, da parte della commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. Adesso minaccia il suicidio, non vuole più stare nel ghetto di Mineo: vuole tornare a Gradisca per difendere i suoi diritti». Nel mirino dei portavoce del presidio, però, anche il Cie. «Un vero e proprio dispositivo di guerra interna dello Stato, creato sulla base di un’ideologia e sulla pelle dei migranti. Strutture come quella di Gradisca succhiano 5 milioni di euro l’anno agli italiani: il Cie non è un problema di sicurezza, ma di democrazia». «Il Cie è una foglia di fico – ha denunciato l’esponente dei Verdi, Alessandro Metz – per coprire gli interessi elettorali della Lega, quando i soldi che vengono spesi in queste strutture potrebbero tranquillamente sostenere politiche concrete per difendere il diritto d’asilo europeo”. (m.c.)
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Report. Oggi sabato 2 aprile in concomitanza con le manifestazioni contro la guerra in Libia, l’Officina Sociale di Monfalcone, la Tenda per la Pace, l’area dei disobbedienti, hanno organizzato un presidio al quale hanno partecipato una settantina di persone. Il comportamento della Questura. Anche in questo caso ci sono state le prescrizioni limitative da parte della Questura, ma molto meno pesanti che per il 12 marzo, meno polizia, niente fermi stradali, niente elicottero, niente divieto di somministrazione alcolici, niente divieto di uscire ai richiedenti asilo del CARA, oltre una decina dei quali ha anche partecipato tranquillamente alla manifestazione.
I nomi dei tre ragazzi del CARA deportati a Mineo
Oltre una decina di richiedenti asilo del CARA si sono uniti alla manifestazione
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Marzo 17th, 2017 — CIE = Lager, General
Torna agli onori della cronaca una nostra vecchia conoscenza la Cooperativa Minerva, la prima a lucrare sulla pelle dei detenuti del CIE (allora CPT) di Gradisca da quando fu aperto nel marzo del 2006. In quegli anni i movimenti antirazzisti della regione impegnati nella lotta contro il lager attuarono numerose forse di pressione e boicottaggio delle Minerva che costarono anche delle denunce ad alcuni attivisti. Non stupisce che a consegnare il premio sia stato proprio Napolitano che fu uno degli inventori delle prigioni per immigrati con la famigerata legge Turco-Napolitano del 1998. Sono passati alcuni anni da quando la gestione del campo è passata di mano, ma è importante tenere allenata la memoria di chi si è reso aguzzino e complice dei CIE.
info-action reporter
tratto dal sito bora.la
La cooperativa Minerva di Gorizia premiata dal presidente Napolitano
«Innovazione prima di tutto: per rendere competitiva l’azienda, per creare nuovi posti di lavoro, per mantenere alto il livello occupazionale, per specializzare le risorse umane consolidandole come patrimonio dell’impresa, ma soprattutto innovazione come modello di crescita, non solo per l’azienda ma per il territorio, i partner, gli stakeholder, il mercato. Innovazione e responsabilità sociale». Sono le dichiarazioni di soddisfazione pronunciate da Adriano Ruchini, Presidente di Minerva Scpa e Presidente di Confapi Gorizia, all’annuncio della assegnazione del premio Imprese x Innovazione di Confindustria e del Premio dei Premi attribuito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Quest’ultimo riconoscimento è stato consegnato a Minerva martedì 14 giugno dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano in una manifestazione esclusiva tenutasi al Quirinale.
«Questa vittoria è il simbolo più evidente della svolta epocale che sta coinvolgendo il territorio goriziano. L’eccellenza e la sostenibilità indicano la strada per un rilancio che potrà coinvolgere e dare energia a tutte le PMI, trasformando il nostro tessuto imprenditoriale in un hub capace di esprimere innovazione, qualità, internazionalizzazione al servizio dell’economia nazionale ed europea. Inoltre, le PMI rappresentano una quota rilevante dell’economia mondiale sia in termini di opportunità di impiego che di capacità di generare valore. Impostare la propria gestione strategica sulle basi della CSR può rappresentare l’opportunità di distinguersi nel contesto globale, ottenendo vantaggi competitivi su cui costruire strategie di crescita sostenibile nel lungo periodo. Con uno sguardo rivolto a 360° il goriziano ha l’opportunità di diventare un laboratorio ad altissima potenzialità».
Oltre a questo riconoscimento appena ricevuto vale la pena di ricordare che Minerva è tra i sei finalisti della Competizione Europea sulla Sostenibilità promossa dalla Fondazione Europea dell’Eccellenza, e nella cui giuria siedono i rappresentanti di CSR Europe, Organismo Europeo della sostenibilità e responsabilità sociale.
Nonostante la crisi e grazie ai modelli gestionali adottati, Minerva dal 2005 al 2010 è passata da 4,17 milioni a oltre 12 milioni di euro di fatturato. Le nuove acquisizioni hanno raggiunto per la società una quota del 35% con elevata percentuale di clienti fidelizzati. La crescita di Minerva è stata caratterizzata da parametri di sviluppo sostenibili, contribuendo al consolidamento dell’azienda.
Minerva con l’ampliamento di mercato raggiunto, gestisce quasi il 90% delle strutture ospedaliere della Regione Friuli Venezia Giulia. Grazie al vantaggio competitivo percepito e oggettivamente valutato dalla committenza, riesce ad affermare il proprio marchio e la propria qualità di servizi in una prospettiva futura di sempre maggiore crescita.