Da Il Piccolo del 15/05/2012
«Decine di altri casi come Alina»
di Corrado Barbacini Dietro il suicidio di Alina, la donna ucraina morta in una stanza del commissariato di Opicina, ci sono «decine di altri casi» di detenzioni illegali. Parla chiaro il procuratore capo Michele Dalla Costa: «L’attività d’indagine è rivolta a verificare se anche altre persone, come pare, sarebbero state trattenute senza alcun provvedimento nel commissariato. In particolare stiamo accertando anche questi aspetti in relazione ai diritti inalienabili di tutte le persone». Le parole secche e misurate indicano la direzione in cui si stanno muovendo le indagini coordinate dal pm Massimo De Bortoli scaturite dal suicidio della cittadina ucraina all’interno della camera di “controllo” del commissariato di Opicina. Dall’esame dei 49 fascicoli acquisiti durante la perquisizione effettuata mercoledì scorso negli uffici dell’ufficio immigrazione dela Questura e, in particolare, in quello del dirigente Carlo Baffi, indagato per sequestro di persona e omicidio colposo, sta infatti emergendo che le detenzioni illegali avrebbero riguardato, dallo scorso mese di agosto, altri 49 stranieri i cui nomi compaiono sui fascicoli stessi. Dalla Costa parla di «decine di stranieri». Extracomunitari che, anche per quattro giorni consecutivi in alcuni casi, sarebbero stati reclusi senza alcun provvedimento, né amministrativo, né penale all’interno della cosiddetta stanza di controllo del commissariato di Opicina. Ma non solo: il procuratore Dalla Costa punta il dito annche su un altro aspetto relativo all’inchiesta. È quello – non trascurabile – della detenzione in senso stretto nel commissariato. In pratica Alina e gli altri “sequestrati” in attesa di espulsione sono stati chiusi a chiave nella cella di Opicina. Anche su questo aspetto, non trascurabile, Dalla Costa si sofferma. Sul fatto cioè che il suicidio – filmato dalle telecamere a circuito chiuso – è avvenuto in una struttura di polizia dove quella persona non avrebbe dovuto essere deportata. Su questi elementi d’accusa nei confronti del dirigente dell’ufficio immigrazione si inseriscono, secondo la Procura, anche gli esiti della perquisizione di mercoledì. Che come noto ha riguardato su ordine del pm Massimo De Bortoli anche l’abitazione di Baffi, dalla quale i finanzieri e i poliziotti incaricati dalla Procura hanno prelevato alcuni libri dal contenuto antisemita. Sequestri questi che hanno provocato non poche polemiche, tanto che il segretario dell’Associazioone nazionale funzionari di polizia Enzo Marco Letizia ha annunciato di stare valutando l’opportunità di presentare un esposto al Consiglio superiore della Magistratura. Afferma in proposito Dalla Costa: «Lo facciano. Posso dire che dal mio punto di vista non ci sono comportamenti della Procura da meritare l’attenzione del Csm». Intanto l’avvocato Sergio Mameli, che assiste i familiari dell’ucraina, ha depositato una memoria in cui chiede il sequestro di tutta la documentazione medica riguardante Alina Bonar Diachuk custodita nell’infermeria del carcere del Coroneo
S
Riceviamo e pubblichiamo.
Volantino del Presidio contro il Carcere. Trieste sabato 16 giugno ore 16.30 davanti al Coroneo
Da Il Piccolo del 20/07/12
Il Coroneo scoppia e manca l’acqua calda sale la protesta in cella dei 240 detenuti
Protesta nuova, problema vecchio. A causa del sovraffollamento anche il Coroneo è una potenziale polveriera. Continua a scoppiare di detenuti. La casa circondariale di Trieste deve fare i conti con una struttura vecchia. L’ultima tegola: l’acqua calda che non esce da due settimane. Lì ci si lava solo con quella fredda, e si andrà avanti a farlo fino a mercoledì, quando arriverà e sarà rimontato il pezzo di ricambio del miscelatore. Costo, circa 1.600 euro. È stato ordinato subito dopo il guasto dal direttore della struttura Enrico Sbriglia, nonostante quella spesa non sia nemmeno coperta. E meno male che siamo in estate. Proprio per questo, dalle finestre aperte del vicino Tribunale di Foro Ulpiano, si sentiva levare l’urlo degli ospiti del Coroneo: «Vogliamo l’acqua calda». A far fronte alla situazione, un manipolo di poliziotti penitenziari in servizio. Pure quell’organico non abbonda. E deve occuparsi di 240 persone recluse a fronte di una capienza di 155. Qualcuno, come altrove, ha proclamato lo sciopero della fame per quattro giorni, tanti quanti dura la protesta.
Coroneo, una polveriera «Anche in 12 in una cella»
«I problemi sono antichi, e a fronte di questi ora, a livello nazionale, il ministro Severino e il Capo dipartimento Tamburino stanno cercando di avviare un percorso di soluzione. Perché non si può rispondere a crimine privato con crimine di Stato». Così Sbriglia (foto) commenta la partecipazione dei detenuti triestini alla protesta nazionale. E l’acqua calda? « Il Provveditore regionale Bocchino mi ha autorizzato ad intervenire nelle more. La ripareremo pur senza avere i fondi. Quasi un’autodenuncia alla Corte dei Conti. Ma facciamo tutto ciò che possiamo, anche di più. Lo abbiamo spiegato ai detenuti. Confidiamo che, con queste manifestazioni pacifiche, mostrino quella ragionevolezza che altri, in passato, decidendo i fondi per l’amministrazione penitenziaria, avrebbero dovuto avere». (pi.ra.) di Piero Rauber Protesta nuova, problema vecchio. Incancrenito. In questa città come altrove. Più che altrove, forse. La mobilitazione non violenta di quattro giorni pro-amnistia, appena lanciata a livello nazionale da Marco Pannella col Partito Radicale – estremo tentativo di dare uno scossone all’opinione pubblica e allo Stato a proposito del sovraffollamento delle carceri e della precaria vivibilità al loro interno – riporta a galla in tutta la sua gravità il caso Trieste. Il Coroneo, infatti, è una potenziale polveriera. Continua a scoppiare di detenuti, ben oltre la capienza ufficiale. E li costringe non solo a passare le giornate uno sopra l’altro, ma anche a sopportare pesantissimi disagi causa la vetustà della struttura e dei suoi impianti, peraltro mai soggetti negli anni addietro a una manutenzione degna di tal nome, conseguenza di un progressivo, alla luce dei fatti eccessivo, assottigliamento dei fondi statali destinati proprio al funzionamento, all’ordinaria amministrazione (e manutenzione) delle carceri. Banale esempio. Nella casa circondariale di Trieste, in alcune celle, ci sono sciacquoni difettosi e lavandini semintasati, ancorché utilizzati quotidianamente da una decina di persone chiuse dietro la stessa sbarra. L’ultima tegola: l’acqua calda che non esce da due settimane. Lì ci si lava solo con quella fredda, e si andrà avanti a farlo fino a mercoledì, quando arriverà e sarà rimontato il pezzo di ricambio del miscelatore. Costo, circa 1.600 euro. È stato ordinato subito dopo il guasto dal direttore della struttura Enrico Sbriglia, nonostante quella spesa non sia nemmeno coperta. E meno male che siamo in estate. Proprio per questo, dalle finestre aperte del vicino Tribunale di Foro Ulpiano, si sentiva levare l’urlo degli ospiti del Coroneo: «Vogliamo l’acqua calda». E ciò con un po’ d’anticipo rispetto all’esordio del tam-tam ideato dal vecchio Giacinto detto Marco (Pannella), che è cominciato mercoledì sera. Anche a Trieste i detenuti hanno iniziato (replicando poi ieri sera) a sbattere pentole e qualsiasi altro oggetto che potesse far un po’ di casino sulle sbarre delle finestre. Hanno armeggiato quindi accendini nell’oscurità per attirare l’attenzione al grido di «amnistia» e «libertà». A far fronte alla situazione, un manipolo di poliziotti penitenziari in servizio. Pure quell’organico non abbonda. E deve occuparsi di 240 persone recluse, metà delle quali in attesa di giudizio, a fronte di una capienza di 155. Qualcuno, come altrove, ha proclamato lo sciopero della fame per quattro giorni, tanti quanti dura la protesta. Sul posto, anzi dentro il posto, accompagnato dallo stesso Sbriglia – facendo valere così i poteri ispettivi che gli sono propri in quanto consigliere regionale – si è fiondato il giovane Alessandro Corazza, il capogruppo dell’Idv in piazza Oberdan. Ironia della sorte, il più reattivo, per vedere che aria tirava nel carcere triestino in occasione di una protesta che punta all’amnistia, è stato un politico dipietrista, nelle cui corde l’amnistia non trova spazio. Ma che importa. Qui sono in ballo, o meglio in discussione, i più elementari «diritti umani», fa capire Corazza. Il quale, dopo il sopralluogo, denuncia: «Ho scorto un sovraffollamento impressionante, la situazione è indegna. Dieci, anche 12 detenuti, in una cella che avrà avuto 20 metri quadri, senza condizionatore ovviamente. Peggio che a San Vittore, che io ho visitato. Bravo è il direttore Sbriglia, devo ammettere, a riuscire a gestire con i suoi uomini una situazione simile».