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UDINE/ Foto presidio anticarcerario

Una trentina di persone, fra cui parenti dei detenuti, hanno partecipato al vivace presidio di sabato 14 settembre ad Udine, presso il carcere di Via Spalato, nell’ambito della campagna nazionale di mobilitazione anticarceraria

Stampa dal MV online (come al solito dimezzano i numeri) 

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UDINE/ Solidarietà a Maurizio Alfieri (+report e volantino)

Report completo e volantino

 

Lunedì 7 ottobre

solidarietà a Maurizio Alfieri

davanti al Tribunale

di Udine inizio presidio

 ore 9.00

 

Breve report. Buon presidio anche questa mattina. Maurizio Alfieri è uscito dall’aula gridando “viva l’anarchia”; si trattava di un’udienza filtro che è durata 10 minuti. La Prossima udienza si terrà a Trieste l’8 febbraio.

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Maurizio Alfieri è stato portato

presso il carcere di Udine.

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Domenica 6 ottobre ore 17.00

presidio sotto il carcere in Via Spalato

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Volantino distribuito all’iniziativa

del Police Departement sulle cerceri

 

 

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Foto Tolmezzo del presidio davanti al carcere

Non meno di settanta persone hanno partecipato complessivamente

alle 4 ore di presidio davanti al carcere

Lettera di testimonianza dal carcere di Tolmezzo

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Tolmezzo sabato 8 settembre 2012 foto infoaction

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CARCERI/ Presidio a Tolmezzo sabato 24 novembre ore 14.00

Superate le 200 visite

Circa 50 persone hanno partecipato complessivamente al presidio davanti al carcere di Tolmezzo Sabato 24 novembre

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(foto infoaction-CSA)

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TRIESTE: altri 4 sbirri indagati per Alina

Dal Piccolo

SABATO, 15 DICEMBRE 2012

Pagina 26 – Cronaca Trieste

Caso Alina, altri 4 agenti indagati

Sono i poliziotti dell’Ufficio immigrazione che prelevavano gli
stranieri e li rinchiudevano illegalmente

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di Corrado Barbacini Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta del pm
Massimo De Bortoli sull’attività dell’Ufficio stranieri della questura,
indagine scattata dal caso Alina (la donna che si era uccisa nel
commissariato di Opicina) all’interno della quale sono indagati l’ex
responsabile dell’ufficio Carlo Baffi e il suo vice Vincenzo Panasiti.
Nel mirino della Procura questa volta sono finiti quattro poliziotti
addetti alle pattuglie dello stesso ufficio immigrazione della Questura.
Sono indagati di sequestro di persona, arresto illegale e falso
ideologico. Secondo il pm De Bortoli i quattro, un sovrintendente, un
ispettore e due assistenti, avrebbero gestito i cosiddetti trasporti e
la detenzione nel commissariato di Opicina secondo modalità ritenute
fuorilegge dalla Procura. Arresti ritenuti illegali di cittadini
extracomunitari che, in attesa dell’espulsione, erano stati, così
risulta dagli accertamenti, trattenuti anche per giorni all’interno del
commissariato. Si tratta della stessa struttura all’interno della quale
si era suicidata Alina Bonar Diachuk, la giovane ucraina che in quella
tragica circostanza si era scoperto fosse stata detenuta illegalmente
dopo la scarcerazione: nello scorso mese di maggio, aveva messo fine ai
propri giorni impiccandosi in una stanza del commissariato. La
perquisizione – tenuta assolutamente riservata – è scattata l’altra
mattina in Questura. Era presente anche il pm Massimo De Bortoli. Con
lui una decina tra finanzieri e poliziotti della Procura. Negli uffici
dell’immigrazione al terzo piano della Questura sono stati sequestrati,
su ordine del magistrato, i fascicoli relativi a 21 episodi
riconducibili all’attività dei quattro poliziotti finiti nel mirino. I
quali, secondo la Procura, agivano su esplicita disposizione dell’ex
capo dell’ufficio, Carlo Baffi e del suo vice Vincenzo Panasiti. No
comment da parte della Questura. Ma un episodio, avvenuto ieri
pomeriggio, la dice lunga sullo scompiglio che la perquisizione ha
provocato. Il questore Giuseppe Padulano durante la presentazione della
mostra sui presepi, visibilmente commosso, ha interrotto il suo discorso
e dopo aver dato notizia al pubblico dell’accaduto ha detto: «Mi sento
umiliato». Ma torniamo all’inchiesta. Il ruolo del gruppo di agenti che
erano alle dirette dipendenze dei funzionari indagati, sarebbe stato
quello di pattugliare soprattutto di notte le strade cittadine alla
ricerca di stranieri extracomunitari. Che – così è emerso in 21 casi –
venivano presi e accompagnati a Opicina seppur in assenza di qualsiasi
provvedimento dell’autorità giudiziaria. Tra questi che il Codice indica
come parti offese c’è chi è stato recluso per ore e anche chi per
giorni. Nello scorso mese di ottobre lo stesso pm Massimo De Bortoli e i
suoi investigatori avevano perquisito altri uffici dell’immigrazione tra
cui quello del vice responsabile Vincenzo Panasiti. In quella
circostanza erano stati sequestrati altri 128 fascicoli. Dossier che
avevano integrato i 49 fascicoli che erano stati acquisiti nel corso
della perquisizione effettuata il 9 maggio sempre da De Bortoli e dalla
sua squadra di finanzieri e poliziotti quando era stato notificato
l’avviso di garanzia al capo dell’ufficio Carlo Baffi.

 

Dal Piccolo del 16/12/12

Scontro Questura-Procura Padulano: «Noi trasparenti»


«Non intendo commentare le parole del questore Padulano», ha detto, riferendosi in particolare alla frase «Mi sento umiliato» detta pubblicamente l’altro pomeriggio durante l’inaugurazione della mostra sui presepi. È secco e perentorio il procuratore capo Michele Dalla Costa. Poi aggiunge: «Ciascuno svolga i propri compiti. Non posso dire altro». E intanto interviene il sindacato di polizia Coisp. In un volantino si legge: «Quello che vogliamo esprimere con il cuore e l’anima è la vicinanza agli amici e colleghi dell’ufficio immigrazione». Il sindacato Sap manifesta la preoccupazione nei confronti della magistratura «dovendo constatare che almeno una parte di essa sta scegliendo una linea incomprensibilmente dura nel vaglio di un’attività che la Questura e le altre Forze di Polizia svolgono da anni alla luce del sole». di Corrado Barbacini Tre perquisizioni all’ufficio immigrazione della Questura in pochi mesi sono troppe secondo Giuseppe Padulano. L’ultima quella di giovedì in cui sono stati contestualmente indagati quattro poliziotti. Prima era toccato al vicecapo Vincenzo Panasiti e prima ancora al funzionario responsabile Carlo Baffi. Insomma, tutto l’ufficio immigrazione sotto accusa. La rabbia, ma soprattutto l’amarezza del questore Giuseppe Padulano era esplosa pubblicamente venerdì sera in occasione dell’inaugurazione della mostra sui presepi: aveva interrotto bruscamente il filo logico del suo intervento e aveva sommessamente confessato: «Mi sento umiliato». Ma la sua amarezza e il suo disagio per ciò che viene già da tempo definito come uno scontro istituzionale con la magistratura non è più un segreto. Nè in Questura nè in Procura. «Come rappresentante di un’istituzione – afferma il questore Padulano – ho il massimo rispetto per l’autorità giudiziaria. Però mi sento veramente amareggiato. Ho la consapevolezza e la certezza che si riuscirà a far capire come si sia agito sempre per adempiere un dovere nel rispetto della dignità delle persone e che si sia agito senza dolo alcuno per applicare una legislazione complicata, spesso confusa e contraddittoria, attraverso l’applicazione di una procedura che è stata condivisa da tutte le forze dell’ordine da circa 10 anni». E poi attacca: «Voglio ribadirlo con forza, siamo una Questura sana, ed in questo momento sono più che mai vicino a tutti coloro che stanno vivendo questo momento, tutti padri di famiglia, persone perbene, dipendenti fantastici sulla cui onestà intellettuale e comportamentale non dubiterò mai. Sono certo che noi non abbiamo mai “prelevato” alcun clandestino ma, in presenza di un cittadino straniero clandestino, abbiamo sempre e semplicemente applicato quanto previsto dalla legge, con l’avvio della complessa procedura di espulsione, che può durare per più giorni, prevedendo il rintraccio e il trattenimento dello straniero. Voglio ribadirlo affinché non venga disperso quel patrimonio di credibilità che tutti, agenti e funzionari hanno contribuito ad accrescere sempre più in questa città che ha molta fiducia nella Polizia perché ha compreso che essa contribuisce in maniera determinante a rendere serena la vita dei triestini, attraverso professionalità, impegno e umanità». Incalza: «Giorno dopo giorno ci assumiamo le responsabilità a favore della collettività. Siamo sempre disponibili al dialogo. Abbiamo compiuto scelte trasparenti, specie in caso di criticità e sempre nell’ottica di sinergia istituzionale. E qui punta il dito: «Quella sinergia istituzionale che avevo richiesto due anni orsono, allorquando la problematica dei rintracci, dei lunghi tempi di trattenimento degli stranieri presso gli uffici di tutte le forze dell’ordine o della sala fermati del commissariato di Opicina, era già stata rappresentata da me. Ma non vi furono significativi risultati che ci si aspetta da coloro che hanno il dovere di una buona amministrazione . In quella emblematica circostanza tutti, giudice di pace, ordinario, direttore del carcere esposero le proprie problematiche, carenze strutturali, organizzative, tutte effettive e reali, senza però giungere alla definizione di un protocollo operativo che potesse risolvere la delicata problematica. Non voglio sconti, ci mancherebbe, ma che non si paghi per carenze del sistema»

TOLMEZZO. Sotto il carcere a capodanno: presidio+report

Un bel capodanno!
Circa cinquanta compagn* sotto il carcere di Tolmezzo per il capodanno ribelle solidale con i detenuti, contro le carceri.
Libere tutte, liberi tutti!
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PORDENONE: presidio sotto il carcere

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In Friuli Venezia Giulia ci sono 5 carceri (Gorizia,Pordenone, Trieste, Tolmezzo, Udine) con la possibilità di ospitare 548 detenuti ma attualmente sono circa 900 con un indice di sovraffollamento del 164% . A Pordenone la situazione è in linea con quella generale (67.428 detenuti su una disponibilità di 45.817 posti), ci sono 43 posti regolamentari ma i reclusi sono 85! Quando ti ritrovi in 6 o più in una cella di neppure 20 mq è un inferno (ci sono carceri che rinchiudono anche 9/10 persone in meno di 20 mq con la turca e un secchio come sciacquone), inoltre la struttura pordenonese è vecchia, fatiscente e insalubre.

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Rassegna stampa sul presidio sotto il carcere

dal Messaggero Veneto

22/01/13

Presidio anarchico davanti al carcere

Sit-in e presidio anti-carcere per stare dalla parte dei ragazzi che vedono il mondo a scacchi, dietro del sbarre del Castello: Iniziativa libertaria l’ha programmato sabato 26 gennaio, alle 17.30, sotto il carcere di Pordenone tra piazza della Motta e via Roma. «Solidarietà anticarceraria – ha annunciato il movimento che somma altre forze tra Cobas e immigrati in città -. Oltre alla necessità contingente di supportare le istanze dei carcerati su questioni basilari come il sovraffollamento, la salute, lo sfruttamento, la violenza quotidiana, pensiamo si debba uscire da quel meccanismo mentale, imposto in secoli di cultura dominante (quella che Foucault descrisse bene in “Sorvegliare e punire”). La società non ha bisogno del carcere». La casa circondariale di Pordenone soffre di sovraffollamento (i detenuti sono 85, il doppio di quelli ospitabili) e condizioni generali che sono difficili: da anni si aggiorna il progetto discusso di un nuovo carcere senza che si arrivi a una soluzione. «E’ una bugia dire che il carcere serve – sostengono gli anarchici -. Quello di cui abbiamo bisogno è di eliminare il ricatto economico, sociale e quindi politico del capitale, delle sue leggi e dei loro sicari noti come funzionari di partito, ovvero rappresentati dello Stato». Quello che chiedono, per mettere una pietra sopra all’attendismo: condizioni diverse per gli ospiti del castello. Una prospettiva sempre più lontana tenuto conto che il piano carceri si è impantanato e il finanziamento promesso dalla Regione per compartecipare alla costruzione della struttura non c’è, sostituito dall’ipotesi di un project financing a San Vito al Tagliamento senza ancora certezze. (c.b.)

 

07/01/13

Sit-in anarchico «Penitenziario da chiudere»

Presidio anti-carcerario per i ragazzi dietro le sbarre del castello: Iniziativa libertaria l’ha programmata il 26 gennaio, alle 17.30, sotto il carcere di Pordenone. «Solidarietà anticarceraria – ha annunciato il movimento dopo i presidi già effettuati a Tolmezzzo alla vigilia di Capodanno -. Oltre alla sacrosanta necessità contingente di supportare le istanze dei carcerati su questioni basilari come il sovraffollamento, la salute, lo sfruttamento, la violenza quotidiana, pensiamo si debba uscire da quel meccanismo mentale, imposto in secoli di cultura dominante (quella che Foucault descrisse bene in “sorvegliare e punire”). La società non ha bisogno di strutture carcerarie». Il carcere di Pordenone soffre ormai da decenni di un cronico sovraffollamento e di condizioni generali difficili: da anni si aggiorna la decisione di costruire una nuova casa circondariale senza che si arrivi a una soluzione. «E’ una bugia dire che il carcere serve – sostengono gli anarchici -. Quello di cui abbiamo bisogno è di eliminare il ricatto economico, sociale e quindi politico del capitale, delle sue leggi e dei loro sicari noti come funzionari di partito, ovvero rappresentati dello Stato». Saranno in via Roma anche rappresentanti delle associazioni immigrati e dei Comitati di base per chiedere condizioni diverse per gli ospiti del castello. (c.b.)

 

Udine 9 febbraio/ Una cella in Piazza

11 febbraio 2013 Infoaction di nuovo online dopo circa 20 giorni di default

iniziative precedenti perse

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L’incredibile avventura degli elicotteROS

Foto

sabato 9 gennaio iniziativa anticarceraria

“Una cella in Piazza”

Evento facebook

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Caso Alfieri/ La figuraccia di Buonocore

Messaggero Veneto SABATO, 16 FEBBRAIO 2013 Pagina 30 – Provincia

Tentata evasione, la Procura fa ricorso

Gli inquirenti impugneranno il provvedimento con cui il Riesame ha annullato l’ordinanza per Alfieri e scarcerato Alario

di Anna Rosso

TOLMEZZO Con un provvedimento datato 12 febbraio il tribunale del Riesame di Trieste ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 2 gennaio dal Gip di Tolmezzo nei confronti di Maurizio Alfieri, 49 anni, calabrese (detenuto nel carcere di massima sicurezza del capoluogo carnico e coinvolto, secondo quanto emerso da un’indagine dei carabinieri del Ros, in un tentativo di evasione in elicottero e in un traffico di hascisc e coltelli all’interno della medesima struttura penitenziaria) e ha disposto la liberazione di Cosimo Damiano Alario, 49 anni, l’amico di Alfieri accusato di aver fatto arrivare droga e coltelli nella cella di Alfieri. E la Procura di Tolmezzo, che per mesi ha coordinato l’indagine, ha già annunciato un ricorso in Cassazione. Le considerazioni del Riesame. Pur riconoscendo «la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Alfieri» rispetto alle ipotesi di corruzione, il Riesame osserva che per quanto riguarda le contestazioni relative alla cessione di stupefacenti e coltelli «i fatti pur non privi di supporto indiziario richiederanno il necessario approfondimento onde stabilire se e in che misura sia sostenibile la partecipazione di Alfieri a titolo di istigazione e comunque l’idoneità, al di là dei manifestati propositi criminosi, a realizzare i fatti di reato (visto che, per dirla senza eufemismi, nulla sarebbe neppure iniziato se gli undercover – carabinieri sotto copertura, ndr – non avessero persuaso Alfieri e le persone a lui in ipotesi vicine al di fuori del carcere a vagheggiare rocamboleschi progetti di evasione sul presupposto di poter fare affidamento sull’aiuto di “agenti corrotti”). Alfieri, annullata la misura. Il collegio del Tribunale del Riesame (presidente Giorgio Nicoli, a latere Paolo Vascotto e Francesco Antoni) ha anche osservato che poichè Maurizio Alferi – attualmente detenuto nel carcere di Saluzzo – resterà rinchiuso fino al 1 ottobre 2019 per altri reati, di fatto, non sussistono esigenze cautelari tali da giustificare l’adozione della misura emessa dal Gip di Tolmezzo che, come detto, è stata annullata. Alario, disposta la liberazione. Per quanto riguarda la posizione di Cosimo Damiano Alario – per il quale è stata disposta la liberazione -, il Riesame afferma che «risultano sussistenti indizi circa la partecipazione alla cessione di droga e il tentativo di agevolare l’evasione che però, allo stato, non paiono muniti della gravità necessaria a supportare esigenze cautelari. «In sostanza – dicono ancora i giudici – tutto si riduce a suo carico nell’aver inviato del denaro all’amico Alfieri in carcere e nell’aver mostrato in diverse telefonate intercettate la propria adesione alle proposte di favorire Alfieri che gli agenti sotto copertura idearono ed evocarono tra i soggetti vicini al detenuto per poi incastrarli nel modo documentato in atti». E ancora: «solo un circostanziato e rigoroso vaglio della complessa attività di indagine potrà eventualmente rendere apprezzabile nel merito il ruolo di Alario, e ciò anche in relazione all’idoneità della condotta a realizzare i presunti fatti criminosi visto che tutto nacque dall’opera degli undercover ed era destinato ad esaurirsi…nelle loro mani». Infine, il Riesame auspica che Alfieri venga detenuto in condizioni di sicurezza «piuttosto che venire adescato e lusingato da agenti provocatori con velleità di fuga propiziate dalla rocambolesca combinazione di elicotteri e…baionette (o meglio “zitarre”)». La Procura farà ricorso. La Procura di Tolmezzo impugnerà il provvedimento in Cassazione. «Dall’ordinanza del Riesame – dichiara il procuratore di Tolmezzo Giancarlo Buonocore – sembra emergere una lettura parziale delle carte. Si opina su una provocazione dei carabinieri che non corrisponde alla realtà, in quanto ci sono elementi da cui si deduce che l’evasione era già in progetto, che Maurizio Alfieri ha offerto droga a un agente il quale ha denunciato tutto all’Autorità giudiziaria ed è pacifico che almeno in due occasioni il fratello di Alfieri abbia ceduto droga e coltelli. Credo che il tono utilizzato, in effetti un po’ ironico, sia legittimo, ma assolutamente inappropriato visto che stiamo parlando di un delicato procedimento penale e visto che gli stessi giudici del riesame riconoscono i gravi indizi di colpevolezza. In sostanza – ha concluso il procuratore – noi siamo convinti dell’impianto accusatorio e sicuramente interpelleremo la Cassazione».